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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

25 febbraio 2021 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 63 TFUE – Libera circolazione dei capitali – Imposte sulle società – Convenzioni bilaterali volte a prevenire la doppia imposizione – Imposizione dei dividendi distribuiti da una società non residente già sottoposta a un prelievo in un altro Stato membro – Massimale del credito d’imposta imputato – Doppia imposizione giuridica»

Nella causa C-403/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione del 24 aprile 2019, pervenuta in cancelleria il 24 maggio 2019, nel procedimento

Société Générale SA

contro

Ministre de l’Action et des Comptes publics,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, A. Kumin, T. von Danwitz (relatore), P.G. Xuereb e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Société Générale SA, da C. Rameix-Séguin, E. Meier e R. Torlet, avocats;

–        per il governo francese, da P. Dodeller, E. de Moustier, A. Alidière e A.-L. Desjonquères, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da R. Kanitz e J. Möller, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, da S. Jiménez García, in qualità di agente;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G.M. De Socio, avvocato dello Stato;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da C.S. Schillemans e M. Bulterman, in qualità di agenti;

–        per il governo finlandese, da S. Hartikainen, in qualità di agente;

–        per il governo svedese, da H. Eklinder, C. Meyer-Seitz, H. Shev, A. Falk e J. Lundberg, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, da Z. Lavery, in qualità di agente, assistita da R. Baldry, QC;

–        per la Commissione europea, da W. Roels e N. Gossement, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 63 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Société Générale SA e il ministre de l’Action et des Comptes publics (Ministro dell’Azione e dei Conti pubblici, Francia), in merito a una decisione dell’amministrazione fiscale di porre a carico di tale società, in qualità di società madre del gruppo fiscale integrato comprendente la Société Générale Asset Management (SGAM) Banque (in prosieguo: la «SGAM Banque»), supplementi d’imposta sulle società per gli esercizi finanziari chiusi nel 2004 e nel 2005.

 Contesto normativo

 Convenzione italo-francese

3        L’articolo 10 della Convenzione tra il governo della Repubblica italiana ed il governo della Repubblica francese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire l’evasione e la frode fiscali, firmata a Venezia il 5 ottobre 1989 (in prosieguo: la «Convenzione italo-francese»), prevede quanto segue:

«1.      I dividendi pagati da una società residente di uno Stato ad un residente dell’altro Stato sono imponibili in detto altro Stato.

2.      Tuttavia, tali dividendi sono imponibili anche nello Stato di cui la società che paga i dividendi è residente ed in conformità della legislazione di detto Stato (...)».

4        L’articolo 24, paragrafo 2, lettera a), di tale Convenzione prevede che la doppia imposizione sia evitata nella seguente maniera, per quanto concerne la Repubblica francese:

«Gli utili e gli altri redditi (revenus positifs) che provengono dall’Italia e che sono ivi imponibili conformemente alle disposizioni della Convenzione, sono parimenti imponibili in Francia allorché sono ricevuti da un residente della Francia. L’imposta italiana non è deducibile ai fini del calcolo del reddito imponibile in Francia. Ma il beneficiario ha diritto ad un credito di imposta nei confronti dell’imposta francese nella cui base detti redditi sono inclusi. Detto credito d’imposta è pari:

–        con riferimento ai redditi previsti agli articoli 10, 11, 12, 16, 17 (...) all’ammontare dell’imposta pagata in Italia conformemente alle disposizioni di detti articoli. Esso non può tuttavia eccedere l’ammontare dell’imposta francese relativa a tali redditi (...)».

 Convenzione franco-britannica

5        L’articolo 9 della Convenzione tra il governo della Repubblica francese e il governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord per evitare le doppie imposizioni e prevenire l’evasione fiscale in materia di imposte sui redditi, firmata a Londra il 22 maggio 1968 (in prosieguo: la «Convenzione franco-britannica»), prevede quanto segue:

«1.      a)      I dividendi pagati da una società residente del Regno Unito a un residente della Francia sono imponibili in Francia.

b)      Quando un residente della Francia ha diritto a un credito d’imposta in ragione di un tale dividendo in forza del paragrafo 2 del presente articolo, l’imposta può parimenti essere percepita nel Regno Unito (...).

2.      Fatte salve le disposizioni dei paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo, un residente della Francia che riceve da una società residente del Regno Unito dividendi dei quali egli è il beneficiario effettivo ha diritto, se egli è soggetto all’imposta in Francia in ragione di tali dividendi, al credito d’imposta che vi è collegato e al quale una persona fisica residente nel Regno Unito avrebbe avuto diritto se avesse ricevuto tali dividendi e al pagamento dell’eccedenza di tale credito d’imposta rispetto all’imposta dovuta nel Regno Unito (...)».

6        Ai sensi dell’articolo 24, lettera b), punto ii), della Convenzione franco-britannica, le doppie imposizioni dei redditi sono evitate nella seguente maniera, per quanto concerne la Repubblica francese:

«La Francia accorda al residente della Francia, che percepisce i redditi previsti agli articoli 9 e 17 aventi origine nel Regno Unito e che sono stati soggetti a imposta nel Regno Unito conformemente alle disposizioni di detti articoli, un credito d’imposta corrispondente all’ammontare dell’imposta pagata al Regno Unito. Tale credito d’imposta, che non può eccedere l’ammontare dell’imposta francese relativa ai redditi summenzionati, viene imputato alle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della presente Convenzione, nella cui base sono inclusi tali redditi (...)».

 La Convenzione franco-olandese

7        L’articolo 10 della Convenzione tra il governo della Repubblica francese e il governo del Regno dei Paesi Bassi per evitare le doppie imposizioni e prevenire l’evasione fiscale in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, firmata a Parigi il 16 marzo 1973 (in prosieguo: la «Convenzione franco-olandese»), prevede quanto segue:

«1.      I dividendi pagati da una società residente di uno Stato ad un residente dell’altro Stato sono imponibili in detto altro Stato.

2.      Tuttavia, tali dividendi possono essere soggetti a imposta nello Stato di cui la società che paga i dividendi è un residente e secondo la legislazione di tale Stato (…)».

8        Ai sensi dell’articolo 24, parte B, lettera b), di tale Convenzione, resta inteso che la doppia imposizione sarà evitata nella maniera seguente, per quanto concerne la Repubblica francese:

«Per quanto concerne i redditi previsti agli articoli 8, 10, 11, 16 e 17 che sono stati soggetti all’imposta olandese conformemente alle disposizioni di tali articoli, la Francia accorda alle persone che sono residenti della Francia e che percepiscono tali redditi, un credito d’imposta di importo uguale all’imposta olandese. Detto credito d’imposta, che non può eccedere l’ammontare dell’imposta percepita dalla Francia sui redditi in questione, si imputa sulle imposte previste all’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), nella cui base sono inclusi tali redditi (...)».

 Diritto francese

9        L’articolo 39, paragrafo 1, del code général des impôts (Codice generale delle imposte), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «Codice generale delle imposte»), così dispone:

«L’utile netto è determinato previa deduzione di tutti gli oneri (...)».

10      Ai sensi dell’articolo 209, punto I, primo comma, di tale Codice:

«Fatte salve le disposizioni della presente sezione, gli utili soggetti all’imposta sulle società sono determinati secondo le previsioni degli articoli da 34 a 45 (...) e tenendo esclusivamente conto degli utili realizzati dalle imprese operanti in Francia nonché di quelli la cui imposizione è attribuita alla Francia da una convenzione internazionale sulle doppie imposizioni (...)».

11      L’articolo 220, paragrafo 1, di detto Codice prevede quanto segue:

«a)      Dietro presentazione di elementi giustificativi, la ritenuta alla fonte derivante dai redditi da capitali mobiliari, di cui agli articoli da 108 a 119, 238 septies B e 1678 bis, percepiti dalla società o dalla persona giuridica è imputata sull’ammontare dell’imposta a suo carico in virtù del presente capo.

Tuttavia, la detrazione da operare a tale titolo non può eccedere la parte di quest’ultima imposta corrispondente all’importo di detti redditi.  

b)      Per quanto riguarda i redditi di origine estera di cui agli articoli da 120 a 123, l’imputazione è limitata all’importo del credito corrispondente all’imposta trattenuta alla fonte all’estero o allo sgravio fiscale effettuato in via sostitutiva, come previsto dalle convenzioni internazionali. (...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

12      La SGAM Banque, con sede in Francia, fa parte del gruppo fiscale integrato di cui la Société Générale, anch’essa avente sede in Francia, è la società madre.

13      Nel corso del 2004 e del 2005 la SGAM Banque ha realizzato, da un lato, operazioni di prestito di titoli comportanti la consegna, da parte del mutuatario, di titoli destinati a garantire quelli che erano stati concessi in prestito dalla SGAM Banque, la quale diveniva così temporaneamente proprietaria dei titoli consegnati. Il contratto tipo stipulato tra la SGAM Banque e le controparti contrattuali prevedeva che tale società fosse tenuta, in linea di principio, a restituire al mutuatario titoli equivalenti a quelli che erano stati consegnati in garanzia, affinché quest’ultimo beneficiasse del versamento dei dividendi collegati a tali titoli e, in mancanza di restituzione, a corrispondergli una somma di denaro oppure consegnargli beni, per un valore pari all’importo di tali dividendi.

14      La SGAM Banque ha realizzato, dall’altro lato, operazioni di strutturazione di fondi consistenti, in particolare, nella gestione di panieri di azioni corrispondenti a profili di gestione stabiliti dalle sue controparti contrattuali. Nell’ambito di tali operazioni, la SGAM Banque ha percepito i dividendi collegati ai titoli inclusi nella composizione di tali panieri di azioni, di cui essa era acquirente, ma era tenuta, in ragione del rendimento per il quale si era vincolata nei confronti dei suoi partner contrattuali, a versare loro una somma equivalente all’importo dei dividendi percepiti nonché all’aumento del valore dei titoli. Come contropartita, i suoi partner contrattuali versavano alla SGAM Banque una remunerazione fissa a titolo della gestione del paniere di azioni.

15      Nell’ambito di tali due tipi di operazione, la SGAM Banque ha percepito dividendi collegati ai titoli di società con sede in Italia, nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, da cui erano state detratte le ritenute alla fonte assolte rispettivamente in tali Stati membri. Di conseguenza, la SGAM Banque ha imputato all’importo dell’imposta sulle società di cui era debitrice in Francia, per gli esercizi chiusi nel 2004 e nel 2005, crediti d’imposta corrispondenti a tali ritenute alla fonte sulla base delle convenzioni italo-francese, franco-britannica e franco-olandese.

16      A seguito di una verifica contabile, l’amministrazione fiscale competente ha rimesso in discussione l’imputazione di una parte di tali crediti d’imposta e ha rivisto al rialzo l’importo di tale imposta sulle società. Con sentenza del 3 febbraio 2011 il tribunal administratif de Montreuil (Tribunale amministrativo di Montreuil, Francia) ha disposto lo sgravio dei supplementi di detta imposta ai quali la Société Générale, in qualità di società madre, è stata assoggettata a seguito di tale aumento. Con sentenza del 17 marzo 2016, la cour administrative d’appel de Versailles (Corte d’appello amministrativa di Versailles, Francia) ha annullato tale sentenza e ha posto nuovamente tali supplementi a carico di detta società.

17      La Société Générale, ritenendo che tale giudice d’appello avesse erroneamente considerato che l’applicazione delle norme di calcolo del credito d’imposta era conforme alla libertà di circolazione dei capitali sancita dall’articolo 63 TFUE, ha impugnato tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, il Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia). Tale società sostiene, facendo riferimento alle sentenze del 28 febbraio 2013, Beker e Beker (C-168/11, EU:C:2013:117) e del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608), che le operazioni realizzate da società soggette all’imposta sulle società in Francia, relative a titoli di società straniere, sono svantaggiate rispetto a quelle relative a titoli di società francesi a causa delle modalità di calcolo del massimale del credito d’imposta imputato in forza delle convenzioni italo-francese, franco-britannica e franco-olandese, che consentirebbero unicamente un’imputazione insufficiente dell’imposta prelevata dallo Stato membro della fonte dei dividendi sull’imposta sulle società dovuta in Francia.

18      Il giudice del rinvio osserva che dall’articolo 220, paragrafo 1, lettera b), del Codice generale delle imposte risulta che l’imputazione sull’imposta dovuta in Francia della ritenuta alla fonte assolta all’estero in relazione a redditi di origine estera ai quali detta disposizione fa riferimento è limitata all’importo del credito d’imposta corrispondente a tale ritenuta alla fonte, come previsto dalle convenzioni fiscali internazionali.

19      A tal riguardo, esso precisa che dalle convenzioni italo-francese, franco-britannica e franco-olandese, concluse al fine di evitare le doppie imposizioni, emerge che, quando una società soggetta all’imposta sulle società in Francia percepisce dividendi da una società con sede in un altro Stato parte di una di tali convenzioni, i quali sono soggetti a una ritenuta alla fonte in tale Stato, la Repubblica francese ha il potere di assoggettare la prima società ad imposta su tali dividendi. Tale società avrebbe tuttavia diritto a un credito d’imposta imputabile sull’imposta sulle società, purché tale credito d’imposta non ecceda l’importo dell’imposta francese corrispondente a siffatti redditi. A tale titolo, detto giudice spiega che, in forza del diritto francese e in assenza di qualsivoglia previsione contraria nella convenzione volta a prevenire la doppia imposizione di cui trattasi, l’importo massimo di detto credito d’imposta deve essere determinato applicando l’insieme delle disposizioni del Codice generale delle imposte relative all’imposta sulle società, tra cui quelle del suo articolo 39, paragrafo 1, applicabili in forza del suo articolo 209, punto I, primo comma. Ne consegue, secondo il giudice del rinvio, che l’importo massimo del credito d’imposta deve essere determinato deducendo dall’importo dei dividendi distribuiti, prima di qualsiasi ritenuta alla fonte, e salvo esclusioni previste da disposizioni specifiche, gli oneri giustificati relativi a tali dividendi. Tali oneri sarebbero quelli che sono stati sostenuti solo a seguito dell’acquisizione, della detenzione o della cessione dei titoli che hanno dato luogo alla percezione dei dividendi, che sono direttamente collegati a tale riscossione e che non hanno come contropartita un aumento dell’attivo.

20      Tale giudice osserva, inoltre, che la normativa indicata al punto precedente ha l’obiettivo di compensare lo svantaggio che potrebbe risultare dall’esercizio parallelo delle competenze fiscali di cui dispongono i diversi Stati membri e che, per procedere a tale compensazione, il massimale di imputazione è calcolato applicando ai dividendi di origine estera soggetti a ritenuta alla fonte le disposizioni di diritto comune del Codice generale delle imposte relative alla deduzione degli oneri.

21      Detto giudice aggiunge che gli oneri da dedurre dall’importo di tali dividendi prima della ritenuta alla fonte sono parimenti dedotti ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta sulle società dovuta in Francia. Tali norme rifletterebbero l’impegno della Repubblica francese a rinunciare a riscuotere, eventualmente in toto, le entrate fiscali che tale Stato membro ricaverebbe dall’assoggettamento all’imposta sulle società dei dividendi di origine estera. Orbene, l’imputazione di un credito d’imposta superiore a quello risultante dall’applicazione di dette norme sarebbe tale da condurre non solo a una rinuncia del genere, ma anche a che la Repubblica francese sopporti, in tutto o in parte, l’onere dell’imposta a cui tali dividendi sono assoggettati dallo Stato in cui essi traggono origine.

22      Il giudice del rinvio fa riferimento, inoltre, alla giurisprudenza della Corte e, in particolare, al punto 47 della sentenza del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund (C-194/06, EU:C:2008:289) e al punto 28 della sentenza del 24 ottobre 2018, Sauvage e Lejeune (C-602/17, EU:C:2018:856), da cui risulta che il diritto dell’Unione non impone a uno Stato membro di procedere a una compensazione dello svantaggio derivante da un’imposizione a catena scaturente esclusivamente dall’esercizio parallelo delle competenze fiscali degli Stati membri, ma che spetta a tale Stato membro, qualora abbia deciso di prevedere una siffatta compensazione, esercitare tale facoltà conformemente a detto diritto. Inoltre, non si può ritenere che un trattamento fiscale svantaggioso derivante dalla ripartizione di tale competenza tra due Stati membri e dalla disparità tra i loro regimi fiscali costituisca una differenza di trattamento vietata.

23      Orbene, tale giudice si interroga, in assenza di giurisprudenza della Corte su tale questione, sul margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri quando adottano un meccanismo di eliminazione della doppia imposizione applicabile in caso di distribuzione di dividendi di origine estera a una società residente, basato sulla concessione di un credito d’imposta imputabile entro il limite dell’importo dell’imposta dello Stato di residenza corrispondente a tali dividendi.

24      Alla luce di tali considerazioni, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, alla luce dell’articolo [63 TFUE], la circostanza che l’applicazione delle norme [di diritto nazionale], al fine di compensare la doppia imposizione di dividendi versati a una società assoggettabile all’imposta sulle società nello Stato membro di cui essa è residente da parte di una società residente di un altro Stato e soggetta, in conseguenza dell’esercizio da parte di tale Stato della sua competenza fiscale, a ritenuta alla fonte, può lasciar sussistere uno svantaggio a scapito delle operazioni relative a titoli di società estere, effettuate da società soggette all’imposta sulle società nel primo Stato, comporti che quest’ultimo, qualora sia stata effettuata la scelta di compensare la doppia imposizione, vada al di là della rinuncia a riscuotere le entrate fiscali che percepirebbe se assoggettasse all’imposta sulle società i dividendi di cui trattasi».

 Sulla questione pregiudiziale

25      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 63 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che, nell’ambito di un regime diretto a compensare la doppia imposizione di dividendi percepiti da una società soggetta all’imposta sulle società di tale Stato membro in cui essa ha sede, che è stata assoggettata a un prelievo da parte di un altro Stato membro, accordi a una siffatta società un credito d’imposta limitato all’importo che tale primo Stato membro riceverebbe se questi soli dividendi fossero assoggettati all’imposta sulle società, senza compensare in toto il prelievo versato in tale altro Stato membro.

26      A tal riguardo, secondo giurisprudenza consolidata, spetta a ciascuno Stato membro organizzare, nel rispetto del diritto dell’Unione, il proprio sistema di imposizione sugli utili distribuiti e, in tale contesto, definire la base imponibile nonché l’aliquota d’imposta applicabili nei confronti dell’azionista beneficiario (sentenza del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund, C-194/06, EU:C:2008:289, punto 30, e ordinanza del 4 febbraio 2016, Baudinet e a., C-194/15, non pubblicata, EU:C:2016:81, punto 30 nonché giurisprudenza ivi citata).

27      Ne consegue, da un lato, che i dividendi distribuiti da una società stabilita in uno Stato membro a un azionista residente in un altro Stato membro possono subire una doppia imposizione giuridica qualora i due Stati membri decidano di esercitare la propria competenza fiscale e di assoggettare tali dividendi a tassazione in capo all’azionista (sentenza del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, EU:C:2011:61, punto 168 nonché giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 4 febbraio 2016, Baudinet e a., C-194/15, non pubblicata, EU:C:2016:81, punto 31).

28      Dall’altro lato, gli svantaggi che possono derivare dall’esercizio parallelo da parte di diversi Stati membri della loro competenza fiscale, se e in quanto tale esercizio non sia discriminatorio, non costituiscono restrizioni vietate dal Trattato FUE (sentenza del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, EU:C:2011:61, punto 169 nonché giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 4 febbraio 2016, Baudinet e a., C-194/15, non pubblicata, EU:C:2016:81, punto 32).

29      In tale contesto, si deve rilevare che, poiché il diritto dell’Unione, allo stato attuale, non stabilisce criteri generali per la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri per quanto riguarda l’eliminazione della doppia imposizione all’interno dell’Unione europea, la circostanza che tanto lo Stato membro della fonte dei dividendi quanto lo Stato di residenza dell’azionista possano tassare tali dividendi non implica che lo Stato membro di residenza sia tenuto, in forza del diritto dell’Unione, a prevenire gli svantaggi che potrebbero derivare dall’esercizio della competenza così ripartita da parte dei due Stati membri (sentenza del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C-436/08 e C-437/08, EU:C:2011:61, punto 170 nonché giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 4 febbraio 2016, Baudinet e a., C-194/15, non pubblicata, EU:C:2016:81, punto 33).

30      Tuttavia, sebbene gli Stati membri, nell’ambito delle convenzioni bilaterali dirette a evitare la doppia imposizione, siano liberi di fissare i fattori di collegamento ai fini della ripartizione della competenza fiscale, tale ripartizione della competenza fiscale non consente loro di applicare misure contrarie alle libertà di circolazione garantite dal Trattato FUE. Infatti, per quanto riguarda l’esercizio del loro potere impositivo, ripartito se del caso nell’ambito di convenzioni bilaterali contro la doppia imposizione, gli Stati membri sono tenuti ad adeguarsi alle norme del diritto dell’Unione e, più in particolare, a rispettare il principio della parità di trattamento (v., in tal senso, sentenze del 24 ottobre 2018, Sauvage e Lejeune, C-602/17, EU:C:2018:856, punto 24, nonché del 14 marzo 2019, Jacob e Lennertz, C-174/18, EU:C:2019:205, punto 25).

31      Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che i dividendi che sono stati distribuiti alla SGAM Banque da società con sede in Italia, nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, nell’ambito di operazioni di prestito di titoli e di strutturazione di fondi, sono soggette a doppia imposizione giuridica da parte degli Stati della fonte di tali redditi e da parte della Repubblica francese, in quanto Stato di residenza della SGAM Banque, a titolo di imposta sulle società la cui base imponibile include tali redditi.

32      Per quanto riguarda l’esercizio del potere impositivo da parte della Francia, emerge, anzitutto, dalle indicazioni del giudice del rinvio e dalle precisazioni fornite dal governo francese nonché dalla Société Générale nelle loro osservazioni scritte che tutte le società residenti sono assoggettate all’imposta sulle società per i dividendi percepiti, indipendentemente dal fatto che tali dividendi siano di fonte nazionale o estera. Tali redditi sarebbero integrati nel risultato complessivo della società interessata, dal quale sarebbero dedotti gli oneri di gestione, senza che sia fatta menzione di una differenza di aliquota d’imposta. Inoltre, le stesse regole di imputazione degli oneri risultanti dal Codice generale delle imposte si applicherebbero a tali redditi, indipendentemente dalla loro origine.

33      Inoltre, è pacifico che, pur assoggettando i dividendi percepiti dalle società con sede in Italia, nel Regno Unito e nei Paesi Bassi all’imposta sulle società, la Francia concede alla società beneficiaria di tali dividendi un credito d’imposta imputabile sull’imposta sulle società. Tale credito d’imposta è pari all’imposta assolta nello Stato membro della fonte dei redditi e non può superare l’imposta francese sulle società corrispondente a tale reddito.

34      Infine, per quanto riguarda le modalità di calcolo del credito d’imposta imputabile a titolo dell’imposta già assolta sui dividendi di fonte estera, la base imponibile e l’aliquota dell’imposta sulle società corrispondente a tali soli redditi sembrano essere le stesse di quelle dell’imposta sulle società che sarebbe effettivamente dovuta se si trattasse di dividendi di origine nazionale. In particolare, gli oneri relativi specificamente ai dividendi dedotti in occasione di tale calcolo, conformemente alla giurisprudenza del giudice del rinvio, sembrano altresì essere dedotti dal risultato complessivo della società residente per quanto riguarda i dividendi di fonte nazionale, circostanza che spetta a tale giudice verificare.

35      Da quanto precede discende che, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, non risulta che i dividendi distribuiti da società con sede in Italia, nel Regno Unito e nei Paesi Bassi subiscano in Francia un assoggettamento a un’imposta sulle società più gravosa di quella a cui sono soggetti i dividendi di fonte nazionale.

36      La Société Générale sostiene, tuttavia, nelle sue osservazioni scritte, che le modalità di calcolo del credito d’imposta al quale una siffatta società ha diritto consentono soltanto un’imputazione insufficiente, sull’imposta francese sulle società, dell’imposta già assolta nello Stato membro della fonte dei dividendi, il che avrebbe l’effetto, per una società con sede in Francia, di rendere svantaggiose le operazioni relative a titoli di società non residenti rispetto a quelle relative a titoli di società residenti. Ne deriverebbe l’imposizione di un onere fiscale più gravoso sui dividendi di origine estera che su quelli di origine nazionale.

37      A tal riguardo, occorre constatare che, come riconosciuto dalla Société Générale, un siffatto svantaggio discende da una differenza tra la base imponibile dell’imposta prelevata dagli Stati membri della fonte dei dividendi e quella dell’imposta francese sulle società, la quale determina il massimale del credito d’imposta imputabile. Infatti, dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge che l’imposta assolta in Italia, nel Regno Unito e nei Paesi Bassi è stata calcolata sull’importo lordo di tali dividendi, senza possibilità di deduzione di oneri mentre l’imposta francese sulle società è calcolata su base netta, in quanto la Repubblica francese autorizza la deduzione degli oneri conformemente all’articolo 39, paragrafo 1, del Codice generale delle imposte, di modo che il reddito netto per il calcolo del credito d’imposta viene ridotto da detta deduzione di oneri.

38      In tale contesto, per quanto riguarda l’argomento secondo cui sarebbe contraria alla libera circolazione dei capitali l’adozione, per il calcolo del credito d’imposta francese, di una base imponibile diversa da quella adottata dagli Stati membri della fonte dei dividendi, sebbene la Repubblica francese e tali Stati membri abbiano inteso eliminare la doppia imposizione, si deve rilevare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte richiamata al punto 26 della presente sentenza, ciascuno Stato membro è libero di definire, nel rispetto del diritto dell’Unione, la base imponibile che si applica in capo all’azionista beneficiario dei dividendi distribuiti.

39      Inoltre, come già indicato dalla Corte, lo scopo di una convenzione diretta a evitare la doppia imposizione come quelle di cui trattasi nel procedimento principale non è garantire che l’imposizione alla quale è soggetto il contribuente in uno Stato membro non sia superiore a quella alla quale egli sarebbe soggetto nell’altro (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 1998, Gilly, C-336/96, EU:C:1998:221, punto 46).

40      Di conseguenza, come parimenti rilevato dai governi che hanno presentato osservazioni scritte alla Corte e dalla Commissione europea, si deve ritenere che, in assenza di esercizio discriminatorio da parte di uno Stato membro della sua competenza fiscale, uno svantaggio risultante dalla doppia imposizione dei dividendi di fonte estera, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, discende dall’esercizio parallelo delle competenze fiscali da parte degli Stati della fonte di tali dividendi e da parte dello Stato membro di residenza della società azionista. In tali circostanze, non si può ritenere che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale costituisca una restrizione alla libera circolazione dei capitali, vietata ai sensi dell’articolo 63 TFUE.

41      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dalle sentenze del 28 febbraio 2013, Beker e Beker (C-168/11, EU:C:2013:117), e del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608), invocate dalla Société Générale, poiché queste ultime non sono trasponibili a una situazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in cui una tassazione svantaggiosa dei dividendi di fonte estera percepiti da una società soggetta all’imposta sulle società da parte del suo Stato membro di residenza discende dall’esercizio parallelo delle competenze fiscali da parte degli Stati membri della fonte di tali redditi e dello Stato membro di residenza della società azionista.

42      A tal riguardo, la sentenza del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C-10/14, C-14/14 e C-17/14, EU:C:2015:608), verteva sugli obblighi dello Stato membro della fonte dei dividendi, alla luce del meccanismo di detrazione o di rimborso della ritenuta alla fonte applicabile ai dividendi distribuiti dalle società residenti ai residenti di detto Stato membro, mentre, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 28 febbraio 2013, Beker e Beker (C-168/11, EU:C:2013:117), l’imputazione di cui trattasi riguardava la possibilità di detrazione non già da parte delle società, bensì da parte delle persone fisiche, della ritenuta alla fonte sull’imposta sul reddito nel loro Stato di residenza, al quale spettava concedere tutti i vantaggi fiscali legati alla situazione personale e familiare del contribuente. Orbene, secondo tale meccanismo d’imputazione, il contribuente residente beneficiava integralmente delle detrazioni di tipo personale e familiare qualora tutti i suoi redditi fossero stati percepiti nel suo Stato membro di residenza, mentre ciò non avveniva quando una parte dei suoi redditi era stata percepita all’estero. Invece, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, nel procedimento principale, la deduzione degli oneri non è limitata nel caso dei dividendi distribuiti da un altro Stato membro.

43      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro che, nell’ambito di un regime diretto a compensare la doppia imposizione di dividendi percepiti da una società soggetta all’imposta sulle società di tale Stato membro in cui essa ha sede, che è stata assoggettata a un prelievo da parte di un altro Stato membro, accordi a una siffatta società un credito d’imposta limitato all’importo che tale primo Stato membro riceverebbe se questi soli dividendi fossero assoggettati all’imposta sulle società, senza compensare in toto il prelievo assolto in tale altro Stato membro.

 Sulle spese

44      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa di uno Stato membro che, nell’ambito di un regime diretto a compensare la doppia imposizione di dividendi percepiti da una società soggetta all’imposta sulle società di tale Stato membro in cui essa ha sede, che è stata assoggettata a un prelievo da parte di un altro Stato membro, accordi a una siffatta società un credito d’imposta limitato all’importo che tale primo Stato membro riceverebbe se questi soli dividendi fossero assoggettati all’imposta sulle società, senza compensare in toto il prelievo assolto in tale altro Stato membro.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.