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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

7 settembre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Principio di neutralità dell’IVA – Principio di effettività – Aliquota IVA troppo elevata indicata su una fattura di acquisto – Rimborso dell’eccedenza – Azione diretta contro l’amministrazione – Impatto del rischio di un doppio rimborso della stessa IVA»

Nella causa C-453/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania), con decisione del 27 giugno 2022, pervenuta in cancelleria il 6 luglio 2022, nel procedimento

Michael Schütte

contro

Finanzamt Brilon,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da M. Safjan, presidente di sezione, K. Jürimäe (relatrice), presidente della Terza Sezione, e N. Piçarra, giudice,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Michael Schütte, da H. Nieskens, Rechtsanwalt;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e N. Scheffel, in qualità di agenti;

–        per il governo ceco, da O. Serdula, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da J. Jokubauskaitė e L. Mantl, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva IVA»), nonché del principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e del principio di effettività.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Michael Schütte, ricorrente nel procedimento principale, e il Finanzamt Brilon (Ufficio delle imposte di Brilon, Germania) (in prosieguo: l’«ufficio delle imposte») in merito al diritto di ottenere, in via equitativa, l’esenzione dall’IVA richiesta a posteriori dall’amministrazione finanziaria tedesca e dagli interessi sull’importo di tale imposta.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA così stabilisce:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)      l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo».

4        Ai sensi dell’articolo 178, lettera a), di tale direttiva, per poter esercitare il diritto a detrazione, ai sensi dell’articolo 168, lettera c), di detta direttiva, il soggetto passivo «deve essere in possesso di una fattura redatta conformemente alle disposizioni del titolo XI, capo 3, sezioni da 3 a 6».

 Diritto tedesco

5        L’articolo 163 dell’Abgabenordnung (codice tributario, BGBl. 2002 I, pag. 3866) (in prosieguo: l’«AO») così prevede:

«(1)      Qualora la riscossione delle imposte dovesse risultare iniqua in base alle circostanze del singolo caso, le imposte possono essere determinate in misura inferiore ed i singoli elementi di reddito, che comportano un aumento dell’imposta, possono non essere presi in considerazione in tale determinazione.

(...)».

6        L’articolo 227 dell’AO stabilisce quanto segue:

«Le autorità tributarie possono rinunciare in tutto o in parte ai crediti derivanti dall’obbligazione tributaria, qualora la riscossione risulti iniqua in base alle circostanze del singolo caso; alle medesime condizioni possono essere rimborsati o accreditati gli importi già versati».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

7        Il ricorrente nel procedimento principale è un agricoltore e silvicoltore. Negli anni dal 2011 al 2013, egli ha acquistato legname da diversi fornitori e lo ha poi rivenduto e consegnato ai suoi clienti come legna da ardere. Sebbene l’aliquota IVA indicata sulle fatture dei suoi fornitori fosse l’aliquota ordinaria del 19%, quella che compariva sulle fatture inviate dal ricorrente nel procedimento principale ai suoi clienti era l’aliquota ridotta del 7%.

8        I fornitori hanno effettuato ogni volta una dichiarazione IVA e versato tale imposta all’aliquota del 19% all’amministrazione finanziaria tedesca. Per contro, il ricorrente nel procedimento principale ha dichiarato le vendite da lui effettuate all’aliquota soltanto del 7% e ha detratto l’IVA a monte, relativa agli acquisti, all’aliquota del 19%. Il debito d’imposta che ne risultava veniva versato dal ricorrente all’amministrazione finanziaria tedesca.

9        Il Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania), giudice del rinvio, precisa che in nessun momento vi sono stati indizi di imminente insolvenza del ricorrente nel procedimento principale né sospetti di frode in capo a quest’ultimo. Tuttavia, nel corso di una verifica, l’ufficio delle imposte ha ritenuto che le operazioni a valle del ricorrente nel procedimento principale avrebbero dovuto essere assoggettate non all’aliquota IVA ridotta, bensì a quella ordinaria.

10      A seguito di tale verifica fiscale, è stato avviato un procedimento giudiziario dinanzi al Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster). Al termine di tale procedimento giudiziario, detto giudice ha concluso, in una sentenza del 2 luglio 2019 che è ormai passata in giudicato, che le operazioni a valle del ricorrente nel procedimento principale erano effettivamente soggette all’aliquota IVA ridotta. Esso ha, tuttavia, ritenuto che anche gli acquisti effettuati dal ricorrente nel procedimento principale fossero assoggettati all’aliquota ridotta del 7%. Di conseguenza, la detrazione dell’IVA a monte del ricorrente nel procedimento principale è stata ridotta in misura corrispondente.

11      Ai fini dell’esecuzione di tale sentenza, l’ufficio delle imposte ha chiesto, con decisioni del 30 settembre 2019, gli importi dell’IVA dovuti per gli anni dal 2011 al 2013, maggiorati degli interessi. Il ricorrente nel procedimento principale si è quindi rivolto ai suoi fornitori affinché questi rettificassero le fatture che lo riguardavano e gli versassero la differenza.

12      Tutti i fornitori hanno opposto al ricorrente nel procedimento principale l’eccezione di prescrizione prevista dal diritto civile tedesco. Di conseguenza, le fatture non sono state rettificate e il ricorrente nel procedimento principale non ha ottenuto dai fornitori i rimborsi richiesti.

13      In tali circostanze, con lettera del 24 ottobre 2019, il ricorrente nel procedimento principale ha chiesto all’ufficio delle imposte di esentarlo, in via equitativa, conformemente agli articoli 163 e 227 dell’AO, dall’IVA reclamata a posteriori e dai relativi interessi.

14      L’ufficio delle imposte ha respinto tale domanda con decisioni del 3 e del 16 dicembre 2019 con la motivazione che il ricorrente nel procedimento principale era esso stesso responsabile della situazione. I reclami proposti da quest’ultimo avverso tali decisioni di rigetto sono stati anch’essi considerati infondati con decisione del 24 luglio 2020.

15      Il ricorrente nel procedimento principale ha contestato il rigetto della sua domanda di esenzione dall’IVA reclamata a posteriori dinanzi al giudice del rinvio. Quest’ultimo esprime dubbi quanto all’interpretazione della direttiva IVA per quanto riguarda l’applicazione del principio di neutralità fiscale e del principio di effettività al diritto al rimborso.

16      I suoi dubbi si basano anche sulla possibilità per i fornitori di rettificare le fatture senza limiti nel tempo e, di conseguenza, di farlo in una data successiva al rimborso dell’acquirente da parte dell’amministrazione finanziaria tedesca. Se tali fornitori chiedessero successivamente all’amministrazione il rimborso di quanto pagato in eccesso, ciò esporrebbe detta amministrazione al rischio di dover rimborsare la stessa IVA due volte senza potersi necessariamente rivalere sull’acquirente dei beni oggetto di dette fatture.

17      In tali circostanze, il Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni della direttiva [IVA] – in particolare il principio di neutralità fiscale e il principio di effettività – impongano, nelle circostanze di cui al procedimento principale, che al ricorrente vada riconosciuta una pretesa diretta nei confronti dell’amministrazione finanziaria al rimborso dell’IVA versata in eccesso ai suoi fornitori, oltre interessi, benché sia sempre possibile che detti fornitori, sulla base di una rettifica delle fatture, agiscano successivamente nei confronti di quest’ultima, e che quindi – eventualmente – l’amministrazione finanziaria non possa rivalersi verso il ricorrente, con il conseguente rischio che essa sia tenuta a rimborsare due volte lo stesso importo dell’IVA».

 Sulla questione pregiudiziale

18      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva IVA nonché il principio di neutralità dell’IVA e il principio di effettività debbano essere interpretati nel senso che essi esigono che il beneficiario di cessioni di beni disponga direttamente nei confronti dell’amministrazione finanziaria di un diritto al rimborso dell’IVA indebitamente fatturata che egli ha pagato ai suoi fornitori e che questi ultimi hanno versato all’erario, nonché dei relativi interessi, in circostanze in cui, da un lato, senza che possano essergli addebitati una frode, un abuso o una negligenza, egli non può più pretendere tale rimborso da detti fornitori a causa della prescrizione prevista dal diritto nazionale e in cui, dall’altro, vi è una possibilità formale che, successivamente, detti fornitori pretendano dall’amministrazione finanziaria il rimborso dell’eccedenza da essa riscossa, dopo aver rettificato le fatture inizialmente emesse al beneficiario di tali cessioni.

19      In limine, va rilevato, che il diritto alla detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. Il regime delle detrazioni è inteso infatti a esonerare interamente il soggetto passivo dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, pertanto, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, a loro volta soggette all’IVA (sentenza del 6 febbraio 2014, Fatorie, C-424/12, EU:C:2014:50, punti 30 e 31 e giurisprudenza ivi citata).

20      Il principio di neutralità dell’IVA costituisce, a tale titolo, un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA. In tale contesto, la domanda di rimborso dell’IVA indebitamente versata rientra nell’ambito del diritto alla ripetizione dell’indebito, il quale, secondo costante giurisprudenza, è inteso a rimediare alle conseguenze dell’incompatibilità dell’imposta con il diritto dell’Unione, neutralizzando l’onere economico che ha indebitamente gravato l’operatore che, in definitiva, l’ha effettivamente sopportata (sentenza del 2 luglio 2020, Terracult, C-835/18, EU:C:2020:520, punti 24 e 25, nonché giurisprudenza ivi citata).

21      Ciò posto, in mancanza di disciplina dell’Unione in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possono essere presentate, purché i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi basati su norme di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenze del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C-35/15, EU:C:2007:167, punto 37, e del 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, EU:C:2017:302, punto 50).

22      Dal momento che spetta altresì, in via di principio agli Stati membri determinare le condizioni in cui l’IVA indebitamente fatturata può essere regolarizzata, la Corte ha riconosciuto che un sistema nel quale, da un lato, il fornitore del bene che ha versato erroneamente alle autorità tributarie l’IVA può chiederne il rimborso e, dall’altro, l’acquirente di tale bene può esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti di tale fornitore, rispetta i principi di neutralità e di effettività. Tale sistema, infatti, consente a detto acquirente, gravato dell’imposta erroneamente fatturata, di ottenere il rimborso delle somme indebitamente versate (v., in tal senso, sentenze del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C-35/05, EU:C:2007:167, punti 38 e 39, e del 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, EU:C:2017:302, punto 51).

23      Tuttavia, se il rimborso dell’IVA risulta impossibile o eccessivamente difficile, segnatamente in caso d’insolvenza del fornitore, il principio di effettività può imporre che l’acquirente del bene di cui trattasi sia legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti delle autorità tributarie. Gli Stati membri devono dunque prevedere gli strumenti e le modalità procedurali necessari per consentire a detto acquirente di recuperare l’imposta indebitamente fatturata, in modo da rispettare il principio di effettività (v., in tal senso, sentenze del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C-35/05, EU:C:2007:167, punto 41, e del 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, EU:C:2017:302, punto 53).

24      Peraltro, ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che il diritto al rimborso dell’IVA indebitamente fatturata e assolta è invocato in modo fraudolento o abusivo, si deve negare il beneficio di tale diritto (sentenze del 2 luglio 2020, Terracult, C-835/18, EU:C:2020:520, punto 38, e del 13 ottobre 2022, HUMDA, C-397/21, EU:C:2022:790, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). Per contro, in considerazione del ruolo che il principio di neutralità dell’IVA occupa nel sistema comune dell’IVA, appare sproporzionata una sanzione consistente in un diniego assoluto del diritto al rimborso dell’IVA erroneamente fatturata e indebitamente versata nel caso in cui non siano accertati frodi o danni per il bilancio dello Stato, e ciò anche nel caso in cui sia dimostrata la negligenza del soggetto passivo (v., in tal senso, sentenze del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 70, e del 2 luglio 2020, Terracult, C-835/18, EU:C:2020:520, punto 37).

25      Alla luce della giurisprudenza citata ai punti da 19 a 24 della presente sentenza, una normativa nazionale o una prassi nazionale che porta a negare all’acquirente di beni il rimborso dell’IVA a monte che gli è stata indebitamente fatturata e che ha pagato in eccesso ai suoi fornitori risulta non solo contraria al principio di neutralità dell’IVA e al principio di effettività, ma anche sproporzionata, qualora sia per lui impossibile chiedere detto rimborso ai fornitori di cui trattasi a causa della sola prescrizione che essi fanno valere nei suoi confronti e senza che gli siano addebitati alcuna frode, alcun abuso o alcuna comprovata negligenza.

26      In tali circostanze, se è impossibile o eccessivamente difficile per l’acquirente ottenere, da parte dei fornitori, il rimborso dell’IVA indebitamente fatturata e assolta, il suddetto acquirente, in assenza di frode, di abuso o di comprovata negligenza da parte sua, ha il diritto di rivolgere la sua domanda di rimborso direttamente nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

27      Né la sentenza del 13 gennaio 2022, Zipvit (C-156/20, EU:C:2022:2), né la mancanza di insolvenza dei fornitori, né il rischio di doppio rimborso menzionati dal giudice del rinvio sono tali da mettere in discussione tale valutazione.

28      In primo luogo, per quanto riguarda quest’ultima sentenza, occorre rilevare che, contrariamente all’ipotesi che è all’origine del procedimento principale, il reclamo del ricorrente nella causa all’origine di detta sentenza riguardava prestazioni che erano state, erroneamente, esonerate dall’IVA. Orbene, in tale causa, da un lato, il fornitore non aveva tentato di recuperare dal suo cliente l’IVA erroneamente omessa e, dall’altro, l’amministrazione finanziaria non aveva emesso un avviso di accertamento in rettifica nei confronti del fornitore. È in ragione di tali circostanze che la Corte ha dichiarato che un soggetto passivo non può pretendere di detrarre un importo dell’IVA qualora tale importo non gli sia stato fatturato e non sia quindi stato trasferito sul consumatore finale (sentenza del 13 gennaio 2022, Zipvit, C-156/20, EU:C:2022:2, punto 31).

29      In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se l’assenza di insolvenza dei fornitori possa incidere sul diritto al rimborso dell’IVA alla luce della giurisprudenza menzionata al punto 23 della presente sentenza, è pacifico che l’uso sistematico dell’avverbio «segnatamente» in tale giurisprudenza dimostra che l’ipotesi dell’insolvenza dei fornitori è solo una delle circostanze in cui può essere impossibile o eccessivamente difficile ottenere il rimborso dell’IVA indebitamente fatturata e pagata (sentenze del 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C-35/05, EU:C:2007:167, punto 41; del 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, EU:C:2017:302, punto 53; dell’11 aprile 2019, PORR Építési Kft., C-691/17, EU:C:2019:327, punti 42 e 48, nonché del 13 ottobre 2022, HUMDA, C-397/21, EU:C:2022:790, punto 22).

30      In terzo luogo, per quanto riguarda il rischio di doppio rimborso dovuto al fatto che i fornitori potrebbero rettificare le fatture, inizialmente emesse all’acquirente, in una data successiva al rimborso dello stesso da parte dell’amministrazione finanziaria e chiedere successivamente a quest’ultima il rimborso di quanto pagato in eccesso, occorre osservare che un siffatto rischio è, in linea di principio, escluso in circostanze come quelle di cui al procedimento principale.

31      Infatti, come indicato al punto 24 della presente sentenza, il beneficio del diritto al rimborso dell’IVA indebitamente fatturata e assolta deve essere negato se è dimostrato che tale diritto è invocato in modo fraudolento o abusivo.

32      In tale contesto, la Corte ha dichiarato che, in materia di IVA, l’esistenza di una pratica abusiva può essere riconosciuta qualora si verifichino due condizioni. Da un lato, le operazioni di cui trattasi, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della normativa nazionale di recepimento, devono avere come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni. Dall’altro, da un insieme di elementi oggettivi deve risultare che lo scopo essenziale delle operazioni di cui trattasi si limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C-255/02, EU:C:2006:121, punti 74 e 75, e del 15 settembre 2022, HA.EN., C-227/21, EU:C:2022:687, punto 35).

33      Orbene, nel caso di specie, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, risulta che, da un lato, l’acquirente ha pagato ai fornitori gli importi dell’IVA indicati sulle fatture e che, dall’altro, detti fornitori hanno versato tali importi di IVA all’amministrazione finanziaria. Pertanto, se detti fornitori regolarizzassero tali fatture e presentassero domande di rimborso di quanto pagato in eccesso presso tale amministrazione dopo che quest’ultima ha rimborsato l’eccedenza all’acquirente dei beni fatturati, sebbene, in un primo tempo, questi stessi fornitori avessero opposto la prescrizione a tale acquirente e quindi chiaramente dimostrato la loro mancanza di interesse a regolarizzare la situazione, tali domande non potrebbero avere altro obiettivo se non quello di ottenere un vantaggio fiscale contrario al principio di neutralità fiscale. Una siffatta pratica sarebbe quindi abusiva ai sensi della giurisprudenza citata e non potrebbe dar luogo ad un rimborso dei suddetti fornitori, il che esclude il rischio di doppio rimborso.

34      Per quanto riguarda, infine, gli interessi, la Corte ha più volte dichiarato che, qualora uno Stato membro abbia prelevato imposte in violazione delle disposizioni del diritto dell’Unione, i singoli hanno diritto al rimborso non solo dell’imposta indebitamente riscossa, ma anche degli importi pagati a questo Stato o trattenuti da quest’ultimo che siano in relazione diretta con tale imposta, il che comprende anche le perdite derivanti dall’indisponibilità di somme di danaro a seguito dell’esigibilità anticipata dell’imposta (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation, C-446/04, EU:C:2006:774, punto 205, e del 13 ottobre 2022, HUMDA, C-397/21, EU:C:2022:790, punto 32).

35      Nel caso di specie, solo l’esecuzione della sentenza del giudice del rinvio del 2 luglio 2019, che ha ridotto la detrazione dell’imposta pagata a monte dal 19% al 7%, potrebbe comportare un onere economico per il ricorrente nel procedimento principale, corrispondente alla differenza tra l’aliquota normale dell’IVA e l’aliquota ridotta della stessa.

36      Pertanto, nell’ipotesi in cui il ricorrente nel procedimento principale avesse effettivamente già pagato all’amministrazione finanziaria l’importo corrispondente alla riduzione della sua detrazione iniziale, egli sopporterebbe un danno finanziario in quanto non potrebbe disporre di tale importo. Ne consegue che, in mancanza di un rimborso dell’IVA indebitamente riscossa dall’amministrazione entro un termine ragionevole, tale danno, in quanto risulta da una violazione, da parte dello Stato membro, del diritto dell’Unione, secondo il punto 25 della presente sentenza, dovrebbe essere compensato dal pagamento di interessi di mora.

37      Per le suesposte ragioni, si deve rispondere alla questione posta dichiarando che la direttiva IVA nonché il principio di neutralità dell’IVA e il principio di effettività devono essere interpretati nel senso che essi esigono che il beneficiario di cessioni di beni disponga direttamente nei confronti dell’amministrazione finanziaria di un diritto al rimborso dell’IVA indebitamente fatturata che egli ha pagato ai suoi fornitori e che questi ultimi hanno versato all’erario, nonché dei relativi interessi, in circostanze in cui, da un lato, senza che possano essergli addebitati una frode, un abuso o una negligenza, egli non può più pretendere tale rimborso da detti fornitori a causa della prescrizione prevista dal diritto nazionale e in cui, dall’altro, vi è una possibilità formale che, successivamente, detti fornitori pretendano dall’amministrazione finanziaria il rimborso dell’eccedenza da essa riscossa, dopo aver rettificato le fatture inizialmente emesse al beneficiario di tali cessioni. In mancanza di rimborso, entro un termine ragionevole, dell’IVA indebitamente riscossa dall’amministrazione finanziaria, il danno subito a causa dell’indisponibilità dell’importo equivalente a tale IVA indebitamente riscossa deve essere compensato mediante il pagamento di interessi di mora.

 Sulle spese

38      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, nonché il principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e il principio di effettività,

devono essere interpretati nel senso che:

essi esigono che il beneficiario di cessioni di beni disponga direttamente nei confronti dell’amministrazione finanziaria di un diritto al rimborso dell’IVA indebitamente fatturata che egli ha pagato ai suoi fornitori e che questi ultimi hanno versato all’erario, nonché dei relativi interessi, in circostanze in cui, da un lato, senza che possano essergli addebitati una frode, un abuso o una negligenza, egli non può più pretendere tale rimborso da detti fornitori a causa della prescrizione prevista dal diritto nazionale e in cui, dall’altro, vi è una possibilità formale che, successivamente, detti fornitori pretendano dall’amministrazione finanziaria il rimborso dell’eccedenza da essa riscossa, dopo aver rettificato le fatture inizialmente emesse al beneficiario di tali cessioni. In mancanza di rimborso, entro un termine ragionevole, dell’IVA indebitamente riscossa dall’amministrazione finanziaria, il danno subito a causa dell’indisponibilità dell’importo equivalente a tale IVA indebitamente riscossa deve essere compensato mediante il pagamento di interessi di mora.


Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.