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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

11 giugno 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 17, paragrafo 2, lettera g) – Trasferimento di beni mobili all’interno dell’Unione europea ai fini di una prestazione di servizi – Articoli 170 e 171 – Diritto al rimborso dell’IVA ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso – Direttiva 2008/9/CE – Nozione di “soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso” – Soggetto passivo non identificato ai fini dell’IVA nello Stato membro di rimborso»

Nella causa C-242/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunalul Bucureşti (Tribunale superiore di Bucarest, Romania), con decisione del 18 gennaio 2019, pervenuta in cancelleria il 20 marzo 2019, nel procedimento

CHEP Equipment Pooling NV

contro

Agenţia Naţională de Administrare Fiscală – Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Bucureşti – Serviciul soluţionare contestaţii,

Agenţia Naţională de Administrare Fiscală – Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Bucureşti – Administraţia fiscală pentru contribuabili nerezidenţi,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da S. Rodin, presidente di sezione, K. Jürimäe (relatrice) e N. Piçarra, giudici,

avvocato generale: G. Hogan

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la CHEP Equipment Pooling NV, da E. Băncilă, avocat;

–        per il governo rumeno, inizialmente da E. Gane, L. Liţu e C.-R. Canţăr, in seguito da E. Gane e L. Liţu, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Armenia e L. Lozano Palacios, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008 (GU 2008, L 44, pag. 11) (in prosieguo: la «direttiva IVA»), nonché sull’interpretazione dell’articolo 2, punto 1, e dell’articolo 3 della direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro (GU 2008, L 44, pag. 23).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la CHEP Equipment Pooling NV (in prosieguo: la «CHEP»), società con sede in Belgio, e, dall’altro, l’Agenția Națională de Administrare Fiscală – Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice București – Serviciul soluționare contestații (Agenzia nazionale dell’amministrazione tributaria – Direzione generale regionale delle Finanze pubbliche di Bucarest – Ufficio reclami, Romania) e l’Agenția Națională de Administrare Fiscală – Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice București – Administrația fiscală pentru contribuabili nerezidenți (Agenzia nazionale dell’amministrazione tributaria – Direzione generale regionale delle Finanze pubbliche di Bucarest – Amministrazione tributaria per i contribuenti non residenti, Romania) (in prosieguo, congiuntamente: le «autorità tributarie rumene»), in merito al rifiuto di dette autorità di concedere alla società summenzionata il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) assolta in Romania.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 La direttiva IVA

3        L’articolo 17 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«1.      È assimilato ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro.

Costituisce “trasferimento a destinazione di un altro Stato membro” qualsiasi spedizione o trasporto di un bene mobile materiale effettuato dal soggetto passivo o per suo conto, fuori dal territorio dello Stato membro in cui si trova il bene, ma [nell’Unione europea], per le esigenze della sua impresa.

2.      Non si considera trasferimento a destinazione di un altro Stato membro la spedizione o il trasporto di un bene ai fini di una delle operazioni seguenti:

(...)

g)      la temporanea utilizzazione del bene, nel territorio dello Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto, ai fini di prestazioni di servizi fornite dal soggetto passivo stabilito nello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto del bene;

(...)

3.      Qualora una delle condizioni cui è subordinato il beneficio delle disposizioni del paragrafo 2 non sia più soddisfatta, il bene si considera trasferito a destinazione di un altro Stato membro. In questo caso il trasferimento ha luogo nel momento in cui tale condizione cessa di essere soddisfatta».

4        L’articolo 21 di tale direttiva così dispone:

«È assimilata ad un acquisto intracomunitario di beni effettuato a titolo oneroso la destinazione da parte di un soggetto passivo alle esigenze della propria impresa di un bene spedito o trasportato, dal soggetto passivo o per suo conto, a partire da un altro Stato membro all’interno del quale il bene è stato prodotto, estratto, trasformato, acquistato, acquisito ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o importato dal soggetto passivo nell’ambito della sua impresa in quest’ultimo Stato membro».

5        Ai sensi del successivo articolo 44 della direttiva in parola:

«Il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati ad una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione. In mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo del domicilio o della residenza abituale del soggetto passivo destinatario dei servizi in questione».

6        L’articolo 170 della medesima direttiva stabilisce quanto segue:

«Il soggetto passivo che, ai sensi (...) dell’articolo 2, punto 1, e dell’articolo 3, della direttiva [2008/9] e dell’articolo 171 della presente direttiva, non è stabilito nello Stato membro in cui effettua acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da IVA ha il diritto al rimborso di tale imposta nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini delle operazioni seguenti:

a)      le operazioni di cui all’articolo 169;

b)      le operazioni per le quali l’imposta è dovuta unicamente dall’acquirente o dal destinatario a norma degli articoli da 194 a 197 e dell’articolo 199».

7        Ai sensi dell’articolo 171, paragrafo 1, della direttiva IVA:

«Il rimborso dell’IVA a favore dei soggetti passivi che non sono stabiliti nello Stato membro in cui effettuano acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da imposta ma che sono stabiliti in un altro Stato membro è effettuato secondo le modalità d’applicazione previste dalla direttiva [2008/9]».

8        L’articolo 171 bis della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Invece di concedere un rimborso IVA conformemente [alla direttiva 2008/9] per le cessioni di beni o prestazioni di servizi a un soggetto passivo per le quali il soggetto passivo è debitore dell’imposta ai sensi degli articoli da 194 a 197 o dell’articolo 199, gli Stati membri possono autorizzare la detrazione di detta imposta secondo la procedura di cui all’articolo 168. (...)

A tal fine gli Stati membri possono escludere il soggetto passivo che deve assolvere l’imposta dalla procedura di rimborso conformemente [alla direttiva 2008/9]».

9        L’articolo 196 della direttiva IVA stabilisce quanto segue:

«L’IVA è dovuta dai soggetti passivi o dalle persone giuridiche che non sono soggetti passivi identificate ai fini dell’IVA a cui è reso un servizio ai sensi dell’articolo 44, se il servizio è reso da un soggetto passivo non stabilito nel territorio di tale Stato membro».

10      Ai sensi dell’articolo 214, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva in parola:

«Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari affinché siano identificate tramite un numero individuale le persone seguenti:

a)      ogni soggetto passivo, fatta eccezione per quelli di cui all’articolo 9, paragrafo 2, che effettua nel loro rispettivo territorio cessioni di beni o prestazioni di servizi che gli diano diritto a detrazione, diverse dalle cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali l’IVA è dovuta unicamente dal destinatario a norma degli articoli da 194 a 197 e 199;

b)      ogni soggetto passivo, o ente non soggetto passivo, che effettua acquisti intracomunitari di beni soggetti all’IVA a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o che ha esercitato l’opzione prevista all’articolo 3, paragrafo 3, per l’assoggettamento all’IVA dei suoi acquisti intracomunitari».

 La direttiva 2008/9

11      Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2008/9 quest’ultima «stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’[IVA] di cui all’articolo 170 della direttiva [IVA] ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 3».

12      L’articolo 2, punti 1 e 2, della direttiva 2008/9 contiene, ai fini della stessa direttiva, le seguenti definizioni:

«1)      “soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso” il soggetto passivo, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva [IVA], che non è stabilito nello Stato membro di rimborso, ma nel territorio di un altro Stato membro;

2)      “Stato membro di rimborso” lo Stato membro in cui l’IVA è addebitata al soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso per beni o servizi fornitigli da altri soggetti passivi in tale Stato membro o per l’importazione di beni in tale Stato membro».

13      Ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2008/9:

«La presente direttiva si applica ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso che soddisfano le seguenti condizioni:

a)      nel periodo di riferimento non avevano nello Stato membro di rimborso né la sede della propria attività economica né una stabile organizzazione dalla quale fossero effettuate operazioni commerciali, né, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il domicilio o la residenza abituale;

b)      nel periodo di riferimento non hanno effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi il cui luogo di effettuazione si possa considerare situato nello Stato membro di rimborso, fatta eccezione per le seguenti operazioni:

i)      prestazioni di servizi di trasporto e di servizi ad essi accessori, esenti a norma degli articoli 144, 146, 148, 149, 151, 153, 159 o 160 della direttiva [IVA];

ii)      cessioni di beni e prestazioni di servizi al debitore dell’IVA ai sensi degli articoli da 194 a 197 e dell’articolo 199 della direttiva [IVA]».

14      L’articolo 5 della direttiva 2008/9 recita quanto segue:

«Ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso l’IVA a lui addebitata in relazione a beni o servizi fornitigli da altri soggetti passivi in tale Stato membro o in relazione all’importazione di beni in tale Stato membro, nella misura in cui i beni e servizi in questione siano impiegati ai fini delle seguenti operazioni:

a)      operazioni di cui all’articolo 169, lettere a) e b), della direttiva [IVA];

b)      operazioni il cui destinatario è il debitore dell’IVA ai sensi degli articoli da 194 a 197 e dell’articolo 199 della direttiva [IVA], quali applicati nello Stato membro di rimborso.

Fatto salvo l’articolo 6, ai fini della presente direttiva il diritto al rimborso dell’IVA a monte è determinato secondo la direttiva [IVA] quale applicata dallo Stato membro di rimborso».

 Diritto rumeno

15      L’articolo 128 della Legea nr. 571/2003 privind Codul fiscal (legge n. 571/2003 che istituisce il Codice tributario), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «Codice tributario»), prevede quanto segue:

«1.      Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di beni come proprietario.

(...)

9.      La cessione intracomunitaria è una cessione di beni, ai sensi del paragrafo 1, i quali sono spediti o trasportati da uno Stato membro a destinazione di un altro Stato membro dal fornitore, dal destinatario di tale cessione o da un altro soggetto per conto di questi ultimi.

10.      È assimilato a una cessione intracomunitaria a titolo oneroso il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa dalla Romania a destinazione di un altro Stato membro, ad eccezione dei casi in cui non sussiste trasferimento previsti al paragrafo 12.

11.      Costituisce trasferimento ai sensi del paragrafo 10 la spedizione o il trasporto di qualsiasi bene mobile materiale dalla Romania a destinazione di un altro Stato membro effettuato dal soggetto passivo o per suo conto per le esigenze della sua impresa.

12.      Ai fini del presente titolo, non costituisce trasferimento la spedizione o il trasporto di un bene dalla Romania a destinazione di un altro Stato membro effettuato dal soggetto passivo o per suo conto ai fini di una delle seguenti operazioni:

(...)

g)      la temporanea utilizzazione di tale bene, nel territorio dello Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto, ai fini di prestazioni di servizi nello Stato membro d’arrivo fornite dal soggetto passivo stabilito in Romania;

(...)

13.      Qualora una delle condizioni di cui al paragrafo 12 non sia più soddisfatta, la spedizione o il trasporto del bene interessato è considerato un trasferimento dalla Romania a destinazione di un altro Stato membro. In questo caso il trasferimento si considera effettuato nel momento in cui tale condizione cessa di essere soddisfatta».

16      Ai sensi dell’articolo 130 bis, paragrafo 2, lettera a), di tale codice:

«Sono assimilate a un acquisto intracomunitario effettuato a titolo oneroso le seguenti operazioni:

a)      la destinazione in Romania, da parte di un soggetto passivo, alle esigenze della propria impresa, di un bene spedito o trasportato, dallo stesso soggetto passivo o da altra persona, per suo conto, dallo Stato membro nel cui territorio il bene è stato prodotto, estratto, acquistato, ottenuto o importato da parte di detto soggetto passivo nell’ambito di detta impresa, qualora il trasporto o la spedizione di tale bene, se fosse stato effettuato dalla Romania a destinazione di un altro Stato membro, sarebbe stato considerato come un trasferimento di beni a destinazione di un altro Stato membro, conformemente alle disposizioni dell’articolo 128, paragrafi 10 e 11; (…)».

17      L’articolo 147 ter, paragrafo 1, lettera a), del suddetto codice prevede quanto segue:

«Alle condizioni stabilite mediante regolamento:

a)      un soggetto passivo non stabilito in Romania, bensì in un altro Stato membro, che non è identificato e che non è tenuto all’identificazione ai fini dell’IVA in Romania, può beneficiare del rimborso dell’[IVA] assolta per le importazioni e gli acquisti di beni o servizi effettuati in Romania; (...)».

18      Il punto 49, paragrafo 1, delle Normele metodologice de aplicare a Legii nr. 571/2003 privind Codul fiscal (regolamento di attuazione del Codice tributario) così recita:

«A norma dell’articolo 147 ter, paragrafo 1, lettera a), del Codice tributario, ogni soggetto passivo che non è stabilito in Romania, bensì in un altro Stato membro, può beneficiare del rimborso dell’IVA assolta per le importazioni e gli acquisti di beni o servizi effettuati in Romania. L’[IVA] è rimborsata dalla Romania, purché il soggetto passivo interessato soddisfi le seguenti condizioni:

a)      nel periodo di riferimento non aveva in Romania né la sede della propria attività economica né una stabile organizzazione dalla quale fossero effettuate operazioni commerciali, né, in mancanza di tale sede stabile, il domicilio o la residenza abituale;

b)      nel periodo di riferimento non è identificato né è tenuto all’identificazione ai fini dell’IVA in Romania conformemente all’articolo 153 del Codice tributario;

c)      nel periodo di riferimento non ha effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi il cui luogo di effettuazione si possa considerare situato in Romania, fatta eccezione per le seguenti operazioni:

1.      le prestazioni di servizi di trasporto e le operazioni accessorie esenti ai sensi dell’articolo 143, paragrafo 1, lettere da c) a m), dell’articolo 144, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 144 bis del Codice tributario;

2.      le cessioni di beni e le prestazioni di servizi al debitore dell’IVA ai sensi dell’articolo 150, paragrafi da 2 a 6, del Codice tributario».

19      L’articolo 153, paragrafo 5, lettera a), del Codice tributario è così formulato:

«Presenta domanda di identificazione ai fini dell’IVA, prima di effettuare un’operazione commerciale, il soggetto passivo che non è stabilito né identificato ai fini dell’IVA in Romania, il quale intenda:

a)      effettuare un acquisto intracomunitario di beni per il quale è tenuto al pagamento dell’imposta conformemente all’articolo 151; (...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

20      La CHEP, società stabilita in Belgio, è attiva nel noleggio di palette di carico (in prosieguo: i «pallet») in Europa. A tal fine, la CHEP acquista in diversi Stati membri pallet che noleggia successivamente ad altre entità del gruppo CHEP stabilite in ogni Stato membro, le quali le concedono in subnoleggio ai clienti dei rispettivi Stati membri.

21      Nel periodo compreso tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2014, la CHEP ha acquistato pallet da un fornitore rumeno. Il prezzo di vendita fatturato da quest’ultimo era comprensivo di IVA. I pallet di cui trattasi sono stati trasportati dai locali del fornitore in Romania verso un’altra destinazione anch’essa situata in Romania.

22      La CHEP ha successivamente noleggiato alla CHEP Pooling Services Romania SRL (in prosieguo: la «CHEP Romania»), società con sede in Romania, i suddetti pallet nonché pallet che aveva acquistato in altri Stati membri dell’Unione e che aveva trasportato per noleggiarli in Romania. La CHEP Romania ha subnoleggiato i vari pallet summenzionati a clienti rumeni, i quali avrebbero potuto spedirli in Romania, in altri Stati membri o in Stati terzi. I pallet utilizzati per il trasporto di merci dichiarate all’esportazione sono stati successivamente rispediti in Romania a destinazione della CHEP Romania, la quale li ha dichiarati all’importazione e ne ha rifatturato il valore e la relativa IVA alla CHEP.

23      Nel giugno 2015 la CHEP ha chiesto alle autorità tributarie rumene il rimborso dell’IVA fatturata dal fornitore rumeno dei pallet, nonché dell’IVA rifatturata dalla CHEP Romania.

24      Con decisione del 14 aprile 2016 l’Amministrazione tributaria di Bucarest per i contribuenti non residenti ha negato tale rimborso. Con decisione dell’11 ottobre 2016 l’Ufficio reclami di Bucarest ha respinto il reclamo proposto dalla CHEP avverso detto diniego.

25      Entrambe le decisioni trovano il loro fondamento nell’obbligo della CHEP di identificarsi ai fini dell’IVA in Romania ai sensi dell’articolo 153, paragrafo 5, del Codice tributario. Le autorità tributarie rumene hanno infatti rilevato che, oltre ai pallet acquistati in Romania, la CHEP ha noleggiato alla CHEP Romania pallet che aveva acquistato in altri Stati membri e trasportato in Romania ai fini di tale noleggio. I pallet acquistati in altri Stati membri sarebbero stati quindi oggetto di un trasferimento assimilato a un acquisto intracomunitario in Romania, cosicché la CHEP avrebbe dovuto identificarsi ai fini dell’IVA in Romania.

26      Il 3 aprile 2017 la CHEP ha proposto ricorso dinanzi al Tribunalul Bucureşti (Tribunale superiore di Bucarest, Romania) diretto a ottenere l’annullamento delle decisioni del 14 aprile e dell’11 ottobre 2016 nonché la restituzione dell’IVA oggetto della sua domanda di rimborso.

27      Dinanzi a tale giudice, la CHEP sostiene, in primo luogo, che, conformemente alla direttiva 2008/9, in quanto società stabilita in Belgio, ha diritto al rimborso dell’IVA indipendentemente da un eventuale obbligo di identificazione ai fini dell’IVA in Romania; in secondo luogo, che non era tenuta a identificarsi ai fini dell’IVA in Romania dal momento che i trasferimenti di pallet non potevano essere assimilati ad acquisti intracomunitari e, in terzo luogo, che soddisfaceva le condizioni previste dalla legge per beneficiare del rimborso dell’IVA. La CHEP rileva peraltro che la direttiva 2008/9 non è stata correttamente recepita nel diritto rumeno, in quanto quest’ultimo subordina il rimborso dell’IVA a una condizione, non prevista da tale direttiva, riguardante la mancata identificazione ai fini dell’IVA in Romania.

28      Dal canto loro, le autorità tributarie sostengono che, in assenza di qualsivoglia prova che i pallet di cui trattasi, acquistati in Stati membri diversi dalla Romania, siano stati rispediti nello Stato membro a partire dal quale erano stati spediti o trasportati in Romania, la CHEP non può sostenere che la spedizione dei pallet acquistati in altri Stati membri e destinati alla Romania integra un caso di non trasferimento ai sensi dell’articolo 128, paragrafo 12, lettere g) e h), del Codice tributario.

29      Alla luce di tali argomenti, il giudice del rinvio ritiene necessario ottenere chiarimenti sui casi in cui non vi è trasferimento ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva IVA e sull’obbligo di identificazione ai fini dell’IVA di una società non residente che, senza disporre in Romania delle risorse tecniche e umane richieste per effettuare operazioni imponibili, fornisca semplicemente servizi il cui luogo di prestazione ai fini dell’IVA è situato in Romania. Esso chiede inoltre se il diritto al rimborso dell’IVA possa essere subordinato alla condizione che il soggetto passivo non sia identificato ai fini dell’IVA nello Stato membro di rimborso né sia tenuto a esserlo. A quest’ultimo riguardo, esso rileva che le disposizioni del diritto rumeno sembrano essere in contrasto con la direttiva 2008/9, in forza della quale il diritto al rimborso non sarebbe subordinato a una siffatta condizione.

30      Ciò premesso, il Tribunalul Bucureşti (Tribunale superiore di Bucarest) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il trasporto di pallet da uno Stato membro a destinazione di un altro Stato membro, al fine del loro successivo noleggio in quest’ultimo Stato membro a un soggetto passivo stabilito e identificato ai fini dell’IVA in Romania, costituisca un non trasferimento ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva IVA.

2)      A prescindere dalla risposta alla prima questione, se sia considerato soggetto passivo, ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva [2008/9], il soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA che è stabilito in uno Stato membro diverso dallo Stato di rimborso, anche se detto soggetto è identificato ai fini dell’IVA o sarebbe tenuto all’identificazione ai fini dell’IVA nello Stato membro di rimborso.

3)      Se, alla luce delle disposizioni della direttiva [2008/9], la condizione di non essere identificato ai fini dell’IVA nello Stato membro di rimborso rappresenti una condizione aggiuntiva rispetto a quelle previste all’articolo 3 della direttiva [2008/9] affinché un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro e non stabilito nello Stato membro di rimborso possa beneficiare del diritto al rimborso in una fattispecie come quella in esame.

4)      Se l’articolo 3 della direttiva [2008/9] debba esser interpretato nel senso che osta alla prassi di un’amministrazione nazionale di rifiutare il rimborso dell’IVA per mancato soddisfacimento di una condizione prevista esclusivamente nella normativa nazionale».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

31      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 17, paragrafo 2, lettera g), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che il trasferimento, da parte di un soggetto passivo, di beni in provenienza da uno Stato membro e a destinazione dello Stato membro di rimborso, ai fini della prestazione, da parte di tale soggetto passivo, di servizi di noleggio di detti beni in quest’ultimo Stato membro, non debba essere assimilato a una cessione intracomunitaria.

32      In limine, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, per quanto riguarda l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler, C-580/16, EU:C:2018:261, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

33      L’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva IVA assimila taluni trasferimenti di beni, vale a dire i trasferimenti di beni a destinazione di un altro Stato membro, alle cessioni intracomunitarie.

34      L’articolo 17, paragrafo 2, di tale direttiva elenca una serie di ipotesi che non rientrano nella qualificazione di trasferimento a destinazione di un altro Stato membro, di cui all’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva summenzionata.

35      Poiché l’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva IVA contiene un elenco esaustivo di deroghe, esso deve essere interpretato restrittivamente (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2014, Dresser-Rand, C-606/12 e C-607/12, EU:C:2014:125, punto 27).

36      Inoltre, tale disposizione deve essere interpretata alla luce dell’obiettivo perseguito dal regime transitorio dell’IVA applicabile al commercio intracomunitario instaurato dalla direttiva IVA, il quale mira a trasferire il gettito fiscale allo Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2014, Dresser-Rand, C-606/12 e C-607/12, EU:C:2014:125, punto 28).

37      È alla luce di tali riferimenti che occorre interpretare l’articolo 17, paragrafo 2, lettera g), della direttiva IVA, il quale costituisce specifico oggetto delle questioni poste dal giudice del rinvio.

38      Ai sensi di tale disposizione, non si considera trasferimento a destinazione di un altro Stato membro la spedizione o il trasporto di un bene ai fini della temporanea utilizzazione del bene, nel territorio dello Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto, ai fini di prestazioni di servizi fornite dal soggetto passivo stabilito nello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto del bene.

39      Dalla formulazione stessa di tale disposizione risulta che la sua applicazione è esplicitamente subordinata a condizioni cumulative in base alle quali, da un lato, l’utilizzazione, nello Stato membro di destinazione, del bene spedito o trasportato ai fini di prestazioni di servizi da parte del soggetto passivo interessato deve essere temporanea e, dall’altro, il bene deve essere stato spedito o trasportato dallo Stato membro in cui tale soggetto passivo è stabilito.

40      In primo luogo, risulta infatti da tale disposizione che, conformemente agli obiettivi del regime transitorio dell’IVA applicabile al commercio intracomunitario, solo il trasferimento di un bene in un altro Stato membro che venga effettuato non ai fini del consumo finale di tale bene, bensì in vista di una temporanea utilizzazione di quest’ultimo in tale Stato membro non deve essere assimilato ad una cessione intracomunitaria se le altre condizioni sono soddisfatte (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2014, Dresser-Rand, C-606/12 e C-607/12, EU:C:2014:125, punto 30).

41      Sarebbe invece contrario sia al tenore letterale dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera g), della direttiva IVA sia al requisito dell’interpretazione restrittiva e agli obiettivi del regime transitorio dell’IVA applicabile al commercio intracomunitario, estendere l’applicazione di tale disposizione a ipotesi di utilizzazione per un periodo indeterminato o prolungato o, ancora, a ipotesi di utilizzazione che porti alla distruzione del bene in questione.

42      In secondo luogo, si deve osservare che dalla formulazione stessa dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera g), della direttiva IVA, secondo cui il bene di cui trattasi deve essere stato spedito o trasportato a partire dallo Stato membro in cui il soggetto passivo interessato è stabilito, risulta che tale disposizione non si applica a situazioni in cui i beni di cui trattasi sono stati spediti o trasportati dal soggetto passivo a partire da Stati membri diversi da quello in cui tale soggetto passivo è stabilito.

43      Nel caso di specie, dagli elementi del fascicolo dinanzi alla Corte risulta che la CHEP, stabilita in Belgio, ha spedito o trasportato pallet a destinazione della Romania e li ha utilizzati nell’ambito di prestazioni di servizi da essa fornite alla CHEP Romania.

44      Spetta al giudice del rinvio, da un lato, determinare, sulla base di una valutazione complessiva dei fatti oggetto del procedimento principale, se l’utilizzazione di tali pallet nell’ambito delle prestazioni di servizi effettuate dalla CHEP sia di natura temporanea. A tal fine, esso potrà in particolare tener conto delle condizioni dei contratti di noleggio conclusi tra la CHEP e la CHEP Romania, nonché delle caratteristiche dei beni di cui trattasi.

45      Dall’altro lato, poiché dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la CHEP ha acquistato pallet in diversi Stati membri dell’Unione, spetta a tale giudice verificare se i pallet di cui trattasi siano stati spediti o trasportati a destinazione della Romania in provenienza dal Belgio, Stato membro nel quale è stabilita la CHEP.

46      Qualora il giudice del rinvio ritenga che queste due condizioni siano soddisfatte nel procedimento principale, esso dovrà inferirne che, conformemente all’articolo 17, paragrafo 2, lettera g), della direttiva IVA, i trasferimenti di pallet di cui trattasi non devono essere assimilati a cessioni intracomunitarie.

47      Per contro, nell’ipotesi in cui una di tali due condizioni non sia soddisfatta per l’insieme o per una parte dei trasferimenti di pallet di cui trattasi, questi ultimi, in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva IVA e fatta salva la verifica delle altre ipotesi di deroghe di cui al paragrafo 2 di tale disposizione, devono essere assimilati a cessioni intracomunitarie.

48      Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 17, paragrafo 2, lettera g), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che il trasferimento, da parte di un soggetto passivo, di beni in provenienza da uno Stato membro e a destinazione dello Stato membro di rimborso, ai fini della prestazione, da parte di tale soggetto passivo, di servizi di noleggio di tali beni in quest’ultimo Stato membro, non deve essere assimilato a una cessione intracomunitaria qualora l’utilizzazione di detti beni ai fini di una siffatta prestazione sia temporanea e gli stessi siano stati spediti o trasportati a partire dallo Stato membro in cui detto soggetto passivo è stabilito.

 Sulla seconda, sulla terza e sulla quarta questione

49      Con le questioni dalla seconda alla quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2008/9 debbano essere interpretate nel senso che ostano a che uno Stato membro neghi il diritto al rimborso dell’IVA a un soggetto passivo stabilito nel territorio di un altro Stato membro per il solo motivo che tale soggetto passivo è o avrebbe dovuto essere identificato ai fini dell’IVA nello Stato membro di rimborso.

50      Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2008/9, quest’ultima mira a stabilire norme dettagliate per il rimborso dell’IVA, di cui all’articolo 170 della direttiva IVA, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 3 della direttiva 2008/9.

51      La direttiva 2008/9 non ha, tuttavia, lo scopo di determinare le condizioni di esercizio né la portata del diritto al rimborso. L’articolo 5, secondo comma, di tale direttiva prevede, infatti, che, fatto salvo l’articolo 6 di quest’ultima e ai fini della stessa direttiva, il diritto al rimborso dell’IVA a monte sia determinato secondo la direttiva IVA quale applicata dallo Stato membro di rimborso (sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C-533/16, EU:C:2018:204, punto 35).

52      Pertanto, il diritto, per un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro, di ottenere il rimborso dell’IVA assolta in un altro Stato membro, quale disciplinato dalla direttiva 2008/9, trova riscontro nel diritto, istituito a suo favore dalla direttiva IVA, di detrarre l’IVA pagata a monte nel proprio Stato membro (sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C-533/16, EU:C:2018:204, punto 36; v. in particolare, in tal senso, sentenza del 28 giugno 2007, Planzer Luxembourg, C-73/06, EU:C:2007:397, punto 35).

53      La Corte ha inoltre precisato che il diritto al rimborso, al pari del diritto a detrazione, costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione, inteso a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, soggette esse stesse all’IVA (sentenza del 2 maggio 2019, Sea Chefs Cruise Services, C-133/18, EU:C:2019:354, punto 35).

54      La modalità di restituzione dell’IVA, o mediante detrazione o mediante rimborso, dipende dal luogo in cui è stabilito il soggetto passivo (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, Commissione/Italia, C-244/08, non pubblicata, EU:C:2009:478, punti 25 e 35). L’articolo 170 della direttiva IVA, alle condizioni da esso stabilite, riconosce infatti al «soggetto passivo che, ai sensi (...) dell’articolo 2, punto 1, e dell’articolo 3, della direttiva [2008/9], non è stabilito nello Stato membro in cui effettua acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da IVA», il diritto al rimborso di tale imposta.

55      A tal riguardo, conformemente all’articolo 3 della direttiva 2008/9, i soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ai sensi dell’articolo 2, punto 1, di tale direttiva, hanno diritto al rimborso dell’IVA assolta a due condizioni. In primo luogo, ai sensi dell’articolo 3, lettera a), della medesima direttiva, nel periodo di riferimento i soggetti passivi non devono aver avuto nello Stato membro di rimborso né la sede della propria attività economica né una stabile organizzazione, né tantomeno il domicilio o la residenza abituale. In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 3, lettera b), della direttiva in parola, nel medesimo periodo di riferimento non devono aver effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi il cui luogo di effettuazione si possa considerare situato in tale Stato membro, fatta eccezione per talune operazioni specificate ai punti i) e ii) di detta disposizione. Le suddette condizioni sono cumulative (v., in tal senso, sentenze del 6 febbraio 2014, E.ON Global Commodities, C-323/12, EU:C:2014:53, punto 42, e del 21 settembre 2017, SMS group, C-441/16, EU:C:2017:712, punto 43).

56      Per contro, né l’articolo 170 della direttiva IVA, né l’articolo 3 della direttiva 2008/9, né alcun’altra disposizione di tali direttive subordinano il diritto per un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro di ottenere il rimborso dell’IVA a un qualsivoglia requisito formale relativo all’assenza di identificazione ai fini dell’IVA o all’assenza dell’obbligo di identificazione ai fini dell’IVA nello Stato membro di rimborso.

57      Ne consegue che uno Stato membro non può, in forza del suo diritto nazionale, negare a un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro il diritto al rimborso dell’IVA per il solo motivo che tale soggetto passivo è o dovrebbe essere identificato ai fini dell’IVA nel primo Stato membro, anche qualora tale soggetto passivo soddisfi le condizioni cumulative di cui all’articolo 3 della direttiva 2008/9.

58      Tale interpretazione è corroborata dalla finalità della direttiva 2008/9, consistente nel consentire al soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro di ottenere il rimborso dell’IVA assolta a monte, qualora, in assenza di operazioni imponibili attive nello Stato membro di rimborso, l’IVA versata a monte non possa essere detratta dall’IVA dovuta a valle (sentenza del 25 ottobre 2012, Daimler e Widex, C-318/11 e C-319/11, EU:C:2012:666, punto 40). Infatti, la circostanza che un soggetto passivo sia eventualmente identificato ai fini dell’IVA nello Stato membro di rimborso non può essere legittimamente considerata dall’ordinamento giuridico nazionale come prova del fatto che tale soggetto passivo abbia effettivamente realizzato siffatte operazioni in tale Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2014, E.ON Global Commodities, C-323/12, EU:C:2014:53, punto 53).

59      Ciò è tanto più vero in quanto l’identificazione ai fini dell’IVA, di cui all’articolo 214 della direttiva IVA, costituisce solo un requisito formale a fini di controllo. Orbene, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che requisiti formali non possono rimettere in discussione, in particolare, il diritto a detrazione, qualora le condizioni sostanziali che fanno sorgere tale diritto siano soddisfatte (v., in tal senso, sentenze del 21 ottobre 2010, Nidera Handelscompagnie, C-385/09, EU:C:2010:627, punto 50, e del 14 marzo 2013, Ablessio, C-527/11, EU:C:2013:168, punto 32). Ne consegue inoltre, alla luce del punto 52 della presente sentenza, che non si può impedire ad un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro di esercitare il diritto al rimborso, qualora ricorrano le condizioni sostanziali che fanno sorgere tale diritto, per il motivo che egli è o dovrebbe essere identificato ai fini dell’IVA nello Stato membro di rimborso.

60      Di conseguenza, contrariamente alla posizione sostenuta dal governo rumeno, uno Stato membro non può escludere un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dal diritto al rimborso dell’IVA per il solo motivo che tale soggetto passivo è o dovrebbe essere identificato ai fini dell’IVA nel primo Stato membro.

61      Peraltro, occorre altresì aggiungere che solo l’articolo 171 bis della direttiva IVA consente agli Stati membri, per le operazioni specifiche che esso contempla, di concedere a un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro un diritto a detrazione, escludendolo dalla procedura di rimborso ai sensi della direttiva 2008/9. Tuttavia, oltre al fatto che il governo rumeno non ha affatto addotto una trasposizione di tale facoltà nell’ordinamento giuridico rumeno, tale disposizione ad ogni modo non è intesa a operare una distinzione a seconda della sussistenza o meno di un’identificazione ai fini dell’IVA nello Stato membro di rimborso.

62      Nel caso di specie, da un lato, dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la CHEP, in quanto soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro, non presenta alcuno dei criteri di collegamento con il territorio rumeno enunciati all’articolo 3, lettera a), della direttiva 2008/9. Dall’altro, per quanto riguarda la condizione enunciata all’articolo 3, lettera b), di tale direttiva, dagli elementi del fascicolo risulta che, qualora, noleggiando i pallet di cui trattasi alla CHEP Romania, la CHEP effettui prestazioni di servizi il cui luogo si considera situato in Romania conformemente all’articolo 44 della direttiva IVA, è la CHEP Romania che, in forza dell’articolo 196 della direttiva IVA, è debitrice dell’IVA nell’ambito del meccanismo di inversione contabile. In tali circostanze, e fatta salva una verifica da parte del giudice del rinvio, risulta che una società come la CHEP soddisfa le condizioni cumulative di cui all’articolo 3 della direttiva 2008/9 e beneficia, pertanto, del diritto al rimborso dell’IVA.

63      Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla seconda, alla terza e alla quarta questione dichiarando che le disposizioni della direttiva 2008/9 devono essere interpretate nel senso che esse ostano a che uno Stato membro neghi il diritto al rimborso dell’IVA a un soggetto passivo stabilito nel territorio di un altro Stato membro per il solo motivo che tale soggetto passivo è o avrebbe dovuto essere identificato ai fini dell’IVA nello Stato membro di rimborso.

 Sulle spese

64      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 17, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, deve essere interpretato nel senso che il trasferimento, da parte di un soggetto passivo, di beni in provenienza da uno Stato membro e a destinazione dello Stato membro di rimborso, ai fini della prestazione, da parte di tale soggetto passivo, di servizi di noleggio di tali beni in quest’ultimo Stato membro, non deve essere assimilato a una cessione intracomunitaria qualora l’utilizzazione di detti beni ai fini di una siffatta prestazione sia temporanea e gli stessi siano stati spediti o trasportati a partire dallo Stato membro in cui detto soggetto passivo è stabilito.

2)      Le disposizioni della direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a che uno Stato membro neghi il diritto al rimborso dell’imposta sul valore aggiunto a un soggetto passivo stabilito nel territorio di un altro Stato membro per il solo motivo che tale soggetto passivo è o avrebbe dovuto essere identificato ai fini dell’imposta sul valore aggiunto nello Stato membro di rimborso.

Firme


* Lingua processuale: il rumeno