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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

29 febbraio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto (TVA) – Direttiva 2006/112/CE – Deroga prevista all’articolo 90, paragrafo 2 – Base imponibile – Riduzione della base imponibile – Non pagamento totale o parziale del prezzo – Termine di decadenza per chiedere la riduzione a posteriori della base imponibile dell’IVA – Dies a quo del termine di decadenza – Diritto del soggetto passivo al pagamento degli interessi»

Nella causa C-314/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa, Bulgaria), con decisione del 4 maggio 2022, pervenuta in cancelleria l’11 maggio 2022, nel procedimento

«Consortium Remi Group» AD

contro

Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da Z. Csehi (relatore), presidente di sezione, M. Ilešič e D. Gratsias, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: R. Stefanova-Kamisheva, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 maggio 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite, da M. Koleva e S. Petkov;

–        per il governo bulgaro, da T. Mitova, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da D. Drambozova e J. Jokubauskaitė, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 settembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte, in particolare, sull’interpretazione dell’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la «Consortium Remi Group» AD e il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (Direttore della direzione «Ricorsi e prassi in materia tributaria e previdenziale» di Varna presso l’Agenzia nazionale delle entrate, Bulgaria) (in prosieguo: il «Direttore») in merito al rifiuto di quest’ultimo di concedere alla Consortium Remi Group una rettifica dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) da essa assolta per crediti non pagati dai debitori.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Atto di adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione europea

3        A norma dell’articolo 2 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2005, L 157, pag. 203):

«Dalla data di adesione le disposizioni dei trattati originari e gli atti adottati dalle istituzioni e dalla Banca centrale europea prima dell’adesione vincolano la Bulgaria e la Romania e si applicano in tali Stati alle condizioni previste da detti trattati e dal presente atto».

 Direttiva IVA

4        L’articolo 63 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».

5        L’articolo 73 della medesima direttiva così dispone:

«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

6        L’articolo 90 di tale direttiva così recita:

«1.      In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

2.      In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».

7        Ai sensi dell’articolo 185 della stessa direttiva:

«1.      La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo.

2.      In deroga al paragrafo 1, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16.

In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica».

8        L’articolo 273, primo comma, della direttiva IVA dispone quanto segue:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

 Diritto bulgaro

9        Ai sensi dell’articolo 115 dello zakon za danak varhu dobavenata stoynost (legge relativa all’imposta sul valore aggiunto, DV n. 63, del 4 agosto 2006), entrato in vigore il 1º gennaio 2007, nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: lo «ZDDS»):

«(1)      In caso di modifica della base imponibile o di annullamento di una cessione per la quale è stata emessa una fattura, il fornitore di beni o di servizi è tenuto ad emettere una nota relativa a tale fattura.

(2)      (...) La nota dev’essere emessa nei cinque giorni successivi all’evento di cui al paragrafo 1 e, nel caso in cui abbia ad oggetto una cessione per la quale è stata emessa una fattura con l’IVA indicata relativa al versamento di un acconto, entro un termine di cinque giorni dalla data del rimborso, della compensazione o di un altro pagamento a titolo oneroso dell’importo dell’acconto previsto, per l’importo rimborsato, compensato o versato in altro modo a titolo oneroso.

(3)      Viene emessa una nota di addebito in caso di aumento della base imponibile e una nota di accredito in caso di diminuzione della base imponibile o di annullamento dell’operazione.

(4)      Oltre agli elementi essenziali di cui all’articolo 114, una nota relativa ad una fattura deve obbligatoriamente specificare:

1.      il numero e la data della fattura per la quale è emessa la nota;

2.      il motivo dell’emissione di tale nota;

(5)      Una nota dev’essere emessa almeno in duplice esemplare: uno per il fornitore e uno per il destinatario.

(...)

(7)      (...) La nota riguardante una fattura può non contenere gli elementi essenziali di cui all’articolo 114, paragrafo 1, punti 12, 14 e 15, salvo quando essa riguarda un’operazione il cui luogo di esecuzione si trova nel territorio di uno Stato membro, un’operazione intracomunitaria e una vendita di beni a distanza».

10      L’articolo 116 dello ZDDS così recita:

«(1)      Non è consentito apportare rettifiche e aggiunte a fatture e alle relative note. I documenti redatti o rettificati erroneamente devono essere annullati e occorre redigere nuovi documenti.

(2)      Sono considerati documenti redatti erroneamente anche le fatture emesse e le relative note, nelle quali non sia stata indicata l’IVA, pur dovendo essere indicata.

(3)      Sono considerati documenti redatti erroneamente anche le fatture emesse e le relative note, nelle quali è stata indicata l’IVA, pur non dovendo essere indicata.

(4)      Quando documenti redatti erroneamente o rettificati sono inclusi nei registri contabili del fornitore o del destinatario, occorre redigere, ai fini del loro annullamento, per ciascuna delle parti un verbale con indicazione:

1.      del motivo dell’annullamento;

2.      del numero e della data del documento annullato;

3.      del numero e della data di emissione del nuovo documento;

4.      della firma delle persone che hanno redatto il verbale per ciascuna delle parti.

(5)      Tutti gli esemplari dei documenti annullati sono conservati dall’emittente e sono iscritti nella contabilità del fornitore e del destinatario conformemente al regolamento di applicazione della [presente] legge».

11      L’articolo 128, paragrafo 1, del Danachno-osiguritelnia protsesualen kodeks (codice di procedura tributaria e previdenziale) (DV n. 105, del 29 dicembre 2005), in vigore dal 1º gennaio 2006, nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «DOPK»), prevede quanto segue:

«Gli importi indebitamente pagati o percepiti, a titolo di imposte, contributi previdenziali obbligatori, ammende e sanzioni pecuniarie irrogate dai servizi delle entrate, nonché gli importi che possono essere rimborsati dalla [Natsionalnata agentsia za prihodite (Agenzia nazionale delle entrate)] a norma della legislazione tributaria o previdenziale, sono compensati dai servizi delle entrate per il rimborso dei crediti pubblici esigibili riscossi dall’Agenzia nazionale delle entrate. È possibile effettuare una compensazione con un debito prescritto quando il credito del debitore è divenuto esigibile prima che il suo debito sia prescritto».

12      Ai sensi dell’articolo 129 del DOPK:

«(1)      La compensazione o il rimborso possono essere effettuati dall’amministrazione tributaria, d’ufficio o su richiesta scritta dell’interessato. La domanda di compensazione o di rimborso viene presa in esame qualora sia stata presentata entro un termine quinquennale decorrente dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto per il rimborso, salvo che la legge disponga diversamente.

(...)

(3)      (...) L’avviso di compensazione o di rimborso è emesso entro un termine di 30 giorni dalla ricezione della domanda se non viene disposto alcun controllo prima della scadenza di tale termine. Anche in caso di compensazione o di rimborso, e anche quando l’avviso di cui alla prima frase sia stato impugnato, i debiti relativi a imposte o a contributi previdenziali obbligatori possono essere oggetto di un controllo. Se l’avviso è oggetto di un ricorso contenzioso, è possibile emettere un avviso di rettifica fino al momento in cui la decisione giudiziaria diviene definitiva.

(...)

(7)      Gli avvisi di compensazione o di rimborso sono impugnabili secondo le modalità previste per i ricorsi avverso avvisi di rettifica».

13      L’articolo 110 dello zakon za zadalzheniyata i dogovorite (legge sulle obbligazioni e sui contratti) (DV n. 275, del 22 novembre 1950), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: lo «ZZD»), così dispone:

«La scadenza di un termine di prescrizione di cinque anni comporta l’estinzione di qualsiasi pretesa per la quale la legge non preveda diversamente.

(...)».

14      Ai sensi dell’articolo 116 dello ZZD:

«La prescrizione è interrotta:

a)      quando il debitore riconosce il credito;

b)      con la proposizione di un’azione, di un’opposizione o di una domanda di conciliazione; se l’azione, l’opposizione o la richiesta di conciliazione non sono accolte, la prescrizione si considera non interrotta;

c)      con l’adozione di misure di esecuzione forzata.

(...)».

15      L’articolo 117 dello ZZD così recita:

«A partire dall’interruzione del termine di prescrizione inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione.

Se il credito è stato accertato con decisione giudiziaria, il nuovo termine di prescrizione è in ogni caso di cinque anni.

(...)».

16      L’articolo 120 dello ZZD così dispone:

«La prescrizione non è applicabile d’ufficio».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17      L’attività della Consortium Remi Group consiste nella costruzione di edifici e impianti. Essa era stata registrata ai fini dell’IVA il 16 giugno 1995 ed è stata cancellata dal registro IVA il 7 marzo 2019 a causa di un inadempimento sistematico degli obblighi previsti dallo ZDDS. Con sentenza del 18 settembre 2020, l’Okrazhen sad Varna (Tribunale regionale di Varna, Bulgaria) ha dichiarato insolvente la Consortium Remi Group ed è stata aperta una procedura di insolvenza.

18      Per il periodo compreso tra il 2006 e il 2010 e per il 2012, la Consorzio Remi Group ha inviato fatture a cinque società: ossia alla «Promes» OOD, alla «Orkid Sofia Hills» EOOD, alla «Valentin Stoyanov» EOOD, alla «Sunshine Coast Investment» EOOD e alla «Mosstroy-Varna» AD (in prosieguo: le «società debitrici»). Tali fatture indicavano l’IVA e, per la maggior parte dei periodi d’imposta, quest’ultima è stata assolta. Tuttavia, a causa del mancato pagamento di tali fatture da parte delle società debitrici, l’importo totale dei crediti della Consortium Remi Group relativi all’IVA attinente a dette fatture ammonta a 618 171,16 lev bulgari (BGN) (circa EUR 309 085).

19      Con un avviso di accertamento datato 31 gennaio 2011, la Consortium Remi Group si è vista addebitare, per il periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 luglio 2010, debiti relativi allo ZDDS, che comprendevano l’IVA indicata nelle fatture inviate alla Sunshine Coast Investment. La Consortium Remi Group ha impugnato tale avviso in giudizio, ma il suo ricorso è stato respinto dal giudice di primo grado, la cui sentenza è stata confermata da una sentenza del Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa, Bulgaria).

20      Con domanda del 7 febbraio 2020, presentata ai sensi dell’articolo 129, paragrafo 1, del DOPK (in prosieguo: la «domanda di compensazione»), la Consortium Remi Group ha chiesto all’amministrazione tributaria bulgara, ai sensi dell’articolo 128, paragrafo 1, del DOPK, una compensazione dei suoi debiti in materia di IVA con la somma di BGN 618 171,16, maggiorata degli interessi di mora, che equivaleva all’IVA dichiarata e assolta in base alle fatture indirizzate alle società debitrici. In allegato alla sua domanda di compensazione, la Consortium Remi Group ha prodotto un «elenco degli importi non pagati delle controparti».

21      Tale domanda è stata tuttavia respinta in quanto presentata dopo la scadenza del termine di decadenza previsto all’articolo 129, paragrafo 1, del DOPK. Inoltre, si è ritenuto che la Consortium Remi Group non avesse fornito la prova di un mancato pagamento totale o parziale dei crediti relativi all’IVA fatturata alle società debitrici.

22      Nella fase di contestazione amministrativa della decisione che aveva respinto detta domanda, la Consortium Remi Group ha prodotto le decisioni di apertura delle procedure di insolvenza adottate nei confronti delle società debitrici nonché le prove che dimostravano che tali crediti erano stati ammessi dai curatori delle società debitrici e comparivano nei registri dei crediti ammessi predisposti nell’ambito di tali procedure di insolvenza.

23      La decisione di rigetto della domanda di compensazione è stata confermata integralmente da una decisione adottata il 22 maggio 2020 dal Direttore.

24      La Consortium Remi Group ha proposto ricorso dinanzi all’Administrativen sad Varna (Tribunale amministrativo di Varna, Bulgaria) avverso la decisione di rigetto della domanda di compensazione, confermata dal Direttore, che tale giudice ha respinto. Essa ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza dinanzi al Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa), che è il giudice del rinvio, facendo valere che, conformemente all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, la base imponibile dell’IVA dovrebbe essere ridotta nei casi in cui il soggetto passivo non abbia ricevuto in tutto o in parte il corrispettivo dovuto dopo che la cessione di beni o la prestazione di servizi è stata effettuata, che detta disposizione ha effetto diretto e dovrebbe pertanto essere applicata qualora le disposizioni nazionali siano in contrasto con essa.

25      Il giudice del rinvio afferma che il diritto bulgaro non contiene disposizioni che consentano la riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di mancato pagamento, in quanto l’articolo 115 dello ZDDS prevede tale rettifica solo in caso di risoluzione della cessione.

26      Fondandosi sul ragionamento della Corte nelle sentenze del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punti da 21 a 27), e del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C-242/18, EU:C:2019:558, punti 62 e 65), il giudice del rinvio ritiene che, come sostiene la Consortium Remi Group, la possibilità di rimborsare l’IVA in caso di mancato pagamento del prezzo non possa essere totalmente esclusa, e ciò nonostante la deroga prevista all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA. Ciò avverrebbe, in particolare, qualora il soggetto passivo provi che, tenuto conto delle circostanze, l’obbligo di pagare una fattura, gravante sul destinatario di quest’ultima, rischia di non essere adempiuto.

27      Secondo il giudice del rinvio, la deroga prevista all’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva non è stata presa in considerazione nell’ambito di una normativa specifica in Bulgaria, tanto per quanto riguarda il modo in cui la base imponibile viene regolarizzata quando l’obbligazione di pagamento di un credito IVA può non essere eseguita, quanto allorché si tratta delle condizioni in cui può essere chiesto il rimborso dell’IVA pagata.

28      In tale contesto, il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, in presenza di una deroga ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, il principio di neutralità e l’articolo 90 di tale direttiva ostino a una norma nazionale quale l’articolo 129, paragrafo 1, seconda frase, del [DOPK], che prevede un termine di decadenza per la presentazione di una domanda di compensazione o rimborso dell’imposta percepita dal soggetto passivo per la cessione di beni o la prestazione di servizi in caso di non pagamento totale o parziale da parte del destinatario dei beni o dei servizi.

2)      Se, indipendentemente dalla risposta alla prima questione, nelle circostanze del procedimento principale costituisca una condizione obbligatoria per il riconoscimento del diritto alla riduzione della base imponibile ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA il fatto che il soggetto passivo rettifichi, prima di presentare la domanda di rimborso, la fattura da esso emessa con riferimento all’IVA che vi figura, a causa del non pagamento totale o parziale del prezzo dei beni o dei servizi da parte del destinatario della fattura medesima.

3)      In base alle risposte alle prime due questioni: come si debba interpretare l’articolo 90, paragrafo 1, della [direttiva IVA] al fine di determinare il momento in cui si verifica il motivo per la riduzione della base imponibile, in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo e in mancanza di una normativa nazionale in materia a motivo della deroga all’articolo 90, paragrafo 1.

4)      Come trovino applicazione le considerazioni di cui alle sentenze del 27 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punti da 21 a 27), e del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing (C-242/18, EU:C:2019:558, punti 62 e 65), visto che il diritto bulgaro non prevede condizioni specifiche per l’applicazione della deroga ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA.

5)      Se il principio di neutralità e l’articolo 90 della direttiva IVA ostino a una prassi in materia tributaria e previdenziale che, in caso di mancato pagamento, non consente di rettificare l’imposta figurante in fattura prima che il destinatario del bene o del servizio, se si tratta di un soggetto passivo, venga messo a conoscenza dell’annullamento dell’imposta, affinché rettifichi la detrazione da esso originariamente operata.

6)      Se l’interpretazione dell’articolo 90, paragrafo 1, della [direttiva IVA] consenta di considerare che l’eventuale diritto alla riduzione della base imponibile in caso di non pagamento totale o parziale fondi un diritto al rimborso dell’IVA versata dal fornitore oltre ai relativi interessi di mora, e a partire da quale momento».

 Sulla competenza della Corte

29      Secondo costante giurisprudenza, la Corte è competente ad interpretare il diritto dell’Unione soltanto per quanto attiene alla sua applicazione in un nuovo Stato membro a decorrere dalla data di adesione di quest’ultimo all’Unione europea (sentenza del 17 dicembre 2020, Franck, C-801/19, EU:C:2020:1049, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

30      Ne consegue, in particolare, che la Corte non è competente ad interpretare direttive dell’Unione in materia di IVA quando il periodo di riscossione dell’imposta in questione precede la data di adesione dello Stato membro interessato all’Unione (sentenza del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing, C-242/18, EU:C:2019:558, punto 31).

31      Infatti, dal momento che l’obbligo di rettifica è indissolubilmente legato all’esigibilità dell’IVA dovuta o assolta a monte e al diritto a detrazione che ne risulta, l’emergere, dopo l’adesione di uno Stato membro all’Unione, delle circostanze che sono, in linea di principio, idonee a giustificare tale obbligo non consente alla Corte di interpretare la direttiva IVA, qualora la cessione di beni o la prestazione di servizi di cui trattasi siano avvenute prima di tale adesione (sentenza del 27 giugno 2018, Varna Holideis, C-364/17, EU:C:2018:500, punto 18).

32      Nel caso di specie, la controversia principale riguarda il periodo d’imposizione IVA compreso tra il 2006 e il 2010 e quello afferente al 2012. Pertanto, la Corte non è competente a pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali nella parte in cui riguardano le cessioni di beni o le prestazioni di servizi effettuate nel 2006, avvenute prima dell’adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione, il 1º gennaio 2007.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle questioni prima, terza e quarta

33      In via preliminare, occorre ricordare che, per rispondere utilmente al giudice del rinvio, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione disposizioni del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare le sue questioni, estraendo in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio gli elementi del diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (sentenza del 2 marzo 2023, Åklagarmyndigheten, C-666/21, EU:C:2023:149, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

34      Nel caso di specie, sebbene, nel testo delle sue questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio abbia fatto riferimento unicamente al principio di neutralità fiscale, tale elemento non osta a che siano presi in considerazione altri principi generali del diritto dell’Unione che possono essere pertinenti al fine di rispondere a tali questioni.

35      Pertanto, occorre considerare che, con le sue questioni pregiudiziali prima, terza e quarta, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, tenuto conto della deroga prevista all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, l’articolo 90, paragrafo 1, di tale direttiva, letto congiuntamente ai principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e di effettività, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che prevede un termine di decadenza per la presentazione di una domanda di rimborso dell’IVA risultante da una riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di mancato pagamento totale o parziale di una fattura emessa da un soggetto passivo e, in caso di risposta negativa, da quale data debba iniziare a decorrere tale termine, in mancanza di disposizioni nazionali specifiche al riguardo.

36      Occorre rammentare che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede che, in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri. Tale disposizione impone agli Stati membri a ridurre la base imponibile dell’IVA e, quindi, l’importo dell’IVA dovuta dal soggetto passivo ogni volta che, successivamente alla conclusione di un’operazione, non viene percepita dal soggetto passivo una parte o la totalità del corrispettivo. Tale disposizione costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva IVA, secondo il quale la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente percepito ed il cui corollario consiste nel fatto che l’amministrazione tributaria non può percepire a titolo dell’IVA un importo superiore a quello che aveva percepito il soggetto passivo (sentenza dell’11 novembre 2021, ELVOSPOL, C-398/20, EU:C:2021:911, punti 24 e 25).

37      L’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, dal canto suo, dispone che, in caso di non pagamento totale o parziale del corrispettivo, gli Stati membri possano derogare all’obbligo di ridurre la base imponibile dell’IVA previsto dall’articolo 90, paragrafo 1, di tale direttiva.

38      A tal riguardo, la Corte ha già affermato che una disposizione nazionale che, nell’enumerare le situazioni in cui la base imponibile viene ridotta, non contempli quella del mancato pagamento del prezzo dell’operazione, dev’essere considerata come risultato dell’esercizio, da parte dello Stato membro, della facoltà di deroga concessagli in forza dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA (v. sentenza del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing, C-242/18, EU:C:2019:558, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

39      Nel caso di specie, tanto dalla decisione di rinvio quanto dalle osservazioni orali del governo bulgaro risulta che la normativa nazionale, nell’elencare all’articolo 115, paragrafo 1, dello ZDDS, le situazioni in cui la base imponibile viene rettificata, non prevede alcuna rettifica in caso di non pagamento del prezzo dell’operazione soggetta ad IVA.

40      Pertanto, per quanto riguarda il periodo oggetto del procedimento principale, si deve ritenere che la Repubblica di Bulgaria abbia esercitato la sua facoltà di deroga all’obbligo di ridurre la base imponibile in caso di mancato pagamento, con la conseguenza che il soggetto passivo non può avvalersi di siffatto diritto (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2019, UniCredit Leasing, C-242/18, EU:C:2019:558, punto 61).

41      Tuttavia, secondo costante giurisprudenza della Corte, tale facoltà di deroga, che è strettamente limitata ai casi di non pagamento totale o parziale, è fondata sull’idea secondo cui il non pagamento della controprestazione può, in alcune circostanze e in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro in questione, essere difficile da verificare oppure avere carattere puramente temporaneo (sentenza dell’11 novembre 2021, ELVOSPOL, C-398/20, EU:C:2021:911, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

42      Ne consegue che l’esercizio di tale facoltà di deroga dev’essere giustificato, affinché i provvedimenti adottati dagli Stati membri ai fini della sua attuazione non compromettano l’obiettivo di armonizzazione fiscale perseguito dalla direttiva TVA, e che siffatta facoltà non può consentire loro di escludere del tutto la riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di non pagamento (sentenza dell’11 novembre 2021, ELVOSPOL, C-398/20, EU:C:2021:911, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

43      Ammettere, infatti, la possibilità per gli Stati membri di escludere qualsiasi riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di non pagamento definitivo si porrebbe in contrasto con il principio di neutralità dell’IVA, da cui discende in particolare che, nella sua qualità di percettore di imposte per conto dello Stato, l’imprenditore deve essere interamente sgravato dall’onere dell’imposta dovuta o assolta nell’ambito delle sue attività economiche a loro volta assoggettate all’IVA (sentenza dell’11 novembre 2021, ELVOSPOL, C-398/20, EU:C:2021:911, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

44      In tale contesto, occorre ricordare che, da un lato, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA soddisfa le condizioni per produrre un effetto diretto [sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile), C-335/19, EU:C:2020:829, punto 51 e giurisprudenza citata] e che, dall’altro, la facoltà di deroga prevista al paragrafo 2 di tale articolo mira unicamente a consentire agli Stati membri di combattere l’incertezza connessa alla riscossione delle somme dovute e non disciplina la questione se una riduzione della base imponibile dell’IVA possa non essere effettuata in caso di mancato pagamento definitivo (sentenza dell’11 giugno 2020, SCT, C-146/19, EU:C:2020:464, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

45      Per di più, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 41 e 56 delle sue conclusioni, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA può essere direttamente applicabile quando lo Stato membro, come nel caso di specie, non autorizza alcuna riduzione della base imponibile, in caso di non pagamento totale o parziale, senza prendere in considerazione il grado di incertezza quanto alla definitività di tale non pagamento.

46      Per quanto riguarda la limitazione nel tempo del diritto alla riduzione della base imponibile di cui all’articolo 90 di tale direttiva, occorre rilevare, in primo luogo, che dalla giurisprudenza della Corte risulta che la possibilità di presentare una domanda di rimborso dell’IVA senza siffatta limitazione contrasterebbe con il principio della certezza del diritto, il quale esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai suoi diritti e obblighi nei confronti dell’amministrazione tributaria, non possa essere messa in discussione indefinitamente (v., in tal senso, ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ, C-507/20, EU:C:2021:157, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

47      Peraltro, la Corte ha dichiarato, per quanto riguarda il regime della detrazione dell’IVA, relativamente al quale essa ha sottolineato che esso doveva essere oggetto di un’interpretazione coerente con l’articolo 90 della direttiva IVA (v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2018, T-2, C-396/16, EU:C:2018:109, punto 35), che un termine di decadenza la cui scadenza porti a sanzionare il contribuente non sufficientemente diligente, il quale abbia omesso di richiedere la detrazione dell’IVA a monte, privandolo del diritto a detrazione, non può essere considerato incompatibile col regime instaurato dalla direttiva IVA, purché, da un lato, detto termine si applichi allo stesso modo ai diritti analoghi in materia fiscale fondati sul diritto interno e a quelli fondati sul diritto dell’Unione (principio di equivalenza) e, dall’altro, che esso non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione (principio di effettività) (sentenza del 12 aprile 2018, Biosafe – Indústria de Reciclagens, C-8/17, EU:C:2018:249, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).

48      Di conseguenza, per quanto riguarda la normativa nazionale, oggetto del procedimento principale, che fissa un termine di decadenza scaduto il quale è irricevibile domanda di rimborso dell’imposta, è sufficiente rilevare, come fa l’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA non osta a siffatta limitazione temporale del diritto alla riduzione della base imponibile.

49      In secondo luogo, se è vero che l’esistenza di un termine di decadenza, la cui scadenza ha come effetto di non consentire più a un creditore di chiedere la riduzione della base imponibile dell’IVA relativa ad alcuni crediti, non può essere di per sé considerata incompatibile con la direttiva IVA, la determinazione della data dalla quale inizia a decorrere tale termine rientra nella sfera del diritto nazionale, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (v., in tal senso, ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ, C-507/20, EU:C:2021:157, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

50      Per quanto riguarda, più in particolare, il principio di effettività, dalla giurisprudenza della Corte si può dedurre che un termine di decadenza che sia iniziato a decorrere dalla data di emissione delle fatture iniziali e che sia scaduto, per talune operazioni, prima della presentazione della domanda di compensazione non potrebbe essere validamente opposto all’esercizio del diritto alla riduzione dell’IVA se il soggetto passivo non ha dato prova di mancanza di diligenza, e in assenza di abusi o di collusione fraudolenta (v., in tal senso, ordinanza del 3 marzo 2021, FGSZ, C-507/20, EU:C:2021:157, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

51      A tal riguardo, occorre considerare, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, che, alla luce del principio di neutralità dell’IVA, da cui deriva che l’imprenditore, che garantisce il prefinanziamento dell’IVA riscuotendola per conto dello Stato, è interamente sgravato dall’onere di tale imposta nell’ambito delle sue attività economiche soggette all’IVA, il dies a quo del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla riduzione della base imponibile, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, deve presentare un nesso sufficiente con la data a partire dalla quale il soggetto passivo, agendo diligentemente, può avvalersi di tale diritto.

52      Inoltre, in assenza di disposizioni nazionali riguardanti le modalità di esercizio del diritto alla riduzione della base imponibile in caso di non pagamento totale o parziale, come nel procedimento principale, i principi di proporzionalità e di certezza del diritto esigono che il dies a quo del termine di decadenza sia identificabile dal soggetto passivo con una probabilità ragionevole.

53      Occorre a tal proposito rilevare che l’incertezza connessa alla definitività del non pagamento potrebbe essere parimenti presa in considerazione accordando la riduzione della base imponibile dell’IVA allorché il creditore segnali, prima dell’esito della procedura di insolvenza o di liquidazione, l’esistenza di una probabilità ragionevole che il credito non sarà saldato, anche a rischio che tale base imponibile sia rivalutata al rialzo nell’ipotesi in cui il pagamento comunque avvenga. Spetterebbe quindi alle autorità nazionali stabilire, nel rispetto del principio di proporzionalità e sotto il controllo del giudice, quali siano le prove della probabile prolungata durata del non pagamento che il creditore deve fornire, in funzione delle specificità della normativa nazionale applicabile. Un simile modus procedendi sarebbe ugualmente efficace per conseguire l’obiettivo previsto ma, al contempo, meno gravoso per il creditore, il quale assicura l’anticipo dell’IVA riscuotendola per conto dello Stato [sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile), C-335/19, EU:C:2020:829, punto 48 e giurisprudenza citata].

54      Tale rilievo vale, a fortiori, nel contesto di procedure di insolvenza o di liquidazione, nelle quali la certezza della definitiva irrecuperabilità del credito può essere acquisita, in linea di principio, solo al termine di un lungo periodo. Un termine del genere è, in ogni caso, tale da far sopportare agli imprenditori soggetti alla normativa che prevede siffatte procedure, nei casi di non pagamento di una fattura, uno svantaggio in termini di liquidità rispetto ai loro concorrenti di altri Stati membri che sarebbe manifestamente in grado di compromettere l’obiettivo di armonizzazione fiscale perseguito dalla direttiva 2006/112 [sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile), C-335/19, EU:C:2020:829, punto 50 e giurisprudenza ivi citata].

55      Nel caso di specie, sebbene le cessioni di beni e le prestazioni di servizi di cui trattasi nel procedimento principale siano state effettuate negli anni dal 2007 al 2010 e nel 2012, la Consortium Remi Group ha presentato la domanda di rimborso risultante dalla riduzione della base imponibile dell’IVA solo nel corso del 2020. Orbene, tanto dai documenti del fascicolo di cui dispone la Corte quanto dalle risposte delle parti nel procedimento principale ai quesiti posti in udienza risulta che, tra le società debitrici, le prime due erano state cancellate dal registro delle imprese prima della data di presentazione di tale domanda, rispettivamente nel 2012 e nel 2017, la terza è stata cancellata da tale registro durante il procedimento principale e, infine, le ultime due sono oggetto di procedure di insolvenza aperte prima della presentazione di detta domanda.

56      Di conseguenza, spetta al giudice del rinvio, il solo competente a statuire sui fatti, determinare la data a partire dalla quale la Consortium Remi Group avrebbe potuto, senza dar prova di mancanza di diligenza, far valere il suo diritto alla riduzione della base imponibile in caso di non pagamento totale o parziale, in particolare alla luce di un’eventuale irrecuperabilità dei suoi crediti.

57      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima, terza e quarta dichiarando che l’articolo 90 della direttiva IVA, letto congiuntamente ai principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e di effettività, deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro che preveda un termine di decadenza, per la presentazione di una domanda di rimborso dell’IVA risultante da una riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di non pagamento totale o parziale, la cui scadenza ha come conseguenza di sanzionare il soggetto passivo non sufficientemente diligente, purché tale termine inizi a decorrere solo dalla data in cui tale soggetto passivo ha potuto, senza dar prova di mancanza di diligenza, far valere il suo diritto alla riduzione. In mancanza di disposizioni nazionali relative alle modalità di esercizio di tale diritto, il dies a quo di siffatto termine di decadenza deve essere identificabile dal soggetto passivo con ragionevole probabilità.

  Sulle questioni pregiudiziali seconda e quinta

58      Alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 33 della presente sentenza, occorre intendere che, con le sue questioni seconda e quinta, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 90, paragrafo 1, e l’articolo 273 della direttiva IVA, letti congiuntamente ai principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano, in assenza di disposizioni nazionali specifiche, a un requisito dell’amministrazione tributaria che subordina la riduzione della base imponibile dell’IVA, in caso di non pagamento totale o parziale di una fattura emessa da un soggetto passivo, alla condizione che quest’ultimo rettifichi previamente la fattura iniziale e che comunichi previamente al suo debitore la propria intenzione di annullare l’IVA, nel caso in cui si tratti di un soggetto passivo.

59      In via preliminare, per quanto riguarda la condizione che subordina la riduzione della base imponibile dell’IVA alla circostanza che il soggetto passivo abbia rettificato le fatture inizialmente emesse, occorre rilevare che, contrariamente all’argomento dedotto dal Direttore e dalla Commissione europea, una condizione siffatta non discende dall’articolo 203 della direttiva IVA.

60      Infatti, secondo la giurisprudenza, tale disposizione è destinata ad applicarsi solo quando l’IVA è stata fatturata indebitamente e, pertanto, non copre le situazioni in cui l’imposta indicata nella fattura è esatta (v., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2022, Finanzamt Österreich (IVA erroneamente fatturata a consumatori finali), C-378/21, EU:C:2022:968, punti 21 e 23).

61      Per contro, tanto il requisito della rettifica della fattura iniziale quanto quello che subordina la debita riduzione della base imponibile di un soggetto passivo, in caso di non pagamento, alla previa comunicazione da parte di quest’ultimo al suo debitore, se si tratta di un soggetto passivo, della sua intenzione di annullare una parte o la totalità dell’IVA, rientra, contemporaneamente, nell’ambito di applicazione dell’articolo 90, paragrafo 1, e dell’articolo 273 della direttiva IVA (v., in tal senso, sentenze del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska, C-588/10, EU:C:2012:40, punto 37, e del 6 dicembre 2018, Tratave, C-672/17, EU:C:2018:989, punto 39).

62      A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, gli Stati membri possono stabilire gli obblighi che essi ritengono necessari per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e per evitare le evasioni, a condizione, in particolare, che tale facoltà non venga utilizzata per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti nel capo 3 della direttiva summenzionata.

63      Dato che, al di fuori dei limiti da esse fissati, le disposizioni dell’articolo 90, paragrafo 1, e dell’articolo 273 della direttiva IVA non precisano né le condizioni né gli obblighi che gli Stati membri possono stabilire, tali disposizioni conferiscono a questi ultimi un margine di discrezionalità, segnatamente, per quanto riguarda le formalità che i soggetti passivi devono soddisfare dinanzi alle autorità tributarie al fine di procedere a una riduzione della base imponibile (sentenza dell’11 giugno 2020, SCT, C-146/19, EU:C:2020:464, punto 35 e giurisprudenza citata).

64      Tuttavia, i provvedimenti che gli Stati membri hanno la facoltà di adottare ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA possono derogare, in linea di principio, al rispetto delle regole relative alla base imponibile dell’IVA soltanto nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale specifico obiettivo. Essi, infatti, devono incidere nella minore misura possibile sulle finalità e sui principi della direttiva IVA e non possono, pertanto, essere utilizzati in modo tale da mettere in discussione la neutralità dell’IVA, che costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione in materia (sentenza del 6 ottobre 2021, Boehringer Ingelheim, C-717/19, EU:C:2021:818, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

65      Inoltre, se il rimborso dell’IVA diviene impossibile o eccessivamente difficile in base alle condizioni alle quali possono essere effettuate le domande di rimborso delle imposte, il principio di neutralità dell’IVA e il principio di proporzionalità possono imporre che gli Stati membri prevedano gli strumenti e le modalità procedurali necessari per consentire al soggetto passivo di recuperare l’imposta indebitamente fatturata (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska, C-588/10, EU:C:2012:40, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

66      Di conseguenza, le formalità che i soggetti d’imposta devono adempiere per esercitare, dinanzi all’amministrazione finanziaria, il diritto di procedere alla riduzione della base imponibile dell’IVA devono essere limitate a quelle che consentano di dimostrare che, successivamente alla conclusione dell’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non sarà definitivamente percepita. Incombe, al riguardo, ai giudici nazionali verificare che tale limite sia rispettato nel caso delle formalità richieste dallo Stato membro interessato (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Boehringer Ingelheim, C-717/19, EU:C:2021:818, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

67      A tal riguardo, la Corte ha ripetutamente dichiarato che il requisito consistente nel subordinare la riduzione della base imponibile, quale risulta da una fattura iniziale, al possesso, da parte del soggetto passivo, della conferma di ricevimento di una fattura rettificata rimessa dal destinatario dei beni o dei servizi, è, in linea di principio, idoneo a contribuire tanto ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni quanto ad eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale e, pertanto, persegue gli obiettivi legittimi enunciati all’articolo 90, paragrafo 1, e all’articolo 273 della direttiva IVA (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska, C-588/10, EU:C:2012:40, punti 32 e 33).

68      Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, tale constatazione vale anche per il requisito che subordina la riduzione della base imponibile alla previa comunicazione da parte del soggetto passivo al suo debitore, se è un soggetto passivo, della sua intenzione di annullare in tutto o in parte l’IVA (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave, C-672/17, EU:C:2018:989, punti 35 e 36).

69      Di conseguenza, i requisiti consistenti nel subordinare la riduzione della base imponibile alla rettifica della fattura iniziale, a causa del non pagamento totale o parziale, da parte del soggetto passivo, e alla previa comunicazione da parte di quest’ultimo al suo debitore della sua intenzione di annullare l’imposta, affinché quest’ultimo sia informato ai fini della rettifica della detrazione operata inizialmente, come quelli di cui trattasi nel procedimento principale, non mettono, in linea di principio, in discussione la neutralità dell’IVA (v., in tal senso, sentenze del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska, C-588/10, EU:C:2012:40, punto 37, e del 6 dicembre 2018, Tratave, C-672/17, EU:C:2018:989, punto 39).

70      Ciò premesso, resta il fatto che incombe al giudice del rinvio verificare se tali requisiti non appaiano, nel caso di specie, eccessivamente onerosi per il soggetto passivo, fornitore di beni o di servizi (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave, C-672/17, EU:C:2018:989, punto 41).

71      Orbene, dagli elementi del fascicolo a disposizione della Corte, che sono stati confermati in udienza, risulta che, da un lato, la normativa bulgara, nella sua versione applicabile ai fatti della controversia nel procedimento principale, non prevedeva requisiti di regolarizzazione della fattura iniziale e di informazione del debitore riguardo all’annullamento dell’imposta in caso di non pagamento.

72      Dall’altro lato, secondo gli stessi elementi di informazione, la Consortium Remi Group è stata cancellata dal registro dell’IVA il 7 marzo 2019, cosicché, alla data di presentazione della domanda di compensazione di cui trattasi nel procedimento principale, tale soggetto passivo non disponeva più della possibilità di emettere fatture rettificative. Il Direttore ha, infatti, precisato al riguardo, senza essere contraddetto su tale punto, che, secondo le disposizioni nazionali pertinenti ratione temporis, la rettifica dell’IVA non poteva essere effettuata quando il soggetto passivo era stato cancellato da detto registro.

73      Si deve, pertanto, necessariamente constatare che, essendo la rettifica della fattura, nella prassi dell’amministrazione tributaria bulgara, una conditio sine qua non per ottenere una riduzione della base imponibile, la neutralità dell’IVA è lesa quando è impossibile o eccessivamente difficile per il soggetto passivo procedere alla rettifica di una fattura siffatta (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Boehringer Ingelheim, C-717/19, EU:C:2021:818, punto 63).

74      Di conseguenza, in un’ipotesi come quella di cui al procedimento principale, in cui il soggetto passivo si trova nell’impossibilità di emettere un documento di rettifica relativamente a fatture il cui importo non è stato pagato, i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità esigono che lo Stato membro interessato gli consenta di dimostrare, con altri mezzi, dinanzi alle autorità tributarie nazionali, il non pagamento di tali fatture, che è all’origine del suo diritto alla riduzione della base imponibile (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Boehringer Ingelheim, C-717/19, EU:C:2021:818, punto 63).

75      In tali circostanze, si deve ritenere che la subordinazione del diritto alla riduzione della base imponibile dell’IVA, in assenza delle disposizioni nazionali pertinenti, alla condizione che la fattura iniziale sia stata oggetto di rettifica eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito dall’articolo 273 della direttiva IVA, consistente nell’eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale, allorché è divenuto impossibile soddisfare tale condizione.

76      Lo stesso vale, a maggior ragione, per l’obbligo di informare il destinatario di tale fattura dell’intenzione dell’emittente di quest’ultima di annullare l’IVA, come quello oggetto della quinta questione, dalla cui stessa formulazione, nonché da altre constatazioni esposte nella domanda di pronuncia pregiudiziale, risulta che esso costituisce una condizione necessaria, imposta dalla prassi dell’amministrazione tributaria bulgara, per la rettifica dell’IVA fatturata in caso di non pagamento totale o parziale.

77      Ciò premesso, occorre osservare che, nel caso di specie, la Consortium Remi Group è stata cancellata dal registro IVA a causa di un inadempimento sistematico dei suoi obblighi derivanti dallo ZDDS e che la sua domanda di compensazione verteva sul non pagamento di fatture emesse diversi anni prima della sua cancellazione. È, pertanto, compito del giudice del rinvio verificare se l’impossibilità per il soggetto passivo di emettere fatture rettificative non sia imputabile a quest’ultimo.

78      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni seconda e quinta dichiarando che l’articolo 90, paragrafo 1, e l’articolo 273 della direttiva IVA, letti congiuntamente ai principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in assenza di disposizioni nazionali specifiche, a un requisito dell’amministrazione tributaria che subordina la riduzione della base imponibile dell’IVA, in caso di non pagamento totale o parziale di una fattura emessa da un soggetto passivo, alla condizione che quest’ultimo rettifichi preliminarmente la fattura iniziale e alla condizione che esso comunichi previamente al suo debitore la sua intenzione di annullare l’IVA, qualora sia impossibile per detto soggetto passivo procedere a tale rettifica in tempo utile, senza che tale impossibilità gli sia imputabile.

 Sulla sesta questione

79      Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che un eventuale diritto alla riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di non pagamento totale o parziale di una fattura emessa da un soggetto passivo dia diritto al rimborso dell’IVA pagata da quest’ultimo, maggiorata degli interessi di mora, e, in caso di risposta affermativa, a partire da quale data un siffatto diritto possa essere fatto valere.

80      A tal riguardo, come ricordato al punto 42 della presente sentenza, il sistema comune dell’IVA garantisce la neutralità di quest’ultima e mira a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Dalla giurisprudenza citata al punto 62 della presente sentenza risulta inoltre che, sebbene gli Stati membri dispongano di un margine di discrezionalità nel fissare le modalità di applicazione di cui all’articolo 90 della direttiva IVA, tali modalità non possono pregiudicare il principio di neutralità fiscale facendo sopportare al soggetto passivo, in tutto o in parte, l’onere dell’IVA.

81      Siffatte modalità devono segnatamente consentire al soggetto passivo di recuperare, in condizioni adeguate, la totalità del credito risultante da detta riduzione della base imponibile IVA, il che implica che il rimborso sia effettuato, entro un termine ragionevole, mediante versamento in denaro contante o con modalità equivalenti, e che, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non debba far incorrere il soggetto passivo in alcun rischio finanziario (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2021, technoRent International e a., C-844/19, EU:C:2021:378, punto 38).

82      Orbene, qualora, nel caso in cui il rimborso dell’eccedenza di IVA non avvenga entro un termine ragionevole, il soggetto passivo non avesse diritto agli interessi di mora, la sua situazione ne risulterebbe pregiudicata, in violazione del principio di neutralità fiscale (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2021, technoRent International e a., C-844/19, EU:C:2021:378, punti 39 e 41).

83      Ne consegue che, sebbene l’articolo 90 della direttiva IVA non preveda l’obbligo di corresponsione di interessi sul rimborso dell’IVA risultante dalla riduzione della base imponibile IVA, né specifichi il dies a quo siano dovuti tali interessi, il principio di neutralità del sistema fiscale dell’IVA richiede che le perdite finanziarie generate da un rimborso dell’IVA in eccedenza effettuato oltre un termine ragionevole siano compensate dal pagamento di interessi di mora (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2021, technoRent International e a., C-844/19, EU:C:2021:378, punti 40 e 41).

84      In una situazione del genere, infatti, il soggetto passivo beneficia di un’eccedenza di IVA che deve essergli rimborsata, ma che può generare nei suoi confronti perdite finanziarie a causa dell’indisponibilità delle somme di denaro di cui trattasi. Orbene, se, nel caso in cui l’amministrazione tributaria non rimborsi tale eccedenza entro un termine ragionevole, il soggetto passivo non avesse diritto agli interessi di mora, la sua situazione ne risulterebbe pregiudicata, con conseguente violazione del principio di neutralità fiscale (sentenza del 12 maggio 2021, technoRent International e a., C-844/19, EU:C:2021:378, punto 42).

85      Per quanto riguarda, più in particolare, le modalità di applicazione degli interessi sul rimborso risultante da una riduzione della base imponibile dell’IVA, esse rientrano nell’autonomia procedurale degli Stati membri, inquadrata dai principi di equivalenza e di effettività (v., per analogia, sentenza del 13 ottobre 2022, HUMDA, C-397/21, EU:C:2022:790, punto 45).

86      Pertanto, è compito del giudice del rinvio determinare, alla luce di tali principi nonché di tutte le specificità della controversia di cui è investito, se, nel caso di specie, si dovesse effettuare un rimborso risultante da una riduzione della base imponibile dell’IVA e, qualora constati che tale rimborso non ha avuto luogo entro un termine ragionevole, determinare il momento a partire dal quale si aggiungono interessi di mora all’importo di tale rimborso (v., in tal senso, ordinanza del 5 ottobre 2023, ZSE Elektrárne, C-151/23, EU:C:2023:751, punto 28).

87      Nel caso di specie, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi 99, 100 e 102 delle sue conclusioni, in assenza di modalità precise stabilite dal diritto nazionale, gli interessi sul diritto al rimborso a titolo di riduzione della base imponibile dell’IVA possono essere calcolati solo a partire dalla data in cui il soggetto passivo ritiene che il non pagamento del credito in questione abbia carattere definitivo, ai sensi dell’articolo 90 della direttiva IVA, e fa valere il suo diritto alla riduzione dalla base imponibile dell’IVA nell’ambito della dichiarazione relativa al periodo d’imposta allora in corso, giacché, prima di tale data, la base giuridica per il pagamento dell’IVA è costituita dall’articolo 63 della direttiva.

88      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla sesta questione dichiarando che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, letto congiuntamente al principio di neutralità fiscale, deve essere interpretato nel senso che un eventuale diritto alla riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di non pagamento totale o parziale di una fattura emessa da un soggetto passivo dà diritto al rimborso dell’IVA pagata da quest’ultimo, maggiorata degli interessi di mora, e che, in mancanza di modalità di applicazione degli interessi eventualmente dovuti nella normativa di uno Stato membro, costituisce dies a quo per il calcolo di tali interessi la data a partire dalla quale il soggetto passivo fa valere il suo diritto a detta riduzione nell’ambito della dichiarazione relativa al periodo d’imposta allora in corso.

 Sulle spese

89      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, letto congiuntamente ai principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e di effettività, deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro che preveda un termine di decadenza, per la presentazione di una domanda di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) risultante da una riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di non pagamento totale o parziale, la cui scadenza ha come conseguenza di sanzionare il soggetto passivo non sufficientemente diligente, purché tale termine inizi a decorrere solo dalla data in cui tale soggetto passivo ha potuto, senza dar prova di mancanza di diligenza, far valere il suo diritto alla riduzione. In mancanza di disposizioni nazionali relative alle modalità di esercizio di tale diritto, il dies a quo di siffatto termine di decadenza deve essere identificabile dal soggetto passivo con ragionevole probabilità.

2)      L’articolo 90, paragrafo 1, e l’articolo 273 della direttiva 2006/112, letti congiuntamente ai principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in assenza di disposizioni nazionali specifiche, a un requisito dell’amministrazione tributaria che subordina la riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), in caso di non pagamento totale o parziale di una fattura emessa da un soggetto passivo, alla condizione che quest’ultimo rettifichi preliminarmente la fattura iniziale e alla condizione che esso comunichi previamente al suo debitore la sua intenzione di annullare l’IVA, qualora sia impossibile per detto soggetto passivo procedere a tale rettifica in tempo utile, senza che tale impossibilità gli sia imputabile.

3)      L’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, letto congiuntamente al principio di neutralità fiscale, deve essere interpretato nel senso che un eventuale diritto alla riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) in caso di non pagamento totale o parziale di una fattura emessa da un soggetto passivo dà diritto al rimborso dell’IVA pagata da quest’ultimo, maggiorata degli interessi di mora, e che, in mancanza di modalità di applicazione degli interessi eventualmente dovuti nella normativa di uno Stato membro, costituisce dies a quo per il calcolo di tali interessi la data a partire dalla quale il soggetto passivo fa valere il suo diritto a detta riduzione nell’ambito della dichiarazione relativa al periodo d’imposta allora in corso.

Firme


*      Lingua processuale: il bulgaro.