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SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

28 luglio 2016 (*)

«IVA – Direttiva 2006/112/CE – Validità e interpretazione della direttiva – Servizi prestati da avvocati – Assoggettamento all’IVA – Diritto a un ricorso effettivo – Parità delle armi – Gratuito patrocinio»

Nella causa C-543/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour constitutionnelle (Corte costituzionale, Belgio), con decisione del 13 novembre 2014, pervenuta in cancelleria il 27 novembre 2014, nei procedimenti

Ordre des barreaux francophones et germanophone e altri,

Jimmy Tessens e altri,

Orde van Vlaamse Balies,

Ordre des avocats du barreau d’Arlon e altri

contro

Conseil des ministres,

con l’intervento di:

Association Syndicale des Magistrats ASBL,

Conseil des barreaux européens,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da T. von Danwitz (relatore), presidente di sezione, C. Lycourgos, E. Juhász, C. Vajda e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 dicembre 2015,

considerate le osservazioni presentate:

–        per l’Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., da V. Letellier, R. Leloup, E. Huisman, J. Buelens e C. T’Sjoen, avocats;

–        per J. Tessens e a., da J. Toury e M. Denys, avocats;

–        per l’Orde van Vlaamse Balies, da D. Lindemans ed E. Traversa, avocats;

–        per l’Ordre des avocats du barreau d’Arlon e a., da D. Lagasse, avocat;

–        per l’Association Syndicale des Magistrats ASBL, da V. Letellier, avocat;

–        per il Conseil des barreaux européens, da M. Maus e M. Delanote, avocats;

–        per il governo belga, da M. Jacobs e J.-C. Halleux, in qualità di agenti;

–        per il governo ellenico, da K. Georgiadis e A. Dimitrakopoulou, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da D. Colas e J.-S. Pilczer, in qualità di agenti;

–        per il Consiglio dell’Unione europea, da E. Chatziioakeimidou, E. Moro e M. Moore, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da H. Krämer, J.-F. Brakeland e M. Owsiany-Hornung, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 marzo 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione e sulla validità della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).

2        Detta domanda è stata proposta nell’ambito di controversie che vedono l’Ordre des barreaux francophones et germanophone, il sig. Jimmy Tessens, l’Orde van Vlaamse Balies, l’Ordre des avocats du barreau d’Arlon nonché altre persone fisiche e giuridiche opporsi al Conseil des ministres (Consiglio dei Ministri, Belgio), chiedendo l’annullamento dell’articolo 60 della loi du 30 juillet 2013 portant des dispositions diverses (legge del 30 luglio 2013 recante disposizioni varie) (Moniteur belge del 1° agosto 2013, pag. 48270; in prosieguo: la «legge del 30 luglio 2013»), con il quale è stata posta fine all’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) per i servizi prestati dagli avvocati nell’esercizio della loro attività abituale.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

 La CEDU

3        L’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), enuncia quanto segue:

«1.      Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. (...)

(...)

3.      In particolare, ogni accusato ha diritto di:

(...)

c)      difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;

(...)».

4        L’articolo 14 della CEDU così recita:

«Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione».

 Patto internazionale sui diritti civili e politici

5        A termini dell’articolo 14, paragrafi 1 e 3, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976 (in prosieguo: il «PIDCP»):

«1.      Tutti sono eguali dinanzi ai tribunali e alle corti di giustizia. Ogni individuo ha diritto ad un’equa e pubblica udienza dinanzi a un tribunale competente, indipendente e imparziale, stabilito dalla legge, allorché si tratta di determinare la fondatezza dell’accusa penale che gli venga rivolta, ovvero di accertare i suoi diritti ed obblighi mediante un giudizio civile. (...)

(...)

3.      Ogni individuo accusato di un reato ha diritto, in posizione di piena eguaglianza, come minimo alle seguenti garanzie:

(...)

b)      [a] disporre del tempo e dei mezzi necessari alla preparazione della difesa ed a comunicare con un difensore di sua scelta;

(...)

d)      [a] essere presente al processo ed a difendersi personalmente o mediante un difensore di sua scelta; nel caso sia sprovvisto di un difensore, ad essere informato del suo diritto ad averne e, ogni qualvolta l’interesse della giustizia lo esiga, a vedersi assegnato un difensore d’ufficio, a titolo gratuito se egli non dispone di mezzi sufficienti per compensarlo;

(...)».

6        Ai sensi dell’articolo 26 del PIDCP:

«Tutti gli individui sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. A questo riguardo, la legge deve proibire qualsiasi discriminazione e garantire a tutti gli individui una tutela eguale ed effettiva contro ogni discriminazione, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l’opinione politica o qualsiasi altra opinione, l’origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione».

 Convenzione di Aarhus

7        L’articolo 9 della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1) (in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), prevede quanto segue:

«1.      Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché chiunque ritenga che la propria richiesta di informazioni formulata ai sensi dell’articolo 4 sia stata ignorata, immotivatamente respinta in tutto o in parte, non abbia ricevuto una risposta adeguata o comunque non sia stata trattata in modo conforme alle disposizioni di tale articolo, abbia accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge.

(...)

2.      Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato

a)      che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa,

b)      che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.

Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine, l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 5, è considerato sufficiente ai fini della lettera a) del presente articolo. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b).

(...)

3.      In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.

4.      Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri organi devono essere accessibili al pubblico.

5.      Per accrescere l’efficacia delle disposizioni del presente articolo, ciascuna Parte provvede affinché il pubblico venga informato della possibilità di promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale e prende in considerazione l’introduzione di appositi meccanismi di assistenza diretti ad eliminare o ridurre gli ostacoli finanziari o gli altri ostacoli all’accesso alla giustizia».

 Diritto dell’Unione

8        L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2006/112 dispone:

«Il principio del sistema comune d’IVA consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero delle operazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase d’imposizione.

A ciascuna operazione, l’IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell’ammontare dell’imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

Il sistema comune d’IVA è applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso».

9        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di detta direttiva:

«Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

(...)

c)      le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

(...)».

10      Conformemente all’articolo 96 di detta direttiva, gli Stati membri applicano un’aliquota IVA normale fissata da ciascuno Stato membro ad una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi.

11      L’articolo 98, paragrafi 1 e 2, della direttiva in parola così recita:

«1.      Gli Stati membri possono applicare una o due aliquote ridotte.

2.      Le aliquote ridotte si applicano unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell’allegato III.

(...)».

12      L’allegato III della direttiva 2006/112, intitolato «Elenco delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che possono essere assoggettate alle aliquote ridotte di cui all’articolo 98», menziona, al punto 15, «[le] cessioni di beni e [le] prestazioni di servizi da parte di organismi di cui è riconosciuto il carattere sociale dagli Stati membri e che sono impegnati in attività di assistenza e di sicurezza sociale, nella misura in cui tali operazioni non siano esenti in virtù degli articoli 132, 135 e 136».

13      L’articolo 132 della medesima direttiva, compreso nel capo 2 del suo titolo IX, capo rubricato «Esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

(...)

g)      le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l’assistenza e la previdenza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da enti di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi carattere sociale;

(...)».

14      Ai sensi dell’articolo 168, lettera a), di tale direttiva:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)      l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

(...)».

15      Conformemente all’articolo 371 di questa stessa direttiva, «[g]li Stati membri che al 1° gennaio 1978 esentavano le operazioni elencate nell’allegato X, parte B, possono continuare ad esentarle, alle condizioni esistenti alla suddetta data in ciascuno Stato membro interessato». Nel novero delle operazioni comprese in detto elenco rientrano, in particolare, le prestazioni di servizi degli avvocati.

 Diritto belga

16      L’articolo 44, paragrafo 1, della loi du 3 juillet 1969 créant le code de la taxe sur la valeur ajoutée (legge del 3 luglio 1969 recante il codice dell’imposta sul valore aggiunto) (Moniteur belge del 17 luglio 1969, pag. 7046), nella versione anteriore all’entrata in vigore della legge del 30 luglio 2013, così disponeva:

«Sono esenti dall’imposta le prestazioni di servizi eseguite, nell’esercizio della loro attività abituale, dalle seguenti persone:

1)      gli avvocati

(...)».

17      A termini dell’articolo 60 della legge del 30 luglio 2013, entrato in vigore il 1° gennaio 2014:

«Nell’articolo 44, [paragrafo 1], del codice dell’imposta sul valore aggiunto, sostituito dalla legge del 28 dicembre 1992 e modificato dalla legge del 28 dicembre 2011, il punto 1 è abrogato».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18      Nell’ambito del procedimento principale, la Cour constitutionnelle (Corte costituzionale, Belgio) è investita di una serie di ricorsi per l’annullamento dell’articolo 60 della legge del 30 luglio 2013. Detta disposizione ha posto fine, con effetto al 1° gennaio 2014, all’esenzione IVA per le prestazioni di servizi degli avvocati, che il Belgio aveva mantenuto in vigore sul fondamento della disposizione transitoria dell’articolo 371 della direttiva 2006/112.

19      L’aliquota legale dell’IVA per le prestazioni di servizi degli avvocati è pari, in Belgio, al 21%.

20      Il giudice del rinvio s’interroga sulla questione se l’assoggettamento delle prestazioni di servizi degli avvocati all’IVA e l’aumento dei costi per detti servizi che tale assoggettamento comporta siano compatibili con il diritto a un ricorso effettivo e, in particolare, con il diritto all’assistenza di un avvocato. Esso si domanda, inoltre, se la normativa controversa nel procedimento principale sia conforme al principio della parità delle armi, atteso che tale aumento dei costi colpisce unicamente gli individui non soggetti passivi che non beneficino del gratuito patrocinio, mentre gli individui con qualità di soggetto passivo hanno la possibilità di detrarre l’IVA assolta per dette prestazioni.

21      La Cour constitutionnelle (Corte costituzionale) ha deciso, pertanto, di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)      Se, nell’assoggettare all’IVA le prestazioni di servizi effettuate dagli avvocati, senza prendere in considerazione, con riferimento al diritto all’assistenza di un avvocato e al principio della parità delle armi, il fatto che l’individuo che non beneficia del gratuito patrocinio sia o no soggetto all’IVA, la direttiva 2006/112 sia compatibile con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 14 del PIDCP e con l’articolo 6 della CEDU, nella misura in cui tale articolo riconosce a qualsiasi persona il diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare e il diritto al patrocinio a spese dello Stato per coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

b)      Per le medesime ragioni, se la direttiva 2006/112 sia compatibile con l’articolo 9, paragrafi 4 e 5, della Convenzione di Aarhus, nella misura in cui tali disposizioni prevedono un diritto d’accesso alla giustizia senza che il costo di tali procedimenti sia proibitivo e mediante “l’introduzione di appositi meccanismi di assistenza diretti ad eliminare o ridurre gli ostacoli finanziari o gli altri ostacoli all’accesso alla giustizia”.

c)      Se i servizi che forniscono gli avvocati nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio possano essere inclusi nei servizi di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della suddetta direttiva 2006/112, che sono strettamente connessi all’assistenza e alla sicurezza sociale, o se essi possano essere esentati in virtù di un’altra disposizione della direttiva. In caso di risposta negativa a tale questione, se la direttiva 2006/112, interpretata nel senso che non consente di esentare dall’IVA le prestazioni di servizi effettuate dagli avvocati a favore degli individui che beneficiano del gratuito patrocinio nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio, sia compatibile con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 14 del PIDCP e con l’articolo 6 della CEDU.

2)      In caso di risposta negativa [alla prima questione, lettere da a) a c)], se l’articolo 98 della direttiva 2006/112, nella misura in cui non prevede la possibilità di applicare un’aliquota ridotta dell’IVA per le prestazioni di servizi effettuate dagli avvocati, a seconda che l’individuo che non beneficia del gratuito patrocinio sia o no soggetto all’IVA, sia compatibile con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 14 del PIDCP e con l’articolo 6 della CEDU, nella misura in cui tale articolo riconosce a qualsiasi persona il diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare e il diritto al patrocinio a spese dello Stato per coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, qualora cio' sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

3)      In caso di risposta negativa [alla prima questione, lettere da a) a c)], se l’articolo 132 della direttiva 2006/112 sia compatibile con il principio di uguaglianza e di non discriminazione enunciato agli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e all’articolo 9 TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 di tale Carta, nella misura in cui non prevede, tra le attività di interesse pubblico, l’esenzione dall’IVA a favore delle prestazioni di avvocato, mentre altre prestazioni di servizi sono esentate in quanto attività di interesse pubblico, ad esempio, le prestazioni effettuate dai servizi pubblici postali, diverse prestazioni mediche o ancora alcune prestazioni connesse all’insegnamento, allo sport o alla cultura, e considerato che tale differenza di trattamento tra le prestazioni di avvocato e le prestazioni esentate dall’articolo 132 della direttiva 2006/112 solleva dubbi sufficienti, in quanto le prestazioni di avvocato contribuiscono al rispetto di taluni diritti fondamentali.

4)      a)      In caso di risposta negativa [alla prima questione, lettere da a) a c)] e [alla terza questione], se l’articolo 371 della direttiva 2006/112 possa essere interpretato, a norma dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nel senso che autorizza uno Stato membro dell’Unione a mantenere parzialmente l’esenzione delle prestazioni di servizi di avvocati qualora tali prestazioni siano effettuate a favore di individui che non sono soggetti all’IVA.

b)      Se l’articolo 371 della direttiva 2006/112 possa altresì essere interpretato, a norma dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nel senso che autorizza uno Stato membro dell’Unione a mantenere parzialmente l’esenzione delle prestazioni di servizi di avvocati qualora tali prestazioni siano effettuate a favore di individui che beneficiano del gratuito patrocinio nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione, lettera a)

22      Con la prima questione, lettera a), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di esaminare la validità dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112 alla luce del diritto a un ricorso effettivo e del principio della parità delle armi sanciti all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nella misura in cui dette disposizioni assoggettano all’IVA i servizi prestati dagli avvocati agli individui che non beneficino del gratuito patrocinio nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio.

23      Dato che il giudice del rinvio fa riferimento non solamente all’articolo 47 della Carta, ma anche all’articolo 14 del PIDCP e all’articolo 6 della CEDU, occorre ricordare che sebbene, come conferma l’articolo 6, paragrafo 3, TUE, i diritti fondamentali riconosciuti dalla CEDU facciano parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali e l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta disponga che i diritti contenuti nella medesima corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU hanno significato e portata uguali a quelli loro conferiti da detta convenzione, quest’ultima non costituisce, fintantoché l’Unione non vi abbia aderito, uno strumento giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C-617/10, EU:C:2013:105, punto 44; del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C-398/13 P, EU:C:2015:535, punto 45, nonché del 15 febbraio 2016, N., C-601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 45). Tale constatazione vale anche per il PIDCP. Pertanto, l’esame della validità della direttiva 2006/112 dev’essere condotto alla luce unicamente dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta (v., in tal senso, sentenza del 15 febbraio 2016, N., C-601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 46 e giurisprudenza citata).

24      Per quanto riguarda la portata dell’esame richiesto con la questione sollevata, si deve rilevare che quest’ultima si limita al costo specifico che risulta dall’assoggettamento dei servizi prestati dagli avvocati a un’aliquota IVA del 21%, senza concernere la totalità dei costi afferenti alla procedura giudiziaria.

25      Inoltre, i dubbi espressi dal giudice del rinvio si appuntano solamente sulla situazione degli individui non ammessi al beneficio del gratuito patrocinio in forza delle pertinenti disposizioni del diritto nazionale. Infatti, secondo le indicazioni fornite da detto giudice, gli individui che beneficino di detto aiuto non sono interessati dall’aumento delle spese di avvocato che potrebbe risultare dall’assoggettamento all’IVA dei servizi prestati dagli avvocati, dato che tali prestazioni di servizi sono prese a carico dallo Stato belga.

26      Per contro, gli altri individui devono, in linea di principio, sopportare, in applicazione delle regole stabilite dal diritto nazionale, le spese di avvocato, IVA inclusa, ciò che solleva, secondo il giudice del rinvio, interrogativi sulla compatibilità di un tale onere fiscale con il diritto a un ricorso effettivo sancito all’articolo 47 della Carta. Il medesimo giudice nutre dubbi parimenti sulla compatibilità di detto onere fiscale con il principio della parità delle armi, atteso che solo gli individui che hanno la qualità di soggetto passivo hanno diritto a detrarre l’IVA assolta a monte per i servizi prestati dagli avvocati, ai sensi dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112, e che l’assoggettamento di tali prestazioni di servizio all’IVA colpisce, di conseguenza, in modo diverso gli individui, secondo che abbiano o meno la qualità di soggetto passivo.

 Sul diritto a un ricorso effettivo

27      L’articolo 47 della Carta sancisce il diritto a un ricorso effettivo, diritto che comprende, a termini del secondo comma di detto articolo, in particolare, la possibilità per ogni persona di farsi consigliare, difendere e rappresentare da un avvocato. Il terzo comma del medesimo articolo garantisce il diritto a un ricorso effettivo con il riconoscimento del gratuito patrocinio a coloro che non dispongano di mezzi sufficienti.

28      A tal riguardo occorre rilevare che dal fascicolo presentato alla Corte risulta che gli individui che non hanno diritto al gratuito patrocinio, gli unici presi in considerazione dalla prima questione, lettera a), sono ritenuti disporre, ai sensi delle pertinenti disposizioni del diritto nazionale, di mezzi sufficienti per accedere alla giustizia facendosi rappresentare da un avvocato. Orbene, nei loro confronti il diritto a un ricorso effettivo sancito all’articolo 47 della Carta non garantisce, in linea di principio, un diritto a che i servizi prestati dagli avvocati siano esentati dall’IVA.

29      La prima questione, lettera a), vertente sulla validità dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112 alla luce dell’articolo 47 della Carta, va letta tenendo conto delle caratteristiche proprie di tali disposizioni e non può dipendere dalle peculiari circostanze di un dato caso.

30      Inoltre, benché l’accesso alla giustizia e l’effettività della tutela giurisdizionale dipendano da una moltitudine di fattori di varia natura, i costi afferenti a un procedimento giudiziario, tra i quali l’IVA che grava sulle prestazioni di servizi degli avvocati, ben possono influire sulla decisione dell’individuo di far valere i propri diritti in giudizio facendosi rappresentare da un avvocato.

31      Tuttavia, risulta dalla giurisprudenza della Corte, elaborata in più ambiti diversi dal diritto dell’IVA, che la tassazione di tali costi può essere messa in discussione alla luce del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta soltanto quando tali costi abbiano un carattere insormontabile (v., per analogia, sentenza del 22 dicembre 2010, DEB, C-279/09, EU:C:2010:811, punto 61, e ordinanza del 13 giugno 2012, GREP, C-156/12, non pubblicata, EU:C:2012:342, punto 46) o qualora rendano l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione praticamente impossibile o eccessivamente difficile (v., per analogia, sentenza del 6 ottobre 2015, Orizzonte Salute, C-61/14, EU:C:2015:655, punti 48, 49 e 58).

32      Vero è che i ricorrenti nel procedimento principale hanno sottolineato che l’assoggettamento all’IVA dei servizi prestati dagli avvocati, al tasso del 21%, implica, per gli individui non ammessi al beneficio del gratuito patrocinio, gli unici presi in considerazione dalla prima questione, lettera a), un aumento considerevole dei costi di procedura.

33      Tuttavia, come ha rilevato, in particolare, il governo belga nelle osservazioni scritte, l’assoggettamento di tali servizi all’IVA al tasso del 21% non implica, nella medesima proporzione, un aumento degli oneri degli avvocati, atteso che, in quanto soggetti passivi, questi ultimi hanno il diritto di detrarre l’IVA che grava sull’acquisto di beni o di servizi nell’ambito dei servizi che essi stessi forniscono, conformemente all’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112. Orbene, siccome l’esercizio del diritto a detrazione vale a ridurre i loro oneri, la misura in cui gli avvocati sono economicamente tenuti a riversare l’onere risultante dall’IVA sui propri onorari è incerta.

34      L’entità di un eventuale aumento di tali onorari è tanto più incerta in Belgio, dove è applicato un regime di onorari liberamente negoziati. Nell’ambito di un tale regime, fondato sulla concorrenza tra gli avvocati, questi ultimi sono indotti a tener conto della situazione economica dei propri clienti. Peraltro, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 85 delle conclusioni, secondo la normativa nazionale pertinente, gli onorari degli avvocati sono ritenuti restare nei limiti del giusto.

35      Pertanto, nessuna correlazione stretta, o addirittura meccanica, può essere stabilita tra l’assoggettamento all’IVA dei servizi prestati dagli avvocati e un aumento dei prezzi di tali servizi.

36      In ogni caso, dato che l’importo dell’IVA di cui trattasi nel procedimento principale non costituisce, di gran lunga, la frazione più significativa dei costi afferenti a un procedimento giudiziario, non è possibile ritenere che l’assoggettamento dei servizi prestati dagli avvocati all’IVA costituisca di per sé un ostacolo insormontabile all’accesso alla giustizia o che renda l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione praticamente impossibile o eccessivamente difficile. In tali circostanze, il fatto che l’assoggettamento in questione possa eventualmente comportare un aumento di tali costi non vale a rimettere in discussione, alla luce del diritto a un ricorso effettivo sancito all’articolo 47 della Carta, un tale assoggettamento.

37      Nell’ipotesi in cui le specifiche circostanze del caso di specie implicassero che l’assoggettamento all’IVA dei servizi prestati dagli avvocati costituisca, di per sé, un ostacolo insormontabile all’accesso alla giustizia o che renda l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione praticamente impossibile o eccessivamente difficile, occorrerebbe tenerne conto riorganizzando adeguatamente il diritto al gratuito patrocinio, conformemente all’articolo 47, terzo comma, della Carta.

38      Tutto ciò considerato, si deve constatare che la tutela conferita dal diritto a un ricorso effettivo non si estende all’assoggettamento all’IVA dei servizi prestati dagli avvocati.

 Sul principio della parità delle armi

39      I ricorrenti nel procedimento principale contestano la validità dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112 con riferimento altresì al principio della parità delle armi, giacché l’assoggettamento all’IVA dei servizi prestati dagli avvocati al tasso del 21% penalizza gli individui non soggetti passivi rispetto agli individui con qualità di soggetto passivo. Tale svantaggio discenderebbe dal fatto che questi ultimi, a differenza dei primi, beneficerebbero di un diritto a detrazione e non sopporterebbero l’onere fiscale risultante da tale applicazione dell’IVA.

40      Secondo giurisprudenza costante della Corte, il principio della parità delle armi, che è un corollario della stessa nozione di processo equo ed è inteso ad assicurare l’equilibrio tra le parti, implica che tutte le parti devono poter agire in giudizio, e produrre prove, in condizioni che non le penalizzino nettamente rispetto ai propri avversari (v., in tal senso, sentenze del 6 novembre 2012, Otis e a., C-199/11, EU:C:2012:684, punti 71 e 72; del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C-580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 31, nonché ordinanza del 16 luglio 2015, Sánchez Morcillo e Abril García, C-539/14, EU:C:2015:508, punto 48).

41      Tale principio è inteso ad assicurare l’equilibrio tra le parti del processo, garantendo la parità dei loro diritti e obblighi per quanto concerne, in particolare, l’amministrazione delle prove e il contraddittorio dinanzi al giudice (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2012, Otis e a., C-199/11, EU:C:2012:684, punti 71 e 72), nonché i rispettivi diritti di ricorso (sentenza del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C-169/14, EU:C:2014:2099, punti 44, 48 e 49).

42      Tuttavia, il principio della parità delle armi non implica, come il Consiglio ha rilevato nelle sue osservazioni alla Corte, l’obbligo di porre le parti su un piano di parità riguardo ai costi finanziari sopportati nell’ambito della procedura giudiziaria.

43      Quanto all’assoggettamento dei servizi prestati dagli avvocati all’IVA, al tasso del 21%, si deve rilevare che, sebbene l’assoggettamento a detta imposta e l’esercizio del diritto a detrazione siano atti a conferire, a parità di importo dell’onorario, un vantaggio pecuniario all’individuo con qualità di soggetto passivo rispetto all’individuo non soggetto passivo, tale vantaggio pecuniario non è comunque in grado di pregiudicare l’equilibrio processuale delle parti.

44      Ciò perché, com’è stato constatato al punto 28 della presente sentenza, tali individui sono, in effetti, ritenuti disporre di mezzi sufficienti per coprire i costi afferenti alla procedura, compresi gli onorari di avvocato. Di conseguenza, nonostante il vantaggio finanziario che potrebbe procurare all’uno o all’altro di tali individui, l’assoggettamento delle prestazioni di servizio degli avvocati all’IVA di cui trattasi nel procedimento principale non è tale, quanto al diritto a un processo equo, da porre gli individui non soggetti passivi in una situazione di netto svantaggio rispetto agli individui con qualità di soggetto passivo.

45      Come rilevato dalla Commissione nelle osservazioni presentate alla Corte, la capacità di una parte della controversia di poter pagare onorari di avvocati più elevati di quelli versati dal proprio avversario non si traduce necessariamente in una migliore rappresentanza giuridica. Infatti, secondo quanto constatato al punto 34 della presente sentenza, nell’ambito di un regime di onorari di avvocato liberamente negoziati, quale vige in Belgio, gli avvocati possono essere indotti a tener conto della situazione economica dei propri clienti e a richiedere, a quanti di loro non siano soggetti passivi, onorari, IVA inclusa, meno elevati di quelli che richiedono ai propri clienti con qualità di soggetto passivo.

46      Si deve pertanto constatare che la garanzia conferita dal principio della parità delle armi non si estende all’assoggettamento all’IVA dei servizi prestati dagli avvocati al tasso del 21%.

47      Tutto ciò considerato, si deve rispondere alla prima questione, lettera a), dichiarando che dall’esame dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112 alla luce del diritto a un ricorso effettivo e del principio della parità delle armi sanciti all’articolo 47 della Carta non è emerso alcun elemento atto a inficiare la validità di tali disposizioni nella parte in cui esse assoggettano all’IVA i servizi prestati dagli avvocati agli individui non ammessi al beneficio del gratuito patrocinio nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio.

 Sulla prima questione, lettera b)

48      Con la prima questione, lettera b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di esaminare la validità dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112 rispetto all’articolo 9, paragrafi 4 e 5, della Convenzione di Aarhus, nella misura in cui essi assoggettano all’IVA i servizi prestati dagli avvocati.

49      Al riguardo occorre ricordare che risulta da una giurisprudenza costante della Corte che le disposizioni di un accordo internazionale di cui l’Unione sia parte possono essere evocate a sostegno di un ricorso di annullamento di un atto di diritto derivato dell’Unione o di un’eccezione di illegittimità di detto atto solo qualora, da una parte, la natura e l’economia generale dell’accordo in questione non vi ostino e, dall’altra, tali disposizioni appaiano, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise (sentenza del 13 gennaio 2015, Consiglio e a./Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, da C-401/12 P a C-403/12 P, EU:C:2015:4, punto 54 nonché giurisprudenza ivi citata).

50      Quanto all’articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus, risulta dai suoi termini che esso si applica unicamente alle procedure di cui all’articolo 9, paragrafi 1, 2 e 3, di detta convenzione. Orbene, queste ultime disposizioni non contengono alcun obbligo incondizionato e sufficientemente preciso tale da disciplinare direttamente la situazione giuridica dei privati.

51      Infatti, come la Corte ha già statuito, quanto all’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, nella misura in cui solo «i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale» sono titolari dei diritti previsti da tale disposizione, quest’ultima è subordinata, nella sua esecuzione o nei suoi effetti, all’intervento di un atto ulteriore (sentenze dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie, C-240/09, EU:C:2011:125, punto 45, nonché del 13 gennaio 2015, Consiglio e a./Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, da C-401/12 P a C-403/12 P, EU:C:2015:4, punto 55).

52      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 92 delle conclusioni, anche l’articolo 9, paragrafi 1 e 2, della Convenzione di Aarhus si riferisce a criteri di diritto nazionale. Infatti, a termini di dette disposizioni, le procedure di ricorso cui esse si riferiscono devono essere determinate «secondo il diritto nazionale» delle parti contraenti la convenzione ed è il legislatore nazionale a decidere se prevedere la possibilità di un ricorso «dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge». Inoltre, risulta dall’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, della stessa convenzione che «[l]e nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale».

53      Ne consegue che l’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus si riferisce unicamente a disposizioni di detta convenzione che non soddisfano le condizioni, enunciate al punto 49 della presente sentenza, per essere evocate a sostegno di un ricorso di annullamento di un atto di diritto derivato dell’Unione.

54      L’articolo 9, paragrafo 4, di detta convenzione non può, allora, essere evocato per contestare la validità della direttiva 2006/112.

55      Quanto all’articolo 9, paragrafo 5, della Convenzione di Aarhus, discende da detta disposizione, a termini della quale ciascuna parte della convenzione deve «prende[re]» in considerazione l’introduzione di «appositi meccanismi di assistenza» diretti ad eliminare o ridurre gli ostacoli finanziari o gli altri ostacoli all’accesso alla giustizia, che neppure essa contiene obblighi incondizionati e sufficientemente precisi e che è subordinata, nella sua esecuzione e nei suoi effetti, all’intervento di un atto ulteriore.

56      In tali circostanze, l’articolo 9, paragrafo 5, di detta convenzione non può, per sua stessa natura, essere evocato per contestare la validità della direttiva 2006/112.

57      Tutto ciò considerato, occorre rispondere alla prima questione, lettera b), dichiarando che l’articolo 9, paragrafi 4 e 5, della Convenzione di Aarhus non può essere evocato come parametro per valutare la validità dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112.

 Sulla prima questione, lettera c)

58      Con la prima questione, lettera c), il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 o «altre disposizioni» di quest’ultima debbano essere interpretati nel senso che i servizi prestati dagli avvocati a favore di individui ammessi al beneficio del gratuito patrocinio nell’ambito di un regime di gratuito patrocinio, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, siano esentati dall’IVA. In caso di risposta negativa a tale questione, il medesimo giudice chiede, in sostanza, alla Corte di esaminare la validità dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva alla luce dell’articolo 47 della Carta, nella misura in cui tali disposizioni assoggettano all’IVA le prestazioni di servizi in parola.

59      In limine occorre rilevare che, per quanto la questione sollevata a titolo principale si riferisca tanto all’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 quanto a eventuali «altre disposizioni» di detta direttiva, la domanda di pronuncia pregiudiziale non consente di stabilire sulla base di quali altre disposizioni della direttiva, diverse dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), di quest’ultima, i servizi prestati dagli avvocati nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio potrebbero essere esentati dall’IVA.

60      Come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 54 e 55 delle conclusioni, se è vero che la Corte non ha ancora statuito sull’applicazione dell’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 ai servizi prestati dagli avvocati nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio, essa ha tuttavia esaminato se l’articolo 98, paragrafo 2, della stessa direttiva, letto in combinato disposto con il punto 15 dell’allegato III di quest’ultima, non consenta di applicare un’aliquota ridotta dell’IVA per tali prestazioni (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Commissione/Francia, C-492/08, EU:C:2010:348, punto 47).

61      In detta sentenza, la Corte ha considerato che, siccome il punto 15 dell’allegato III di detta direttiva autorizza gli Stati membri ad applicare un’aliquota ridotta dell’IVA non a tutte le prestazioni di servizi di carattere sociale, ma unicamente a quelle fornite da organismi che rispondono alla duplice condizione di avere essi stessi un carattere sociale e di essere impegnati in opere di assistenza e di previdenza sociale, la volontà del legislatore dell’Unione di prevedere l’eventuale applicazione di un’aliquota ridotta unicamente per le prestazioni fornite da organismi rispondenti a detta duplice condizione sarebbe vanificata se uno Stato membro fosse libero di qualificare enti privati che perseguono uno scopo di lucro come organismi ai sensi di detto punto 15 per il solo fatto che forniscono anche servizi di carattere sociale (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Commissione/Francia, C-492/08, EU:C:2010:348, punti 43 e 44).

62      Invero, la Corte ha statuito che uno Stato membro non può applicare un’aliquota ridotta dell’IVA a servizi prestati da enti privati che perseguono uno scopo di lucro sulla base del mero carattere di tali servizi, senza tener conto, in particolare, degli obiettivi perseguiti da tali enti globalmente considerati e della stabilità del loro impegno sociale. Orbene, visti gli obiettivi globali e l’assenza di stabilità di un eventuale impegno sociale, la categoria professionale degli avvocati nella sua generalità non può essere considerata come avente carattere sociale (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Commissione/Francia, C-492/08, EU:C:2010:348, punti 45 e 46).

63      La medesima giurisprudenza si applica, mutatis mutandis, all’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112, giacché la sua applicazione non solo è soggetta a una condizione relativa al carattere sociale delle prestazioni di servizi in questione, visto che queste ultime devono essere strettamente connesse all’assistenza e alla previdenza sociale, ma è inoltre limitata ai servizi prestati da organismi riconosciuti come aventi carattere sociale.

64      Nella fattispecie, si apprende dal fascicolo presentato alla Corte che a prestare servizi nel regime nazionale di gratuito patrocinio non sono tutti gli avvocati, ma solamente quelli che hanno dato la propria disponibilità a fornire tali prestazioni a titolo principale o secondario e che sono a tal fine iscritti in un elenco annuale. Appare evidente che prestare servizi in un tale regime costituisce un obiettivo fra i tanti della professione di avvocato.

65      Pertanto, i servizi prestati dagli avvocati nell’ambito del regime nazionale di gratuito patrocinio di cui trattasi nel procedimento principale non sono esentati dall’IVA a titolo dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112.

66      Infine, nell’ipotesi in cui i servizi così prestati non fossero esentati dall’IVA, il giudice del rinvio s’interroga sulla validità dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva alla luce dell’articolo 47 della Carta, nella misura in cui essi assoggettano tali prestazioni di servizi ad un’IVA del 21%. Al riguardo, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio sembrerebbe che il regime nazionale di gratuito patrocinio di cui trattasi nel procedimento principale si accolli la totalità delle spese di avvocato per gli individui che beneficino di tale aiuto, inclusa l’IVA gravante sui servizi prestati dagli avvocati.

67      Orbene, in mancanza di ulteriori indicazioni da parte del giudice del rinvio quanto ai suoi effetti, l’assoggettamento all’IVA dei servizi prestati dagli avvocati nell’ambito di tale regime nazionale di gratuito patrocinio non risulta mettere in discussione il diritto a un ricorso effettivo degli individui che beneficiano di un tale aiuto.

68      Tutto ciò considerato, occorre rispondere alla prima questione, lettera c), dichiarando che l’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che i servizi prestati dagli avvocati ad individui che beneficino del gratuito patrocinio nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, non sono esentati dall’IVA.

 Sulle questioni dalla seconda alla quarta

69      Tenuto conto della risposta apportata alla prima questione, lettere da a) a c), non occorre esaminare le questioni dalla seconda alla quarta.

 Sulle spese

70      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      Dall’esame dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, alla luce del diritto a un ricorso effettivo e del principio della parità delle armi sanciti all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non è emerso alcun elemento atto a inficiare la validità di tali disposizioni nella parte in cui esse assoggettano all’imposta sul valore aggiunto i servizi prestati dagli avvocati a individui che non beneficino del gratuito patrocinio nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio.

2)      L’articolo 9, paragrafi 4 e 5, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998, non può essere evocato al fine di valutare la validità dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112.

3)      L’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che i servizi prestati dagli avvocati a individui che beneficino del gratuito patrocinio nell’ambito di un regime nazionale di gratuito patrocinio, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, non sono esentati dall’imposta sul valore aggiunto.

Firme


* Lingua processuale: il francese.