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SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

9 dicembre 2015 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Sesta direttiva IVA – Esenzioni – Articolo 13, parte B, lettera d), punto 6 – Fondi comuni d’investimento – Nozione – Investimenti immobiliari – Gestione di fondi comuni d’investimento – Nozione – Amministrazione effettiva di un immobile»

Nella causa C-595/13,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), con decisione del 1° novembre 2013, pervenuta in cancelleria il 21 novembre 2013, nel procedimento

Staatssecretaris van Financiën

contro

Fiscale Eenheid X NV cs,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, D. Šváby, A. Rosas (relatore), E. Juhász e C. Vajda, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 marzo 2015,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Fiscale Eenheid X NV cs, da T. Scheer, advocaat, K. Bruins e M. Morawski, adviseurs;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman, B. Koopman e H. Stergiou, in qualità di agenti;

–        per il governo svedese, da A. Falk, C. Meyer-Seitz, U. Persson, E. Karlsson, L. Swedenborg, e C. Hagerman, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, da L. Christie, in qualità di agente, assistito da R. Hill, barrister;

–        per la Commissione europea, da W. Roels e C. Soulay, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 maggio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991 (GU L 376, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra lo Staatssecretaris van Financiën (segretario di Stato alle Finanze) e la Fiscale Eenheid X NV cs (in prosieguo: la «X») avente ad oggetto un avviso di rettifica relativo all’imposta sul valore aggiunto (IVA) notificato a quest’ultima in relazione al 1996.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

 La normativa sull’IVA

3        L’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva assoggetta all’IVA, in particolare, «le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

4        Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, «[o]gni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi».

5        L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva è così formulato:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esentano, a condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni stesse e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(...)

d)      le operazioni seguenti:

(...)

6.      la gestione di fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri».

6        L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva è sostanzialmente identico all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), che ha abrogato e sostituito la sesta direttiva a decorrere dal 1° gennaio 2007.

 La normativa in materia di vigilanza sugli investimenti

7        La direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 375, pag. 3; in prosieguo: la «direttiva OICVM») ai suoi considerando primo e secondo enuncia quanto segue:

«considerando che vi sono notevoli divergenze tra le legislazioni degli [S]tati membri relative agli organismi d’investimento collettivo, soprattutto per quanto riguarda gli obblighi e i controlli ai quali questi organismi sono assoggettati; che queste divergenze provocano perturbazioni delle condizioni di concorrenza tra questi organismi e non garantiscono una tutela equivalente dei partecipanti;

considerando che un coordinamento delle legislazioni nazionali che disciplinano gli organismi d’investimento collettivo appare pertanto opportuno, per ravvicinare sul piano comunitario le condizioni di concorrenza tra questi organismi ed attuarvi una tutela più efficace e più uniforme dei partecipanti; che un simile coordinamento sarebbe opportuno ai fini di facilitare agli organismi d’investimento collettivo situati in uno [S]tato membro la commercializzazione delle loro quote nel territorio degli altri [S]tati membri».

8        L’ambito di applicazione della direttiva OICVM è definito dal suo sesto considerando come segue:

«considerando che in una prima fase è opportuno limitare il coordinamento delle legislazioni degli Stati membri agli organismi d’investimento collettivo di tipo diverso da quello “chiuso” che offrono le loro quote in vendita al pubblico nella Comunità e che hanno come unico obiettivo l’investimento in valori mobiliari (…); che la regolamentazione degli organismi d’investimento collettivo cui la direttiva non si applica solleva vari problemi che occorre risolvere con altre disposizioni e che, quindi, tali organismi saranno oggetto di un successivo coordinamento; (…)».

9        Nella sua versione modificata dalla direttiva 2001/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 gennaio 2002 (GU L 41, pag. 35), non applicabile alla data dei fatti di cui al procedimento principale, la direttiva OICVM, al suo articolo 1, paragrafi 1 e 2, così prevede:

«1.      Gli [S]tati membri applicano la presente direttiva agli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) situati sul loro territorio.

2.      Ai fini della presente direttiva e fatto salvo l’articolo 2, si intendono per OICVM gli organismi:

– il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari e/o in altre attività finanziarie liquide di cui all’articolo 19, paragrafo 1, e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e

– le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un OICVM agisca per impedire che il corso delle sue quote in borsa si allontani sensibilmente dal valore netto di inventario».

10      Conformemente all’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva OICVM, nella sua versione modificata dalla direttiva 2001/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 gennaio 2002 (GU L 41, pag. 20), non applicabile alla data dei fatti di cui al procedimento principale, «l’attività di gestione di fondi comuni d’investimento e di società d’investimento comprende, ai fini della presente direttiva, le funzioni citate nell’elenco non esaustivo di cui all’allegato II».

11      Il citato allegato II menziona i seguenti aspetti tra le «funzioni comprese nell’attività di gestione di portafogli collettivi»:

«–      Gestione degli investimenti

–      Amministrazione

a)      servizi legali e contabili relativi alla gestione del fondo

b)      servizio di informazione per i clienti

c)      valutazione e determinazione del prezzo (anche ai fini delle dichiarazioni fiscali)

d)      controllo dell’osservanza della normativa applicabile

e)      tenuta del registro dei detentori delle quote

f)      distribuzione dei proventi

g)      emissione e riscatto delle quote

h)      regolamento dei contratti (compreso l’invio dei certificati)

i)      tenuta dei libri.

–      Commercializzazione».

12      La vigilanza sugli investimenti è stata rafforzata con l’adozione della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, sui gestori di fondi d’investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (GU L 174, pag. 1), che tuttavia non è applicabile ai fatti di cui al procedimento principale. Dai considerando 34 e 58 di tale direttiva risulta che essa si applica anche ai fondi d’investimento immobiliari.

 Il diritto dei Paesi Bassi

13      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, della legge del 1968, relativa all’imposta sul fatturato (Wet op de Omzetbelasting 1968), nella sua versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sull’IVA»), «[l]e persone fisiche e gli organismi ai sensi della legge generale sulle imposte statali [Algemene wet inzake rijksbelastingen] che sono imprenditori ai sensi del presente articolo, residenti o con sede nei Paesi Bassi o che vi hanno un centro d’attività stabile e i cui rapporti finanziari, economici ed organizzativi sono tali da rappresentare un’unità, sono considerati, su domanda o meno di uno o più di essi, con decisione impugnabile dell’Ispettore, come un unico imprenditore, a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data in cui l’Ispettore ha adottato detta decisione. Le modalità della creazione, modifica e cessazione dell’unità fiscale possono essere fissate con decreto ministeriale».

14      L’articolo 11, paragrafo 1, sub i), punto 3, della legge sull’IVA dispone sostanzialmente che la gestione, da parte di fondi d’investimento e di società d’investimento, di patrimoni riuniti in vista di un investimento collettivo è esente dall’IVA.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15      La X è un’entità fiscale ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, della legge sull’IVA, vale a dire un soggetto passivo di cui all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva.

16      La A Beheer NV (in prosieguo: la « A») fa parte di tale entità fiscale.

17      Durante il 1996 la A ha concluso, con tre società stabilite nei Paesi Bassi, contratti vertenti sulla fornitura di diversi servizi. Tali società non fanno parte della X. Esse sono state costituite da alcuni fondi pensione. Dopo la loro costituzione esse hanno emesso partecipazioni e certificati di partecipazione, che sono stati ceduti a terzi. L’attività delle società consiste nell’acquistare dai detentori partecipazioni o certificati di partecipazione, nonché nella compravendita e nella gestione di beni immobili. Le società non impiegano personale. Gli azionisti richiedono dalle suddette società risultati sotto forma di versamenti di dividendi.

18      Dai summenzionati contratti risulta che la A ha eseguito, a titolo oneroso, le seguenti attività per le società stesse:

a)      tutte le attività per essa derivanti dalla sua funzione di direttore statutario del committente;

b)      tutte le attività di carattere operativo imposte al committente da norme di legge, da statuti, da regolamenti e da decisioni dell’amministrazione;

c)      la gestione del patrimonio del committente, con le modalità previste all’allegato I ai contratti;

d)      la predisposizione dei rendiconti finanziari, l’elaborazione dei dati e il controllo contabile interno;

e)      il compimento di atti di disposizione sul patrimonio del committente, in particolare l’acquisto e la vendita di immobili, e

f)      l’acquisto da detentori di partecipazioni e certificati di partecipazione.

19      L’allegato I, precedentemente menzionato alla lettera c), così dispone:

«La prestazione dei servizi di gestione (...) comprende:

A. Gestione dei beni immobili:

1.      l’esercizio del controllo sui beni immobili e sull’uso dei medesimi, nonché il mantenimento dei contatti con gli inquilini;

2.      l’incarico ad agenzie immobiliari – per conto del committente – in caso di abitazioni vuote; la valutazione della qualità degli inquilini;

3.      l’ispezione di locali eventualmente liberatisi e la predisposizione del relativo rendiconto;

4.      la riscossione dei canoni di locazione (...) e la gestione dei debitori; la trattazione dei sussidi per la locazione;

5.      l’iscrizione a bilancio e la realizzazione della manutenzione straordinaria, nonché la valutazione tecnica e il controllo sull’esecuzione della medesima (...);

6.      la realizzazione di interventi minori di manutenzione e il controllo sull’esecuzione dei medesimi;

7.      la fornitura di beni e la prestazione di servizi aggiuntivi; il relativo controllo di qualità e la fatturazione di detti beni e servizi agli inquilini;

8.      il trattamento contabile di quanto precedentemente menzionato, e

9.      le attività giuridiche ordinarie; l’applicazione di aumenti del canone e la proroga dei contratti di locazione.

(...)».

20      Tutte le attività a carico della A in base ai contratti di cui al procedimento principale sono espletate dalla stessa A oppure da terzi su incarico e sotto la responsabilità della medesima. Per dette attività la A ha ricevuto da ciascuna delle società di cui al procedimento principale un compenso fissato all’8% del canone annuale di locazione teorico per i beni immobili appartenenti al patrimonio della società di cui trattasi.

21      La X non ha versato l’IVA sui compensi percepiti da queste tre società immobiliari, considerando che le prestazioni effettuate, sia da essa stessa sia da terzi sotto la sua responsabilità, godevano dell’esenzione prevista all’articolo 11, paragrafo 1, sub i), punto 3, della legge sull’IVA.

22      L’Ispettore dell’autorità fiscale nazionale ha tuttavia ritenuto che godessero di tale esenzione soltanto le attività menzionate alle lettere e) ed f) dei contratti di gestione di cui trattasi, vale a dire la compravendita di immobili, nonché l’acquisto da detentori di partecipazioni e certificati di partecipazione. Ha pertanto emesso nei confronti della X un avviso di rettifica in materia di IVA relativo al periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 1996 compresi.

23      A seguito di un reclamo contro tale avviso di rettifica, l’Ispettore dell’autorità fiscale nazionale ha ridotto l’importo della rettifica, pur considerando che una parte dei servizi forniti dalla A non godano dell’esenzione. Ritenendo la riduzione insufficiente, la X ha presentato, contro la decisione dell’Ispettore dell’autorità fiscale nazionale, un ricorso dinanzi al Rechtbank Breda (Tribunale di Breda). Quest’ultimo ha dichiarato fondato il ricorso, ha annullato la suddetta decisione e ha concesso una riduzione maggiore.

24      L’Ispettore dell’autorità fiscale nazionale ha quindi proposto appello, contro la sentenza del Rechtbank Breda (Tribunale di Breda), dinanzi al Gerechtshof te ‘s Hertogenbosch (Corte di appello di Hertogenbosch), che ha confermato la decisione di primo grado.

25      Avverso la sentenza del Gerechtshof te ‘s Hertogenbosch (Corte di appello di Hertogenbosch), lo Staatssecretaris (Segretario di Stato per le Finanze) ha proposto un ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi). Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale presso lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha invitato la presente Sezione a dichiarare infondata l’impugnazione.

26      Lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) si chiede se società d’investimento come le società di cui trattasi, in cui è raccolto capitale ad opera di più di un investitore al fine dell’acquisto, della detenzione, della gestione e della vendita di beni immobili per conseguirne un profitto, che perverrà a tutti i detentori delle quote in forma di distribuzione di un dividendo e di un vantaggio dovuto all’aumento del valore della loro partecipazione, debbano essere considerate «fondi comuni d’investimento», ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva. Si chiede, segnatamente, se osti all’applicazione della menzionata disposizione la circostanza che l’investimento ha per oggetto beni immobili.

27      Nel caso in cui le società di cui trattasi possano essere considerate «fondi comuni d’investimento» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) si chiede se la gestione effettiva dei beni immobili, comprendente tutto quanto è connesso alla locazione di detti beni e alla loro manutenzione, che dette società hanno subappaltato a un terzo, vale a dire alla A, costituisca un’attività di «gestione» ai sensi di tale disposizione.

28      In tale contesto lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       Se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che una società costituita da più di un investitore, con il solo fine di investire in beni immobili il patrimonio raccolto, possa essere considerata come un fondo comune d’investimento, ai sensi di detta disposizione.

2)       In caso di soluzione affermativa della questione 1): se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che nella nozione di “gestione” è compresa anche l’amministrazione effettiva dei beni immobili della società che quest’ultima ha affidato a un terzo».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione, relativa alla nozione di «fondo comune d’investimento»

29      Con la sua prima questione, come risulta dalla decisione di rinvio, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che società d’investimento come quelle di cui al procedimento principale, in cui è raccolto capitale ad opera di più di un investitore al fine dell’acquisto, della detenzione, della gestione e della vendita di beni immobili per conseguirne un profitto, che perverrà a tutti i detentori delle quote in forma di distribuzione di un dividendo e di un vantaggio dovuto all’aumento del valore della loro partecipazione, debbano essere considerate «fondi comuni d’investimento», ai sensi di tale disposizione.

30      Occorre anzitutto ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, sebbene le esenzioni previste, segnatamente, all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva costituiscano nozioni autonome del diritto dell’Unione e debbano, in linea di principio, ricevere una definizione comune che miri ad evitare divergenze nell’applicazione del regime IVA da uno Stato membro all’altro, e di conseguenza gli Stati membri non possano modificarne il contenuto, ciò non vale tuttavia quando il legislatore dell’Unione europea ha affidato loro il compito di definire taluni termini di un’esenzione (v., in tal senso, sentenze Abbey National, C-169/04, EU:C:2006:289, punti 38 e 39; JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies, C-363/05, EU:C:2007:391, punti 19 e 20; Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-424/11, EU:C:2013:144, punto 16, nonché ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 40).

31      Orbene, l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva conferisce agli Stati membri il potere di definire la nozione di «fondi comuni d’investimento» (v. sentenze Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-424/11, EU:C:2013:144, punto 16, nonché ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 40).

32      Tale potere definitorio così attribuito agli Stati membri trova tuttavia il proprio limite nel divieto di violare i termini stessi dell’esenzione utilizzati dal legislatore dell’Unione. In particolare, uno Stato membro non può, senza negare i termini stessi di «fondi comuni d’investimento», selezionare quali tra detti fondi beneficino dell’esenzione e quali no. Detta disposizione gli conferisce quindi esclusivamente il potere di definire, nel suo diritto interno, i fondi corrispondenti alla nozione di «fondi comuni d’investimento» (v., in tal senso, sentenze JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies, C-363/05, EU:C:2007:391, punti da 41 a 43;Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-424/11, EU:C:2013:144, punto 17, nonché ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 41).

33      Il potere definitorio della nozione di «fondi comuni d’investimento» riconosciuto agli Stati membri deve inoltre rispettare gli obiettivi perseguiti dalla sesta direttiva nonché il principio di neutralità fiscale caratterizzante il sistema comune dell’IVA (v., in tal senso, sentenze JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies, C-363/05, EU:C:2007:391, punti 22 e 43;Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-424/11, EU:C:2013:144, punto 18, nonché ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 42).

34      A tale riguardo si deve osservare che l’obiettivo dell’esenzione delle operazioni correlate alla gestione di fondi comuni d’investimento è, segnatamente, quello di agevolare agli investitori l’investimento in titoli tramite organismi d’investimento, escludendo i costi dell’IVA e, in tal modo, garantendo la neutralità del sistema comune dell’IVA quanto alla scelta tra l’investimento diretto in titoli e quello mediante organismi d’investimento collettivo (v. sentenze JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies, C-363/05, EU:C:2007:391, punto 45;Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-424/11, EU:C:2013:144, punto 19, nonché ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 43).

35      Occorre pertanto determinare, ai fini dell’applicazione della sesta direttiva, se società che presentino caratteristiche come quelle che presentano le società di cui al procedimento principale, che sono state costituite da più di un investitore con il solo fine di investire in beni immobili il patrimonio riunito, possano essere considerate un «fondo comune d’investimento» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, di tale direttiva.

36      Occorre ricordare che i fondi che costituiscono organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari ai sensi della direttiva OICVM costituiscono fondi comuni d’investimento (v. in tal senso, in particolare, sentenze Deutsche Bank, C-44/11, EU:C:2012:484, punto 32;Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-424/11, EU:C:2013:144, punto 23, nonché ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 46). Come risulta dall’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, gli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari sono organismi il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari, il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi.

37      Inoltre, vanno altresì considerati fondi comuni d’investimento i fondi che, pur non costituendo organismi d’investimento collettivo ai sensi della direttiva OICVM, presentano caratteristiche identiche a questi ultimi ed effettuano quindi le stesse operazioni o, quanto meno, presentano tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi (v., in tal senso, sentenze Abbey National, C-169/04, EU:C:2006:289, punti da 53 a 56; JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies, C-363/05, EU:C:2007:391, punti da 48 a 51;Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-424/11, EU:C:2013:144, punto 24, nonché ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 47).

38      Orbene, si deve constatare che non si può ritenere che società come quelle di cui al procedimento principale, che sono state costituite da più di un investitore con il solo fine di investire in beni immobili il patrimonio riunito, costituiscano un organismo d’investimento collettivo ai sensi della direttiva OICVM. Infatti un investimento composto esclusivamente da beni immobili non è soggetto alla direttiva OICVM, dal momento che quest’ultima, conformemente al suo articolo 1, paragrafi 1 e 2, si applica solo agli investimenti in valori mobiliari.

39      Di conseguenza, per poter essere considerate fondi comuni d’investimento esenti ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, le società come quelle di cui al procedimento principale devono presentare caratteristiche identiche agli organismi d’investimento collettivo ai sensi della direttiva OICVM ed effettuare le stesse operazioni o, quanto meno, presentare tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi.

40      A tale riguardo occorre in via preliminare rilevare, come indicato dall’avvocato generale ai paragrafi da 22 a 29 delle sue conclusioni, che l’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva si applica agli organismi d’investimento oggetto di una vigilanza statale specifica.

41      Come osservato in più occasioni dalla Corte nell’ambito dell’interpretazione dell’esenzione della gestione dei fondi comuni d’investimento ai sensi di detta disposizione, l’armonizzazione della normativa sull’IVA è precedente a quella della legislazione relativa all’autorizzazione e alla vigilanza sui fondi d’investimento e, in particolare, alla direttiva OICVM (sentenze Abbey National, C-169/04, EU:C:2006:289, punto 55, nonché JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies, C-363/05, EU:C:2007:391, punto 32).

42      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 21 delle sue conclusioni, gli Stati membri hanno originariamente stabilito come fondi di investimento i fondi regolamentati a livello statale e quindi soggetti a particolari disposizioni in materia di autorizzazione e controllo, vale a dire a un’autorizzazione da parte di autorità pubbliche e a una vigilanza, segnatamente, a tutela degli investitori. Il rinvio al diritto nazionale degli Stati membri per definire la nozione di «fondi comuni d’investimento» ha quindi consentito di riservare agli investimenti oggetto di una vigilanza statale specifica l’esenzione a titolo dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva.

43      Dai primi due considerando della direttiva OICVM risulta che, a causa delle divergenze tra le legislazioni degli Stati membri relative agli organismi d’investimento collettivo, soprattutto per quanto riguarda gli obblighi e i controlli ai quali questi organismi sono assoggettati, il legislatore dell’Unione ha inteso coordinare tali legislazioni per ravvicinare sul piano dell’Unione le condizioni di concorrenza tra questi organismi ed attuarvi una tutela più efficace e più uniforme dei partecipanti, nonché per facilitare agli organismi d’investimento collettivo situati in uno Stato membro la commercializzazione delle loro quote nel territorio degli altri Stati membri.

44      La direttiva OICVM ha così stabilito, per gli organismi d’investimento collettivo stabiliti negli Stati membri, norme minime comuni per quanto riguarda l’autorizzazione, la struttura e l’attività degli OICVM, nonché le informazioni che sono tenuti a pubblicare.

45      L’introduzione a livello dell’Unione, con la direttiva OICVM, dei primi elementi normativi della vigilanza per i fondi d’investimento ha ristretto il potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri per definire i fondi comuni d’investimento ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva.

46      Il coordinamento, a livello dell’Unione, della normativa in materia di vigilanza degli investimenti si è così sovrapposto al potere definitorio degli Stati membri. La nozione di «fondi comuni d’investimento», ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, è pertanto determinata sia dal diritto dell’Unione sia dal diritto nazionale.

47      La Corte ha quindi statuito che devono essere considerati fondi comuni d’investimento esenti ai sensi di tale disposizione, da un lato, gli investimenti che rientrano nella direttiva OICVM e sono soggetti, in tale ambito, a una vigilanza statale specifica e, dall’altro, i fondi che, pur non costituendo organismi d’investimento collettivo ai sensi di tale direttiva, presentano caratteristiche identiche a questi ultimi ed effettuano quindi le stesse operazioni o, quanto meno, presentano tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi (sentenze Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-424/11, EU:C:2013:144, punti 23 e 24, nonché ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punti 46 e 47).

48      Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 27 delle sue conclusioni, solo i fondi d’investimento soggetti a una vigilanza statale specifica possono essere soggetti alle medesime condizioni di concorrenza e rivolgersi alla stessa cerchia di investitori. Questi altri tipi di fondi d’investimento possono quindi, in linea di principio, beneficiare dell’esenzione prevista all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva se gli Stati membri prevedono anche nei loro confronti una vigilanza statale specifica.

49      Ne risulta che, per quanto riguarda il procedimento principale, un investimento composto esclusivamente da beni immobili, non soggetto alle norme sulla vigilanza previste dal diritto dell’Unione applicabile nel 1996, vale a dire la direttiva OICVM, può costituire un fondo comune d’investimento ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva solo se il diritto nazionale prevede una vigilanza statale specifica per un siffatto fondo.

50      Dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio non è possibile stabilire se ciò avvenga nel procedimento principale e spetta quindi ad esso verificarlo.

51      Per il caso in cui il giudice del rinvio accertasse che le tre società cui la A ha fornito diverse prestazioni erano soggette a una vigilanza statale specifica, occorre ancora esaminare se tali società presentino le altre caratteristiche richieste per poter essere considerate un fondo comune d’investimento tale da poter essere esentato alla luce dell’obiettivo dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e del principio di neutralità fiscale.

52      A tale riguardo, la X e la Commissione europea ritengono che le caratteristiche delle società di cui al procedimento principale corrispondano a quelle di un fondo comune d’investimento come risultanti dalla giurisprudenza della Corte. Un fondo d’investimento sarebbe pertanto comparabile agli organismi d’investimento collettivo quali definiti dalla direttiva OICVM qualora alcune persone abbiano acquistato diritti di partecipazione in tale fondo, il rendimento dell’investimento da esse in tal modo effettuato dipenda dai risultati degli investimenti effettuati dai gestori del fondo nel corso del periodo durante il quale esse detengono tali diritti di partecipazione e i partecipanti abbiano diritto ai benefici o sopportino il rischio connesso alla gestione del fondo (v., in tal senso, sentenza Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-424/11, EU:C:2013:144, punto 27). Nello stesso senso, la Corte ha statuito che fondi pensione d’impresa possono essere considerati fondi comuni d’investimento allorché sono finanziati dai beneficiari delle pensioni versate, il risparmio è investito secondo il principio della ripartizione dei rischi e il rischio degli investimenti ricade sugli affiliati (sentenza ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 59).

53      Sembra essere questa l’ipotesi che ricorre nel caso delle società di cui al procedimento principale, tenuto conto delle indicazioni del giudice del rinvio e degli elementi del fascicolo a disposizione della Corte.

54      Tali società raccolgono capitali provenienti da diversi fondi pensione e hanno come oggetto l’acquisto, la detenzione, la gestione e la vendita di beni immobili per conseguirne il profitto maggiore possibile. Dette società hanno emesso certificati di partecipazione che conferiscono a coloro che li possiedono un diritto a una quota proporzionale del beneficio delle società medesime sotto forma di dividendi. Le persone che possiedono tali certificati di partecipazione hanno parimenti diritto al beneficio della società interessata dovuto a un aumento del valore della loro partecipazione. Il rischio dell’investimento ricade sui titolari di partecipazioni. Gli investitori che hanno investito i loro beni nel capitale di una di queste società sopportano il rischio connesso alla gestione del patrimonio in essa riunito. Il beneficio di tali investitori, sotto forma di dividendi, dipende dal rendimento del patrimonio della società interessata. Il capitale delle società di cui al procedimento principale è aperto a diversi investitori che hanno la possibilità, se lo desiderano, di cedere a terzi i loro certificati di partecipazione. Inoltre nuovi investitori possono iscriversi e apportare nuovi capitali nella società interessata.

55      Occorre rilevare che l’argomento relativo alla mancanza di ripartizione dei rischi di un fondo immobiliare, dedotto dal governo svedese, non può essere accolto.

56      A tale riguardo, per quanto concerne le società di cui al procedimento principale, dalle indicazioni fornite in udienza e dal fascicolo a disposizione della Corte sembra emergere che il patrimonio riunito è investito secondo il principio della ripartizione dei rischi. I fondi sono investiti in diverse categorie di beni immobili, sia residenziali sia commerciali, e anche in regioni geografiche diverse.

57      Come precisato dalla Commissione, il fatto che nel caso di specie si tratti di investimenti in beni immobili non influisce sulla natura delle attività delle tre società di cui al procedimento principale, vale a dire la gestione collettiva dei fondi. Infatti l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva riguarda genericamente i «fondi comuni d’investimento», senza riferirsi ad alcuna forma specifica d’investimento né operare distinzioni a seconda dei beni in cui i fondi sono investiti. Nulla indica pertanto che l’esenzione prevista in tale disposizione andrebbe a esclusivo vantaggio dell’investimento in titoli e che altre forme d’investimento ne sarebbero escluse. Infatti né il contesto né il tenore letterale dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva né l’obiettivo di tale disposizione rivelano che fosse intenzione del legislatore dell’Unione limitare l’applicazione di detta disposizione ai soli organismi d’investimento collettivo che investano in valori mobiliari.

58      Il giudice del rinvio chiede tuttavia se l’obiettivo dell’esenzione prevista nella medesima disposizione, come formulato dalla Corte, possa essere raggiunto ove si tratti di beni immobili, precisando in particolare che la giurisprudenza della Corte relativa a tale esenzione riguarda solo gli investimenti in valori mobiliari.

59      A tale riguardo si deve constatare che, come indicato dalla X, il fatto che la giurisprudenza esistente della Corte si riferisca a situazioni in cui il patrimonio collettivo era investito in titoli si spiega con l’oggetto dei procedimenti di cui essa si è finora occupata, in quanto non è stata chiamata ad analizzare fatti relativi a investimenti in altri beni.

60      Orbene, come indicano il sesto considerando e l’articolo 24 della direttiva OICVM, e come risulta dall’articolo 19, paragrafo 1, lettera e), della stessa direttiva, nella sua versione modificata dalla direttiva 2001/108, non applicabile alla data dei fatti di cui al procedimento principale, il coordinamento della normativa in materia di vigilanza mira a includere non solo gli OICVM, ma anche altri organismi d’investimento collettivo (v., in tal senso, sentenza JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies, C-363/05, EU:C:2007:391, punti 32 e 34). L’investimento in valori mobiliari rappresenta così soltanto una forma specifica d’investimento regolamentato.

61      Il fatto che la direttiva 2011/61, che a livello dell’Unione rappresenta un ulteriore passo verso l’armonizzazione per quanto concerne la vigilanza statale specifica sui fondi d’investimento, si applichi anche ai fondi d’investimento immobiliari, come indica in particolare il considerando 34 di tale direttiva, depone a favore di una siffatta interpretazione.

62      In tale contesto, il fatto di non consentire a società immobiliari come quelle di cui al procedimento principale di beneficiare dell’esenzione prevista all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, per il motivo che la gestione dei beni riguarderebbe beni immobili, sarebbe contrario al principio della neutralità fiscale.

63      Infatti, quando fondi d’investimento sono soggetti a una vigilanza statale specifica simile, a prescindere dal fatto che siano composti da valori mobiliari o da beni immobili, le suddette forme d’investimento si pongono altresì in concorrenza diretta. In entrambi i casi l’unico aspetto di rilievo per l’investitore sono gli interessi che detti investimenti gli fruttano. Orbene, secondo una costante giurisprudenza, il principio di neutralità fiscale osta a che prestazioni di servizi simili, che si trovano quindi in concorrenza tra loro, siano trattati in modo diverso ai fini dell’IVA (v. sentenza Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-424/11, EU:C:2013:144, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

64      Occorre pertanto rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che società d’investimento come quelle di cui al procedimento principale, in cui è raccolto capitale ad opera di più di un investitore che sopporta il rischio connesso alla gestione del patrimonio riunito nelle società medesime al fine dell’acquisto, della detenzione, della gestione e della vendita di beni immobili per conseguirne un profitto, che perverrà a tutti i detentori delle quote in forma di distribuzione di un dividendo e di un vantaggio dovuto all’aumento del valore della loro partecipazione, possono essere considerate «fondi comuni d’investimento», ai sensi di tale disposizione, a patto che lo Stato membro interessato abbia assoggettato tali società a una vigilanza statale specifica.

 Sulla seconda questione, relativa alla nozione di «gestione»

65      Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che la nozione di «gestione» contenuta in tale disposizione riguardi altresì l’amministrazione effettiva dei beni immobili di un fondo comune d’investimento che sia stata affidata a un terzo.

66      Dalla motivazione della decisione di rinvio risulta, da un lato, che con «terzo» si deve intendere la A, che si è incaricata di tutte le attività di gestione, compresa l’amministrazione, per le tre società di cui al procedimento principale, e, dall’altro, che l’amministrazione effettiva di un immobile comprende in particolare la sua locazione, la gestione dei rapporti di locazione in essere nonché l’affidamento ad altri terzi di interventi di manutenzione e la sorveglianza su di essi.

67      Occorre pertanto determinare se la gestione, ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, si riferisca esclusivamente all’acquisto e alla vendita dei beni immobili in questione o anche alla loro amministrazione effettiva.

68      A tale riguardo si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’articolo 13 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente. Tuttavia, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti da dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA. Pertanto, tale regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per specificare le esenzioni di cui al suddetto articolo 13 debbano essere interpretati in un modo che privi tali esenzioni dei loro effetti (v., in particolare, sentenze Zimmermann, C-174/11, EU:C:2012:716, punto 22 e giurisprudenza ivi citata, nonché Mapfre asistencia e Mapfre warranty, C-584/13, EU:C:2015:488, punto 26).

69      Come già rilevato dalla Corte, la nozione di «gestione» di fondi comuni d’investimento di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva rappresenta una nozione autonoma del diritto dell’Unione di cui gli Stati membri non possono modificare il contenuto (sentenza Abbey National, C-169/04, EU:C:2006:289, punto 43).

70      Tale nozione non è definita dal legislatore dell’Unione.

71      La Corte ha tuttavia precisato che le operazioni coperte da tale esenzione sono quelle che attengono specificamente all’attività degli organismi d’investimento collettivo (sentenze Abbey National, C-169/04, EU:C:2006:289, punto 63; Deutsche Bank, C-44/11, EU:C:2012:484, punto 31, e ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 65). Riguardo, in particolare, a servizi di gestione prestati da un gestore esterno, essa ha statuito che tali operazioni devono formare un insieme distinto, valutato globalmente, e costituire elementi specifici ed essenziali per la gestione di fondi comuni d’investimento (sentenza ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 65).

72      Oltre alle funzioni di gestione di investimenti, costituiscono funzioni specifiche degli organismi d’investimento collettivo le funzioni di amministrazione degli stessi organismi d’investimento collettivo, come quelle indicate all’allegato II alla direttiva OICVM, sotto il titolo «Amministrazione» (sentenza ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 66).

73      La Corte ha così statuito che non solo la gestione di investimenti che implica la scelta e la cessione dei beni che costituiscono l’oggetto di tale gestione, ma anche i compiti amministrativi e di contabilità, in particolare prestazioni quali il calcolo dell’importo degli utili e del prezzo delle quote o delle azioni del fondo, le valutazioni dei patrimoni, la contabilità, la preparazione di dichiarazioni per la distribuzione degli utili, il rilascio di informazioni e di documentazioni per i conti periodici e per le dichiarazioni fiscali, statistiche e IVA, nonché la preparazione delle previsioni di utili, rientrano nella nozione di «gestione» di un fondo comune d’investimento ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva (v. sentenze Abbey National, C-169/04, EU:C:2006:289, punti 26, 63 e 64, nonché ATP PensionService, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 68).

74      Per contro, la Corte ha parimenti già statuito che le funzioni di depositario degli organismi d’investimento collettivo nonché le mere prestazioni materiali o tecniche, come la messa a disposizione di un sistema informatico, non sono comprese nell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva (sentenza Abbey National, C-169/04, EU:C:2006:289, punti 65 e 71).

75      I governi che hanno presentato osservazioni ritengono che, se le società immobiliari di cui al procedimento principale sono da considerare un fondo comune d’investimento ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, la nozione di «gestione» ai sensi di tale disposizione include la gestione degli investimenti, segnatamente le decisioni e le consulenze relative all’acquisto e alla vendita dei valori che costituiscono tali investimenti, nonché i servizi di cui all’allegato II alla direttiva OICVM, sotto il titolo «Amministrazione». Tuttavia, le mere prestazioni materiali o tecniche, come la messa a disposizione di un sistema informatico o l’amministrazione effettiva dei beni immobili della società interessata non rientrerebbero in tale nozione.

76      La X e la Commissione sostengono invece che le attività eseguite dalla A a vantaggio delle sue tre controparti contrattuali, attività del tipo di quelle descritte al punto 19 della presente sentenza, rientrano nella nozione di «gestione» di un fondo comune d’investimento. Tutte queste attività riguarderebbero un’ottimizzazione della gestione dei beni immobili che compongono il capitale delle tre società controparti contrattuali della A e, di conseguenza, l’aumento del valore delle partecipazioni degli investitori nei fondi comuni d’investimento.

77      A tale riguardo si deve constatare che l’attività specifica di un fondo comune d’investimento consiste nell’investimento collettivo dei capitali raccolti (v., in tal senso, sentenza GfBk, C-275/11, EU:C:2013:141, punti 22 e 24). Pertanto, dal momento che gli attivi di un fondo siffatto consistono in beni immobili, la sua attività specifica comprende, da un lato, attività relative alla scelta, all’acquisto e alla vendita dei beni immobili e, dall’altro, ai compiti amministrativi e di contabilità, come quelli di cui al punto 74 della presente sentenza.

78      Per contro, l’amministrazione effettiva dei beni immobili non attiene specificamente all’amministrazione di un fondo comune d’investimento, in quanto va al di là delle diverse attività connesse all’investimento collettivo dei capitali raccolti. Poiché l’amministrazione effettiva dei beni immobili mira a preservare e ad accrescere il patrimonio investito, il suo obiettivo non attiene specificamente all’attività di un fondo comune d’investimento, ma riguarda ogni tipo d’investimento.

79      Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che la nozione di «gestione» contenuta in tale disposizione non riguarda l’amministrazione effettiva dei beni immobili di un fondo comune d’investimento.

 Sulle spese

80      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, deve essere interpretato nel senso che società d’investimento come quelle di cui al procedimento principale, in cui è raccolto capitale ad opera di più di un investitore che sopporta il rischio connesso alla gestione del patrimonio riunito nelle società medesime al fine dell’acquisto, della detenzione, della gestione e della vendita di beni immobili per conseguirne un profitto, che perverrà a tutti i detentori delle quote in forma di distribuzione di un dividendo e di un vantaggio dovuto all’aumento del valore della loro partecipazione, possono essere considerate «fondi comuni d’investimento», ai sensi di tale disposizione, a patto che lo Stato membro interessato abbia assoggettato tali società a una vigilanza statale specifica.

2)      L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «gestione» contenuta in tale disposizione non riguarda l’amministrazione effettiva dei beni immobili di un fondo comune d’investimento.

Firme


* Lingua processuale: il neerlandese.