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SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

21 dicembre 2016 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Libertà di stabilimento – Normativa fiscale in materia di sottocapitalizzazione delle controllate – Inclusione nell’utile imponibile di una società mutuante degli interessi sul finanziamento corrisposti da una controllata mutuataria non residente – Esenzione degli interessi corrisposti da una controllata mutuataria residente – Equa ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri – Necessità di prevenire il rischio di evasione fiscale»

Nella causa C-593/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Vestre Landsret (corte d’appello della regione occidentale, Danimarca), con decisione del 16 dicembre 2014, pervenuta in cancelleria il 19 dicembre 2014, nel procedimento

Masco Denmark ApS,

Damixa ApS

contro

Skatteministeriet,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, E. Juhász, C. Vajda (relatore), K. Jürimäe e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 marzo 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Masco Denmark ApS e la Damixa ApS, da J. Krogsøe, advokat;

–        per il governo danese, da C. Thorning, in qualità di agente, assistito da S. Horsbøl Jensen, advokat;

–        per la Commissione europea, da M. Clausen e W. Roels, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 maggio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 54 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Masco Denmark ApS e la Damixa ApS, e, dall’altro, lo Skatteministeriet (ministero delle finanze, Danimarca), in merito alla decisione dell’amministrazione finanziaria nazionale di includere nell’utile imponibile di una società controllante mutuante con sede in Danimarca gli interessi corrisposti da una controllata mutuataria con sede in Germania, i quali non sono deducibili, in base alla normativa tedesca in materia di sottocapitalizzazione, dall’utile imponibile di tale controllata.

 Contesto normativo

 Diritto danese

3        Gli interessi attivi percepiti da società danesi sono, in linea di principio, soggetti a imposta, conformemente all’articolo 4, lettera e), della Lov om Indkomst- og Formueskat til Staten (legge sull’imposta statale sui redditi).

4        Ai sensi dell’articolo 6, lettera e), di detta legge, le società danesi beneficiano, in linea generale, della deducibilità degli interessi passivi.

5        Per le società la deducibilità degli interessi passivi è tuttavia soggetta a restrizioni in caso di sottocapitalizzazione ai termini dell’articolo 11 della Lov om indkomstbeskatning af aktieselskaber m.v. (legge sulla tassazione delle società; in prosieguo: la «SEL»). Il paragrafo 1 di tale articolo 11, nella sua versione applicabile agli esercizi di cui trattasi nel procedimento principale, prevedeva quanto segue:

«Nel caso in cui una società o un gruppo:

1)      ricada nell’articolo 1, paragrafo 1, numeri da 1 a 2a, da 2d a 2g e da 3a a 5b [ossia, sia fiscalmente residente in Danimarca];

2)      sia debitore nei confronti di persone giuridiche di cui all’articolo 2, comma 1, della [lov om påligningen af indkomstskat til staten ou ligningsloven (legge in materia di imposta sui redditi)] [vale a dire abbia un debito nei confronti dei soci o delle società appartenenti allo stesso gruppo; in prosieguo: il “debito controllato”]; e

3)      l’esposizione debitoria complessiva di detta società o di detto gruppo (debito) ecceda, alla chiusura dell’esercizio fiscale, il relativo capitale proprio in misura superiore al quadruplo;

gli oneri finanziari e le perdite valutarie sui cambi sono indeducibili nella parte eccedente il debito controllato (...). Sono assimilati al debito controllato i mutui contratti presso terzi, assistiti, direttamente o indirettamente, da garanzie prestate dai soci titolari del controllo ovvero da società appartenenti allo stesso gruppo. La deducibilità è nuovamente consentita qualora la società o il gruppo dimostri che condizioni di finanziamento analoghe possano essere ottenute tra parti indipendenti. La deducibilità è esclusa soltanto se l’importo del debito controllato ecceda i 10 milioni [di corone danesi (DKK) (pari a circa EUR 1 344 528)]. Parimenti, la deducibilità è esclusa unicamente con riguardo alla parte di debito controllato riconvertibile in capitale proprio in modo da ristabilire, alla chiusura dell’esercizio, un rapporto tra esposizione debitoria complessiva e capitale proprio di 4 a 1».

6        La normativa sulla sottocapitalizzazione è stata introdotta con la legge n. 432, del 26 giugno 1998, e si applicava soltanto nel caso in cui il creditore non fosse fiscalmente residente in Danimarca. La legge n. 221, del 31 marzo 2004 (in prosieguo: la «legge che modifica la SEL»), ha tuttavia modificato le disposizioni dell’articolo 11 della SEL, con la conseguenza che tale normativa si applica ormai anche nel caso in cui sia il debitore che il creditore siano fiscalmente residenti in Danimarca.

7        In tale contesto è stato introdotto l’articolo 11, paragrafo 6, della SEL. Detta disposizione è del seguente tenore:

«Gli interessi percepiti e le plusvalenze valutarie non sono inclusi nel computo del reddito imponibile del contribuente [delle società contribuenti e delle stabili organizzazioni contribuenti di società straniere], quando il debitore non possa portare in deduzione i corrispondenti importi a norma del paragrafo 1 (...)».

8        Dai lavori preparatori della legge che modifica la SEL risulta che «considerato che la deducibilità è oramai soggetta, per le società danesi, a restrizioni, si suggerisce, in contropartita, di escludere, per le società fiscalmente residenti in Danimarca, l’imponibilità degli interessi percepiti da mutuatari i quali, per effetto della nuova disciplina, non possano portarli in deduzione, allo stesso modo in cui la Danimarca non tassa le società aventi sede in altri Stati membri in relazione al percepimento di tali interessi».

 Diritto tedesco

9        La normativa tedesca sulla sottocapitalizzazione vigente negli esercizi fiscali 2005 e 2006 era contenuta all’articolo 8a della Körperschaftsteuergesetz (legge sulla tassazione delle società). Ai sensi di tale disposizione, una società è considerata sottocapitalizzata quando l’importo del capitale di debito supera di oltre una volta e mezza l’importo del capitale proprio. In tal caso, la deducibilità degli oneri finanziari sui finanziamenti è esclusa, salvo che la società dimostri che i relativi finanziamenti potevano essere contratti presso terzi a condizioni equivalenti.

 Controversia nel procedimento principale e questione pregiudiziale

10      La Damixa è un’impresa danese specializzata nella produzione e nella vendita di rubinetti. Durante gli esercizi fiscali 2005 e 2006, in cui essa era una controllata della Masco Denmark, la Damixa operava sul mercato tedesco tramite la Damixa Armaturen, sua controllata tedesca detenuta al 100%.

11      A seguito di vari esercizi in grave perdita, la Damixa Armaturen ha incontrato difficoltà finanziarie nel 2005 e nel 2006. Al 31 dicembre 2005 le perdite da essa accumulate ammontavano a EUR 28 milioni determinando, conseguentemente, un capitale proprio negativo di EUR 22,8 milioni. Al 31 dicembre 2006 le perdite accumulate da detta controllata erano pari a EUR 30,9 milioni, con un capitale proprio negativo pari a EUR 25,8 milioni.

12      Le perdite della Damixa Armaturen sono essenzialmente state ripianate per mezzo di finanziamenti concessi dalla Damixa. Alla chiusura degli esercizi fiscali 2005 e 2006, l’esposizione debitoria della Damixa Armaturen nei confronti della Damixa ammontava, rispettivamente, a EUR 24,8 milioni e a EUR 27,7 milioni.

13      I finanziamenti sono stati concessi dalla Damixa al tasso di base maggiorato dello 0,5%. Pertanto, durante ciascuno degli esercizi fiscali di cui trattasi gli interessi ammontavano a DKK 3 935 980 (circa EUR 529 203) e a DKK 5 648 765 (circa EUR 759 492).

14      La Damixa Armaturen non ha portato in deduzione tali oneri finanziari dal proprio reddito imponibile in Germania, per il motivo che essi costituivano distribuzioni di utili non deducibili ai sensi della normativa tedesca relativa alle restrizioni alla deducibilità in caso di sottocapitalizzazione.

15      Nella propria dichiarazione dei redditi, la Damixa non ha dichiarato tali utili, ossia gli interessi attivi percepiti, come reddito imponibile, poiché riteneva che la normativa danese sulla tassazione degli interessi percepiti fosse in contrasto con il diritto dell’Unione.

16      Con decisione del 1° aprile 2008 l’amministrazione finanziaria danese ha considerato che gli interessi percepiti sui finanziamenti concessi dalla Damixa alla Damixa Armaturen nel 2005 e nel 2006 dovevano essere inclusi nell’utile imponibile della Damixa.

17      Avverso tale decisione è stato presentato reclamo dinanzi al Landsskatteretten (commissione tributaria nazionale, Danimarca), che è stato respinto con decisione del 16 dicembre 2011.

18      Il 15 marzo 2012 la Masco Denmark e la Damixa hanno proposto ricorso contro tale decisione di rigetto dinanzi al Retten i Odense (tribunale di Odense, Danimarca), interponendo quindi appello avverso la sentenza di rigetto di detto giudice dinanzi al Vestre Landsret (corte d’appello della regione occidentale, Danimarca).

19      Dinanzi al giudice del rinvio la Masco Denmark e la Damixa hanno sostenuto che la normativa danese controversa era in contrasto con l’articolo 49 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, poiché non era conforme alla libertà di stabilimento, e che tale contrasto non era giustificato. A tal riguardo esse hanno fatto valere che l’esenzione prevista dall’articolo 11, paragrafo 6, della SEL si applica unicamente nel caso in cui la controllata mutuataria abbia sede in Danimarca.

20      Tale tesi è contestata dal ministero delle finanze, che sostiene che la normativa controversa nel procedimento principale è conforme alle disposizioni del diritto dell’Unione. A suo parere, l’indeducibilità, per la Damixa Armaturen, degli oneri finanziari da essa corrisposti, dal proprio reddito imponibile sarebbe conseguenza dell’applicazione della normativa tributaria tedesca. Esso ritiene del pari che lo svantaggio fiscale di cui trattasi nel procedimento principale discenderebbe dal simultaneo esercizio, da parte del Regno di Danimarca e della Repubblica federale di Germania, del loro potere impositivo.

21      In tali circostanze, il Vestre Landsret (corte d’appello della regione occidentale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE (divenuti, rispettivamente, articoli 49 e 54 TFUE), osti a che uno Stato membro non conceda ad una società residente un’esenzione fiscale per gli interessi attivi percepiti, qualora ad una società appartenente allo stesso gruppo, residente in un altro Stato membro, non sia consentito dedurre fiscalmente i corrispondenti oneri finanziari, per effetto di una normativa (come nella specie) dello Stato membro interessato restrittiva della deducibilità degli oneri finanziari in caso di sottocapitalizzazione, laddove detto primo Stato membro conceda l’esenzione fiscale per gli interessi attivi corrisposti ad una società residente da un’altra società appartenente allo stesso gruppo e residente nello stesso Stato membro, cui non sia consentito portare fiscalmente in deduzione i corrispondenti oneri finanziari, per effetto della normativa nazionale (come nella specie) restrittiva della deducibilità degli interessi in caso di sottocapitalizzazione».

 Sulla questione pregiudiziale

22      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 49 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, debba essere interpretato nel senso che osti alla normativa di uno Stato membro, come quella controversa nel procedimento principale, che conceda ad una società residente un’esenzione fiscale per gli interessi attivi corrispostile da una controllata residente, laddove per quest’ultima sia esclusa la deducibilità dei corrispondenti oneri finanziari per effetto di una normativa restrittiva della deducibilità degli oneri finanziari in caso di sottocapitalizzazione, ma escluda tale esenzione allorché la controllata abbia sede in un altro Stato membro.

23      Occorre ricordare che la libertà di stabilimento, riconosciuta ai cittadini dell’Unione dall’articolo 49 TFUE, comprende, ai sensi dell’articolo 54 TFUE, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nell’Unione, il diritto di svolgere la loro attività in un altro Stato membro mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (v., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 2013, A, C-123/11, EU:C:2013:84, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

24      Se è pur vero che le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento mirano ad assicurare il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, esse ostano parimenti a che lo Stato membro d’origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di una società costituita conformemente alla propria legislazione, in particolare tramite una controllata (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland, C-388/14, EU:C:2015:829, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

25      La libertà di stabilimento viene ostacolata qualora, ai sensi della normativa tributaria di uno Stato membro, una società residente che detiene una controllata in un altro Stato membro subisca una disparità di trattamento fiscale svantaggiosa rispetto a una società residente che possiede una controllata nel primo Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland, C-388/14, EU:C:2015:829, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

26      Nel caso di specie, si deve rilevare che un’esenzione fiscale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, riconosciuta dalla normativa nazionale ad una società residente per gli interessi corrispostile da una controllata residente, laddove quest’ultima non abbia potuto portare in deduzione i corrispondenti oneri finanziari in virtù di una normativa nazionale limitativa, in caso di sottocapitalizzazione, della deducibilità degli oneri finanziari sostenuti, costituisce un vantaggio fiscale.

27      L’esclusione di tale vantaggio per una società controllante residente per gli interessi corrispostile da una controllata residente in un altro Stato membro, laddove detti interessi non possano essere dedotti dal reddito imponibile della controllata medesima in virtù della normativa di tale Stato membro sulla sottocapitalizzazione, è in grado di rendere meno attraente l’esercizio da parte della società controllante della propria libertà di stabilimento, dissuadendola dal creare controllate in altri Stati membri.

28      Tale differenza di trattamento che, nel procedimento principale, discende unicamente dalla normativa danese, può essere ammessa solo se riguarda fattispecie che non sono oggettivamente comparabili o se è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale (sentenza del 6 ottobre 2015, Finanzamt Linz, C-66/14, EU:C:2015:661, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

29      Occorre accertare, in primo luogo, se le fattispecie di cui trattasi siano oggettivamente comparabili. A tal fine, si deve rammentare che la comparabilità di una fattispecie transfrontaliera con una fattispecie interna dev’essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali di cui trattasi (sentenza del 6 ottobre 2015, Finanzamt Linz, C-66/14, EU:C:2015:661, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

30      Dai lavori preparatori della legge che modifica la SEL, esposti al punto 8 della presente sentenza, emerge che l’esenzione fiscale oggetto del procedimento principale è stata introdotta al fine di evitare che società controllanti residenti in Danimarca siano tassate sugli interessi loro corrisposti dalle proprie controllate per finanziamenti concessi alle medesime, qualora le proprie controllate non possano portare in deduzione, in tutto o in parte, gli oneri finanziari corrispondenti a tali interessi per effetto di una normativa restrittiva, in caso di sottocapitalizzazione, della deducibilità degli oneri finanziari corrisposti.

31      Di conseguenza, si deve rilevare che la fattispecie, da un lato, di una società controllante residente che abbia concesso un finanziamento ad una controllata residente soggetta a norme sulla sottocapitalizzazione e, dall’altro, di una società controllante residente che abbia concesso un finanziamento ad una controllata non residente soggetta alle norme medesime nello Stato membro in cui sia fiscalmente residente, sono oggettivamente comparabili con riferimento al predetto obiettivo. Infatti, in entrambe le fattispecie, i redditi da interessi percepiti dalla società controllante possono essere oggetto di doppia imposizione economica o di imposizioni fiscali a catena, ciò che la normativa controversa nel procedimento principale mira ad evitare.

32      Occorre esaminare, in secondo luogo, se tale differenza di trattamento sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.

33      Per essere giustificata, una simile differenza dev’essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non deve eccedere quanto necessario per raggiungerlo (sentenza del 25 febbraio 2010, X Holding, C-337/08, EU:C:2010:89, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

34      Il Regno di Danimarca sostiene che la differenza di trattamento controversa nel procedimento principale è giustificata dalla necessità tanto di assicurare un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri quanto di reprimere l’evasione fiscale.

35      Per quanto riguarda la necessità di assicurare un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, essa può essere idonea a giustificare una differenza di trattamento, qualora il regime di cui trattasi sia inteso a prevenire comportamenti tali da violare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria giurisdizione tributaria in relazione alle attività svolte sul proprio territorio (sentenza del 21 febbraio 2013, A, C-123/11, EU:C:2013:84, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

36      Pertanto, la preservazione della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri potrebbe rendere necessaria l’applicazione, alle attività economiche delle società residenti in uno di tali Stati, delle sole norme tributarie di quest’ultimo, per quanto riguarda sia i profitti che le perdite (sentenza del 21 febbraio 2013, A, C-123/11, EU:C:2013:84, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

37      Infatti, il fatto di concedere alle società la possibilità di optare per la deducibilità delle loro perdite nello Stato membro in cui sono stabilite o in un altro Stato membro comprometterebbe sensibilmente un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, dato che le basi imponibili risulterebbero modificate in questi due Stati, in misura corrispondente alle perdite trasferite (sentenza del 21 febbraio 2013, A, C-123/11, EU:C:2013:84, punto 43).

38      Nel caso di specie, si deve rilevare che una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, che limita l’esenzione controversa nel procedimento principale ai soli interessi corrisposti da una controllata residente, è idonea a preservare un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri interessati. Infatti, riconoscendo a una società residente, che abbia concesso un finanziamento ad una controllata residente in un altro Stato membro, un’esenzione fiscale per la totalità degli interessi versati dalla controllata medesima, i quali non hanno potuto essere portati in deduzione da quest’ultima per effetto della normativa in materia di sottocapitalizzazione di tale altro Stato membro, lo Stato membro in cui ha sede la società controllante rinuncerebbe, a seconda delle scelte operate dalle società legate da vincoli d’interdipendenza, al proprio diritto di tassare gli interessi percepiti dalla società controllante in funzione della normativa sulla sottocapitalizzazione adottata dallo Stato membro in cui hanno sede le sue controllate, situazione che la normativa nazionale controversa nel procedimento principale mira ad evitare.

39      Tuttavia, una normativa come quella oggetto del procedimento principale va oltre quanto necessario per conseguire tale obiettivo.

40      La libertà di stabilimento non può invero essere intesa nel senso che uno Stato membro sia obbligato a determinare le proprie norme tributarie in funzione di quelle di un altro Stato membro al fine di garantire, in ogni situazione, una tassazione che elimini qualsivoglia differenza derivante dalle normative tributarie nazionali, considerato che le decisioni adottate da una società riguardo allo stabilimento di strutture commerciali all’estero possono essere, a seconda dei casi, più o meno sfavorevoli per tale società (sentenza del 23 ottobre 2008, Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt, C-157/07, EU:C:2008:588, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

41      In tal senso, in un contesto come quello in esame nel procedimento principale, l’articolo 49 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, non può aver l’effetto di obbligare lo Stato membro in cui ha sede una società controllante, che abbia concesso un finanziamento ad una controllata residente in un altro Stato membro, ad andare al di là dell’esenzione, a favore della società controllante medesima, dell’importo degli oneri finanziari che non potrebbe essere portato in deduzione dalla controllata qualora fosse applicata la normativa del primo Stato membro sulla sottocapitalizzazione. Tali articoli non possono, quindi, avere l’effetto di imporre allo Stato membro in cui ha sede detta società controllante, di concedere a quest’ultima un’esenzione di importo superiore che trovi origine nel sistema tributario di un altro Stato membro, senza che il primo Stato membro subisca una compressione della propria autonomia tributaria a causa dell’esercizio del potere impositivo da parte dell’altro Stato membro (v., per analogia, sentenza del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

42      Tuttavia, si deve sottolineare che uno Stato membro, qualora adotti un sistema per prevenire o attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica nel caso di dividendi versati a residenti da società residenti, deve concedere un trattamento equivalente ai dividendi versati a residenti da società non residenti (sentenza del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

43      Infatti, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, che riguarda una società controllante, con sede in uno Stato membro, la cui controllata ha sede in un altro Stato membro che applica una normativa più rigorosa sulla sottocapitalizzazione, la concessione, da parte dello Stato membro in cui ha sede la società controllante, alla predetta società di un’esenzione fiscale per gli interessi corrisposti dalla controllata medesima, nei limiti dell’importo che tale controllata non avrebbe potuto portare in deduzione per effetto dell’applicazione della normativa sulla sottocapitalizzazione di tale Stato membro, non comprometterebbe l’equilibrata ripartizione del potere impositivo e costituirebbe una misura meno restrittiva della libertà di stabilimento rispetto a quella prevista dalla normativa controversa nel procedimento principale (v., per analogia, sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-446/04, EU:C:2006:774, punto 52 e del 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, EU:C:2011:438, punto 32).

44      Per quanto riguarda l’obiettivo di prevenire l’evasione fiscale, si deve rilevare che, affinché un argomento fondato su tale giustificazione possa trovare accoglimento, l’obiettivo specifico di tale misura deve consistere nell’ostacolare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate a eludere la normale imposta sui redditi generati da attività sul territorio nazionale (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland, C-388/14, EU:C:2015:829, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

45      A tal riguardo, si deve rilevare che la normativa controversa nel procedimento principale non ha l’obiettivo specifico di escludere da un vantaggio fiscale costruzioni puramente artificiose il cui fine sia di eludere la normativa fiscale danese, bensì esclude dall’ambito di applicazione dei suoi beneficiari, in modo generale, qualsiasi società residente che abbia concesso, per qualsiasi motivo, un finanziamento a una controllata sottocapitalizzata residente in un altro Stato membro (v., per analogia, sentenza del 12 dicembre 2002, Lankhorst-Hohorst, C-324/00, EU:C:2002:749, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

46      Peraltro, dagli atti di cui dispone la Corte sembra risultare che i finanziamenti concessi dalla Damixa erano volti al ripianamento della maggior parte delle perdite della Damixa Armaturen, la quale si trovava in gravi difficoltà finanziarie nel periodo di cui trattasi, e non presentavano, quindi, a priori il carattere di una costruzione puramente artificiosa effettuata a soli scopi fiscali.

47      In tali circostanze, si deve rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 49 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, dev’essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, che conceda ad una società residente un’esenzione fiscale per gli interessi attivi corrispostile da una controllata residente, laddove quest’ultima non abbia potuto portare in deduzione i corrispondenti oneri finanziari per effetto di una normativa restrittiva, in caso di sottocapitalizzazione, della deducibilità degli interessi corrisposti, ma escluda l’esenzione che conseguirebbe dall’applicazione della propria normativa in materia di sottocapitalizzazione allorché la controllata abbia sede in un altro Stato membro.

 Sulle spese

48      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

L’articolo 49 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, dev’essere interpretato nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro, come quella oggetto del procedimento principale, che conceda ad una società residente un’esenzione fiscale per gli interessi attivi corrispostile da una controllata residente, laddove quest’ultima non abbia potuto portare in deduzione i corrispondenti oneri finanziari per effetto di una normativa restrittiva, in caso di sottocapitalizzazione, della deducibilità degli interessi corrisposti, ma escluda l’esenzione che conseguirebbe dall’applicazione della propria normativa in materia di sottocapitalizzazione allorché la controllata abbia sede in un altro Stato membro.


* Lingua processuale: il danese.