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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

17 luglio 2014 (*)

«Normativa tributaria – Libertà di stabilimento – Imposta nazionale sugli utili – Tassazione dei gruppi societari – Tassazione dell’attività di stabili organizzazioni estere di società residenti – Prevenzione della doppia imposizione mediante imputazione dell’imposta (metodo dell’imputazione) – Reintegrazione delle perdite in precedenza dedotte in caso di cessione della stabile organizzazione a una società dello stesso gruppo sulla quale lo Stato membro considerato non esercita il suo potere impositivo»

Nella causa C-48/13,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Østre Landsret (Corte d’appello della Regione Est, Danimarca), con decisione del 22 gennaio 2013, pervenuta in cancelleria il 28 gennaio 2013, nel procedimento

Nordea Bank Danmark A/S

contro

Skatteministeriet,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vicepresidente, A. Tizzano, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič, E. Juhász e A. Borg Barthet, presidenti di sezione, A. Rosas, J. Malenovský, J.-C. Bonichot (relatore), C. Vajda, S. Rodin e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Nordea Bank Danmark A/S, da H. Hansen, advokat;

–        per il governo danese, da V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agente, assistita da K. Lundgaard Hansen, advokat;

–        per il governo tedesco, da T. Henze e K. Petersen, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti;

–        per il governo austriaco, da A. Posch, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da W. Roels e C. Barslev, in qualità di agenti;

–        per l’Autorità di vigilanza EFTA, da X. Lewis, G. Mathisen e A. Steinarsdóttir, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 marzo 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 TFUE e 54 TFUE, nonché degli articoli 31 e 34 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«Accordo SEE»), relativi alla libertà di stabilimento.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento avviato dalla Nordea Bank Danmark A/S (in prosieguo: la «Nordea Bank»), società di diritto danese, contro alcune decisioni dello Skatteministeriet che reintegrano nella sua base imponibile perdite in precedenza dedotte in relazione a talune delle sue stabili organizzazioni all’estero.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3        L’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione dei paesi nordici per la prevenzione della doppia imposizione dei redditi e dei patrimoni, conclusa a Helsinki il 23 settembre 1996 (SopS 26/1997; in prosieguo: la «Convenzione dei paesi nordici»), prevede quanto segue:

«Gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in tale Stato, a meno che l’impresa non eserciti la sua attività nell’altro Stato contraente per il tramite di una stabile organizzazione ivi situata. Se l’impresa esercita la propria attività secondo questa modalità, i suoi utili sono imponibili nell’altro Stato, ma unicamente entro i limiti in cui sono imputabili alla suddetta stabile organizzazione».

4        In forza dell’articolo 25 di tale Convenzione, gli Stati contraenti hanno scelto di neutralizzare la doppia imposizione delle stabili organizzazioni tramite la tecnica cosiddetta «dell’imputazione». A tale titolo, lo Stato di residenza dell’impresa accorda uno sgravio di un importo pari all’imposta sul reddito pagata nello Stato della fonte.

 Diritto danese

5        In forza della legislazione danese applicabile al procedimento principale, le società residenti prendevano regolarmente in considerazione, per la determinazione del loro reddito imponibile, gli utili e le perdite delle loro stabili organizzazioni situate all’estero.

6        In caso di cessione totale o parziale dell’attività di una stabile organizzazione a un terzo o a un’altra società dello stesso gruppo, una società danese veniva assoggettata ad imposta tenendo conto delle plusvalenze o delle minusvalenze realizzate sul totale degli attivi inerenti all’attività ceduta, compresi gli attivi immateriali non contabilizzati.

7        A tal fine, gli attivi ceduti dovevano essere valutati al loro valore di mercato, in applicazione dell’articolo 2 della legge sulla determinazione dell’imposta statale sui redditi (lov om påligningen af indkomstskat til staten «ligningsloven»; in prosieguo: la «ligningslov»), il quale, nella sua versione applicabile al procedimento principale, così disponeva:

«I soggetti passivi che:

1)      sono controllati da persone fisiche o giuridiche, o

2)      controllano persone giuridiche, o

3)      fanno parte di un gruppo di cui fa parte anche una persona giuridica, o

4)      hanno una stabile organizzazione situata all’estero, o

5)      sono persone fisiche o giuridiche straniere con una stabile organizzazione situata in Danimarca,

determinano il loro reddito imponibile prendendo in considerazione le operazioni commerciali o economiche effettuate con le persone fisiche e giuridiche e con le stabili organizzazioni sopra menzionate (operazioni controllate) in base ai prezzi e alle condizioni che avrebbero ottenuto se tali operazioni fossero state effettuate con soggetti ad essi non collegati».

8        L’articolo 33 D, paragrafo 5, della ligningslov, applicabile al procedimento principale, era formulato come segue:

«Nel caso in cui una stabile organizzazione situata in uno Stato estero, nelle Isole Færøer o in Groenlandia venga ceduta, interamente o in parte, ad una società dello stesso gruppo (…), le perdite portate in deduzione, che non siano compensate da utili negli esercizi successivi, vengono prese in considerazione nella determinazione del reddito imponibile, senza riguardo al metodo di sgravio applicato (...)».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

9        La Nordea Bank ha sede in Danimarca.

10      Tra il 1996 e il 2000 essa ha esercitato attività di banca al dettaglio in Finlandia, in Svezia e in Norvegia tramite stabili organizzazioni dai risultati operativi deficitari e ha pertanto legalmente dedotto le relative perdite dal suo reddito imponibile in Danimarca.

11      Nel 2000 le attività di tali stabili organizzazioni sono state ristrutturate: i loro uffici sono stati chiusi, ai loro clienti è stata offerta la possibilità di mantenere i loro conti a condizioni identiche presso le controllate della Nordea Bank negli stessi Stati, e metà del loro personale è stato assunto da tali controllate o da altre società locali dello stesso gruppo.

12      Secondo le dichiarazioni del giudice del rinvio, non contestate dalle parti nel procedimento principale, tale operazione è stata considerata come una cessione parziale di attività sulle quali il Regno di Danimarca esercitava il suo potere impositivo a società dello stesso gruppo sulle quali esso non esercitava tale potere.

13      In applicazione dell’articolo 33 D, paragrafo 5, della ligningslov, lo Skatteministeriet ha reintegrato nell’utile imponibile della Nordea Bank le perdite in precedenza dedotte in relazione alle attività cedute, che non erano state compensate da utili successivi.

14      Ritenendo tale reintegrazione contraria alla libertà di stabilimento, la Nordea Bank ha presentato un reclamo dinanzi al Landsskatteretten (Commissione tributaria nazionale), e successivamente ha impugnato il rigetto di tale reclamo dinanzi all’Østre Landsret.

15      Alla luce di tali considerazioni, l’Østre Landsret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE (in precedenza articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE), e l’articolo 31 dell’Accordo SEE, in combinato disposto con l’articolo 34 di quest’ultimo, vietino ad uno Stato membro, il quale consente ad una società residente di dedurre sistematicamente le perdite subite da una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, di reintegrare nel reddito imponibile di detta società la totalità delle perdite della stabile organizzazione (nei limiti in cui queste non siano oggetto di compensazioni con utili realizzati negli esercizi successivi), nell’ipotesi in cui la stabile organizzazione venga chiusa e, in tale contesto, parte della sue attività venga trasferita ad una società appartenente allo stesso gruppo e residente nello stesso Stato membro della stabile organizzazione, e si debba ritenere che le possibilità di far valere fiscalmente le perdite medesime siano state esaurite».

 Sulla questione pregiudiziale

16      Con la sua questione, il giudice di rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 TFUE e 54 TFUE nonché gli articoli 31 e 34 dell’Accordo SEE ostino a una legislazione di uno Stato membro la quale preveda che, in caso di cessione, da parte di una società residente, di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro o in un altro Stato parte dell’Accordo SEE a una società non residente dello stesso gruppo, le perdite in precedenza dedotte in relazione alla stabile organizzazione ceduta siano reintegrate nell’utile imponibile della società cedente.

17      La libertà di stabilimento, che l’articolo 49 TFUE riconosce ai cittadini dell’Unione europea, implica per essi l’accesso alle attività di lavoro autonomo ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di stabilimento per i propri cittadini. Essa comprende, ai sensi dell’articolo 54 TFUE, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale all’interno dell’Unione, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (v., in tal senso, sentenze Saint-Gobain ZN, C-307/97, EU:C:1999:438, punto 35, e Marks & Spencer, C-446/03, EU:C:2005:763, punto 30).

18      Se invero le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento mirano ad assicurare il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, esse ostano parimenti a che lo Stato membro d’origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di una società costituita conformemente alla propria legislazione, in particolare tramite una stabile organizzazione (v., in tal senso, sentenza Lidl Belgium, C-414/06, EU:C:2008:278, punti 19 e 20).

19      Risulta dalla giurisprudenza della Corte che la libertà di stabilimento viene ostacolata qualora, ai sensi della legislazione di uno Stato membro, una società residente che detiene una controllata o una stabile organizzazione in un altro Stato membro o in un altro Stato parte dell’Accordo SEE subisca una disparità di trattamento fiscale svantaggiosa rispetto a una società residente che detiene una stabile organizzazione o una controllata nel primo Stato membro (v. in tal senso, in particolare, sentenze Papillon, C-418/07, EU:C:2008:659, punti da 16 a 22, e Argenta Spaarbank, C-350/11, EU:C:2013:447, punti da 20 a 34).

20      Occorre osservare che una disposizione, la quale consenta di prendere in considerazione le perdite di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro o in un altro Stato parte dell’Accordo SEE ai fini della determinazione dei risultati e del calcolo del reddito imponibile della società principale, costituisce un vantaggio fiscale (v., in tal senso, sentenza Lidl Belgium, EU:C:2008:278, punto 23).

21      Orbene, si deve necessariamente constatare che le disposizioni dell’articolo 33 D, paragrafo 5, della ligningslov di cui trattasi nel procedimento principale portano a privare di un siffatto vantaggio le società danesi che detengono stabili organizzazioni all’estero rispetto a quelle che detengono stabili organizzazioni in Danimarca. Infatti, esse stabiliscono una regola di reintegrazione delle perdite legalmente dedotte in relazione alle stabili organizzazioni estere cedute che non si applica in caso di cessione, a condizioni identiche, di stabili organizzazioni residenti in Danimarca.

22      Tale trattamento svantaggioso può dissuadere una società danese dallo svolgere le proprie attività per il tramite di una stabile organizzazione situata in uno Stato membro o in uno Stato parte dell’Accordo SEE diverso dal Regno di Danimarca e costituisce, di conseguenza, una restrizione in linea di principio vietata dalle norme del Trattato e dell’Accordo SEE relative alla libertà di stabilimento.

23      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che una siffatta restrizione può essere ammessa solo se riguarda situazioni che non sono oggettivamente comparabili o se è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale (v., in tal senso, sentenza Philips Electronics UK, C-18/11, EU:C:2012:532, punto 17 e la giurisprudenza ivi citata).

24      A proposito della comparabilità delle situazioni, si deve rilevare che, in linea di principio, le stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro o in un altro Stato parte dell’Accordo SEE non si trovano in una situazione comparabile a quella delle stabili organizzazioni residenti in riferimento alle misure previste da uno Stato membro al fine di prevenire o di attenuare la doppia imposizione degli utili di una società residente. Tuttavia, assoggettando gli utili delle stabili organizzazioni situate in Finlandia, in Svezia e in Norvegia all’imposta danese, il Regno di Danimarca ha assimilato queste ultime alle stabili organizzazioni residenti per quanto riguarda la deduzione delle perdite (v., per analogia, sentenza Denkavit Internationaal e Denkavit France, C-170/05, EU:C:2006:783, punti 34 e 35).

25      La giustificazione della restrizione può pertanto risultare soltanto da motivi imperativi di interesse generale. Anche in tale ipotesi, però, la restrizione deve essere idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo da essa perseguito e non eccedere quanto è necessario per raggiungerlo (v. sentenza Lidl Belgium, EU:C:2008:278, punto 27 e la giurisprudenza ivi citata).

26      A tale riguardo, il governo danese invoca la necessità di garantire una ripartizione equilibrata dei poteri impositivi tra gli Stati membri in relazione alla prevenzione dell’elusione fiscale.

27      Si deve ricordare che, in mancanza di disposizioni di unificazione o di armonizzazione adottate a livello dell’Unione, gli Stati membri rimangono competenti a definire, in via pattizia o unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere impositivo, segnatamente al fine di eliminare le doppie imposizioni, e che la preservazione di tale ripartizione è un obiettivo legittimo riconosciuto dalla Corte (v., in particolare, sentenza Argenta Spaarbank, EU:C:2013:447, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata).

28      Secondo le motivazioni esposte a fondamento della ligningslov, la regola di reintegrazione delle perdite dedotte in relazione a stabili organizzazioni estere «mira ad impedire, ad esempio, che una società danese deduca perdite provenienti da una succursale estera e poi venda tale succursale, quando comincia a generare utili, ad una società estera dello stesso gruppo, in modo tale che non possa verificarsi in Danimarca alcuna effettiva reintegrazione nel reddito imponibile delle perdite portate in deduzione».

29      L’obiettivo della legislazione danese è, quindi, di prevenire il rischio di elusione fiscale che può determinarsi, in particolare, nel caso in cui un gruppo organizzi le proprie attività in maniera tale da dedurre dal proprio reddito imponibile in Danimarca le perdite di una stabile organizzazione con risultati operativi deficitari situata in Finlandia, in Svezia o in Norvegia, per poi, una volta che tale stabile organizzazione è diventata redditizia, trasferirne le attività in una società da esso controllata, che sia però soggetto passivo non già in Danimarca, bensì in Finlandia, in Svezia o in Norvegia.

30      Se il Regno di Danimarca fosse privato della facoltà di reintegrare nell’utile imponibile della società cedente danese le perdite così dedotte, una volta che esso ha perduto il potere impositivo su eventuali utili futuri, una siffatta costruzione eroderebbe artificialmente la sua base imponibile e, pertanto, pregiudicherebbe la ripartizione del potere impositivo risultante dalla Convenzione dei paesi nordici.

31      Tuttavia, tale legislazione va oltre quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo suddetto.

32      A tale riguardo, si deve ricordare che l’obiettivo della ripartizione equilibrata del potere impositivo mira a salvaguardare la simmetria tra il diritto di imposizione degli utili e la facoltà di deduzione delle perdite (v. sentenza K, C-322/11, EU:C:2013:716, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).

33      La necessità di salvaguardare tale simmetria esige che le perdite dedotte in relazione a una stabile organizzazione possano essere compensate dall’imposizione degli utili di quest’ultima realizzati nella vigenza della competenza tributaria dello Stato membro considerato, vale a dire tanto gli utili realizzati durante tutto il periodo in cui detta stabile organizzazione dipendeva dalla società residente, quanto quelli realizzati al momento della cessione della stessa stabile organizzazione.

34      Orbene, è pacifico che gli utili di una stabile organizzazione appartenente a una società residente che sono realizzati prima della cessione di detta stabile organizzazione a una società non residente dello stesso gruppo sono imponibili in Danimarca, anche se l’articolo 25 della Convenzione dei paesi nordici prevede la concessione di un credito d’imposta alla società residente al fine di neutralizzare il rischio di un’eventuale doppia imposizione.

35      Inoltre, l’articolo 2 della ligningslov stabilisce in particolare una regola secondo la quale gli attivi ceduti in seno ad un gruppo vengono valutati conformemente alle condizioni del mercato. Qualsiasi eventuale plusvalenza realizzata in occasione della cessione viene successivamente aggiunta al reddito imponibile della società cedente danese.

36      Pertanto, una disposizione di uno Stato membro, come l’articolo 33, paragrafo 5, della ligningslov, la quale preveda che, in caso di cessione, da parte di una società residente, di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro o in un altro Stato parte dell’Accordo SEE a una società non residente dello stesso gruppo, le perdite in precedenza dedotte in relazione alla stabile organizzazione ceduta siano reintegrate nel reddito, va oltre quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo relativo alla necessità di salvaguardare la ripartizione equilibrata del potere impositivo, qualora il primo Stato membro assoggetti a imposta gli utili realizzati in relazione a detta stabile organizzazione prima della cessione, compresi quelli derivanti dalla plusvalenza realizzata in occasione della cessione stessa.

37      Tale conclusione non viene inficiata dalla circostanza, invocata dal governo danese, secondo cui sarebbe per esso difficile, in caso di cessione infragruppo, verificare il valore di mercato degli attivi aziendali ceduti in un altro Stato membro.

38      Difficoltà del genere, infatti, non sono specifiche delle situazioni transfrontaliere, poiché l’amministrazione danese procede già necessariamente a simili verifiche quando la vendita di attivi aziendali si colloca nell’ambito della cessione infragruppo di una stabile organizzazione residente.

39      Inoltre, e in ogni caso, le autorità tributarie danesi hanno sempre la facoltà di richiedere alla società cedente i documenti che ritengano necessari per verificare se il valore degli attivi aziendali considerato ai fini del calcolo della plusvalenza di cessione di una stabile organizzazione estera coincida con quello di mercato, conformemente alla regola posta all’articolo 2 della ligningslov.

40      Da tutte le suesposte considerazioni deriva che gli articoli 49 TFUE e 54 TFUE nonché gli articoli 31 e 34 dell’Accordo SEE ostano a una legislazione di uno Stato membro la quale preveda che, in caso di cessione, da parte di una società residente, di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro o in un altro Stato parte dell’Accordo SEE a una società non residente dello stesso gruppo, le perdite in precedenza dedotte in relazione alla stabile organizzazione ceduta siano reintegrate nell’utile imponibile della società cedente, se e in quanto il primo Stato membro assoggetti a imposta sia gli utili realizzati da tale stabile organizzazione prima della sua cessione, sia quelli derivanti dalla plusvalenza realizzata in occasione di detta cessione.

 Sulle spese

41      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

Gli articoli 49 TFUE e 54 TFUE, nonché gli articoli 31 e 34 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992, ostano a una legislazione di uno Stato membro la quale preveda che, in caso di cessione, da parte di una società residente, di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro o in un altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio economico europeo a una società non residente dello stesso gruppo, le perdite in precedenza dedotte in relazione alla stabile organizzazione ceduta siano reintegrate nell’utile imponibile della società cedente, se e in quanto il primo Stato membro assoggetti a imposta sia gli utili realizzati da tale stabile organizzazione prima della sua cessione, sia quelli derivanti dalla plusvalenza realizzata in occasione di detta cessione.

Firme


* Lingua processuale: il danese.