Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

Share

Highlight in text

Go

SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

17 ottobre 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 146 – Esenzioni all’esportazione – Nozione di “cessione di beni” – Articolo 131 – Condizioni stabilite dagli Stati membri – Principio di proporzionalità – Principio della neutralità fiscale – Prove – Frode – Prassi di uno Stato membro consistente nel negare il diritto all’esenzione qualora l’acquirente dei beni esportati non sia identificato»

Nella causa C-653/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), con decisione del 19 giugno 2018, pervenuta in cancelleria il 17 ottobre 2018, nel procedimento

Unitel sp. z o.o.

contro

Dyrektor Izby Skarbowej w Warszawie,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da I. Jarukaitis (relatore), presidente di sezione, M. Ilešič e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Unitel sp. z o.o., da A. Nikończyk, doradca podatkowy;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da M. Siekierzyńska e J. Jokubauskaitė, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), e dell’articolo 131 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»), alla luce segnatamente dei principi di neutralità fiscale e di proporzionalità.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Unitel sp. z o.o. e il Dyrektor Izby Skarbowej w Warszawie (direttore dell’ufficio delle imposte di Varsavia; in prosieguo: il «direttore dell’ufficio delle imposte»), in merito a un diniego di esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) per esportazioni di beni al di fuori dell’Unione europea effettuate nel 2007.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IVA, così dispone:

«Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

4

A termini dell’articolo 131 della medesima direttiva:

«Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 si applicano [fatte salve] le altre disposizioni [dell’Unione] e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso».

5

L’articolo 146 della direttiva in parola, contenuto nel capo 6 della stessa, intitolato «Esenzioni all’esportazione», al paragrafo 1, lettere a) e b), prevede quanto segue:

«Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

a)

le cessioni di beni spediti o trasportati, dal venditore o per suo conto, fuori dell[’Unione];

b)

le cessioni di beni spediti o trasportati da un acquirente non stabilito nel loro rispettivo territorio, o per conto del medesimo, fuori dell[’Unione], ad eccezione dei beni trasportati dall’acquirente stesso e destinati all’attrezzatura o al rifornimento e al vettovagliamento di navi da diporto, aerei da turismo o qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato».

6

L’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA dispone che, nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo. In forza dell’articolo 169, lettera b), della stessa direttiva, il soggetto passivo ha il diritto di detrarre l’IVA nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini di sue operazioni esenti conformemente all’articolo 146 della direttiva succitata.

Diritto polacco

7

L’articolo 2, punto 8, dell’ustawa o podatku od towarów i usług (legge in materia di imposta sui beni e sui servizi), dell’11 marzo 2004 (Dz. U. del 2011, n. 177, posizione 1054), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sull’IVA»), così dispone:

«Agli effetti della presente legge si intende per: (…) esportazione di beni – la cessione di beni spediti o trasportati dal territorio dello Stato fuori dell’Unione europea:

a)

dal fornitore o per suo conto, oppure

b)

dall’acquirente stabilito al di fuori del territorio dello Stato o per suo conto, ad eccezione dei beni esportati dall’acquirente stesso e destinati all’attrezzatura, al rifornimento e al vettovagliamento di navi da diporto, aerei da turismo o qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato, se l’esportazione di beni fuori dell’Unione europea sia confermata dall’autorità doganale competente, come definita dalle disposizioni in materia doganale».

8

A norma dell’articolo 7, paragrafo 1, della legge succitata, «costituisce cessione di beni, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, punto 1, il trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario».

9

L’articolo 41 della medesima legge prevede quanto segue:

«(…)

4)

L’aliquota d’imposta sull’esportazione di beni di cui all’articolo 2, punto 8, lettera a), è pari allo 0%.

(…)

6)

L’aliquota dello 0% si applica alle esportazioni di beni di cui ai paragrafi 4 e 5, a condizione che, prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione fiscale per un determinato periodo d’imposta, il soggetto passivo abbia ricevuto il documento attestante l’esportazione dei beni al di fuori del territorio dell’Unione europea.

(…)

11)

Le disposizioni dei paragrafi 4 e 5 si applicano mutatis mutandis all’esportazione di beni di cui all’articolo 2, punto 8, lettera b), qualora il soggetto passivo, prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione fiscale per il periodo d’imposta nel corso del quale ha effettuato la cessione di beni, abbia ricevuto il documento di cui al paragrafo 6, dal quale sia possibile individuare i beni oggetto di cessione e di esportazione. (…)

(…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

10

Dal gennaio al maggio 2007, la Unitel, società con sede in Polonia, ha venduto telefoni cellulari a due enti ucraini. In seguito a un accertamento di cui la medesima società è stata oggetto, l’amministrazione tributaria ha constatato che era stata effettuata la procedura di esportazione di tali telefoni cellulari al di fuori del territorio dell’Unione, ma che i beni in questione erano stati acquistati non già dagli enti menzionati nelle fatture, bensì da altri enti che non sono stati identificati. La suddetta amministrazione ha quindi ritenuto, con decisione confermata da una decisione del direttore dell’ufficio delle imposte del 29 agosto 2014, che non fosse avvenuta alcuna cessione di beni, ai sensi dell’articolo 2, punto 8, della legge sull’IVA e che, pertanto, la Unitel non aveva il diritto di applicare l’aliquota IVA dello 0%, prevista all’articolo 41, paragrafo 4, della legge citata.

11

Investito di un ricorso avverso la decisione del direttore dell’ufficio delle imposte, il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia, Polonia) ha rilevato che dagli accertamenti effettuati risultava che uno dei due enti ucraini era una società di comodo, finalizzata a occultare l’effettivo destinatario nonché a commettere una frode fiscale nei confronti delle autorità tributarie sia polacche sia ucraine, e che l’altro ente non era l’operatore economico che aveva acquistato i telefoni presso la Unitel. Il giudice summenzionato ha ritenuto che non si fosse configurata alcuna cessione di beni giacché l’amministrazione tributaria aveva dimostrato che gli acquirenti dei beni menzionati nelle fatture non erano entrati in possesso degli stessi, non ne avevano disposto come proprietari e non esercitavano alcuna attività economica, sicché le operazioni di cui trattasi non potevano essere qualificate come «esportazione di beni», ai sensi dell’articolo 2, punto 8, della legge sull’IVA. Lo stesso giudice ha dichiarato, inoltre, che la Unitel non aveva dato prova della diligenza richiesta nell’effettuare le operazioni in questione. Esso ha in particolare rilevato, al riguardo, che tale società aveva redatto le proprie fatture basandosi su dati presentati da enti i cui incarichi non erano validi o che non possedevano veri indirizzi professionali né validi documenti attestanti la contabilizzazione dell’IVA.

12

La Unitel ha impugnato la sentenza del Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia) dinanzi al Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), giudice del rinvio. A sostegno dell’impugnazione, l’Unitel deduce un’interpretazione e un’applicazione erronee dell’articolo 131 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della medesima, in quanto l’applicazione dell’aliquota dello 0% è stata subordinata al rispetto di requisiti formali nonostante fossero soddisfatti tutti i requisiti sostanziali per l’applicazione di tale aliquota, nonché un errore di interpretazione e di applicazione dell’articolo 41, paragrafi 4 e 11, della legge sull’IVA, in combinato disposto con l’articolo 41, paragrafo 6, l’articolo 2, punto 8, e l’articolo 7, paragrafo 1, della stessa legge. Detto errore consisterebbe nell’aver ritenuto che la cessione di beni sia effettiva solo quando l’operatore menzionato nella fattura come acquirente è identico all’operatore che partecipa effettivamente in tale qualità all’operazione di cui trattasi, nel rifiutarsi di conseguenza di qualificare la stessa operazione come esportazione di beni e di applicare l’aliquota dello 0%, e nel ritenere nondimeno che l’operazione in questione costituisca una cessione assoggettabile all’aliquota nazionale.

13

Il giudice del rinvio sottolinea che ai fini della soluzione della controversia di cui al procedimento principale è necessario interpretare la direttiva IVA e, anzitutto, la nozione di «cessione di beni», ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della medesima. Esso riferisce che le autorità tributarie nazionali ritengono che detta nozione debba essere interpretata conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, della legge sull’IVA, che ha recepito l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IVA, ossia come il trasferimento del potere di disporre del bene di cui trattasi come proprietario. Pertanto, secondo le suddette autorità, le due parti dell’operazione devono effettivamente esistere ed essere identificate, il che non avviene quando l’acquirente designato nella fattura o nei documenti doganali è un ente fittizio o quando l’acquirente dei beni al di fuori del territorio dell’Unione è un altro soggetto non identificato. Tale interpretazione sarebbe altresì quella condivisa dalla maggior parte dei giudici amministrativi polacchi.

14

Il giudice del rinvio nutre nondimeno dubbi quanto alla questione se, per constatare che una cessione di beni al di fuori del territorio dell’Unione abbia realmente avuto luogo, allorché l’esportazione dei medesimi beni non è stata contestata in quanto tale, sia effettivamente necessario che l’ente designato nella fattura del fornitore e nei documenti doganali come acquirente dei beni in questione coincida con il destinatario effettivo degli stessi. Esso si chiede se, in una situazione del genere, non vi sia trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IVA. Il giudice del rinvio rileva in particolare che, nella sentenza del19 dicembre 2013, BDV Hungary Trading (C-563/12, EU:C:2013:854), la Corte ha dichiarato che, in una fattispecie in cui le condizioni per l’esenzione all’esportazione previste all’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, segnatamente l’uscita dei beni in questione dal territorio doganale dell’Unione, sono soddisfatte, nessuna IVA è dovuta per una tale cessione e che, in simili circostanze, non esiste più, in linea di principio, alcun rischio di frode fiscale o di perdite fiscali che possa giustificare l’assoggettamento a imposta dell’operazione di cui trattasi.

15

Premesso ciò, secondo il giudice del rinvio, occorre poi stabilire in che misura un’eventuale frode avvenuta nel territorio dello Stato terzo, in cui è stato preso in consegna il bene esportato da un soggetto diverso da quello indicato nei documenti doganali, incida sull’applicazione dell’esenzione con diritto a detrazione dell’IVA. Esaminando la giurisprudenza della Corte secondo la quale gli Stati membri sono tenuti a negare il beneficio dei diritti previsti dalla direttiva IVA in caso di frode commessa dal soggetto passivo stesso o allorché quest’ultimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l’operazione di cui trattasi, esso partecipava a un’operazione rientrante nell’ambito di una frode in materia di IVA, il giudice del rinvio si chiede se l’obbligo in questione, che mira a tutelare il mercato interno, si applichi quando la frode è commessa unicamente nel territorio di uno Stato terzo, Stato di destinazione e di consumo dei beni esportati.

16

Infine, il giudice del rinvio si chiede se, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, sia corretta la prassi nazionale consistente nell’applicare l’IVA all’operazione di cui trattasi come se questa costituisse una cessione nazionale, laddove la constatazione dell’assenza di cessione di beni dovrebbe indurre a ritenere che essa non sia assoggettata all’IVA e non dia diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte.

17

Stante quanto precede, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se, alla luce degli articoli 146, paragrafo 1, lettere a) e b), e 131, della direttiva [IVA], nonché dei principi di tassazione dei consumi, di neutralità e di proporzionalità, la corretta prassi nazionale debba consistere nell’applicazione dell’esenzione con diritto a detrazione (in Polonia, l’aliquota dello 0%), ogniqualvolta siano soddisfatte cumulativamente due condizioni:

a)

l’esportazione di beni sia avvenuta nei confronti di un destinatario non identificato stabilito fuori dell’Unione europea, e

b)

sussistano chiare prove del fatto che i beni hanno lasciato il territorio dell’Unione europea e tale circostanza non sia contestata.

2)

Se le disposizioni degli articoli 146, paragrafo 1, lettere a) e b), e 131 della direttiva [IVA], nonché i principi di tassazione dei consumi, di neutralità e di proporzionalità, ostino ad una prassi nazionale consistente nel ritenere non avvenuta una cessione – con la conseguenza che le autorità tributarie negano l’applicazione ad una siffatta operazione dell’esenzione con diritto a detrazione (in Polonia, l’aliquota dello 0%) – qualora dei beni siano stati incontestabilmente esportati fuori dell’Unione europea e, successivamente all’esportazione, le suddette autorità tributarie abbiano constatato, nell’ambito di un accertamento da esse condotto, che l’acquirente effettivo dei beni non era il soggetto indicato nella fattura, emessa dal soggetto passivo, attestante la cessione, bensì un soggetto diverso, non identificato dalle autorità.

3)

Se, alla luce degli articoli 146, paragrafo 1, lettere a) e b), e 131, della direttiva [IVA], nonché dei principi di tassazione dei consumi, di neutralità e di proporzionalità – nell’ipotesi in cui vi siano chiare prove del fatto che i beni hanno lasciato il territorio dell’Unione europea, ma le autorità, in assenza di un destinatario identificato, ritengano non avvenuta la cessione di beni – la corretta prassi nazionale debba consistere nell’applicazione alla cessione di beni dell’aliquota nazionale, o se invece si debba ritenere che in una situazione del genere non sussista alcuna operazione imponibile ai fini dell’IVA, con la conseguenza che il soggetto passivo non ha diritto, ai sensi dell’articolo 168 della direttiva [IVA], a detrarre l’imposta pagata a monte sull’acquisto dei beni esportati».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni prima e seconda

18

Con le questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 131 della direttiva IVA nonché i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale, come quella di cui al procedimento principale, consistente nel ritenere in tutti i casi che non si configuri una cessione di beni, ai sensi di questa prima disposizione, e nel negare di conseguenza il beneficio dell’esenzione dall’IVA qualora i beni interessati siano stati esportati fuori dell’Unione e, successivamente alla loro esportazione, le autorità tributarie abbiano constatato che l’acquirente dei medesimi beni era non già il soggetto menzionato nella fattura redatta dal soggetto passivo, bensì un ente diverso che non è stato identificato. Ciò posto, il giudice del rinvio si interroga sull’incidenza che può avere un’eventuale frode commessa nel territorio di uno Stato terzo quanto all’applicazione del diritto all’esenzione dall’IVA.

19

A tale riguardo, occorre ricordare, in primo luogo, che, in forza dell’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva IVA, gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati dal venditore o per suo conto, oppure da un acquirente o per suo conto, fuori dell’Unione. Tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, della suddetta direttiva, ai sensi del quale si considera «cessione di beni» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario (sentenze del 19 dicembre 2013, BDV Hungary Trading, C-563/12, EU:C:2013:854, punto 23, e del 28 marzo 2019, Vinš, C-275/18, EU:C:2019:265, punto 22).

20

Tale esenzione è volta a garantire l’assoggettamento a imposta delle cessioni di beni interessate presso il luogo di destinazione di queste ultime, ossia il luogo in cui i prodotti saranno consumati (sentenza del 28 marzo 2019, Vinš, C-275/18, EU:C:2019:265, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

21

Come la Corte ha già in più occasioni rilevato, dalle disposizioni di cui al punto 19 della presente sentenza e, in particolare, dal termine «spediti» impiegato all’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva IVA deriva che l’esportazione di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione all’esportazione diviene applicabile quando il potere di disporre di tale bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, il fornitore prova che detto bene è stato spedito o trasportato al di fuori dell’Unione e il bene, in seguito a tale spedizione o trasporto, ha lasciato fisicamente il territorio dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2013, BDV Hungary Trading, C-563/12, EU:C:2013:854, punto 24 e giurisprudenza ivi citata, e del 28 marzo 2019, Vinš, C-275/18, EU:C:2019:265, punto 24).

22

La Corte ha altresì già dichiarato che la nozione di «cessione di beni» ha un carattere obiettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi, senza che l’amministrazione tributaria sia obbligata a procedere a indagini per accertare la volontà del soggetto passivo in questione o di tener conto dell’intenzione di un operatore, diverso da tale soggetto passivo, che intervenga nella stessa catena di cessioni (v., in tal senso, sentenza del 21 novembre 2013, Dixons Retail, C-494/12, EU:C:2013:758, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

23

Ne consegue che operazioni come quelle oggetto del procedimento principale costituiscono cessioni di beni, ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva IVA, se soddisfano i criteri oggettivi sui quali è fondata la nozione in esame, ricordati al punto 21 della presente sentenza.

24

Orbene, il fatto che beni esportati siano acquistati fuori dell’Unione da un ente che non è quello menzionato nella fattura e che non è identificato non esclude che i summenzionati criteri oggettivi siano soddisfatti.

25

Di conseguenza, la qualificazione di un’operazione come cessione di beni, ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva IVA, non può essere subordinata alla condizione che l’acquirente sia identificato.

26

Tuttavia, in secondo luogo, spetta agli Stati membri, conformemente all’articolo 131 della direttiva IVA, fissare le condizioni in presenza delle quali essi esentano le operazioni di esportazione per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste dalla direttiva in parola e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Nell’esercizio dei loro poteri, gli Stati membri devono nondimeno rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, tra i quali figura, in particolare, il principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2018, Pieńkowski, C-307/16, EU:C:2018:124, punti 32 e 33).

27

Per quanto attiene al summenzionato principio di proporzionalità, occorre ricordare che una misura nazionale eccede quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta nel caso in cui subordini essenzialmente il diritto all’esenzione dall’IVA al rispetto di obblighi formali, senza che siano presi in considerazione i requisiti sostanziali e, in particolare, senza porsi la questione se questi ultimi siano stati soddisfatti. Le operazioni devono infatti essere tassate prendendo in considerazione le loro caratteristiche oggettive (sentenze dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17, EU:C:2018:887, punto 38, e del 28 marzo 2019, Vinš, C-275/18, EU:C:2019:265, punto 29).

28

Inoltre, qualora i requisiti sostanziali siano soddisfatti, il principio di neutralità fiscale esige che l’esenzione dall’IVA sia concessa anche se determinati requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi (sentenza dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17, EU:C:2018:887, punto 39).

29

Secondo la giurisprudenza della Corte, esistono due sole fattispecie nelle quali l’inosservanza di un requisito formale può comportare la perdita del diritto all’esenzione dall’IVA (sentenze dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17, EU:C:2018:887, punto 40, e del 28 marzo 2019, Vinš, C-275/18, EU:C:2019:265, punto 32).

30

Da un lato, la violazione di un requisito formale può portare al diniego dell’esenzione dall’IVA se tale violazione ha come effetto d’impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (sentenze dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17, EU:C:2018:887, punto 42, e del 28 marzo 2019, Vinš, C-275/18, EU:C:2019:265, punto 35).

31

Pertanto, se l’assenza di identificazione dell’effettivo acquirente impedisce, in un determinato caso, di dimostrare che l’operazione in questione costituisce una cessione di beni, ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva IVA, tale circostanza può portare a negare il beneficio dell’esenzione all’esportazione previsto dal medesimo articolo. Per contro, esigere in tutti i casi che l’acquirente dei beni nello Stato terzo sia identificato, senza indagare se siano soddisfatte le condizioni sostanziali di tale esenzione, in particolare l’uscita dei beni di cui trattasi dal territorio doganale dell’Unione, non rispetta né il principio di proporzionalità né il principio di neutralità fiscale.

32

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che è pacifico che i beni di cui trattasi nel procedimento principale sono stati venduti, sono stati spediti al di fuori dell’Unione e hanno fisicamente lasciato il territorio dell’Unione, cosicché, fatta salva la verifica di tali fatti che incombe al giudice nazionale, il soddisfacimento dei criteri che un’operazione deve soddisfare per costituire una cessione di beni, ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva IVA, risulta dimostrato, nonostante il fatto che gli effettivi acquirenti dei beni in questione non siano stati identificati.

33

Dall’altro lato, il principio di neutralità fiscale non può essere invocato, ai fini dell’esenzione dall’IVA, da un soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente a una frode fiscale mettendo a repentaglio il funzionamento del sistema comune dell’IVA. Secondo la giurisprudenza della Corte, non è contrario al diritto dell’Unione esigere che un operatore agisca in buona fede e adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una frode fiscale. Nell’ipotesi in cui il soggetto passivo di cui trattasi sapesse o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in una frode posta in essere dall’acquirente e non avesse adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare la frode medesima, dovrebbe essergli negato il beneficio dell’esenzione (sentenze dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17, EU:C:2018:887, punto 41, e del 28 marzo 2019, Vinš, C-275/18, EU:C:2019:265, punto 33).

34

Il fornitore non può invece essere considerato responsabile del pagamento dell’IVA indipendentemente dal suo coinvolgimento nella frode commessa dall’acquirente. Infatti, sarebbe manifestamente sproporzionato imputare a un soggetto passivo i mancati introiti tributari causati dai comportamenti fraudolenti di terzi sui quali esso non ha alcuna influenza (v., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt, C-271/06, EU:C:2008:105, punto 23).

35

Nella sentenza del 19 dicembre 2013, BDV Hungary Trading (C-563/12, EU:C:2013:854), richiamata dal giudice del rinvio, la Corte ha rilevato, al punto 40 della medesima, che, in una fattispecie in cui le condizioni per l’esenzione all’esportazione previste all’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, segnatamente l’uscita dei beni in questione dal territorio doganale dell’Unione, sono soddisfatte, nessuna IVA è dovuta per una tale cessione e che non esiste più, in linea di principio, alcun rischio di frode fiscale o di perdite fiscali che possa giustificare l’assoggettamento a imposta dell’operazione di cui trattasi.

36

Nel caso di specie, il giudice del rinvio, senza fornire precisazioni sulla natura della frode nell’ambito della quale rientrerebbero le operazioni di cui al procedimento principale, riferisce che i beni oggetto di tali operazioni sono usciti dal territorio dell’Unione e rileva che la frode in questione è stata commessa unicamente nel territorio di uno Stato terzo, Stato di destinazione e del luogo di consumo dei beni medesimi.

37

Atteso che la circostanza che gli atti fraudolenti siano stati commessi in uno Stato terzo non può essere sufficiente a escludere l’esistenza di qualsiasi frode commessa a danno del sistema comune dell’IVA, il giudice nazionale è tenuto a verificare che le operazioni di cui trattasi nel procedimento principale non rientrassero nell’ambito di una simile frode e, se così fosse, a valutare se il soggetto passivo lo sapesse o avrebbe dovuto saperlo.

38

Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni prima e seconda dichiarando che l’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 131 della direttiva IVA nonché i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale, come quella di cui al procedimento principale, consistente nel ritenere in tutti i casi che non si configuri una cessione di beni, ai sensi di questa prima disposizione, e nel negare di conseguenza il beneficio dell’esenzione dall’IVA, qualora i beni interessati siano stati esportati fuori dell’Unione e, successivamente alla loro esportazione, le autorità tributarie abbiano constatato che l’acquirente dei medesimi beni era non già il soggetto menzionato nella fattura redatta dal soggetto passivo, bensì un ente diverso che non è stato identificato. In simili circostanze, il beneficio dell’esenzione dall’IVA prevista all’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva in parola deve essere negato se l’assenza di identificazione dell’effettivo acquirente impedisce di dimostrare che l’operazione in questione costituisce una cessione di beni, ai sensi della medesima disposizione, o se è dimostrato che il suddetto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione in questione rientrava nell’ambito di una frode commessa a danno del sistema comune dell’IVA.

Sulla terza questione

39

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva IVA debba essere interpretata nel senso che, qualora, in circostanze come quelle descritte nelle questioni prima e seconda, sia negato il beneficio dell’esenzione dall’IVA previsto all’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva IVA, occorre applicare all’operazione in questione l’IVA applicabile alle cessioni di beni effettuate nel territorio nazionale o se si debba ritenere che tale operazione non costituisca un’operazione imponibile e che, pertanto, essa non conferisca il diritto al beneficio della detrazione dell’IVA assolta a monte.

40

A tale riguardo, è sufficiente constatare che, in assenza di cessione di beni effettuata nel territorio nazionale e di operazione esente conformemente all’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva IVA, non esiste alcuna operazione imponibile né alcun diritto a detrazione ai sensi dell’articolo 168 o dell’articolo 169 della medesima direttiva.

41

Di conseguenza, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che la direttiva IVA deve essere interpretata nel senso che, qualora, in circostanze come quelle descritte nelle questioni prima e seconda, sia negato il beneficio dell’esenzione dall’IVA prevista all’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva IVA, si deve giudicare che l’operazione in questione non costituisce un’operazione imponibile e che, pertanto, essa non conferisce il diritto al beneficio della detrazione dell’IVA assolta a monte.

Sulle spese

42

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 131 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, nonché i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale, come quella di cui al procedimento principale, consistente nel ritenere in tutti i casi che non si configuri una cessione di beni, ai sensi di questa prima disposizione, e nel negare di conseguenza il beneficio dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (IVA), qualora i beni interessati siano stati esportati fuori dell’Unione europea e, successivamente alla loro esportazione, le autorità tributarie abbiano constatato che l’acquirente dei medesimi beni era non già il soggetto menzionato nella fattura redatta dal soggetto passivo, bensì un ente diverso che non è stato identificato. In simili circostanze, il beneficio dell’esenzione dall’IVA prevista all’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva in parola deve essere negato se l’assenza di identificazione dell’effettivo acquirente impedisce di dimostrare che l’operazione in questione costituisce una cessione di beni, ai sensi della medesima disposizione, o se è dimostrato che il suddetto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione in questione rientrava nell’ambito di una frode commessa a danno del sistema comune dell’IVA.

 

2)

La direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che, qualora, in simili circostanze, sia negato il beneficio dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) prevista all’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2006/112, si deve giudicare che l’operazione in questione non costituisce un’operazione imponibile e che, pertanto, essa non conferisce il diritto al beneficio della detrazione dell’IVA assolta a monte.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.