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SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

16 novembre 2017 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 12, paragrafi 1 e 2 – Articolo 135, paragrafo 1, lettera j) – Operazioni imponibili – Esenzione per le cessioni di fabbricati – Nozione di “prima occupazione” – Nozione di “trasformazione”»

Nella causa C-308/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), con decisione del 23 febbraio 2016, pervenuta in cancelleria il 30 maggio 2016, nel procedimento

Kozuba Premium Selection sp. z o.o.

contro

Dyrektor Izby Skarbowej w Warszawie,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Rosas, C. Toader (relatore), A. Prechal e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona,

cancelliere: A. Calot Escobar,

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da R. Lyal e M. Owsiany-Hornung, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 luglio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafi 1 e 2, e dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Kozuba Premium Selection sp. z o.o. (in prosieguo: la «Kozuba») e il Dyrektor Izby Skarbowej w Warszawie (direttore dell’amministrazione finanziaria di Varsavia, Polonia, in prosieguo: il «Direttore»), con riguardo all’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto (IVA) di un’operazione di vendita di un fabbricato che era stato utilizzato dal proprietario a fini personali ed era stato oggetto di lavori di ammodernamento precedentemente a detta vendita.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

I considerando 7 e 35 della direttiva IVA così recitano:

«7.

Il sistema comune d’IVA dovrebbe portare, anche se le aliquote e le esenzioni non sono completamente armonizzate, ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza nel senso che, nel territorio di ciascuno Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione.

35.

È opportuno redigere un elenco comune di esenzioni per una percezione paragonabile delle risorse proprie in tutti gli Stati membri».

4

L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA stabilisce quanto segue:

«Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

a)

le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

(…)».

5

L’articolo 9, paragrafo 1, della citata direttiva stabilisce quanto segue:

«Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».

6

Ai sensi dell’articolo 12, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva:

«1.   Gli Stati membri possono considerare soggetto passivo chiunque effettui, a titolo occasionale, un’operazione relativa alle attività di cui all’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, e in particolare una delle operazioni seguenti:

a)

la cessione, effettuata anteriormente alla prima occupazione, di un fabbricato o di una frazione di fabbricato e del suolo pertinente;

b)

la cessione di un terreno edificabile.

2.   Ai fini del paragrafo 1, lettera a), si considera “fabbricato” qualsiasi costruzione incorporata al suolo.

Gli Stati membri possono determinare le modalità di applicazione del criterio di cui al paragrafo 1, lettera a), alla trasformazione di edifici, nonché il concetto di suolo pertinente.

Gli Stati membri possono applicare criteri diversi dalla prima occupazione, quali il criterio del periodo che intercorre tra la data di completamento dell’edificio e la data di prima cessione, oppure quello del periodo che intercorre tra la data di prima occupazione e la data della successiva cessione, purché tali periodi non superino rispettivamente cinque e due anni».

7

A termini dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IVA, si considera «cessione di beni» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario.

8

L’articolo 135, paragrafo 1, di detta direttiva, ricompreso nel suo capo 3, rubricato «Esenzioni a favore di altre attività», dispone quanto segue:

«Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

(…)

j)

le cessioni di fabbricati o di una frazione di fabbricato e del suolo ad essi pertinente, diversi da quelli di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a);

(…)».

Diritto polacco

9

L’articolo 2, punto 14, dell’ustawa o podatku od towarów i usług (legge relativa all’imposta sui beni e sui servizi), dell’11 marzo 2004 (Dz. U. n. 54, posizione 535), come modificata (in prosieguo: la «legge sull’IVA»), dispone come segue:

«Ai fini delle seguenti disposizioni, si considera

(…)

“prima occupazione”: la consegna in uso, in esecuzione di operazioni imponibili, al primo acquirente o utilizzatore di un fabbricato, di un edificio o di una parte di essi, dopo:

a)

la loro costruzione o

b)

il loro miglioramento, se le spese sostenute per il miglioramento, ai sensi dell’imposta sul reddito, rappresentino almeno il 30% del valore iniziale;

(…)».

10

L’articolo 43, paragrafo 1, punti 10 e 10a, e paragrafo 7a, di detta legge così recita:

«1.   Sono esentati da imposta:

(…)

10.

la cessione di fabbricati, di edifici o di una parte di essi, salvo che:

a)

la cessione venga effettuata nell’ambito della prima occupazione o anteriormente ad essa,

b)

tra la prima occupazione e la cessione di un fabbricato, di un edificio o di una parte di essi sia decorso un periodo inferiore a due anni;

10a.

le cessioni di fabbricati, di edifici o di una parte di essi escluse dal beneficio dell’esenzione prevista al punto 10, a condizione che:

a)

in relazione a tali opere colui che effettua la loro cessione non aveva il diritto alla detrazione dell’imposta versata a monte,

b)

colui che effettua la loro cessione non ha sostenuto le spese per il loro miglioramento in relazione alle quali avrebbe diritto alla detrazione dell’imposta versata a monte o, nel caso in cui abbia sostenuto dette spese, il loro importo era inferiore al 30% del valore iniziale delle opere in questione;

(…)

7a.   La condizione di cui al paragrafo 1, punto 10a, lettera b), non si applica qualora i fabbricati, gli edifici o una parte di essi, con i miglioramenti apportati, siano stati utilizzati dal soggetto passivo per operazioni imponibili per almeno cinque anni».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

11

Il 17 settembre 2005 la Poltrex Sp. z o.o., società stabilita in Polonia la cui denominazione è stata successivamente modificata in Kozuba, decideva di aumentare il proprio capitale sociale. In pari data, un socio conferiva alla società un fabbricato residenziale situato nella località di Jabłonka (Polonia) (in prosieguo: il «fabbricato in oggetto»), costruito nel 1992.

12

Nel 2006, il fabbricato in oggetto veniva adattato alle finalità dell’attività economica esercitata dalla Kozuba, con il consenso di quest’ultima a un investimento a tal fine pari a circa il 55% del valore iniziale del bene. In esito alla conclusione dei lavori, il fabbricato in oggetto veniva iscritto, il 31 luglio 2007, come bene durevole distinto nel registro dei beni durevoli, con la rubrica «abitazione modello», in cui è rimasto sino alla data della sua vendita a un terzo, il 15 gennaio 2009.

13

Trattandosi di un fabbricato usato, la Kozuba ha ritenuto che la vendita fosse esente da IVA e non ha dichiarato nella sua dichiarazione relativa all’IVA il beneficio generato dalla vendita stessa per il primo trimestre del 2009.

14

Con decisione del 12 aprile 2013, il Dyrektor Urzędu Kontroli Skarbowej (direttore dell’Ufficio del controllo fiscale, Polonia) ritenendo che la Kozuba avesse infondatamente escluso, nella sua dichiarazione IVA per il primo trimestre del 2009, il beneficio generato dalla vendita del fabbricato in oggetto, determinava l’importo dell’imposta della Kozuba relativamente all’IVA per questo periodo aggiungendovi l’importo della vendita del fabbricato stesso.

15

Il 17 maggio 2013, la Kozuba ricorreva avverso tale decisione dinanzi al Direttore.

16

Con decisione del 30 luglio 2013, quest’ultimo confermava la decisione del direttore dell’Ufficio del controllo fiscale. Al pari di quest’ultimo, il Direttore sosteneva infatti che, benché il fabbricato in oggetto, a seguito dei miglioramenti apportati, fosse stato destinato, sotto il profilo contabile, alle attività proprie della società a far data dal 31 luglio 2007, tale destinazione non aveva tuttavia generato, a partire da tale data, operazioni imponibili. Conseguentemente, da una parte, la «prima occupazione» del fabbricato in oggetto, dopo i miglioramenti apportati, doveva essere fissata non alla data del 31 luglio 2007, bensì al 15 gennaio 2009, ove quest’ultima data corrispondeva a quella della prima operazione imponibile alla quale il fabbricato in oggetto aveva dato luogo successivamente a tali miglioramenti, vale a dire la sua vendita e, dall’altra, la Kozuba non poteva pretendere l’esenzione prevista dall’articolo 43, paragrafo 1, punto 10, della legge sull’IVA, dato che tale vendita era stata effettuata nel contesto della prima occupazione del fabbricato in oggetto.

17

La Kozuba proponeva ricorso avverso questa decisione del Direttore dinanzi al Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del Voivodato di Varsavia, Polonia), il quale, con sentenza del 22 maggio 2014, annullava detta decisione per motivi di ordine processuale. Tuttavia, detto giudice confermava la fondatezza del punto di vista dell’amministrazione finanziaria.

18

La Kozuba impugnava tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

19

Nella decisione di rinvio, detto giudice precisa che la trasposizione dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva IVA nel diritto polacco solleva dubbi quanto alla conformità con la direttiva IVA della nozione di «prima occupazione», definita dall’articolo 2, punto 14, della legge sull’IVA, e utilizzata all’articolo 43, paragrafo 1, punto 10, di questa stessa legge.

20

Al riguardo, detto giudice sottolinea che occorre chiarire se la nozione di «prima occupazione» di un fabbricato, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva IVA, vada intesa nel senso che la prima occupazione debba verificarsi nel contesto di un’operazione imponibile.

21

Il giudice del rinvio nutre dubbi anche in ordine alla condizione di cui all’articolo 2, punto 14, della legge sull’IVA, secondo cui, nell’ipotesi di miglioramento di un fabbricato, l’esenzione dall’IVA è possibile solo se le spese originate da detti lavori di miglioramento sono di importo inferiore al 30% del valore iniziale del fabbricato in oggetto. In tal senso, la legge polacca assimila qualsivoglia miglioramento di un fabbricato che generi un valore aggiunto pari o superiore a tale tetto a una trasformazione ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva IVA tale da dar luogo ad una «nuova prima occupazione», il che giustificherebbe un nuovo assoggettamento a IVA.

22

In tale contesto, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva [2006/112] debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale (articolo 43, paragrafo 1, punto 10, della [legge sull’IVA]) (…), ai sensi della quale è esente dall’IVA la cessione di fabbricati, di edifici o di parte di essi, salvo che:

a)

la cessione venga effettuata nell’ambito della prima occupazione o anteriormente ad essa,

b)

tra la prima occupazione e la cessione di un fabbricato, di un edificio o di una parte di essi sia decorso un periodo inferiore a due anni,

relativamente alla parte in cui l’articolo 2, punto 14, della legge sull’IVA stabilisce che per prima occupazione si intende la consegna in uso, in esecuzione di operazioni imponibili, al primo acquirente o utilizzatore, di un fabbricato, di un edificio o di una parte di essi, dopo:

a)

la loro costruzione o

b)

il loro miglioramento, se le spese sostenute per il miglioramento, ai sensi dell’imposta sul reddito, rappresentino almeno il 30% del valore iniziale».

Sulla questione pregiudiziale

23

Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, che subordina l’esenzione dall’IVA delle cessioni di fabbricati alla duplice condizione che l’operazione non riguardi una cessione effettuata nel contesto di una prima occupazione verificatasi nell’esercizio di un’operazione imponibile e che, nell’ipotesi di miglioramento di un fabbricato esistente, le spese sostenute a tal fine siano inferiori al 30% del suo valore iniziale.

24

Occorre anzitutto ricordare che la direttiva IVA prevede un sistema comune dell’IVA basato, in particolare, su una definizione uniforme delle operazioni imponibili (sentenza dell’11 maggio 2017, Posnania Investment, C-36/16, EU:C:2017:361, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

25

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva, sono soggette all’IVA le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

26

A norma dell’articolo 9, paragrafo 1, della stessa direttiva, si considera «soggetto passivo» chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Si considera, in particolare, «attività economica» lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità.

27

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle conclusioni, la direttiva IVA tiene in tal modo in considerazione la professionalità e la stabilità nello svolgimento di attività economiche come criteri generali per conferire a chi esercita dette attività la qualità di soggetto passivo dell’IVA. Tuttavia, tali criteri vengono ampliati in relazione alle operazioni immobiliari, poiché la direttiva IVA, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), consente agli Stati membri di considerare parimenti come soggetto passivo chiunque effettui a titolo occasionale la cessione, effettuata anteriormente alla prima occupazione, di un fabbricato o di una frazione di fabbricato e del suolo pertinente.

28

L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IVA definisce «cessione di beni» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario.

29

Quanto all’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva IVA, esso prevede un’esenzione dall’IVA a beneficio delle cessioni di fabbricati diverse da quelle di cui al suo articolo 12, paragrafo 1, lettera a).

30

L’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva si applica alla cessione di un fabbricato o di una frazione di fabbricato e del suolo pertinente, effettuata anteriormente alla prima occupazione. Tali disposizioni, pertanto, nel loro combinato disposto, operano una distinzione tra i vecchi e i nuovi fabbricati, ove la vendita di un vecchio fabbricato, in linea di principio, non è assoggettata a IVA (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2012, J.J. Komen en Zonen Beheer Heerhugowaard, C-326/11, EU:C:2012:461, punto 21).

31

La ratio legis di tali disposizioni è l’assenza relativa di valore aggiunto generato dalla vendita di un vecchio fabbricato. Infatti, sebbene rientri nella nozione di «attività economica» ai sensi dell’articolo 9 della direttiva IVA, la vendita di un fabbricato successiva alla sua prima cessione a un consumatore finale, che segna la fine del processo di produzione, non produce un valore aggiunto significativo e deve quindi, in linea di principio, essere esente da imposta (v., in tal senso, sentenza del4 ottobre 2001, Goed Wonen, C-326/99, EU:C:2001:506, punto 52).

32

L’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva IVA conferma del pari che è il valore aggiunto a determinare l’assoggettamento della cessione di un fabbricato all’IVA, dal momento che abilita gli Stati membri a definire le modalità di applicazione del criterio indicato al paragrafo 1, lettera a), di questo stesso articolo – vale a dire quello della «prima occupazione» – alle trasformazioni di beni immobili. In tal modo, la direttiva IVA apre la strada alla tassazione di cessioni di fabbricati che sono stati oggetto di una trasformazione, in quanto quest’ultima operazione conferisce al fabbricato in oggetto un valore aggiunto, al pari della sua costruzione iniziale.

33

Nella specie, il fabbricato in oggetto è stato costruito nel 1992 e la relativa operazione di vendita verificatasi nel 2009, oggetto del procedimento principale, poteva, in linea di principio, essere esentata dall’IVA. Di contro, detto fabbricato è stato oggetto di un ammodernamento dopo essere stato integrato nel patrimonio della Kozuba, sollevando in tal modo la possibilità del suo assoggettamento a IVA, in quanto detti lavori di ammodernamento hanno generato un valore aggiunto.

34

La normativa oggetto del procedimento principale, vale a dire l’articolo 2, punto 14, della legge sull’IVA, definisce la «prima occupazione» come la consegna in uso, in esecuzione di operazioni imponibili, al primo acquirente o utilizzatore, di un fabbricato, di un edificio o di una parte di essi, dopo la loro costruzione o il loro miglioramento, se le spese sostenute a tal fine rappresentano almeno il 30% del valore iniziale.

35

Il legislatore polacco, pertanto, da una parte, ha escluso da detta esenzione, associando la nozione di «prima occupazione» all’esercizio di un’operazione imponibile, le occupazioni che non generano operazioni imponibili, con la conseguenza che l’esenzione prevista dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva IVA non è applicabile al trasferimento di un fabbricato esistente che è stato oggetto di uso, come nel procedimento principale, da parte del suo proprietario per le proprie esigenze commerciali, argomentando che tale uso non può essere qualificato come «prima occupazione» in assenza di una siffatta operazione imponibile. D’altra parte, avendo esteso il criterio della «prima occupazione» alle trasformazioni di immobili, ha fissato un criterio quantitativo secondo il quale i costi di una siffatta trasformazione devono essere pari a una determinata percentuale del valore iniziale del fabbricato in oggetto, vale a dire, nella specie, devono essere inferiori al 30% di tale valore, per assoggettare all’IVA la sua vendita.

36

In questo contesto, occorre esaminare se l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva IVA, ostino a una siffatta normativa nazionale.

37

Per quanto riguarda, in primo luogo, la nozione di «prima occupazione», occorre osservare che essa figura all’articolo 12 della direttiva IVA, senza tuttavia esservi definita.

38

Secondo costante giurisprudenza della Corte, ai termini di una disposizione di diritto dell’Unione che non contiene alcun espresso rinvio al diritto degli Stati membri deve di regola essere data un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 13 ottobre 2016, Mikołajczyk, C-294/15, EU:C:2016:772, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

39

Occorre parimenti ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’articolo 135, paragrafo 1, della direttiva IVA devono essere interpretati restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni cessione di beni e per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (sentenza del 19 novembre 2009, Don Bosco Onroerend Goed, C-461/08, EU:C:2009:722, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

40

Tuttavia, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti da dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune dell’IVA. Pertanto, tale regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per definire le esenzioni di cui al suddetto articolo debbano essere interpretati in un modo che privi tali esenzioni dei loro effetti (sentenza del 19 novembre 2009, Don Bosco Onroerend Goed, C-461/08, EU:C:2009:722, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

41

Come risulta, anzitutto, dai lavori preparatori della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1), che continuano ad essere pertinenti ai fini dell’interpretazione della direttiva IVA, nel contesto delle esenzioni previste dal suo articolo 135, paragrafo 1, lettera j), il criterio della «prima occupazione» di un fabbricato va inteso come corrispondente a quello del primo uso del bene da parte del suo proprietario o del suo locatario. In detti lavori preparatori si precisa che questo criterio è stato considerato determinante nel momento in cui il prodotto può uscire dalla catena di produzione per entrare nel settore del consumo. Tuttavia, da questa analisi storica non risulta che l’uso del bene da parte del suo proprietario debba aver luogo nel contesto di un’operazione imponibile.

42

Inoltre, per quanto riguarda il contesto nel quale si iscrive detta disposizione, occorre rilevare che, come indica il considerando 7 della direttiva IVA, il sistema comune dell’IVA dovrebbe realizzare, ancorché le aliquote e le esenzioni non siano completamente armonizzate, una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza, nel senso che, nel territorio di ogni Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione. A ciò si aggiunge che dal considerando 35 della stessa direttiva risulta che occorre redigere un elenco comune di esenzioni per una percezione paragonabile delle risorse proprie in tutti gli Stati membri.

43

Ne consegue che il principio della neutralità fiscale, che costituisce la traduzione, da parte del legislatore dell’Unione, in materia di IVA, del principio generale della parità di trattamento (sentenze del 10 aprile 2008, Marks & Spencer, C-309/06, EU:C:2008:211, punto 49, e del 14 giugno 2017, Compass Contract Services, C-38/16, EU:C:2017:454, punto 21), osta a che il sistema delle esenzioni fiscali, quale trasposto nelle normative nazionali, sia applicabile in modo diverso da uno Stato membro all’altro.

44

Infine, le esenzioni dall’IVA hanno lo scopo di consentire una riscossione paragonabile delle risorse proprie dell’Unione in tutti gli Stati membri. Ne risulta che, anche se l’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva IVA, letto in combinato disposto con l’articolo 12 di questa stessa direttiva, al quale esso fa riferimento, rinvia alle condizioni di esenzione stabilite dagli Stati membri, le esenzioni previste da tale disposizione devono corrispondere a nozioni autonome di diritto dell’Unione affinché sia possibile determinare la base imponibile dell’IVA in maniera uniforme e secondo norme comuni (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2001, Goed Wonen, C-326/99, EU:C:2001:506, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

45

Ne risulta, in particolare, che se è pur vero che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva IVA abilita gli Stati membri a definire le modalità di applicazione, alle trasformazioni di immobili, del criterio di cui al paragrafo 1, lettera a), dello stesso articolo, per quanto riguarda, segnatamente, la cessione di un fabbricato effettuata anteriormente alla sua prima occupazione, tale disposizione non può tuttavia essere interpretata nel senso che gli Stati membri godono di un margine che consente loro di modificare la nozione stessa di «prima occupazione» nelle loro normative nazionali, salvo vanificare l’effetto utile di detta esenzione.

46

Da un’analisi letterale dell’articolo 12 e dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva IVA, unita all’esame del contesto e delle finalità perseguite dalla direttiva stessa, risulta pertanto che essa non conferisce agli Stati membri la facoltà di condizionare o di limitare le esenzioni ivi previste.

47

Ne consegue che gli Stati membri non sono autorizzati, segnatamente, a subordinare l’esenzione dall’IVA in materia di cessioni di fabbricati effettuate successivamente alla loro prima occupazione alla condizione, non prevista dalla direttiva IVA, che detta prima occupazione si sia verificata nel contesto di un’operazione imponibile.

48

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la possibilità, per gli Stati membri, di definire, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva IVA, le modalità di applicazione del criterio della «prima occupazione» di cui al paragrafo 1, lettera a), dello stesso articolo, alle trasformazioni di immobili, si deve osservare che l’imposizione di un criterio quantitativo, secondo il quale i costi di una siffatta trasformazione devono essere pari a una determinata percentuale del valore iniziale del fabbricato in oggetto, vale a dire, nella specie, almeno il 30% di tale valore, per comportare l’assoggettamento all’IVA, costituisce un’attuazione di siffatta possibilità.

49

Nella specie, risulta dalla decisione di rinvio che il fabbricato in oggetto era un bene immobile che era stato oggetto di una ristrutturazione il cui costo ha ecceduto il 30% del suo valore iniziale.

50

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle conclusioni, occorre, di conseguenza, precisare il contenuto della nozione di «trasformazione», di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva IVA, da un punto di vista qualitativo.

51

A tal riguardo, occorre rilevare che la direttiva IVA non definisce la nozione di «trasformazione».

52

Un termine siffatto, pur non essendo univoco, ciò che trova conferma nelle diverse versioni linguistiche, tra cui quella di «conversions» in lingua inglese, «Umbauten» in lingua tedesca, «transformări» in lingua rumena, e «przebudowa» in lingua polacca, suggerisce quantomeno che il fabbricato in oggetto debba aver subito modifiche sostanziali intese a modificarne l’uso o a cambiare in misura considerevole le sue condizioni di occupazione.

53

Tale interpretazione della nozione di «trasformazione» è corroborata dalla giurisprudenza della Corte secondo la quale è esentata dall’IVA un’operazione di cessione di un bene immobile composto da un terreno e da un vecchio fabbricato in corso di trasformazione in un fabbricato nuovo quando al momento di detta cessione il vecchio fabbricato era stato demolito solo in parte ed era, almeno parzialmente, ancora utilizzato in quanto tale (sentenza del 12 luglio 2012, J.J. Komen en Zonen Beheer Heerhugowaard, C-326/11, EU:C:2012:461, punto 39).

54

Pertanto, la nozione di «trasformazione» copre, segnatamente, l’ipotesi nella quale siano stati effettuati lavori completi o ad uno stadio sufficientemente avanzato, in esito ai quali il fabbricato in oggetto sarà destinato ad essere utilizzato ad altri fini.

55

L’interpretazione della nozione di «trasformazione» di cui al punto 52 della presente sentenza si inscrive, peraltro, nell’obiettivo della direttiva IVA, segnatamente l’imponibilità di un’operazione intesa da aumentare il valore del bene in oggetto. Per i nuovi fabbricati, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 71 e 72 delle conclusioni, tale valore aggiunto risulta da un lavoro di costruzione, che comporta una modifica sostanziale della realtà materiale, in ragione del passaggio da un bene immobile non costruito, o da un terreno non abitabile, a un fabbricato abitabile. Per i vecchi fabbricati, tale valore aggiunto si produce quando ha luogo una trasformazione sostanziale, sicché il vecchio fabbricato in oggetto può essere assimilato a un nuovo fabbricato.

56

Nella specie, si deve rilevare che la nozione di «trasformazione» di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva IVA, è stata trasposta nel diritto polacco all’articolo 2, punto 14, della legge sull’IVA, facendo ricorso a quella di «miglioramento».

57

Tuttavia, purché quest’ultimo termine sia interpretato dai giudici nazionali come sinonimo di quello di «trasformazione» nel senso precisato supra al punto 52 della presente sentenza, la differenza terminologica così rilevata non è tale, di per sé, da comportare un’incompatibilità della legge sull’IVA con la direttiva IVA.

58

Nella specie, le spese sostenute per il «miglioramento» del fabbricato in oggetto sono pari al 55% del suo valore iniziale. Anche se una tale percentuale suggerisce, a priori, che le modifiche apportate al fabbricato abbiano potuto, per la loro portata, contribuire a cambiarne considerevolmente le condizioni di occupazione, spetta tuttavia al giudice nazionale valutare, sulla base degli elementi di prova di cui dispone, in qual misura il «miglioramento» oggetto del procedimento principale abbia comportato una modifica sostanziale di questo fabbricato, nel senso precisato al punto 52 della presente sentenza.

59

Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla questione posta affermando che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva IVA vanno interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, che subordina l’esenzione dall’IVA con riguardo alle cessioni di fabbricati alla condizione che la loro prima occupazione si sia verificata nel contesto di un’operazione imponibile. Queste stesse disposizioni vanno interpretate nel senso che non ostano a che una siffatta normativa nazionale subordini detta esenzione alla condizione che, nell’ipotesi di «miglioramento» di un fabbricato esistente, le spese sostenute non siano state superiori al 30% del suo valore iniziale, a condizione che detta nozione di «miglioramento» sia interpretata nello stesso modo di quella di «trasformazione» di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva IVA, vale a dire nel senso che il fabbricato in oggetto deve aver subito modifiche sostanziali destinate a modificarne l’uso o a cambiarne considerevolmente le condizioni di occupazione.

Sulle spese

60

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto vanno interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, che subordina l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto con riguardo alle cessioni di fabbricati alla condizione che la loro prima occupazione si sia verificata nel contesto di un’operazione imponibile. Queste stesse disposizioni vanno interpretate nel senso che non ostano a che una siffatta normativa nazionale subordini detta esenzione alla condizione che, nell’ipotesi di «miglioramento» di un fabbricato esistente, le spese sostenute non siano state superiori al 30% del suo valore iniziale, a condizione che detta nozione di «miglioramento» sia interpretata nello stesso modo di quella di «trasformazione» di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2006/112, vale a dire nel senso che il fabbricato in oggetto deve aver subito modifiche sostanziali destinate a modificarne l’uso o a cambiarne considerevolmente le condizioni di occupazione.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.