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SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

10 luglio 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Unione doganale – Regolamento (CEE) n. 2913/92 – Articoli 202 et 203 – Dazi doganali all’importazione – Nascita di un’obbligazione doganale dovuta a violazioni della normativa doganale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 2, paragrafo 1, lettera d), e articolo 30 – IVA all’importazione – Evento generatore dell’imposta – Nozione di “importazione” di un bene – Requisito dell’ingresso del bene nel circuito economico dell’Unione europea – Introduzione di tale bene in uno Stato membro diverso da quello in cui è sorta l’obbligazione doganale»

Nella causa C-26/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia, Germania), con decisione del 2 novembre 2017, pervenuta in cancelleria il 16 gennaio 2018, nel procedimento

Federal Express Corporation Deutsche Niederlassung

contro

Hauptzollamt Frankfurt am Main,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da J.-C. Bonichot, presidente di sezione, C. Toader, A. Rosas, L. Bay Larsen e M. Safjan (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: D. Dittert, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 dicembre 2018,

considerate le osservazioni presentate:

per la Federal Express Corporation Deutsche Niederlassung, da R. Welzel e U. Reimer, Steuerberater;

per l’Hauptzollamt Frankfurt am Main, da U. Beck, in qualità di agente;

per il governo ellenico, da K. Georgiadis e M. Tassopoulou, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da F. Clotuche-Duvieusart e B.-R. Killmann, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 febbraio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), e dell’articolo 30 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2

La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia sorta tra la Federal Express Corporation Deutsche Niederlassung (in prosieguo: la «FedEx») e lo Hauptzollamt Frankfurt am Main (Ufficio principale delle dogane di Francoforte sul Meno, Germania; in prosieguo: l’«Ufficio principale delle dogane tedesco»), in merito all’obbligo di assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) in Germania in seguito alla nascita di un’obbligazione doganale all’importazione dovuta a violazioni della normativa doganale commesse sul territorio di tale Stato membro.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Il regolamento (CEE) n. 2913/92

3

Il regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU 2013, L 269, pag. 1, e rettifica in GU 2013, L 287, pag. 90), ha abrogato e sostituito il regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1), con effetto a decorrere dal 1o maggio 2016. Tuttavia, tenuto conto della data dei fatti del procedimento principale, il regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio, del 20 novembre 2006 (GU 2006, L 363, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»), resta applicabile nella specie.

4

L’articolo 40 del codice doganale così recitava:

«Le merci che entrano nel territorio doganale della Comunità sono presentate in dogana dalla persona che le introduce in tale territorio o, se del caso, dalla persona che assume la responsabilità del trasporto delle merci ad introduzione avvenuta, fatta eccezione per i beni trasportati su mezzi di trasporto che si limitano ad attraversare le acque territoriali o lo spazio aereo del territorio doganale della Comunità senza fare scalo all’interno di tale territorio. La persona che presenta le merci fa riferimento alla dichiarazione sommaria o alla dichiarazione in dogana precedentemente presentata al riguardo».

5

Ai sensi del successivo articolo 50:

«In attesa di ricevere una destinazione doganale, le merci presentate in dogana acquisiscono la posizione, non appena avvenuta la presentazione, di merci in custodia temporanea. Queste merci sono denominate in seguito “merci in custodia temporanea”».

6

Il successivo articolo 91, paragrafo 1, lettera a), così disponeva:

«Il regime di transito esterno consente la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità:

a)

di merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte, né alle misure di politica commerciale».

7

A termini dell’articolo 202, paragrafi 1 e 2, del codice medesimo:

«1.   L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

a)

all’irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità di una merce soggetta a dazi all’importazione,

oppure

b)

quando si tratti di merce collocata in zona franca o in deposito franco, alla sua irregolare introduzione in un’altra parte di detto territorio.

Ai sensi del presente articolo, per introduzione irregolare s’intende qualsiasi introduzione effettuata in violazione degli articoli da 38 a 41 e dell’articolo 177, secondo trattino.

2.   L’obbligazione doganale sorge al momento dell’introduzione irregolare».

8

Il successivo articolo 203, paragrafi 1 e 2,così disponeva:

«1.   L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

alla sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi all’importazione.

2.   L’obbligazione doganale sorge all’atto della sottrazione della merce al controllo doganale».

La direttiva IVA

9

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA:

«Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

(…)

le importazioni di beni».

10

L’articolo 30 della medesima direttiva stabilisce quanto segue:

«Si considera “importazione di beni” l’ingresso nella Comunità di un bene che non è in libera pratica ai sensi dell’articolo 24 del trattato.

Oltre all’operazione di cui al primo comma, si considera importazione di beni l’ingresso nella Comunità di un bene in libera pratica proveniente da un territorio terzo che fa parte del territorio doganale della Comunità».

11

Il successivo articolo 60 così dispone:

«L’importazione di beni è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nella Comunità».

12

A termini del successivo articolo 61:

«In deroga all’articolo 60, se un bene che non è in libera pratica è vincolato, al momento della sua entrata nella Comunità, ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui all’articolo 156 o ad un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o ad un regime di transito esterno, l’importazione del bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene è svincolato da tali regimi o situazioni.

Analogamente, se un bene che è in libera pratica è vincolato al momento della sua entrata nella Comunità ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui agli articoli 276 e 277, l’importazione del bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene è svincolato da tali regimi o situazioni».

13

L’articolo 70 della direttiva de qua prevede quanto segue:

«Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l’importazione di beni».

14

Ai sensi del successivo articolo 71:

«1.   Quando i beni sono vincolati, al momento della loro entrata nella Comunità, ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui agli articoli 156, 276 e 277, o ad un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o di transito esterno, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile soltanto nel momento in cui i beni sono svincolati da tali regimi o situazioni.

Tuttavia, quando i beni importati sono assoggettati a dazi doganali, prelievi agricoli o imposte di effetto equivalente istituiti nell’ambito di una politica comune, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità dei predetti dazi o prelievi.

2.   Qualora i beni importati non siano assoggettati ad alcuno dei dazi o prelievi di cui al paragrafo 1, secondo comma, gli Stati membri applicano le disposizioni vigenti in materia di dazi doganali, per quanto riguarda il fatto generatore dell’imposta e la sua esigibilità».

Normativa tedesca

15

L’articolo 1 dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari), del 21 febbraio 2005 (BGBl. 2005 I, p. 386), nel testo applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: l’«UStG»), intitolato «Operazioni imponibili», così dispone al suo paragrafo 1, punto 4:

«Sono soggette all’imposta sulla cifra d’affari le operazioni seguenti:

(…)

4.

le importazioni di beni sul territorio nazionale (…) (imposta sulla cifra d’affari all’importazione);

(…)».

16

L’articolo 13 dell’UStG, intitolato «Nascita dell’imposta», al paragrafo 2 così recita:

«All’imposta sul valore aggiunto all’importazione si applica l’articolo 21, paragrafo 2».

17

Il successivo articolo 21, intitolato «Norme particolari per l’imposta sulla cifra d’affari all’importazione», al paragrafo 2 prevede quanto segue:

«Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione si applicano per analogia le norme sui dazi».

18

L’articolo 14 della Einfuhrumsatzsteuer-Befreiungsverordnung (regolamento federale relativo all’esenzione dall’imposta sulla cifra d’affari all’importazione), dell’11 agosto 1992 (BGBl. 1992 I, pag. 1526), nel testo applicabile ai fatti del procedimento principale, intitolato «Rimborso o sgravio», così prevede, al suo paragrafo 1:

«L’imposta sulla cifra d’affari all’importazione è rimborsata o rimessa nei casi previsti dagli articoli 235-242 del codice doganale, e le dette disposizioni nonché le relative disposizioni di applicazione sono applicabili per analogia».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

19

Nel gennaio 2008 la FedEx provvedeva al recapito di beni provenienti da Israele, Messico e Stati Uniti (in prosieguo: i «beni in questione»), soggetti a dazi all’importazione, a diversi destinatari situati in Grecia, la loro destinazione finale. Tali beni venivano trasportati per via aerea in 18 partite distinte (in prosieguo: i «18 lotti»), fino a Francoforte sul Meno (Germania), dove venivano collocati su altro aeromobile ai fini del trasporto in Grecia.

20

Con lettera 23 ottobre 2008, l’ufficio doganale dell’aeroporto di Atene (Grecia) informava l’ufficio doganale principale tedesco che le 18 partite erano state trasportate in Grecia in violazione della normativa doganale.

21

A fronte di tali informazioni, l’ufficio doganale principale tedesco rilevava che per 14 delle 18 partite non era stata effettuata, in Germania, la presentazione in dogana prevista dall’articolo 40 del codice doganale e che, conseguentemente, le partite medesime erano state introdotte nel territorio doganale dell’Unione europea in modo irregolare. Esso riteneva quindi che, in applicazione dell’articolo 202 del codice doganale, l’irregolare introduzione di tali partite avesse fatto sorgere un’obbligazione doganale all’importazione.

22

Per 3 delle 18 partite, l’ufficio principale delle dogane tedesco considerava che i beni in questione si trovassero in custodia temporanea al loro arrivo all’aeroporto di Francoforte sul Meno, che fossero stati trasportati ad Atene senza essere stati sottoposti al regime di transito comunitario esterno e che, di conseguenza, fossero stati rimossi dal luogo di deposito senza autorizzazione. Quanto all’ultima partita, veniva rilevato che l’invio dei beni ad Atene era stato preceduto da un regime di transito esterno debitamente verificato da Parigi (Francia) a Francoforte sul Meno, ma che tali beni erano stati parimenti rimossi dal luogo di deposito senza autorizzazione. Per questi quattro lotti, l’ufficio doganale principale tedesco riteneva che il mancato rispetto della normativa doganale avesse fatto sorgere un’obbligazione doganale all’importazione, ai sensi dell’articolo 203 del codice doganale.

23

Di conseguenza, per i 18 lotti, il 30 novembre e il 1o dicembre 2010 l’ufficio principale delle dogane tedesco emanava, nei confronti della FedEx, cinque avvisi di liquidazione di dazi doganali all’importazione. L’ufficio medesimo rilevava che, per tali lotti, l’IVA all’importazione, qualificata in Germania come imposta sulla cifra d’affari all’importazione, era dovuta in quanto, conformemente all’articolo 21, paragrafo 2, dell’UStG, le norme applicabili ai dazi doganali si applicano a tale imposta per analogia.

24

La FedEx provvedeva al versamento dei dazi doganali all’importazione e dell’imposta sulla cifra d’affari all’importazione risultante dai cinque avvisi. Tuttavia, nel mese di novembre 2011, la società medesima ne chiedeva il rimborso sostenendo, in particolare, che essi sarebbero stati oggetto di una doppia riscossione, contraria al diritto dell’Unione. A tal riguardo, la FedEx affermava che i beni in questione, dopo essere arrivati ad Atene, sono stati immessi in libera pratica e che i dazi all’importazione, ivi compresa l’imposta sulla cifra d’affari greca all’importazione, erano stati riscossi. Con avvisi del 9 e del 10 aprile 2013, l’ufficio doganale principale tedesco respingeva le domande di rimborso.

25

A seguito delle procedure di reclamo avviate dalla FedEx avversi i detti avvisi, l’amministrazione finanziaria modificava le aliquote fiscali applicate in due dei cinque avvisi del 30 novembre e 1o dicembre 2010 procedendo al parziale rimborso dell’imposta sulla cifra d’affari all’importazione relativa agli avvisi medesimi.

26

Il 13 giugno 2014 la FedEx impugnava i cinque avvisi di liquidazione dinanzi allo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia, Germania). All’udienza la FedEx desisteva dalla domanda con riguardo ai dazi doganali all’importazione, insistendo peraltro sulla domanda relativa al rimborso dell’imposta sulla cifra d’affari all’importazione. A tal riguardo, sosteneva che tale imposta è un’imposta sul consumo che grava solo sui beni che vengono effettivamente consumati sul territorio nazionale. Poiché i beni in questione sarebbero stati trasportati in Grecia senza essere stati inseriti nel circuito economico tedesco, essi non potrebbero essere considerati importati nel territorio tedesco e non potrebbero essere oggetto di un’operazione imponibile a tal titolo.

27

Il giudice del rinvio s’interroga conseguentemente se, a seguito delle violazioni della normativa doganale menzionate supra ai punti 21 e 22, i quali hanno generato un’obbligazione doganale all’importazione, l’IVA all’importazione sia sorta in Germania per quanto riguarda i beni in questione.

28

A tal riguardo, il giudice del rinvio si richiama al punto 65 della sentenza del 2 giugno 2016, Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig (C-226/14C-228/14, EU:C:2016:405), che fa riferimento alla nozione di «rischio» di ingresso nel circuito economico dell’Unione europea. Il giudice medesimo rileva che, sebbene tale nozione debba essere applicata, nei casi in cui i beni introdotti nel territorio dell’Unione non siano stati assoggettati ad un regime doganale o siano usciti dal regime al quale siano stati sottoposti, occorrerebbe esaminare unicamente se sussista il rischio che i beni stessi facciano ingresso nel circuito economico dell’Unione nel territorio d’imposta dello Stato membro considerato. Nel caso di specie, si dovrebbe ritenere che tale rischio esistesse, in quanto i beni in questione, per effetto della loro irregolare introduzione o della loro sottrazione al controllo doganale, non erano o non erano appunto più soggetti a tale vigilanza. In particolare, i beni irregolarmente introdotti nel territorio doganale dell’Unione avrebbero potuto essere rimossi in modo inosservato e costituire oggetto di un consumo non tassato.

29

Tuttavia, alla luce delle sentenze della Corte del 1o giugno 2017, Wallenborn Transports (C-571/15, EU:C:2017:417), e del 18 maggio 2017, Latvijas Dzelzceļš (C-154/16, EU:C:2017:392), il giudice del rinvio si chiede se l’IVA all’importazione, per quanto riguarda lo Stato membro nel cui territorio fiscale siano stati introdotti beni nell’Unione, sorga soltanto quando i beni stessi entrino nel circuito economico dell’Unione anche nel territorio di giurisdizione fiscale di detto Stato membro. In tale ipotesi, tale ingresso nel circuito economico si verificherebbe solo quando i beni siano stati immessi in libera pratica in applicazione della legislazione doganale, o quando una violazione della normativa doganale induca a presumere che i beni siano entrati nel circuito economico stesso e abbiano potuto essere oggetto di consumo o di uso. Solo queste due situazioni sarebbero costitutive di un’«importazione» ai sensi della direttiva IVA.

30

In tale contesto, lo Hessisches Finanzgericht (Tribunale tributario dell’Assia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se un’importazione ai sensi degli articoli 2, paragrafo 1, lettera d), e 30, della direttiva [IVA] presupponga che il bene introdotto nel territorio dell’Unione entri nel circuito economico della stessa o se sia sufficiente il mero rischio che ciò accada.

2)

Qualora un’importazione presupponga l’entrata del bene nel circuito economico dell’Unione:

Se un bene introdotto nel territorio dell’Unione entri nel circuito economico della stessa già per il fatto di non essere stato vincolato, in violazione della normativa doganale, ad alcun regime ai sensi dell’articolo 61, primo comma, della direttiva o – pur essendo stato in un primo momento vincolato a tale regime – di essere stato successivamente svincolato per effetto di una condotta doganale erronea o se, a fronte di una condotta erronea, si debba poter presumere, ai fini dell’entrata nel circuito economico dell’Unione, che, per effetto della condotta medesima, il bene sia entrato nel suddetto circuito economico nel territorio fiscale dello Stato membro in cui sia stata commessa la condotta de qua e che esso abbia potuto essere consumato o utilizzato».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

31

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), e l’articolo 30 della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che, laddove un bene venga introdotto nel territorio dell’Unione, la nozione di «importazione di un bene», ai sensi di dette disposizioni, designi unicamente l’ingresso nel circuito economico dell’Unione del bene stesso o se tale nozione ricomprenda anche il rischio di ingresso del bene in tale circuito.

32

In limine, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Pertanto, la Corte può rifiutare di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non abbia alcuna relazione con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 28 marzo 2019, Cogeco Communications, C-637/17, EU:C:2019:263, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

33

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA, l’importazione di beni costituisce un’operazione soggetta all’IVA. L’articolo 30, primo comma, di tale direttiva prevede che è considerato «importazione di beni» l’ingresso nella Comunità di un bene che non è in libera pratica ai sensi dell’articolo 24 CE.

34

Secondo la giurisprudenza della Corte, l’IVA, essendo per sua natura un’imposta sul consumo, si applica ai beni e ai servizi che entrano nel circuito economico dell’Unione e che possono essere oggetto di consumo (sentenza del 18 maggio 2017, Latvijas Dzelzceļš, C-154/16, EU:C:2017:392, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

35

Nel caso di specie, dalla formulazione stessa della decisione di rinvio risulta che i beni in questione sono stati trasportati in Grecia, la loro destinazione finale, dove sono stati consumati. Di conseguenza, è pacifico che tali beni siano entrati nel circuito economico dell’Unione, ai sensi della direttiva IVA.

36

Di conseguenza, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle proprie conclusioni, in una causa come quella principale, la questione se l’esistenza di un «rischio» che un bene entri nel circuito economico dell’Unione sia sufficiente per ritenere che tale bene sia stato oggetto di un’«importazione», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), e dell’articolo 30 della direttiva IVA, appare di natura ipotetica.

37

Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza richiamata supra al punto 32, la prima questione è irricevibile.

Sulla seconda questione

38

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), e l’articolo 30 della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che, laddove un bene venga introdotto nel territorio dell’Unione, sia sufficiente che il bene sia stato oggetto di violazioni alla normativa doganale in un determinato Stato membro, da cui sia derivata un’obbligazione doganale all’importazione, per considerare che il bene medesimo sia entrato nel circuito economico dell’Unione in tale Stato membro.

39

Al riguardo, va osservato che, a termini dell’articolo 60 della direttiva IVA, l’importazione di beni è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nella Comunità. Il successivo articolo 61, primo comma, prevede che, in deroga all’articolo 60, se un bene che non è in libera pratica è vincolato, al momento della sua entrata nella Comunità, ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui all’articolo 156 della direttiva medesima o ad un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o ad un regime di transito esterno, l’importazione del bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene è svincolato da tali regimi o situazioni.

40

L’articolo 70 della direttiva IVA stabilisce il principio per cui il fatto generatore si verifica, e l’imposta diventa esigibile, nel momento in cui è effettuata l’importazione di beni. Così, il successivo articolo 71, paragrafo 1, prevede in particolare, al primo comma, che, quando i beni sono vincolati, sin dalla loro entrata nell’Unione, al regime di deposito doganale, il fatto generatore e l’esigibilità dell’imposta si verifichino soltanto nel momento in cui i beni sono svincolati da tale regime. Tuttavia, il secondo comma di tale articolo disciplina il caso particolare in cui, per i beni importati assoggettati a dazi doganali, prelievi agricoli o imposte di effetto equivalente istituite nell’ambito di una politica comune, il fatto generatore dell’imposta si verifica, e l’imposta diventa esigibile, nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità dei dazi medesimi.

41

Secondo costante giurisprudenza della Corte, l’IVA all’importazione e i dazi doganali presentano caratteristiche essenziali comparabili, in quanto traggono origine dal fatto dell’importazione nell’Unione e della susseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri. Questo parallelismo trova, tra l’altro, conferma nel fatto che l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA autorizza gli Stati membri a collegare il fatto generatore e l’esigibilità dell’IVA all’importazione a quelli dei dazi doganali (sentenze del 28 febbraio 1984, Einberger, 294/82, EU:C:1984:81, punto 18, e dell’11 luglio 2013, Harry Winston, C-273/12, EU:C:2013:466, punto 41).

42

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio emerge che, nel corso del 2008, diversi beni provenienti da Stati terzi, soggetti a dazi all’importazione, sono stati trasportati fino in Germania, per essere poi trasportati in Grecia, la loro destinazione finale. Alcuni di questi beni non sono stati presentati alle autorità doganali tedesche e, di conseguenza, sono stati introdotti illegalmente nel territorio doganale dell’Unione. Gli altri beni sono stati introdotti regolarmente nel territorio doganale dell’Unione, in Germania, ma sono stati successivamente trasportati in Grecia sottraendoli al controllo doganale, in violazione della normativa doganale.

43

È pacifico che, nel procedimento principale, tali violazioni della normativa doganale hanno fatto sorgere in Germania un’obbligazione doganale all’importazione a carico della società che ha introdotto i beni in questione nel territorio dell’Unione, sul fondamento, rispettivamente, dell’articolo 202, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 203, paragrafo 1, del codice doganale.

44

Secondo la giurisprudenza della Corte, l’esigibilità dell’IVA può aggiungersi all’obbligazione doganale qualora si possa ritenere, sulla base della condotta illecita da cui è sorta l’obbligazione, che le merci in questione siano entrate nel circuito economico dell’Unione e possano quindi essere state oggetto di consumo, configurandosi pertanto l’assoggettamento all’IVA (sentenze del 2 giugno 2016, Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig, C-226/14C-228/14, EU:C:2016:405, punto 65, nonché del 1o giugno 2017, Wallenborn Transports, C-571/15, EU:C:2017:417, punto 54).

45

In particolare, la Corte ha dichiarato che, qualora i beni soggetti a dazi all’importazione siano sottratti al controllo doganale all’interno di una zona franca e non si trovino più in tale zona, si deve presumere, in via di principio, che essi siano entrati nel circuito economico dell’Unione (sentenza del 1o giugno 2017, Wallenborn Transports, C-571/15, EU:C:2017:417, punto 55).

46

Nel caso di specie, da un lato, per quanto riguarda i beni in questione che non sono stati regolarmente introdotti nel territorio doganale dell’Unione, alla luce della giurisprudenza richiamata supra ai punti 44 e 45, occorre presumere, in linea di principio, che essi siano entrati nel circuito economico dell’Unione nel territorio dello Stato membro nel quale sono stati introdotti nell’Unione, vale a dire in Germania.

47

D’altra parte, quanto ai beni in questione sottratti al controllo doganale, essi sono svincolati, in Germania, dal regime doganale in cui erano collocati. Pertanto, tenuto conto della giurisprudenza richiamata supra ai punti 44 e 45, occorre altresì presumere che essi siano entrati nel circuito economico dell’Unione in tale Stato membro.

48

Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 56 e 68 delle proprie conclusioni, tale presunzione può essere confutata se è dimostrato che, pur in presenza delle violazioni della normativa doganale, con conseguente nascita di un’obbligazione doganale all’importazione nello Stato membro in cui le violazioni stesse sono state commesse, un bene sia stato introdotto nel circuito economico dell’Unione nel territorio di un altro Stato membro, nel quale tale bene era destinato al consumo. In tal caso, il fatto generatore dell’IVA all’importazione si verifica in tale altro Stato membro.

49

Orbene, dalla decisione di rinvio risulta che, se è vero che i beni in questione sono stati oggetto di violazione della normativa doganale sul territorio tedesco, essi sono stati unicamente trasbordati da un aereo all’altro su tale territorio.

50

È pur vero che, a causa di tali violazioni della normativa doganale, i beni in questione, che si trovavano materialmente nel territorio dell’Unione, non erano più sotto la sorveglianza delle autorità doganali tedesche, le quali erano private della possibilità di controllare la circolazione dei beni medesimi.

51

Tuttavia, nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che è stato accertato che i beni in questione sono stati trasportati in Grecia, la loro destinazione finale, dove sono stati consumati.

52

Pertanto, in una causa come quella principale, le violazioni della normativa doganale verificatesi sul territorio tedesco non costituiscono, di per sé, un elemento sufficiente per ritenere che i beni in questione siano entrati nel circuito economico dell’Unione in Germania.

53

Ciò detto, si deve rilevare che, in una fattispecie del genere, i beni sono entrati nel circuito economico dell’Unione nello Stato membro della loro destinazione finale e che, di conseguenza, l’IVA all’importazione relativa a tali beni è sorta in tale Stato membro.

54

Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla seconda questione posta dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), e l’articolo 30 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che, qualora un bene venga introdotto nel territorio dell’Unione europea, non è sufficiente che il bene sia stato oggetto di violazioni della normativa doganale in un determinato Stato membro, da cui sia derivata in tale Stato un’obbligazione doganale all’importazione, per ritenere che il bene sia entrato nel circuito economico dell’Unione nello Stato membro medesimo, qualora sia accertato che lo stesso bene è stato trasportato in un altro Stato membro, la sua destinazione finale, ove è stato consumato, ragion per cui l’imposta sul valore aggiunto all’importazione relativa al bene de quo sorge allora solo in detto altro Stato membro.

Sulle spese

55

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

L’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), e l’articolo 30 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che, qualora un bene venga introdotto nel territorio dell’Unione europea, non è sufficiente che il bene sia stato oggetto di violazioni della normativa doganale in un determinato Stato membro, da cui sia derivata in tale Stato un’obbligazione doganale all’importazione, per ritenere che il bene sia entrato nel circuito economico dell’Unione nello Stato membro medesimo, qualora sia accertato che lo stesso bene è stato trasportato in un altro Stato membro, la sua destinazione finale, ove è stato consumato, ragion per cui l’imposta sul valore aggiunto all’importazione relativa al bene de quo sorge allora solo in detto altro Stato membro.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.