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61994C0107

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 15 febbraio 1996. - P. H. Asscher contro Staatssecretaris van Financiën. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Hoge Raad - Paesi Bassi. - Art. 52 del Trattato CE - Obbligo di parità di trattamento - Imposta sul reddito dei non residenti. - Causa C-107/94.

raccolta della giurisprudenza 1996 pagina I-03089


Conclusioni dell avvocato generale


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1 L'Hoge Raad dei Paesi Bassi vi invita ad apporre un nuovo tocco a questo quadro, che state progressivamente completando, della situazione fiscale del contribuente non residente di uno Stato membro. La presente causa si colloca nella scia delle vostre recenti sentenze 14 febbraio 1995, Schumacker (1) e 11 agosto 1995, Wielockx (2).

Il procedimento dinanzi al giudice a quo

Normativa che si applica alla causa dinanzi al giudice nazionale

2 Nei Paesi Bassi il sistema dell'imposizione diretta delle persone fisiche è disciplinato dalla Wet op de inkomstenbelasting 1964 (legge del 1964 sull'imposta sul reddito, in prosieguo: la «legge sull'imposta sul reddito») (3) e dalla Wet op de loonbelasting 1964 (legge del 1964 sull'imposta sulle retribuzioni, in prosieguo: la «legge sull'imposta sulle retribuzioni») (4).

3 Questi testi sono stati modificati da leggi del 27 aprile 1989 (5) e 28 dicembre 1989 (6), entrate in vigore il 1_ gennaio 1990. In esecuzione di queste riforme, la riscossione dell'imposta sulle retribuzioni e quella dei contributi per le assicurazioni sociali generali sono d'ora in poi combinate, di modo che la prima parte dell'imposizione contiene un elemento imposta e un elemento contributi sociali. La base imponibile è stata allargata per il fatto che i contributi per assicurazioni sociali generali hanno cessato di essere deducibili e altre imposte deducibili sono state anch'esse soppresse. In contropartita, l'aliquota d'imposta della prima parte è stata ridotta per i residenti e per taluni non residenti ad essi equiparati, e quella della terza parte lo è stato per tutti i contribuenti.

4 L'imposta sulle retribuzioni è un'imposta sul reddito che viene trattenuta alla fonte sulla retribuzione dei lavoratori dipendenti.

5 Un direttore che detiene una parte rilevante del capitale di una società a responsabilità limitata viene considerato, per quanto riguarda la sua retribuzione, come un lavoratore dipendente che viene assoggettato all'imposta sulle retribuzioni. Egli viene anche considerato come un lavoratore dipendente relativamente alle assicurazioni sociali generali. Per contro, una tale equiparazione non viene operata per l'applicazione delle assicurazioni dei lavoratori dipendenti (7).

6 Le situazioni fiscali transfrontaliere sono disciplinate dalla convenzione 19 ottobre 1970 tra il governo del Regno del Belgio e il governo del Regno dei Paesi Bassi mirante ad evitare le doppie imposizioni in materia di imposta sul reddito e sul patrimonio e a disciplinare talune altre questioni in materia fiscale (8) (in prosieguo: la «convenzione bilaterale»).

7 Ad esempio, in applicazione degli artt. 15, n. 1, e 16, n. 1, di questa convenzione bilaterale, le retribuzioni percepite da una persona residente in Belgio e che svolge un lavoro dipendente nei Paesi Bassi o esercita le funzioni di direttore di una società per azioni con sede nei Paesi Bassi sono imponibili nei Paesi Bassi. Una tale persona viene assoggettata ad imposta in Belgio, paese di residenza, per gli altri suoi redditi.

8 L'art. 20 a, n. 1, della legge sull'imposta sulle retribuzioni contiene una tabella che si applica ai lavoratori residenti nei Paesi Bassi o ai lavoratori equiparati a questi ultimi. L'equiparazione avviene quando il reddito globale del lavoratore consiste completamente o quasi completamente, cioè a concorrenza di almeno il 90%, in retribuzioni imponibili nei Paesi Bassi. In applicazione dell'art. 20 a, n. 3, quest'ultima condizione si presume sia soddisfatta se il reddito dell'interessato è assoggettato, nei Paesi Bassi, al prelievo dei contributi per assicurazioni generali.

9 Se il lavoratore interessato non risiede nei Paesi Bassi e se il suo reddito globale non è costituito esclusivamente o quasi esclusivamente da redditi imponibili nei Paesi Bassi, egli è tenuto all'imposta sulle retribuzioni calcolata secondo la tabella di cui all'art. 20 b.

10 La differenza tra la tabella di cui all'art. 20 a e quella di cui all'art. 20 b riguarda unicamente la prima parte dell'imposizione. Nel 1990, i lavoratori di cui all'art. 20 a erano assoggettati, sulla prima parte di imposizione, ad un'aliquota di imposta del 13%, mentre i lavoratori di cui all'art. 20 b erano assoggettati sulla stessa parte ad un'aliquota di imposta del 25%. Precedentemente al 1990, una stessa aliquota d'imposta del 14% si applicava, per tutti i lavoratori, alla prima parte di imposizione.

11 Nel 1990, l'aliquota dei contributi per assicurazioni sociali generali riscossi contemporaneamente all'imposta sulla sola prima parte di imposizione era del 22,10%.

12 Il lavoratore dipendente che versava contributi per le assicurazioni sociali generali ed era assoggettato all'imposta sulle retribuzioni nei Paesi Bassi doveva quindi sopportare prelievi del 13% e del 22,10%, cioè in totale del 35,10%.

I fatti della causa a qua

13 Il signor P.H. Asscher, cittadino dei Paesi Bassi, è residente in Belgio dal maggio 1986. Egli è direttore di una società a responsabilità limitata con sede nei Paesi Bassi. In tale qualità egli esercita la sua attività nei Paesi Bassi. Egli è poi direttore di una società di diritto belga con sede in Belgio. In tale qualità egli esercita la sua attività in Belgio.

14 Il signor Asscher è stato assoggettato in Belgio all'imposta sui redditi provenienti dalla società di diritto belga. Anche in Belgio egli è affiliato obbligatoriamente alle assicurazioni sociali del regime dei lavoratori autonomi.

15 I suoi redditi nei Paesi Bassi rappresentano meno del 90% del suo reddito globale. Essi non danno luogo a riscossione di contributi per le assicurazioni sociali generali.

16 Nel giugno 1990 egli ha percepito nei Paesi Bassi una retribuzione lorda di 16 250 fiorini olandesi, sulla quale è stata trattenuta una somma di 7 891,17 fiorini olandesi ai sensi dell'art. 20 b della legge sull'imposta sulle retribuzioni.

17 Egli ha presentato un reclamo contro questa trattenuta presso l'ispettore competente. Questo reclamo è stato respinto.

18 Egli ha allora presentato un ricorso contro la decisione di rigetto dinanzi al Gerechtshof di Amsterdam. Il 13 aprile 1992 quest'ultimo ha respinto il ricorso.

19 Il signor Asscher ha presentato ricorso per cassazione contro la decisione del Gerechtshof dinanzi all'Hoge Raad dei Paesi Bassi.

Questioni pregiudiziali

20 Ritenendo che la soluzione della controversia presuppone l'interpretazione dell'art. 48 del Trattato CE, l'Hoge Raad dei Paesi Bassi, con sentenza 23 marzo 1994, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le cinque seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l'art. 48 del Trattato consenta che uno Stato membro (lo Stato della prestazione lavorativa) assoggetti ad un'imposta sui redditi e sui salari la retribuzione percepita in tale Stato alle dipendenze di un datore di lavoro ivi stabilito, in maniera sensibilmente più elevata qualora il lavoratore non risieda nello Stato della prestazione lavorativa ma in un altro Stato membro.

2) Qualora la questione sub 1) debba essere risolta in senso negativo, se la disparità di trattamento sia tuttavia ammessa nel caso in cui il reddito globale del lavoratore, calcolato secondo i criteri dello Stato della prestazione lavorativa, sia composto in maniera tale da essere formato per meno del 90% da redditi che, nel caso di non residenti, possano essere assoggettati all'imposta sui redditi da parte dello Stato della prestazione lavorativa.

3) Se sia legittimo prendere in considerazione, attraverso una disparità di aliquote fiscali, nel senso qui considerato, il fatto che il lavoratore non è sottoposto, nello Stato della prestazione lavorativa, ad un prelievo di contributi per le assicurazioni sociali ivi vigenti.

4) Se sia rilevante al riguardo il fatto che il lavoratore sia assoggettato nello Stato di residenza ad un prelievo di contributi per analoghe assicurazioni.

5) Se la soluzione delle questioni di cui sopra differisca a seconda che il lavoratore sia o no cittadino dello Stato della prestazione lavorativa.»

21 In via preliminare vi propongo di esaminare la questione se una situazione quale quella della causa a qua possa rientrare nell'art. 52 del Trattato piuttosto che nell'art. 48. Esaminerò poi le questioni poste cominciando dall'ultima.

Sull'applicabilità dell'art. 52 del Trattato

22 Il giudice a quo prende in considerazione solo l'art. 48 del Trattato, relativo alla libera circolazione dei lavoratori. Infatti, nel diritto tributario nazionale, il ricorrente nella causa principale è considerato come un lavoratore dipendente.

23 Per quanto riguarda il Trattato, poiché la libera circolazione dei lavoratori costituisce uno dei principi fondamentali della Comunità, la nozione di lavoratore ai sensi dell'art. 48 non può essere interpretata in vario modo, con riferimento agli ordinamenti nazionali, ma ha portata comunitaria (9).

24 La Corte ha precisato:

«Tale nozione dev'essere definita in base a criteri obiettivi che caratterizzino il rapporto di lavoro sotto il profilo dei diritti e degli obblighi delle persone interessate. Ora, la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un'altra e sotto la direzione di quest'ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione» (10).

25 La Commissione rileva (11) che questa Corte non ha avuto l'occasione di pronunciarsi finora sul problema della qualificazione, in diritto comunitario, della situazione del direttore azionista di una società. Essa sottolinea che il signor Asscher è il solo azionista della società di diritto olandese. Essa dubita che una persona in tale situazione possa essere considerata come un «lavoratore» ai sensi dell'art. 48 del Trattato. Essa ritiene che in definitiva trovi applicazione l'art. 52 del Trattato.

26 Il Regno dei Paesi Bassi auspica (12) che la Corte definisca esplicitamente la situazione di un direttore di società in relazione al diritto comunitario. Esso non esclude che le attività transfrontaliere di un cittadino comunitario direttore di società si ricolleghino più all'art. 52 che all'art. 48 del Trattato.

27 Mi sembra che, nella presente causa, la Corte dovrebbe precisare la sua definizione della nozione comunitaria di «lavoratore», al fine di consentire al giudice nazionale, solo competente al riguardo, di qualificare la situazione giuridica del ricorrente nella causa principale in considerazione della definizione della Corte e dei dati di fatto e di diritto della fattispecie ad esso sottoposta.

28 La subordinazione di una parte all'altra nel rapporto di lavoro dipendente è una delle condizioni essenziali inerenti alla nozione di «lavoratore». La sua assenza è tale da far considerare come autonoma un'attività svolta a titolo oneroso a favore di altri operatori economici o consumatori. Essa giustifica a mio parere che la persona che esercita questa attività rientra nell'art. 52 del Trattato e non nell'art. 48.

29 Occorre quindi ritenere che il dirigente di una persona giuridica avente scopo di lucro, e indipendentemente dalla qualificazione, in diritto nazionale, del rapporto giuridico esistente tra questi due soggetti di diritto, dev'essere considerato nel senso che esercita un'attività indipendente ai sensi dell'art. 52 del Trattato, anche se svolge durante questo periodo, a favore della persona giuridica, prestazioni in contropartita delle quali percepisce una retribuzione, quando, in considerazione della ripartizione legale o statutaria dei poteri nell'ambito della persona giuridica, egli non è sotto la direzione di alcun'altra persona né di alcun organo che non controlli lui stesso. Spetta al giudice nazionale valutare se esista o meno un rapporto di subordinazione, in considerazione dei dati di fatto e di diritto in causa.

30 Nella causa principale, il giudice a quo dovrà quindi effettuare l'analisi della fattispecie ad esso sottoposta, in relazione al diritto nazionale che si applica all'organizzazione della società diretta dal signor Asscher, al fine di determinare se la situazione di quest'ultimo rientri nell'art. 48 o nell'art. 52 del Trattato.

Sulla quinta questione

31 Con tale questione, il giudice a quo intende in sostanza accertare se il cittadino di uno Stato membro che esercita un'attività economica in un altro Stato membro, dove egli risiede, possa far valere a seconda dei casi l'art. 48 o l'art. 52 del Trattato nei confronti del suo Stato di origine a titolo dell'attività dipendente o autonoma che egli svolge per il resto in quest'ultimo.

32 Tale questione pone il problema di quel che si è convenuto qualificare come «discriminazione alla rovescia».

33 I governi belga, francese e olandese ritengono che la situazione del signor Asscher è puramente interna in quanto egli è cittadino del Regno dei Paesi Bassi ed esercita un'attività professionale sul territorio di questo Stato.

34 I governi francese e olandese fanno valere la sentenza della Corte 26 gennaio 1993, Werner (13), nella quale la Corte ha dichiarato:

«L'articolo 52 del Trattato CEE non osta a che uno Stato membro assoggetti i propri cittadini che esercitano l'attività professionale sul territorio nazionale e che ivi percepiscono la totalità o la quasi totalità dei loro redditi o ivi possiedono la totalità o quasi totalità del loro patrimonio ad oneri fiscali più gravosi qualora non risiedano in detto Stato rispetto all'ipotesi in cui vi risiedano».

35 E' certo che il diritto comunitario non si applica a situazioni puramente interne ad uno Stato membro.

36 Tuttavia, secondo una giurisprudenza consolidata, i cittadini di uno Stato membro possono far valere il beneficio delle disposizioni degli artt. 48 o 52 del Trattato relative alla libera circolazione quando, con il loro comportamento, si sono collocati essi stessi in una delle situazioni considerate dal diritto comunitario e «(...) si trovino, rispetto al loro Stato di origine, in una situazione analoga a quella di tutti gli altri soggetti che fruiscono dei diritti e delle libertà garantite dal Trattato» (14).

37 Nella sentenza 23 febbraio 1994, Scholz (15), la Corte ha dichiarato in maniera molto generica:

«(...) le norme in questione (di diritto comunitario relative alla libera circolazione dei lavoratori) si applicano a qualsiasi cittadino comunitario, a prescindere dal luogo di origine e dalla cittadinanza dello stesso, che abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori e che abbia esercitato un'attività lavorativa in un altro Stato membro».

38 Nella causa che ha dato luogo alla sentenza 26 gennaio 1993, soprammenzionata, il signor Werner, dentista cittadino tedesco stabilito in Germania e che aveva conseguito diplomi e qualifiche professionali in questo Stato, si limitava a risiedere in un altro Stato membro. La Corte non ha rilevato nella sua situazione alcun elemento di estraneità tale da consentirgli di beneficiare di diritti riconosciuti dal diritto comunitario.

39 Nelle sue conclusioni per tale causa, l'avvocato generale Darmon aveva sottolineato (16):

«Sino all'emanazione delle direttive del Consiglio 28 giugno 1990 in materia di diritto di soggiorno (...) volte alla generale estensione di tale diritto, la libera circolazione delle persone all'interno della Comunità è determinata e - delimitata - dalla natura economica del Trattato.»

40 Poiché queste direttive (17) erano inapplicabili ratione temporis nella fattispecie di cui alla causa a qua relativa al signor Werner, l'avvocato generale Darmon ne aveva allora dedotto (18):

«Ne consegue che la libertà di spostamento riconosciuta ai cittadini comunitari presuppone uno spostamento ai fini dello svolgimento di un'attività economica».

41 Ritengo che in futuro la Corte potrà essere indotta a pronunciarsi sulle discriminazioni subite da cittadini di uno Stato membro che hanno esercitato la loro libertà di circolazione solo a titolo, ad esempio, della direttiva 90/364 (19) poiché, attualmente, un diritto di soggiorno generalizzato è riconosciuto a talune condizioni da tale testo di diritto comunitario, indipendentemente da qualsiasi attività economica.

42 Nella causa a qua concernente il signor Asscher, una tale questione non si pone.

43 La direttiva 90/364 non era applicabile nel giugno 1990, data della trattenuta sulla retribuzione di cui è causa.

44 In ogni caso, il signor Asscher aveva trasferito la sua residenza in Belgio nel 1986 per continuare in tale Stato l'esercizio di un'attività economica nell'ambito di una società di diritto belga costituita precedentemente.

45 Indipendentemente dal se tale attività in Belgio sia dipendente o autonoma, l'attore nella causa a qua ha pertanto esercitato una libertà riconosciuta dal Trattato.

46 Il semplice fatto che, prima di trasferire la sua residenza in Belgio, egli esercitava già un'attività nell'ambito della società di diritto belga è indifferente. Infatti, la libertà di circolazione sancita dagli artt. 48 e 52 del Trattato comprende sia l'accesso ad un'attività dipendente o autonoma sia l'esercizio di una tale attività (20). Essa comprende in particolare un cambiamento di residenza in relazione con la prosecuzione di un'attività già avviata, con riserva di una frode alla legge che uno Stato può legittimamente impedire (21).

47 Il signor Asscher si trova quindi, nei confronti del suo Stato di origine, in una situazione equiparabile a quella di qualsiasi altro soggetto che beneficia dei diritti e delle libertà garantiti dal Trattato, ai sensi della sentenza Kraus soprammenzionata. Come questi altri soggetti di diritto egli non deve costituire oggetto di discriminazioni.

48 A mio parere occorre quindi risolvere la quinta questione nel senso che il cittadino di uno Stato membro che esercita un'attività economica in un altro Stato membro, dove risiede, può far valere a seconda dei casi l'art. 48 o l'art. 52 del Trattato nei confronti del suo Stato di origine relativamente all'attività dipendente o autonoma che egli svolge per il resto in quest'ultimo.

49 Nel seguito delle mie considerazioni relative alle questioni poste dal giudice a quo e nelle soluzioni a queste ultime, bisognerà tenere a mente l'equiparazione di questa situazione particolare di un cittadino di uno Stato membro di cui trattasi a quella di qualsiasi cittadino di un altro Stato membro che esercita un'attività dipendente o autonoma sul territorio dello Stato di imposizione.

Sulla prima questione

50 Con la prima questione, considerata alla luce delle mie conclusioni di cui sopra relative all'applicabilità dell'art. 52 del Trattato, il giudice a quo chiede in sostanza se l'art. 48 o l'art. 52 del Trattato consentano allo Stato membro nel quale il cittadino di un altro Stato membro esercita un'attività dipendente o autonoma pur risiedendo nel suo Stato di origine o in un altro Stato membro di assoggettare all'imposta sul reddito derivante da tale attività in maniera più pesante che se fosse uno dei suoi residenti.

51 Dalla formulazione della seconda questione che, facendo riferimento ad una soluzione negativa della prima, riguarda poi l'ipotesi specifica in cui il cittadino interessato non percepisce la totalità o la quasi totalità del suo reddito nello Stato in cui egli esercita la sua attività, occorre dedurre che la prima questione riguarda per contro, implicitamente ma necessariamente, l'ipotesi in cui il cittadino percepisce la totalità o la quasi totalità del suo reddito in tale Stato.

52 Prima di proporvi una soluzione della prima questione così precisata, ricorderò la situazione di diritto positivo in materia di imposte dirette.

53 Allo stato attuale del diritto comunitario, il sistema dell'imposizione diretta non rientra in quanto tale nella competenza della Comunità. L'art. 99 del Trattato attribuisce esplicitamente al Consiglio una competenza di armonizzazione nel solo settore del sistema dell'imposizione indiretta. Le normative relative al sistema dell'imposizione diretta possono essere armonizzate, nell'ambito dell'art. 100 del Trattato, all'unanimità degli Stati membri, quando hanno un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune. Per contro, l'art. 100 A, n. 2, esclude le disposizioni fiscali dal campo dell'armonizzazione consentita, a maggioranza qualificata, dal n. 1 dello stesso articolo, ai fini dell'instaurazione e del funzionamento del mercato interno.

54 Ciò non toglie, come la Corte ha rilevato (22), che «(...) gli Stati membri sono tenuti ad esercitare le competenze loro attribuite nel rispetto del diritto comunitario».

55 Nel campo del sistema dell'imposizione diretta, non possono di conseguenza adottare misure che avrebbero per effetto, senza giustificazione, di ostacolare la libera circolazione dei lavoratori (art. 48 del Trattato) (23) o dei soggetti di diritto che esercitano un'attività autonoma (art. 52) (24).

56 Secondo una giurisprudenza consolidata (25), il principio della parità di trattamento vieta non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, o alla sede per quanto riguarda le società, ma altresì qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato.

57 Pertanto, una normativa nazionale che si applica indipendentemente dalla cittadinanza del contribuente interessato ma che, creando una disparità di trattamento basata sul criterio della residenza, è sfavorevole ai non residenti, rischia di operare principalmente a danno dei cittadini di altri Stati membri, in quanto i non residenti sono il più delle volte cittadini non nazionali (26).

58 Alla luce di quanto sopra, un trattamento più sfavorevole riservato ai soli residenti di uno Stato membro può costituire una discriminazione indiretta legata alla cittadinanza (27).

59 In virtù di una giurisprudenza anch'essa consolidata, «(...) una discriminazione può consistere solo nell'applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell'applicazione della stessa norma a situazioni diverse» (28).

60 Nella sentenza Schumacker, soprammenzionata, che riguardava l'interpretazione dell'art. 48 del Trattato, la causa principale si riferiva ad una normativa nazionale che riservava ai residenti, in particolare, la presa in conto della loro situazione familiare nonché la possibilità di deduzione di talune spese nel settore sociale.

61 La Corte ha dovuto analizzare la situazione di un contribuente lavoratore dipendente non residente che, non percependo alcun reddito rilevante nello Stato di residenza e derivando l'essenziale delle sue risorse imponibili da un'attività svolta nello Stato di occupazione, non può beneficiare nello Stato di residenza della presa in conto della sua situazione personale e familiare.

62 La Corte ha dichiarato che «(...) fra tale non residente e un residente che svolge un'attività lavorativa subordinata analoga non sussiste alcuna obiettiva diversità di situazione tale da giustificare una disparità di trattamento per quanto riguarda la presa in considerazione, ai fini dell'imposizione, della situazione personale e familiare del contribuente» (29).

63 La Corte ha precisato che, «(...) la discriminazione consiste nel fatto che la situazione personale e familiare di questo non residente non è presa in considerazione nello Stato di residenza né in quello dell'occupazione» (30).

64 La Corte ha così ritenuto che la discriminazione derivava dall'applicazione di norme differenti a situazioni analoghe. La similitudine delle situazioni si riferiva al fatto che sia i residenti sia i non residenti erano assoggettati ad imposta nella totalità dallo stesso Stato. La sola differenza esistente tra le due categorie di contribuenti era il luogo di residenza. Tale criterio era insufficiente per giustificare una discriminazione.

65 Nella sentenza Wielockx, soprammenzionata (31), la Corte ha adottato la stessa soluzione per quanto riguarda l'art. 52 del Trattato.

66 A fortiori, questa soluzione deve valere anche, relativamente agli artt. 48 e 52, quando la disparità di trattamento consiste non, negativamente, nella mancata presa in conto della situazione personale e familiare al fine di alleggerire l'onere fiscale, ma, positivamente, in un appesantimento dell'aliquota d'imposta. Evidentemente, nessun elemento obiettivo è tale da giustificare che un residente e un non residente che derivano il loro reddito totalmente o quasi esclusivamente da un'attività svolta nello Stato membro siano assoggettati ad imposta ad aliquote differenti sul solo fondamento del luogo di residenza.

67 Occorre quindi risolvere la prima questione pregiudiziale nel senso che gli artt. 48 e 52 del Trattato devono essere interpretati nel senso che essi non consentono ad uno Stato membro di assoggettare il cittadino di un altro Stato membro, che esercita un'attività dipendente o autonoma nel primo Stato e che deriva il suo reddito totalmente o quasi esclusivamente da questa attività, ma che risiede nel suo Stato di origine o in un altro Stato membro, ad imposte più gravose di quelli cui sarebbe assoggettato se, esercitando la stessa attività, fosse residente nello Stato di imposizione. Una tale discriminazione indiretta legata alla cittadinanza esiste, indipendentemente dal fatto che la disparità di trattamento consista in una mancata presa in conto della situazione personale o familiare del contribuente non residente o nell'applicazione di un'aliquota d'imposta superiore.

Sulla seconda questione

68 Con tale questione, il giudice nazionale chiede in sostanza se l'art. 48 o 52 del Trattato consenta ad uno Stato membro di assoggettare ad imposte più gravose il cittadino di un altro Stato membro rispetto ad uno dei propri cittadini residenti, qualora il non residente, che esercita un'attività dipendente o autonoma sul suo territorio pur risiedendo nel suo Stato di origine o in un altro Stato membro, non derivi totalmente o quasi esclusivamente il suo reddito da tale attività.

69 La legge dei Paesi Bassi fissa un limite preciso del 90% del reddito globale, al di sotto del quale ai non residenti è riservato un trattamento diverso, e al di sopra del quale il trattamento fiscale è identico per i residenti e i non residenti. Nella raccomandazione 21 dicembre 1993, 94/79/CE, relativa alla posizione di taluni redditi ottenuti da non residenti in uno Stato membro diverso da quello di residenza (32), la Commissione prende in considerazione un'aliquota del 75% del reddito totale imponibile. Nella sentenza Schumacker, soprammenzionata, la Corte ha evitato di ammettere un'aliquota specifica. Una tale aliquota sarebbe stata poco appropriata in sede giurisprudenziale. Soprattutto, il limite corrispondente all'analisi della Corte in tale causa era piuttosto quello, variabile a seconda degli Stati, al di sopra o al di sotto del quale il reddito è o non è imponibile nello Stato di residenza di un contribuente che è per il resto contribuente non residente di un altro Stato membro. Per gli stessi motivi, mi sembra che la Corte non dovrebbe prendere in considerazione un'aliquota determinata nella presente causa.

70 Nella sentenza Schumacker, prima di isolare il caso specifico del non residente che percepisce la totalità o la quasi totalità del suo reddito nello Stato di occupazione, la Corte ha ammesso (33) che «(...) in materia di imposte dirette la situazione dei residenti e quella dei non residenti sono di regola analoghe».

71 L'analisi della Corte è stata la seguente (34):

«Il reddito percepito nel territorio di uno Stato membro da un non residente costituisce il più delle volte solo una parte del suo reddito complessivo, concentrato nel suo luogo di residenza. Peraltro, la capacità contributiva personale del non residente, derivante dalla presa in considerazione di tutti i suoi redditi e della sua situazione personale e familiare, può essere valutata più agevolmente nel luogo in cui egli ha il centro dei suoi interessi personali ed economici. Questo luogo corrisponde in genere alla residenza abituale della persona interessata. Anche il diritto tributario internazionale, in specie il modello di convenzione dell'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) in materia di doppia imposizione, ammette che in via di principio spetta allo Stato di residenza tassare il contribuente in modo globale, prendendo in considerazione gli elementi inerenti alla sua situazione personale e familiare.

La situazione del residente è diversa, in quanto nello Stato di residenza è di regola concentrata la parte essenziale dei suoi redditi. Peraltro, questo Stato dispone in genere di tutte le informazioni necessarie per valutare la capacità contributiva globale del contribuente, tenendo conto della sua situazione personale e familiare».

72 La Corte ne ha dedotto (35):

«Di conseguenza, il fatto per uno Stato membro di non far fruire un non residente di talune agevolazioni fiscali che concede al residente non è di regola discriminatorio, poiché queste due categorie di contribuenti non si trovano in una situazione analoga».

73 E' importante rilevare che, nella sua decisione, la Corte non ha sancito la possibilità di una disparità di trattamento legata a qualsiasi differenza tra le situazioni dei residenti e dei non residenti. La Corte ha preso in considerazione (36) una «obiettiva diversità di situazione tale da giustificare una disparità di trattamento»

74 Ritengo che occorrerebbe aggiungere che la disparità di situazione deve essere pertinente dal punto di vista fiscale, cioè essa deve presentare un nesso sufficientemente stretto con il settore del sistema di imposizione di cui trattasi.

75 Infatti, quando la Corte ha ammesso che la situazione personale e familiare di un contribuente non residente può non essere presa in conto nello Stato di occupazione, era perché questa presa in conto avviene già in via di principio nello Stato di residenza, in virtù del diritto tributario internazionale, a titolo del reddito globale del contribuente. Questa presa in conto costituisce una disparità di situazione obiettiva e pertinente dal punto di vista fiscale. Nell'ipotesi considerata, la disparità di trattamento ha per fine, legittimo, di evitare che il non residente profitti due volte della sua situazione personale e familiare.

76 Occorre tuttavia osservare che, in un caso come quello dei rapporti tra il Regno dei Paesi Bassi e il Regno del Belgio, una disparità di trattamento tra residenti e non residenti che non percepiscono la totalità o la quasi totalità del loro reddito nell'altro Stato non sembra possibile per quanto riguarda la presa in conto della situazione personale e familiare. Infatti, ai sensi dell'art. 25, n. 3, della convenzione bilaterale che, su tale punto, contiene una disposizione più favorevole rispetto all'art. 24 del modello di convenzione dell'OCSE, sopraindicato, «le persone fisiche residenti in uno degli Stati beneficiano nell'altro Stato delle deduzioni personali, abbattimenti e riduzioni che sono concessi da quest'altro Stato ai suoi residenti in ragione della loro situazione o dei loro carichi familiari».

77 A mio parere, si dovrebbe risolvere la seconda questione nel senso che l'art. 48 o 52 del Trattato consente in via di principio ad uno Stato membro di assoggettare ad imposta più pesantemente il cittadino di un altro Stato membro rispetto ad uno dei suoi propri cittadini residenti, quando il non residente, che esercita un'attività dipendente o autonoma sul suo territorio pur risiedendo nel suo Stato di origine o in un altro Stato membro, non derivi totalmente o quasi esclusivamente il suo reddito da tale attività. Tuttavia, la disparità di trattamento deve essere basata su una disparità di situazione obiettiva e pertinente dal punto di vista fiscale.

Sulla terza e quarta questione

78 Con tali questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice a quo chiede in sostanza se la circostanza che il reddito percepito nello Stato di imposizione da un contribuente non residente non è assoggettato, in tale Stato, al prelievo di contributi per assicurazioni sociali costituisca una differenza di situazione obiettiva e pertinente dal punto di vista fiscale, tale da giustificare un'imposizione più gravosa del non residente.

79 Dico immediatamente che una tale circostanza non mi sembra pertinente dal punto di vista fiscale, indipendentemente dal fatto che il non residente sia o meno assoggettato a contributi nel suo Stato di residenza.

80 Non ritengo che, come sostiene il governo dei Paesi Bassi (37), «un sistema fiscale adeguato consenta di compensare l'esenzione dai contributi sociali di cui beneficiano taluni contribuenti e l'incidenza che questo esonero ha sulla capacità contributiva».

81 Non ritengo che, come sostiene in termini molto simili il governo francese (38), «questo esonero è compensato nella normativa dei Paesi Bassi da un'aliquota di imposta sul reddito della prima parte della tabella più elevata per i non residenti che per i residenti» e che una tale soluzione assicura «la coerenza del sistema fiscale dei Paesi Bassi» in base alla sentenza della Corte 28 gennaio 1992, Bachmann (39).

82 Infatti, le imposte dirette e i contributi sociali rientrano in due categorie di oneri fondamentalmente distinti, che non hanno alcuna relazione diretta tra di loro. Il versamento di contributi sociali rientra in un sistema di assicurazione: esso dà diritto a prestazioni determinate. Per contro, il pagamento di imposta, estraneo ad un meccanismo di assicurazione, non dà diritto a prestazioni in quanto tali.

83 Mal si comprende a priori come si possa «compensare» oneri di natura diversi.

84 Il semplice fatto che, per ragioni tecniche, uno Stato ritiene preferibile procedere ad una riscossione combinata dell'imposta diretta e dei contributi sociali, secondo una base imponibile uniforme, non modifica affatto la situazione.

85 Un dato socio-economico quale l'aliquota degli oneri sociali viene preso in conto allo stesso titolo di ogni altro dato, ad esempio l'importanza del sistema di imposizione indiretta, nell'ambito della politica economica e fiscale che lo Stato intende condurre sul suo territorio.

86 L'aliquota dei contributi effettivamente prelevati può così essere un elemento di valutazione, basato su un altro settore, che può condurre lo Stato a limitare la pressione esercitata in materia fiscale, al fine di evitare del resto un aumento dell'aliquota globale dei prelievi obbligatori.

87 Quando l'aliquota di contribuzione è nulla in quanto il contribuente paga contributi in un altro Stato o non è assicurato in nessuno di questi due Stati, ciò non può servire ad isolare una categoria di contribuenti ed assoggettarla ad una maggiore pressione fiscale.

88 Quando lo Stato decide di assoggettare ad imposta in maniera più gravosa una tale categoria, delle due cose l'una:

- o esso arreca un danno ingiustificato ai contribuenti non residenti che versano contributi sociali nel loro Stato di residenza,

- o, nei confronti dei non residenti che, non assicurati nei due Stati, non sopportano contributi, oltrepassa i limiti della sua sovranità fiscale facendosi giudice della capacità contributiva globale di questi non residenti e quindi della progressività voluta dell'imposta sostenuta da questi ultimi, mentre per tali punti, in forza del diritto tributario internazionale, essi rientrano in via di principio nel loro Stato di residenza per i loro redditi globali.

89 Rilevo che, nella fattispecie di cui alla causa principale, l'art. 24, n. 2, punto 1 della convenzione bilaterale affida precisamente al Regno del Belgio la valutazione della progressività globale dell'imposta riservando ad esso il diritto di tener conto, per fissare l'aliquota delle sue imposte, dei redditi che, percepiti ed imponibili nei Paesi Bassi, sono esentati da imposta in Belgio in virtù di tale convenzione.

90 In ogni caso, una situazione come quella sottoposta al giudice a quo non rientra affatto nella giustificazione ammessa nella sentenza Bachmann, soprammenzionata.

91 Nella causa Bachmann, la riduzione dei contributi versati a società stabilite in Belgio comportava positivamente una perdita di entrate fiscali, la quale era compensata successivamente dall'assoggettamento ad imposta, in Belgio, delle somme versate da queste società. Per il resto, le somme dedotte a monte e quelle imposte a valle si riferivano ad uno stesso contratto.

92 Nella presente causa nessuna deduzione di contributi è stata operata nei Paesi Bassi dai non residenti interessati, né prima né dopo il 1_ gennaio 1990. Non vi è quindi alcuna perdita di entrate fiscali in relazione diretta con contributi. Per quanto riguarda l'aliquota di imposta più elevata, essa non è applicata a somme versate in contropartita dei contributi, ma sul reddito professionale del contribuente.

93 Il governo dei Paesi Bassi sostiene (40) che, a decorrere dal 1_ gennaio 1990, i residenti non possono più dedurre dal loro reddito imponibile l'importo dei contributi sociali versati. Poiché i non residenti che non sono assicurati nei Paesi Bassi non potevano, già prima di tale data, dedurre contributi, essi si sono trovati senza motivo in una posizione relativamente più favorevole, conseguente ad un abbassamento dell'aliquota d'imposta.

94 Questa affermazione mi sembra inesatta.

95 Sul piano fiscale, l'applicazione di aliquote di imposta identiche ai residenti e ai non residenti non contribuisce a favorire i non residenti, ma più semplicemente ad assicurare la parità fiscale di queste categorie e di quella dei residenti.

96 La parità di trattamento da preservare non è quella delle situazioni, favorevoli o sfavorevoli, in momenti diversi nel tempo, di una stessa categoria di soggetti di diritto, ma l'uguaglianza, in un dato momento, di diverse categorie di soggetti di diritto che si trovano in situazioni analoghe.

97 Ora, prima del 1990, la prima parte di reddito è assoggettata alla stessa aliquota del 14% per i non residenti così come per i residenti, nel rispetto della parità di trattamento. La disparità di situazione esistente allora a monte dell'applicazione dell'aliquota d'imposta, e relativa alla deducibilità dei contributi versati dai residenti e dall'impossibilità di dedurre contributi per ipotesi non versati dai non residenti, non aveva alcun rapporto con l'aliquota applicata successivamente, identica per le due categorie. Essa era collegata, logicamente, solo all'effettivo pagamento o all'esenzione di contributi sociali.

98 Successivamente al 1990, nessun nuovo elemento è tale da giustificare che i non residenti siano improvvisamente assoggettati ad un'aliquota del 25% e i residenti ad un'aliquota di solo il 13%.

99 Occorre per contro sottolineare che, secondo il Regno dei Paesi Bassi stesso (41), se i residenti non possono più dedurre i loro contributi sociali e vedono quindi aumentare il loro reddito imponibile, e quindi l'imposta che grava su di esso, «non vi è stato tuttavia in effetti alcun aumento della fiscalità» «grazie ad una diminuzione integrale degli oneri fiscali e sociali».

100 Sembra così che una riforma neutra dal punto di vista fiscale per i residenti sia stata l'occasione dell'introduzione di una differenza di aliquota d'imposta del 12% tra residenti e non residenti, a danno di questi ultimi.

101 Sembra anche che taluni non residenti, per evitare che beneficino di una riduzione dell'1% dell'aliquota vigente prima del 1990, sono stati assoggettati ad un'aliquota superiore del 12% rispetto a quella applicata ai residenti.

102 Quando il governo dei Paesi Bassi fa presente (42) «(...) che è necessario evitare (...) che la pressione fiscale subita dai non residenti, i quali (...) non devono (...) versare contributi sociali, sia di gran lunga più leggera della pressione fiscale subita dai residenti», esso opera senza dubbio una confusione tra la pressione fiscale in senso stretto e la pressione derivante, in senso più ampio sul piano economico, dall'insieme dei prelievi obbligatori, in particolare sociali e fiscali, esistenti in uno Stato.

103 Ora, ad aliquota d'imposta uguale, la pressione fiscale rimane uguale, indipendentemente dal fatto che un dato contribuente sia o meno assoggettato per il resto a contributi sociali.

104 Il Regno dei Paesi Bassi afferma (43) che, a decorrere dal 1_ gennaio 1990, i residenti così come i non residenti hanno diritto alla deduzione di base, corrispondente alla parte del reddito esonerato dall'imposta e dai contributi sociali. A suo parere, ciò può avere come conseguenza che i non residenti profittino due volte di una parte di reddito esente da imposte, nello Stato di residenza e nello Stato di occupazione, mentre, ai sensi dell'art. 24, n. 3, del modello di convenzione dell'OCSE (così come aggiornato al 1_ settembre 1992), lo Stato di occupazione non è obbligato a concedere ai non residenti le deduzioni personali, abbattimenti e riduzioni d'imposta in funzione della situazione o dei carichi di famiglie che esso concede ai propri residenti. La fissazione dell'aliquota del 25% che si applica ai non residenti non potrebbe essere considerata in maniera isolata e prescindendo da tale circostanza.

105 Questo argomento non dovrebbe essere accolto.

106 Infatti, anche supponendo che i non residenti beneficino effettivamente di una deduzione di base in ciascuno dei due Stati, ciò avverrà in virtù di una scelta convenzionale di questi ultimi. Nei rapporti tra il Regno del Belgio e il Regno dei Paesi Bassi, il modello di convenzione dell'OCSE si applica solo in quanto le sue disposizioni siano state riportate dalla convenzione effettivamente concluse. Ora, la convenzione bilaterale non contiene disposizioni che dispensano ciascuna delle parti contraenti dal concedere ai non residenti le deduzioni personali, abbattimenti e riduzione d'imposta concessi ai residenti. Per contro, l'art. 25, n. 3, soprammenzionato, stabilisce esplicitamente che i residenti di uno Stato beneficiano nell'altro Stato di tali deduzioni, abbattimenti e riduzioni.

107 Il governo dei Paesi Bassi precisa (44) che, fissando al 25% l'aliquota che si applica ai non residenti, esso ha tenuto conto dell'aliquota d'imposta vigente nei paesi limitrofi, che sarebbe in generale più elevata dell'aliquota d'imposta applicata ai residenti dei Paesi Bassi, di modo che la capacità contributiva dei non residenti sarebbe relativamente più elevata di quella dei residenti.

108 Una tale analisi non è fondata.

109 Come abbiamo già sottolineato (45) non spetta ad uno Stato membro valutare, al posto di un altro Stato membro, la capacità contributiva globale dei residenti di quest'ultimo, in occasione dell'assoggettamento ad imposta di una parte del loro reddito percepito sul territorio del primo Stato.

110 Se uno Stato ritiene che l'aliquota applicata da uno Stato limitrofo sia appropriata, ed intende ispirarsi ad essa, può farlo solo nei confronti di tutti i suoi contribuenti e non in maniera selettiva.

111 Il Regno dei Paesi Bassi sostiene infine (46) che, se l'aliquota che si applica ai non residenti non assicurati fosse stata la stessa di quella che si applica ai residenti, questa aliquota bassa avrebbe potuto avere un «effetto di aspirazione». I non residenti avrebbero potuto essere tentati di acquisire una parte del loro reddito nei Paesi Bassi unicamente in ragione del regime fiscale più favorevole.

112 Questo argomento sembra illustrare il timore di quello che si potrebbe chiamare curiosamente una invasione fiscale.

113 Non ne sono convinto.

114 Innanzi tutto è difficile immaginare un effetto di aspirazione derivante dall'abbassamento dell'1% dell'aliquota del 14% che si applica alla prima parte fino al 1989.

115 In secondo luogo e soprattutto non capisco il danno fiscale che subirebbe uno Stato confrontato a un tale fenomeno.

116 Di solito uno Stato intende premunirsi contro un'evasione fiscale. Un contribuente organizza la sua situazione per sottoporla al sistema d'imposizione, eventualmente più clemente, di uno Stato diverso da quello che dovrebbe assoggettarlo ad imposta. Il danno dello Stato «vittima dell'evasione» è evidente: corrisponde ad una perdita di entrate tributarie.

117 Per contro, lo Stato al quale il contribuente ha sottoposto deliberatamente la sua situazione, lungi dal subire un danno, beneficia di un'entrata fiscale che non avrebbe potuto normalmente contabilizzare.

118 Noto che nella sentenza Commissione/Francia, soprammenzionata (47), avete ritenuto che l'art. 52 del Trattato non consenta di derogare al principio fondamentale della libertà di stabilimento anche per ragioni relative ad un rischio di evasione fiscale (48).

119 In definitiva, nessuno degli argomenti analizzati consente di giustificare una disparità di trattamento a titolo della coerenza del sistema fiscale, criterio accolto dalla sentenza Bachmann soprammenzionata. Nessuno rileva «motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica» di cui agli artt. 48, n. 2 e 56, n. 1 del Trattato.

120 Se sussistesse il minimo dubbio, esso dovrebbe dissolversi alla luce di talune osservazioni della ricorrente nella causa principale e della Commissione. Giustamente queste ultime rilevano (49) infatti che la discriminazione appare nettamente se si confronta la situazione di un residente assoggettato ad imposta all'aliquota del 25% con quella di un contribuente residente nei Paesi Bassi che beneficia dell'aliquota inferiore del 13% anche se non percepisce totalmente o quasi esclusivamente il suo reddito imponibile in questo Stato e non versi in esso contributi sociali.

121 In conclusione occorre ritenere che una disparità di trattamento come quella di cui trattasi nella causa principale costituisca una discriminazione indiretta legata alla cittadinanza.

122 A mio parere occorre quindi risolvere la terza e quarta questione nel senso che la circostanza che il reddito percepito nello Stato d'imposizione da un contribuente non residente non è assoggettato, in tale Stato, al prelievo di contributi di assicurazioni sociali non costituisce una disparità di situazione obiettiva e pertinente dal punto di vista fiscale, tale da giustificare un'assoggettamento ad imposta più gravoso del non residente.

Conclusione

123 Propongo quindi alla Corte di risolvere nel modo seguente le questioni pregiudiziali proposte dall'Hoge Raad dei Paesi Bassi:

«1) Il dirigente di una persona giuridica avente scopo di lucro, indipendentemente dalla qualificazione, in diritto nazionale, del rapporto giuridico esistente tra questi due soggetti di diritto, deve essere considerato nel senso che esercita un'attività autonoma ai sensi dell'art. 52 del Trattato CE, anche se effettua durante un certo tempo, a favore della persona giuridica, prestazioni in contropartita delle quali percepisce una retribuzione, quando, in considerazione della ripartizione legale o statutaria dei poteri nell'ambito della persona giuridica, egli non è sotto la direzione di nessun'altra persona né di nessun organo che non controlli egli stesso. Spetta al giudice nazionale valutare se un rapporto di subordinazione esista o meno, in considerazione dei dati di fatto e dei diritti in causa.

2) Il cittadino di uno Stato membro che esercita un'attività economica in un altro Stato membro, dove risiede, può far valere a seconda dei casi l'art. 48 o l'art. 52 del Trattato nei confronti del suo Stato di origine per l'attività dipendente o autonoma che egli esercita in quest'ultimo.

3) Gli artt. 48 e 52 del Trattato devono essere interpretati nel senso che essi non consentono ad uno Stato membro di assoggettare il cittadino di un altro Stato membro, che esercita un'attività dipendente o autonoma nel primo Stato e che deriva il suo reddito totalmente o quasi esclusivamente da questa attività, ma risiede nel suo Stato di origine o in un altro Stato membro, ad imposte più gravose di quelle cui sarebbe assoggettato se, esercitando la stessa attività, fosse residente dello Stato di imposizione. Una tale discriminazione indiretta legata alla cittadinanza esiste, indipendentemente dal fatto che la disparità di trattamento consista in una mancata presa in conto della situazione personale o familiare del contribuente non residente o nell'applicazione di un'aliquota d'imposta superiore.

4) L'art. 48 o 52 del Trattato consentono in via di principio ad uno Stato membro di assoggettare ad imposte più gravose il cittadino di un altro Stato membro rispetto ad uno dei propri cittadini residenti, quando il non residente, che esercita un'attività dipendente o autonoma sul suo territorio pur risiedendo nel suo Stato di origine o in un altro Stato membro, non deriva totalmente o quasi esclusivamente il suo reddito da tale attività. Tuttavia, la disparità di trattamento dev'essere basata su una disparità di situazione obiettiva e pertinente dal punto di vista fiscale.

5) La circostanza che il reddito percepito nello Stato di imposizione da un contribuente non residente non sia assoggettato, in tale Stato, al prelievo di contributi per assicurazioni sociali non costituisce una disparità di situazione obiettiva e pertinente dal punto di vista fiscale, tale da giustificare un assoggettamento ad imposta più gravoso del non residente».

(1) - C-279/93 (Racc. pag. I-225).

(2) - C-80/94 (Racc. pag. I-2493).

(3) - Legge 16 dicembre 1964, Staatsblad 519 e - come modificata successivamente - Staatsblad 1990, 103.

(4) - Legge 18 dicembre 1964, Staatsblad 521 e - come modificata successivamente - Staatsblad 1990, 104.

(5) - Staatsblad 122, 123 e 129.

(6) - Staatsblad 611.

(7) - V. lo stato della giurisprudenza nazionale descritto nelle osservazioni della Commissione (punto 5).

(8) - Moniteur belge 25 settembre 1971.

(9) - Sentenza 23 marzo 1982, causa 53/81, Levin (Racc. pag. 1035) e 3 luglio 1986, causa 66/85, Lawrie-Blum (Racc. pag. 2121, punto 16).

(10) - Sentenza Lawrie-Blum, soprammenzionata (punto 17, il corsivo è mio).

(11) - Punto 20 delle sue osservazioni scritte.

(12) - Punto 28 delle sue osservazioni scritte.

(13) - C-112/91 (Racc. pag. I-429).

(14) - V., in particolare, sentenza 7 febbraio 1979, causa 115/78, Knoors (Racc. pag. 399, punto 24) e 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus (Racc. pag. I-1663, punto 15).

(15) - Causa C-419/92 (Racc. pag. I-505, punto 9).

(16) - Paragrafo 30.

(17) - Direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/364/CEE, relativa al diritto di soggiorno (GU L 180, pag. 26); direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/365/CEE, relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale (GU L 180, pag. 28); direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/366/CEE, relativa al diritto di soggiorno degli studenti (GU L 180, pag. 30), annullata, per scelta erronea del fondamento giuridico, con sentenza della Corte 7 luglio 1992, causa C-295/90, Parlamento/Consiglio (Racc. pag.I-4193), mantenuta in vigore relativamente ai suoi effetti fino all'entrata in vigore di una direttiva adottata sul fondamento giuridico appropriato, successivamente sostituita dalla direttiva del Consiglio 29 ottobre 1993, 93/96/CEE, relativa al diritto di soggiorno degli studenti (GU L 317, pag. 59).

(18) - Paragrafo 30.

(19) - Soprammenzionata alla nota 17.

(20) - V. il quinto `considerando' e il titolo II del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2), nonché l'art. 52, secondo comma, del Trattato.

(21) - Sentenza Knoors, soprammenzionata (punto 25).

(22) - V. in particolare, sentenza 4 ottobre 1991, causa C-246/89, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-4585, punto 12), e sentenza Schumacker, soprammenzionata (punto 21).

(23) - Sentenza 8 maggio 1990, causa C-175/88, Biehl (Racc. pag. I-1779, punto 12).

(24) - Sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 273) e 13 luglio 1993, causa C-330/91, Commerzbank (Racc. pag. I-4017).

(25) - V. in particolare, sentenza 12 febbraio 1974, causa 152/73, Sotgiu (Racc. pag. 153, punto 11) e sentenza Commerzbank, soprammenzionata (punto 14).

(26) - Sentenza Biehl, soprammenzionata (punto 14) e Schumacker, anch'essa soprammenzionata (punto 28).

(27) - Sentenza Schumacker, soprammenzionata (punto 28).

(28) - Ibidem, punto 30.

(29) - Ibidem, punto 37.

(30) - Ibidem, punto 38.

(31) - Punti 20 e 21.

(32) - GU 1994, L 39, pag. 22.

(33) - Punto 31. Affermazione riportata, nell'ambito dell'art. 52 del Trattato, dalla sentenza Wielockx, soprammenzionata (punto 18).

(34) - Punti 32 e 33.

(35) - Punto 34. Affermazione riportata in sostanza, nell'ambito dell'art. 52 del Trattato, dalla sentenza Wielockx (punto 19).

(36) - Punto 37, il corsivo è mio.

(37) - Punto 13 delle sue osservazioni scritte.

(38) - Punto 4, quinto comma, delle sue osservazioni scritte.

(39) - C-204/90 (Racc. pag. I-249). Nel dispositivo di questa sentenza la Corte ha ammesso, a titolo di giustificazione di una disparità di trattamento tra i residenti e i non residenti, che uno Stato membro, per «garantire la coerenza del regime fiscale vigente», può subordinare la deducibilità di contributi di assicurazione contro la malattia e l'invalidità o contro la vecchiaia e la morte alla condizione che essi siano stati versati in questo stesso Stato. La Corte ha in via preliminare sottolineato (punto 21) che esisteva «(...) un legame fra la deducibilità dei contributi e l'imponibilità delle somme dovute dagli assicuratori in esecuzione dei contratti di assicurazione», e ne ha dedotto (punto 22): «ne consegue che, nel regime fiscale, in questione, la perdita di gettito fiscale, dovuta alla deduzione dei contributi di assicurazione sulla vita (...) dal reddito totale imponibile è compensata dall'imposta applicata sulle pensioni, rendite e capitali dovuti dagli assicuratori. Nel caso in cui la deducibilità dei contributi non sia stata ottenuta, le somme soprammenzionate sono esenti da imposte».

(40) - Punto 11 delle sue osservazioni scritte.

(41) - Ibidem.

(42) - Ibidem, punto 12.

(43) - Punto 14 delle sue osservazioni scritte.

(44) - Ibidem, punto 15.

(45) - Paragrafo 88 sopra.

(46) - Punto 16 delle sue osservazioni scritte.

(47) - Punto 25.

(48) - Affermazione che mi sembra porre, in questo settore particolare della fiscalità, un problema di delimitazione rispetto alla riserva della frode alla legge di cui nella sentenza Knoors, soprammenzionata, per quanto riguarda la questione della discriminazione alla rovescia (v. punto 46 sopra, ultima frase).

(49) - Rispettivamente punti 4.3.2, su g), terzo comma in fine e punto 27 delle loro osservazioni scritte.