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61994J0286

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 18 dicembre 1997. - Garage Molenheide BVBA (C-286/94), Peter Schepens (C-340/95), Bureau Rik Decan-Business Research & Development NV (BRD) (C-401/95) e Sanders BVBA (C-47/96) contro Belgische Staat. - Domande di pronuncia pregiudiziale: Hof van beroep Antwerpen, Rechtbank van eerste aanleg Brussel, Rechtbank van eerste aanleg Brugge - Belgio. - Sesta direttiva 77/388/CEE - Ambito di applicazione - Diritto alla deduzione dell'IVA - Trattamento del saldo di IVA dovuto - Principio di proporzionalità. - Cause riunite C-286/94, C-340/95, C-401/95 e C-47/96.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-07281


Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parti


Nei procedimenti riuniti C-286/94, C-340/95, C-401/95 e C-47/96,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dallo Hof van Beroep di Anversa (Belgio) (C-286/94 e C-340/95), dal Rechtbank van eerste aanleg di Bruxelles (C-401/95) e dal Rechtbank van eerste aanleg di Bruges (Belgio) (C-47/96), nelle cause dinanzi ad essi pendenti tra

Garage Molenheide BVBA (C-286/94),

Peter Schepens (C-340/95),

Bureau Rik Decan-Business Research & Development NV (BRD) (C-401/95),

Sanders BVBA (C-47/96)

e

Stato belga,

domande vertenti sull'interpretazione dell'art. 18, n. 4, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1),

LA CORTE

(Quinta Sezione),

composta dai signori C. Gulmann, presidente di sezione, M. Wathelet, J.C. Moitinho de Almeida, P. Jann (relatore) e L. Sevón, giudici,

avvocato generale: signor N. Fennelly

cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per il Garage Molenheide BVBA, dall'avv. V. Dauginet, del foro di Anversa;

- per il Bureau Rik Decan-Business Research & Development NV (BRD) e Sanders BVBA, dagli avv.ti L. Vandenberghe e R. Tournicourt, del foro di Bruxelles;

- per il governo belga, dal signor J. Devadder, consigliere generale presso il ministero degli Affari esteri, del Commercio con l'estero e della Cooperazione allo sviluppo, in qualità di agente;

- per il governo ellenico (C-340/95, C-401/95 e C-47/96), dal signor F. Georgakopoulos, consigliere giuridico aggiunto presso il Consiglio giuridico dello Stato, e dalla signora A. Rokophyllou, consigliere speciale presso il viceministro degli Affari esteri, in qualità di agenti;

- per il governo italiano (C-286/94, C-340/95 e C-401/95), dal prof. Umberto Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, e dal signor Maurizio Fiorilli, avvocato dello Stato;

- per il governo svedese (C-401/95), dal signor E. Brattgård, departementsråd presso il dipartimento del commercio estero del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor B.J. Drijber, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del Garage Molenheide BVBA, con l'avv. M. Vanden Broeck, del foro di Anversa, del Bureau Rik Decan-Business Research & Development NV (BRD) e della Sanders BVBA, con l'avv. L. Vandenberghe, del governo belga, rappresentato dagli avv.ti B. van de Walle de Ghelcke e G. de Wit, del foro di Bruxelles, del governo ellenico, rappresentato dal signor F. Georgakopoulos, del governo italiano, rappresentato dal signor G. De Bellis, avvocato dello Stato, e della Commissione, rappresentata dal signor B.J. Drijber, all'udienza del 30 gennaio 1997,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 20 marzo 1997,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanze 17 ottobre 1994 (C-286/94), 25 ottobre 1995 (C-340/95), 12 dicembre 1995 (C-401/95) e 6 febbraio 1996 (C-47/96), pervenute alla Corte, rispettivamente, il 21 ottobre 1994, il 30 ottobre 1995, il 21 dicembre 1995 e il 16 febbraio 1996, lo Hof van Beroep di Anversa (C-286/94 e C-340/95), il Rechtbank van eerste aanleg di Bruxelles (C-401/95) e il Rechtbank van eerste aanleg di Bruges (C-47/96) hanno proposto, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, alcune questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 18, n. 4, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2 Dette questioni sono sorte nell'ambito di quattro controversie tra lo Stato belga e, rispettivamente, il Garage Molenheide BVBA (in prosieguo: la «Molenheide»), il signor Schepens, il Bureau Rik Decan-Business Research & Development NV (BRD) (in prosieguo: la «Decan») e rispettivamente, la Sanders BVBA (in prosieguo: la «Sanders»).

La normativa comunitaria

3 L'art. 18, nn. 2 e 4, della sesta direttiva, relativo alle modalità di esercizio del diritto a deduzione, dispone:

«2. Il soggetto passivo opera la deduzione sottraendo dall'importo totale dell'imposta sul valore aggiunto dovuta per un dato periodo fiscale l'ammontare dell'imposta per la quale, nello stesso periodo, è sorto e può essere esercitato in virtù delle disposizioni del paragrafo 1 il diritto a deduzione.

(...)

4. Qualora, per un dato periodo fiscale, l'importo delle deduzioni autorizzate superi quello dell'imposta dovuta, gli Stati membri possono procedere a rimborso o riportare l'eccedenza al periodo successivo, secondo modalità da essi stabilite.

Tuttavia, gli Stati membri hanno la facoltà di rifiutare il rimborso o il riporto se l'eccedenza è insignificante».

La normativa belga

4 Nell'ordinamento belga, l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva è stato attuato, in particolare, dall'art. 47 del codice dell'imposta sul valore aggiunto, che prevede che, quando l'importo delle deduzioni autorizzate supera quello delle imposte dovute per un determinato periodo, l'eccedenza viene riportata al periodo successivo.

5 L'art. 76, n. 1, primo comma, dello stesso codice, come modificato dalla legge 28 dicembre 1992, aggiunge che l'eccedenza esistente alla fine dell'anno civile viene restituita alle condizioni fissate dal Re, a richiesta del soggetto passivo. In forza del secondo comma, il Re può prevedere la restituzione dell'eccedenza anche alla fine dell'anno civile alle condizioni da lui stabilite. Infine, a termini del terzo comma,

«Per quanto riguarda le condizioni di cui ai commi primo e secondo, il Re può stabilire, a favore dell'amministrazione dell'IVA, del registro e del demanio, una trattenuta che vale come sequestro conservativo ai sensi dell'art. 1445 del code judiciaire (codice giudiziario)».

6 Questa disposizione è stata attuata con l'art. 7 del regio decreto 29 dicembre 1992, che ha inserito un art. 81, n. 3, nel regio decreto 29 dicembre 1969, n. 4, relativo alle restituzioni in materia di imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: il «regio decreto n. 4»), così formulato:

«Se il debito d'imposta di cui al primo comma non costituisce un credito certo, liquido ed esigibile, in tutto o in parte, a beneficio dell'amministrazione, il che avviene in particolare qualora esso sia contestato o qualora abbia dato luogo ad una ingiunzione di cui all'art. 85 del codice la cui esecuzione sia interrotta dall'opposizione prevista dall'art. 89 del codice, il credito d'imposta viene trattenuto a concorrenza del credito dell'amministrazione. Questa trattenuta vale come sequestro conservativo finché la controversia non sia definitivamente conclusa, vuoi sul piano amministrativo vuoi con sentenza passata in giudicato. Per l'applicazione di questa trattenuta si presume soddisfatta la condizione richiesta dall'art. 1413 del code judiciaire [quarto comma].

Se, riguardo al saldo da restituire che risulta dalla dichiarazione di cui all'art. 53, primo comma, sub 3, del codice e per il quale il soggetto passivo ha o non ha optato per la restituzione, sussistono seri indizi ovvero prove che la citata dichiarazione o le dichiarazioni relative a periodi anteriori contengano dati inesatti e se tali indizi o prove fanno presumere un debito d'imposta senza che possa tuttavia essere accertata l'effettiva esistenza di quest'ultimo prima del momento del suddetto mandato di pagamento o dell'operazione equivalente a un pagamento, non viene dato corso al mandato di pagamento o al suo riporto al periodo di dichiarazione successivo e il credito d'imposta viene trattenuto al fine di consentire all'amministrazione di accertare la veridicità di tali dati [quinto comma].

(..)

I seri indizi o le prove di cui al comma precedente, che dimostrano o tendono a dimostrare il debito d'imposta, devono essere giustificati in verbali conformi all'art. 59, n. 1, del codice. Tali verbali sono portati a conoscenza del soggetto passivo mediante lettera raccomandata [sesto comma].

La trattenuta di cui ai commi 4 e 5 vale sequestro cautelativo sino al momento in cui la prova, contenuta nei verbali di cui al comma precedente, non venga confutata, ovvero fino al momento in cui la veridicità delle operazioni non risulti dai dati ottenuti in conformità alle procedure previste dalla normativa stabilita dalle Comunità europee in materia di scambi di informazioni tra gli Stati membri della Comunità [settimo comma].

(..)

Il soggetto passivo può unicamente far opposizione alla trattenuta di cui ai commi 4 e 5 facendo applicazione dell'art. 1420 del code judiciaire. Cionondimeno, il giudice dei procedimenti esecutivi non può ordinare la revoca del sequestro finché non sia confutata la prova fornita dai verbali di cui al comma 6, finché non siano ottenuti i dati risultanti dallo scambio di informazioni fra gli Stati membri della Comunità ovvero in pendenza di un'inchiesta della procura o di un'istruzione del giudice istruttore. La trattenuta cessa a seguito della revoca da parte dell'amministrazione o di una decisione giudiziaria. In caso di revoca da parte dell'amministrazione, il soggetto passivo viene avvisato con lettera raccomandata in cui viene menzionata la data della revoca [decimo comma].

Quando il credito d'imposta cessa di essere trattenuto, il debito d'imposta che costituisca un credito certo, liquido ed esigibile in capo all'amministrazione, viene, se del caso, saldato in conformità al secondo comma, senza che debba essere espletata alcuna formalità [undicesimo comma]».

7 Ai sensi dell'art. 1413 del code judiciaire, al quale rinvia l'art. 81, n. 3, quarto comma, del regio decreto n. 4, si può procedere a un sequestro conservativo solo nei casi che richiedono speditezza.

8 Secondo i giudici proponenti, la trattenuta di cui all'art. 81, n. 3, quinto comma, del regio decreto n. 4, che vale come sequestro conservativo ai sensi dell'art. 1445 del code judiciaire, mira a bloccare a titolo cautelativo il saldo di IVA da restituire, finché una controversia relativa a una somma eventualmente dovuta dal soggetto passivo a titolo di IVA non sia conclusa, vuoi sul piano amministrativo, vuoi con sentenza passata in giudicato, ovvero sino a che la prova (o il serio indizio), cui si fa riferimento nel verbale, non sia stata confutata o sino a che la veridicità delle operazioni non risulti dai dati ottenuti secondo le procedure previste dalla normativa emanata dalle Comunità europee in materia di scambi d'informazioni tra Stati membri o nel corso di un'indagine della procura o di un'istruzione del giudice istruttore. Il meccanismo sarebbe in sostanza lo stesso nell'altro caso di trattenuta, previsto al quarto comma di questa disposizione.

La causa C-286/94

9 La Molenheide esercisce un garage in Anversa (Belgio). Tale società ha depositato, per il periodo 1_ gennaio - 31 dicembre 1993, una dichiarazione IVA con cui chiedeva un diritto a deduzione vertente sulla somma di 2 598 398 BFR.

10 Tuttavia, all'atto di un controllo effettuato nei suoi locali, l'amministrazione dell'IVA ha accertato fatti da cui emergevano fondati indizi secondo i quali tale dichiarazione conteneva dati inesatti ed incompleti.

11 In base a tali accertamenti l'ispettore capo dell'ufficio principale IVA di Wijnegem ha compilato un verbale e lo ha comunicato alla Molenheide con raccomandata del 15 giugno 1993. In tale verbale si precisava pure che il ricevitore competente avrebbe proceduto ad una trattenuta su tale base.

12 Il 16 giugno 1993, un avviso di trattenuta veniva notificato alla Molenheide con lettera raccomandata. In tale avviso l'amministrazione fiscale faceva valere che vi erano seri indizi, se non addirittura prove, del fatto che la citata dichiarazione conteneva dati inesatti e che tali indizi o prove facevano presumere un debito d'imposta, il cui importo non poteva essere esattamente determinato a quel momento.

13 La trattenuta, che verteva sull'importo restituibile, così come risultava dalla dichiarazione IVA depositata dalla Molenheide, si basava sull'art. 81, n. 3, quinto comma, del regio decreto n. 4.

14 Il 23 luglio 1993, la Molenheide ha proposto opposizione avverso la decisione di trattenuta dinanzi al giudice dell'esecuzione del Rechtbank van eerste aanleg di Anversa, deducendo l'invalidità dell'art. 81, n. 3, quinto comma, del regio decreto n. 4.

15 In un'ordinanza del 4 novembre 1993, il giudice dell'esecuzione ha dichiarato l'opposizione infondata.

16 Il 24 dicembre 1993, la Molenheide ricorreva in appello avverso tale ordinanza dinanzi allo Hof van Beroep di Anversa. Nell'ambito di tale ricorso la Molenheide ha sostenuto che la trattenuta di crediti d'imposta, così come previsto dall'art. 76, n. 1, terzo comma, del codice belga dell'IVA, e dall'art. 81, n. 3, quinto comma, del regio decreto n. 4, era incompatibile con gli artt. 18, n. 4, e 27 della sesta direttiva.

17 Nutrendo dubbi circa l'interpretazione da dare a queste ultime disposizioni, lo Hof van Beroep di Anversa ha ritenuto che occorresse sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA debba interpretarsi nel senso che uno Stato membro ha facoltà di non restituire agli amministrati ingenti crediti di IVA e di non riportarli ad un successivo periodo fiscale ma di operare, in forza del diritto nazionale, un sequestro conservativo a seguito di seri indizi di frode fiscale, senza disporre al riguardo di un titolo definitivo e senza che lo Stato membro abbia ottenuto un'autorizzazione ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva IVA».

La causa C-340/95

18 Anche questa causa riguarda una trattenuta effettuata in forza dell'art. 81, n. 3, quinto comma, del regio decreto n. 4 in base a seri indizi di frodi.

19 Il signor Schepens possiede un garage. Egli ha depositato per il periodo 1_ gennaio - 31 marzo 1993 una dichiarazione IVA nella quale asseriva di aver diritto al rimborso dell'importo di 3 311 438 BFR.

20 A seguito di un controllo effettuato nel maggio 1993, un ispettore capo e un verificatore dell'amministrazione IVA hanno redatto, il 15 giugno successivo, un verbale in cui si concludeva per l'esistenza di seri indizi secondo i quali le dichiarazioni IVA per il primo trimestre 1993 contenevano dati inesatti e facevano presumere un debito d'imposta. Il 16 giugno 1993, mediante raccomandata, l'appellante è stato informato delle risultanze dei controlli effettuati. Egli ha ricevuto pure una copia del verbale e l'amministrazione gli ha comunicato di avere l'intenzione di trattenere gli importi che dovevano essergli restituiti. Il 18 giugno 1993 gli è stato inviato l'avviso di trattenuta.

21 L'amministrazione ha proceduto analogamente per la dichiarazione fiscale relativa al secondo trimestre 1993 e da cui risultava un credito di 2 419 078 BFR. Dopo aver effettuato un controllo il 15 settembre 1993, essa ha redatto, il 20 settembre successivo, un verbale di cui ha informato l'interessato con raccomandata del 22 settembre e che è stato seguito, il giorno stesso, da un avviso di trattenuta.

22 Tali seri indizi vertevano, in particolare, su un tipo di frode detto «vendite carosello», consistenti non nell'eludere l'IVA, bensì nel creare eccedenze di IVA fittizie, in particolare nel caso di consegne intracomunitarie. Così, secondo l'amministrazione belga, il signor Schepens intendeva recuperare diversi importi di IVA sostenendo di averli versati all'atto dell'acquisto di diversi autoveicoli. Ora, dagli accertamenti dell'amministrazione fiscale risultava che otto fornitori del soggetto passivo non avevano depositato dichiarazioni né versato IVA per il 1_ trimestre 1993. D'altronde, il soggetto passivo non comprovava nemmeno di aver versato loro l'IVA, dato che tutte le operazioni erano state effettuate con pagamento in contanti o con assegni. La maggior parte di tali autoveicoli erano stati consegnati al di fuori del Belgio ma all'interno della Comunità e, per lo meno, taluni di essi erano stati acquistati più di una volta in Belgio. A ciascuna operazione, l'IVA indicata sulla fattura di acquisto belga non era stata versata dalle persone che avevano rilasciato le fatture e il signor Schepens non aveva potuto dimostrare, mediante le prove previste all'art. 3 del regio decreto n. 52, di aver effettivamente consegnato tali autoveicoli al di fuori del Belgio ma all'interno della Comunità. Durante i mesi di febbraio e marzo 1993 le operazioni intracomunitarie effettuate raggiungevano il valore di 11 625 000 BFR.

23 Per quanto riguarda le consegne intracomunitarie, nelle fatture emesse non era stata addebitata l'IVA e, attraverso il sistema dell'IVA, era sorto il diritto al rimborso dell'IVA menzionata nelle corrispondenti fatture di acquisto. Inoltre, esistevano indizi che facevano ritenere che i veicoli non avessero mai lasciato il Belgio.

24 Il signor Schepens ha poi chiesto la revoca delle trattenute o dei sequestri conservativi effettuati.

25 Vistosi respingere la sua domanda dal giudice competente in prima istanza, egli ha interposto appello dinanzi allo Hof van Beroep di Anversa, facendo valere, con un ragionamento in diritto analogo a quello della Molenheide, che l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva dava la possibilità di scelta solo tra il riporto dell'eccedenza al periodo successivo e il rimborso. Quindi, se avesse voluto agire diversamente, lo Stato belga avrebbe dovuto, in conformità all'art. 27 di questa stessa direttiva, chiedere un'autorizzazione al Consiglio. Inoltre, il signor Schepens deduceva il principio di proporzionalità.

26 Lo Hof van Beroep di Anversa ha quindi posto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se gli artt. 18, n. 4, e 27 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari (direttiva IVA/77/388/CEE), abbiano effetto diretto nell'ordinamento giuridico interno degli Stati membri, nel caso di specie nell'ordinamento giuridico belga.

2) In caso affermativo, se l'art. 18, n. 4, di detta direttiva osti a che uno Stato membro non rimborsi ad un soggetto passivo IVA il credito di IVA relativo ad uno o più periodi determinati durante i quali detto credito si è formato, né lo riporti ad un seguente periodo di dichiarazione, ma lo trattenga attraverso l'istituto giuridico belga della trattenuta equivalente a sequestro conservativo ai sensi dell'art. 1445 del code judiciaire belga, fintantoché non sia costituito al riguardo un titolo definitivo, e nella misura dell'importo dell'arretrato d'imposta relativo a detto periodo di dichiarazione o a periodi precedenti, qualora detto arretrato venga contestato dal soggetto passivo IVA.

3) Se si applichi l'art. 18, n. 4, della detta direttiva posto che, secondo lo Stato belga, la trattenuta costituisce una misura di riscossione.

In caso affermativo, se si applichi allora l'art. 27 della direttiva, qualora la trattenuta faccia parte dei "criteri" (modalità).

In caso negativo, se si applichi allora l'art. 27, posto che la trattenuta costituisca una misura di riscossione.

4) Qualora l'art. 18, n. 4, della direttiva si applichi alla trattenuta, se detto istituto belga costituisca una violazione del principio di proporzionalità quale definito dalla Corte di giustizia».

La causa C-401/95

27 In questa causa la trattenuta è stata effettuata non già in base all'art. 81, n. 3, quinto comma, del regio decreto n. 4, bensì in base al quarto comma di tale disposizione.

28 Con raccomandata del 26 settembre 1995, l'amministrazione fiscale ha comunicato alla Decan di procedere, in pari data, ad una trattenuta, o ad un sequestro conservativo, del credito di IVA di 705 404 BFR derivante dalla sua dichiarazione IVA relativa al periodo 1_ - 30 giugno 1995. Questa trattenuta veniva effettuata a seguito di un credito di IVA fatto valere dallo Stato belga e riguardante un periodo di dichiarazione precedente. Senza fornire ulteriori precisazioni quanto a detto credito, il giudice a quo riferisce che esso è stato rilevato in un verbale datato 26 maggio 1994 e che ha costituito oggetto di un'ingiunzione di pagamento notificata il 10 ottobre 1995 per un importo di 784 305 BFR, oltre a 130 500 BFR di ammenda e 232 064 BFR di interessi.

29 Dinanzi al Rechtbank van eerste aanleg di Bruxelles le parti hanno esposto gli stessi argomenti già sollevati nelle altre due cause sopra menzionate, mentre il giudice adito si è limitato a rinviare alle ordinanze di rinvio che le riguardano. Esso aggiunge tuttavia che, se, nella causa Molenheide, vi erano seri indizi di frode fiscale, diversa è la situazione nella causa Decan.

30 Il Rechtbank van eerste aanleg di Bruxelles ha quindi sollevato le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che consente ad uno Stato membro di non restituire al soggetto passivo IVA il credito di IVA relativo ad un determinato periodo di dichiarazione e di non riportarlo ad un periodo successivo, ma di trattenerlo in quanto e fintantoché esso vanti nei confronti dell'interessato una pretesa arretrata di IVA relativa ad un periodo di dichiarazione precedente, ove tale pretesa sia contestata dal soggetto passivo IVA e quindi non costituisca ancora titolo definitivo, e lo Stato membro non abbia ricevuto alcuna autorizzazione ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva IVA.

2) In caso di soluzione affermativa della prima questione: se l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA ed il principio di proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che allo Stato membro sia consentito stabilire che la necessità o l'urgenza della trattenuta non può in alcun modo essere contestata, e che la trattenuta non può in nessun modo essere sostituita dalla costituzione di una garanzia o essere annullata finché l'arretrato di IVA contestato non abbia costituito oggetto di una pronuncia giudiziaria definitiva».

La causa C-47/96

31 Come nella causa Decan, la trattenuta è stata operata in forza dell'art. 81, n. 3, quarto comma, del regio decreto n. 4.

32 Secondo un verbale del 30 gennaio 1992, la Sanders deve allo Stato belga, a titolo di IVA, un importo di 370 791 BFR (oltre a un'ammenda di 741 582 BFR e agli interessi a decorrere dal 21 gennaio 1988) per aver acquistato senza fattura 227 000 kg di farina dalla CERES NV, da una parte, e per aver fatto da intermediaria nella cessione di 403 710 kg di farina da parte di quest'ultima società a terzi, dall'altra. Tali operazioni sono state effettuate nel 1987.

33 Dopo che la Sanders aveva contestato tale credito, il quale non è quindi certo, liquido ed esigibile, ai sensi dell'art. 81, n. 3, quarto comma, del regio decreto n. 4, il ricevitore dell'ufficio riscossioni IVA di Roeselare le ha comunicato, con raccomandata del 23 novembre 1994, che avrebbe proceduto alla trattenuta, equivalente a sequestro conservativo, del debito di cui sopra fino a concorrenza del saldo del conto corrente relativo alla sua dichiarazione periodica IVA al 31 ottobre 1994, pari a 236 215 BFR.

34 Il 5 gennaio 1995 la Sanders ha citato in giudizio lo Stato belga per ottenere la revoca del sequestro dinanzi al giudice dell'esecuzione presso il Rechtbank van eerste aanleg di Bruges, facendo valere gli stessi argomenti già addotti nelle altre cause nonché il principio di proporzionalità, dato che la trattenuta, a suo modo di vedere, non era necessaria né era il solo provvedimento possibile.

35 Nutrendo dubbi sull'interpretazione da dare alle disposizioni comunitarie fatte valere, il giudice dell'esecuzione ha del pari deciso di porre le due questioni pregiudiziali seguenti:

«1) Se l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che consente ad uno Stato membro di non rimborsare al soggetto passivo o di non riportare ad un periodo di dichiarazione successivo un credito IVA relativo ad un determinato periodo di dichiarazione, ma invece di "trattenerlo" mediante sequestro conservativo in base ad una pretesa arretrata relativa ad un precedente periodo di dichiarazione, qualora tale pretesa venga contestata in diritto e non si basi pertanto su un titolo definitivo, e senza che lo Stato membro abbia ricevuto un'autorizzazione ai sensi dell'art. 27 della stessa direttiva IVA.

2) Qualora la prima questione debba essere risolta in senso affermativo:

se il principio di proporzionalità in diritto comunitario e il disposto di cui all'art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA consentano allo Stato membro di decidere che:

1) il soggetto passivo può opporsi al sequestro (convalidato attraverso il provvedimento della "trattenuta") soltanto fornendo la prova contraria di quanto asserito dal fisco nel verbale, e non già contestando la necessità e l'urgenza stessa del provvedimento della trattenuta;

2) la trattenuta non può essere sostituita da un'altra prestazione di garanzia, e non può neppure essere revocata fintantoché non vi sia una pronuncia definitiva sul controverso credito del fisco».

Le questioni pregiudiziali

36 In queste quattro cause i giudici proponenti chiedono, in sostanza, se l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva osti a provvedimenti come quelli controversi nelle cause principali e, in caso negativo, quali siano i riflessi che può avere in tale contesto il principio di proporzionalità.

37 Per quanto riguarda, anzitutto, l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva, i giudici proponenti chiedono sostanzialmente se tale disposizione osti a provvedimenti nazionali che prevedano la trattenuta, a titolo conservativo, di un credito di IVA da restituire, nel caso in cui sussistano vuoi seri indizi di frode fiscale, vuoi un credito di IVA a favore dell'amministrazione fiscale, credito contestato dal soggetto passivo.

38 Le ricorrenti ritengono che le trattenute previste all'art. 81, n. 3, commi quarto e quinto, del regio decreto n. 4 siano incompatibili con l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva, giacché, nel caso in cui l'eccedenza di IVA non sia insignificante, l'amministrazione nazionale potrebbe soltanto optare tra il rimborso dell'eccedenza di IVA o il suo riporto sul periodo di dichiarazione successivo. La trattenuta del saldo, che non esula da tale opzione, costituirebbe in realtà una negazione pura e semplice del diritto del soggetto passivo alla deduzione dell'IVA.

39 Le ricorrenti sostengono inoltre che l'art. 18, nn. 2 e 4, della sesta direttiva si riferisce ai periodi di dichiarazione e ne desumono che l'amministrazione belga non può trattenere un saldo di IVA relativo a un periodo diverso dal periodo contestato, il che sarebbe d'altronde conforme all'esigenza di un termine ragionevole.

40 Per contro, i governi belga, italiano, ellenico e svedese nonché la Commissione sostengono che le trattenute previste dalla normativa belga costituiscono «provvedimenti di riscossione» e che, in quanto tali, esse non sono disciplinate dalla sesta direttiva né dalla normativa comunitaria vigente in materia, ma rientrano nella competenza esclusiva degli Stati membri.

41 A questo proposito va rilevato che provvedimenti come quelli controversi nelle cause principali mirano a consentire alle competenti autorità fiscali di trattenere, a titolo conservativo, importi di IVA da restituire, qualora esistano indizi di frode fiscale o qualora tali autorità facciano valere un credito di IVA che non risulta dalle dichiarazioni del soggetto passivo e che quest'ultimo contesta.

42 Ora, risulta dalla sesta direttiva nel suo complesso che essa mira a stabilire una base imponibile uniforme destinata a garantire le neutralità del sistema e, come precisa il suo dodicesimo `considerando', ad armonizzare il regime delle deduzioni «ove ha un'incidenza sul livello reale di percezione»; essa mira anche a far sì che «il calcolo del prorata di deduzione [si effettui] in modo analogo in tutti gli Stati membri».

43 Ne risulta che il titolo XI della sesta direttiva dedicato alle deduzioni, e in particolare il suo art. 18, rientra nell'ambito di un funzionamento normale del sistema comune IVA e non riguarda in linea di principio provvedimenti come quelli descritti al precedente punto 41.

44 Si deve quindi risolvere la questione nel senso che l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva non osta, in linea di principio, a provvedimenti come quelli controversi nelle cause principali.

45 Per quanto riguarda poi i riflessi che può avere in tale contesto il principio di proporzionalità, va rilevato che, benché gli Stati membri siano liberi, in linea di principio, di adottare provvedimenti del genere, questi ultimi possono tuttavia avere un impatto sull'obbligo per le autorità nazionali di procedere a un rimborso immediato ai sensi dell'art. 18, n. 4, della sesta direttiva.

46 Pertanto, in conformità al principio di proporzionalità, gli Stati membri devono far ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l'obiettivo perseguito dal diritto interno, portino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa comunitaria controversa.

47 Così, se è legittimo che i provvedimenti adottati dagli Stati membri tendano a preservare il più efficacemente possibile i diritti dell'erario, essi non devono eccedere quanto è necessario a tal fine. Essi non possono quindi essere utilizzati in modo tale da rimettere sistematicamente in questione il diritto alla deduzione dell'IVA, il quale è un principio fondamentale del sistema comune dell'IVA istituito dalla normativa comunitaria in materia.

48 Occorre quindi risolvere la relativa questione nel senso che il principio di proporzionalità si applica a provvedimenti nazionali che, come quelli controversi nelle cause principali, vengono adottati da uno Stato membro nell'esercizio della sua competenza in materia di IVA, nei limiti in cui, qualora eccedessero quanto necessario per raggiungere il loro obiettivo, essi arrecherebbero pregiudizio ai principi del sistema comune dell'IVA, e in particolare, al regime delle deduzioni che ne costituisce un elemento essenziale.

49 Quanto all'applicazione concreta di tale principio, spetta al giudice a quo valutare la compatibilità dei provvedimenti nazionali con il diritto comunitario, dato che la Corte è solo competente a fornirgli tutti gli elementi interpretativi attinenti al diritto comunitario che possano consentirgli di valutare questa compatibilità (v., in particolare, sentenza 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-4165).

50 Sotto questo aspetto le ricorrenti rilevano, in primo luogo, l'asserito carattere assoluto e automatico della trattenuta non appena insorge una lite tra l'amministrazione e il soggetto passivo. A loro dire, infatti, la trattenuta prevista dall'art. 81, n. 3, quarto comma, del decreto n. 4 è, secondo la sua stessa formulazione, obbligatoria non appena sussiste un credito contestato, e ciò senza la minima eccezione, e il giudice adito non deve accertare se una trattenuta del genere sia necessaria o se vi sia urgenza, dato che tali condizioni si presumono soddisfatte in modo inoppugnabile. Lo stesso varrebbe per la trattenuta prevista dal quinto comma delle medesima disposizione.

51 Si deve constatare che, qualora un procedimento di sequestro conservativo si presenti come un procedimento derogatorio al diritto comune dei sequestri conservativi, in quanto la necessità e l'urgenza sono presunte in modo inoppugnabile, il suo carattere necessario per garantire la riscossione delle somme dovute può legittimamente esser messo in dubbio.

52 Occorre quindi constatare che, contrariamente a una presunzione semplice, una presunzione assoluta andrebbe oltre quanto necessario per garantire un'efficace riscossione e pregiudicherebbe il principio di proporzionalità, in quanto non consentirebbe al soggetto passivo di fornire la prova contraria sotto il controllo giurisdizionale del giudice dell'esecuzione.

53 In secondo luogo, le ricorrenti richiamano l'attenzione sulla mancanza di effettivi mezzi d'impugnazione tanto dinanzi al giudice dell'esecuzione quanto nel corso del giudizio di merito. Infatti, a loro parere, salvo consenso dell'amministrazione competente in materia di IVA, il giudice dell'esecuzione non è mai, eccetto il caso di irregolarità formale, in grado di pronunciare la revoca, totale o parziale, della trattenuta del saldo da restituire. Questa situazione risulterebbe dalla combinazione di diverse disposizioni di legge, essenzialmente derogatorie al diritto comune dei sequestri conservativi, le quali prevederebbero che il giudice dell'esecuzione non può disporre un provvedimento del genere finché non sia confutata la prova fornita dai verbali redatti dall'amministrazione fiscale ovvero la veridicità delle operazioni non appaia dai dati ottenuti grazie alle procedure comunitarie di scambi d'informazioni tra Stati membri. Il giudice dell'esecuzione è quindi soltanto giudice del carattere rituale del procedimento conservativo, ma non dei presupposti di merito del sequestro.

54 Per gli stessi motivi, in caso di appello o di impugnazione dell'amministrazione contro una decisione favorevole al soggetto passivo, sarebbe impossibile ottenere una revoca, anche solo parziale (ad esempio, sulle ammende), giacché la decisione non è definitiva nel merito. Infatti, la trattenuta varrebbe come sequestro conservativo finché la controversia non sia definitivamente conclusa, vuoi sul piano amministrativo vuoi con sentenza passata in giudicato.

55 A questo proposito, occorre rilevare che, al fine di controllare il carattere proporzionato del pregiudizio arrecato al diritto a deduzione, è necessaria l'esistenza di un controllo giurisdizionale effettivo tanto nell'ambito dei giudizi di merito quanto in quello dei procedimenti dinanzi al giudice dell'esecuzione.

56 Di conseguenza, disposizioni legislative o regolamentari che impediscano al giudice dell'esecuzione di pronunciare la revoca, totale o parziale, della trattenuta del saldo di IVA da restituire, mentre egli dispone di prove che gli consentono di concludere prima facie per l'inesattezza degli accertamenti che figurano nei verbali redatti dall'amministrazione, dovrebbero considerarsi nel senso che eccedono quanto necessario per garantire un'efficace riscossione ed arrecherebbero un danno sproporzionato al diritto a deduzione.

57 Analogamente, disposizioni legislative o regolamentari che comportino l'impossibilità per il giudice adito nel merito di pronunciare la revoca, totale o parziale, della trattenuta del saldo di IVA da restituire prima che la pronuncia nel merito divenga definitiva, sarebbero sproporzionate.

58 In terzo luogo, le ricorrenti rilevano che il soggetto passivo si trova nell'impossibilità di chiedere ad un giudice di sostituire alla trattenuta un'altra misura cautelare, sufficiente per tutelare gli interessi dell'erario, ma meno coercitiva per il soggetto passivo come, ad esempio, una cauzione o una garanzia bancaria. Una possibilità del genere verrebbe riconosciuta solo all'amministrazione fiscale e rientrerebbe unicamente nella sua discrezionalità.

59 Va osservato che un'impossibilità del genere, qualora fosse provata, eccederebbe anch'essa quanto necessario per garantire la riscossione delle somme eventualmente dovute, nei limiti in cui la sostituzione potrebbe attenuare il pregiudizio arrecato al diritto a deduzione e la sua concessione dovrebbe poter essere sottoposta alla valutazione di un giudice.

60 In quarto luogo, le ricorrenti hanno rilevato che la trattenuta non è limitata all'importo principale dovuto a titolo di IVA, ma comprende pure gli interessi su tale somma, le spese processuali e penalità che possono ammontare fino al 200% dell'importo principale. Tale provvedimento sarebbe quindi sproporzionato rispetto al suo obiettivo, in particolare qualora la controversia verta su una pura questione di diritto e non su una frode in senso stretto.

61 A questo proposito si deve osservare che l'esercizio di un controllo giurisdizionale effettivo quale sopra delineato, e in particolare la possibilità tanto per il giudice del merito quanto per il giudice dell'esecuzione di concedere al soggetto passivo, su sua domanda e in tutte le fasi del procedimento, una revoca totale o parziale della trattenuta, sarebbe sufficiente a cancellare il carattere eventualmente sproporzionato di un siffatto calcolo degli importi trattenuti, in particolare per quanto riguarda le penalità.

62 In quinto luogo, le ricorrenti rilevano che, nel diritto belga, nel caso di una revoca dei saldi di IVA trattenuti, gli interessi sono dovuti dall'erario solo se le somme trattenute non siano state effettivamente restituite entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello dell'insorgere dei saldi da restituire e a condizione che si tratti di un importo da rimborsare di almeno 10 000 BFR, che l'ultima dichiarazione IVA dell'anno civile durante il quale il credito di IVA è sorto sia stata firmata al punto del formulario all'uopo previsto e che tutte le dichiarazioni IVA siano state presentate entro i termini.

63 A questo proposito va osservato che non è necessario, per conseguire l'obiettivo perseguito da una normativa come quella controversa nelle cause principali, e cioè garantire la riscossione delle somme dovute, che gli interessi siano calcolati a decorrere da una data diversa da quella in cui il saldo di IVA trattenuto dovrebbe normalmente essere versato in conformità alla sesta direttiva e quindi che il principio di proporzionalità osterebbe all'applicazione di una normativa del genere. Lo stesso vale per le altre condizioni sopra menzionate, dato che il ritardo nel deposito delle dichiarazioni può in particolare essere sanzionato in modo indipendente dai procedimenti di trattenuta e senza recare pregiudizio al diritto alla restituzione del saldo di IVA.

64 Occorre quindi risolvere la questione nel senso che spetta al giudice nazionale valutare il carattere proporzionato o no dei provvedimenti controversi e dell'applicazione che ne viene fatta dalla competente amministrazione. Nell'ambito di una tale valutazione occorre disattendere le disposizioni nazionali o un'interpretazione di queste che ostino a un controllo giurisdizionale effettivo, e in particolare al controllo dell'urgenza e della necessità della trattenuta del saldo di IVA da restituire, nonché alla possibilità per il soggetto passivo di chiedere, sotto il controllo di un giudice, la sostituzione della trattenuta con un'altra garanzia sufficiente per tutelare gli interessi dell'erario ma meno coercitiva per il soggetto passivo, o che impediscano che possa disporsi, in tutte le fasi del procedimento, una revoca, totale o parziale, della trattenuta. Inoltre, in caso di revoca della trattenuta, un calcolo degli interessi dovuti dall'erario, che non prenda come decorrenza il giorno in cui il saldo di IVA controverso avrebbe normalmente dovuto essere restituito, sarebbe contrario al principio di proporzionalità.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

65 Le spese sostenute dai governi belga, ellenico, italiano e svedese, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Quinta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dallo Hof van Beroep di Anversa, dal Rechtbank van eerste aanleg di Bruxelles e dal Rechtbank van eerste aanleg di Bruges con ordinanze 17 ottobre 1994, 25 ottobre 1995, 12 dicembre 1995 e 6 febbraio 1996, dichiara:

1) L'art. 18, n. 4, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, non osta, in linea di principio, a provvedimenti come quelli controversi nelle cause principali.

2) Tuttavia, il principio di proporzionalità si applica a provvedimenti nazionali che, come quelli controversi nelle cause principali, vengono adottati da uno Stato membro nell'esercizio della sua competenza in materia di IVA, nei limiti in cui, qualora eccedessero quanto necessario per raggiungere il loro obiettivo, essi arrecherebbero pregiudizio ai principi del sistema comune dell'IVA, e in particolare al regime delle deduzioni che ne costituisce un elemento essenziale.

Spetta al giudice nazionale valutare il carattere proporzionato o no dei provvedimenti controversi e dell'applicazione che ne viene fatta dalla competente amministrazione. Nell'ambito di una tale valutazione occorre disattendere le disposizioni nazionali o un'interpretazione di queste che ostino a un controllo giurisdizionale effettivo, e in particolare al controllo dell'urgenza e della necessità della trattenuta del saldo di IVA da restituire, nonché alla possibilità per il soggetto passivo di chiedere, sotto il controllo di un giudice, la sostituzione della trattenuta con un'altra garanzia sufficiente per tutelare gli interessi dell'erario ma meno coercitiva per il soggetto passivo, o che impediscano che possa disporsi, in tutte le fasi del procedimento, una revoca, totale o parziale, della trattenuta. Inoltre, in caso di revoca della trattenuta, un calcolo degli interessi dovuti dall'erario, che non prenda come decorrenza il giorno in cui il saldo di IVA controverso avrebbe normalmente dovuto essere restituito, sarebbe contrario al principio di proporzionalità.