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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

4 maggio 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 185 – Rettifica delle detrazioni dell’IVA assolta a monte – Beni oggetto di scarto – Vendita successiva come rifiuti – Distruzione o smaltimento debitamente provati o giustificati»

Nella causa C-127/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Varhoven administrativen sad (Corte amministrativa suprema, Bulgaria), con decisione del 16 febbraio 2022, pervenuta in cancelleria il 22 febbraio 2022, nel procedimento

«Balgarska telekomunikatsionna kompania» EAD

contro

Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» – Sofia,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da L.S. Rossi, presidente di sezione, J.-C. Bonichot e O. Spineanu-Matei (relatrice), giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la «Balgarska telekomunikatsionna kompania» EAD, da O.P. Hadzhiyski e T.M. Mollahasan, advokati;

–        per il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» – Sofia, da T. Todorov, advokat;

–        per la Commissione europea, da D. Drambozova, J. Jokubauskaitė e V. Uher, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 185 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la «Balgarska telekomunikatsionna kompania» EAD (in prosieguo: la «BTK») e il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danatchno-osiguritelna praktika» – Sofia (direttore della direzione «Ricorsi e prassi fiscali in materia di previdenza sociale» di Sofia, Bulgaria) in merito alla decisione dell’ispettore generale delle imposte presso la Teritorialna Direktsia na Natsionalna Agentsia za Prihodite (direzione territoriale dell’Agenzia nazionale delle entrate, Bulgaria) «grandi contribuenti ed assicuratori», che ha respinto la domanda della BTK diretta ad ottenere il rimborso di somme versate a titolo di rettifica delle detrazioni dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) inizialmente operate, alle quali si era proceduto a causa dello scarto di diversi beni d’investimento ed elementi dello stock tra il 2014 e il 2017.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA così stabilisce:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)      l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo».

4        L’articolo 184 della medesima direttiva prevede quanto segue:

«La detrazione operata inizialmente è rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto».

5        Ai sensi dell’articolo 185 di detta direttiva:

«1.      La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo.

2.      In deroga al paragrafo 1, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16.

In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica».

6        L’articolo 186 di tale direttiva stabilisce che gli Stati membri determinano le modalità di applicazione degli articoli 184 e 185 della stessa.

 Il diritto bulgaro

7        Lo zakon za danak varhu dobavenata stoynost (legge relativa all’imposta sul valore aggiunto), del 21 luglio 2006 (DV n. 63, del 4 agosto 2006, pag. 8), nella versione applicabile a partire dal 1º gennaio 2017 (in prosieguo: lo «ZDDS»), al suo articolo 78 così dispone:

«1.      L’IVA detratta a monte è l’importo dell’imposta che un soggetto passivo ai sensi della presente legge ha detratto nel corso dell’anno di esercizio del diritto a detrazione.

2.      In caso di modifica della base imponibile, di annullamento di una cessione o di modifica della natura di una cessione, il soggetto passivo è tenuto a rettificare l’importo dell’IVA detratta.

(...)».

8        L’articolo 79, paragrafo 1, dello ZDDS così dispone:

«Una persona registrata a fini IVA che, interamente, parzialmente o proporzionalmente al livello di utilizzazione ai fini dell’esercizio indipendente, si sia avvalsa del diritto a detrazione di un credito d’imposta per beni da essa prodotti, acquistati, ottenuti o importati, calcola un’imposta per un importo pari a quello dell’IVA detratta a monte, se le merci sono andate distrutte, se risultano mancanti o se sono state scartate in quanto difettose».

9        Eccezioni o limitazioni alla rettifica dell’IVA detratta a monte sono previste all’articolo 80 di tale legge, il quale, al paragrafo 2, dispone quanto segue:

«Non si procede alla rettifica ai sensi dell’articolo 79, nei casi seguenti:

1.      distruzione, sparizione o scarto dovuti a forza maggiore, anche in caso di distruzione di prodotti soggetti ad accisa e oggetto di controllo amministrativo conformemente alla legge sulle accise e sui depositi fiscali;

2.      distruzione, sparizione o scarto dovuti a guasti o incidenti, relativamente ai quali la persona è in grado di dimostrare che essi non si sono verificati per sua colpa o di colui che utilizza il bene;

3.      sparizioni dovute a un cambiamento delle proprietà fisiche e chimiche in proporzioni normali conformi alle norme stabilite per i valori limite di perdita naturale di sostanza e sparizioni di beni durante il loro stoccaggio e trasporto conformemente a un atto regolamentare o ai criteri e norme dell’impresa;

4.      difetto tecnico, entro i limiti consentiti, quali determinati nella documentazione tecnica relativa a ciascuna procedura o attività;

5.      scarto in conseguenza della scadenza del termine di validità, determinato conformemente alle disposizioni di un atto normativo;

6.      storno di beni d’investimento accantonati, quando il loro valore netto contabile è inferiore al 10% del loro valore d’origine».

10      L’articolo 79, paragrafo 3, e l’articolo 80, paragrafo 2, dello ZDDS, nella versione applicabile anteriormente al 1º gennaio 2017 (in prosieguo: lo «ZDDS nella sua versione precedente»), contenevano disposizioni simili a quelle riportate, rispettivamente, ai punti 8 e 9 della presente sentenza.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11      La BTK è una società di diritto bulgaro operante nel settore delle telecomunicazioni. La stessa è assoggettata all’IVA per le sue attività, consistenti in particolare nella fornitura di servizi di telecomunicazione. Ai fini delle sue attività, acquista diversi beni d’investimento nonché, in vista della loro rivendita, apparecchi di comunicazione mobile e varie attrezzature necessarie o accessorie all’utilizzo dei servizi da essa forniti. L’IVA pagata in occasione di tali acquisti è oggetto di detrazioni.

12      Nel periodo compreso tra l’ottobre 2014 e il dicembre 2017, la BTK ha dismesso diversi beni, quali impianti, attrezzature o apparecchi considerati inadatti all’uso o alla vendita per varie ragioni, in particolare l’usura, la difettosità oppure il carattere obsoleto o inadeguato. Tali dismissioni sono state effettuate nel rispetto della normativa nazionale applicabile. Le stesse sono consistite, in concreto, nella cancellazione dal bilancio della società dei beni di cui trattasi. Tali beni sono stati poi, nel caso di taluni, venduti come rifiuti ad imprese terze soggette ad imposta e, per quanto riguarda altri, distrutti o smaltiti.

13      Dette operazioni di dismissione hanno comportato rettifiche implicanti la restituzione dell’IVA detratta a monte relativamente ai beni di cui trattasi. Tali rettifiche sono state eseguite in applicazione dell’articolo 79, paragrafo 3, dello ZDDS, nella versione precedente, tra il 2014 e il 2016, e in applicazione dell’articolo 79, paragrafo 1, dello ZDDS, a decorrere dal 1º gennaio 2017.

14      Il 18 gennaio 2019 la BTK ha presentato una domanda di rimborso delle somme pagate nell’ambito di dette rettifiche. Tale domanda verteva su un importo totale di 1 304 090,54 leva bulgari (BGN) (circa EUR 666 770). Essa ha sostenuto in quella occasione che l’articolo 79, paragrafo 1, dello ZDDS e l’articolo 79, paragrafo 3, dello ZDDS, nella sua versione precedente, erano incompatibili con l’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA.

15      Tale domanda di rimborso è stata respinta con decisione dell’ispettore generale delle imposte della direzione territoriale dell’Agenzia nazionale delle entrate «grandi contribuenti ed assicuratori», adottata il 5 dicembre 2019. Tale decisione è stata confermata con decisione del 18 febbraio 2020 del direttore della direzione «Ricorsi e prassi fiscali in materia di previdenza sociale» di Sofia.

16      Parimenti, il ricorso giurisdizionale proposto dalla BTK avverso quest’ultima decisione dinanzi all’Administrativen sad Sofia grad (Tribunale amministrativo della città di Sofia, Bulgaria) è stato respinto con sentenza del 18 maggio 2021. Detto tribunale ha rilevato che lo scarto di beni poteva non dar luogo a rettifica, ai sensi dell’articolo 80, paragrafo 2, dello ZDDS, purché fosse soddisfatta una delle condizioni previste da tale disposizione, il che non si è verificato.

17      Avverso tale sentenza è stata proposta impugnazione dinanzi al Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa, Bulgaria), giudice del rinvio.

18      Quest’ultimo precisa che la dismissione di beni consiste nella loro cancellazione dal bilancio e che tale nozione è interpretata nel diritto bulgaro nel senso che comprende elementi dell’attivo o articoli dello stock divenuti inutilizzabili o inadatti all’uso al quale erano destinati a causa di un’usura fisica o di danni, o quando sono obsoleti e non possono più essere utilizzati o venduti. Detto giudice constata, in sostanza, che tale interpretazione indica l’esaurimento del potenziale economico dei beni interessati nel corso del loro utilizzo nell’ambito dell’attività economica dell’impresa. Lo stesso opera a tal riguardo un ravvicinamento con la situazione in cui beni o servizi siano stati interamente consumati nell’ambito dell’attività professionale di un soggetto passivo, situazione in cui ritiene che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la circostanza che tali beni o servizi escano dal patrimonio del soggetto passivo non implichi che siano mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della detrazione, ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA.

19      Il giudice del rinvio rileva inoltre che l’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA contiene un elenco tassativo dei casi che, fatto salvo il secondo comma di tale paragrafo, non devono dar luogo a rettifica dell’IVA detratta a monte e ritiene che tali casi corrispondano a situazioni in cui un bene non può più essere utilizzato dal soggetto passivo per cessioni successive, a motivo di accadimenti indipendenti dalla volontà di quest’ultimo. Lo stesso sottolinea che l’esenzione dalla rettifica prevista in siffatti casi mira a evitare al soggetto passivo di subire una perdita fiscale oltre alla perdita economica.

20      In tale contesto, il giudice del rinvio ritiene che la legittimità della decisione impugnata dinanzi ad esso, e quindi la soluzione della controversia di cui è investito, richieda di chiarire talune nozioni contenute all’articolo 185 della direttiva IVA.

21      Esso si interroga anzitutto sull’eventuale incidenza del fatto che, nel caso di specie, beni dismessi siano stati successivamente venduti come rifiuti, nell’ambito di operazioni imponibili, ma non rientranti nell’attività economica abituale della BTK, esercitata in qualità di soggetto passivo. Esso si chiede poi se la dismissione implichi il fatto che siano mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della detrazione, ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA, qualora i beni di cui trattasi siano stati, in seguito, distrutti o eliminati, con esclusione di qualsiasi impiego nell’ambito di operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA. Infine, prevedendo che la dismissione possa costituire una «perdita», ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, di detta direttiva, esso si chiede se l’elemento essenziale sia, in tale ipotesi, che il bene sia stato oggettivamente distrutto o se sia inoltre richiesto che ciò risulti da eventi indipendenti dalla volontà del soggetto passivo e che quest’ultimo non avrebbe potuto né prevedere né impedire.

22      Alla luce di tali circostanze, il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva [IVA] debba essere interpretato nel senso che l’eliminazione di beni, intesa quale storno dal bilancio di un soggetto passivo di beni economici o giacenze di magazzino, in quanto da essi non ci si attende più alcuna utilità economica poiché, ad esempio, sono usurati, difettosi o (...) non possono essere utilizzati per gli scopi previsti, rappresenti una modifica degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni collegate all’imposta sul valore aggiunto già assolta all’atto dell’acquisto dei beni ai sensi di tale disposizione, modifica intervenuta successivamente alla presentazione della dichiarazione [IVA] e che comporta pertanto l’obbligo di rettificare tale detrazione ove i beni eliminati siano stati poi venduti [nel contesto di] una cessione imponibile.

2)      Se l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva [IVA] debba essere interpretato nel senso che l’eliminazione di beni, intesa [come indicato nell’ambito della prima questione] rappresenti una modifica degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni collegate all’imposta sul valore aggiunto già assolta all’atto dell’acquisto dei beni ai sensi di tale disposizione, modifica intervenuta successivamente alla presentazione della dichiarazione [IVA] e che comporta pertanto l’obbligo di rettificare la detrazione ove i beni eliminati siano stati poi distrutti o smaltiti e questa circostanza sia stata debitamente provata o giustificata.

3)      In caso di risposta affermativa alla prima o alla seconda questione, oppure a entrambe, se l’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva [IVA] debba essere interpretato nel senso che l’eliminazione di beni alle condizioni sopra indicate rappresenta un’ipotesi di distruzione o di perdita di un bene debitamente provata o giustificata che non implica alcun obbligo di rettifica della detrazione collegata all’imposta sul valore aggiunto assolta all’atto dell’acquisto dei beni.

4)      Se l’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva [IVA] debba essere interpretato nel senso che, in ipotesi di distruzione o perdita di un bene debitamente provate o giustificate, non occorre procedere alla rettifica della detrazione soltanto se la distruzione o la perdita sono state causate da eventi indipendenti dalla volontà del soggetto passivo e non sono da quest’ultimo prevedibili, né tantomeno evitabili.

5)      In caso di risposta negativa alla prima o alla seconda questione, oppure a entrambe, se l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva [IVA] osti a disposizion[i] nazional[i] come quella dell’articolo 79, paragrafo 3, dello ZDDS, [nella sua versione anteriore] o dell’articolo 79, paragrafo 1, dello ZDDS (...) , che  – in caso di eliminazione di beni – preved[ono] un obbligo di rettifica della detrazione anche quando i beni sono stati poi venduti a titolo di cessione imponibile (...) o sono stati distrutti o smaltiti e questa circostanza è stata debitamente provata o giustificata».

 Sulle questioni pregiudiziali

23      In via preliminare, occorre ricordare che le modalità di rettifica dell’IVA inizialmente detratta previste agli articoli da 187 a 191 della direttiva IVA per quanto riguarda i beni d’investimento, come taluni dei beni che sarebbero stati dismessi dalla BTK, sono irrilevanti ai fini della risposta a dette questioni. Infatti, queste ultime vertono sull’insorgere di un obbligo di rettifica e non sulle modalità di un’eventuale rettifica. Al fine di rispondere a tale questione, occorre rilevare preliminarmente che gli articoli da 184 a 186 della direttiva stabiliscono il sistema applicabile alla nascita di un eventuale diritto dell’amministrazione finanziaria di esigere una rettifica da parte di un soggetto passivo, inclusa la rettifica di detrazioni relative a beni d’investimento (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2020, Stichting Schoonzicht, C-791/18, EU:C:2020:731, punto 33 e giurisprudenza citata).

 Sulla prima questione

24      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che lo scarto di un bene, che secondo il soggetto passivo è divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, seguito dalla vendita di tale bene in quanto rifiuto, la quale è stata assoggettata all’IVA, comporta che siano «mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni», ai sensi di tale disposizione.

25      Al fine di rispondere a detta questione, occorre anzitutto ricordare che il meccanismo di rettifica previsto agli articoli da 184 a 186 della direttiva IVA costituisce parte integrante del sistema di detrazione dell’IVA istituito dalla stessa direttiva (sentenza del 17 luglio 2014, BCR Leasing IFN, C-438/13, EU:C:2014:2093, punto 32 e giurisprudenza citata).

26      Per quanto riguarda tale regime di detrazione, dall’articolo 168 della direttiva IVA risulta che il soggetto passivo quando, agendo in quanto tale nel momento in cui acquista il bene, lo utilizzi ai fini delle proprie operazioni imponibili, è autorizzato a detrarre l’IVA dovuta o versata per il bene medesimo (sentenza del 22 marzo 2012, Klub, C-153/11, EU:C:2012:163, punto 36 e giurisprudenza citata).

27      Il regime delle detrazioni è inteso a esonerare interamente il soggetto passivo dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. In tal senso, il sistema comune dell’IVA è volto a garantire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dalle finalità o dai risultati delle medesime, purché siffatte attività siano, in linea di principio, a loro volta soggette all’IVA (sentenza del 17 ottobre 2018, Ryanair, C-249/17, EU:C:2018:834, punto 23 e giurisprudenza citata).

28      Inoltre, per quanto riguarda l’eventuale incidenza sulle detrazioni di eventi verificatisi successivamente a queste ultime, occorre ricordare che l’impiego dei beni o servizi, reale o previsto, determina l’entità della detrazione iniziale alla quale il soggetto passivo ha diritto e l’entità delle eventuali rettifiche durante i periodi successivi (sentenza del 17 settembre 2020, Stichting Schoonzicht, C-791/18, EU:C:2020:731, punto 25 e giurisprudenza citata).

29      Pertanto, le norme previste dalla direttiva IVA in materia di rettifica mirano ad aumentare la precisione delle detrazioni, così da assicurare la neutralità dell’IVA, di modo che le operazioni effettuate allo stadio anteriore continuino a dare luogo al diritto di detrazione soltanto nei limiti in cui esse servano a fornire prestazioni soggette a tale imposta. Con dette norme la direttiva è quindi volta ad istituire un rapporto stretto e diretto tra il diritto alla detrazione dell’IVA versata a monte e l’utilizzazione dei beni o dei servizi di cui trattasi per operazioni tassate a valle (sentenza del 10 ottobre 2013, Pactor Vastgoed, C-622/11, EU:C:2013:649, punto 34 e giurisprudenza citata).

30      Infine, per quanto riguarda la nascita di un eventuale obbligo di rettifica della detrazione dell’IVA assolta a monte, l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA stabilisce la regola secondo la quale tale rettifica deve essere operata in particolare quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della suddetta detrazione.

31      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che i beni di cui trattasi sono stati alla fine venduti dal soggetto passivo nell’ambito di operazioni imponibili. Pertanto, occorre constatare che è soddisfatta la condizione che consente l’applicazione e il mantenimento del diritto a detrazione, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 27 della presente sentenza, vale a dire che tali beni sono stati utilizzati nell’ambito di attività economiche soggette all’IVA. Tale applicazione e tale mantenimento sono del resto necessari per garantire la neutralità fiscale che costituisce l’obiettivo perseguito dal sistema comune dell’IVA attraverso il regime di detrazione.

32      A tal riguardo, è irrilevante che la vendita di rifiuti non rientri nelle attività economiche abituali del soggetto passivo che procede a tale vendita o che il valore di realizzazione dei beni di cui trattasi sia ridotto rispetto al loro valore iniziale, per il fatto che essi sono venduti come rifiuti, o che, per lo stesso motivo, la loro natura iniziale sia stata modificata.

33      Infatti, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 27 della presente sentenza, purché i beni siano utilizzati nell’ambito di attività economiche soggette all’IVA, il regime di detrazione riguarda tutte le attività economiche di un soggetto passivo, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di tali attività. Occorre peraltro rilevare che la Corte ha già preso in considerazione, per stabilire che non occorreva rettificare le detrazioni, il fatto che rottami derivanti da immobili acquistati in regime di detrazione dell’IVA e successivamente parzialmente distrutti fossero stati rivenduti nell’ambito di operazioni imponibili a valle (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, TETS Haskovo, C-234/11, EU:C:2012:644, punto 35).

34      Pertanto, circostanze del genere non sono tali da comportare un’interruzione del rapporto stretto e diretto tra il diritto alla detrazione dell’IVA versata a monte e l’utilizzazione dei beni o dei servizi di cui trattasi per operazioni tassate a valle, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 29 della presente sentenza.

35      Dall’insieme di tali considerazioni risulta che l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che lo scarto di un bene, che secondo il soggetto passivo è divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, seguito dalla vendita di tale bene in quanto rifiuto, la quale è stata assoggettata all’IVA, non comporta che siano «mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni», ai sensi di tale disposizione.

 Sulle questioni dalla seconda alla quarta

36      Con la seconda questione nonché con la terza e la quarta questione nella parte in cui queste ultime vertono su beni distrutti, questioni che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 185 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che lo scarto di un bene, che secondo il soggetto passivo era divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, seguito dalla distruzione volontaria di tale bene, implichi il fatto che siano «mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni», ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo, e, in caso affermativo, se lo scarto di detto bene in circostanze del genere costituisca una «distruzione debitamente provata o giustificata» o una «perdita debitamente provata o giustificata», ai sensi del paragrafo 2 di detto articolo, sebbene non si tratti di un evento indipendente dalla volontà di tale soggetto passivo e che quest’ultimo non avrebbe potuto né prevedere né impedire.

37      In primo luogo, occorre constatare che la distruzione di un bene comporta necessariamente il venir meno di ogni possibilità di utilizzarlo nell’ambito di operazioni soggette ad imposta (v., per analogia, sentenza del 4 ottobre 2012, PIGI, C-550/11, EU:C:2012:614, punto 35).

38      Pertanto, tale circostanza comporta un’interruzione del rapporto stretto e diretto tra il diritto alla detrazione dell’IVA versata a monte e l’utilizzazione dei beni o dei servizi di cui trattasi per operazioni tassate a valle, quale considerato dalla giurisprudenza ricordata al punto 29 della presente sentenza, e comporta quindi che siano «mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni», ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA. Ciò è peraltro confermato dalla menzione, al paragrafo 2 di tale articolo, della distruzione tra le possibili eccezioni all’obbligo di rettifica.

39      In secondo luogo, per quanto riguarda il significato e la portata dei termini «distruzione» e «perdita», ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA, in mancanza di definizione, essi devono essere determinati conformemente al senso abituale, nel linguaggio corrente, di tali termini, tenendo conto al contempo, in particolare, del contesto in cui sono utilizzati (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2021, Austrian Airlines, C-826/19, EU:C:2021:318, punto 22 e giurisprudenza citata).

40      Nel linguaggio corrente, il termine «distruzione» designa l’azione di alterare profondamente un oggetto, di farlo sparire demolendolo, di distruggerlo. Il termine «perdita», quando si riferisce ad un bene, riguarda, quanto ad esso, il fatto di essere privato di una cosa di cui si possedeva la proprietà o il godimento. Ne consegue che la perdita di un bene non può derivare da un’azione volontaria del suo proprietario o possessore, mentre ciò non è escluso in caso di distruzione.

41      Quanto al contesto in cui si inseriscono le eccezioni previste all’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA e al loro obiettivo, occorre rilevare che una disposizione che prevedeva eccezioni analoghe era precedentemente inserita nell’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1). I lavori preparatori relativi a quest’ultima disposizione indicano che, con tali eccezioni, il legislatore comunitario aveva ritenuto necessario, in caso di scomparsa di un bene che aveva dato luogo a detrazione dell’IVA assolta a monte, limitare l’obbligo di rettifica ai casi di sparizione ingiustificata, in modo da evitare che una perdita di natura fiscale potesse aggiungersi alla perdita economica qualora fosse stata fornita la prova della distruzione, della perdita o del furto.

42      Da tali indicazioni risulta che le ipotesi di distruzione, perdita o furto di cui all’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA corrispondono a casi di perdita economica subita, ma altresì che il verificarsi di tali casi deve essere debitamente dimostrato o giustificato, in applicazione del primo comma di tale disposizione.

43      Nel caso di specie, poiché la distruzione dei beni di cui trattasi è derivata da un intervento del soggetto passivo, si deve ritenere che si tratti di una «distruzione», e non di una «perdita», ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA.

44      Inoltre, non risulta né dal testo di tale disposizione, né dai lavori preparatori che possono essere considerati pertinenti, che la distruzione di un bene debba essere totalmente indipendente dalla volontà del soggetto passivo. Infatti, come indicato al punto 40 della presente sentenza, non si può escludere che, in talune ipotesi, detta distruzione presupponga un intervento volontario di quest’ultimo.

45      Ciò vale, in particolare, in caso di distruzione di un bene decisa a seguito della constatazione che quest’ultimo è divenuto inadatto al suo utilizzo nell’ambito delle attività economiche abituali del soggetto passivo. A tal riguardo, occorre ricordare che la valutazione della realtà economica e commerciale costituisce un criterio fondamentale per l’applicazione del sistema comune dell’IVA (sentenza del 22 novembre 2018, MEO, – Serviços de Comunicações e Multimédia, C-295/17, EU:C:2018:942, punto 43 e giurisprudenza citata).

46      Tuttavia, per rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA, la distruzione di un bene facente parte del patrimonio del soggetto passivo deve essere debitamente dimostrata o giustificata e può essere presa in considerazione soltanto la distruzione di un bene decisa in ragione della perdita oggettiva di utilità di tale bene nell’ambito delle attività economiche abituali del soggetto passivo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

47      Per il resto, nei limiti in cui il giudice del rinvio evoca altresì il fatto che taluni beni che hanno dato luogo alle rettifiche di cui trattasi nel procedimento principale sono stati «smaltiti», esso è altresì tenuto a verificare se le circostanze concretamente previste da tale termine corrispondano alla sparizione irreversibile di tali beni. Pertanto, si deve ritenere che modalità di smaltimento di un bene quali la messa in discarica di quest’ultimo conducano alla sua «distruzione», ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA, dal momento che esse comportano concretamente la sparizione irreversibile di tale bene.

48      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che l’articolo 185 della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che lo scarto di un bene, che secondo il soggetto passivo è divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, seguito dalla distruzione volontaria di tale bene, comporta che siano «mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni», ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo. Tuttavia, una siffatta situazione costituisce una «distruzione», ai sensi del paragrafo 2, primo comma, di detto articolo, indipendentemente dal suo carattere volontario, cosicché tale modifica non comporta un obbligo di rettifica purché tale distruzione sia debitamente provata o giustificata e il suddetto bene avesse oggettivamente perso qualsiasi utilità nell’ambito delle attività economiche del soggetto passivo. Lo smaltimento debitamente provato di un bene deve essere equiparato alla sua distruzione purché implichi concretamente la sparizione irreversibile di tale bene.

 Sulla quinta questione

49      Con la quinta questione, sollevata in caso di risposta negativa alla prima e/o alla seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni di diritto nazionale che prevedono la rettifica dell’IVA detratta a monte in occasione dell’acquisto di un bene, qualora quest’ultimo sia stato oggetto di scarto, poiché il soggetto passivo ha ritenuto che esso fosse divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, indipendentemente dal fatto che, successivamente, tale bene o sia stato oggetto di una vendita soggetta all’IVA oppure sia stato distrutto o smaltito in modo debitamente provato o giustificato.

50      Risulta tuttavia dall’ultima parte di tale questione, letta alla luce della decisione di rinvio, in particolare dalla terza e dalla quarta questione nonché dalle circostanze della controversia principale, che il giudice del rinvio, con la presente questione, si riferisce concretamente alla necessità di procedere, in tali circostanze, alla rettifica dell’IVA detratta a monte, alla luce non solo dell’obbligo di rettifica di cui all’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva IVA, ma anche di talune eccezioni a tale obbligo menzionate al paragrafo 2 di tale articolo, e quindi alla luce dell’insieme delle disposizioni di detto articolo 185.

51      Inoltre, per gli stessi motivi, non occorre rispondere a tale questione unicamente in caso di risposta negativa alla prima questione, relativa alla vendita come rifiuti di beni oggetto di scarto, o della seconda questione, relativa alla distruzione di beni oggetto di scarto. Infatti, anche una risposta alla quinta questione può presentare un interesse in caso di risposta affermativa ad una di queste due questioni.

52      In tali circostanze, spetta alla Corte riformulare la questione sottopostale, al fine di fornire al giudice del rinvio una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland, C-709/20, EU:C:2021:602, punto 61 e giurisprudenza citata).

53      Pertanto, si deve ritenere che, con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chieda se l’articolo 185 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni di diritto nazionale che prevedono la rettifica dell’IVA detratta a monte in occasione dell’acquisto di un bene, qualora quest’ultimo sia stato oggetto di scarto, poiché il soggetto passivo ha ritenuto che esso fosse divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, indipendentemente dal fatto che, successivamente, tale bene o sia stato oggetto di una vendita soggetta all’IVA oppure sia stato distrutto o smaltito in modo debitamente provato o giustificato.

54      Orbene, alla luce di tutte le considerazioni che hanno motivato le risposte alle questioni dalla prima alla quarta, esposte ai punti 35 e 48 della presente sentenza, siffatte disposizioni nazionali sono incompatibili con l’articolo 185, paragrafo 1 e paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA.

55      Per di più, la distruzione di un bene non è uno dei casi in cui l’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, di tale direttiva autorizza gli Stati membri a esigere nondimeno la rettifica delle detrazioni.

56      Di conseguenza, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 185 della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni di diritto nazionale che prevedono la rettifica dell’IVA detratta a monte in occasione dell’acquisto di un bene, qualora quest’ultimo sia stato oggetto di scarto, poiché il soggetto passivo ha ritenuto che esso fosse divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, e, successivamente, tale bene o sia stato oggetto di una vendita assoggettata all’IVA, o sia stato distrutto o smaltito in modo tale da comportarne concretamente la sparizione irreversibile, purché tale distruzione sia debitamente provata o giustificata e il bene in questione avesse oggettivamente perso ogni utilità nell’ambito delle attività economiche del soggetto passivo.

 Sulle spese

57      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto,

deve essere interpretato nel senso che:

lo scarto di un bene, che secondo il soggetto passivo è divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, seguito dalla vendita di tale bene in quanto rifiuto, la quale è stata assoggettata all’imposta sul valore aggiunto (IVA), non comporta che siano «mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni», ai sensi di tale disposizione.

2)      L’articolo 185 della direttiva 2006/112

deve essere interpretato nel senso che:

lo scarto di un bene, che secondo il soggetto passivo era divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, seguito dalla distruzione volontaria di tale bene, comporta che siano «mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni», ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo. Tuttavia, una siffatta situazione costituisce una «distruzione», ai sensi del paragrafo 2, primo comma, di detto articolo, indipendentemente dal suo carattere volontario, cosicché tale modifica non comporta un obbligo di rettifica purché tale distruzione sia debitamente provata o giustificata e il suddetto bene avesse oggettivamente perso qualsiasi utilità nell’ambito delle attività economiche del soggetto passivo. Lo smaltimento debitamente provato di un bene deve essere equiparato alla sua distruzione purché implichi concretamente la sparizione irreversibile di tale bene.

3)      L’articolo 185 della direttiva 2006/112

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a disposizioni di diritto nazionale che prevedono la rettifica dell’IVA detratta a monte in occasione dell’acquisto di un bene, qualora quest’ultimo sia stato oggetto di scarto, poiché il soggetto passivo ha ritenuto che esso fosse divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, e, successivamente, tale bene o sia stato oggetto di una vendita assoggettata all’IVA, o sia stato distrutto o smaltito in modo tale da comportarne concretamente la sparizione irreversibile, purché tale distruzione sia debitamente provata o giustificata e il bene in questione avesse oggettivamente perso ogni utilità nell’ambito delle attività economiche del soggetto passivo.

Firme


*      Lingua processuale: il bulgaro.