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 SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

12 maggio 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Unione doganale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 201 – Debitori dell’imposta – IVA all’importazione – Codice doganale dell’Unione – Regolamento (UE) n. 952/2013 – Articolo 77, paragrafo 3 – Responsabilità solidale del rappresentante doganale indiretto e della società importatrice – Dazi doganali»

Nella causa C-714/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Commissione tributaria provinciale di Venezia (Italia), con ordinanza del 17 novembre 2020, pervenuta in cancelleria il 24 dicembre 2020, nel procedimento

U.I. Srl

contro

Agenzia delle Dogane e dei monopoli – Ufficio delle dogane di Venezia,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da I. Ziemele, presidente di sezione, T. von Danwitz (relatore) e P.G. Xuereb, giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la U.I. Srl, da M.C. Santacroce e A. Dal Ferro, avvocati;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Albenzio, avvocato dello Stato;

per il governo ellenico, da M. Tassopoulou, K. Georgiadis e G. Avdikos, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios, F. Clotuche-Duvieusart e F. Moro, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 201 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»), e dell’articolo 77, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU 2013, L 269, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la U.I. Srl e l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli – Ufficio delle dogane di Venezia (Italia) (in prosieguo: l’«Agenzia delle dogane») in merito al pagamento, da parte della U.I., in qualità di rappresentante doganale indiretta, oltre ai dazi doganali relativi ad operazioni di importazione, dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) all’importazione.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva IVA

3

I considerando 43 e 44 della direttiva IVA così recitano:

«(43)

È, altresì, opportuno che gli Stati membri abbiano piena facoltà di designare il debitore dell’imposta all’importazione.

(44)

È opportuno che gli Stati membri possano adottare disposizioni secondo le quali una persona diversa dal debitore dell’imposta è responsabile in solido per il pagamento della stessa».

4

L’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), di tale direttiva prevede che le importazioni di beni siano soggette all’IVA.

5

Ai sensi dell’articolo 30, primo comma, della suddetta direttiva, si considera importazione di beni l’ingresso nell’Unione europea di un bene che non è in libera pratica ai sensi dell’articolo 29 TFUE.

6

L’articolo 70 della medesima direttiva stabilisce che il fatto generatore dell’IVA si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l’importazione di beni.

7

Ai sensi dell’articolo 71 della direttiva IVA:

«1.   Quando i beni sono vincolati, al momento della loro entrata [nell’Unione], ad uno dei regimi o ad una delle situazioni di cui agli articoli 156, 276 e 277, o ad un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione o di transito esterno, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile soltanto nel momento in cui i beni sono svincolati da tali regimi o situazioni.

Tuttavia, quando i beni importati sono assoggettati a dazi doganali, prelievi agricoli o imposte di effetto equivalente istituiti nell’ambito di una politica comune, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l’esigibilità dei predetti dazi o prelievi.

2.   Qualora i beni importati non siano assoggettati ad alcuno dei dazi o prelievi di cui al paragrafo 1, secondo comma, gli Stati membri applicano le disposizioni vigenti in materia di dazi doganali, per quanto riguarda il fatto generatore dell’imposta e la sua esigibilità».

8

L’articolo 201 di tale direttiva è formulato come segue:

«All’importazione l’IVA è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d’importazione».

Codice doganale

9

L’articolo 5 del codice doganale così dispone:

«Ai fini del codice [doganale], si intende per:

(...)

6)

“rappresentante doganale”: qualsiasi persona nominata da un’altra persona affinché la rappresenti presso le autorità doganali per l’espletamento di atti e formalità previsti dalla normativa doganale;

(...)

12)

“dichiarazione in dogana”: atto con il quale una persona manifesta, nelle forme e modalità prescritte, la volontà di vincolare le merci a un determinato regime doganale, con l’indicazione, se del caso, dell’eventuale specifica procedura da applicare;

(...)

15)

“dichiarante”: la persona che presenta una dichiarazione in dogana, una dichiarazione per la custodia temporanea, una dichiarazione sommaria di entrata, una dichiarazione sommaria di uscita, una dichiarazione di riesportazione oppure una notifica di riesportazione a nome proprio, ovvero la persona in nome della quale è effettuata la presentazione di tale dichiarazione o notifica;

(...)

18)

“obbligazione doganale”: l’obbligo di una persona di corrispondere l’importo del dazio all’importazione o all’esportazione applicabile ad una determinata merce in virtù della normativa doganale in vigore;

19)

“debitore”: la persona tenuta ad assolvere l’obbligazione doganale;

20)

“dazi all’importazione”: i dazi doganali dovuti all’importazione delle merci;

(...)».

10

Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, di tale codice:

«Chiunque può nominare un rappresentante doganale.

Siffatta rappresentanza può essere diretta, se il rappresentante doganale agisce in nome e per conto di un’altra persona, oppure indiretta, se il rappresentante doganale agisce in nome proprio ma per conto di un’altra persona».

11

Contenuto nella sezione 1, intitolata «Obbligazione doganale all’importazione», del capo 1, intitolato «Nascita di un’obbligazione doganale», del titolo III di detto codice, intitolato «Obbligazione doganale e garanzie», l’articolo 77 del medesimo codice prevede quanto segue:

«1.   Un’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito al vincolo di merci non unionali soggette a dazi all’importazione a uno dei regimi doganali seguenti:

a)

immissione in libera pratica, compreso il regime dell’uso finale;

b)

ammissione temporanea con parziale esonero dai dazi all’importazione.

2.   L’obbligazione doganale sorge al momento dell’accettazione della dichiarazione in dogana.

3.   Il debitore è il dichiarante. In caso di rappresentanza indiretta, è debitrice anche la persona per conto della quale è fatta la dichiarazione in dogana.

Quando una dichiarazione in dogana per uno dei regimi di cui al paragrafo 1 è redatta in base a dati che determinano la mancata riscossione totale o parziale dei dazi all’importazione, la persona che ha fornito i dati necessari per la stesura della dichiarazione ed era, o avrebbe dovuto ragionevolmente essere, a conoscenza della loro erroneità è anch’essa debitrice».

12

Ai sensi dell’articolo 84 del codice doganale:

«Quando per l’importo del dazio all’importazione o all’esportazione corrispondente a una medesima obbligazione doganale esistono più debitori, essi sono responsabili in solido del pagamento di tale importo».

Diritto italiano

13

L’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633 – Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto (Supplemento ordinario alla GURI n. 292, dell’11 novembre 1972; in prosieguo: il «decreto n. 633/1972»), così dispone:

«L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate».

14

Ai sensi dell’articolo 8 di tale decreto:

«Costituiscono cessioni all’esportazione non imponibili:

(...)

c)

le cessioni, anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e le prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all’esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono della facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza pagamento dell’imposta.

(...)».

15

L’articolo 17, primo comma, del suddetto decreto è così formulato:

«L’imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, i quali devono versarla all’erario, cumulativamente per tutte le operazioni effettuate e al netto della detrazione prevista nell’articolo 19, nei modi e nei termini stabiliti nel titolo secondo».

16

Ai sensi dell’articolo 70, primo comma, del medesimo decreto:

«L’imposta relativa alle importazioni è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione. Si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine».

17

L’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica del 23 gennaio 1973, n. 43 – Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (Supplemento ordinario alla GURI n. 80, del 28 marzo 1973; in prosieguo: il «decreto n. 43/1973»), così dispone:

«Si considerano “diritti doganali” tutti quei diritti che la dogana è tenuta a riscuotere in forza di una legge, in relazione alle operazioni doganali.

Fra i diritti doganali costituiscono “diritti di confine”: i dazi di importazione e quelli di esportazione, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione previsti dai regolamenti comunitari e dalle relative norme di applicazione ed inoltre, per quanto concerne le merci in importazione, i diritti di monopolio, le sovrimposte di confine ed ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato».

18

Ai sensi dell’articolo 38 di tale decreto:

«Al pagamento dell’imposta doganale sono obbligati il proprietario della merce, a norma dell’articolo 56, e, solidalmente, tutti coloro per conto dei quali la merce è stata importata od esportata.

Per il soddisfacimento dell’imposta, lo Stato, oltre ai privilegi stabiliti dalla legge, ha il diritto di ritenzione sulle merci che sono oggetto dell’imposta stessa.

Il diritto di ritenzione può essere esercitato anche per il soddisfacimento di ogni altro credito dello Stato inerente alle merci oggetto di operazioni doganali».

19

L’articolo 1 del decreto-legge del 29 dicembre 1983, n. 746 – Disposizioni urgenti in materia di imposta su valore aggiunto (GURI n. 358, del 31 dicembre 1983), convertito in legge, con modificazioni dalla legge del 27 febbraio 1984, n. 17 (GURI n. 59, del 29 febbraio 1984), nella versione in vigore all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto-legge n. 746/1983»), prevede quanto segue:

«Le disposizioni di cui alla lettera c) del primo comma e al secondo comma dell’articolo 8 del [decreto n. 633/1972], e successive modificazioni, si applicano a condizione:

a)

che l’ammontare dei corrispettivi delle cessioni all’esportazione di cui alle lettere a) e b) dello stesso articolo effettuate, registrate nell’anno precedente, sia superiore al dieci per cento del volume d’affari determinato a norma dell’articolo 20 dello stesso decreto (...)

(...)

c)

che l’intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione della imposta risulti da apposita dichiarazione, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, contenente l’indicazione del numero di partita IVA del dichiarante nonché l’indicazione dell’ufficio competente nei suoi confronti, trasmessa telematicamente all’Agenzia delle entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica. (...)».

20

L’articolo 2, primo comma, di tale decreto-legge così dispone:

«I soggetti che effettuano le operazioni senza pagamento dell’imposta in mancanza della dichiarazione di cui alla lettera c) del primo comma dell’articolo 1 sono soggetti al pagamento della pena pecuniaria da due a sei volte l’imposta che risulta non applicata, oltre a quello dell’imposta stessa; qualora sia stata rilasciata la dichiarazione, dell’omesso pagamento dell’imposta rispondono soltanto i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno rilasciato la dichiarazione stessa».

21

L’articolo 3 del decreto legislativo dell’8 novembre 1990, n. 374 – Riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo in attuazione delle direttive n. 79/695/CEE [del Consiglio,] del 24 luglio 1979 e n. 82/57/CEE [della Commissione,] del 17 dicembre 1981, in tema di procedure di immissione in libera pratica delle merci, e delle direttive n. 81/177/CEE [della Commissione,] del 24 febbraio 1981 e n. 82/347/CEE [della Commissione,] del 23 aprile 1982, in tema di procedure di esportazione delle merci comunitarie (Supplemento ordinario alla GURI n. 291, del 14 dicembre 1990), così prevede:

«1.   I diritti doganali sono accertati, liquidati e riscossi secondo le norme del [decreto n. 43/1973], e delle altre leggi in materia doganale, salvo che sia diversamente disposto dalle specifiche leggi che li riguardano.

2.   I dazi, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione ed all’esportazione previsti dai regolamenti comunitari sono accertati, liquidati e riscossi secondo le disposizioni dei regolamenti stessi nonché, ove questi rinviino alla disciplina dei singoli Stati membri o comunque non provvedano, secondo le norme del [decreto n. 43/1973], e delle altre leggi in materia doganale».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

22

Con due avvisi di accertamento notificati il 15 maggio 2017 e il 6 febbraio 2018 a U.I., società con sede in Milano (Italia), l’Agenzia delle dogane ha rettificato, rispettivamente, 45 e 115 dichiarazioni di importazione e ha liquidato i corrispondenti importi dell’IVA all’importazione dovuta, ossia EUR 173561,22 e EUR 786046,24, oltre interessi. Essa ha altresì considerato che la U.I., nella sua qualità di rappresentante doganale indiretta delle società importatrici A. SpA e U.C. Srl, con sede in Roma (Italia), la prima assoggettata a procedura fallimentare, fosse responsabile in solido del pagamento di tale imposta con dette società, in particolare ai sensi degli articoli 77 e 84 del codice doganale.

23

Nell’ambito delle sue operazioni di verifica, l’Agenzia delle dogane ha infatti ritenuto che le dichiarazioni di intento allegate a tali dichiarazioni di importazione non fossero attendibili, in quanto fondate sull’erronea affermazione secondo cui dette società importatrici erano esportatori abituali. Orbene, poiché queste ultime non avevano effettuato operazioni utili alla costituzione del plafond IVA, le operazioni di importazione verificate non erano esenti da IVA ai sensi dell’articolo 1, lettera a), del decreto-legge n. 746/1983.

24

La U.I. ha proposto ricorsi avverso i due avvisi di accertamento suddetti dinanzi al giudice del rinvio, la Commissione tributaria provinciale di Venezia (Italia), al fine di far dichiarare la loro illegittimità.

25

In tale contesto, la U.I. ha ammesso di aver effettuato, in qualità di rappresentante doganale indiretta, le operazioni doganali di cui trattasi in nome proprio e per conto di dette società importatrici, sulla base di mandati di rappresentanza, e di aver presentato in dogana le corrispondenti dichiarazioni. Essa ha sostenuto, tuttavia, che le norme sulla base delle quali erano stati emessi gli avvisi di accertamento in parola, in particolare gli articoli 77 e 84 del codice doganale, non erano applicabili all’IVA. Essa ha aggiunto che, nell’ordinamento giuridico italiano, nessuna disposizione prevedeva la responsabilità del rappresentante doganale indiretto in solido con la società importatrice per il pagamento dell’IVA all’importazione e che il riconoscimento di una siffatta responsabilità solidale disattenderebbe l’articolo 201 della direttiva IVA.

26

L’Agenzia delle dogane, dal canto suo, ha concluso per il rigetto di detti ricorsi. Essa ha sottolineato che il fatto generatore dell’obbligazione tributaria dell’IVA di cui trattasi era costituito, al pari di quello dell’obbligazione doganale, dall’importazione e che tale fatto generatore era individuato nella disciplina doganale. Occorrerebbe fare altresì riferimento alla medesima normativa per determinare l’origine dell’obbligazione IVA all’importazione e, pertanto, i soggetti obbligati al relativo versamento in coloro che presentano le merci in dogana, ossia, come risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte suprema di cassazione (Italia), l’importatore e il suo rappresentante doganale indiretto, solidalmente.

27

Il giudice del rinvio indica che, secondo tale giurisprudenza, l’obbligo di versare l’IVA all’importazione sorge al momento della presentazione delle merci in dogana per l’ingresso nel territorio dell’Unione, al pari dei dazi doganali. Si tratterebbe della stessa imposta dell’IVA intracomunitaria, come risulterebbe in particolare dalla sentenza del 17 luglio 2014, Equoland (C-272/13, EU:C:2014:2091). Orbene, benché l’IVA all’importazione non rientri tra tali dazi né tra i diritti di confine in senso stretto, bensì tra tributi di diritto interno, essa condividerebbe con i dazi doganali il momento impositivo, come configurato dall’articolo 34 del decreto n. 43/1973, e quindi, poiché il rappresentante doganale indiretto presenta la dichiarazione di intento all’autorità doganale facendola propria, sarebbe obbligato in solido del pagamento dell’IVA.

28

Tale giudice menziona un altro orientamento giurisprudenziale nazionale secondo cui, in assenza di una norma esplicita di diritto nazionale che preveda, in ossequio all’articolo 201 della direttiva IVA, le persone «designate» al pagamento dell’IVA all’importazione, non possa darsi applicazione estensiva delle norme del diritto dell’Unione sulle obbligazioni doganali disciplinanti la responsabilità solidale dell’importatore e del suo rappresentante doganale indiretto.

29

Detto giudice rileva inoltre che, ove i termini «designate» o «riconosciute» utilizzati in tale articolo siano interpretati restrittivamente, nel senso che il legislatore nazionale debba individuare espressamente i soggetti debitori dell’IVA, esso dovrebbe constatare, nel caso di specie, che le disposizioni nazionali designano esclusivamente l’importatore quale responsabile del versamento di tale imposta. Per contro, in caso di interpretazione ampia di tali termini, lo stesso giudice potrebbe applicare estensivamente norme nazionali dettate per tributi dissimili dall’IVA all’importazione, come i dazi doganali.

30

Sarebbe del pari dirimente ai fini della decisione nel procedimento principale l’interpretazione dell’articolo 77, paragrafo 3, del codice doganale e, in particolare, la questione se la sua applicazione debba essere limitata ai dazi doganali.

31

In tale contesto, la Commissione tributaria provinciale di Venezia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Dica la [Corte] se l’articolo 201 della direttiva [IVA] nel disporre che “all’importazione l’IVA è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d’importazione” debba interpretarsi nel senso che a quest’ultimo si imponga la emissione di una norma statuale in materia di IVA all’importazione (tributo di diritto interno: [sentenza del 17 luglio 2014, Equoland,C-272/13, EU:C:2014:2091]) che individui espressamente i soggetti obbligati al relativo versamento.

2)

Dica la [Corte] se l’articolo 77, paragrafo 3, del [codice doganale] dettato per le obbligazioni doganali all’importazione secondo cui “in caso di rappresentanza indiretta è debitrice anche la persona per conto della quale è fatta la dichiarazione in dogana” debba interpretarsi nel senso che il rappresentante indiretto sia responsabile non solo dei dazi doganali, bensì pure dell’IVA all’importazione per il fatto solo di essere soggetto “dichiarante alla dogana” in nome proprio».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità

32

Il governo italiano sostiene che le questioni pregiudiziali sono irricevibili in quanto esse sono, non soltanto ambigue, ma altresì irrilevanti ai fini della soluzione della controversia principale, in quanto il giudice del rinvio non ha applicato la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione che ha già risolto la questione dei soggetti responsabili dell’IVA all’importazione. Inoltre, per quanto riguarda la prima questione, le disposizioni nazionali e dell’Unione che individuano inequivocabilmente il fatto generatore dell’IVA all’importazione e i soggetti debitori della stessa non sarebbero state illustrate compiutamente.

33

A tal proposito, va ricordato che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 19 dicembre 2019, Darie,C-592/18, EU:C:2019:1140, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

34

Ne consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione poste dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto se appare in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 19 dicembre 2019, Darie,C-592/18, EU:C:2019:1140, punto 25 e giurisprudenza ivi citata)

35

Nel caso di specie, il giudice del rinvio, dopo aver illustrato chiaramente le ragioni per le quali si interroga sull’interpretazione delle disposizioni di diritto dell’Unione considerate nelle sue questioni pregiudiziali, ha anche precisato che le risposte a queste ultime erano dirimenti ai fini della decisione del procedimento principale, in quanto la possibilità di affermare l’eventuale responsabilità solidale della U.I., quale rappresentante doganale indiretto, dipendeva da tali risposte. Orbene, il fatto che tale giudice non abbia applicato la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione non può privare di pertinenza le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione.

36

Inoltre, la domanda di pronuncia pregiudiziale contiene una descrizione del contesto di fatto e di diritto del procedimento principale, in particolare delle disposizioni nazionali applicabili e della giurisprudenza nazionale pertinente, sufficiente a consentire alla Corte di rispondere utilmente alle due questioni sollevate.

37

Le questioni pregiudiziali sono pertanto ricevibili.

Sulla seconda questione

38

Con la sua seconda questione, che è opportuno esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 77, paragrafo 3, del codice doganale debba essere interpretato nel senso che, in base a detta sola disposizione, il rappresentante doganale indiretto è debitore dei dazi doganali dovuti per le merci che ha dichiarato in dogana nonché dell’IVA all’importazione per le stesse merci.

39

Secondo costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 18 novembre 2020, Kaplan International colleges UK,C-77/19, EU:C:2020:934, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

40

È opportuno ricordare che, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del codice doganale, il rappresentante doganale indiretto agisce in nome proprio ma per conto di un’altra persona. Pertanto, quando quest’ultimo presenta la «dichiarazione in dogana», come definita all’articolo 5, punto 12, di tale codice, lo fa a nome proprio ma per conto della persona che gli ha conferito un mandato e che esso rappresenta, cosicché, come correttamente rilevato dal giudice del rinvio, agisce in qualità di «dichiarante», ai sensi dell’articolo 5, punto 15, di tale codice.

41

In primo luogo, ai sensi dell’articolo 77, paragrafo 3, del codice doganale, il debitore è il dichiarante e, in caso di rappresentanza indiretta, è debitrice anche la persona per conto della quale è fatta la dichiarazione in dogana.

42

Dalla formulazione di tale disposizione risulta che tanto il rappresentante doganale indiretto, quale dichiarante, quanto l’importatore per conto del quale esso presenta tale dichiarazione hanno la qualità di debitori.

43

In secondo luogo, il contesto e gli obiettivi della normativa in cui si inserisce detta disposizione rivelano che quest’ultima riguarda esclusivamente l’obbligazione doganale e non anche l’IVA all’importazione.

44

Da un lato, infatti, l’articolo 77 del codice doganale figura nella sezione 1 del capo 1 del titolo III di tale codice, intitolati, rispettivamente, «Obbligazione doganale all’importazione», «Nascita di un’obbligazione doganale» e «Obbligazione doganale e garanzie». A questo proposito, i paragrafi 1 e 2 di tale articolo si riferiscono all’obbligazione doganale.

45

Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 5, punto 19, di detto codice, il «debitore» è «la persona tenuta ad assolvere l’obbligazione doganale».

46

Peraltro, l’articolo 84 del medesimo codice riguarda esplicitamente l’obbligazione doganale, prevedendo che, quando per l’importo del dazio all’importazione o all’esportazione corrispondente a siffatta obbligazione esistono più debitori, essi ne sono responsabili in solido.

47

Quanto alla nozione di «obbligazione doganale», essa è definita all’articolo 5, punto 18, del codice doganale come «l’obbligo di una persona di corrispondere l’importo del dazio all’importazione o all’esportazione applicabile a una determinata merce in virtù della normativa doganale in vigore».

48

Orbene, l’IVA all’importazione non fa parte dei «dazi all’importazione», ai sensi dell’articolo 5, punto 20, di detto codice, che riguarda i dazi doganali dovuti all’importazione delle merci.

49

Come rilevato tanto dalla Commissione europea quanto dalla U.I. nelle loro osservazioni scritte, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’IVA da riscuotere per l’importazione di beni non fa parte di tali dazi all’importazione [v., in tal senso, relativamente all’articolo 4, punto 10, del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1), che corrisponde all’articolo 5, punto 20, del codice doganale, sentenze del 29 luglio 2010, Pakora Pluss,C-248/09, EU:C:2010:457, punto 47, e del 2 giugno 2016, Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig, C-226/14C-228/14, EU:C:2016:405, punto 81].

50

Infine, la normativa dell’Unione in materia di IVA, in particolare l’articolo 201 della direttiva IVA, non opera un rinvio alle disposizioni del codice doganale per quanto riguarda l’obbligo di pagare tale imposta, bensì prevede che tale obbligo incombe alla persona o alle persone designate o riconosciute dallo Stato membro di importazione, come la Corte ha già statuito [v., in tal senso, con riferimento all’articolo 21, paragrafo 2, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1), che corrisponde all’articolo 201 della direttiva IVA, sentenza del 29 luglio 2010, Pakora Pluss,C-248/09, EU:C:2010:457, punto 52].

51

Ne consegue che, per quanto riguarda il pagamento dell’IVA all’importazione, non può essere affermata, in forza del solo articolo 77, paragrafo 3, di tale codice, la responsabilità del rappresentante doganale indiretto, in solido con l’importatore che gli ha conferito un mandato e che esso rappresenta.

52

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 77, paragrafo 3, del codice doganale deve essere interpretato nel senso che, in base a tale sola disposizione, il rappresentante doganale indiretto è debitore unicamente dei dazi doganali dovuti per le merci che ha dichiarato in dogana e non anche dell’IVA all’importazione per le stesse merci.

Sulla prima questione

53

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 201 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che possa essere riconosciuta la responsabilità del rappresentante doganale indiretto per il pagamento dell’IVA all’importazione, in solido con quella dell’importatore, in assenza di disposizioni nazionali che lo designino o lo riconoscano espressamente come debitore di tale imposta.

54

In via preliminare, per quanto riguarda l’IVA all’importazione e i dazi doganali, occorre ricordare che questi ultimi presentano, secondo costante giurisprudenza, caratteristiche essenziali comparabili, in quanto traggono origine dal fatto dell’importazione nell’Unione e della susseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri. Questo parallelismo trova conferma nel fatto che l’articolo 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA autorizza gli Stati membri a collegare il fatto generatore e l’esigibilità dell’IVA all’importazione a quelli dei dazi doganali [sentenze del 10 luglio 2019, Federal Express Corporation Deutsche Niederlassung,C-26/18, EU:C:2019:579, punto 41, e del 3 marzo 2021, Hauptzollamt Münster (Luogo di nascita dell’IVA), C-7/20, EU:C:2021:161, punto 29 nonché giurisprudenza ivi citata].

55

Dalla formulazione dell’articolo 201 della direttiva IVA, secondo cui l’IVA all’importazione «è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d’importazione», risulta che tale articolo lascia un potere discrezionale agli Stati membri per designare i soggetti debitori di tale imposta, come confermato dal considerando 43 della medesima direttiva allorché enuncia che questi ultimi devono avere piena facoltà di designare il debitore dell’imposta all’importazione.

56

Pertanto, sebbene da tale articolo discenda che gli Stati membri devono designare almeno una persona come debitore di tale imposta, essi sono liberi di designarne più d’una, come risulta anche dal considerando 44 di detta direttiva, ai sensi del quale è opportuno che gli Stati membri possano adottare disposizioni secondo le quali una persona diversa dal debitore dell’imposta è responsabile in solido per il pagamento della stessa.

57

Di conseguenza, tenuto conto del potere discrezionale conferito agli Stati membri dall’articolo 201 della direttiva IVA, è certamente consentito loro di prevedere, ai fini dell’attuazione di tale articolo, che i debitori dei dazi doganali siano debitori anche dell’IVA all’importazione e, in particolare, che il rappresentante doganale indiretto sarà responsabile in solido del pagamento di tale imposta con la persona che gli ha conferito un mandato e che esso rappresenta.

58

A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.

59

Secondo una giurisprudenza costante, le disposizioni di una direttiva devono tuttavia essere attuate con un’efficacia cogente incontestabile, con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per garantire pienamente la certezza del diritto (sentenza del 24 ottobre 2013, Commissione/Spagna,C-151/12, EU:C:2013:690, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

60

A tal fine, è indispensabile che la situazione giuridica derivante dalle misure nazionali di trasposizione di una direttiva sia sufficientemente precisa e chiara da permettere ai singoli interessati di conoscere l’ampiezza dei loro diritti e obblighi (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau,C-204/09, EU:C:2012:71, punto 60).

61

Inoltre, il principio della certezza del diritto esige, segnatamente, che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano avere conseguenze sfavorevoli per gli individui e le imprese [sentenze del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Contingente di pesca del pesce spada del Mediterraneo, C-611/17, EU:C:2019:332, punto 111, e del 26 marzo 2020, Hungeod e a., C-496/18C-497/18, EU:C:2020:240, punto 93 e giurisprudenza ivi citata].

62

In tali circostanze, incombe agli Stati membri, ai fini dell’attuazione dell’articolo 201 della direttiva IVA, designare o riconoscere la persona o le persone debitrici dell’IVA all’importazione mediante disposizioni nazionali sufficientemente chiare e precise, nel rispetto del principio della certezza del diritto.

63

Ne consegue che un’eventuale responsabilità del rappresentante doganale indiretto per il pagamento dell’IVA all’importazione prevista da uno Stato membro, in solido con la persona che gli ha conferito un mandato e che esso rappresenta, deve essere stabilita, in modo esplicito e inequivocabile, da disposizioni nazionali siffatte.

64

Nel caso di specie, spetta al giudice nazionale, unico competente ad interpretare il diritto nazionale, valutare, alla luce di tutte le disposizioni del diritto italiano, se tali disposizioni e, in particolare, gli articoli 34 e 38 del decreto n. 43/1973, l’articolo 3, secondo comma, del decreto legislativo dell’8 novembre 1990, n. 374, menzionato al punto 21 della presente sentenza, nonché gli articoli 1 e 70, primo comma, del decreto n. 633/1972, cui ha fatto riferimento il governo italiano, o l’articolo 2, primo comma, del decreto-legge n. 746/1983, citato dalla Commissione, designino o riconoscano esplicitamente e inequivocabilmente il rappresentante doganale indiretto come debitore dell’IVA all’importazione oltre che quale debitore – come risulta dai punti 42, 46 e 52 della presente sentenza – dei dazi doganali in solido con l’importatore che gli ha conferito un mandato e che esso rappresenta, conformemente all’articolo 77, paragrafo 3, e all’articolo 84 del codice doganale.

65

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 201 della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che non può essere riconosciuta la responsabilità del rappresentante doganale indiretto per il pagamento dell’IVA all’importazione, in solido con l’importatore, in assenza di disposizioni nazionali che lo designino o lo riconoscano, in modo esplicito e inequivocabile, come debitore di tale imposta.

Sulle spese

66

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 77, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione, deve essere interpretato nel senso che, in base a tale sola disposizione, il rappresentante doganale indiretto è debitore unicamente dei dazi doganali dovuti per le merci che ha dichiarato in dogana e non anche dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione per le stesse merci.

 

2)

L’articolo 201 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che non può essere riconosciuta la responsabilità del rappresentante doganale indiretto per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, in solido con l’importatore, in assenza di disposizioni nazionali che lo designino o lo riconoscano, in modo esplicito e inequivocabile, come debitore di tale imposta.

 

Ziemele

von Danwitz

Xuereb

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 maggio 2022.

Il cancelliere

A. Calot Escobar

La presidente della Sesta Sezione

I. Ziemele


( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.