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SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

28 luglio 2016 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 167, 168, da 178 a 182, 193, 206, 242, 244, 250, 252 e 273 – Diritto a detrazione dell’IVA – Requisiti sostanziali – Requisiti formali – Termine di decadenza – Norme nazionali che escludono il diritto a detrazione in caso di mancato rispetto della maggior parte dei requisiti formali – Evasione fiscale»

Nella causa C-332/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Treviso (Italia), con decisione del 17 aprile 2015, pervenuta in cancelleria il 6 luglio 2015, nel procedimento penale contro

Giuseppe Astone,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da C. Toader, presidente di sezione, A. Rosas ed E. Jarašiūnas (relatore), giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Galluzzo, avvocato dello Stato;

–        per il governo greco, da K. Nasopoulou e A. Dimitrakopoulou, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da D. Recchia e C. Soulay, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 167, 168, da 178 a 181, 244 e 250 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale promosso a carico del sig. Giuseppe Astone, nella sua qualità di legale rappresentante de La Società Del Ferro Srl (in prosieguo: la «Del Ferro»), per non aver presentato la dichiarazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) per l’anno d’imposta 2010.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        Il titolo X della direttiva IVA, intitolato «Detrazioni», è suddiviso in cinque capi. Il capo 1 di tale titolo, intitolato «Origine e portata del diritto a detrazione», comprende in particolare gli articoli 167 e 168 di tale direttiva, che così recitano:

«Articolo 167

Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile.

Articolo 168

Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)      l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

b)      l’IVA dovuta per le operazioni assimilate alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi (...);

c)      l’IVA dovuta per gli acquisti intracomunitari di beni (...);

d)      l’IVA dovuta per le operazioni assimilate agli acquisti intracomunitari (...);

e)      l’IVA dovuta o assolta per i beni importati in tale Stato membro».

4        Il capo 4 di detto titolo X, intitolato «Modalità di esercizio del diritto a detrazione», comprende in particolare gli articoli da 178 a 182 della direttiva in parola, che precisano quanto segue:

«Articolo 178

Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:

a)      per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240;

b)      per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera b), relativa alle operazioni assimilate alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, assolvere le formalità stabilite da ogni Stato membro;

c)      per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera c), relativa agli acquisti intracomunitari di beni, aver riportato sulla dichiarazione IVA prevista all’articolo 250 tutti i dati necessari per determinare l’ammontare dell’IVA dovuta per gli acquisti ed essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236;

d)      per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera d), relativa alle operazioni assimilate agli acquisti intracomunitari di beni, assolvere le formalità stabilite da ogni Stato membro;

e)      per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera e), relativa alle importazioni di beni, essere in possesso di un documento comprovante l’importazione che lo indichi quale destinatario o importatore e che menzioni l’ammontare dell’IVA dovuta o ne consenta il calcolo;

(…).

Articolo 179

Il soggetto passivo opera la detrazione globalmente, sottraendo dall’importo dell’imposta dovuta per un periodo d’imposta l’ammontare dell’IVA per la quale il diritto a detrazione è sorto, nello stesso periodo, ed è esercitato secondo quanto previsto all’articolo 178.

(…)

Articolo 180

Gli Stati membri possono autorizzare un soggetto passivo a procedere ad una detrazione che non è stata effettuata conformemente agli articoli 178 e 179.

Articolo 181

Gli Stati membri possono autorizzare un soggetto passivo che non sia in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 a procedere alla detrazione prevista all’articolo 168, lettera c), per i suoi acquisti intracomunitari di beni.

Articolo 182

Gli Stati membri determinano le condizioni e le modalità di applicazione degli articoli 180 e 181».

5        Il titolo XI della direttiva IVA, intitolato «Obblighi dei soggetti passivi e di alcune persone non soggetti passivi», è suddiviso in otto capi. Il capo 1 di tale titolo verte sull’«Obbligo di pagamento». Nella sezione 1 di tale capo, intitolata «Debitori dell’imposta verso l’Erario», l’articolo 193 della citata direttiva precisa quanto segue:

«L’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, eccetto che nei casi in cui l’imposta è dovuta da una persona diversa (...)».

6        Nella sezione 2 del capo 1 del titolo XI della direttiva IVA, intitolata «Modalità di pagamento», l’articolo 206 di tale direttiva dispone quanto segue:

«Ogni soggetto passivo che è debitore dell’imposta deve pagare l’importo netto dell’IVA al momento della presentazione della dichiarazione IVA prevista all’articolo 250. Gli Stati membri possono tuttavia stabilire un’altra scadenza per il pagamento di questo importo o riscuotere acconti provvisori».

7        Il capo 4 del titolo XI della direttiva IVA, intitolato «Contabilità», è suddiviso in quattro sezioni. Nell’ambito della sezione 2 di tale capo, intitolata «Obblighi generali», l’articolo 242 enuncia quanto segue:

«Ogni soggetto passivo deve tenere una contabilità che sia sufficientemente dettagliata per consentire l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’amministrazione fiscale».

8        Nella sezione 3 di questo stesso capo 4, intitolata «Obblighi specifici relativi all’archiviazione delle fatture», l’articolo 244 di detta direttiva prevede quanto segue:

«Ogni soggetto passivo deve provvedere all’archiviazione di copie delle fatture emesse da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario, oppure in suo nome e per suo conto, da un terzo, nonché delle fatture che ha ricevuto».

9        Nel capo 5 del titolo XI della direttiva IVA, intitolato «Dichiarazioni», gli articoli 250 e 252 di tale direttiva precisano quanto segue:

«Articolo 250

1.      Ogni soggetto passivo deve presentare una dichiarazione IVA in cui figurino tutti i dati necessari per determinare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle detrazioni da operare, compresi, nella misura in cui sia necessario per la determinazione della base imponibile, l’importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali detrazioni, nonché l’importo delle operazioni esenti.

(…)

Articolo 252

1.      La dichiarazione IVA deve essere presentata entro un termine che è stabilito dagli Stati membri. Tale termine non può superare di oltre due mesi la scadenza di ogni periodo d’imposta.

2.      Gli Stati membri fissano la durata del periodo d’imposta ad un mese, due mesi ovvero tre mesi.

Tuttavia, gli Stati membri possono stabilire una durata diversa, comunque non superiore ad un anno».

10      Nel capo 7 del titolo XI della direttiva IVA, intitolato «Disposizioni varie», l’articolo 273, primo comma, di tale direttiva dispone quanto segue:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

 Diritto italiano

11      Il decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633 – Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto (supplemento ordinario alla GURI n. 292, dell’11 novembre 1972), nella sua versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto n. 633»), contiene un articolo 19, intitolato «Detrazione». Il primo comma di tale articolo dispone quanto segue:

«Per la determinazione dell’imposta dovuta a norma del primo comma dell’articolo 17 o dell’eccedenza di cui al secondo comma dell’articolo 30, è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione. Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo».

12      L’articolo 25 del decreto n. 633, intitolato «Registrazione degli acquisti», è così formulato:

«Il contribuente deve numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione (...) e deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta.

Dalla registrazione devono risultare la data della fattura o bolletta, il numero progressivo ad essa attribuito, la ditta, denominazione o ragione sociale del cedente del bene o prestatore del servizio, ovvero il nome e cognome se non si tratta di imprese, società o enti, nonché l’ammontare imponibile e l’ammontare dell’imposta distinti secondo l’aliquota.

(…)».

13      L’articolo 39 di tale decreto, intitolato «Tenuta e conservazione dei registri e dei documenti», precisa quanto segue:

«I registri previsti dal presente decreto (...) devono essere tenuti a norma dell’articolo 2219 del codice civile e numerati progressivamente in ogni pagina, in esenzione dall’imposta di bollo. (…)

(…)

I registri, i bollettari, gli schedari e i tabulati, nonché le fatture, le bollette doganali e gli altri documenti previsti dal presente decreto devono essere conservati a norma dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. (…)».

14      Il decreto legislativo del 10 marzo 2000, n. 74 – Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (GURI n. 76, del 31 marzo 2000, pag. 4), nella sua versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 74»), prevede, all’articolo 5, intitolato «Omessa dichiarazione», quanto segue:

«1.      È punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o [l’IVA], non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro trentamila.

(…)».

15      Conformemente all’articolo 1, primo comma, lettera f), del medesimo decreto legislativo, per «imposta evasa» si intende «la differenza tra l’imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, ovvero l’intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16      Nel corso di una verifica fiscale iniziata il 4 luglio 2013, la Guardia di Finanza italiana ha accertato che, per gli anni d’imposta 2010, 2011, 2012 e 2013, il sig. Astone, nella sua qualità di legale rappresentante della Del Ferro, non era in grado di esibire le scritture contabili, compresi i registri IVA. Dalla medesima verifica è altresì emerso che, per l’anno d’imposta 2010, tale società aveva emesso delle fatture per un imponibile IVA di EUR 320 205, ma che, non avendo presentato la relativa dichiarazione IVA, aveva evaso l’IVA per l’importo di EUR 64 041; inoltre, essa non aveva presentato le dichiarazioni IVA neanche per gli esercizi fiscali successivi. Tale verifica ha anche evidenziato che la Del Ferro non aveva osservato gli obblighi di registrazione delle fatture emesse.

17      A causa dell’omessa presentazione della dichiarazione IVA per l’anno fiscale 2010, il sig. Astone, in qualità di legale rappresentante della Del Ferro, è imputato dinanzi alla sezione penale del Tribunale di Treviso (Italia) per rispondere del reato di cui all’articolo 5, primo comma, del decreto legislativo n. 74.

18      Nel corso del procedimento dinanzi al giudice del rinvio, il sig. Astone ha prodotto fatture emesse nell’anno d’imposta 2010 da ditte terze nei confronti della Del Ferro, le quali sono state pagate, IVA compresa, ma non sono state registrate nella contabilità di tale società. Sulla base di queste fatture, è stata calcolata un’IVA detraibile pari a EUR 30 590. Il sig. Astone sostiene che tali fatture dovrebbero essere prese in considerazione, in ossequio alla giurisprudenza della Corte relativa al diritto a detrazione dell’IVA pagata a monte da un soggetto passivo. Se si tenesse conto di tale importo di IVA detraibile e di un credito d’imposta precedente che egli vantava, l’importo dell’imposta evasa non supererebbe la soglia di EUR 30 000 stabilita all’articolo 5, primo comma, del decreto legislativo n. 74 e, di conseguenza, non sussisterebbe più un reato punibile ai sensi di tale disposizione. Il sig. Astone chiede quindi di essere assolto. Anche il pubblico ministero chiede l’assoluzione del sig. Astone.

19      Il giudice del rinvio indica che la normativa italiana subordina il diritto alla detrazione dell’IVA al rispetto di obblighi formali che riguardano in particolare la presentazione delle dichiarazioni in questione, il momento in cui il soggetto passivo fa valere il credito d’imposta relativo all’IVA ed il fatto che le relative fatture siano state annotate nel relativo registro, con la conseguenza che il soggetto passivo non ha il diritto, secondo tale giudice, di detrarre l’IVA a monte, anche se pagata, qualora essa non sia stata regolarmente registrata.

20      Con riferimento all’articolo 5, primo comma, del decreto legislativo n. 74, il giudice del rinvio indica che, nell’ipotesi di omessa dichiarazione IVA, il diritto italiano prevede che l’imposta evasa comprenda l’intera imposta dovuta, senza che si possa tenere conto, per quanto riguarda l’IVA, di quella pagata ai fornitori, qualora gli obblighi formali previsti dalla legge non siano stati rispettati. Pertanto, nel caso di specie, l’imposta dovuta, anche al fine di valutare la possibilità di esercitare l’azione penale ai sensi di tale disposizione, è, secondo detto giudice, quella risultante dalle fatture emesse. Infatti, a parere di detto giudice, la possibilità di tenere conto dell’IVA pagata a monte presuppone che il diritto a detrazione sia stato esercitato in sede di dichiarazione annuale e solo rispetto alle fatture che siano state annotate nel relativo registro.

21      Il giudice remittente rileva che anche il diritto dell’Unione subordina l’esercizio del diritto a detrazione al rispetto di alcuni obblighi formali e rinvia, a tale riguardo, agli articoli 167, 168, da 178 a 181, 244 e 250 della direttiva IVA. Egli afferma, inoltre, che, conformemente alle sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade (C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267), e del 30 settembre 2010, Uszodaépítő (C-392/09, EU:C:2010:569), il principio di neutralità fiscale esige che la detrazione dell’IVA pagata a monte venga accordata qualora i requisiti sostanziali disciplinanti il diritto alla detrazione siano soddisfatti, quand’anche taluni requisiti formali siano stati disattesi dai soggetti passivi. Tuttavia, le citate sentenze non preciserebbero di quali requisiti si tratti e, in particolare, quali obblighi formali debbano essere tassativamente adempiuti affinché il soggetto passivo possa esercitare il suo diritto alla detrazione. Posto che il sig. Astone non ha adempiuto alcun obbligo formale, sarebbe necessaria una risposta della Corte per pronunciarsi sulla sua responsabilità penale.

22      In tali circostanze, il Tribunale di Treviso ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le disposizioni della direttiva IVA, come interpretate dalla giurisprudenza dell’Unione richiamata [nella motivazione dell’ordinanza di rinvio], ostino all’esistenza di norme nazionali degli Stati membri – come quelle [citate nell’ordinanza di rinvio] e vigenti in Italia (articolo 19 del decreto n. 633) – che escludono, anche sotto il profilo penale, la possibilità di esercitare il diritto di detrazione se non sono state presentate le dichiarazioni IVA e, in particolare, la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto;

2)      se le disposizioni della direttiva IVA, come interpretate dalla giurisprudenza dell’Unione richiamata [nella motivazione dell’ordinanza di rinvio], ostino all’esistenza di norme nazionali degli Stati membri – come quelle [citate nell’ordinanza di rinvio] e vigenti in Italia (articoli 25 e 39 del decreto n. 633) – che escludono, anche sotto il profilo penale, la possibilità di tenere conto, ai fini della detrazione dell’IVA, di fatture passive che il soggetto non ha in alcun modo registrato».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità

23      Il governo italiano contesta la ricevibilità delle questioni pregiudiziali, poiché esse sarebbero fondate su un’erronea interpretazione del diritto italiano, il quale prevedrebbe, in realtà, che le disposizioni nazionali disciplinanti l’estensione del diritto alla detrazione dell’IVA non vengano prese in considerazione per valutare il raggiungimento della soglia di punibilità fissata all’articolo 5, primo comma, del decreto legislativo n. 74. Ne conseguirebbe che la risposta che la Corte è chiamata a dare ai quesiti posti sarebbe ininfluente ai fini della decisione della controversia di cui al procedimento principale, in quanto le disposizioni italiane di recepimento della direttiva IVA non sono applicabili a tale controversia.

24      Occorre tuttavia ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito del procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice del rinvio, che è investito della controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze del caso di specie, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenze dell’8 settembre 2010, Stoß e a., C-316/07, da C-358/07 a C-360/07, C-409/07 e C-410/07, EU:C:2010:504, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, nell’ambito di tale procedimento, spetta esclusivamente al giudice del rinvio interpretare il proprio diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 15 gennaio 2013, Križan e a., C-416/10, EU:C:2013:8, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata).

25      Da quanto precede deriva che, nonostante i dubbi formulati in proposito dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte, vi è motivo, per la Corte, di ritenere appurato quanto esposto dal giudice del rinvio, vale a dire che il diritto italiano prevede che la soglia di punibilità di cui all’articolo 5, primo comma, del decreto legislativo n. 74 venga determinata applicando le disposizioni sostanziali disciplinanti l’estensione del diritto alla detrazione dell’IVA, e dunque di dichiarare che i quesiti posti sono ricevibili.

 Nel merito

26      In limine, occorre osservare che, ai sensi dei suoi articoli 411 e 413, la direttiva IVA ha abrogato e sostituito, a decorrere dal 1º gennaio 2007, la normativa dell’Unione in materia di IVA, in particolare la sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1).

27      A mente dei considerando 1 e 3 della direttiva IVA, la rifusione della sesta direttiva 77/388 si rendeva opportuna allo scopo di presentare tutte le disposizioni applicabili in modo chiaro e razionale, rimaneggiando la struttura e il testo della direttiva senza apportare, in linea di principio, modifiche sostanziali. Orbene, le disposizioni della direttiva IVA che sono rilevanti nell’ambito della causa di cui al procedimento principale sono sostanzialmente identiche alle disposizioni corrispondenti della sesta direttiva 77/388. In tali circostanze, la giurisprudenza relativa a dette disposizioni della sesta direttiva 77/388 resta valida per interpretare le disposizioni corrispondenti della direttiva IVA (v., per analogia, sentenza del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 35).

 Sulla prima questione

28      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che è stato solo nel corso del processo dinanzi al giudice del rinvio che l’imputato nel giudizio a quo ha ritenuto di far valere il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte, mentre invece, a norma dell’articolo 19, primo comma, del decreto n. 633, tale diritto deve essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui tale diritto è sorto. In tali circostanze, e tenuto conto di quanto è stato esposto dal giudice del rinvio e richiamato al punto 25 della presente sentenza, occorre considerare che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 167, 168, 178, l’articolo 179, primo comma, e gli articoli 180 e 182 della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale la quale preveda un termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione, come quello controverso nel procedimento principale.

29      A tale riguardo, occorre ricordare che il sistema delle detrazioni previsto dalla direttiva IVA è inteso a sollevare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA si propone quindi di garantire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di queste ultime, purché tali attività siano, in linea di principio, a loro volta soggette all’IVA (sentenza del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata).

30      Secondo una costante giurisprudenza, il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e 168 della direttiva IVA costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e non può, in linea di principio, subire limitazioni (v., in particolare, sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata, e del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 44).

31      Come risulta dal testo dell’articolo 167 e dell’articolo 179, primo comma, della direttiva IVA, il diritto a detrazione va esercitato, in linea di principio, durante lo stesso periodo in cui esso è sorto, ossia nel momento in cui l’imposta diviene esigibile.

32      Ciononostante, ai sensi degli articoli 180 e 182 della citata direttiva, un soggetto passivo può essere autorizzato ad operare la detrazione anche se non ha esercitato il proprio diritto nel periodo in cui questo è sorto, fatto salvo però il rispetto delle condizioni e delle modalità fissate dalle normative nazionali (sentenza del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata).

33      Tuttavia, la possibilità di esercitare il diritto a detrazione senza alcuna limitazione temporale contrasterebbe col principio della certezza del diritto, il quale esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione finanziaria, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione (sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punto 44, e del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 48).

34      La Corte ha così già dichiarato, con riferimento all’applicazione del meccanismo di autoliquidazione, che un termine di decadenza, la cui scadenza porti a sanzionare il contribuente non sufficientemente diligente, che abbia omesso di richiedere la detrazione dell’IVA pagata a monte, privandolo del diritto a detrazione, non può essere considerato incompatibile con il regime instaurato dalla direttiva IVA, purché, da un lato, tale termine si applichi allo stesso modo ai diritti analoghi in materia fiscale fondati sul diritto interno e a quelli fondati sul diritto dell’Unione (principio di equivalenza) e, dall’altro, esso non renda in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione (principio di effettività) (sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata, e del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 49).

35      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio non emerge se, nella causa di cui al procedimento principale, il meccanismo di autoliquidazione sia applicabile o meno. Ciò è, tuttavia, irrilevante ai fini della risposta alla prima questione sollevata, in quanto le disposizioni della direttiva IVA richiamate ai punti 31 e 32 della presente sentenza non prevedono, per quanto riguarda il termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione che potrebbe essere fissato dagli Stati membri in ossequio a tali disposizioni, che occorra fare una distinzione tra le ipotesi in cui il meccanismo di autoliquidazione è applicabile e quelle in cui tale meccanismo non lo è.

36      Quanto al punto se un termine di decadenza di due anni, quale quello in questione nel procedimento principale, rispetti le condizioni enunciate al punto 34 della presente sentenza, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, spetta al giudice nazionale valutare la compatibilità dei provvedimenti nazionali con il diritto dell’Unione. La Corte può nondimeno fornirgli tutte le indicazioni utili per la soluzione della controversia di cui esso è investito (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).

37      Nel caso di specie, per quanto concerne il principio di equivalenza, analogamente a quanto già dichiarato dalla Corte nella causa decisa dalla sentenza dell’8 maggio 2008, Ecotrade (C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punto 47), che verteva, in particolare, sul medesimo termine di decadenza attualmente in discussione nel procedimento principale, non risulta dal fascicolo a disposizione della Corte, né del resto è mai stato sostenuto dinanzi a quest’ultima, che il termine di decadenza previsto dall’articolo 19, primo comma, del decreto n. 633 violi tale principio.

38      Per quanto riguarda il principio di effettività, la Corte ha altresì già dichiarato che un termine di decadenza di due anni, quale quello previsto all’articolo 19, primo comma, del decreto n. 633, in esame nel procedimento principale, non può, di per sé stesso, rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione, posto che l’articolo 167 e l’articolo 179, primo comma, della direttiva IVA consentono agli Stati membri di esigere che il soggetto passivo eserciti il proprio diritto a detrazione nello stesso periodo in cui tale diritto è sorto (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punto 48).

39      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 167, 168, 178, l’articolo 179, primo comma, e gli articoli 180 e 182 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, la quale preveda un termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione, come quello controverso nel procedimento principale, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività, aspetto questo la cui verifica incombe al giudice del rinvio.

 Sulla seconda questione

40      In limine, occorre rilevare che, benché nella seconda questione il giudice del rinvio faccia riferimento soltanto alla violazione, da parte dell’imputato nel procedimento principale, dell’obbligo di registrazione delle fatture che sono state emesse nei confronti della società di cui egli è il legale rappresentante, sulla base delle quali è stato invocato il diritto a detrazione, tale giudice indica, nei motivi della decisione di rinvio, che l’imputato, nella sua qualità di legale rappresentante di detta società, non ha adempiuto «nessun[o]» degli obblighi formali cui era tenuto in materia di IVA.

41      A tale riguardo, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che l’imputato, per l’anno d’imposta 2010 – per il quale egli è sottoposto a un processo penale dinanzi a detto giudice –, non è stato in grado di esibire le scritture contabili, né i registri IVA per la società di cui è il legale rappresentante. Risulta inoltre che tale società non ha presentato alcuna dichiarazione IVA, pur avendo emesso delle fatture per un imponibile IVA di EUR 320 205, che essa non ha pagato l’IVA di cui era debitrice, che non ha osservato l’obbligo di registrazione delle fatture emesse e che non ha neppure osservato l’obbligo di registrazione delle fatture emesse da ditte terze nei suoi confronti e da essa pagate.

42      In tali circostanze, e tenuto conto di quanto è stato esposto dal giudice del rinvio e ricordato al punto 25 della presente sentenza, occorre considerare che, con la sua seconda questione, tale giudice chiede, in sostanza, se gli articoli 168, 178, 179, 193, 206, 242, 244, 250, 252 e 273 della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale permetta all’amministrazione finanziaria di negare a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’IVA, nel caso in cui sia accertato che tale soggetto ha violato la maggior parte degli obblighi formali che era tenuto ad assolvere per poter beneficiare del suddetto diritto.

43      A tale proposito, occorre sottolineare che il diritto spettante ai soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o assolta per i beni da essi acquistati e per i servizi da essi ricevuti a monte costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA creato dalla normativa dell’Unione (sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata, nonché del 13 febbraio 2014, Maks Pen, C-18/13, EU:C:2014:69, punto 23).

44      Come si è già chiarito, in sostanza, ai punti da 29 a 31 della presente sentenza, il diritto a detrazione previsto agli articoli da 167 a 192 della direttiva IVA, che è inteso a garantire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, purché queste siano, in linea di principio, a loro volta soggette all’IVA, non può, di massima, essere soggetto a limitazioni e va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte.

45      Così, secondo una giurisprudenza costante, il principio fondamentale della neutralità dell’IVA esige che la detrazione dell’IVA pagata a monte venga riconosciuta se sono soddisfatti i requisiti sostanziali, quand’anche taluni requisiti formali siano stati disattesi dal soggetto passivo (sentenze del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 62 e la giurisprudenza ivi citata, e del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean, C-183/14, EU:C:2015:454, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata).

46      Tuttavia, una diversa soluzione può imporsi qualora l’inosservanza di tali requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del soddisfacimento dei requisiti sostanziali (sentenze del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 71, e dell’11 dicembre 2014, Idexx Laboratories Italia, C-590/13, EU:C:2014:2429, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

47      A tal riguardo, si deve precisare che i requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, come quelli previsti nel capo 1 del titolo X della direttiva IVA, intitolato «Origine e portata del diritto a detrazione», mentre i requisiti formali del suddetto diritto disciplinano le modalità e il controllo dell’esercizio del diritto medesimo nonché il corretto funzionamento del sistema dell’IVA, come nel caso degli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2014, Idexx Laboratories Italia, C-590/13, EU:C:2014:2429, punti 41 e 42 e la giurisprudenza ivi citata).

48      Nello specifico, ai fini dell’applicazione dell’IVA e del suo controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, il titolo XI della direttiva IVA elenca alcuni obblighi cui sono tenuti, in particolare, i soggetti passivi debitori di tale imposta. In particolare, oltre all’obbligo di pagamento dell’IVA, risultante segnatamente dagli articoli 193 e 206 di detta direttiva, quest’ultima impone, all’articolo 242, la tenuta di una contabilità adeguata, all’articolo 244, l’obbligo di archiviazione di tutte le fatture e, agli articoli 250 e 252, la presentazione di una dichiarazione entro un termine stabilito.

49      Inoltre, ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, gli Stati membri possono stabilire altri obblighi che ritengano necessari per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e per evitare le evasioni. Tuttavia, le misure che gli Stati membri possono adottare in forza di detta disposizione non devono eccedere quanto è necessario per conseguire tali obiettivi. Esse non possono quindi essere utilizzate in modo tale da rimettere sistematicamente in questione il diritto alla detrazione dell’IVA e, dunque, la neutralità dell’IVA (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punto 66, e del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C-80/11 e C-142/11, EU:C:2012:373, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).

50      Ciò detto, la lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA e la Corte ha più volte dichiarato che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. Pertanto, è compito delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto viene invocato fraudolentemente o abusivamente (sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punti da 35 a 37 e la giurisprudenza ivi citata, nonché del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti e a., C-131/13, C-163/13 e C-164/13, EU:C:2014:2455, punti da 42 a 44 e la giurisprudenza ivi citata).

51      Tale ipotesi si realizza nel caso in cui un’evasione fiscale venga commessa in prima persona dal soggetto passivo (sentenze del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, EU:C:2012:774, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata, e del 13 febbraio 2014, Maks Pen, C-18/13, EU:C:2014:69, punto 27).

52      Poiché il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, incombe alle autorità fiscali competenti dimostrare in termini giuridicamente sufficienti il ricorrere degli elementi oggettivi che comprovano l’esistenza di un’evasione o di un abuso. Spetta poi ai giudici nazionali verificare se le autorità fiscali interessate abbiano dimostrato l’esistenza di siffatti elementi oggettivi (sentenza del 13 febbraio 2014, Maks Pen, C-18/13, EU:C:2014:69, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata).

53      Nel contesto di un procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la Corte non è competente a verificare e nemmeno a valutare le circostanze di fatto relative al procedimento principale. Spetta quindi al giudice del rinvio effettuare, conformemente alle regole nazionali in materia di prova, una valutazione globale di tutti gli elementi e di tutte le circostanze di fatto del giudizio dinanzi ad esso pendente, onde stabilire, alla luce degli elementi oggettivi fornitigli, se l’imputato di cui al procedimento principale abbia commesso un’evasione o un abuso siffatti (v., per analogia, sentenza del 13 febbraio 2014, Maks Pen, C-18/13, EU:C:2014:69, punto 30). Tuttavia, al fine di dare a detto giudice una soluzione utile, la Corte può, in uno spirito di cooperazione con i giudici nazionali, fornirgli tutte le indicazioni che essa reputi necessarie (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, AES-3C Maritza East 1, C-124/12, EU:C:2013:488, punto 42, e del 3 settembre 2014, GMAC UK, C-589/12, EU:C:2014:2131, punto 46).

54      Nel caso di specie, come già constatato al punto 41 della presente sentenza, risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che l’imputato di cui al procedimento principale, per l’anno d’imposta 2010, per il quale egli è sottoposto a un processo penale dinanzi al giudice del rinvio, non solo non ha rispettato l’obbligo di presentazione della dichiarazione IVA all’amministrazione e di pagamento dell’importo dell’imposta dovuto dalla società di cui è il legale rappresentante, ma non è stato neanche in grado di esibire le scritture contabili, né i registri IVA di tale società, e non ha neppure osservato l’obbligo di registrazione in ordine progressivo delle fatture emesse o pagate da quest’ultima, previsto dal diritto italiano.

55      Orbene, anche supponendo che tali inadempimenti ai suddetti obblighi formali che incombevano all’imputato nel procedimento principale, nella sua qualità di legale rappresentante della Del Ferro, ai fini dell’applicazione dell’IVA e del suo controllo da parte dell’amministrazione finanziaria non impediscano di fornire la prova certa del soddisfacimento dei requisiti sostanziali che danno diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte, è giocoforza constatare che, come rilevato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, simili circostanze possono dimostrare l’esistenza del caso più semplice di evasione fiscale, nel quale il soggetto passivo omette deliberatamente di rispettare gli obblighi formali che gli incombono allo scopo di sottrarsi al pagamento dell’imposta.

56      In particolare, l’omessa presentazione della dichiarazione IVA, così come la mancata tenuta di una contabilità, che permetterebbero l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, nonché l’omessa registrazione delle fatture emesse e pagate, sono idonee ad impedire l’esatta riscossione dell’imposta e sono dunque atte a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’IVA. Pertanto, il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di considerare simili violazioni alla stregua di un’evasione fiscale e di negare, in tal caso, il beneficio del diritto a detrazione (v., per analogia, sentenza del 7 dicembre 2010, R., C-285/09, EU:C:2010:742, punti 48 e 49).

57      A tale riguardo, occorre poi rilevare che, nel caso di specie, dalla decisione di rinvio emerge altresì che analoghi inadempimenti si sarebbero verificati nel corso di diversi anni d’imposta successivi. Benché questi ultimi anni d’imposta non siano apparentemente oggetto del procedimento principale, resta il fatto che si tratta di elementi fattuali che possono essere presi in considerazione dal giudice del rinvio nell’ambito della valutazione globale che egli è tenuto ad effettuare in conformità della giurisprudenza ricordata al punto 53 della presente sentenza.

58      Infine, occorre sottolineare che il diniego del diritto a detrazione in circostanze che denotano l’esistenza di un’evasione fiscale da parte di un soggetto passivo che pretende di beneficiare di tale diritto non può essere considerato contrario al principio di neutralità fiscale, in quanto quest’ultimo non può essere validamente invocato da un soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente ad un’evasione fiscale siffatta mettendo a repentaglio il funzionamento del sistema comune dell’IVA (v., per analogia, sentenza del 7 dicembre 2010, R., C-285/09, EU:C:2010:742, punti 51 e 54, nonché, in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2014, Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti e a., C-131/13, C-163/13 e C-164/13, EU:C:2014:2455, punto 48).

59      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che gli articoli 168, 178, 179, 193, 206, 242, 244, 250, 252 e 273 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale permetta all’amministrazione finanziaria di negare a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’IVA, nel caso in cui sia accertato che tale soggetto ha violato in maniera fraudolenta – circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare – la maggior parte degli obblighi formali che esso era tenuto ad assolvere per poter beneficiare del suddetto diritto.

 Sulle spese

60      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

1)      Gli articoli 167, 168, 178, l’articolo 179, primo comma, e gli articoli 180 e 182 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, la quale preveda un termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione, come quello controverso nel procedimento principale, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività, aspetto questo la cui verifica incombe al giudice del rinvio.

2)      Gli articoli 168, 178, 179, 193, 206, 242, 244, 250, 252 e 273 della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale permetta all’amministrazione finanziaria di negare a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, nel caso in cui sia accertato che tale soggetto ha violato in maniera fraudolenta – circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare – la maggior parte degli obblighi formali che esso era tenuto ad assolvere per poter beneficiare del suddetto diritto.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.