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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

11 aprile 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Imposte sul volume d’affari – Regime speciale delle piccole imprese – Volume d’affari annuo – Differenza di trattamento tra soggetti passivi – Normativa nazionale che assoggetta una persona all’IVA in caso di presentazione tardiva di una domanda di registrazione – Carattere punitivo»

Nella causa C-122/23,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa, Bulgaria), con decisione del 25 gennaio 2023, pervenuta in cancelleria il 1° marzo 2023, nel procedimento

Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Sofia pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite

contro

«Legafact» EOOD,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da F. Biltgen, presidente di sezione, J. Passer e M.L. Arastey Sahún (relatrice), giudici,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo bulgaro, da T. Mitova e R. Stoyanov, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da D. Drambozova e J. Jokubauskaitė, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2009/162/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009 (GU 2010, L 10, pag. 14) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Sofia pri Tsentralno upravlenie na Natsionalna agentsia za prihodite (direttore della direzione «Ricorsi e prassi in materia fiscale e previdenziale» di Sofia presso l’Agenzia nazionale delle Entrate, Bulgaria) (in prosieguo: il «Direktor») e la «Legafact» EOOD, in merito ad un avviso di accertamento in rettifica che constata un debito relativo all’imposta sul valore aggiunto (IVA) in capo a tale impresa.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Il considerando 49 della direttiva IVA enuncia quanto segue:

«È necessario lasciare agli Stati membri la possibilità di continuare ad applicare i loro regimi speciali per le piccole imprese, in conformità delle disposizioni comuni e al fine di una maggiore armonizzazione».

4        L’articolo 2 di tale direttiva elenca le operazioni soggette all’IVA.

5        Il titolo XI di detta direttiva, intitolato «Obblighi dei soggetti passivi e di alcune persone non soggetti passivi», comprende un capo 2, rubricato «Identificazione», nel quale figurano gli articoli 213 e 214 della medesima direttiva. Il capo 7 di tale titolo, intitolato «Disposizioni varie», comprende l’articolo 273 della direttiva IVA.

6        Ai sensi dell’articolo 213 di tale direttiva:

«1.      Il soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo.

Gli Stati membri autorizzano, e possono esigere, che la dichiarazione sia effettuata, alle condizioni da essi definite, per via elettronica.

2.      Salvo il disposto del paragrafo 1, primo comma, ogni soggetto passivo, o ente non soggetto passivo, che effettua acquisti intracomunitari di beni non soggetti all’IVA in virtù dell’articolo 3, paragrafo 1, deve dichiarare che effettua tali acquisti quando non sono più soddisfatte le condizioni in presenza delle quali essi non sono soggetti all’imposta previste da tale articolo».

7        L’articolo 214 della medesima direttiva è così formulato:

«1.      Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari affinché siano identificate tramite un numero individuale le persone seguenti:

a)      ogni soggetto passivo, fatta eccezione per quelli di cui all’articolo 9, paragrafo 2, che effettua nel loro rispettivo territorio cessioni di beni o prestazioni di servizi che gli diano diritto a detrazione, diverse dalle cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali l’IVA è dovuta unicamente dal destinatario a norma degli articoli da 194 a 197 e 199;

b)      ogni soggetto passivo, o ente non soggetto passivo, che effettua acquisti intracomunitari di beni soggetti all’IVA a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o che ha esercitato l’opzione prevista all’articolo 3, paragrafo 3, per l’assoggettamento all’IVA dei suoi acquisti intracomunitari;

c)      ogni soggetto passivo che effettua nel loro rispettivo territorio acquisti intracomunitari di beni ai fini di proprie operazioni relative alle attività di cui all’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, ed effettuate fuori di tale territorio;

d)      ogni soggetto passivo che riceve, nel loro rispettivo territorio, prestazioni per le quali è debitore dell’IVA a norma dell’articolo 196;

e)      ogni soggetto passivo, stabilito nel loro rispettivo territorio, che effettua nel territorio di un altro Stato membro prestazioni di servizi per i quali l’IVA è dovuta unicamente dal destinatario a norma dell’articolo 196;

2.      Gli Stati membri possono non identificare determinati soggetti passivi che effettuano operazioni a titolo occasionale ai sensi dell’articolo 12».

8        L’articolo 273 della medesima direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».

9        Il titolo XII della direttiva IVA, intitolato «Regimi speciali», contiene un capo 1, intitolato «Regime speciale delle piccole imprese», nel quale figurano gli articoli da 281 a 292 di tale direttiva.

10      L’articolo 287 di detta direttiva è così redatto:

«Gli Stati membri che hanno aderito dopo il 1°°gennaio 1978 possono applicare una franchigia d’imposta ai soggetti passivi il cui volume d’affari annuo è al massimo uguale al controvalore in moneta nazionale degli importi seguenti al tasso del giorno della loro adesione:

(...)

17)      Bulgaria: EUR 25 600;

(...)».

 Diritto bulgaro

11      Ai sensi dell’articolo 96, paragrafo 1, dello zakon za danak varhu dobavenata stoynost (legge relativa all’imposta sul valore aggiunto, DV n. 63, del 4 agosto 2006), nella versione applicabile ai fatti oggetto del procedimento principale (in prosieguo: lo «ZDDS»):

«Ogni soggetto passivo stabilito nel territorio bulgaro che abbia realizzato un volume d’affari imponibile pari o superiore a 50 000 [leva bulgari (BGN)] in un periodo non superiore ai dodici mesi consecutivi precedenti il mese in corso è tenuto a presentare una dichiarazione di registrazione ai sensi della presente legge entro un termine di sette giorni dalla scadenza del periodo d’imposta durante il quale ha raggiunto tale volume d’affari. Se il volume d’affari è realizzato in un periodo non superiore a due mesi consecutivi, compreso il mese in corso, il soggetto è tenuto a presentare la dichiarazione entro sette giorni dalla data in cui è stato raggiunto tale volume d’affari».

12      L’articolo 102 dello ZDDS prevede quanto segue:

«1.      «Qualora l’Ufficio delle Entrate accerti che un soggetto non ha assolto l’obbligo di presentare la domanda di registrazione entro i termini stabiliti, essa provvederà alla registrazione di tale soggetto con atto di registrazione, se sussistono i presupposti per la registrazione stessa».

2.      L’atto di cui al paragrafo 1 indica il fondamento su cui si basa l’obbligo di registrazione e la data in cui è sorto.

3.      (…) Ai fini della determinazione dei debiti d’imposta del soggetto che non ha presentato la dichiarazione di registrazione entro il termine, pur essendovi tenuto, quest’ultimo è considerato debitore dell’imposta sulle cessioni imponibili e sugli acquisti intracomunitari da esso effettuati, nonché sulle prestazioni di servizi imponibili di cui ha usufruito, per le quali l’imposta è dovuta dal destinatario:

1)      (…) per il periodo che va dalla scadenza del termine entro il quale l’atto di registrazione avrebbe dovuto essere emesso se il soggetto avesse presentato una dichiarazione di registrazione entro il termine, alla data in cui esso è stato registrato dall’Ufficio delle Entrate;

2)      (…) per il periodo che va dalla scadenza del termine entro il quale l’atto di registrazione avrebbe dovuto essere adottato se il soggetto avesse presentato la dichiarazione di registrazione entro il termine, alla data in cui non sussistevano più i presupposti per la registrazione.

4.      (…) Nei casi di cui all’articolo 96, paragrafo 1, seconda frase, ai fini della determinazione dei debiti d’imposta di un soggetto che non ha presentato una dichiarazione di registrazione entro il termine, pur essendovi tenuto, tale soggetto è considerato debitore dell’imposta sulle cessioni imponibili che hanno comportato il superamento del volume d’affari imponibile di 50 000 BGN a partire dalla data di superamento del volume d’affari fino alla data di registrazione da parte dell’Ufficio delle Entrate o fino alla data in cui non sussistono più i presupposti per la registrazione. Un’imposta è dovuta per la cessione imponibile che comporta un superamento del volume d’affari. Il soggetto è altresì debitore di un’imposta sulle prestazioni di servizi imponibili di cui ha beneficiato per le quali l’imposta è dovuta dal destinatario e sugli acquisti intracomunitari imponibili effettuati nel corso di tale periodo.

(...)».

13      L’articolo 178 dello ZDDS prevede quanto segue:

«Un soggetto passivo ai sensi della presente legge che, pur essendovi tenuto, non abbia presentato la dichiarazione di registrazione o una dichiarazione di cessazione della registrazione entro i termini stabiliti dalla presente legge, è passibile di un’ammenda (per le persone fisiche non commercianti) o di una sanzione pecuniaria (per le persone giuridiche e i commercianti che esercitano a titolo individuale) compresa tra 500 e 5 000 BGN».

14      L’articolo 180 dello ZDDS è così redatto:

«1.      (…) Il soggetto registrato che, pur essendovi tenuto, non abbia imputato l’imposta entro i termini previsti dalla presente legge, è passibile di un’ammenda (per le persone fisiche non commercianti) o di una sanzione pecuniaria (per le persone giuridiche e i commercianti che esercitano a titolo individuale) d’importo pari all’imposta non imputata, senza tuttavia poter essere inferiore a BGN 500. In caso di reiterazione dell’infrazione, l’importo dell’ammenda o della sanzione pecuniaria ammonta al doppio dell’imposta non imputata, ma non può essere inferiore a BGN 1 000.

2.      Il paragrafo 1 si applica anche quando il soggetto non ha imputato l’imposta, non avendo presentato la dichiarazione di registrazione e non essendo stato tempestivamente registrato ai sensi della presente legge.

3.      (…) In caso di violazione di cui al paragrafo 1, qualora il soggetto registrato abbia imputato l’imposta entro i sei mesi successivi alla fine del mese in cui l’imposta avrebbe dovuto essere imputata, l’ammenda o, a seconda dei casi, la sanzione pecuniaria ammonta al cinque per cento dell’imposta, ma non può essere inferiore a BGN 200 e a BGN 400 in caso di reiterazione dell’infrazione.

4.      (…) In caso di violazione di cui al paragrafo 1, se il soggetto registrato ha imputato l’imposta dopo la scadenza del termine di cui al paragrafo 3, ma al più tardi entro diciotto mesi dalla fine del mese in cui l’imposta avrebbe dovuto essere imputata, l’ammenda o, a seconda dei casi, la sanzione pecuniaria ammonta al dieci per cento dell’imposta, ma non può essere inferiore a 400 BGN e 800 BGN in caso di reiterazione dell’infrazione».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15      La Legafact esercita un’attività di consulenza aziendale. Tale società non era originariamente registrata ai fini dell’IVA.

16      Il 21 agosto 2018 essa emetteva quattro fatture aventi ad oggetto «compensi previsti dal contratto del 30 novembre 2012» per un importo complessivo di BGN 114 708 (circa EUR 58 600), contabilizzate come «introiti da vendite di servizi».

17      Il 23 e il 24 agosto 2018 la Legafact emetteva altre due fatture aventi lo stesso oggetto, per un valore complessivo di BGN 57 004 (circa EUR 29 100), che sono state contabilizzate allo stesso modo.

18      Il 3 settembre 2018 tale società presentava una dichiarazione di registrazione obbligatoria ai fini dell’IVA. Il 14 settembre 2018 l’Ufficio delle Entrate emetteva nei suoi confronti un atto di registrazione obbligatoria, in forza del quale essa veniva registrata ai fini dell’IVA a decorrere dal 19 settembre 2018.

19      L’Ufficio delle Entrate riteneva che l’emissione di una delle fatture del 21 agosto 2018, per un importo di BGN 34 202 (circa EUR 17 500), avesse comportato il superamento della soglia del volume d’affari imponibile di BGN 50 000 (circa EUR 25 600) a partire dalla quale la registrazione ai fini dell’IVA è obbligatoria, e che la cessione corrispondente a tale fattura fosse imponibile ai sensi dell’articolo 102, paragrafo 4, seconda frase, dello ZDDS.

20      Tale ufficio considerava che, conformemente all’articolo 96, paragrafo 1, seconda frase, dello ZDDS, la Legafact avrebbe dovuto presentare una domanda di registrazione ai fini dell’IVA entro il termine di sette giorni a decorrere dalla data in cui il suo volume d’affari imponibile aveva raggiunto tale soglia, ossia al più tardi il 28 agosto 2018, cosa che essa non aveva fatto. Sulla base dell’articolo 102, paragrafo 4, dello ZDDS, detto Ufficio riteneva che tale impresa fosse debitrice dell’IVA sulle cessioni imponibili che avevano comportato un superamento del volume d’affari imponibile di BGN 50 000 (circa EUR 25 600) a decorrere dalla data di tale superamento e fino alla data in cui essa era stata registrata ai fini dell’IVA.

21      Di conseguenza, il 27 dicembre 2019, l’Ufficio delle Entrate emetteva un avviso di accertamento in rettifica con il quale accertava un debito della Legafact a titolo di IVA pari a BGN 24 701,66 (circa EUR 12 600) e a BGN 3 218,33 (circa EUR 1 650) a titolo di interessi, per il periodo d’imposta dell’agosto 2018, generato dalle cessioni imponibili effettuate da tale società a partire dal 21 agosto 2018 fino alla data della sua registrazione ai fini dell’IVA (in prosieguo: l’«avviso di accertamento in rettifica in causa»).

22      Poiché l’avviso di accertamento in rettifica in causa veniva confermato da una decisione del Direktor del 19 marzo 2020, la Legafact presentava ricorso contro tale avviso di accertamento presso l’Administrativen sad – Sofia grad (Tribunale amministrativo, Sofia, Bulgaria).

23      Il 30 giugno 2020, nell’ambito di un’altra causa, il Konstitutsionen sad (Corte costituzionale, Bulgaria), investito di una domanda del Visshia advokatski savet (Consiglio superiore dell’ordine degli avvocati, Bulgaria), dichiarava che l’articolo 102, paragrafo 4, dello ZDDS era conforme alla Costituzione bulgara. Tale giudice considerava che la disposizione in parola, nella parte in cui prevede che l’IVA è dovuta da soggetti non registrati ai fini di tale imposta per motivi ad essi imputabili, consente di garantire la riscossione, a vantaggio dell’Erario, di un’imposta che, illecitamente, non è stata né imputata né riscossa. L’obbligo di assolvere l’IVA in un caso del genere costituirebbe non già una sanzione o una pena, bensì una rifusione dei danni cagionati all’Erario dalla condotta illecita di un soggetto passivo.

24      Con sentenza del 23 settembre 2021 l’Administrativen sad – Sofia grad (Tribunale amministrativo, Sofia) annullava l’avviso di accertamento in rettifica oggetto del procedimento principale, ritenendo che esso fosse stato emesso in violazione del diritto sostanziale applicabile e, più specificamente, del diritto dell’Unione in materia di IVA, come interpretato dalla Corte nella sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454).

25      Nonostante la sentenza del Konstitutsionen sad (Corte costituzionale), l’Administrativen sad – Sofia grad (Tribunale amministrativo, Sofia) considerava che l’articolo 102, paragrafo 4, dello ZDDS avesse natura punitiva nei casi di presentazione tardiva di una dichiarazione di registrazione obbligatoria ai fini dell’IVA, e che la sanzione risultante dall’applicazione di tale disposizione potesse essere inflitta, conformemente alla sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C-183/14, EU:C:2015:454), solo a condizione di rispettare il principio di proporzionalità. Quest’ultimo giudice riteneva che, tenuto conto che, nel caso di specie, il ritardo accumulato dalla Legafact nel deposito della dichiarazione di registrazione ai fini dell’IVA era di soli tre giorni, e che il fascicolo del procedimento principale non conteneva elementi che dimostrassero il carattere fraudolento del comportamento di tale società, la sanzione inflittale fosse sproporzionata.

26      Il Direktor presentava ricorso in cassazione contro la sentenza dell’Administrativen sad – Sofia grad (Tribunale amministrativo, Sofia) dinanzi al Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa, Bulgaria), che è il giudice del rinvio.

27      Quest’ultimo precisa che l’articolo 102 dello ZDDS è stato adottato dal legislatore bulgaro per trasporre gli articoli 213 e 214 della direttiva IVA, che obbligano gli Stati membri a prendere i provvedimenti necessari affinché, in linea di principio, ogni soggetto passivo che effettua nel loro rispettivo territorio cessioni di beni o prestazioni di servizi che gli conferiscono diritto a detrazione sia identificato tramite un numero individuale.

28      Il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 102, paragrafo 4, dello ZDDS, che assoggetta all’IVA una cessione in linea di principio esente da imposta qualora il fornitore abbia violato il suo obbligo di registrazione entro i termini prescritti, non abbia carattere punitivo, ma debba essere considerato come una norma di diritto sostanziale che prevede, in tale ipotesi, la mancata applicazione dell’esenzione per le piccole imprese prevista dalle disposizioni del titolo XII, capo 1, della direttiva IVA e il sorgere di un debito IVA.

29      Ciò premesso, il Varhoven administrativen sad (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sia contraria ai principi del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto nell’Unione europea una normativa nazionale che, con riguardo all’esenzione di cui al titolo XII, capo 1, della [direttiva IVA], tratti i soggetti passivi in modo diseguale a seconda della rapidità con cui raggiungano la soglia di fatturato per la registrazione obbligatoria ai fini dell’IVA.

2)      Se la [direttiva IVA] osti ad una normativa nazionale in base alla quale l’esenzione di una prestazione ai sensi del titolo XII, capo 1, [di tale direttiva] sia subordinata al tempestivo adempimento da parte del fornitore dell’obbligo di richiedere la registrazione obbligatoria ai fini dell’IVA.

3)      In base a quali criteri, derivanti dall’interpretazione della direttiva IVA, occorra valutare se la normativa nazionale medesima, che prevede l’insorgenza di un debito d’imposta in caso di presentazione tardiva della domanda di registrazione obbligatoria ai fini dell’IVA, sia di natura sanzionatoria».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle questioni prima e seconda

30      Con le sue questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva IVA debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, adottata da uno Stato membro in applicazione dell’articolo 287 di tale direttiva, che subordina la concessione della franchigia dall’IVA prevista da tale direttiva per le piccole imprese alla condizione che il soggetto passivo, il cui volume d’affari annuo o misurato nel corso di un periodo di due mesi consecutivi supera l’importo indicato per tale Stato membro in detta disposizione, presenti entro un termine prescritto una domanda di registrazione ai fini dell’IVA.

31      Al riguardo si deve ricordare che la direttiva IVA permette agli Stati membri di applicare i loro regimi speciali per le piccole imprese, come enunciato dal considerando 49 di tale direttiva (v., in questo senso, sentenza del 17 maggio 2018, Vámos, C-566/16, EU:C:2018:321, punto 30).

32      Nel caso di specie, come risulta dalla decisione di rinvio, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale è stata adottata in applicazione dell’articolo 287, punto 17, della direttiva IVA, che autorizza la Repubblica di Bulgaria a concedere una franchigia d’imposta ai soggetti passivi il cui volume d’affari annuo è al massimo uguale al controvalore in leva bulgari dell’importo di EUR 25 600.

33      Conformemente a tale normativa, i soggetti passivi sono tenuti a presentare una dichiarazione di registrazione ai fini dell’IVA entro un termine di sette giorni che inizia a decorrere, per il gruppo dei soggetti passivi che raggiungono la soglia di BGN 50 000 di volume d’affari imponibile su un periodo di dodici mesi, a partire dalla fine del periodo d’imposta nel corso del quale tale volume d’affari è stato raggiunto e, per il gruppo dei soggetti passivi che raggiungono tale soglia nel corso di un periodo di due mesi consecutivi, a partire dalla data in cui detto volume d’affari è raggiunto.

34      Il regime speciale per le piccole imprese, ai sensi della direttiva IVA, prevede semplificazioni amministrative dirette a rafforzare la creazione, l’attività e la competitività delle piccole imprese nonché a mantenere un rapporto ragionevole tra gli oneri amministrativi connessi alle verifiche fiscali e i ridotti redditi da attendersi (sentenza del 9 luglio 2020, AJPF Caraş-Severin e DGRFP Timişoara, C-716/18, EU:C:2020:540, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

35      A tal riguardo, occorre constatare che la direttiva IVA conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità quanto alle modalità di applicazione di tale regime speciale.

36      Orbene, un obbligo, come quello previsto dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, secondo cui i soggetti passivi devono presentare una dichiarazione di registrazione ai fini dell’IVA qualora il loro volume d’affari annuo superi la soglia prevista all’articolo 287 della direttiva IVA per lo Stato membro interessato, rientra, in linea di principio, in tale margine di discrezionalità e consente di mantenere un rapporto ragionevole tra gli oneri amministrativi connessi alla verifica fiscale e i ridotti redditi fiscali da attendersi.

37      Per quanto riguarda il momento in cui sorge l’obbligo di presentare una dichiarazione di registrazione ai fini IVA, la normativa nazionale menzionata al punto 33 della presente sentenza introduce una differenza di trattamento tra due gruppi di soggetti passivi, vale a dire, da un lato, quelli che raggiungono la soglia in questione nel corso di un periodo di dodici mesi e, dall’altro, quelli che la raggiungono nel corso di un periodo di due mesi consecutivi. Nel caso di specie, è pacifico che tale differenza di trattamento tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle attività stagionali, nell’ambito delle quali la soglia di volume d’affari che innesca l’obbligo di registrazione viene raggiunta più rapidamente nel corso di un breve periodo di tempo.

38      Pertanto detta differenza di trattamento istituita dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale tra questi due gruppi di soggetti passivi rientra anch’essa, in linea di principio, nel margine di discrezionalità che la direttiva IVA conferisce agli Stati membri.

39      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che la direttiva IVA deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale, adottata da uno Stato membro in applicazione dell’articolo 287 di tale direttiva, che subordina il beneficio della franchigia dall’IVA, prevista da detta direttiva per le piccole imprese, alla condizione che il soggetto passivo, il cui volume d’affari annuo, o misurato nel corso di un periodo di due mesi consecutivi, supera l’importo indicato per tale Stato membro in tale disposizione, presenti entro il termine prescritto una domanda di registrazione ai fini dell’IVA.

 Sulla terza questione

40      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva IVA debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che prevede che la violazione da parte di un soggetto passivo dell’obbligo di presentare una domanda di registrazione ai fini IVA entro il termine previsto nei casi di cui al punto 39 della presente sentenza comporti il sorgere di un debito d’imposta.

41      A tal riguardo occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, sebbene, al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione, gli Stati membri possano, in particolare, legittimamente prevedere, nelle rispettive normative nazionali, sanzioni appropriate, volte a punire penalmente l’inosservanza dell’obbligo di iscrizione al registro dei soggetti passivi ai fini dell’IVA, siffatte sanzioni non devono tuttavia eccedere quanto è necessario per conseguire tali obiettivi. A questo riguardo, spetta al giudice nazionale verificare se l’importo della sanzione non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare l’evasione, considerate le circostanze del caso di specie e, in particolare, la somma della sanzione concretamente inflitta e l’eventuale sussistenza di un’evasione o di un’elusione della normativa applicabile imputabili al soggetto passivo la cui mancata registrazione viene sanzionata Gli stessi princìpi valgono per le maggiorazioni, che, qualora abbiano il carattere di sanzioni fiscali, non devono essere eccessive rispetto alla gravità dell’inadempimento dei propri obblighi da parte del soggetto passivo (v., in questo senso, sentenza del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean, C-183/14, EU:C:2015:454, punti 51 e 52 e giurisprudenza citata).

42      Al fine di valutare se una sanzione sia conforme al principio di proporzionalità, occorre tener conto, in particolare, della natura e della gravità dell’infrazione che detta sanzione mira a reprimere, nonché delle modalità di determinazione dell’importo della sanzione stessa (v. sentenza dell’8 maggio 2019, EN. SA. C-712/17, EU:C:2019:374, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

43      Occorre anche ricordare che, all’atto della scelta delle sanzioni, gli Stati membri sono tenuti a rispettare il principio di effettività, che impone la previsione di sanzioni effettive e dissuasive per lottare contro le violazioni delle norme armonizzate in materia di IVA e tutelare gli interessi finanziari dell’Unione (sentenza del 17 maggio 2023, Cezam, C-418/22, EU:C:2023:418, punti 28 e giurisprudenza citata).

44      Nel caso di specie, da un lato, come risulta dalla decisione di rinvio e dal fascicolo di cui dispone la Corte, in caso di deposito tardivo di una domanda di registrazione i soggetti passivi il cui volume d’affari annuo supera la soglia a partire dalla quale il deposito di tale domanda diviene obbligatorio sono debitori, conformemente alla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, del pagamento dell’IVA sulle cessioni imponibili effettuate a decorrere dalla scadenza del termine di sette giorni entro il quale l’avviso di registrazione avrebbe dovuto essere emesso fino alla data della loro registrazione da parte dell’Ufficio delle Entrate.

45      Tale termine inizia a decorrere dalla fine del periodo d’imposta nel corso del quale tale volume d’affari è stato raggiunto.

46      A questo riguardo, come giustamente rilevato dalla Commissione europea, la disposizione nazionale di cui al procedimento principale non può essere considerata costitutiva di una sanzione, ai sensi della giurisprudenza della Corte citata ai punti da 41 a 43 della presente sentenza, in quanto il suo unico scopo è quello di recuperare l’IVA sulle operazioni effettuate durante il periodo in cui tale imposta sarebbe stata applicata se il soggetto passivo avesse adempiuto, entro il termine prescritto, al suo obbligo di registrazione ai fini dell’IVA.

47      Dall’altro lato, dalla decisione di rinvio e dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta altresì che, per quanto riguarda i soggetti passivi il cui volume d’affari misurato nel corso di un periodo di due mesi consecutivi supera la soglia di cui trattasi, la normativa nazionale di cui al procedimento principale prevede che, in caso di inosservanza dell’obbligo di presentare, entro il termine di sette giorni, una domanda di registrazione ai fini dell’IVA, tali soggetti passivi sono considerati debitori dell’IVA sulle cessioni imponibili effettuate a partire dalla data di superamento del volume d’affari fino alla data in cui sono stati registrati dall’Ufficio delle Entrate o fino alla data in cui non sussistono più motivi di registrazione.

48      Per tali soggetti passivi, siffatto termine inizia a decorrere dalla data in cui detto volume d’affari è raggiunto.

49      A tal proposito, spetta al giudice nazionale, unico competente a interpretare e ad applicare il diritto nazionale, verificare se, per quanto riguarda i soggetti passivi di cui al punto 47 della presente sentenza, la normativa nazionale oggetto del procedimento principale preveda una sanzione nell’accezione della giurisprudenza della Corte.

50      A tal fine, il giudice nazionale deve verificare se tale normativa, da un lato, sia conforme al principio di effettività della lotta alle violazioni delle norme armonizzate in materia di IVA e, dall’altro, soddisfi i requisiti di proporzionalità, conformemente alla giurisprudenza della Corte citata ai punti da 41 a 43 della presente sentenza.

51      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che la direttiva IVA deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che prevede che la violazione, da parte di un soggetto passivo, dell’obbligo di presentare entro il termine previsto, nei casi di cui al punto 39 della presente sentenza, una domanda di registrazione ai fini dell’IVA, comporti il sorgere di un debito d’imposta, a condizione che tale normativa – se e nella misura in cui non si limita a recuperare l’IVA sulle operazioni effettuate nel periodo in cui tale imposta sarebbe stata applicata se il soggetto passivo avesse tempestivamente adempiuto all’obbligo di registrazione ai fini dell’IVA – da una parte, sia conforme al principio di effettività della lotta contro le violazioni delle norme armonizzate in materia di IVA e, dall’altra, soddisfi i requisiti di proporzionalità, conformemente alla giurisprudenza della Corte.

 Sulle spese

52      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

1)      La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2009/162/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009,

deve essere interpretata nel senso che:

essa non osta a una normativa nazionale, adottata da uno Stato membro in applicazione dell’articolo 287 di tale direttiva, come modificata, che subordina il beneficio della franchigia dall’imposta sul valore aggiunto (IVA), prevista da detta direttiva, come modificata, per le piccole imprese, alla condizione che il soggetto passivo, il cui volume d’affari annuo, o misurato nel corso di un periodo di due mesi consecutivi, supera l’importo indicato per detto Stato membro in tale disposizione, presenti entro il termine prescritto una domanda di registrazione ai fini dell’IVA.

2)      La direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2009/162,

deve essere interpretata nel senso che:

essa non osta a una normativa nazionale che prevede che la violazione, da parte di un soggetto passivo, dell’obbligo di presentare entro il termine previsto, nei casi di cui al punto 1 del presente dispositivo, una domanda di registrazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), comporti il sorgere di un debito d’imposta, a condizione che tale normativa – se e nella misura in cui non si limita a recuperare l’IVA sulle operazioni effettuate nel periodo in cui tale imposta sarebbe stata applicata se il soggetto passivo avesse tempestivamente adempiuto all’obbligo di registrazione ai fini dell’IVA – da una parte, sia conforme al principio di effettività della lotta contro le violazioni delle norme armonizzate in materia di IVA e, dall’altra, soddisfi i requisiti di proporzionalità, conformemente alla giurisprudenza della Corte.

Firme


*      Lingua processuale: il bulgaro.