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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

8 dicembre 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 203 – Rettifica della dichiarazione IVA – Destinatari di prestazioni non legittimati alla detrazione – Esclusione del rischio di perdita di gettito fiscale»

Nella causa C-378/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesfinanzgericht (Tribunale federale delle finanze, Austria), con decisione del 21 giugno 2021, pervenuta in cancelleria il 21 giugno 2021, nel procedimento

P GmbH

contro

Finanzamt Österreich,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da F. Biltgen (relatore), facente funzione di presidente di sezione, N. Wahl e J. Passer, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo austriaco, da A. Posch, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios e R. Pethke, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 settembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 203 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva (UE) 2016/1065 del Consiglio, del 27 giugno 2016 (GU 2016, L 177, pag. 9) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la P GmbH e il Finanzamt Österreich (amministrazione finanziaria austriaca; in prosieguo: l’«amministrazione finanziaria») in merito al rigetto, da parte di quest’ultimo, di una richiesta di rettifica della dichiarazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) della P con la motivazione che quest’ultima aveva indicato nelle proprie fatture un importo dell’IVA calcolato con un’aliquota errata.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Ai sensi dell’articolo 193 della direttiva IVA:

«L’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, eccetto che nei casi in cui l’imposta è dovuta da una persona diversa in virtù degli articoli da 194 a 199 ter e 202».

4        L’articolo 203 di tale direttiva recita così:

«L’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura».

5        L’articolo 220, paragrafo 1, di detta direttiva stabilisce quanto segue:

«Ogni soggetto passivo assicura che sia emessa una fattura, da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario o, in suo nome e per suo conto, da un terzo, nei casi seguenti:

1)      per le cessioni di beni o le prestazioni di servizi che effettua nei confronti di un altro soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo;

(...)».

 Diritto austriaco

6        L’articolo 11, paragrafo 1, punto 1, dell’Umsatzsteuergesetz 1994 (legge sull’imposta sulla cifra d’affari del 1994, BGBl. 663/1994), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: l’«UStG 1994»), prevede quanto segue:

«L’imprenditore, qualora effettui operazioni ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, è legittimato ad emettere fatture. Se effettua tali operazioni per l’impresa di un altro soggetto o per una persona giuridica che non sia imprenditore, egli è obbligato ad emettere fatture. Se effettua una prestazione imponibile di contratto d’opera con materia fornita dal prestatore con riguardo a un bene immobile per un non imprenditore, egli è obbligato ad emettere fatture. L’imprenditore deve ottemperare all’obbligo di emettere una fattura entro sei mesi dall’esecuzione dell’operazione».

7        L’articolo 11, paragrafo 6, dell’UStG 1994 recita nel modo seguente:

«Per le fatture il cui importo totale non supera i 400 euro, sono sufficienti le seguenti indicazioni, oltre alla data di emissione:

1.      Il nome e l’indirizzo dell’imprenditore che ha effettuato la cessione o ha fornito la prestazione;

2.      la quantità e la denominazione commerciale usuale dei beni ceduti o il tipo e l’entità di altra prestazione;

3.      la data della cessione o di altra prestazione o il periodo di riferimento della prestazione;

4.      l’ammontare risultante dalla somma del corrispettivo con l’importo dell’imposta relativa alla cessione o ad altra prestazione, e

5.      l’aliquota dell’imposta».

8        L’articolo 11, paragrafo 12, dell’UStG 1994 stabilisce quanto segue:

«Se nella fattura per la cessione o altra prestazione l’imprenditore ha indicato separatamente un importo di imposta non dovuto per l’operazione ai sensi della presente legge federale, egli è tenuto a versare tale importo in base alla fattura, qualora non ne effettui la conseguente rettifica nei confronti del cessionario o del destinatario dell’altra prestazione. In caso di rettifica si applica mutatis mutandis l’articolo 16, paragrafo 1».

9        L’articolo 16, paragrafo 1, dell’UStG 1994 così dispone:

«In caso di modifica della base imponibile di un’operazione imponibile ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punti 1 e 2,

1      l’imprenditore che ha effettuato tale operazione è tenuto a rettificare in maniera corrispondente l’importo dell’imposta dovuta per tale operazione e

2      l’imprenditore destinatario è tenuto a rettificare in maniera corrispondente la detrazione effettuata per tale operazione. Le rettifiche sono effettuate per il periodo d’imposta in cui si è verificata la modifica del corrispettivo».

10      L’articolo 239a della Bundesabgabenordnung (codice federale delle imposte), nella versione applicabile al procedimento principale, prevede quanto segue:

«Nella misura in cui un prelievo che, in base alla finalità della norma che lo dispone, deve essere sostenuto economicamente da una persona diversa dal suo soggetto passivo, sia stato sostenuto da una persona che non è il soggetto passivo, si devono escludere:

1      l’accredito nel conto fiscale,

2      il rimborso, il trasferimento o la conversione di crediti e

3      l’utilizzo ai fini del rimborso di debiti fiscali,

se ciò comporta un arricchimento senza causa del soggetto tenuto al pagamento del tributo».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11      Nell’esercizio fiscale 2019, la ricorrente nel procedimento principale, la quale gestisce un parco giochi al coperto, ha applicato un’aliquota IVA del 20% sulle proprie prestazioni. Detta ricorrente ha rilasciato ai suoi clienti un totale di 22 557 ricevute del registratore di cassa, le quali costituiscono fatture di modico importo ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, dell’UStG del 1994, recanti l’indicazione di tale aliquota.

12      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che i clienti della ricorrente nel procedimento principale erano esclusivamente consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’IVA pagata a monte.

13      Essendosi resa conto che l’aliquota IVA applicabile per legge alle sue prestazioni era non già del 20%, bensì del 13%, la ricorrente nel procedimento principale ha rettificato la sua dichiarazione IVA affinché l’eccedenza dell’IVA le venisse accreditata dall’amministrazione finanziaria.

14      Quest’ultima ha respinto tale rettifica con la motivazione che, da un lato, ai sensi della normativa nazionale, la ricorrente nel procedimento principale è tenuta a pagare l’IVA più elevata a causa dell’omessa rettifica delle sue fatture e, dall’altro, che, poiché i clienti della ricorrente nel procedimento principale hanno sostenuto il costo di un’IVA più elevata, la rettifica richiesta comporterebbe un arricchimento senza causa della ricorrente.

15      La ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso contro tale decisione e la controversia è stata sottoposta al giudice del rinvio, il Bundesfinanzgericht (Tribunale federale delle finanze, Austria), il quale si chiede, alla luce della giurisprudenza della Corte, se l’articolo 203 della direttiva IVA possa o meno essere applicato nel procedimento di cui è investito in assenza di rischio di perdita di gettito fiscale. In caso di risposta affermativa, tale giudice si domanda se, poiché la ricorrente nel procedimento principale si trova nell’impossibilità materiale di rettificare le fatture emesse nei confronti dei consumatori finali, si debba tener conto dell’assenza di rischio di perdita di gettito fiscale al fine di consentirle di rettificare la sua dichiarazione IVA nel senso desiderato. Il giudice del rinvio nutre inoltre dubbi sul fatto che la direttiva IVA debba o meno essere interpretata nel senso che la circostanza che i consumatori finali abbiano sostenuto l’intero costo dell’IVA e che, pertanto, la ricorrente nel procedimento principale trarrebbe un arricchimento in caso di rettifica di tale imposta, osta alla possibilità di procedere a siffatta rettifica.

16      Ciò premesso, il Bundesfinanzgericht (Tribunale federale delle finanze) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’[IVA] sia dovuta dall’emittente fattura ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA, qualora – come nel caso in esame – non vi possa essere alcun rischio di perdita di gettito fiscale, in quanto i destinatari delle prestazioni di servizi non sono consumatori finali legittimati alla detrazione.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, con conseguente soggezione dell’emittente fattura all’[IVA] ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA:

a)      se la rettifica delle fatture nei confronti dei destinatari delle prestazioni possa essere omessa, qualora, da un lato, sia escluso il rischio di perdita di gettito fiscale e, dall’altro, la rettifica delle fatture risulti di fatto impossibile;

b)      se la rettifica dell’[IVA] sia preclusa dal fatto che i consumatori finali abbiano sostenuto l’imposta con il pagamento del prezzo e che dunque il soggetto passivo tragga un arricchimento dalla rettifica dell’[IVA]».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

17      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 203 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che un soggetto passivo il quale abbia prestato un servizio e abbia indicato nella propria fattura un importo dell’IVA calcolato sulla base di un’aliquota errata è debitore di tale IVA anche qualora non vi sia alcun rischio di perdita di gettito fiscale in quanto i destinatari di tale servizio sono esclusivamente consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’IVA pagata a monte.

18      In via preliminare, come occorre rilevare, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che le questioni sollevate dal giudice del rinvio si basano sul presupposto dell’assenza di rischio di perdita di gettito fiscale nel caso di specie, in quanto la clientela della ricorrente nel procedimento principale era costituita, per l’esercizio fiscale in questione, esclusivamente da consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’IVA fatturata a loro carico dalla ricorrente nel procedimento principale. È soltanto alla luce di tale presupposto che la Corte esaminerà la prima questione.

19      Al fine di rispondere a tale questione, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 203 della direttiva IVA, l’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura e che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’IVA indicata in una fattura è dovuta dall’emittente di tale fattura, anche in assenza di una qualsiasi operazione imponibile reale (sentenza dell’8 maggio 2019, EN.SA., C-712/17, EU:C:2019:374, punto 26).

20      Dalla giurisprudenza della Corte emerge inoltre che l’articolo 203 della direttiva IVA mira a eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale che può derivare dal diritto a detrazione previsto da tale direttiva [sentenze dell’8 maggio 2019, EN.SA., C-712/17, EU:C:2019:374, punto 32, e del 18 marzo 2021, P (Carte carburante), C-48/20, EU:C:2021:215, punto 27].

21      Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 26 delle sue conclusioni, l’articolo 203 della direttiva IVA è pertanto destinato ad applicarsi nel caso in cui l’IVA sia stata erroneamente fatturata e vi sia un rischio di perdita di gettito fiscale a causa del fatto che il destinatario della fattura in questione può avvalersi del proprio diritto alla detrazione di siffatta IVA.

22      L’articolo 203 della direttiva IVA si distingue quindi dall’articolo 193 della stessa direttiva in quanto quest’ultimo articolo, in combinato disposto con l’articolo 220, paragrafo 1, di detta direttiva, riguarda l’ipotesi in cui il soggetto passivo abbia emesso una fattura con l’indicazione dell’importo corretto dell’IVA ai sensi di quest’ultima disposizione, secondo la quale il soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile nei riguardi di un altro soggetto passivo deve emettere una fattura nei confronti di tale altro soggetto passivo. In un’ipotesi del genere, ai sensi di detto articolo 193, l’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una simile cessione o prestazione nei confronti di un altro soggetto passivo.

23      Ne consegue che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 26 delle sue conclusioni, l’articolo 203 della direttiva IVA è destinato ad applicarsi solo a un debito d’imposta che eccede quello dovuto nelle situazioni in cui si applica l’articolo 193 di tale direttiva e quindi non riguarda le situazioni in cui l’IVA indicata nella fattura è corretta. In una situazione in cui una parte dell’IVA addebitata è stata erroneamente fatturata, l’articolo 203 di tale direttiva è destinato ad applicarsi solo all’importo dell’IVA ulteriore rispetto a quello debitamente fatturato. Infatti, in quest’ultimo caso, vi è il rischio di perdita di gettito fiscale, in quanto un soggetto passivo destinatario di una simile fattura potrebbe essere indotto a esercitare il proprio diritto alla detrazione di tale IVA senza che l’amministrazione finanziaria competente sia in grado di stabilire se siano soddisfatte le condizioni per l’esercizio di tale diritto.

24      Nel caso di specie, come ricordato al punto 18 della presente sentenza, il giudice del rinvio ha escluso l’esistenza di un siffatto rischio di perdita di gettito fiscale con la motivazione che la clientela della ricorrente nel procedimento principale era costituita, nell’esercizio fiscale in questione, esclusivamente da consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’IVA pagata a monte. Si deve pertanto concludere che l’articolo 203 della direttiva IVA non trova applicazione in una situazione siffatta.

25      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 203 della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che un soggetto passivo, il quale abbia prestato un servizio e abbia indicato nella propria fattura un importo di IVA calcolato sulla base di un’aliquota errata, non è debitore, ai sensi di tale disposizione, della parte dell’IVA erroneamente fatturata qualora non vi sia alcun rischio di perdita di gettito fiscale in quanto i destinatari di tale servizio sono esclusivamente consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’IVA pagata a monte.

 Sulla seconda questione

26      Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

 Sulle spese

27      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

L’articolo 203 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva (UE) 2016/1065 del Consiglio, del 27 giugno 2016,

deve essere interpretato nel senso che:

un soggetto passivo, il quale abbia prestato un servizio e abbia indicato nella propria fattura un importo di imposta sul valore aggiunto (IVA) calcolato sulla base di un’aliquota errata, non è debitore, ai sensi di tale disposizione, della parte dell’IVA erroneamente fatturata qualora non vi sia alcun rischio di perdita di gettito fiscale in quanto i destinatari di tale servizio sono esclusivamente consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’IVA pagata a monte.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.