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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

22 marzo 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità diretta – Libertà di stabilimento – Fusioni, scissioni, conferimenti di attivo e scambi di azioni concernenti società di Stati diversi – Direttiva 90/434/CEE – Articolo 8 – Operazione di scambio di titoli – Plusvalenze relative a tale operazione – Differimento di imposta – Minusvalenze al momento della successiva cessione dei titoli ricevuti – Potere impositivo dello Stato di residenza – Differenza di trattamento – Giustificazione – Mantenimento della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri»

Nelle cause riunite C-327/16 e C-421/16,

aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisioni del 31 maggio 2016 e del 19 luglio 2016, pervenute in cancelleria, rispettivamente, il 10 giugno 2016 e il 28 luglio 2016, nei procedimenti

Marc Jacob

contro

Ministre des Finances et des Comptes publics (C-327/16),

e

Ministre des Finances et des Comptes publics

contro

Marc Lassus (C-421/16),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Prima Sezione, C.G. Fernlund (relatore), A. Arabadjiev ed E. Regan, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 settembre 2017,

considerate le osservazioni presentate:

–        per M. Jacob, da E. Ginter e J. Bellet, avocats;

–        per il governo francese, da D. Colas, E. de Moustier e S. Ghiandoni, in qualità di agenti;

–        per il governo austriaco, da G. Eberhard, in qualità di agente;

–        per il governo finlandese, da J. Heliskoski, in qualità di agente;

–        per il governo svedese, da A. Falk, C. Meyer-Seitz, U. Persson, N. Otte Widgren, H. Shev e F. Bergius, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da N. Gossement e W. Roels, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 novembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 8 della direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi (GU 1990, L 225, pag. 1), come modificata dall’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (GU 1994, C 241, pag. 21), adattato con decisione 95/1/CE, Euratom, CECA del Consiglio dell’Unione europea, del 1° gennaio 1995 (GU 1995, L 1, pag. 1) (in prosieguo, la «direttiva fusioni»), e dell’articolo 49 TFUE.

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra il sig. Marc Jacob e il ministre des Finances et des Comptes publics (Ministro delle Finanze e del Bilancio) (in prosieguo, l’«amministrazione fiscale») e tra l’amministrazione fiscale e il sig. Marc Lassus, in merito ad alcune decisioni dell’amministrazione fiscale di assoggettare a imposta le plusvalenze derivanti da un’operazione di scambio di titoli in occasione della successiva cessione dei titoli ricevuti.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        Il primo, il quarto e l’ottavo considerando della direttiva fusioni prevedono quanto segue:

«(...) Le fusioni, le scissioni, i conferimenti d’attivo e gli scambi d’azioni che interessano società di Stati membri diversi possono essere necessari per porre in essere nella Comunità condizioni analoghe a quelle di un mercato interno e per garantire in tal modo l’instaurazione ed il buon funzionamento del mercato comune; tali operazioni non devono essere intralciate da restrizioni, svantaggi e distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri; occorre quindi istituire per queste operazioni regole fiscali neutre nei riguardi della concorrenza, per consentire alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di migliorare la loro produttività e di rafforzare la loro posizione competitiva sul piano internazionale;

(...)

(...) il regime fiscale comune deve evitare un’imposizione all’atto di una fusione, di una scissione, di un conferimento d’attivo o di uno scambio di azioni, pur tutelando gli interessi finanziari dello Stato cui appartiene la società conferente o acquisita;

(...)

(...) l’attribuzione ai soci della società conferente di titoli della società beneficiaria o acquirente non deve di per se stessa dar luogo ad una qualsiasi imposizione dei soci medesimi».

4        Ai sensi dell’articolo 1 di tale direttiva, «[o]gni Stato membro applica la presente direttiva alle operazioni di fusioni, scissioni, conferimenti d’attivo e scambi di azioni riguardanti società di due o più Stati membri».

5        L’articolo 2 della direttiva fusioni prevede quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si deve intendere per:

(...)

d)      scambio di azioni: l’operazione mediante la quale una società acquista nel capitale sociale di un’altra società una partecipazione il cui effetto sia quello di conferirle la maggioranza dei diritti di voto di questa società, mediante l’attribuzione ai soci dell’altra società, in cambio dei loro titoli, di titoli rappresentativi del capitale sociale della prima società e eventualmente di un saldo in contanti che non superi il 10% del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile dei titoli consegnati in cambio;

(...)

g)      società acquistata: la società in cui un’altra società acquista una partecipazione mediante scambio di titoli;

h)      società acquirente: la società che acquista una partecipazione mediante scambio di titoli;

(...)».      

6        L’articolo 3 della direttiva fusioni prevede che:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva il termine “società di uno Stato membro” designa qualsiasi società:

a)      che abbia una delle forme enumerate nell’allegato;

b)      che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori della Comunità;

c)      che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle seguenti imposte:

(...)

–        impôt sur les sociétés in Francia,

(...)

–        impôt sur le revenu des collectivités nel Lussemburgo,

(...)

o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate».

7        L’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della direttiva fusioni così recita:

«1.       L’assegnazione, in occasione di una fusione, scissione o scambio di azioni, di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria o acquirente ad un socio della società conferente o acquistata, in cambio di titoli rappresentativi del capitale sociale di quest’ultima società, non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze di questo socio.

2.       Gli Stati membri subordinano l’applicazione del paragrafo 1 alla condizione che il socio non assegni ai titoli ricevuti in cambio un valore fiscale superiore a quello che i titoli scambiati avevano immediatamente prima della fusione, della scissione o dello scambio di azioni.

L’applicazione del paragrafo 1 non impedisce agli Stati membri di tassare il profitto risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti allo stesso modo del profitto risultante dalla cessione dei titoli esistenti prima dell’acquisto.

(...)».

 Diritto derivante da accordi

8        L’articolo 18 della convenzione tra la Francia e il Belgio, firmata a Bruxelles il 10 marzo 1964, volta a evitare la doppia imposizione e a stabilire norme di assistenza amministrativa e giuridica reciproca in materia di imposte sui redditi, prevede quanto segue:

«Se non diversamente disposto nei precedenti articoli della presente convenzione, i redditi dei residenti di uno degli Stati contraenti sono imponibili solo in tale Stato».

9        L’articolo 13, paragrafi 3 e 4, della convenzione tra il governo della Repubblica francese e il governo del Regno Unito di Gran Bretagna e d’Irlanda del Nord, firmata a Londra il 22 maggio 1968, volta a evitare la doppia imposizione e a prevenire l’evasione fiscale nel settore delle imposte sul reddito (in prosieguo: la «convenzione franco-britannica»), così recita:

«3.       I profitti ottenuti dall’alienazione di qualsiasi altro bene non contemplato ai paragrafi 1 e 2 sono imponibili solo nello Stato contraente in cui risiede il cedente.

4.      In deroga alle disposizioni del paragrafo 3, i profitti ottenuti da una persona fisica che risieda in uno Stato contraente al momento dell’alienazione di più del 25% delle quote detenute, individualmente o con persone collegate, direttamente o indirettamente, in una società avente sede nell’altro Stato contraente sono imponibili in tale altro Stato. Le disposizioni del presente paragrafo si applicano solo qualora:

a)      la persona fisica abbia la cittadinanza dell’altro Stato contraente senza avere la cittadinanza del primo Stato contraente; e

b)      la persona fisica sia stata residente nell’altro Stato contraente per un qualsivoglia periodo nel corso dei cinque anni immediatamente precedenti l’alienazione delle quote.

Le disposizioni di questo paragrafo si applicano altresì ai profitti derivanti dall’alienazione di altri diritti societari di una tale società i quali, ai fini dell’imposizione dei profitti in conto capitale, siano sottoposti dalla legislazione di tale altro Stato contraente allo stesso regime dei profitti derivanti dall’alienazione delle quote».

 Diritto francese

10      L’articolo 92 B, paragrafo II, punto 1, del code général des impôts (codice generale delle imposte; in prosieguo: il «CGI»), nella sua versione applicabile alle plusvalenze collocate in differimento di imposta al 1° gennaio 2000, prevede quanto segue:

«A decorrere dal 1° gennaio 1992 o dal 1° gennaio 1991 per i conferimenti di titoli a una società soggetta all’imposta sulle società, l’imposizione della plusvalenza realizzata in caso di scambio di titoli derivante da un’operazione di offerta pubblica, di fusione, di scissione, di assorbimento di un fondo comune d’investimento ad opera di una società d’investimento a capitale variabile realizzata in conformità alla disciplina vigente ovvero da un conferimento di titoli ad una società soggetta all’imposta sulle società, può essere differita al momento in cui sarà effettuata la cessione o il riacquisto dei titoli ricevuti all’atto dello scambio (...)».

11      L’articolo 160, paragrafi I e I ter, del CGI, nella sua versione applicabile all’epoca dei fatti di cui ai procedimenti principali, enuncia che:

«I. (...) L’imposizione della plusvalenza così realizzata è subordinata alla sola condizione che i diritti detenuti direttamente o indirettamente sugli utili societari dal cedente o dal suo coniuge, dai loro ascendenti o discendenti, abbiano superato complessivamente il 25% degli utili stessi in un momento qualsiasi nel corso degli ultimi cinque anni. Tuttavia, qualora sia consentita la cessione a favore di uno dei soggetti indicati nel presente comma, la plusvalenza è esente da imposta se i suddetti diritti societari non vengono rivenduti totalmente o in parte ad un terzo nel periodo di cinque anni. In caso contrario, la plusvalenza è assoggettata a imposta a nome del primo cedente a titolo dell’anno in cui è stata effettuata la cessione dei diritti al terzo.

(...)

Le minusvalenze subite nel corso di un anno sono compensabili esclusivamente con le plusvalenze della stessa natura realizzate nel corso del medesimo anno o dei cinque anni successivi».

(...)

I ter. (...) 4. L’imposizione della plusvalenza realizzata a partire dal 1° gennaio 1991 in caso di scambio di diritti societari derivante da un’operazione di fusione, di scissione, di conferimento di titoli a una società soggetta all’imposta sulle società può essere differita alle condizioni previste dal punto II dell’articolo 92 B (...)».

12      Ai sensi dell’articolo 164 B, paragrafo I, lettera f), di tale codice, nella versione applicabile nel 1999, sono considerati redditi di origine francese «le plusvalenze menzionate all’articolo 160 e derivanti dalla cessione di diritti relativi a società aventi sede in Francia».

13      L’articolo 244 bis B del CGI, nella sua versione applicabile alla data della cessione dei titoli nel 1999, prevedeva quanto segue:

«I proventi delle cessioni di titoli societari menzionati all’articolo 160, realizzate da persone fisiche non fiscalmente domiciliate in Francia ai sensi dell’articolo 4 B ovvero da persone giuridiche o enti, in qualunque forma, aventi la loro sede sociale al di fuori della Francia, sono accertati e assoggettati a imposta con le modalità previste dall’articolo 160».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 La causa C-327/16

14      Il 23 dicembre 1996, il sig. Jacob, avente residenza fiscale in Francia, ha conferito alcuni titoli che deteneva in una società di diritto francese a un’altra società di diritto francese, in cambio di titoli di quest’ultima. Conformemente alla normativa fiscale applicabile alla data dei fatti, la plusvalenza realizzata in occasione di tale operazione di scambio di titoli è stata collocata in differimento di imposta.

15      Il 1° ottobre 2004, il sig. Jacob ha trasferito la sua residenza fiscale dalla Francia al Belgio.

16      Il 21 dicembre 2007, il sig. Jacob ha ceduto tutti i titoli ricevuti in occasione dell’operazione di scambio in questione. A seguito di tale cessione, la plusvalenza collocata in regime di differimento di imposta è stata assoggettata a imposta, per l’anno 2007, con interessi di mora e una maggiorazione del 10%.

17      Con sentenza dell’8 giugno 2012, il tribunal administratif de Montreuil (Tribunale amministrativo di Montreuil, Francia) ha stabilito lo sgravio di tale contributo integrativo d’imposta sui redditi. Il 28 maggio 2015, la cour administrative d’appel de Versailles (Corte d’appello amministrativa di Versailles, Francia) ha annullato tale sentenza e ripristinato tutti i contributi oggetto dello sgravio a favore del sig. Jacob.

18      Il 1° ottobre 2015, il sig. Jacob ha proposto un ricorso per cassazione dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), facendo valere che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, volta ad assicurare la trasposizione in diritto francese dell’articolo 8 della direttiva fusioni, non teneva conto degli obiettivi perseguiti da tale articolo 8. Il sig. Jacob sostiene, a tal proposito, che, ai sensi di detto articolo 8, il fatto generatore dell’imposta su una plusvalenza è la successiva cessione dei titoli ricevuti e non l’operazione di scambio dei titoli, poiché tale operazione costituirebbe solo un’operazione intermedia, fiscalmente neutra.

19      Il giudice del rinvio rileva, in sostanza, che l’interpretazione della normativa nazionale in questione dipende dall’interpretazione dell’articolo 8 della direttiva fusioni.

20      In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       Se le disposizioni dell’articolo 8 della direttiva [fusioni] debbano essere interpretate nel senso che esse vietano, nel caso di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva [fusioni], un meccanismo di differimento di imposta che preveda che, in deroga alla norma secondo cui il fatto generatore dell’imposta su una plusvalenza viene in essere nel corso dell’anno della sua realizzazione, una plusvalenza derivante da scambio venga accertata e liquidata in occasione dell’operazione di scambio di titoli e sia assoggettata ad imposta nell’anno in cui si realizza l’evento che pone fine al differimento di imposta, che può essere segnatamente rappresentato dalla cessione dei titoli ricevuti all’atto dello scambio.

2)      Se le disposizioni dell’articolo 8 della direttiva [fusioni] debbano essere interpretate nel senso che esse vietano, nel caso di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva, che la plusvalenza derivante da scambio di titoli, supponendola imponibile, possa essere assoggettata ad imposta dallo Stato di residenza del contribuente al momento dell’operazione di scambio, laddove il contribuente, alla data della cessione dei titoli ottenuti all’atto dello scambio stesso, data in cui la plusvalenza derivante dallo scambio viene effettivamente assoggettata ad imposta, abbia trasferito il proprio domicilio fiscale in un altro Stato membro».

 La causa C-421/16

21      Il 7 dicembre 1999 il sig. Lassus, avente residenza fiscale britannica dal 1997, ha conferito a una società di diritto lussemburghese titoli che deteneva in una società di diritto francese, in cambio di titoli della prima di tali società. In detta occasione, è stata accertata una plusvalenza che, in applicazione della normativa in vigore alla data dei fatti, è stata collocata in regime di differimento di imposta.

22      Dal fascicolo a disposizione della Corte emerge che, a seguito di tale operazione di scambio, il sig. Lassus ha acquistato altri titoli di tale società di diritto lussemburghese. Nel mese di dicembre 2002, il sig. Lassus ha ceduto il 45% dei titoli che deteneva nella medesima società.

23      Ritenendo che i titoli ricevuti dal sig. Lassus in occasione dell’operazione di scambio in parola fossero stati ceduti in misura pari al 45%, l’amministrazione fiscale ha assoggettato a imposta la corrispondente frazione della plusvalenza collocata in regime di differimento di imposta, come accertata per l’anno 1999. Di conseguenza, l’amministrazione fiscale ha posto a carico del sig. Lassus contributi supplementari di imposta sui redditi per l’anno 2002.

24      Contestando tali contributi, il sig. Lassus ha adito il tribunal administratif de Paris (Tribunale amministrativo di Parigi, Francia), il quale ha respinto il suo ricorso. Investita di un’impugnazione, la cour administrative d’appel de Paris (Corte d’appello amministrativa di Parigi, Francia) ha annullato la decisione di tale primo giudice e ha dunque sancito lo sgravio del sig. Lassus da detti contributi. L’amministrazione fiscale ha allora proposto un ricorso per cassazione dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato) avverso tale ultima decisione.

25      Il giudice del rinvio espone che, conformemente alla normativa di cui trattasi nel procedimento principale e all’articolo 13, paragrafo 4, lettere a) e b), della convenzione fiscale franco-britannica, la plusvalenza derivante dall’operazione di scambio di titoli realizzata nel corso del 1999 dal sig. Lassus, avente residenza fiscale britannica, poteva essere assoggettata a imposta in Francia.

26      Inoltre tale giudice ritiene che, in deroga alla norma secondo cui il fatto generatore dell’imposta su una plusvalenza viene in essere nel corso dell’anno della sua realizzazione, la normativa nazionale in questione abbia quale unico effetto quello di consentire l’accertamento della plusvalenza derivante da un’operazione di scambio di titoli nell’anno in cui si è verificata tale operazione e di assoggettarla a imposta nell’anno in cui si verifica l’evento che pone fine al differimento di imposta, vale a dire l’anno in cui è avvenuta la cessione dei titoli ricevuti in occasione dello scambio.

27      In tale contesto, la circostanza che la plusvalenza derivante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio sia imponibile in uno Stato membro diverso dalla Repubblica francese non incide, secondo detto giudice, sul potere di quest’ultimo Stato membro di assoggettare a imposta la plusvalenza risultante dall’operazione di scambio di cui al procedimento principale.

28      Tuttavia, il sig. Lassus contesta una siffatta interpretazione. In via principale, egli sostiene che il meccanismo di differimento di imposta introdotto dalla normativa nazionale è incompatibile con le disposizioni dell’articolo 8 della direttiva fusioni. Egli ritiene che tale articolo preveda come fatto generatore dell’imposta la cessione successiva dei titoli ricevuti in cambio e non l’operazione di scambio di titoli, poiché quest’ultima corrisponde a un’operazione intermedia fiscalmente neutra. Sostiene inoltre che, nella fattispecie, alla data della cessione dei titoli ricevuti in cambio, la Repubblica francese aveva perso il suo potere impositivo sulla plusvalenza in questione, dal momento che la cessione rientrava nella competenza fiscale del Regno Unito.

29      Peraltro, nell’ipotesi in cui la cessione sia imponibile in Francia, posto che la normativa nazionale consente ai contribuenti residenti di compensare la minusvalenza derivante da cessione con le plusvalenze di uguale natura, il diniego dell’amministrazione fiscale di compensare la minusvalenza generata dalla cessione dei titoli nel 2002 con la plusvalenza derivante dall’operazione di scambio di titoli e collocata in regime di differimento di imposta costituirebbe un ostacolo alla libertà di stabilimento.

30      In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       Se le [...] disposizioni dell’articolo 8 della direttiva [fusioni] debbano essere interpretate nel senso che esse vietano, nel caso di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva [fusioni], un meccanismo di differimento di imposta che preveda che, in deroga alla norma secondo cui il fatto generatore dell’imposta su una plusvalenza viene in essere nel corso dell’anno della sua realizzazione, una plusvalenza derivante da scambio venga accertata e liquidata in occasione dell’operazione di scambio di titoli e sia assoggettata ad imposta nell’anno in cui si realizza l’evento che pone fine al differimento di imposta, che può essere segnatamente rappresentato dalla cessione dei titoli ricevuti all’atto dello scambio.

2)      Se la plusvalenza derivante da scambio di titoli, supponendola imponibile, possa essere assoggettata ad imposta dallo Stato che deteneva il potere impositivo al momento dell’operazione di scambio, laddove la cessione dei titoli ricevuti in occasione di tale scambio ricada nella competenza fiscale di un altro Stato membro.

3)      Nel caso in cui le precedenti questioni siano risolte affermando che la direttiva non osta all’eventualità che la plusvalenza derivante da scambio di titoli sia assoggettata ad imposta al momento della successiva cessione dei titoli ricevuti al momento dello scambio, anche qualora le due operazioni non ricadano nella competenza fiscale dello stesso Stato membro, se lo Stato membro nel quale la plusvalenza derivante da scambio è stata collocata in regime di differimento di imposta possa assoggettare ad imposta la plusvalenza in regime di differimento di imposta al momento di tale cessione, fatte salve le disposizioni applicabili della convenzione fiscale bilaterale, senza tener conto del risultato della cessione ove tale risultato sia una minusvalenza. Tale questione si pone tanto con riferimento alla direttiva [fusioni], quanto con riferimento alla libertà di stabilimento garantita dall’articolo 43 del Trattato [CE], diventato articolo 49 del Trattato [FUE], atteso che un contribuente fiscalmente domiciliato in Francia al momento dell’operazione di scambio e al momento dell’operazione di cessione di titoli potrebbe beneficiare della compensazione di una minusvalenza derivante da cessione.

4)      Nel caso in cui si risponda alla terza questione nel senso che deve tenersi conto della minusvalenza derivante da cessione dei titoli ricevuti all’atto dello scambio, se lo Stato membro in cui la plusvalenza da scambio è stata realizzata sia tenuto a compensare la minusvalenza derivante da cessione con la plusvalenza o se invece, dal momento che la cessione non ricade nella sua competenza fiscale, debba rinunciare ad assoggettare ad imposta la plusvalenza derivante da scambio.

5)      Nel caso in cui si risponda alla quarta questione nel senso che si deve compensare la minusvalenza da cessione con la plusvalenza derivante da scambio, quale sia il prezzo d’acquisto dei titoli ceduti da considerare ai fini del calcolo di detta minusvalenza da cessione. In particolare, se si debba considerare quale prezzo d’acquisto unitario dei titoli ceduti il valore complessivo dei titoli della società ricevuti all’atto dello scambio, come risultante dalla dichiarazione di plusvalenza, diviso per il numero di detti titoli ricevuti all’atto dello scambio, ovvero se si debba considerare un prezzo d’acquisto medio ponderato, tenendo conto altresì delle operazioni successive allo scambio, quali quelle concernenti altri acquisti ovvero distribuzioni gratuite di titoli della medesima società».

31      Con decisione del presidente della Corte del 10 novembre 2017, le cause C-327/16 e C-421/16 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità

32      Come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, dall’articolo 1 della direttiva fusioni risulta che la stessa è applicabile alle operazioni trasfrontaliere di fusione, di scissione, di conferimento d’attivo e di scambio di azioni riguardanti società di due o più Stati membri diversi. Orbene, i fatti all’origine della controversia di cui al procedimento principale relativi alla causa C-327/16 hanno ad oggetto un’operazione di scambio di titoli che coinvolge due società stabilite in un unico Stato membro, nella fattispecie in Francia.

33      A tal riguardo, occorre rammentare che la Corte ha dichiarato ricevibili le domande di pronuncia pregiudiziale in casi in cui, sebbene i fatti di cui al procedimento principale non rientrassero direttamente nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, le disposizioni di tale diritto erano state rese applicabili dalla normativa nazionale, che si era conformata, per le soluzioni apportate a situazioni in cui tutti gli elementi si collocavano all’interno di un solo Stato membro, a quelle riconosciute dal diritto dell’Unione (sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C-268/15, EU:C:2016:874, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

34      Infatti, in simili casi, vi è un sicuro interesse dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui saranno applicate (sentenza del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C-32/11, EU:C:2013:160, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

35      Nel caso di specie si deve rilevare, in primo luogo, che le questioni proposte vertono sull’interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione, vale a dire quelle della direttiva fusioni.

36      In secondo luogo, in risposta a una richiesta di chiarimenti della Corte, del 21 luglio 2016, il giudice del rinvio ha precisato che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale, adottata per attuare la direttiva fusioni, è applicabile alle stesse condizioni alle operazioni di scambio di titoli, indipendentemente dalla loro natura meramente interna o transfrontaliera, una volta che il contribuente detentore di titoli ha la propria residenza fiscale in Francia alla data dello scambio.

37      Dato che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale si conforma, per le soluzioni apportate a situazioni in cui l’operazione di scambio di titoli è meramente interna, a quelle adottate dalla direttiva fusioni, occorre dichiarare ricevibili le questioni proposte dal giudice del rinvio nella causa C-327/16.

38      Quanto alla causa C-421/16, il governo austriaco ritiene, in sostanza, che non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva fusioni una situazione in cui il socio della società acquistata abbia la sua residenza fiscale in uno Stato membro diverso da quello della società acquistata o della società acquirente. Orbene, nel procedimento principale, il sig. Lassus, al momento dell’operazione di scambio di titoli in questione, aveva la sua residenza fiscale nel Regno Unito, mentre la società acquistata e la società acquirente erano stabilite, rispettivamente, in Francia e in Lussemburgo.

39      A tal proposito, si deve rilevare che nessuna disposizione della direttiva fusioni prevede una siffatta limitazione del suo ambito di applicazione.

40      Infatti, come menzionato al punto 32 della presente sentenza, la direttiva fusioni è applicabile qualora lo scambio di titoli, ai sensi dell’articolo 2 di tale direttiva, si verifichi tra due o più società di Stati membri diversi che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 3 della direttiva fusioni.

41      Pertanto, per determinare l’ambito di applicazione della direttiva fusioni, è irrilevante il fatto che il detentore di titoli in questione abbia la sua residenza fiscale in uno Stato membro diverso da quello delle società interessate dallo scambio di titoli.

42      Nel caso di specie, è pacifico che, da un lato, l’operazione di cui al procedimento principale riguarda due società di due Stati membri diversi e, dall’altro, che le società interessate soddisfano le condizioni di cui all’articolo 3 di tale direttiva.

43      In tali circostanze, non è possibile ritenere che la direttiva fusioni si applichi soltanto nel caso in cui il socio della società acquistata risieda fiscalmente nello stesso Stato membro della società acquistata o della società acquirente. Occorre pertanto risolvere le questioni sottoposte dal giudice del rinvio nella causa C-421/16.

 Nel merito

 Sulle prime questioni

44      Con le sue prime questioni nelle cause C-327/16 e C-421/16, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8 della direttiva fusioni debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro, in forza della quale la plusvalenza risultante da un’operazione di scambio di titoli è accertata al momento di tale operazione, ma il suo assoggettamento a imposta è differito fino all’anno in cui si verifica l’evento che pone fine a tale differimento di imposta, nel caso di specie la cessione dei titoli ricevuti in cambio.

45      In limine, occorre osservare che, in tali due cause, non è stato dedotto che i contribuenti interessati abbiano assegnato ai titoli ricevuti in cambio un valore fiscale maggiore rispetto a quello che i titoli scambiati avevano immediatamente prima dell’operazione di scambio in questione. Pertanto, l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva fusioni è applicabile alle operazioni di scambio di cui trattasi.

46      A mente di tale disposizione, l’assegnazione, in occasione di uno scambio di azioni, di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria o acquirente a un socio della società conferente o acquistata, in cambio di titoli rappresentativi del capitale sociale di quest’ultima società, non deve di per sé comportare alcuna imposizione sul reddito, sugli utili o sulle plusvalenze di tale socio.

47      Con detto obbligo di neutralità fiscale nei confronti di un tale socio, la direttiva fusioni, come emerge dal suo primo e quarto considerando, mira a garantire che uno scambio di titoli che interessa società di Stati membri diversi non sia ostacolato da restrizioni, svantaggi o distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri (sentenza dell’11 dicembre 2008, A.T., C-285/07, EU:C:2008:705, punto 21).

48      Tuttavia, occorre rammentare che la direttiva fusioni, ai sensi del suo quarto considerando, è diretta a tutelare gli interessi finanziari dello Stato della società conferente o acquistata. Orbene, tra tali interessi finanziari figura il potere di imposizione della plusvalenza attinente ai titoli esistenti prima dell’operazione di scambio di titoli.

49      L’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva fusioni dispone, quindi, che l’applicazione del paragrafo 1 di detto articolo non impedisce agli Stati membri di assoggettare a imposta il profitto risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti allo stesso modo del profitto generato dalla cessione dei titoli esistenti prima dell’acquisto (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2008, A.T., C-285/07, EU:C:2008:705, punto 35).

50      Risulta che, se è vero che l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva fusioni, nel prevedere che un’operazione di scambio di titoli non possa di per sé comportare l’assoggettamento a imposta della plusvalenza originata da detta operazione, garantisce la neutralità fiscale di una siffatta operazione, tale neutralità fiscale non è tuttavia volta a sottrarre una siffatta plusvalenza all’imposizione degli Stati membri titolari del potere impositivo sulla medesima, ma vieta unicamente di considerare tale operazione di scambio come fatto generatore di imposta.

51      Al contrario, né l’articolo 8 della direttiva fusioni né alcun altro articolo di tale direttiva contiene disposizioni riguardanti misure fiscali appropriate ai fini dell’attuazione di tale articolo 8.

52      Gli Stati membri dispongono, dunque, nel rispetto del diritto dell’Unione, di un certo margine di discrezionalità per quanto riguarda tale attuazione (v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 2007, Kofoed, C-321/05, EU:C:2007:408, punti da 41 a 43, nonché del 23 novembre 2017, A, C-292/16, EU:C:2017:888, punto 22).

53      Quanto alla misura prevista dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale, essa consiste, in un primo momento, nell’accertare la plusvalenza derivante dall’operazione di scambio di titoli all’atto di tale operazione e, in un secondo momento, nel differirne l’imposizione alla data della successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio.

54      Una siffatta misura, poiché fa sì che il fatto generatore dell’imposta di tale plusvalenza sia differito fino all’anno in cui si verifica l’evento che pone fine a tale differimento di imposta, vale a dire la cessione dei titoli ricevuti in cambio, assicura, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 59 e 60 delle sue conclusioni, che l’operazione di scambio di titoli, di per sé, non comporti alcun assoggettamento a imposta di detta plusvalenza. Tale misura rispetta, pertanto, il principio di neutralità fiscale, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva fusioni.

55      Tale conclusione non può essere rimessa in questione dalla mera circostanza che la plusvalenza risultante dall’operazione di scambio di titoli sia accertata al momento di tale operazione. A tal riguardo, occorre precisare che un simile accertamento costituisce soltanto una tecnica che consente allo Stato membro, che dispone del potere impositivo sui titoli esistenti prima dell’operazione di scambio ma che, in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva fusioni, non ha potuto esercitarlo in tale occasione, di mantenere il suo potere impositivo e di esercitarlo successivamente, ossia alla data della cessione dei titoli ricevuti in cambio, conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, di tale direttiva.

56      In tali circostanze, occorre rispondere alle prime questioni nelle cause C-327/16 e C-421/16 dichiarando che l’articolo 8 della direttiva fusioni deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro, in forza della quale la plusvalenza risultante da un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva è accertata al momento di detta operazione, ma il suo assoggettamento a imposta è differito fino all’anno in cui si verifica l’evento che pone fine a tale differimento di imposta, nel caso di specie la cessione dei titoli ricevuti in cambio.

 Sulle seconde questioni

57      Con le sue seconde questioni nelle cause C-327/16 e C-421/16, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8 della direttiva fusioni debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che prevede l’assoggettamento a imposta della plusvalenza attinente a un’operazione di scambio di titoli, collocata in differimento di imposta, al momento della successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio, sebbene tale cessione non rientri nella competenza fiscale di tale Stato membro.

58      Come emerge dai punti 49 e 50 della presente sentenza, risulta dall’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva fusioni che l’obbligo di neutralità fiscale imposto all’atto dell’operazione di scambio di titoli, ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo 8, non impedisce agli Stati membri di assoggettare a imposta la plusvalenza risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio, allo stesso modo della plusvalenza derivante dalla cessione dei titoli esistenti prima dell’acquisto.

59      Tale articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, riconosce dunque il diritto degli Stati membri titolari del potere impositivo sulla plusvalenza attinente all’operazione di scambio di titoli, ma che, a mente del paragrafo 1 di tale articolo 8, non hanno potuto esercitare tale potere al momento dell’operazione di scambio, di esercitarlo alla data della successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio.

60      Ciò nondimeno, come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, la direttiva fusioni non armonizza i criteri di ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri. Essa non disciplina dunque l’attribuzione del potere impositivo su una simile plusvalenza.

61      In mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, gli Stati membri restano competenti a definire, tramite accordi o in via unilaterale, nel rispetto del diritto dell’Unione, i criteri di ripartizione della loro competenza fiscale, al fine di eliminare le doppie imposizioni (v., per analogia, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punti 45 e 46 e giurisprudenza ivi citata).

62      Nel caso di specie, il giudice del rinvio ritiene che le plusvalenze generate dalle operazioni di scambio di titoli in questione rientrino, ai sensi del diritto nazionale e del diritto derivante dagli accordi, nella competenza fiscale della Repubblica francese.

63      In tali circostanze e considerato che la direttiva fusioni, come emerge dal punto 56 della presente sentenza, non osta a che l’imposizione della plusvalenza derivante dall’operazione di scambio di titoli sia differita fino alla successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio, tale direttiva non impedisce allo Stato membro interessato di assoggettare a imposta questa plusvalenza al momento di tale cessione.

64      La mera circostanza che la cessione dei titoli ricevuti in cambio rientri nella competenza fiscale di uno Stato membro diverso da quello titolare del potere impositivo sulla plusvalenza risultante dall’operazione di scambio di titoli, come emerge dai paragrafi da 69 a 71 delle conclusioni dell’avvocato generale, non può privare il secondo di tali due Stati membri del suo diritto di esercitare il proprio potere impositivo su una plusvalenza sorta nell’ambito della sua competenza fiscale.

65      Tale constatazione è altresì conforme al principio di territorialità fiscale associato a un elemento temporale, riconosciuto dalla Corte, in base a cui uno Stato membro ha il diritto di assoggettare a imposta la plusvalenza sorta nell’ambito della sua competenza fiscale, principio volto a preservare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punti 45 e 46 e giurisprudenza ivi citata).

66      Pertanto, occorre rispondere alle seconde questioni proposte nelle cause C-327/16 e C-421/16 dichiarando che l’articolo 8 della direttiva fusioni deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro che prevede l’assoggettamento a imposta della plusvalenza attinente a un’operazione di scambio di titoli, collocata in differimento di imposta, al momento della successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio, sebbene tale cessione non rientri nella competenza fiscale di tale Stato membro.

 Sulle questioni dalla terza alla quinta nella causa C-421/16

67      Occorre, in limine, osservare, come emerge dal fascicolo a disposizione della Corte, che il sig. Lassus, alla data dell’operazione di scambio di titoli di cui al procedimento principale, aveva la propria residenza fiscale nel Regno Unito. Tuttavia, ai sensi della convenzione franco-britannica, egli è stato equiparato a un contribuente detentore di titoli residente in Francia con la conseguenza che la plusvalenza derivante da tale operazione di scambio di titoli rientrava nella competenza fiscale di detto Stato membro.

68      Emerge altresì da tale fascicolo che, a mente della normativa di cui trattasi nel procedimento principale, le minusvalenze subite nel corso di un anno sono compensabili con le plusvalenze della stessa natura realizzate nel corso del medesimo anno o dei cinque anni successivi. Orbene, nel procedimento principale è indiscusso che la minusvalenza interessata è stata subita entro tale termine di cinque anni.

69      In udienza, il governo francese ha precisato che la compensazione di un’eventuale minusvalenza realizzata in occasione della cessione successiva dei titoli ricevuti in cambio con la plusvalenza collocata in differimento di imposta non è accordata in una situazione in cui, al momento di tale cessione, il contribuente detentore di tali titoli non ha la sua residenza fiscale in Francia.

70      Pertanto, con le questioni dalla terza alla quinta nella causa C-421/16, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva fusioni e l’articolo 49 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa di uno Stato membro che, in una situazione in cui la successiva cessione di titoli ricevuti in cambio non rientra nella competenza fiscale di tale Stato membro, prevede l’imposizione della plusvalenza collocata in differimento d’imposta al momento di detta cessione senza tenere conto di un’eventuale minusvalenza realizzata in tale occasione, laddove una siffatta minusvalenza è presa in considerazione qualora il contribuente detentore di titoli abbia la propria residenza fiscale in tale Stato membro alla data di detta cessione. Inoltre, il giudice del rinvio intende, se del caso, sapere quali siano le modalità di compensazione e di calcolo di tale minusvalenza.

71      Occorre rammentare che le operazioni comprese nell’ambito della direttiva fusioni costituiscono una modalità particolare di esercizio della libertà di stabilimento, importante per il buon funzionamento del mercato interno, e configurano pertanto attività economiche per le quali gli Stati membri sono tenuti al rispetto di tale libertà (sentenza del 23 novembre 2017, A, C-292/16, EU:C:2017:888, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

72      Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 78, 100 e 101 delle sue conclusioni, la direttiva fusioni non disciplina né la questione concernente la possibile compensazione di un’eventuale minusvalenza realizzata al momento della successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio, né quella attinente alle modalità di una siffatta compensazione e del suo calcolo. Le questioni relative a una tale compensazione rientrano dunque nella competenza del diritto nazionale dello Stato membro di provenienza nel rispetto del diritto dell’Unione, nel caso di specie, in particolare, dell’articolo 49 TFUE.

73      Di conseguenza, occorre esaminare dette questioni unicamente alla luce dell’articolo 49 TFUE.

74      A tal proposito, si deve rammentare che devono essere considerate restrizioni alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE tutte le misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tale libertà (sentenza del 23 novembre 2017, A, C-292/16, EU:C:2017:888, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

75      Nel caso di specie, occorre osservare che al momento della cessione successiva dei titoli ricevuti in cambio, il sig. Lassus era un contribuente detentore di titoli non residente, e dunque non poteva compensare un’eventuale minusvalenza realizzata al momento di tale cessione con la plusvalenza derivante dallo scambio e collocata in differimento di imposta mentre, se fosse stato un contribuente detentore di titoli residente, avrebbe potuto effettuare tale compensazione.

76      Una simile differenza di trattamento, a seconda che, al momento della cessione dei titoli ricevuti in cambio, il contribuente detentore di titoli abbia o meno la sua residenza fiscale nello Stato membro interessato, è idonea a ostacolare e a scoraggiare, rispetto ai contribuenti detentori di titoli non residenti, le operazioni di ristrutturazione di società rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva fusioni e integra, pertanto, un ostacolo alla libertà di stabilimento.

77      Tale ostacolo può essere ammesso solo qualora riguardi situazioni che non siano oggettivamente comparabili o qualora possa essere giustificato da motivi imperativi di interesse generale riconosciuti dal diritto dell’Unione. In tale ipotesi, occorre ancora che detto ostacolo sia idoneo a garantire il conseguimento dello scopo in questione e che non ecceda quanto necessario per raggiungere tale obiettivo (sentenza del 23 novembre 2017, A, C-292/16, EU:C:2017:888, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

78      Quanto alla comparabilità delle situazioni interessate, si deve osservare che la normativa di cui al procedimento principale mira ad assoggettare a imposta una plusvalenza derivante da uno scambio di titoli sorta allorché il sig. Lassus era equiparato a un contribuente avente la propria residenza fiscale in Francia. Rispetto a una simile imposizione, differita fino al momento della successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio, la situazione di un contribuente detentore di titoli non residente al momento della cessione, come il sig. Lassus, è oggettivamente comparabile a quella di un contribuente detentore di titoli residente all’epoca di tale medesima cessione.

79      Per quanto attiene alla questione se l’ostacolo in esame possa essere giustificato da motivi imperativi di interesse generale riconosciuti dal diritto dell’Unione, il governo francese ritiene che il motivo imperativo di interesse generale connesso alla ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri possa giustificare un siffatto ostacolo.

80      A tal riguardo, si deve constatare che il mantenimento della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri è un obiettivo riconosciuto dalla Corte (v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C-371/10, EU:C:2011:785, punto 45).

81      Tuttavia, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, come constatato dall’avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, tale obiettivo non può giustificare un ostacolo di tal genere, poiché è in discussione soltanto il potere impositivo della Repubblica francese.

82      A tal proposito, è opportuno precisare che le circostanze oggetto del procedimento principale sono diverse da quelle all’origine della giurisprudenza della Corte riguardante l’imposizione in uscita delle plusvalenze, come la sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785). Infatti, la causa che ha condotto a tale sentenza verteva sul differimento della riscossione di imposta, ossia un debito fiscale che era stato definitivamente accertato alla data in cui il contribuente, a causa del trasferimento della sua residenza, aveva cessato di essere soggetto a imposta nello Stato membro d’origine, e non, come nel procedimento principale, su un differimento di imposta. È in tali circostanze che la Corte ha giudicato, al punto 61 della sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C-371/10, EU:C:2011:785), che l’eventuale mancata considerazione di minusvalenze da parte dello Stato membro ospitante non obbliga lo Stato membro di provenienza a rivalutare, alla data della cessione definitiva delle nuove quote societarie, un debito d’imposta che è stato determinato in via definitiva nel momento in cui il contribuente, a causa del trasferimento della propria residenza, ha cessato di essere soggetto all’imposta nello Stato membro di provenienza.

83      Orbene, il differimento di imposta della plusvalenza di cui trattasi nel procedimento principale fino alla successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio ha quale conseguenza che detta plusvalenza, nonostante il fatto che sia stata accertata al momento dell’operazione di scambio di titoli, è assoggettata a imposta solo alla data di tale successiva cessione. Ciò comporta che lo Stato membro interessato eserciti il suo potere impositivo su detta plusvalenza al momento della realizzazione della minusvalenza in questione. Pertanto, tenere conto di una simile minusvalenza rientra, come indicato dalla Commissione europea, correlativamente, nell’obbligo di tale Stato membro, che intende esercitare il suo potere impositivo sulla plusvalenza medesima divenuta effettivamente imponibile alla data di detta cessione.

84      Pertanto, l’articolo 49 TFUE osta a una normativa di uno Stato membro che, in una situazione in cui la successiva cessione di titoli ricevuti in cambio non rientra nella competenza fiscale di tale Stato membro, prevede l’imposizione della plusvalenza collocata in differimento d’imposta al momento di tale cessione senza tenere conto di un’eventuale minusvalenza realizzata in quest’occasione, laddove una siffatta minusvalenza è presa in considerazione qualora il contribuente detentore di titoli abbia la propria residenza fiscale in tale Stato membro alla data di detta cessione.

85      Quanto alle modalità relative alla compensazione e al calcolo della minusvalenza di cui al procedimento principale, considerato che il diritto dell’Unione, come emerge dal punto 72 della presente sentenza, non prevede siffatte modalità, spetta agli Stati membri stabilirle nel rispetto del diritto dell’Unione e, nella fattispecie, segnatamente, dell’articolo 49 TFUE.

86      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni dalla terza alla quinta nella causa C-421/16 dichiarando che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che, in una situazione in cui la successiva cessione di titoli ricevuti in cambio non rientra nella competenza fiscale di tale Stato membro, prevede l’imposizione della plusvalenza collocata in differimento d’imposta al momento di detta cessione senza tenere conto di un’eventuale minusvalenza realizzata in tale occasione, laddove una siffatta minusvalenza è presa in considerazione qualora il contribuente detentore di titoli abbia la propria residenza fiscale in tale Stato membro alla data di detta cessione. Spetta agli Stati membri, nel rispetto del diritto dell’Unione e, nella fattispecie, segnatamente, della libertà di stabilimento, stabilire modalità relative alla compensazione e al calcolo di tale minusvalenza.

 Sulle spese

87      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 8 della direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi, come modificata dall’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia, adattato con decisione 95/1/CE, Euratom, CECA del Consiglio dell’Unione europea, del 1° gennaio 1995, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro, in forza della quale la plusvalenza risultante da un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva è accertata al momento di detta operazione, ma il suo assoggettamento a imposta è differito fino all’anno in cui si verifica l’evento che pone fine a tale differimento di imposta, nel caso di specie la cessione dei titoli ricevuti in cambio.

2)      L’articolo 8 della direttiva 90/434, come modificata dall’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia, adattato con decisione 95/1, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro che prevede l’assoggettamento a imposta della plusvalenza attinente a un’operazione di scambio di titoli, collocata in differimento di imposta, al momento della successiva cessione dei titoli ricevuti in cambio, sebbene tale cessione non rientri nella competenza fiscale di tale Stato membro.

3)      L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che, in una situazione in cui la successiva cessione di titoli ricevuti in cambio non rientra nella competenza fiscale di tale Stato membro, prevede l’imposizione della plusvalenza collocata in differimento d’imposta al momento di detta cessione senza tenere conto di un’eventuale minusvalenza realizzata in tale occasione, laddove una siffatta minusvalenza è presa in considerazione qualora il contribuente detentore di titoli abbia la propria residenza fiscale in tale Stato membro alla data di detta cessione. Spetta agli Stati membri, nel rispetto del diritto dell’Unione e, nella fattispecie, segnatamente, della libertà di stabilimento, stabilire modalità relative alla compensazione e al calcolo di tale minusvalenza.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.