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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

9 febbraio 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Normativa tributaria – Imposta sul reddito – Cittadino di uno Stato membro che percepisce redditi nel territorio di tale Stato membro e in quello di uno Stato terzo e che risiede nel territorio di un altro Stato membro – Agevolazione fiscale che tiene conto della sua situazione personale e familiare»

Nella causa C-283/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), con decisione del 22 maggio 2015, pervenuta in cancelleria l’11 giugno 2015, nel procedimento

X

contro

Staatssecretaris van Financiën,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, E. Regan, J.-C. Bonichot (relatore), C. G. Fernlund e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 giugno 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per X, da B. Dieleman, A.A.W. Langevoord e T.C. Gerverdinck, belastingadviseurs;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e M. Noort, in qualità di agenti, assistite da J.C.L.M. Fijen, esperto;

–        per il governo belga, da M. Jacobs e J.-C. Halleux, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da T. Henze e K. Petersen, in qualità di agenti;

–        per il governo austriaco, da C. Pesendorfer, E. Lachmayer e F. Koppensteiner, in qualità di agenti;

–        per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes, M. Rebelo e J. Martins da Silva, in qualità di agenti;

–        per il governo svedese, da A. Falk, C. Meyer-Seitz, U. Persson, E. Karlsson, L. Swedenborg e N. Otte Widgren, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, da M. Holt, in qualità di agente, assistito da R. Hill, barrister;

–        per la Commissione europea, da W. Roels e C. Soulay, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 settembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle «disposizioni del Trattato FUE sulla libera circolazione».

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra X e lo Staatssecretaris van Financiën (Segretario di Stato alle finanze) in merito al diniego della deducibilità dei «redditi negativi» provenienti da un’abitazione di proprietà sita in Spagna, opposto a X dall’amministrazione fiscale olandese.

 Contesto normativo

3        L’articolo 2.3 del Wet Inkomstenbelasting 2001 (legge relativa all’imposta sui redditi del 2001; in prosieguo: la «legge del 2001») così dispone:

«L’imposta sui redditi riguarda i seguenti redditi, percepiti dal soggetto passivo nel corso dell’anno civile in questione:

a)      redditi imponibili da lavoro o da abitazione,

b)      redditi imponibili derivanti da partecipazioni significative e

c)      redditi imponibili da risparmio e investimenti».

4        L’articolo 2.4 della legge del 2001 prevede quanto segue:

«1.      I redditi imponibili da lavoro o da abitazione sono determinati:

a)      per i soggetti passivi nazionali: secondo le disposizioni del capitolo 3,

b)      per i soggetti passivi stranieri: secondo le disposizioni della sezione 7.2 (...)».

5        Ai sensi dell’articolo 2.5 della legge del 2001:

«1.      Il soggetto passivo nazionale che risiede nei Paesi Bassi soltanto per una parte dell’anno civile e il soggetto passivo straniero residente in un altro Stato membro dell’Unione europea o nel territorio di un’altra potenza designata con decreto ministeriale con la quale i Paesi Bassi hanno concluso un accordo per evitare la doppia imposizione e incentivare lo scambio di informazioni, e che è assoggettato a imposta in detto Stato membro o nel territorio di tale potenza, può optare per il regime fiscale previsto dalla presente legge per i soggetti passivi nazionali (…)

(...)».

6        In forza dell’articolo 3.120, paragrafo 1, della legge del 2001, una persona residente nei Paesi Bassi ha diritto di dedurre i «redditi negativi» provenienti da un’abitazione di proprietà sita nei Paesi Bassi.

7        Ai sensi dell’articolo 7.1, lettera a), della legge del 2001, l’imposta è prelevata sui redditi imponibili derivanti dal lavoro e dall’abitazione nei Paesi Bassi, percepiti nel corso dell’anno civile.

8        In forza dell’articolo 7.2, paragrafo 2, lettere b) e f), della legge del 2001, fanno parte dei redditi imponibili derivanti dal lavoro e dall’abitazione la retribuzione imponibile relativa ad un’attività lavorativa svolta nei Paesi Bassi e, se del caso, i redditi imponibili provenienti da un’abitazione di proprietà posseduta nei Paesi Bassi.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9        In forza della legge del 2001, l’imposta sui redditi delle persone fisiche nei Paesi Bassi grava non solo sui redditi da lavoro, ma anche su quelli «da abitazione». Nei casi in cui quest’ultima è «di proprietà», si ritiene che essa procuri «agevolazioni» calcolate in percentuale sul valore dell’immobile. A tali «agevolazioni» vengono imputati gli oneri deducibili, tra i quali gli interessi e le spese relativi ai debiti contratti per l’acquisto dell’immobile. Qualora l’importo di tali spese sia superiore a quello delle «agevolazioni», il soggetto passivo si trova in una situazione di «redditi negativi».

10      È quanto è avvenuto nel 2007 a X, cittadino olandese, con riguardo alla sua abitazione sita in Spagna.

11      Nel corso dello stesso anno d’imposta, i redditi derivanti dall’attività professionale di X sono consistiti in somme versate da due società, aventi sede, rispettivamente, nei Paesi Bassi e in Svizzera, nelle quali lo stesso deteneva partecipazioni maggioritarie. I redditi di origine olandese hanno rappresentato il 60% del suo reddito complessivo imponibile e quelli di origine svizzera il 40% dello stesso. Nessun reddito è stato percepito in Spagna né nel 2007 né nei quattro anni successivi, al termine dei quali X ha cessato di essere residente spagnolo.

12      In forza della convenzione fiscale bilaterale applicabile, i redditi di origine svizzera sono stati assoggettati a imposta in Svizzera e quelli di origine olandese nei Paesi Bassi.

13      Per quanto riguarda il suo assoggettamento a imposta in quest’ultimo Stato membro, X ha optato, in un primo tempo, per l’assimilazione ai soggetti passivi residenti prevista dall’articolo 2.5 della legge del 2001, motivo per cui è stato assoggettato a un obbligo fiscale illimitato nei Paesi Bassi. In forza di ciò, l’amministrazione fiscale olandese ha preso in considerazione i «redditi negativi» relativi all’abitazione sita in Spagna.

14      Orbene, il totale dell’imposta in tal modo calcolata era superiore a quello che X avrebbe dovuto pagare se non avesse esercitato l’opzione di assimilazione ai soggetti passivi residenti, con la conseguenza che egli avrebbe dovuto pagare imposte in Svizzera per i redditi percepiti in tale Stato, ossia il 40% del totale dei propri redditi, e se fosse stato inoltre autorizzato a dedurre integralmente i «redditi negativi» derivanti dall’abitazione di proprietà sita in Spagna.

15      Riconsiderando la propria domanda di opzione, egli ha contestato l’avviso di accertamento dinanzi ai giudici olandesi, sostenendo che le disposizioni del diritto dell’Unione sulla libera circolazione dovevano essere interpretate nel senso che esse consentono ai soggetti passivi non residenti di ottenere la deduzione dei «redditi negativi» relativi alla loro abitazione di proprietà senza che, per questo motivo, essi debbano necessariamente optare per l’assimilazione ai soggetti passivi residenti.

16      Il Rechtbank te Haarlem (Tribunale di Haarlem, Paesi Bassi) e il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam, Paesi Bassi) hanno respinto i suoi ricorsi. In seguito, X ha quindi proposto un ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi).

17      Il giudice del rinvio nutre dubbi riguardo alla portata della giurisprudenza scaturita dalla sentenza del 14 febbraio 1995, Schumacker (C-279/93, EU:C:1995:31), alla luce della circostanza che, contrariamente al contesto fattuale nella causa definita con tale sentenza, X non percepisce tutto, o quasi tutto, il proprio reddito familiare in un unico Stato membro, diverso da quello in cui risiede, competente a tassare tale reddito e che, di conseguenza, potrebbe tener conto della sua situazione personale e familiare. Infatti, la situazione di X è caratterizzata dalla circostanza che, alla data da prendere in considerazione per il calcolo della sua imposta sul reddito, egli risiedeva in Spagna dove non percepiva redditi. Egli percepiva i propri redditi in parte nei Paesi Bassi, per il 60%, e in parte in Svizzera, per il 40%.

18      Secondo il giudice del rinvio, le sentenze del 14 settembre 1999, Gschwind (C-391/97, EU:C:1999:409), del 12 dicembre 2002, de Groot (C-385/00, EU:C:2002:750), e del 10 maggio 2012, Commissione/Estonia (C-39/10, EU:C:2012:282), potrebbero essere intese nel senso che lo Stato membro in cui viene svolta l’attività deve sempre tener conto della situazione personale e familiare dell’interessato qualora lo Stato membro di residenza non sia in grado di farlo. Orbene, tale ipotesi ricorre nel procedimento principale, dal momento che X non disponeva di alcun reddito in Spagna nell’anno d’imposta in questione.

19      In tali circostanze, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le disposizioni del Trattato FUE sulla libera circolazione debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una disciplina nazionale in forza della quale un cittadino dell’Unione, residente in Spagna e i cui redditi da lavoro sono soggetti a imposizione per circa il 60% da parte dei Paesi Bassi e per circa il 40% da parte della Svizzera, non può dedurre dai suoi redditi da lavoro soggetti a imposizione nei Paesi Bassi i suoi redditi negativi derivanti dalla propria abitazione, sita in Spagna e da lui usata personalmente, neppure se egli in Spagna – quale suo Stato di residenza – gode di un reddito tanto basso che nell’anno in parola i menzionati redditi negativi non possono comportare una riduzione dell’imposizione nello Stato di residenza.

2)      a)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se ogni Stato membro nel quale un cittadino dell’Unione percepisce una parte dei suoi redditi debba tenere conto dell’importo totale dei menzionati redditi negativi. Oppure se detto obbligo valga solo per uno degli Stati di occupazione interessati, e in tal caso per quale, o se ciascuno degli Stati di occupazione (diversi dallo Stato di residenza) debba consentire la deduzione di una parte di tali redditi negativi. In quest’ultimo caso, come debba essere stabilita la parte da prendere in considerazione.

b)      Se a questo riguardo sia determinante in quale Stato membro il lavoro viene concretamente svolto, o se sia determinante quale Stato membro sia competente ad assoggettare a imposizione i redditi in tal modo percepiti.

3)      Se la risposta alla seconda questione sia diversa se uno degli Stati in cui il cittadino dell’Unione acquisisce i suoi redditi è la Confederazione svizzera, che non è uno Stato membro dell’Unione e non fa neppure parte dello Spazio economico europeo.

4)      Quanto incida al riguardo la circostanza che la normativa dello Stato di residenza del soggetto passivo (nella fattispecie il Regno di Spagna) preveda una possibilità di dedurre interessi passivi per mutui ipotecari pagati dal soggetto passivo per la propria abitazione ed una possibilità di compensare le perdite fiscali derivanti dall’abitazione nell’anno in parola con eventuali redditi acquisiti in tale paese in anni successivi».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla libertà di circolazione applicabile

20      In limine va rilevato che il giudice del rinvio non precisa la libertà di circolazione alla luce della quale dovrebbe essere esaminata una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

21      Dagli atti del fascicolo presentato alla Corte risulta tuttavia che X controlla e dirige, tramite partecipazioni maggioritarie, l’attività delle società con sede nei Paesi Bassi e in Svizzera ai cui utili egli intende imputare i «redditi negativi» relativi alla sua abitazione di proprietà in Spagna.

22      Orbene, da una giurisprudenza costante risulta che la libertà applicabile a un residente di uno Stato membro, a prescindere dalla sua cittadinanza, che detenga nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro una partecipazione tale da conferirgli una sicura influenza sulle decisioni della società e da consentirgli di indirizzarne le attività, è la libertà di stabilimento (sentenza del 18 dicembre 2014, X, C-87/13, EU:C:2014:2459, punto 21).

23      La normativa nazionale oggetto del procedimento principale deve essere dunque esaminata alla luce delle disposizioni dell’articolo 49 TFUE.

 Sulla prima questione

24      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro la cui normativa tributaria consente la deduzione di «redditi negativi» relativi a un’abitazione neghi il beneficio di tale deduzione a un lavoratore autonomo non residente nel caso in cui quest’ultimo percepisca, nel territorio di tale Stato membro, il 60% del totale dei propri redditi e non percepisca, nel territorio dello Stato membro in cui si trova la sua abitazione, redditi che gli consentano di far valere un pari diritto alla deduzione.

25      Per rispondere a tale questione, si deve ricordare, in limine, che le norme tributarie nazionali devono rispettare il diritto dell’Unione e, in particolare, le libertà garantite dai Trattati, tra le quali la libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE (v., per analogia, sentenza del 10 maggio 2012, Commissione/Estonia, C-39/10, EU:C:2012:282, punto 47).

26      La presa in considerazione dei «redditi negativi» relativi a un bene immobile situato nel territorio dello Stato membro in cui un soggetto passivo ha eletto domicilio costituisce un’agevolazione fiscale connessa alla sua situazione personale, la quale è utilizzata per valutare la sua capacità contributiva complessiva (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2015, Kieback, C-9/14, EU:C:2015:406, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

27      Pertanto, poiché priva i soggetti passivi non residenti della possibilità, concessa ai soggetti passivi residenti, di dedurre siffatti «redditi negativi», la normativa di uno Stato membro riserva ai primi un trattamento meno favorevole rispetto ai secondi.

28      Occorre quindi verificare se il criterio della residenza previsto dalla normativa oggetto del procedimento principale configuri una discriminazione.

29      A tal riguardo occorre ricordare che una discriminazione può risultare solo dall’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe oppure dall’applicazione della stessa norma a situazioni diverse (v., in particolare, sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker, C-279/93, EU:C:1995:31, punto 30, e del 18 giugno 2015, Kieback, C-9/14, EU:C:2015:406, punto 21).

30      In materia di imposte dirette, i residenti e i non residenti non si trovano, di regola, in situazioni analoghe, in quanto il reddito percepito nel territorio di uno Stato membro da un soggetto non residente costituisce il più delle volte solo una parte del suo reddito complessivo, concentrato nel luogo della sua residenza, e in quanto la capacità contributiva personale del non residente, derivante dalla presa in considerazione dell’insieme dei suoi redditi e della sua situazione personale e familiare, può essere valutata più agevolmente nel luogo in cui egli ha il centro dei propri interessi personali ed economici, che corrisponde in genere alla sua residenza abituale (v., in particolare, sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker, C-279/93, EU:C:1995:31, punti 31 e 32, nonché del 18 giugno 2015, Kieback, C-9/14, EU:C:2015:406, punto 22).

31      Pertanto, la Corte, al punto 34 della sentenza del 14 febbraio 1995, Schumacker (C-279/93, EU:C:1995:31), ha dichiarato che il fatto che uno Stato membro privi un soggetto non residente di talune agevolazioni fiscali che concede al residente non è di regola discriminatorio, tenuto conto delle differenze obiettive tra la situazione dei residenti e quella dei non residenti per quanto attiene sia alla fonte dei redditi sia alla capacità contributiva personale sia, inoltre, alla situazione personale e familiare (v., parimenti, sentenza del 18 giugno 2015, Kieback, C-9/14, EU:C:2015:406, punto 23).

32      Potrebbe sussistere discriminazione ai sensi del Trattato FUE tra residenti e non residenti solo se, nonostante la loro residenza in Stati membri differenti, fosse accertato che, tenuto conto dell’oggetto e del contenuto delle disposizioni nazionali pertinenti, le due categorie di soggetti passivi si trovano in una situazione analoga (v. sentenza del 14 settembre 1999, Gschwind, C-391/97, EU:C:1999:409, punto 26).

33      È quanto avviene, in particolare, nel caso in cui un soggetto passivo non residente non percepisca redditi significativi nel territorio dello Stato membro di residenza e tragga la parte essenziale delle sue risorse imponibili da un’attività svolta in un altro Stato membro, ragion per cui lo Stato membro di residenza non è in grado di concedergli le agevolazioni derivanti dalla presa in considerazione della sua situazione personale e familiare (v., in particolare, sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker, C-279/93, EU:C:1995:31, punto 36; del 16 ottobre 2008, Renneberg, C-527/06, EU:C:2008:566, punto 61, e del 18 giugno 2015, Kieback, C-9/14, EU:C:2015:406, punto 25).

34      In tale circostanza, la discriminazione consiste nel fatto che la situazione personale e familiare di un non residente che percepisce, in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede, la parte essenziale dei suoi redditi e la quasi totalità dei suoi redditi familiari, non è presa in considerazione né nello Stato membro di residenza né nello Stato membro di occupazione (sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker, C-279/93, EU:C:1995:31, punto 38; del 18 luglio 2007, Lakebrink e Peters-Lakebrink, C-182/06, EU:C:2007:452, punto 31, nonché del 18 giugno 2015, Kieback, C-9/14, EU:C:2015:406, punto 26).

35      Al punto 34 della sentenza Lakebrink e Peters-Lakebrink (C-182/06, EU:C:2007:452), la Corte ha precisato che la portata della giurisprudenza citata supra ai punti da 27 a 32 della presente sentenza si estende a tutte le agevolazioni fiscali collegate alla capacità contributiva del non residente che non siano concesse né nello Stato membro di residenza né nello Stato membro di occupazione di un lavoratore (sentenza del 18 giugno 2015, Kieback, C-9/14, EU:C:2015:406, punto 27).

36      Una siffatta portata è applicabile, nel contesto della libertà di stabilimento, alle agevolazioni fiscali collegate alla capacità contributiva che non possono essere concesse né nello Stato membro in cui un lavoratore autonomo risiede né nello Stato membro in cui quest’ultimo svolge l’attività (v., sull’applicabilità alla libertà di stabilimento della giurisprudenza scaturita dalla sentenza del 14 febbraio 1995, Schumacker, C-279/93, EU:C:1995:31, inizialmente elaborata in materia di libera circolazione dei lavoratori, sentenze dell’11 agosto 1995, Wielockx, C-80/94, EU:C:1995:271; del 27 giugno 1996, Asscher, C-107/94, EU:C:1996:251, e del 28 febbraio 2013, Ettwein, C-425/11, EU:C:2013:121).

37      Pertanto, alla luce di tali agevolazioni fiscali destinate, in base alle disposizioni della normativa nazionale in questione, a determinare la capacità contributiva del soggetto passivo interessato, quali le norme di cui trattasi nel procedimento principale che tassano il reddito fittizio derivante da un’abitazione di proprietà e consentono correlativamente la deduzione degli oneri ad essa relativi, la sola circostanza che un soggetto non residente abbia percepito redditi, nel territorio dello Stato membro in cui esercita la propria attività, in condizioni più o meno simili a quelle dei residenti di tale Stato non basta a rendere la sua situazione oggettivamente analoga a quella di questi ultimi.

38      Infatti, occorre altresì dimostrare, per poter constatare una tale analogia oggettiva, che, poiché tale soggetto non residente ha percepito la parte essenziale dei suoi redditi fuori dal territorio dello Stato membro di residenza, tale Stato non è in grado di concedergli le agevolazioni derivanti dalla presa in considerazione dell’insieme dei suoi redditi e della sua situazione personale e familiare (v., per analogia, sentenza del 18 giugno 2015, Kieback, C-9/14, EU:C:2015:406, punto 28).

39      Quando il soggetto non residente percepisce, nel territorio di uno Stato membro nel quale svolge una parte delle sue attività, il 60% del totale del suo reddito ovunque prodotto, nulla consente di considerare che, per ciò solo, lo Stato membro in cui risiede non sia in grado di prendere in considerazione l’insieme dei suoi redditi e la sua situazione personale e familiare. Diverso sarebbe soltanto qualora risultasse che l’interessato, nel territorio dello Stato membro in cui risiede, non ha percepito alcun reddito o ha percepito redditi talmente bassi da non consentire a tale Stato di concedergli le agevolazioni derivanti dalla presa in considerazione dell’insieme dei suoi redditi e della sua situazione personale e familiare.

40      Orbene, sembra essere questa l’ipotesi che ricorre nel caso di X, dal momento che dai documenti del fascicolo presentato alla Corte risulta che quest’ultimo, nel corso dell’esercizio fiscale oggetto del procedimento principale, non ha percepito alcun reddito nel territorio dello Stato membro in cui risiede, ossia il Regno di Spagna.

41      Poiché X non può ottenere che la propria situazione personale e familiare venga presa in considerazione né da tale Stato membro né da quello nel cui territorio egli percepisce il 60% del totale dei propri redditi da lavoro, ossia il Regno dei Paesi Bassi, occorre constatare, a suo danno, l’esistenza di una discriminazione ai sensi della giurisprudenza menzionata ai punti da 27 a 32 della presente sentenza.

42      Tale conclusione non può essere inficiata dalla circostanza che X ha inoltre percepito i restanti redditi relativi allo stesso anno nel territorio di uno Stato diverso dal Regno dei Paesi Bassi e dal Regno di Spagna. Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 47 a 53 delle sue conclusioni, il fatto che un soggetto passivo percepisca la parte essenziale dei propri redditi nel territorio non di uno, ma di vari Stati diversi da quello in cui risiede non influisce sull’applicazione dei principi enunciati nella sentenza del 14 febbraio 1995, Schumacker (C-279/93, EU:C:1995:31). Il criterio determinante resta infatti quello dell’impossibilità, per uno Stato membro, di tener conto a fini fiscali della situazione personale e familiare del soggetto passivo, in assenza di redditi imponibili sufficienti, mentre una tale presa in considerazione è possibile altrove, in virtù di redditi sufficienti.

43      Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro, la cui normativa tributaria consente la deduzione di «redditi negativi» relativi a un’abitazione, neghi il beneficio di tale deduzione a un lavoratore autonomo non residente nel caso in cui quest’ultimo percepisca, nel territorio di tale Stato membro, il 60% del totale dei propri redditi e non percepisca, nel territorio dello Stato membro in cui si trova la propria abitazione, un reddito che gli consenta di far valere un pari diritto alla deduzione.

 Sulla seconda questione

44      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il divieto derivante dalla risposta alla prima questione riguardi soltanto lo Stato membro nel cui territorio è percepito il 60% del totale dei redditi, oppure se esso è comune a qualsiasi altro Stato membro nel cui territorio il soggetto passivo non residente avrebbe percepito redditi imponibili che gli consentano di far valere in detto Stato un pari diritto alla deduzione, e in base a quale criterio di ripartizione. Esso si chiede inoltre se la nozione di «Stato membro di attività» rinvii a uno Stato membro nel cui territorio è concretamente svolta un’attività, oppure a uno Stato membro che dispone del potere di assoggettare a imposta i redditi derivanti da un’attività.

45      Per rispondere alla seconda parte della seconda questione è sufficiente ricordare che la finalità sottesa alla giurisprudenza richiamata nell’ambito della risposta alla prima questione consiste nel tener conto della situazione personale e familiare del soggetto passivo mediante un’agevolazione fiscale, ossia una minore imposizione. Di conseguenza, la nozione di «Stato membro di attività», come considerata nella presente sentenza, può essere intesa solo nel senso che indica uno Stato membro competente a imporre, in tutto o in parte, i redditi da lavoro di un soggetto passivo, a prescindere dal luogo in cui è svolta concretamente l’attività che genera tali redditi.

46      Per quanto riguarda la prima parte della seconda questione, relativa alla ripartizione, tra diversi Stati membri di attività, dell’onere derivante dalla presa in considerazione della situazione personale e familiare del soggetto passivo, essa deve essere esaminata facendo riferimento alla costante giurisprudenza della Corte in materia di ripartizione tra gli Stati membri del loro potere impositivo (v., in particolare, sentenza del 12 dicembre 2002, de Groot, C-385/00, EU:C:2002:750, punto 93 e giurisprudenza ivi citata).

47      Ne consegue, in particolare, che la libertà degli Stati membri, in mancanza di misure di unificazione o di armonizzazione fornite dal diritto dell’Unione, di ripartirsi l’esercizio delle loro competenze in materia tributaria, segnatamente per evitare il cumulo di agevolazioni fiscali, deve conciliarsi con la necessità di garantire ai soggetti passivi degli Stati membri interessati che, globalmente, l’insieme della loro situazione personale e familiare sarà debitamente preso in considerazione, quale che sia il modo in cui gli Stati membri interessati si sono ripartiti tale obbligo. Infatti, in mancanza di una tale conciliazione, la libera ripartizione del potere impositivo tra Stati membri rischierebbe di determinare disparità di trattamento tra i soggetti passivi interessati, le quali, qualora non derivassero da disparità esistenti tra le normative tributarie nazionali, sarebbero incompatibili con la libertà di stabilimento (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2013, Imfeld e Garcet, C-303/12, EU:C:2013:822, punti 70 e 77).

48      Nel caso in cui un lavoratore autonomo percepisca i propri redditi nel territorio di più Stati membri, diversi da quello in cui risiede, tale conciliazione può essere ottenuta soltanto consentendogli di far valere il suo diritto a dedurre i «redditi negativi» in ciascuno degli Stati membri di attività che concedono tale tipo di agevolazione fiscale, proporzionalmente alla quota dei suoi redditi percepiti nel territorio di ciascuno Stato membro, e con l’onere a suo carico di fornire alle amministrazioni nazionali competenti ogni informazione sui propri redditi ovunque prodotti che consenta loro di determinare tale proporzione.

49      Occorre di conseguenza rispondere alla seconda questione dichiarando che il divieto che deriva dalla risposta alla prima questione riguarda qualsiasi Stato membro di attività nel cui territorio un lavoratore autonomo percepisce redditi che gli consentono di far valere in detto Stato un pari diritto alla deduzione, in proporzione alla quota di detti redditi percepiti nel territorio di ciascuno degli Stati membri di attività. A tal riguardo, è uno «Stato membro di attività» qualsiasi Stato membro che abbia il potere di assoggettare a imposta i redditi da lavoro di un soggetto non residente percepiti nel suo territorio, a prescindere dal luogo in cui è svolta concretamente tale attività.

 Sulla terza questione

50      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la circostanza che il soggetto passivo non residente di cui trattasi percepisca una parte dei suoi redditi imponibili non già nel territorio di uno Stato membro, bensì in quello di uno Stato terzo, incida sulla risposta fornita alla seconda questione.

51      A tal riguardo si deve ricordare che l’interpretazione da dare alle disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento, alla luce dell’obbligo che ne deriva di non discriminare un lavoratore autonomo che svolge un’attività lavorativa nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui risiede, si impone a ogni Stato membro. La stessa conclusione vale in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, con riferimento a uno Stato membro nel cui territorio un lavoratore autonomo residente nel territorio di un altro Stato membro ha svolto una parte della sua attività, pur svolgendo la restante attività nel territorio di un terzo Stato, quand’anche quest’ultimo non fosse uno Stato membro, ma uno Stato terzo (v., per analogia, sentenza del 18 giugno 2015, Kieback, C-9/14, EU:C:2015:406, punto 35).

52      Si deve dunque rispondere alla terza questione dichiarando che la circostanza che il soggetto passivo non residente di cui trattasi percepisca una parte dei suoi redditi imponibili non già nel territorio di uno Stato membro, bensì in quello di uno Stato terzo, non incide sulla risposta fornita alla seconda questione.

 Sulla quarta questione

53      Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede se la risposta da fornire alle questioni precedenti sia diversa qualora la normativa nazionale dello Stato membro in cui risiede il lavoratore autonomo consenta a quest’ultimo di dedurre, a titolo dell’imposta dovuta in tale medesimo Stato membro, gli interessi passivi per mutui ipotecari relativi alla sua abitazione e di compensare le perdite fiscali che ne derivano con i redditi dei vari esercizi fiscali futuri.

54      Dagli atti del fascicolo presentato alla Corte, confermati sul punto dalle osservazioni orali presentate da X in udienza, risulta che quest’ultimo non ha percepito redditi in Spagna né nel 2007 né nel corso degli esercizi successivi. Pertanto, in assenza di reddito imponibile nel territorio dello Stato membro in cui risiedeva in tali anni, X in ogni caso non ha potuto far valere dinanzi alle autorità fiscali spagnole il diritto alla deduzione per la presa in considerazione della sua situazione personale e familiare.

55      La quarta questione si configura pertanto come ipotetica ed è quindi irricevibile (v. sentenza del 29 gennaio 2013, Radu, C-396/11, EU:C:2013:39, punto 24).

 Sulle spese

56      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro, la cui normativa tributaria consente la deduzione di «redditi negativi» relativi a un’abitazione, neghi il beneficio di tale deduzione a un lavoratore autonomo non residente nel caso in cui quest’ultimo percepisca, nel territorio di tale Stato membro, il 60% del totale dei propri redditi e non percepisca, nel territorio dello Stato membro in cui si trova la propria abitazione, un reddito che gli consenta di far valere un pari diritto alla deduzione.

2)      Il divieto che deriva dalla risposta alla prima questione riguarda qualsiasi Stato membro di attività nel cui territorio un lavoratore autonomo percepisce redditi che gli consentono di far valere in detto Stato un pari diritto alla deduzione, in proporzione alla quota di detti redditi percepiti nel territorio di ciascuno degli Stati membri di attività. A tal riguardo, è uno «Stato membro di attività» qualsiasi Stato membro che abbia il potere di assoggettare a imposta i redditi da lavoro di un soggetto non residente percepiti nel suo territorio, a prescindere dal luogo in cui è svolta concretamente tale attività.

3)      La circostanza che il soggetto passivo non residente di cui trattasi percepisca una parte dei suoi redditi imponibili non già nel territorio di uno Stato membro, bensì in quello di uno Stato terzo, non incide sulla risposta fornita alla seconda questione.

Firme


* Lingua processuale: il francese.