Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

Share

Highlight in text

Go

SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

10 luglio 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Diritto alla detrazione dell’IVA versata a monte – Articolo 168 – Catena di cessioni di beni – Diniego del diritto alla detrazione a causa dell’esistenza di tale catena – Obbligo dell’autorità tributaria competente di dimostrare l’esistenza di una pratica abusiva»

Nella causa C-273/18,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Augstākā tiesa (Corte suprema, Lettonia), con decisione del 13 aprile 2018, pervenuta in cancelleria il 20 aprile 2018, nel procedimento

SIA «Kuršu zeme»

contro

Valsts ieņēmumu dienests,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da F. Biltgen, presidente di sezione, C.G. Fernlund (relatore) e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo lettone, da I. Kucina e V. Soņeca, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da M. Smolek, O. Serdula e J.Vláčil, in qualità di agenti;

per il governo estone, da N. Grünberg, in qualità di agente;

per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da N. Gossement e I. Rubene, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la SIA «Kuršu zeme» e il Valsts ieņēmumu dienests (amministrazione tributaria, Lettonia) (in prosieguo: il «VID») relativamente al diniego di quest’ultimo di riconoscere il diritto a detrarre l’imposta sul valore aggiunto (IVA) concernente gli acquisti di beni effettuati dalla suddetta società presso la società SIA «KF Prema», in quanto tali acquisti in realtà non avrebbero avuto luogo.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

L’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), i) della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

a)

le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

b)

gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro:

i)

da un soggetto passivo che agisce in quanto tale (…)».

4

L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva in parola così:

«Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

5

L’articolo 20, primo comma, della suddetta direttiva è così formulato:

«Si considera “acquisto intracomunitario di beni” l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto del bene».

6

A norma dell’articolo 23 della medesima direttiva:

«Gli Stati membri adottano le misure intese ad assicurare che siano qualificate come acquisti intracomunitari di beni le operazioni che, se fossero state effettuate nel loro territorio da un soggetto passivo che agisce in quanto tale, sarebbero state qualificate come cessioni di beni».

7

L’articolo 32, primo comma, della direttiva IVA dispone quanto segue:

«Si considera come luogo della cessione, se il bene è spedito o trasportato dal fornitore, dall’acquirente o da un terzo, il luogo dove il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente».

8

L’articolo 40 della direttiva in parola così stabilisce:

«È considerato luogo d’acquisto intracomunitario di beni il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente».

9

L’articolo 68 di detta direttiva così recita:

«Il fatto generatore dell’imposta si verifica al momento dell’effettuazione dell’acquisto intracomunitario di beni.

L’acquisto intracomunitario di beni è considerato effettuato nel momento in cui è considerata effettuata la cessione di beni analoghi nel territorio dello Stato membro».

10

L’articolo 69 della medesima direttiva è del seguente tenore:

«Nei casi di acquisti intracomunitari di beni, l’IVA diventa esigibile al momento dell’emissione della fattura o alla scadenza del termine di cui all’articolo 222, primo comma, se nessuna fattura è stata emessa entro tale data».

11

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA:

«Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nell’[Unione europea], dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni».

12

L’articolo 167 della suddetta direttiva prevede che «[i]l diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».

13

L’articolo 168 della citata direttiva è formulato nei termini seguenti:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)

l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;

(…)

c)

l’IVA dovuta per gli acquisti intracomunitari di beni conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto i)».

14

L’articolo 193 della medesima direttiva così prevede:

«L’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile (…)».

15

L’articolo 200 della direttiva IVA così recita:

«L’IVA è dovuta dalla persona che effettua un acquisto intracomunitario di beni imponibile».

Diritto lettone

16

Il Likums par pievienotās vērtības nodokli (legge relativa all’imposta sul valore aggiunto), del 9 marzo 1995 (Latvijas Vēstnesis, 1995, no 49; in prosieguo: la «legge sull’IVA»), nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale, così dispone al suo articolo 1, punti 2 e 34:

«2)   costituisce cessione di beni l’operazione con cui si trasferisce a un’altra persona il potere di disporre di un bene come proprietario.

(…)

34)   costituisce acquisto intracomunitario di beni la ricezione di beni nel territorio della Lettonia da un altro Stato membro mediante la quale i beni sono spediti o trasportati a partire da detto altro Stato membro dal fornitore, dal destinatario o per loro conto».

17

L’articolo 2, paragrafo 2, di tale legge prevede quanto segue:

«Sono soggette all’[IVA] le operazioni seguenti quando sono eseguite nel territorio della Lettonia e nell’ambito di attività economiche:

1)

le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso, incluso l’autoconsumo;

(…)».

18

L’art. 10, paragrafo 1, punti 1) e 7), della suddetta legge dispone quanto segue:

«Soltanto chi è registrato come soggetto passivo dinanzi all’Amministrazione ha il diritto di detrarre nella propria dichiarazione fiscale, dall’imposta versata all’Erario, i seguenti importi a titolo di imposta sul valore aggiunto versata a monte:

1)   gli importi dell’imposta indicati nelle fatture corrispondenti all’imposta che abbia ricevuto da altri soggetti passivi in relazione a beni e servizi, ai fini di operazioni proprie soggette a imposizione incluse le operazioni effettuate all’estero che sarebbero state soggette a imposizione qualora fossero state effettuate nel territorio della Lettonia;

(…)

7)   l’importo dell’imposta liquidata sugli acquisti di beni a livello intracomunitario ai fini di operazioni proprie soggette a imposizione».

19

L’articolo 18, paragrafo 1, della stessa legge così recita:

«Sono soggette a imposizione le operazioni intracomunitarie seguenti:

1)   le operazioni di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della presente legge quando sono effettuate nell’ambito di attività economiche e gli acquisti intracomunitari di beni;

2)   si considera acquisto intracomunitario di beni il trasferimento dei beni di una persona a partire da un altro Stato membro verso la Lettonia con la finalità di continuare a svolgere le proprie attività economiche in quest’ultimo territorio;

(…)».

20

L’art. 30, paragrafo 1, prima frase, della legge relativa all’IVA prevede quanto segue:

«Un soggetto passivo, che riceva beni da un altro soggetto passivo di uno Stato membro diverso, deve liquidare l’importo dell’imposta e corrispondere quest’ultima all’Erario applicando l’aliquota corrispondente a tale operazione ai sensi, a seconda del caso, del paragrafo 1 o 3 dell’articolo 5».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

21

La Kuršu zeme è una società con sede in Lettonia che, da febbraio a dicembre 2012, ha dichiarato operazioni di acquisto di beni da un’altra società stabilita in Lettonia, la KF Prema, e ha detratto l’IVA versata a monte relativa a tali operazioni.

22

In occasione di un accertamento fiscale, il VID ha constato che tali acquisti erano avvenuti al termine di una catena di operazioni successive tra varie società. I beni in parola erano stati infatti venduti inizialmente dalla AB «Baltfisher», una società con sede in Lituania, a due società stabilite in Lettonia. Essi erano stati poi rivenduti da quest’ultime ad un’altra società stabilita in Lettonia che li ha rivenduti alla KF Prema, la quale li ha infine rivenduti alla Kuršu zeme, la quale ha effettuato essa stessa il trasporto dei suddetti beni da Klaipėda (Lituania), sino al suo impianto situato in Lettonia.

23

Non avendo potuto trovare una spiegazione logica a tale catena di operazioni, la VID ha considerato, da un lato, che le società intermediarie non avessero in realtà esercitato alcuna attività nella realizzazione dell’acquisto dei beni in oggetto e, dall’altro, che la Kuršu zeme non poteva ignorare la natura artificiale della suddetta catena.

24

La VID ha dunque ritenuto che la Kuršu zeme avesse in realtà acquistato i beni in causa direttamente dalla Baltfisher e ha quindi qualificato gli acquisti in parola come «acquisti intracomunitari». Di conseguenza, con decisione del 29 aprile 2014, la VID ha rettificato le dichiarazioni dell’IVA presentate dalla Kuršu zeme includendo il valore dei beni di cui trattasi nel valore dei beni acquistati da altri Stati membri, aumentando conseguentemente l’IVA dovuta e riducendo nel contempo in maniera corrispondente l’IVA versata a monte che la Kuršu zeme aveva dichiarato.

25

La Kuršu zeme ha impugnato tale decisione innanzi l’administratīvā rajona tiesa (Tribunale amministrativo distrettuale, Lettonia), facendo valere, innanzitutto, che erano state soddisfatte tutte le condizioni formali e materiali per poter beneficiare del diritto alla detrazione, inoltre, che essa non aveva motivo di dubitare della KF Prema né della finalità della realizzazione delle sue operazioni e, infine, che essa non aveva ottenuto alcun vantaggio fiscale nell’ambito delle operazioni concluse con tale società.

26

Poiché il suo ricorso è stato respinto, la Kuršu zeme ha proposto appello presso l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale, Lettonia) la quale ha confermato la decisione dell’administratīvā rajona tiesa (Tribunale amministrativo distrettuale).

27

La Kuršu zeme ha pertanto proposto ricorso per cassazione innanzi l’Augstākā tiesa (Corte suprema, Lettonia) sostenendo che, nel concludere che essa fosse coinvolta in una catena di operazioni artificialmente create al fine di ottenere un vantaggio fiscale, il VID, l’administratīvā rajona tiesa (Tribunale amministrativo distrettuale) e l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale) non hanno indicato quale fosse tale vantaggio fiscale che essa o le altre società coinvolte nelle operazioni in causa avrebbero ottenuto. Secondo la Kuršu zeme, anche nel caso in cui essa avesse acquistato i beni in oggetto direttamente dalla Baltfisher, essa avrebbe avuto diritto, in virtù dell’articolo 10, paragrafo 7, della legge relativa all’IVA, a detrarre l’IVA concernente l’acquisto di tali beni in quanto «acquisto intracomunitario».

28

Il giudice del rinvio osserva che il fatto che non si riceva un bene direttamente da chi emette la fattura non è necessariamente la conseguenza di un occultamento fraudolento del reale fornitore. Conseguentemente, la circostanza che la Kuršu zeme sia entrata fisicamente in possesso dei beni in parola nel deposito della Baltfisher senza riceverli effettivamente da colui che ha emesso la fattura di tali beni, vale a dire la KF Prema, non può di per sé giustificare la conclusione che la Kuršu zeme non abbia acquistato i suddetti beni da tale società cosicché l’operazione d’acquisto intercorsa tra la Kuršu zeme e la KF Prema sarebbe simulata e, pertanto, si iscriverebbe in una frode dell’IVA.

29

Detto giudice si chiede se – senza dimostrare quale sia l’indebito vantaggio fiscale di cui avrebbero beneficiato il soggetto passivo stesso o le altre persone coinvolte nella catena di operazioni in discussione – sia possibile constatare l’esistenza di pratiche abusive.

30

È in tale contesto che l’Augstākā tiesa (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 168, lettera a), della direttiva [IVA] debba essere interpretato nel senso che osta al divieto di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto [versata a monte] qualora tale divieto si basi unicamente sul coinvolgimento consapevole del soggetto passivo nel concepire operazioni simulate, ma non venga indicato in che modo dalle specifiche operazioni sia risultato un pregiudizio a danno dell’Erario – per il mancato pagamento dell’IVA o come richiesta indebita di rimborso di detta imposta – rispetto ad una situazione nella quale le operazioni fossero state concepite conformemente alle loro reali circostanze».

Sulla questione pregiudiziale

31

Poiché risulta dalla decisione di rinvio che la controversia nella causa principale non concerne un caso di frode in materia di IVA ma una potenziale pratica abusiva, occorre intendere la questione del giudice del rinvio come diretta, in sostanza, a stabilire se l’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che, per negare il diritto di detrarre l’IVA versata a monte, la circostanza che un acquisto di beni sia avvenuto al termine di una catena di operazioni di vendita successive tra varie persone e che il soggetto passivo sia entrato in possesso dei beni in parola nel deposito di una persona facente parte di tale catena, diversa dalla persona che compare quale fornitore nella fattura, sia di per sé sufficiente a constatare l’esistenza di una pratica abusiva ad opera del soggetto passivo o delle altre persone coinvolte nella suddetta catena o se sia anche necessario dimostrare quale sia l’indebito vantaggio fiscale di cui avrebbero beneficiato detto soggetto passivo o tali altre persone.

32

Secondo costante giurisprudenza della Corte, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione (v. sentenza del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C-101/16, EU:C:2017:775, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

33

A tal proposito, il diritto alla detrazione previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. In particolare, tale diritto va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte (v. sentenza del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C-101/16, EU:C:2017:775, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

34

Occorre, tuttavia ricordare che la lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA. In effetti, i singoli non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme dell’Unione. Pertanto, è compito delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (v. sentenza del 13 febbraio 2014, Maks Pen, C-18/13, EU:C:2014:69,punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

35

La Corte ha dichiarato che l’accertamento di una pratica abusiva, in materia di IVA richiede la sussistenza di due condizioni, vale a dire, da un lato, che le operazioni di cui trattasi, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della normativa nazionale di trasposizione, abbiano come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale delle operazioni di cui trattasi si limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (v. sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C-419/14, EU:C:2015:832, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

36

In tale contesto, occorre ricordare che il fatto che si riceva un bene direttamente da colui che emette la fattura non è necessariamente la conseguenza di un occultamento fraudolento del reale fornitore e non costituisce necessariamente una pratica abusiva, ma può avere altre motivazioni, quali, in particolare, l’esistenza di due vendite successive riguardanti i medesimi beni, i quali, su ordine, sono trasportati direttamente dal primo venditore al secondo acquirente, cosicché si verificano due cessioni successive ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IVA, ma un solo trasporto effettivo. Inoltre, non è necessario che il primo acquirente sia divenuto proprietario dei beni in parola al momento di tale trasporto, posto che l’esistenza di una cessione ai sensi di tale disposizione non presuppone il trasferimento della proprietà giuridica del bene (v., in tal senso ordinanza, del 6 febbraio 2014, Jagiełło, C-33/13, non pubblicata, EU:C:2014:184, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

37

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che il VID non ha né dimostrato, nella causa di cui al procedimento principale, l’indebito vantaggio fiscale di cui la Kuršu zeme avrebbe beneficiato, né ha individuato gli eventuali indebiti vantaggi fiscali ottenuti dalle altre società coinvolte nella catena di operazioni successive di vendita dei beni in parola al fine di verificare se l’obiettivo reale delle suddette operazioni consistesse unicamente nell’ottenimento di un indebito vantaggio fiscale. Conseguentemente, occorre considerare che la sola esistenza di una catena di operazioni e il fatto che la Kuršu zeme sia entrata fisicamente in possesso dei beni di cui trattasi nel deposito della Baltfisher senza riceverli effettivamente dalla società che compare quale fornitore di tali beni nella fattura, ossia la KF Prema, non possono, come constatato anche dal giudice del rinvio, di per sé giustificare la conclusione che la Kuršu zeme non abbia acquistato i suddetti beni presso la KF Prema cosicché l’operazione intercorsa tra tali due società non avrebbe avuto luogo.

38

Alla luce di tali considerazioni, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, nelle quali l’autorità tributaria competente non ha fornito alcun elemento di prova che attesti l’esistenza di una pratica abusiva, non può essere negato al soggetto passivo il diritto alla detrazione.

39

Per il resto, quanto alla questione, che non è stata posta dal giudice del rinvio, di stabilire quale sia, fra gli acquisti della catena in questione nel procedimento principale, quello al quale deve essere imputato l’unico trasporto intracomunitario e che, quindi, sarà il solo a dover essere qualificato come «acquisto intracomunitario», spetta al giudice del rinvio procedere a una valutazione complessiva di tutte le circostanze particolari del caso di specie e determinare, segnatamente, il momento in cui sia avvenuto il trasferimento, a favore della Kuršu zeme, del potere di disporre del bene come proprietario (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, AREX CZ, C-414/17, EU:C:2018:1027, punti 70 e 72). Dal momento in cui avrà avuto luogo tale trasferimento, vale a dire prima o dopo il trasporto intracomunitario, dipenderanno tanto la qualificazione come acquisto intracomunitario di uno degli acquisti della catena di cui al procedimento principale quanto la portata del diritto alla detrazione, o al rimborso dell’IVA a vantaggio della Kuršu zeme (v., in tal senso, sentenze del 21 febbraio 2018, Kreuzmayr, C-628/16, EU:C:2018:84, punti 43 e 44, nonché dell’11 aprile 2019, PORR Építési Kft., C-691/17, EU:C:2019:327, punti 30 e 42).

40

Pertanto, nell’ipotesi in cui la cessione finale di una catena di cessioni successive, comportanti un unico trasporto intracomunitario, costituisca una cessione intracomunitaria, l’acquirente finale non può detrarre dall’IVA di cui è debitore l’importo dell’IVA assolta indebitamente per beni che gli sono stati forniti nell’ambito di una cessione intracomunitaria esente sulla sola base della fattura erronea trasmessa dal fornitore (v., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 2018, Kreuzmayr, C-628/16, EU:C:2018:84, punto 44).

41

Tale acquirente potrebbe, invece, chiedere il rimborso dell’imposta indebitamente versata all’operatore che ha emesso una fattura erronea, conformemente al diritto nazionale (v. sentenza del 21 febbraio 2018, Kreuzmayr, C-628/16, EU:C:2018:84, punto 48 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, in una situazione in cui l’IVA è stata effettivamente versata all’erario dal fornitore di cui trattasi, se il rimborso dell’IVA da parte di quest’ultimo all’acquirente risultasse impossibile o eccessivamente difficile in caso, tra l’altro, d’insolvenza di siffatto fornitore, il principio di effettività può imporre che tale acquirente possa rivolgere la sua richiesta di rimborso direttamente nei confronti delle autorità tributarie (v., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2019, PORR Építési Kft., C-691/17, EU:C:2019:327, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

42

Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione posta nel senso che l’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che, per negare il diritto di detrarre l’IVA versata a monte, la circostanza che un acquisto di beni sia avvenuto al termine di una catena di operazioni di vendita successive tra varie persone e che il soggetto passivo sia entrato in possesso dei beni in oggetto nel deposito di una persona facente parte di tale catena, diversa dalla persona che compare quale fornitore sulla fattura, non è di per sé sufficiente per constatare l’esistenza di una pratica abusiva da parte del soggetto passivo o delle altre persone coinvolte nella suddetta catena, essendo l’autorità tributaria competente tenuta a dimostrare l’esistenza di un indebito vantaggio fiscale di cui abbiano goduto tale soggetto passivo o tali altre persone.

Sulle spese

43

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

 

L’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, deve essere interpretato nel senso che, per negare il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto (IVA) versata a monte, la circostanza che un acquisto di beni sia avvenuto al termine di una catena di operazioni di vendita successive tra varie persone e che il soggetto passivo sia entrato in possesso dei beni in oggetto nel deposito di una persona facente parte di tale catena, diversa dalla persona che compare quale fornitore sulla fattura, non è di per sé sufficiente per constatare l’esistenza di una pratica abusiva da parte del soggetto passivo o delle altre persone coinvolte nella suddetta catena, essendo l’autorità tributaria competente tenuta a dimostrare l’esistenza di un indebito vantaggio fiscale di cui abbiano goduto tale soggetto passivo o tali altre persone.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il lettone.