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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

1° dicembre 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Sesta direttiva 77/388/CEE – Articolo 4, paragrafo 4, secondo comma – Soggetti passivi – Facoltà per gli Stati membri di considerare come unico soggetto passivo entità giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi (“gruppo IVA”) – Normativa nazionale che designa la società madre del gruppo IVA come unico soggetto passivo – Nozione di “stretti vincoli finanziari” – Necessità per la società madre di disporre della maggioranza dei diritti di voto, oltre alla maggioranza partecipativa – Insussistenza – Valutazione dell’indipendenza di un’entità economica alla luce dei criteri standardizzati – Portata»

Nella causa C-141/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), con decisione dell’11 dicembre 2019, pervenuta in cancelleria il 23 marzo 2020, nel procedimento

Finanzamt Kiel

contro

Norddeutsche Gesellschaft für Diakonie mbH,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, P.G. Xuereb (relatore), T. von Danwitz, A. Kumin e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: L. Medina,

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Norddeutsche Gesellschaft für Diakonie mbH, da B. Richter, Rechtsanwalt;

–        per il governo tedesco, da J. Möller, S. Eisenberg, e S. Heimerl, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da A. Armenia e R. Pethke, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 gennaio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafi 1 e 4, nonché dell’articolo 21, paragrafi 1, lettera a), e 3, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2000/65/CE del Consiglio, del 17 ottobre 2000 (GU 2000, L 269, pag. 44) (in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Finanzamt Kiel (ufficio delle imposte di Kiel, Germania) (in prosieguo: l’«ufficio delle imposte») e la Norddeutsche Gesellschaft für Diakonie mbH (in prosieguo: la «NGD mbH»), in merito all’imposizione a tale società dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) per l’esercizio fiscale 2005.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        La sesta direttiva è stata abrogata e sostituita, a decorrere dal 1º gennaio 2007, dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1). Tuttavia, tenuto conto della data dei fatti oggetto del procedimento principale, quest’ultimo rimane disciplinato dalla sesta direttiva.

4        L’articolo 4 della sesta direttiva stabiliva quanto segue:

«1.      Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

(...)

4.      L’espressione in modo “indipendente”, di cui al paragrafo 1, esclude dall’imposizione i lavoratori dipendenti ed altre persone se essi sono vincolati al rispettivo datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico che introduca vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro.

Con riserva della consultazione di cui all’articolo 29, ogni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

(...)».

5        Con il titolo «Debitori dell’imposta verso l’Erario», l’articolo 21 della sesta direttiva, nella versione risultante dall’articolo 28 octies della medesima, così disponeva:

«1.      L’[IVA] è dovuta in regime interno:

a)      dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, diversa da quelle di cui alle lettere b) e c).

(...)

3.      Nelle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell’imposta sia responsabile in solido per il versamento dell’imposta.

(...)».

 Diritto tedesco

6        L’articolo 2 dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari), nella versione applicabile alla controversia principale (in prosieguo: l’«UStG»), prevede quanto segue:

«(1)      È imprenditore chiunque eserciti in modo indipendente un’attività industriale, commerciale, artigianale o professionale. L’impresa comprende l’insieme dell’attività industriale, commerciale o professionale dell’imprenditore. S’intende per “attività industriale, commerciale o professionale” qualsiasi attività esercitata in modo stabile per ricavarne un reddito, anche se manca l’intento di lucro, o se un’associazione di persone esercita la propria attività solo nei confronti dei suoi soci.

(2)      L’attività industriale, commerciale, artigianale o professionale non è esercitata in modo indipendente:

(...)

2.      qualora la struttura generale dei legami effettivi dimostri che una persona giuridica è integrata, dal punto di vista finanziario, economico e organizzativo, nell’impresa della società madre (unità fiscale, “Organschaft”). Gli effetti dell’unità fiscale si limitano alle prestazioni interne tra le parti dell’impresa situate all’interno del paese. Tali parti dell’impresa devono essere trattate come un’unica impresa. Qualora le funzioni di gestione della società madre siano situate all’estero, è considerata come imprenditore la parte dell’impresa più importante da un punto di vista economico situata all’interno del paese.

(...)».

7        Ai sensi dell’articolo 13a, paragrafo 1, di tale legge:

«Il debitore dell’imposta è:

1.      nei casi di cui all’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, e all’articolo 14c, paragrafo 1, l’imprenditore;

(...)».

8        L’articolo 73 dell’Abgabenordnung (codice tributario), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: l’«AO»), dispone quanto segue:

«Una società affiliata è tenuta al pagamento delle imposte della società madre per le quali l’unità fiscale che esse costituiscono rileva ai fini fiscali. (...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9        La NGD mbH è una società a responsabilità limitata di diritto tedesco, costituita con atto notarile del 29 agosto 2005, i cui soci, vale a dire A, un ente di diritto pubblico, e la C e.V., un’associazione registrata, detengono rispettivamente una partecipazione del 51% e del 49%. Nel corso del 2005, E, amministratore di tale società, era sia amministratore di A che presidente esecutivo della C e.V.

10      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, dello statuto della NGD mbH, relativo alla composizione e ai diritti di voto dell’assemblea generale:

«L’assemblea generale è composta dai membri del comitato delle opere di assistenza di A e dal comitato principale della C e.V. Ogni socio dispone di sette voti e nomina fino a sette rappresentanti nell’assemblea generale, i quali agiscono per tale società esclusivamente a titolo gratuito. Fatte salve le disposizioni seguenti, ciascun rappresentante dispone di un voto e decide in base alla propria valutazione professionale, senza essere al riguardo vincolato alle istruzioni del socio che lo ha nominato.

È fatta eccezione a quanto precede unicamente per le delibere riguardanti direttamente i conferimenti messi a disposizione della società da ciascun socio; in tal caso, i voti possono essere espressi in un unico blocco per socio e i rappresentanti sono vincolati alle istruzioni impartite dal socio che li ha nominati. Se i rappresentanti non riescono a trovare un accordo, i sette voti del socio interessato si considerano espressi nel modo in cui ha votato la maggioranza dei rappresentanti da lui nominati».

11      In occasione dell’assemblea generale tenutasi il 1° dicembre 2005, si è deciso di modificare lo statuto della NGD mbH e di formulare l’articolo 7, paragrafo 2, secondo comma, nel modo seguente:

«È fatta eccezione a quanto precede unicamente per le delibere che riguardano direttamente i conferimenti messi a disposizione della società da ciascun socio o per le decisioni per le quali un socio richiede un voto per blocco. In tal caso, i voti possono essere espressi in un unico blocco per socio e i rappresentanti sono vincolati alle istruzioni impartite dal socio che li ha nominati. Se i rappresentanti non riescono a trovare un accordo, i sette voti del socio interessato si considerano espressi nel modo in cui ha votato la maggioranza dei rappresentanti da lui nominati. In caso di votazione per blocco, i voti sono valutati in funzione della partecipazione detenuta nella società».

12      Secondo le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, tale modifica sarebbe tuttavia divenuta effettiva solo a seguito dell’assemblea generale del 9 dicembre 2010, quando lo statuto così modificato è stato oggetto di un nuovo atto notarile e di un’iscrizione nel registro delle imprese.

13      Dalla decisione di rinvio risulta che, in occasione di una revisione contabile effettuata presso la NGD mbH da un revisore esterno, questi ha ritenuto che, per l’esercizio fiscale considerato, detta società non fosse integrata nella società madre A sul piano finanziario. Pertanto, le due società non potevano essere considerate come un’«unità fiscale», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, dell’UStG, il quale è volto a dare attuazione, nel diritto tedesco, alla possibilità di cui all’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva.

14      Il motivo di tale conclusione avrebbe risieduto nel fatto che, sulla base delle disposizioni contenute nell’articolo 7 dello statuto della NGD mbH, sia nella versione originaria che in quella modificata, A non disponeva della maggioranza dei diritti di voto e non era quindi in grado di imporre decisioni a detta società, malgrado A vi detenesse una partecipazione maggioritaria pari al 51% del capitale sociale. Di conseguenza, il fatturato realizzato dalla stessa società al tasso normale con terzi e proveniente da prestazioni fornite ad A dovrebbe essere contabilizzato presso la NGD mbH, nella sua qualità di «imprenditore» a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’UStG.

15      Con decisione del 30 maggio 2014, l’ufficio delle imposte ha aderito alla posizione del revisore esterno.

16      Il reclamo presentato dalla NGD mbH avverso tale decisione è stato respinto con decisione dell’ufficio delle imposte del 3 febbraio 2017 e, pertanto, la NGD mbH ha proposto ricorso avverso quest’ultima decisione.

17      Lo Schleswig Holsteinisches Finanzgericht (Tribunale tributario del Land Schleswig-Holstein, Germania) ha accolto il suddetto ricorso con sentenza del 6 febbraio 2018, dichiarando che il requisito relativo all’integrazione sul piano finanziario nella società madre A era soddisfatto sulla base sia della versione modificata dello statuto della NGD mbH che della sua versione originaria, che era in vigore nel corso dell’esercizio fiscale in esame.

18      In proposito, ad avviso di detto giudice, dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che un rapporto di subordinazione che lega una società affiliata alla società madre non costituisca un requisito necessario per la formazione di un gruppo formato da persone giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi (in prosieguo: il «gruppo IVA») (sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt, C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punti 44 e 45), e che, pertanto, il requisito imposto dall’ufficio delle imposte e relativo alla necessità che la società madre detenga, oltre ad una partecipazione maggioritaria, anche la maggioranza dei diritti di voto nelle altre entità facenti parte dell’unità fiscale, andava al di là di quanto necessario al conseguimento degli obiettivi volti a prevenire le prassi o le condotte abusive o a contrastare la frode o l’evasione fiscali.

19      L’ufficio delle imposte ha proposto un ricorso in Revision avverso tale sentenza dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), facendo valere la violazione dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG, in quanto la NGD mbH non era integrata sul piano finanziario nella società madre A.

20      Il giudice del rinvio sottolinea, anzitutto, che, se la controversia di cui al procedimento principale doveva essere valutata unicamente alla luce del diritto nazionale applicabile, il ricorso in Revision sarebbe fondato, dato che il diritto nazionale farebbe dipendere la qualificazione di unità fiscale dalla condizione legata all’integrazione sul piano finanziario, la quale esigerebbe che la società madre disponga della maggioranza dei diritti di voto. Esso precisa che, anche successivamente alla sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496), conformemente alla giurisprudenza del Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) sarebbe tuttora necessario, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG, il requisito relativo al rapporto di autorità e di subordinazione, adesso definito «integrazione con diritto d’intervento».

21      Dalla giurisprudenza del Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) si evincerebbe poi che, nel diritto nazionale, il debito d’imposta viene trasferito alla società madre, la quale deve poter verificare che il fatturato realizzato da ciascuna delle entità facenti parte dell’unità fiscale sia tassato in modo corretto. Pertanto, la società madre dovrebbe agire, in qualità di collettore dell’IVA, per tutte le prestazioni che tali entità forniscono a terzi e sarebbe l’unica in grado di redigere la dichiarazione d’imposta per tutte le entità in questione.

22      Infine, tale giudice sottolinea che, nell’ambito dell’esame cui è tenuto a procedere ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG, esso dovrebbe considerare e applicare automaticamente la circostanza che, secondo tale disposizione, le attività economiche e professionali delle entità integrate nella società madre dell’unità fiscale di cui le medesime fanno parte non si considerano esercitate in modo indipendente. Pertanto, l’intero fatturato realizzato dalle suddette entità sarebbe attribuito alla società madre, la quale sarebbe debitrice dell’IVA corrispondente all’intero fatturato.

23      Il giudice del rinvio dubita però che la normativa nazionale di cui al procedimento principale sia conforme all’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, della sesta direttiva, nell’interpretazione datane dalla Corte, tenendo conto segnatamente del requisito relativo al rapporto di autorità e di subordinazione prescritto da tale normativa.

24      In particolare, poiché dalla giurisprudenza della Corte emergerebbe che, quando si considera un gruppo IVA, è lo stesso gruppo IVA ad essere debitore dell’IVA corrispondente al volume d’affari realizzato da tutti i suoi membri (sentenze del 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin, C-162/07, EU:C:2008:301, punto 20, e del 17 settembre 2014, Skandia America (USA), filial Sverige, C-7/13, EU:C:2014:2225, punti 29, 35 e 37, nonché dispositivo), l’assimilazione di un siffatto gruppo IVA ad un unico soggetto passivo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva escluderebbe che i membri di tale gruppo, tra cui la società madre, possano continuare a presentare dichiarazioni IVA e ad essere identificati come soggetti passivi individuali.

25      Nell’ipotesi in cui la Corte dovesse dichiarare che l’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva osta alla prassi di designare come unico soggetto passivo non già lo stesso gruppo IVA, bensì un membro di questo, e cioè la sua società madre, si porrebbe poi la questione se un’entità facente parte di tale gruppo possa invocare l’eventuale conflitto del diritto nazionale con il diritto dell’Unione. Al riguardo, pur ricordando che dalla sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496), risulta che l’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva è privo di effetto diretto, il giudice del rinvio si chiede se una simile entità non possa eventualmente avvalersi, a tal fine, dell’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), della direttiva citata.

26      Il giudice del rinvio si interroga, inoltre, sul livello dei requisiti che devono essere soddisfatti nell’ambito della valutazione che è tenuto ad effettuare per stabilire se il criterio dell’integrazione sul piano finanziario, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG, sia o meno soddisfatto nel caso di specie. In particolare, esso si chiede se tale criterio debba essere interpretato nel senso che occorre che la società madre dell’unità fiscale disponga, oltre alla partecipazione maggioritaria nelle entità facenti parte di quest’ultima, della maggioranza dei diritti di voto presso dette entità.

27      Esso sottolinea in tale contesto che, secondo le norme nazionali applicabili, la società madre di un’unità fiscale potrebbe, se del caso, far valere in giudizio un diritto di compensazione finanziaria da parte degli altri membri di quest’ultima, al fine di garantire che, nell’ambito delle relazioni interne esistenti nell’unità fiscale, l’onere fiscale sia rispettivamente sopportato, da ciascuno di tali membri, in misura corrispondente al volume d’affari che ha generato l’IVA da versare per ciascuno di essi.

28      Il giudice del rinvio si chiede altresì se il sistema tedesco dell’unità fiscale (Organschaft) possa eventualmente trovare giustificazione, in alternativa, nel combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva e dell’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, della stessa. Se così fosse, il ricorso in Revision proposto dall’ufficio delle imposte sarebbe fondato, indipendentemente dalle risposte fornite alle prime tre questioni pregiudiziali poste.

29      Al riguardo il giudice del rinvio ritiene, in sostanza, che non si possa escludere che i criteri, molto rigorosi, del requisito di subordinazione delle entità che compongono un’unità fiscale nei confronti della società madre di quest’ultima, prescritto nel diritto tedesco, ai fini della valutazione dell’esistenza di un’unità fiscale, possano trovare giustificazione in una lettura combinata delle disposizioni menzionate al punto precedente.

30      Infatti, poiché secondo le norme nazionali applicabili tali entità si considerano prive di volontà propria, purché si trovino in un rapporto di subordinazione nei confronti della società madre dell’unità fiscale di cui fanno parte, dette entità dovrebbero essere considerate non soddisfare il requisito dell’indipendenza, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva. Orbene, gli Stati membri sarebbero autorizzati a ritenere che le entità che non soddisfano ai criteri di indipendenza non possano essere considerate soggetti passivi e che il loro volume d’affari e, quindi, l’IVA corrispondente debbano essere così attribuiti alla società madre, dato il rapporto di subordinazione tra quest’ultima e tali entità.

31      Tuttavia, il giudice del rinvio esprime dubbi sul fatto che gli Stati membri siano realmente autorizzati a specificare, mediante tipizzazione, i casi in cui determinate entità debbano essere considerate prive di volontà propria e, quindi, non indipendenti ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva.

32      In proposito, esso precisa che il diritto costituzionale tedesco accorda al legislatore nazionale tale prerogativa di tipizzazione, giustificata dal fatto che, nella misura in cui la determinazione della qualità di soggetto passivo comporta oneri finanziari, le entità a cui viene riconosciuta siffatta qualità non dovrebbero essere lasciate in uno stato di incertezza per quanto riguarda i loro obblighi fiscali. Inoltre, la tipizzazione così operata dal legislatore tedesco potrebbe essere avvalorata da un’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, della sesta direttiva alla luce del contesto e della genesi di tale disposizione.

33      Su quest’ultimo punto si dovrebbe del pari tener conto del fatto che l’allegato A della seconda direttiva 67/228/CEE del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 1967, L 71, pag. 1303), sarebbe stato utilizzato per legittimare, nel diritto dell’Unione, il già esistente sistema tedesco dell’unità fiscale, così da consentire a detto Stato membro di conservare tale sistema.

34      In tali circostanze, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 3, della [sesta direttiva] debbano essere interpretati nel senso che consentano a uno Stato membro di stabilire che il soggetto passivo sia, in luogo del gruppo IVA [il gruppo societario («Organkreis»)], un membro dello stesso [(la società madre) («Organträger»)].

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione: se l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 3, della [sesta direttiva] possano essere invocati in tal senso.

3)      Se, per l’esame da eseguirsi ai sensi [della sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt (C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punti 44 e 45] – vale a dire se il requisito di cui all’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, [dell’UStG], sull’integrazione finanziaria, costituisca una misura legittima, necessaria e adeguata al conseguimento degli obiettivi volti a prevenire le prassi o le condotte abusive o a lottare contro la frode o l’evasione fiscali – si debba applicare un criterio restrittivo o un criterio ampio.

4)      Se l’articolo 4, paragrafi 1 e 4, primo comma, della [sesta direttiva] debbano essere interpretati nel senso che consentano a uno Stato membro, mediante tipizzazione, di considerare una persona come non indipendente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva, nel caso in cui essa sia integrata dal punto di vista finanziario, economico e organizzativo nella struttura di un’altra impresa (la casa madre) di modo che la casa madre possa imporre le proprie direttive a tale soggetto impedendo che questi agisca diversamente».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità

35      Il governo tedesco sostiene, in via principale, che la prima, la seconda e la quarta questione devono essere dichiarate irricevibili, in quanto non rilevanti ai fini della soluzione della controversia di cui al procedimento principale, che verte unicamente sulla questione dell’esistenza o meno di un’integrazione sufficiente sul piano finanziario tra la NGD mbH e la società madre A, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG, letto alla luce dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva.

36      Solo in caso di risposta affermativa a tale domanda, circostanza che lascerebbe intendere, in sostanza, che le due entità summenzionate debbano essere considerate come un gruppo IVA — cosa che tale governo contesta — si porrebbero le problematiche sottese alle altre questioni pregiudiziali.

37      Occorre in proposito rammentare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenza del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a., C-110/15, EU:C:2016:717, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

38      Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, qualora la questione abbia natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenza del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a., C-110/15, EU:C:2016:717, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

39      Ebbene, ciò non si verifica nel caso di specie, in quanto la prima, la seconda e la quarta questione sottoposte alla Corte, che peraltro riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, non sono affatto di natura ipotetica ed un nesso con la realtà della controversia principale è accertato, poiché tali questioni riguardano l’interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione che sono determinanti per la decisione del procedimento principale, come espressamente indicato dal giudice del rinvio nella sua decisione.

40      Più in particolare, le questioni se, da un lato, i requisiti imposti dalla normativa tedesca in termini di designazione del soggetto passivo unico di un gruppo IVA e, dall’altro, il modo in cui tale normativa considera la mancanza di indipendenza delle entità facenti parte di un simile gruppo nei confronti della società madre dello stesso siano compatibili con l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva hanno rilevanza per la soluzione della controversia principale, in quanto determineranno se il ricorso in Revision dell’ufficio delle imposte debba essere accolto.

41      Ne consegue che la prima, la seconda e la quarta questione sollevate sono ricevibili.

 Nel merito

 Sulla prima questione

42      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro designi, come soggetto passivo unico ai fini dell’IVA, non già il gruppo IVA in sè, ma un membro di tale gruppo, ossia la sua società madre.

43      Occorre ricordare che, conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte [v., in particolare, sentenza del 24 febbraio 2022, Airhelp (Ritardo di un volo alternativo), C-451/20, EU:C:2022:123, punto 22 e giurisprudenza ivi citata].

44      A tal riguardo, dal tenore dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva emerge che quest’ultimo consente ad ogni Stato membro di considerare come unico soggetto passivo più entità qualora queste siano stabilite sul territorio dello stesso Stato membro e, sebbene siano giuridicamente indipendenti, risultino strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. Detto articolo, alla luce del suo tenore, non subordina la propria applicazione ad altre condizioni. Esso non prevede nemmeno la possibilità, per gli Stati membri, di imporre agli operatori economici altre condizioni per poter costituire un gruppo IVA (v., in tale senso, sentenza del 25 aprile 2013, Commissione/Svezia, C-480/10, EU:C:2013:263, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

45      L’attuazione del regime previsto dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva implica che la normativa nazionale adottata sul fondamento di tale disposizione autorizzi le entità caratterizzate da vincoli di carattere finanziario, economico e organizzativo a cessare di essere considerate distinti soggetti passivi ai fini dell’IVA per essere considerate come un unico soggetto passivo. In tal senso, qualora uno Stato membro applichi la disposizione in parola, la o le entità giuridicamente dipendenti ai sensi della disposizione medesima non possono essere considerate soggetti passivi ai sensi dall’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva (v., in tale senso, sentenza del 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin, C-162/07, EU:C:2008:301, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

46      Ne consegue che l’assimilazione ad un soggetto passivo unico in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva esclude che i membri del gruppo IVA continuino a presentare separatamente dichiarazioni IVA e continuino ad essere individuati, tanto all’interno quanto all’esterno del loro gruppo, quali soggetti passivi, dato che solo il soggetto passivo unico è autorizzato a presentare tali dichiarazioni. La disposizione in discorso presuppone quindi necessariamente, qualora uno Stato membro ne faccia applicazione, che, per effetto della normativa nazionale di trasposizione, il soggetto passivo sia unico e che al gruppo sia assegnato un unico numero di partita IVA (sentenza del 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin, C-162/07, EU:C:2008:301, punti 19 e 20).

47      Ne consegue che, in una fattispecie del genere, le prestazioni di servizi effettuate da un terzo a favore di un membro del gruppo IVA devono essere considerate, ai fini dell’IVA, come effettuate a favore non di detto membro, ma dello stesso gruppo IVA cui il medesimo appartiene (v., in tale senso, sentenza del 18 novembre 2020, Kaplan International colleges UK, C-77/19, EU:C:2020:934, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

48      Per quanto riguarda il contesto dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, non risulta né da tale disposizione né dal sistema istituito dalla direttiva citata che esso sia una disposizione derogatoria o particolare che debba essere interpretata in modo restrittivo. Come si evince dalla giurisprudenza della Corte, il requisito relativo all’esistenza di uno stretto legame sul piano finanziario non può essere interpretato in modo restrittivo (v. per analogia, per quanto concerne l’articolo 11 della direttiva IVA, sentenze del 25 aprile 2013, Commissione/Svezia, C-480/10, EU:C:2013:263, punto 36, e del 15 aprile 2021, Finanzamt für Körperschaften Berlin, C-868/19, non pubblicata, EU:C:2021:285, punto 45).

49      Quanto agli obiettivi perseguiti dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, occorre anzitutto ricordare che, dalla motivazione della proposta della Commissione [COM(73) 950 def.] che ha condotto all’adozione della sesta direttiva emerge che il legislatore dell’Unione, adottando la disposizione in questione, ha inteso consentire agli Stati membri di non collegare sistematicamente lo status di soggetto passivo alla nozione di «indipendenza puramente giuridica», sia a fini di semplificazione amministrativa, sia allo scopo di evitare abusi quali, ad esempio, il frazionamento di un’impresa tra più soggetti passivi per beneficiare di un particolare regime (v., in tale senso, sentenze del 25 aprile 2013, Commissione/Svezia, C-480/10, EU:C:2013:263, punto 37 e giurisprudenza ivi citata, e del 15 aprile 2021, Finanzamt für Körperschaften Berlin, C-868/19, non pubblicata, EU:C:2021:285, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

50      A questo proposito, sebbene la sesta direttiva non contenesse, fino all’entrata in vigore del terzo comma del suo articolo 4, paragrafo 4, risultante dalla direttiva 2006/69/CE [del Consiglio], del 24 luglio 2006, che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare la frode o l’evasione fiscale e che abroga talune decisioni che autorizzano misure derogatorie (GU 2006, L 221, pag. 9), disposizioni espresse che conferissero agli Stati membri la facoltà di adottare le misure necessarie per contrastare la frode o l’evasione fiscale, tale circostanza non privava gli Stati membri della possibilità di adottare, prima della suddetta entrata in vigore, misure del genere, dato che la lotta degli Stati membri contro la frode e l’evasione fiscali costituisce un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta direttiva, anche in assenza di un’espressa attribuzione di competenza da parte del legislatore dell’Unione (v., in tale senso, sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt, C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

51      Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, secondo comma, della sesta direttiva, agli Stati membri è consentito subordinare, nell’ambito del margine di discrezionalità loro riconosciuto, l’applicazione del regime del gruppo IVA a talune restrizioni, purché esse rientrino negli obiettivi di tale direttiva volti a prevenire le prassi o le condotte abusive o a contrastare la frode e l’evasione fiscali (v., in tale senso, sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt, C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

52      Nel caso di specie, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio e dal governo tedesco risulta, anzitutto, che il legislatore tedesco si è avvalso della facoltà offerta dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva mediante l’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, dell’UStG, che prevede la possibilità di formare «unità fiscali».

53      Dalle medesime spiegazioni si evince inoltre che, in forza del diritto tedesco, sebbene la società madre di un gruppo IVA sia considerata come unico soggetto passivo di tale gruppo, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, l’articolo 73 dell’AO prevede tuttavia che una società affiliata possa, se del caso, essere tenuta al pagamento delle imposte corrispondenti agli altri membri dell’unità fiscale di cui essa fa parte, ivi inclusa la società madre di quest’ultima, per i quali l’unità fiscale da essi costituita è rilevante ai fini fiscali.

54      Infine, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio emerge che, in forza del diritto tedesco, un’entità facente parte di un gruppo IVA può essere considerata integrata nell’impresa della società madre sul piano finanziario, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG, letto alla luce dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, solo se tale società è in grado di far prevalere la propria volontà, il che implicherebbe che essa disponga, rispetto a detta entità, sia di una partecipazione maggioritaria che della maggioranza dei diritti di voto.

55      Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione se l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva osti alla prassi tedesca di designare, come unico soggetto passivo, non già lo stesso gruppo IVA, ma un membro di tale gruppo, vale a dire la sua società madre, va precisato che, se è vero che, nelle sentenze del 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin (C-162/07, EU:C:2008:301, punti 19 e 20), e del 17 settembre 2014, Skandia America (USA), filial Sverige (C-7/13, EU:C:2014:2225, punti 34, 35 e 37), la Corte ha sostanzialmente statuito che il gruppo IVA è, in quanto soggetto passivo, tenuto al pagamento dell’IVA, resta il fatto che, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 79 delle sue conclusioni, quando più membri giuridicamente indipendenti di un gruppo IVA costituiscono insieme un unico soggetto passivo, deve esistere un unico interlocutore che assume gli obblighi IVA del gruppo nei confronti dell’amministrazione fiscale. Orbene, l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva non contiene alcuna prescrizione riguardo alla designazione dell’entità rappresentativa del gruppo IVA, né sulla forma in cui essa assuma gli obblighi di soggetto passivo di un simile gruppo.

56      Al riguardo, e indipendentemente dalla possibilità di prevedere la rappresentanza del gruppo IVA da parte di uno dei suoi membri, gli obiettivi indicati al punto 49 possono giustificare la designazione della società madre del gruppo IVA come unico soggetto passivo, qualora tale società sia in grado di imporre la propria volontà nei confronti delle altre entità facenti parte del gruppo, in modo da garantire l’esatta riscossione dell’IVA.

57      Ciò premesso, è altresì necessario che il fatto che non sia lo stesso gruppo IVA, bensì la sua società madre che lo rappresenta, ad assumere il ruolo di unico soggetto passivo, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, non faccia sorgere alcun rischio di perdite fiscali.

58      Orbene, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, illustrate al punto 27 della presente sentenza, nonché dal governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, emerge che, nella misura in cui l’obbligo di dichiarazione gravante su tale società madre si estenda alle prestazioni fornite e ricevute da tutti i membri di detto gruppo e l’obbligo fiscale che risulta includa tutte le suddette prestazioni, ciò porterebbe al medesimo risultato che si otterrebbe se il gruppo IVA fosse esso stesso soggetto a tale imposta.

59      Dalle suindicate spiegazioni si evince altresì che, anche se, in base al diritto tedesco, tutti gli obblighi in materia di IVA gravano sulla società madre, nella sua qualità di rappresentante del gruppo IVA dinanzi all’amministrazione fiscale, resta il fatto che quest’ultima può, se del caso, rivolgersi alle altre entità facenti parte del gruppo facendo leva sull’articolo 73 dell’AO.

60      Alla luce degli elementi che precedono, si deve dichiarare che l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro designi, come soggetto passivo unico ai fini dell’IVA, non già lo stesso gruppo IVA, bensì un membro di tale gruppo, ossia la sua società madre, qualora quest’ultima sia in grado di imporre la propria volontà nei confronti delle altre entità facenti parte di tale gruppo e a condizione che detta designazione non comporti un rischio di perdite fiscali.

 Sulla seconda questione

61      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 3, della stessa direttiva, possa essere considerato munito di effetto diretto, così da consentire ai soggetti passivi di invocarlo nei confronti del loro Stato membro nel caso in cui la normativa di quest’ultimo non sia compatibile con le suddette disposizioni e non possa essere interpretata in modo ad esse conforme. La seconda questione è posta dal giudice del rinvio solo per il caso in cui alla prima questione sia risposto che l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro designi, come soggetto passivo ai fini dell’IVA, non il gruppo IVA stesso, ma un membro di tale gruppo, vale a dire la sua società madre.

62      Alla luce della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

 Sulla terza questione

63      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che subordini la possibilità per una determinata entità di formare, con l’impresa della società madre, un gruppo IVA alla condizione che tale società disponga, presso la suddetta entità, della maggioranza dei diritti di voto oltre ad una partecipazione maggioritaria nel capitale di questa.

64      Occorre anzitutto rilevare che la condizione stabilita dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, secondo cui la costituzione di un gruppo IVA deve essere subordinata alla sussistenza di stretti vincoli sui piani finanziario, economico e organizzativo fra le persone interessate, deve essere precisata a livello nazionale, sicché detta disposizione ha carattere condizionato, implicando l’intervento di disposizioni nazionali che definiscano la portata concreta di tali vincoli (v., in tale senso, sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt, C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 50).

65      Per un’applicazione uniforme della sesta direttiva, tuttavia, occorre che la nozione di «stretti vincoli finanziari», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, di tale direttiva, riceva un’interpretazione autonoma e uniforme. Una interpretazione di tal genere è necessaria, nonostante il carattere facoltativo per gli Stati membri del regime previsto dall’articolo in esame, al fine di evitare, al momento della sua attuazione, divergenze nell’applicazione del regime in questione da uno Stato membro all’altro (v., per analogia, sentenza del 15 aprile 2021, Finanzamt für Körperschaften Berlin, C-868/19, non pubblicata, EU:C:2021:285, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

66      In proposito, occorre ricordare che, sebbene, come sottolineato ai punti 44 e 51 della presente sentenza, l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva non preveda espressamente la possibilità per gli Stati membri di imporre agli operatori economici altre condizioni per poter costituire un gruppo IVA, essi possono, nell’ambito del margine di discrezionalità di cui dispongono, sottoporre l’applicazione del regime del gruppo IVA a determinate restrizioni, a condizione che queste ultime siano in linea con gli obiettivi di tale direttiva, volti a prevenire prassi o comportamenti abusivi o a contrastare la frode o l’elusione, e che siano rispettati il diritto dell’Unione e i suoi principi generali, in particolare i principi di proporzionalità e di neutralità fiscale (v., per analogia, sentenza del 15 aprile 2021, Finanzamt für Körperschaften Berlin, C-868/19, non pubblicata, EU:C:2021:285, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

67      Occorre altresì ricordare che, secondo la giurisprudenza menzionata al punto 48 della presente sentenza, la condizione relativa all’esistenza di uno stretto vincolo finanziario non può essere interpretata in modo restrittivo.

68      Più in particolare, la Corte ha già avuto modo di precisare, considerato il dettato stesso dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, che la natura meramente stretta dei rapporti che vincolano le entità all’interno del gruppo IVA non può, in assenza di altri requisiti, indurre a ritenere che il legislatore dell’Unione abbia inteso riservare il beneficio del regime del gruppo IVA alle sole entità che si trovino in un rapporto di subordinazione con la società madre del gruppo di imprese considerato. Benché l’esistenza di un tale rapporto di subordinazione consenta di presumere la natura stretta delle relazioni tra le entità di cui trattasi, essa non può tuttavia, in linea di principio, essere considerata come una condizione necessaria alla costituzione di un gruppo IVA. La conclusione sarebbe diversa solo nei casi eccezionali in cui una tale condizione fosse, in un determinato contesto nazionale, una misura allo stesso tempo necessaria e adeguata al conseguimento degli obiettivi volti a prevenire prassi o condotte abusive o a lottare contro la frode o l’evasione (v., in tale senso, sentenza del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt, C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punti 44 e 45).

69      Ne consegue che il requisito della maggioranza dei diritti di voto oltre a quello relativo ad una partecipazione maggioritaria, nell’ambito del requisito dell’integrazione sul piano finanziario ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 2, prima frase, dell’UStG, non costituisce a priori, circostanza che tuttavia spetta al giudice del rinvio verificare, una misura necessaria e adeguata per il conseguimento degli obiettivi volti a prevenire prassi o condotte abusive o a lottare contro la frode o l’evasione fiscali, cosicché il requisito di cui trattasi non può, in linea di principio, essere imposto a norma dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva.

70      In questo contesto è interessante notare che, come si evince dalla risposta del governo tedesco ai quesiti scritti della Corte, tale governo ammette, in sostanza, che nessuno dei due requisiti menzionati al punto precedente della presente sentenza sia assolutamente necessario, purché la società madre sia in grado di imporre la propria volontà nei confronti delle altre entità facenti parte del gruppo IVA.

71      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che subordina la possibilità per una determinata entità di formare, con l’impresa della società madre, un gruppo IVA alla condizione che tale società disponga, presso detta entità, della maggioranza dei diritti di voto oltre ad una partecipazione maggioritaria nel capitale di quest’ultima.

 Sulla quarta questione

72      Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro qualifichi, mediante tipizzazione, determinate entità come non indipendenti, qualora tali entità siano integrate sul piano finanziario, economico e organizzativo nella società madre di un gruppo IVA.

73      Occorre anzitutto ricordare che l’articolo 4, paragrafo 1, della sesta direttiva considera soggetto passivo una persona che esercita in modo indipendente una delle attività economiche di cui al paragrafo 2 di tale articolo.

74      L’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, della sesta direttiva precisa che l’espressione in modo «indipendente» esclude dall’imposizione i lavoratori dipendenti ed altre persone se essi sono vincolati al rispettivo datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico che introduca vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro.

75      Il paragrafo 4, secondo comma, di detto articolo prevede che, con riserva della consultazione di cui all’articolo 29 della sesta direttiva, gli Stati membri abbiano la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano «giuridicamente indipendenti», ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

76      Occorre altresì ricordare che, come rilevato dalla Commissione al punto 3.2, primo e secondo comma, della sua comunicazione COM/2009/0325 definitivo, tramite la creazione di un gruppo IVA, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, vari soggetti passivi strettamente vincolati tra loro vengono fusi in un unico soggetto passivo ai fini dell’IVA unica. Tale istituzione ha inoltre precisato che «un gruppo IVA potrebbe essere descritto come una “finzione” creata ai fini dell’IVA, in cui la sostanza economica prevale sulla forma giuridica. Un gruppo IVA è un genere particolare di soggetto passivo che esiste soltanto ai fini dell’IVA. Si basa su reali vincoli finanziari, economici ed organizzativi tra imprese. Benché ogni membro del gruppo mantenga la propria forma giuridica, la costituzione del gruppo IVA prevale, soltanto ai fini dell’IVA, sulle forme giuridiche basate, ad esempio, sul diritto civile o sul diritto societario».

77      Da una giurisprudenza costante della Corte risulta inoltre che una prestazione è imponibile solo quando esiste tra il prestatore e il destinatario un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni [v., in tale senso, sentenza del 17 settembre 2014, Skandia America (USA), filial Sverige, C-7/13, EU:C:2014:2225, punto 24 e giurisprudenza ivi citata].

78      Per poter accertare la sussistenza di un rapporto giuridico del genere tra una entità facente parte di un gruppo IVA e gli altri membri di tale gruppo, tra cui la società madre di quest’ultimo, ai fini dell’assoggettamento all’IVA delle prestazioni fornite da detta entità, occorre verificare se l’entità stessa svolga un’attività economica indipendente. Al riguardo occorre stabilire se l’entità possa considerarsi autonoma, in quanto svolga le proprie attività a nome e per conto proprio e sotto la propria responsabilità e, segnatamente, per il fatto che sopporti i rischi economici connessi all’esercizio della propria attività [v., per analogia, sentenze del 17 settembre 2014, Skandia America (USA), filial Sverige, C-7/13, EU:C:2014:2225, punto 25, e del 13 giugno 2019, IO (IVA – Attività di membro del consiglio di vigilanza), C-420/18, EU:C:2019:490, punto 39 e giurisprudenza ivi citata)].

79      Orbene, nel caso di specie, se è vero che nella sua qualità di unico soggetto passivo e di rappresentante del gruppo IVA la società madre A di quest’ultimo è incaricata di presentare la dichiarazione dei redditi a nome di tutte le entità facenti parte di tale gruppo, tra cui la NGD mbH, resta il fatto che, come risulta dai punti 27 e da 57 a 59 della presente sentenza, tali entità sopportano esse stesse i rischi economici connessi all’esercizio delle rispettive attività economiche. Ne consegue che le suddette entità devono essere considerate esercitare attività economiche indipendenti, cosicché non possono essere qualificate, mediante tipizzazione, come «entità non indipendenti» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1 e paragrafo 4, primo comma, della sesta direttiva per il solo fatto di appartenere a un gruppo IVA.

80      Tale interpretazione è ulteriormente avvalorata dal fatto che, sebbene dall’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva risulti che le entità che possono costituire un gruppo IVA devono essere strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici e organizzativi, tale disposizione non prevede però che l’esistenza di simili rapporti comporti l’esercizio di un’attività economica non indipendente da parte di un’entità del gruppo diversa dalla società madre. Pertanto, dalla disposizione citata non discende che tale entità cessi di svolgere attività economiche indipendenti, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, di tale direttiva, per il solo fatto di appartenere al gruppo IVA.

81      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della medesima direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro qualifichi, mediante tipizzazione, determinate entità come non indipendenti, qualora tali entità siano integrate sul piano finanziario, economico e organizzativo nella società madre di un gruppo IVA.

 Sulle spese

82      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2000/65/CE del Consiglio, del 17 ottobre 2000,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a che uno Stato membro designi, come soggetto passivo unico di un gruppo formato da persone giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi, la società madre dello stesso, qualora quest’ultima sia in grado di imporre la propria volontà nei confronti delle altre entità facenti parte di tale gruppo e a condizione che detta designazione non comporti un rischio di perdite fiscali.

2)      L’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/65,

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a una normativa nazionale che subordini la possibilità per una determinata entità di formare, con l’impresa della società madre, un gruppo formato da persone giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi, alla condizione che tale società disponga, presso detta entità, della maggioranza dei diritti di voto oltre ad una partecipazione maggioritaria nel capitale di quest’ultima.

3)      L’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/65, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 77/388, come modificata,

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a che uno Stato membro qualifichi, mediante tipizzazione, determinate entità come non indipendenti, qualora tali entità siano integrate sul piano finanziario, economico e organizzativo nella società madre di un gruppo formato da persone giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.