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SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

18 dicembre 2014 (*)

«Rinvii pregiudiziali – IVA – Sesta direttiva – Regime transitorio degli scambi tra gli Stati membri – Beni spediti o trasportati all’interno della Comunità – Evasione commessa nello Stato membro d’arrivo – Presa in considerazione della frode nello Stato membro di spedizione – Diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso – Assenza di disposizioni di diritto nazionale»

Nelle cause riunite C-131/13, C-163/13 e C-164/13,

aventi ad oggetto domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi), con decisioni del 22 febbraio e dell’8 marzo 2013, pervenute in cancelleria il 18 marzo e il 2 aprile 2013, nei procedimenti

Staatssecretaris van Financiën,

contro

Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti vof (C-131/13),

e

Turbu.com BV (C-163/13),

Turbu.com Mobile Phone’s BV (C-164/13),

contro

Staatssecretaris van Financiën,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano, presidente di sezione, S. Rodin (relatore), A. Borg Barthet, E. Levits e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 giugno 2014,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti vof, da A. de Ruiter;

–        per la Turbu.com BV e la Turbu.com Mobile Phone’s BV, da J. Vetter, advocaat;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman, C. Schillemans e B. Koopman, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Urbani Neri, avvocato dello Stato;

–        per il governo del Regno Unito, da L. Christie e S. Brighouse, in qualità di agenti, assistiti da P. Moser, QC, e G. Peretz, barrister;

–        per la Commissione europea, da W. Roels e A. Cordewener, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 settembre 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli articoli 17, paragrafi 2 e 3, nonché 28 ter, parte A, paragrafo 2, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 95/7/CE del Consiglio, del 10 aprile 1995 (GU L 102, pag. 18; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie che vedono contrapposti, rispettivamente, da una parte, lo Staatssecretaris van Financiën (in prosieguo: lo «Staatssecretaris») alla Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti vof (in prosieguo: l’«Italmoda») e, dall’altra, la Turbu.com BV (in prosieguo: la «Turbu.com») nonché la Turbu.com Mobile Phone’s BV (in prosieguo: la «TMP») allo Staatssecretaris in merito a un rifiuto di esenzione, di detrazione o di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») opposto a tali società a motivo della partecipazione a una frode in materia di IVA.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        L’articolo 17, paragrafi 2, lettere a) e d), e 3, lettera b), della sesta direttiva, nella versione risultante dall’articolo 28 septies, punto 1, della medesima direttiva, prevede quanto segue:

«2.      Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a [detrarre] dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’[IVA] dovuta o assolta all’interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(...)

d)      l’[IVA] ai sensi dell’articolo 28 bis, paragrafo 1, lettera a).

3.      Gli Stati membri accordano altresì ad ogni soggetto passivo la [detrazione] o il rimborso dell’[IVA] di cui al paragrafo 2 nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini:

(...)

b)      di sue operazioni esenti ai sensi (…) [dell’]articolo 28 quater, part[e] A (...)»

4        L’articolo 28 bis della sesta direttiva così recita:

«1.      Sono parimenti soggetti all’IVA:

a)      gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale o da un ente che non è soggetto passivo, quando il venditore è un soggetto passivo che agisce in quanto tale, che non beneficia della franchigia d’imposta prevista dall’articolo 24 e che non rientra nelle disposizioni previste all’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), seconda frase o all’articolo 28 ter, [parte] B, paragrafo 1.

(...)

3.      È considerata “acquisto intracomunitario di un bene”, l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto del bene.

(...)».

5        L’articolo 28 ter, parte A, di tale direttiva, intitolato «Luogo degli acquisti intracomunitari di beni», precisa quanto segue:

«1.      È considerato luogo d’acquisto intracomunitario di beni il luogo in cui questi si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente.

2.      Fatto salvo il paragrafo 1, il luogo di acquisto intracomunitario dei beni di cui all’articolo 28 bis, paragrafo 1, lettera a), si considera tuttavia situato nel territorio dello Stato membro che ha attribuito il numero di [identificazione] IVA con il quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto, a meno che l’acquirente comprovi che tale acquisto è stato sottoposto all’imposta conformemente al paragrafo 1.

Se tuttavia l’acquisto è soggetto, in applicazione del paragrafo 1, all’imposta nello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni dopo essere stato sottoposto all’imposta in applicazione del primo comma, la base imponibile è ridotta in misura adeguata nello Stato membro che ha attribuito il numero di identificazione [IVA] con il quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto.

Ai fini del primo comma, si considera che l’acquisto intracomunitario di beni sia stato assoggettato all’imposta conformemente al paragrafo 1 qualora siano soddisfatte le condizioni seguenti:

–        l’acquirente dimostri di avere effettuato tale acquisto intracomunitario per le esigenze di una successiva cessione che sia effettuata all’interno dello Stato membro di cui al paragrafo 1 e per cui il destinatario sia stato designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 28 quater, parte E, paragrafo 3,

–        l’acquirente abbia soddisfatto gli obblighi di dichiarazione previsti dall’articolo 22, paragrafo 6, lettera b), ultimo comma».

6        L’articolo 28 quater, parte A, di tale direttiva prevede quanto segue:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie e alle condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste qui di seguito e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso, gli Stati membri esentano:

a)      le cessioni di beni, ai sensi dell’articolo 5, spediti o trasportati, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di cui all’articolo 3 ma all’interno della Comunità, effettuate per un altro soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

(...)».

 Il diritto olandese

7        Le disposizioni summenzionate della sesta direttiva sono state trasposte nel diritto olandese dalla legge relativa all’imposta sul fatturato (wet op de omzetbelasting) del 28 giugno 1968 (Staatsblad 1968, n. 329), segnatamente dagli articoli 9, 15, 17 ter e 30 di detta legge, nella versione applicabile ai procedimenti principali.

8        Secondo il giudice del rinvio, il diritto olandese non prevede che la detrazione, l’esenzione o il rimborso dell’IVA siano negati nell’ipotesi in cui sia dimostrata la partecipazione del soggetto passivo a un’evasione fiscale di cui egli aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza.

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 La causa C-131/13

9        L’Italmoda, società di diritto olandese, esercita la sua attività nel settore del commercio delle calzature. All’epoca dei fatti nel procedimento principale, vale a dire tra il 1999 e il 2000, essa ha effettuato anche operazioni riguardanti materiale informatico. Detto materiale, acquistato dall’Italmoda nei Paesi Bassi e in Germania, è stato venduto e consegnato a clienti assoggettati all’IVA in Italia. I beni provenienti dalla Germania sono stati acquistati dall’Italmoda con il numero di identificazione IVA olandese di tale società, trattandosi di acquisti soggetti all’IVA dello Stato membro che ha attribuito il numero di identificazione IVA, ai sensi dell’articolo 28 ter, parte A, paragrafo 2, della sesta direttiva, ma tali beni sono stati trasportati direttamente dalla Germania in Italia.

10      Per quanto riguarda i beni acquistati nei Paesi Bassi, l’Italmoda ha effettuato tutte le dichiarazioni richieste e ha detratto l’imposta pagata a monte sulle sue dichiarazioni IVA. Per quanto attiene, invece, ai beni provenienti dalla Germania, l’Italmoda non ha dichiarato né la cessione intracomunitaria in tale Stato membro né l’acquisto intracomunitario nei Paesi Bassi, benché tale operazione fosse stata esentata in Germania. In Italia, nessuno di tali acquisti intracomunitari è stato dichiarato dagli acquirenti interessati e l’IVA non è stata versata. Le autorità fiscali italiane hanno negato il diritto a detrazione a favore dei suddetti acquirenti e hanno provveduto alla riscossione dell’imposta dovuta.

11      Le autorità fiscali olandesi, ritenendo che l’Italmoda avesse partecipato consapevolmente a una frode destinata a evadere l’IVA in Italia, le hanno negato il diritto all’esenzione per cessioni intracomunitarie effettuate in tale Stato membro, il diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte nonché il diritto al rimborso dell’imposta versata per merci provenienti dalla Germania e hanno quindi emesso tre avvisi di rettifica a carico dell’Italmoda.

12      Il ricorso proposto dall’Italmoda contro tali avvisi di rettifica è stato accolto in primo grado dal Rechtbank te Haarlem (tribunale di Haarlem), che ha chiesto alle autorità fiscali di pronunciarsi nuovamente sulla controversia.

13      In seguito a appello proposto avverso tale sentenza dinanzi al Gerechtshof te Amsterdam (corte d’appello di Amsterdam), detto giudice, con sentenza del 12 maggio 2011, ha annullato la sentenza del Rechtbank te Haarlem nonché gli avvisi di rettifica controversi, dichiarando che, nella fattispecie, non era giustificato derogare alla disciplina ordinaria dell’imposizione dell’IVA e rifiutare di applicare l’esenzione o il diritto a detrazione dell’IVA. A tale riguardo, il Gerechtshof te Amsterdam ha tenuto conto, in particolare, del fatto che la frode aveva avuto luogo non già nei Paesi Bassi, bensì in Italia, e che l’Italmoda aveva, nel primo di tali Stati membri, rispettato tutte le condizioni legali formali relative all’applicazione dell’esenzione.

14      Lo Staatssecretaris van Financiën ha adito lo Hoge Raad der Nerderlanden (Corte suprema) con ricorso per cassazione avverso tale sentenza. Detto giudice rileva, in particolare, che, durante il periodo rilevante nella fattispecie, l’applicazione dell’esenzione o del diritto a detrazione non era subordinata, nel diritto olandese, alla condizione che il soggetto passivo non avesse partecipato consapevolmente a una frode relativa all’IVA o a un’operazione di elusione fiscale. Si porrebbe così la questione se la partecipazione consapevole a una siffatta frode osti al diritto al rimborso dell’IVA, malgrado l’assenza di disposizioni in tal senso nel diritto nazionale.

15      In tali circostanze, lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le autorità nazionali amministrative e giurisdizionali debbano negare, in forza del diritto dell’Unione, l’esenzione dall’IVA in caso di cessione intracomunitaria, o il diritto alla detrazione dell’IVA in caso di acquisto di beni che, dopo l’acquisto, sono spediti in un altro Stato membro, o, infine, il rimborso dell’IVA derivante dall’applicazione dell’articolo 28 ter, parte A, paragrafo 2, seconda frase, della sesta direttiva, allorché, sulla base di dati oggettivi, è accertato che riguardo a tali beni è stata evasa l’IVA e il soggetto passivo sapeva, o avrebbe dovuto sapere, di partecipare all’evasione, qualora il diritto nazionale non abbia previsto, in siffatte circostanze, la possibilità di negare l’esenzione, la detrazione o il rimborso.

2)      Nel caso in cui si debba rispondere alla prima questione in senso affermativo, se l’esenzione, la detrazione o il rimborso summenzionati debbano essere negati anche se l’evasione dell’IVA ha avuto luogo in uno Stato membro diverso (da quello di spedizione dei beni) e il soggetto passivo era consapevole di detta evasione o avrebbe dovuto esserlo, mentre tale soggetto passivo, nello Stato membro di spedizione, ha soddisfatto tutte le condizioni (formali) imposte dalla normativa nazionale per poter invocare l’esenzione, la detrazione o il rimborso, ed egli ha sempre fornito, in tale Stato membro, tutti i dati necessari relativi ai beni, alla spedizione e agli acquirenti stabiliti nello Stato membro di destinazione.

3)      Nel caso in cui si debba rispondere alla prima questione in senso negativo, cosa si debba intendere all’articolo 28 ter, parte A, paragrafo 2, prima frase, della sesta direttiva per “sottoposto all’imposta”: il fatto di denunciare, con documenti giustificativi a sostegno, nella dichiarazione IVA prescritta dalla legge, l’IVA dovuta, in caso di acquisto intracomunitario, nello Stato membro di destinazione o, in mancanza di detta denuncia, il fatto che le autorità fiscali dello Stato membro di destinazione adottino provvedimenti utili al fine di regolarizzare tale mancanza. Se ai fini della risposta a tale questione sia rilevante il fatto che l’operazione di cui trattasi faccia parte di una serie di operazioni volte ad evadere l’IVA nel paese di destinazione e il soggetto passivo ne sia consapevole o avrebbe dovuto esserlo».

 La causa C-163/13

16      La Turbu.com, società di diritto olandese, esercita un’attività di commercio all’ingrosso di materiale informatico e di telecomunicazioni, nonché di programmi informatici.

17      Durante il periodo compreso tra agosto e dicembre 2001, la Turbu.com ha effettuato talune cessioni intracomunitarie di telefoni cellulari, applicando l’esenzione prevista a tale riguardo e detraendo l’IVA pagata a monte.

18      In seguito a un’indagine dei servizi di investigazione tributaria, le autorità fiscali olandesi hanno considerato che la Turbu.com avesse erroneamente ritenuto che dette cessioni beneficiassero dell’esenzione dall’IVA e le hanno inviato un avviso di rettifica. Sono stati peraltro avviati procedimenti penali nei confronti, in particolare, del direttore della Turbu.com, per frode in materia di IVA, i quali hanno portato alla condanna, nel corso del 2005, di quest’ultimo per falso in bilancio e presentazione di una dichiarazione dei redditi incompleta e inesatta.

19      Riguardo all’avviso di rettifica inviato alla Turbu.com, esso è stato, in seguito a ricorsi presentati da tale società, confermato in primo grado dal Rechtbank te Breda (tribunale di Breda) e, successivamente, in appello, dal Gerechtshof te ’s-Hertogenbosch (corte d’appello di Hertogenbosch), con una sentenza del 25 febbraio 2011. In tale sentenza, quest’ultimo giudice ha ritenuto plausibile che le cessioni di cui trattasi non siano, in realtà, cessioni intracomunitarie e che la Turbu.com abbia volontariamente e consapevolmente partecipato a un’evasione dell’IVA.

20      La Turbu.com ha adito lo Hoge Raad der Nederlanden con un ricorso in cassazione avverso detta sentenza. Tale giudice indica, in particolare, che nell’ipotesi in cui fosse accertato, dopo il rinvio al giudice d’appello, che le cessioni di cui trattasi facevano parte di una serie di operazioni volte ad eludere le norme in materia di IVA e che la Turbu.com ne era a conoscenza o avrebbe dovuto esserlo, si porrebbero questioni sull’interpretazione del diritto dell’Unione. A tale riguardo, esso si chiede, in particolare, se il beneficio dell’esenzione dall’IVA debba essere negato in caso di evasione dell’IVA, anche se il diritto nazionale non contiene una previsione normativa in tal senso.

21      In tali circostanze, lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il diritto dell’Unione europea imponga alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio dell’esenzione dall’IVA a favore di una cessione intracomunitaria, quando elementi oggettivi consentono di dimostrare che è stata evasa l’IVA in occasione di una fornitura di beni e il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a tale operazione, qualora la legge nazionale non preveda di privarlo del beneficio dell’esenzione in circostanze analoghe».

 La causa C-164/13

22      La TMP, società di diritto olandese, esercita la sua attività nel settore del commercio dei telefoni cellulari.

23      Nel corso del mese di luglio 2003, essa ha effettuato cessioni intracomunitarie di telefoni cellulari, applicando l’esenzione prevista a tale riguardo e chiedendo a imprese con sede nel territorio olandese il rimborso dell’IVA pagata a monte per l’acquisto degli stessi telefoni.

24      Le autorità fiscali olandesi, dopo aver accertato diverse irregolarità nelle dichiarazioni effettuate dalla TMP sia riguardo alle operazioni realizzate a monte sia riguardo alle suddette cessioni intracomunitarie, hanno negato il rimborso richiesto. La decisione che ha opposto tale diniego di rimborso alla TMP è stata annullata dal Rechtbank te Breda, con una sentenza che è stata a sua volta annullata dal Gerechtshof te ’s-Hertogenbosch con sentenza del 25 febbraio 2011. In tale sentenza, quest’ultimo giudice ha ritenuto che la TMP non potesse detrarre l’IVA pagata a monte, essenzialmente sulla base del rilievo che tale società sapeva o avrebbe dovuto sapere di trovarsi in presenza di un’operazione di evasione dell’IVA.

25      La TMP ha adito lo Hoge Raad der Nederlanden con un ricorso per cassazione avverso detta sentenza. Tale giudice indica, in particolare, che, nell’ipotesi in cui fosse accertato, dopo il rinvio al giudice d’appello, che le cessioni di cui trattasi facevano parte di una serie di operazioni volte ad eludere le norme in materia di IVA e che la TMP ne era a conoscenza o avrebbe dovuto esserlo, si porrebbero questioni sull’interpretazione del diritto dell’Unione. A tale riguardo, esso osserva, in particolare, che, durante l’esercizio in questione, la normativa olandese non subordinava il diritto a detrazione dell’IVA alla condizione che il soggetto passivo non fosse stato consapevolmente coinvolto in un’operazione di elusione fiscale o di evasione dell’IVA.

26      In tali circostanze, lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il diritto dell’Unione europea imponga alle autorità nazionali amministrative e giurisdizionali di negare il beneficio del diritto a detrazione, quando elementi oggettivi dimostrano che è stata evasa l’IVA in occasione di una fornitura di beni e il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a tale operazione, qualora la legge nazionale non preveda la decadenza da tale diritto in circostanze analoghe»

 Sulla ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C-131/13

27      In primo luogo, l’Italmoda fa valere che la prima questione sollevata nella causa C-131/13 è irricevibile ove tale questione verte sull’interpretazione del diritto nazionale.

28      A tale riguardo, si deve necessariamente constatare che è evidente che tale questione verta non già sull’interpretazione del diritto nazionale, bensì su quella del diritto dell’Unione e, in particolare, delle disposizioni della sesta direttiva.

29      Si deve, pertanto, respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dall’Italmoda riguardo a tale questione pregiudiziale.

30      In secondo luogo, la Commissione rimette in discussione la ricevibilità della seconda questione pregiudiziale sollevata in tale causa. L’ipotesi in essa prevista non sarebbe in discussione nel caso di specie, dato che, come risulterebbe dalla decisione di rinvio, l’Italmoda non avrebbe correttamente informato le autorità fiscali olandesi delle operazioni di cui trattasi.

31      Occorre, a tale riguardo, ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sottoposte dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di pronunciarsi su una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non abbia alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze Budějovický Budvar, C-478/07, EU:C:2009:521, punto 63; Zanotti, C-56/09, EU:C:2010:288, punto 15, nonché Melki e Abdeli, C-188/10 e C-189/10, EU:C:2010:363, punto 27).

32      Orbene, nel caso in esame, sebbene la Commissione faccia valere che, nella specie, non si possa in nessun caso far riferimento alla situazione descritta nella seconda questione sollevata, poiché l’Italmoda non avrebbe correttamente adempiuto tutti gli obblighi di informazione cui era tenuta nei confronti delle autorità fiscali nello Stato membro di spedizione dei beni di cui trattasi, si deve tuttavia rilevare, in primo luogo, che dalla decisione di rinvio non risulta che tali obblighi di informazione delle autorità fiscali non sarebbero stati, in ultima analisi, correttamente adempiuti. Il giudice del rinvio intende piuttosto accogliere il motivo che osta, unicamente per un difetto di motivazione, alla constatazione, da parte del giudice d’appello, secondo cui le autorità fiscali sono state correttamente informate, ritenendo che tale constatazione non potesse essere operata esclusivamente in base al rilievo che le dichiarazioni dell’Italmoda non erano state contestate.

33      In secondo luogo, e in tale contesto, si deve sottolineare che è la rilevanza stessa della questione dell’adempimento degli obblighi in materia di informazione, al fine di valutare i diritti a detrazione, a esenzione o al rimborso dell’IVA, che costituisce, tra gli altri punti, l’oggetto di tale questione pregiudiziale. Pertanto, non appare in modo manifesto che detta questione sia di natura ipotetica o non abbia alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale.

34      Ne consegue che la seconda questione sollevata nella causa C-131/13, deve parimenti essere considerata ricevibile.

 Sulla ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale nelle cause C-163/13 e C-164/13

35      La Commissione fa valere che le questioni sollevate nelle cause C-163/13 e C-164/13 sono irricevibili in quanto devono essere considerate come ipotetiche. Elementi di fatto e di diritto essenziali non sarebbero stati, infatti, ancora definiti nei procedimenti principali.

36      Com’è stato ricordato al punto 31 della presente sentenza, secondo una giurisprudenza costante, la Corte è, in linea di principio, tenuta a decidere su questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione del diritto dell’Unione salvo che sia manifesto che l’interpretazione richiesta non abbia alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, che la questione sia di tipo ipotetico o che la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte.

37      Si deve rilevare, tuttavia, che tale ipotesi ricorre nel caso delle domande di pronuncia pregiudiziale oggetto delle cause C-163/13 e C-164/13.

38      In tali cause, la Corte è chiamata a precisare se e, eventualmente, al ricorrere di quali condizioni le autorità e i giudici nazionali sono tenuti a negare il beneficio dei diritti a esenzione e a detrazione dell’IVA in un caso di evasione dell’IVA.

39      Orbene, dalle motivazioni delle decisioni di rinvio risulta che lo Hoge Raad der Nederlanden non ha accertato l’esistenza di un’evasione dell’IVA nelle transazioni di cui trattasi nei procedimenti principali. Così, giacché le questioni pregiudiziali sollevate con tali decisioni presuppongono proprio l’esistenza di una siffatta evasione, esse devono essere considerate come ipotetiche rispetto ai procedimenti principali.

40      Pertanto, si devono dichiarare irricevibili le questioni pregiudiziali sollevate nelle cause C-163/13 e C-164/13.

 Sulle questioni pregiudiziali sollevate nella causa C-131/13

 Sulla prima questione

41      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se spetti alle autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, nell’ambito di cessioni intracomunitarie, a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA, il diniego del beneficio del diritto a detrazione dell’IVA pagata a monte, in forza dell’articolo 17, paragrafo 3, della sesta direttiva, del diritto a esenzione, previsto dall’articolo 28 quater, parte A, lettera a), di tale direttiva, nonché del diritto a rimborso dell’IVA, in forza dell’articolo 28 ter, parte A, paragrafo 2, della medesima, nell’ipotesi in cui il diritto nazionale non contempli alcuna disposizione che preveda un siffatto rifiuto.

42      Al fine di rispondere a tale questione, si deve ricordare, in via preliminare, che la lotta contro l’evasione, l’elusione fiscale e gli eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla sesta direttiva (v., in particolare, sentenze Halifax e a., C-255/02, EU:C:2006:121, punto 71; Kittel e Recolta Recycling, C-439/04 e C-440/04, EU:C:2006:446, punto 54, nonché Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 41).

43      A tale riguardo, la Corte ha più volte sottolineato che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze Kittel e Recolta Recycling, EU:C:2006:446, punto 54; Fini H, C-32/03, EU:C:2005:128, punto 32, e Maks Pen, C-18/13, EU:C:2014:69, punto 26).

44      Da ciò la Corte ha desunto, in primo luogo, nell’ambito di una giurisprudenza costante vertente sul diritto a detrazione dell’IVA previsto dalla sesta direttiva, che spetta alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio di tale diritto se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che quest’ultimo è invocato fraudolentemente o abusivamente (v., in particolare, sentenze Kittel e Recolta Recycling, EU:C:2006:446, punto 55; Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punto 37, nonché Maks Pen, EU:C:2014:69, punto 26).

45      In secondo luogo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che tale conseguenza di un abuso o di una frode si ripercuote, in linea di principio, anche sul beneficio del diritto all’esenzione per una cessione intracomunitaria (v., in tal senso, sentenze R., C-285/09, EU:C:2010:742, punto 55, e Mecsek-Gabona, C-273/11, EU:C:2012:547, punto 54).

46      In terzo luogo, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 50 a 52 delle sue conclusioni, nei limiti in cui un diniego eventuale del beneficio di un diritto derivante dalla sesta direttiva riflette il principio generale, menzionato al punto 43 della presente sentenza, secondo il quale nessuno può beneficiare abusivamente o fraudolentemente dei diritti derivanti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, un siffatto diniego spetta, in generale, alle autorità e ai giudici nazionali, qualunque sia il diritto in materia di IVA interessato dalla frode, ivi compreso, pertanto, il diritto a rimborso dell’IVA.

47      Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, tale conclusione non può essere rimessa in discussione dal fatto che quest’ultimo diritto sia di natura particolare in quanto costituirebbe un meccanismo di correzione atto a garantire la neutralità dell’IVA in taluni casi di cessioni intracomunitarie.

48      A tale riguardo, si deve rilevare che dalla giurisprudenza citata al punto 44 della presente sentenza risulta che la funzione centrale svolta dal diritto a detrazione previsto dall’articolo 17, paragrafo 3, della sesta direttiva nel meccanismo dell’IVA al fine di garantire la perfetta neutralità dell’imposta, non osta al diniego di tale diritto nei confronti di un soggetto passivo nell’ipotesi di partecipazione a una frode (v. in tal senso, in particolare, sentenze Bonik, EU:C:2012:774, punti da 25 a 27 e 37, nonché Maks Pen, EU:C:2014:69, punti da 24 a 26). Parimenti, la funzione specifica svolta dal diritto a rimborso dell’IVA, al fine di garantire la neutralità dell’IVA, non può ostare al diniego di tale diritto nei confronti di un soggetto passivo in una siffatta ipotesi.

49      Alla luce delle suesposte considerazioni, spetta, in linea di principio, alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio di diritti previsti dalla sesta direttiva, invocati fraudolentemente o abusivamente, indipendentemente dal fatto che si tratti dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’IVA riguardante una cessione intracomunitaria, come quelli in esame nel procedimento principale.

50      Si deve, inoltre, necessariamente rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, ciò si verifica non solo quando un’evasione fiscale è commessa dallo stesso soggetto passivo, ma anche quando un soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione di cui trattasi, ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessione (v. in tal senso, in particolare, sentenze Kittel e Recolta Recycling, EU:C:2006:446, punti 45, 46, 56 e 60, nonché Bonik, EU:C:2012:774, punti da 38 a 40).

51      Per quanto riguarda la questione se un siffatto diniego spetti alle autorità e ai giudici nazionali anche in mancanza di disposizioni specifiche in tal senso nell’ordinamento giuridico nazionale, si deve rilevare, in primo luogo, che il governo olandese ha, durante l’udienza, insistito sul fatto che non vi fossero lacune nel diritto olandese riguardo alla trasposizione della sesta direttiva e che la prevenzione della frode si applicava in quanto principio generale di diritto in occasione dell’applicazione delle disposizioni nazionali di trasposizione di tale direttiva.

52      A tale riguardo, si deve ricordare che spetta al giudice nazionale interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva in questione, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima, circostanza che esige che esso faccia tutto quanto gli compete prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici (v., in tal senso, sentenze Adeneler e a., C-212/04, EU:C:2006:443, punto 111; Kofoed, C-321/05, EU:C:2007:408, punto 45, e Maks Pen, EU:C:2014:69, punto 36).

53      Spetta, di conseguenza, al giudice del rinvio accertare se nel diritto olandese esistano, come suggerisce il governo olandese, norme di diritto, quali una disposizione o un principio generale che vietino l’abuso del diritto ovvero se esistano altre disposizioni sull’evasione o sull’elusione fiscale che possano essere interpretate conformemente ai criteri del diritto dell’Unione in materia di lotta contro l’evasione fiscale, come ricordati ai punti 49 e 50 della presente sentenza (v., in tal senso, sentenze Kofoed, EU:C:2007:408, punto 46, e Maks Pen, EU:C:2014:69, punto 36).

54      Se si accertasse, tuttavia, in secondo luogo, che, nel caso di specie, il diritto nazionale non contempla norme del genere che possano essere oggetto di interpretazione conforme, non se ne potrebbe tuttavia dedurre che alle autorità e ai giudici nazionali sia impedito, in circostanze quali quelle di cui ai procedimenti principali, di rispettare tali criteri e, così, di negare il vantaggio derivante da un diritto previsto dalla sesta direttiva nell’ipotesi di una frode.

55      Innanzitutto, sebbene sia vero, come affermato dall’Italmoda, che, secondo una giurisprudenza costante, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale dallo Stato membro nei suoi confronti (v., in particolare, sentenze Pfeiffer e a., da C-397/01 a C-403/01, EU:C:2004:584, punto 108, e Kücükdeveci, C-555/07, EU:C:2010:21, punto 46), il diniego del beneficio di un diritto in conseguenza, come nel caso di specie, di una frode, non rientra nell’ipotesi prevista da tale giurisprudenza.

56      Al contrario, com’è stato rilevato ai punti 43 e 46 della presente sentenza, tale diniego risponde al principio secondo il quale nessuno può avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione, la cui applicazione non può essere estesa sino a comprendere pratiche abusive, o fraudolente (v., in tal senso, sentenze Halifax e a., EU:C:2006:121, punti 68 e 69, nonché Collée, C-146/05, EU:C:2007:549, punto 38).

57      Così, nei limiti in cui fatti abusivi o fraudolenti non possono fondare un diritto previsto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, il diniego di un vantaggio previsto, nel caso di specie, dalla sesta direttiva non equivale a imporre un obbligo a carico del singolo interessato in forza di tale direttiva, ma non è altro che la mera conseguenza della constatazione secondo la quale le condizioni oggettive richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio che si vuole conseguire, previste da tale direttiva in relazione a detto diritto, non sono, in realtà, soddisfatte (v., in tal senso, in particolare, sentenze Kittel e Recolta Recycling, EU:C:2006:446, punto 53, nonché FIRIN, C-107/13, EU:C:2014:151, punto 41).

58      Pertanto, si tratta piuttosto, in tale ipotesi, dell’impossibilità per il soggetto passivo di avvalersi di un diritto previsto dalla sesta direttiva, di cui i criteri obiettivi per la concessione non sono soddisfatti a causa o di una frode concernente l’operazione realizzata dallo stesso soggetto passivo, o del carattere fraudolento di una catena di transazioni considerata nel suo complesso, cui questi ha partecipato, come esposto al punto 50 della presente sentenza.

59      Orbene, in una siffatta ipotesi, non può essere richiesta un’autorizzazione espressa affinché le autorità e i giudici nazionali possano negare un vantaggio previsto dal sistema comune dell’IVA, poiché tale conseguenza deve essere considerata inerente a detto sistema.

60      Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dall’Italmoda, un soggetto passivo che ha creato le condizioni relative all’ottenimento di un diritto esclusivamente tramite la partecipazione a operazioni fraudolente non può manifestamente avvalersi dei principi di tutela del legittimo affidamento o di certezza del diritto al fine di opporsi al diniego della concessione del diritto di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze Breitsohl, C-400/98, EU:C:2000:304, punto 38, e Halifax e a., EU:C:2006:121, punto 84).

61      Infine, poiché il diniego del beneficio di un diritto derivante dal sistema comune dell’IVA in caso di coinvolgimento del soggetto passivo in una frode non è altro che la mera conseguenza dell’insussistenza delle condizioni richieste a tale riguardo dalle disposizioni rilevanti della sesta direttiva, tale diniego non ha, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, il carattere di una pena o di una sanzione, ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, o dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenze Emsland-Stärke, C-110/99, EU:C:2000:695, punto 56; Halifax e a., EU:C:2006:121, punto 93, e Döhler Neuenkirchen, C-262/10, EU:C:2012:559, punto 43).

62      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che la sesta direttiva deve essere interpretata nel senso che spetta alle autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, nell’ambito di una cessione intracomunitaria, il diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’IVA, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano un siffatto diniego, se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento del diritto di cui trattasi, a un’evasione dell’IVA commessa nell’ambito di una catena di cessioni.

 Sulla seconda questione

63      Con la sua seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio interroga la Corte, in sostanza, sulla rilevanza, per quanto riguarda l’obbligo eventuale di negare i diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’IVA, come descritto nell’ambito della prima questione pregiudiziale, di circostanze secondo le quali, da un lato, l’evasione dell’IVA è stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui il beneficio di tali diversi diritti è stato richiesto e, dall’altro, il soggetto passivo interessato ha, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per beneficiare di tali diritti.

64      A tale riguardo, come già rilevato al punto 50 della presente sentenza, secondo una giurisprudenza costante, sono considerati come un comportamento fraudolento di un soggetto passivo atto a dar luogo, nei suoi confronti, al diniego di un diritto previsto dalla sesta direttiva, non solo la situazione in cui un’evasione fiscale è immediatamente commessa solo ed esclusivamente dal soggetto passivo, ma anche quella nella quale un soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, con l’acquisto o la cessione effettuata, a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessioni (v., in particolare, sentenze Kittel e Recolta Recycling, EU:C:2006:446, punti 45, 46 e 56; Mahagében e Dávid, EU:C:2012:373, punto 46, nonché Bonik, EU:C:2012:774, punto 40).

65      Orbene, non sussiste alcuna ragione oggettiva che consenta di concludere che ciò non varrebbe per il solo fatto che la catena di cessioni rientranti in una frode si estende a due o a più Stati membri o che l’operazione tramite la quale l’evasione dell’IVA è stata commessa ha avuto luogo in uno Stato membro diverso da quello in cui il soggetto passivo coinvolto nella realizzazione fraudolenta delle transazioni di cui trattasi cerca indebitamente di beneficiare di un diritto derivante dalla sesta direttiva.

66      Parimenti, sarebbe, in quanto tale, irrilevante, rispetto al diniego del beneficio di un diritto previsto dalla sesta direttiva, una constatazione secondo la quale, in considerazione unicamente dell’ordinamento giuridico dello Stato membro chiamato a decidere sulla concessione di tale diritto, le condizioni previste a tale riguardo sembrano essere soddisfatte, giacché, come appena rilevato, il coinvolgimento in un’evasione dell’IVA può consistere in una partecipazione cosciente, o che avrebbe dovuto esserlo, a una catena di transazioni nell’ambito della quale un altro operatore, tramite un’operazione successiva che ha avuto luogo in un altro Stato membro, completa la commissione di tale evasione.

67      Inoltre, come correttamente rilevato dal governo olandese, la frode relativa all’IVA oggetto del procedimento principale, di tipo «carosello», attuata nell’ambito di cessioni intracomunitarie, è frequentemente caratterizzata dal fatto che, dal punto di vista di uno Stato membro considerato isolatamente, le condizioni richieste per invocare un diritto in materia di IVA sembrano soddisfatte, poiché è proprio dalla combinazione specifica di transazioni effettuate in vari Stati membri che deriva il carattere fraudolento di tali operazioni nel loro complesso.

68      Peraltro, qualsiasi interpretazione diversa da quella sopra accolta non sarebbe conforme all’obiettivo di lotta contro l’evasione fiscale, come riconosciuto e supportato dalla sesta direttiva (v., in particolare, sentenza Tanoarch, C-504/10, EU:C:2011:707, punto 50).

69      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che la sesta direttiva deve essere interpretata nel senso che un soggetto passivo, che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’IVA, a un’evasione dell’IVA commessa nell’ambito di una catena di cessioni, può vedersi rifiutare il beneficio di tali diritti, nonostante il fatto che detta evasione sia stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui tale beneficio è stato richiesto e che lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per poter beneficiare di tali diritti.

 Sulla terza questione

70      Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla terza questione, la quale è stata sollevata unicamente nell’ipotesi di una risposta negativa a tale prima questione.

 Sulle spese

71      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      Le questioni pregiudiziali sollevate dallo Hoge Raad der Nederlanden nelle cause C-163/13 e C-164/13 sono irricevibili.

2)      La sesta direttiva 77/388/CEE, del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva, 95/7/CE del Consiglio, del 10 aprile 1995, deve essere interpretata nel senso che spetta alle autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, nell’ambito di una cessione intracomunitaria, un diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano un siffatto diniego, se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento del diritto di cui trattasi, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni.

3)      La sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 95/7, deve essere interpretata nel senso che un soggetto passivo, che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni, può vedersi rifiutare il beneficio di tali diritti, nonostante il fatto che detta evasione sia stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui tale beneficio è stato richiesto e che lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per poter beneficiare di tali diritti.

Firme


* Lingua processuale: il neerlandese.