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61994C0286

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 20 marzo 1997. - Garage Molenheide BVBA (C-286/94), Peter Schepens (C-340/95), Bureau Rik Decan-Business Research & Development NV (BRD) (C-401/95) e Sanders BVBA (C-47/96) contro Belgische Staat. - Domande di pronuncia pregiudiziale: Hof van beroep Antwerpen, Rechtbank van eerste aanleg Brussel, Rechtbank van eerste aanleg Brugge - Belgio. - Sesta direttiva 77/388/CEE - Ambito di applicazione - Diritto alla deduzione dell'IVA - Trattamento del saldo di IVA dovuto - Principio di proporzionalità. - Cause riunite C-286/94, C-340/95, C-401/95 e C-47/96.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-07281


Conclusioni dell avvocato generale


1 Le questioni pregiudiziali oggetto dei presenti procedimenti riuniti vengono sottoposte alla Corte per accertare la compatibilità con il diritto comunitario, ed in particolare con la sesta direttiva IVA del Consiglio, di una forma di sequestro conservativo effettuato dall'autorità tributaria nazionale sul rimborso di importi relativi all'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA») pagati in notevole eccedenza da un soggetto passivo nell'ambito di dichiarazioni IVA effettuate per determinati periodi (1). Si pone la questione se tale forma di sequestro rientri nell'ambito di applicazione della sesta direttiva, o, al contrario, debba essere classificata come provvedimento di riscossione d'imposta rientrante nell'esclusiva competenza degli Stati membri. La questione centrale è quella dell'eventuale applicazione del principio di proporzionalità del diritto comunitario.

I - Ambito normativo

A - Normativa comunitaria

2 Le disposizioni pertinenti della sesta direttiva sono contenute fondamentalmente nel Titolo XI, «Deduzioni», che comprende gli artt. dal 17 al 20. Ai sensi dell'art. 17, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'IVA di cui è debitore l'IVA dovuta o assolta per le merci fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo. Le norme che disciplinano l'«esercizio del diritto a deduzione», che citerò in quanto rilevanti, sono stabilite dall'art. 18. L'art. 18, n. 1, riguarda i requisiti formali a carattere probatorio, come l'obbligo di essere in possesso delle relative fatture. L'art. 18, n. 2, stabilisce che:

«Il soggetto passivo opera la deduzione sottraendo dall'importo totale dell'imposta sul valore aggiunto dovuta per un dato periodo fiscale l'ammontare dell'imposta per la quale, nello stesso periodo, è sorto e può essere esercitato in virtù delle disposizioni del paragrafo 1 il diritto a deduzione».

Nel caso in cui i requisiti di cui all'art. 18, nn. 1 e 2, non vengano rispettati, l'art. 18, n. 3, consente agli Stati membri di «fissare le condizioni e le modalità secondo le quali un soggetto passivo può essere autorizzato ad operare una deduzione». Il n. 4, che è di fondamentale importanza per i presenti procedimenti, stabilisce:

«Qualora, per un dato periodo fiscale, l'importo delle deduzioni autorizzate superi quello dell'imposta dovuta, gli Stati membri possono procedere a rimborso o riportare l'eccedenza al periodo successivo, secondo modalità da essi stabilite.

Tuttavia, gli Stati membri hanno la facoltà di rifiutare il rimborso o il riporto se l'eccedenza è insignificante».

3 Il titolo XIII della sesta direttiva riguarda gli «obblighi dei debitori d'imposta». L'art. 22 riguarda gli «obblighi nel regime interno» dei soggetti passivi, ed include obblighi attinenti alla tenuta dei registri, alle dichiarazioni e alla contabilità. L'art. 22, n. 4, primo comma, impone ai soggetti passivi di «presentare una dichiarazione entro un termine che dovrà essere stabilito dagli Stati membri» e che «non dovrà superare di due mesi la scadenza di ogni periodo fiscale». Il secondo comma dell'art. 22, n. 4, stabilisce che:

«Nella dichiarazione devono figurare tutti i dati necessari ad accertare l'importo dell'imposta esigibile e quello delle deduzioni da operarsi, compreso - eventualmente e qualora risulti necessario per fissare la base imponibile - l'importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali deduzioni, nonchè l'importo globale delle operazioni esenti».

Ai sensi dell'art. 22, n. 5, il soggetto passivo è obbligato in via di principio a «pagare l'importo netto dell'imposta sul valore aggiunto al momento della presentazione della dichiarazione periodica», a meno che lo Stato membro non abbia stabilito un'altra scadenza per il pagamento. L'art. 22, n. 6, dà facoltà agli Stati membri di richiedere al soggetto passivo «una dichiarazione relativa a tutte le operazioni effettuate nell'anno precedente, che contenga tutti i dati di cui al paragrafo 4, (...) [e che] deve contenere altresì tutti gli elementi necessari per eventuali rettifiche». L'art. 22, n. 8, che ha particolare rilevanza per quanto riguarda i provvedimenti nazionali di riscossione delle imposte, così dispone:

«Fatte salve le disposizioni da adottare ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 4, gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l'esatta riscossione dell'imposta e ad evitare le frodi» (il corsivo è mio).

4 L'art. 27, unico articolo del titolo XV, «Misure di semplificazione» della sesta direttiva, prevede una procedura in forza della quale gli Stati membri possono essere autorizzati a prevedere deroghe alla direttiva. L'art. 27, n. 1, recita:

«Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o a introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo dell'imposta da versare allo stadio del consumo finale».

B - Normativa belga

5 L'art. 18, n. 4, della sesta direttiva è stato recepito nell'ordinamento belga, in primo luogo, con l'art. 47 del BTW-Wetboek (Codice dell'IVA, in prosieguo: «il Codice»), il quale prevede che l'eccedenza di deduzioni autorizzate sull'IVA dovuta per un determinato periodo d'imposta venga riportata al periodo d'imposta successivo. L'art. 76, n. 1, primo comma, del Codice, come modificato dalla legge 28 dicembre 1992 (2), prevede il rimborso di qualsiasi eccedenza che risulti alla fine dell'anno secondo le condizioni stabilite con regio decreto nel caso venga richiesto da un soggetto passivo. Ai sensi del secondo comma, lo Stato può autorizzare, alle condizioni che ritiene necessarie, la concessione di rimborsi anche prima della fine dell'anno. Il terzo comma è di fondamentale importanza per la controversia oggetto dei presenti procedimenti e recita:

«Per quanto riguarda le condizioni di cui ai commi primo e secondo, con regio decreto si può stabilire a favore dell'amministrazione dell'IVA, del registro e del demanio (3) una trattenuta equivalente a un sequestro conservativo ai sensi dell'art. 1445 del Codice di procedura civile».

6 La nuova forma di sequestro conservativo è stata introdotta dall'art. 7 del Koninklijk Besluit (regio decreto) 29 dicembre 1992 (4), che ha inserito, tra l'altro, un nuovo articolo 81, n. 3, in ciò che è noto in Belgio come Koninklijk Besluit 20 dicembre 1969, n. 4, sui rimborsi IVA (in prosieguo: «regio decreto n. 4») (5). Ai fini delle presenti questioni, le due modifiche più importanti riguardavano i commi quarto e quinto dell'art. 81, n. 3.

7 E' tuttavia rilevante sottolineare che, ai sensi del primo comma dell'art. 81, n. 3, del regio decreto n. 4, qualsiasi eccedenza rivendicata da un soggetto passivo è esigibile solo a condizione che siano stati assolti i debiti d'imposta non pagati. L'art. 81, n. 3, quarto comma, recita:

«Se il debito d'imposta di cui al primo comma non costituisce un credito certo, liquido ed esigibile in tutto o in parte nei confronti dell'amministrazione, il che in particolare si verifica quando esso è contestato o quando ha dato luogo ad una ingiunzione ex art. 85 del Codice, la cui esecuzione è interrotta dall'opposizione prevista all'art. 89 del Codice, il credito d'imposta viene trattenuto dall'amministrazione a concorrenza del credito di quest'ultima. Tale trattenuta avrà l'effetto di un sequestro conservativo fintantoché la controversia non sia definitivamente risolta in via amministrativa o con sentenza definitiva. Per l'attuazione di questa trattenuta si presume soddisfatta la condizione richiesta dall'art. 1413 del Codice di procedura civile» (6).

L'art. 81, n. 3, quinto comma, stabilisce:

«Se, riguardo al saldo rimborsabile che risulta dalla dichiarazione di cui all'art. 55, nn. 1 e 3, del Codice, e per il quale il soggetto passivo abbia o meno scelto il rimborso, sussistono gravi sospetti o prove che la dichiarazione o le dichiarazioni suddette riguardanti precedenti periodi contengono dati inesatti, e qualora tali sospetti o prove segnalino un debito d'imposta la cui esistenza non possa tuttavia essere dimostrata prima della data dell'ordine di pagamento o per l'operazione equivalente ad un pagamento, nessun ordine di pagamento o riporto sarà effettuato e il credito d'imposta sarà trattenuto per consentire all'amministrazione di verificare l'esattezza dei dati».

L'effetto dell'applicazione di un sequestro conservativo o trattenuta («inhouding») ai sensi del quarto e del quinto comma è di trattenere provvisoriamente l'imposta IVA che sarebbe altrimenti riportata al successivo periodo IVA oppure rimborsata al soggetto passivo ai sensi dell'art. 81, n. 2.

8 Ai sensi del sesto comma, il sospetto grave o la prova ai sensi del quinto comma devono essere asseverati con «processen-verbaal» («verbali») (7) redatti ai sensi dell'art. 59, n. 1, del Codice (8). Il punto 7 stabilisce che la trattenuta ai sensi dei commi quarto e quinto avrà l'effetto di un sequestro conservativo e si manterrà fintantoché la prova contenuta nei verbali di cui al sesto comma non venga contestata o la veridicità delle operazioni in questione non risulti da informazioni ottenute da altri Stati membri in base ai meccanismi di cooperazione stabiliti dal diritto comunitario. I commi ottavo e nono riguardano la notifica e la decorrenza degli effetti di un sequestro conservativo. Il soggetto passivo interessato può contestare il sequestro ai sensi dell'art. 1420 del Codice di procedura civile dinanzi ad un beslagrechter (giudice dei provvedimenti provvisori e conservativi) (9). Cionondimeno, il beslagrechter non può, ai sensi del decimo comma, revocare tale sequestro nel caso in cui la prova contenuta nei verbali di cui trattasi non sia stata confutata, laddove le informazioni richieste da altri Stati membri non siano state ottenute, o durante un indagine svolta dal Parket (ufficio del Pubblico Ministero) o dall'onderzoeksrechter (giudice istruttore). Ai sensi dell'undicesimo comma, nel caso in cui il sequestro conservativo del credito d'imposta sia stato revocato, il credito può essere compensato ai sensi del secondo comma, senza che siano necessarie formalità, con un'imposta certa, esigibile e liquida dovuta all'amministrazione.

II - Fatti e procedimento

A - I fatti

9 Le circostanze di fatto menzionate in ciascuna delle ordinanze differiscono tra loro. Perciò, per chiarezza, descriverò brevemente i fatti di ogni singolo procedimento.

i) Procedimento C-286/94, Garage Molenheide

10 La società ricorrente gestisce un'autoconcessionaria in Anversa. Essa presentava la dichiarazione IVA per il periodo che va dal 1_ gennaio 1993 al 31 marzo 1993 reclamando un diritto a deduzione per un importo di BFR 2 598 398. Tuttavia, un controllo effettuato in loco presso la ricorrente induceva il locale ufficio IVA a dubitare della veridicità della dichiarazione IVA. La ricorrente veniva informata, con verbale inviatole con lettera registrata il 15 giugno 1993, che, alla luce dei dubbi sorti al riguardo, l'ufficio delle imposte avrebbe trattenuto qualsiasi preteso rimborso dovuto in base alla dichiarazione della ricorrente. Il 16 giugno 1993 la ricorrente riceveva un avviso di trattenuta dall'ufficio delle imposte in questione, motivato da gravi sospetti riguardo alla fedeltà di una o più dichiarazioni presentate dalla ricorrente. In sostanza, l'ufficio IVA sospettava che la ricorrente avesse effettuato vendite fittizie per creare ad arte un credito apparente per il primo trimestre del 1993. La trattenuta che riguardava l'importo reclamato a credito dalla ricorrente veniva effettuata in via cautelativa. Infatti, essa congelava l'importo in pendenza di una pronuncia definitiva amministrativa o giudiziale sul punto se il presunto credito fosse reale. La trattenuta veniva effettuata in base al testo modificato dell'art. 81, n. 3, quinto comma, del regio decreto n. 4.

11 Il 23 luglio 1993 la ricorrente proponeva dinanzi al Rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen (Tribunale di primo grado di Anversa), con esito negativo, un ricorso diretto alla revoca della trattenuta. Successivamente essa ricorreva in appello dinanzi allo Hof van Beroep di Anversa (Corte d'appello, tredicesima sezione civile, in prosieguo: il «giudice nazionale»). La ricorrente sosteneva che il sequestro conservativo previsto all'art. 76, n. 1, terzo comma, del Codice e nel regio decreto n. 4 era in contrasto con gli artt. 18, n. 4, e 27 della sesta direttiva. Sentiti gli argomenti contrari della parte resistente, rappresentata dall'avvocato dello Stato belga, il giudice nazionale decideva di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA debba interpretarsi nel senso che uno Stato membro ha facoltà di non restituire agli amministrati ingenti crediti di IVA e di non riportarli ad un successivo periodo fiscale ma di operare, in forza del diritto nazionale, un sequestro conservativo a seguito di seri indizi di frode fiscale, senza disporre al riguardo di un titolo definitivo e senza che lo Stato membro abbia ottenuto un'autorizzazione ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva IVA».

ii) Procedimento C-340/95, Schepens

12 La ricorrente gestisce un'autoconcessionaria. Essa presentava una dichiarazione IVA per il periodo dal 1_ gennaio 1993 al 31 marzo 1993 chiedendo il rimborso di un asserito credito di BFR 3 311 438. Nel maggio 1993 venivano effettuati controlli della contabilità della ricorrente da un ispettore capo e da un revisore dell'ufficio IVA, a seguito dei quali l'ufficio riscontrava l'esistenza di gravi sospetti, tali da dubitare della fedeltà della dichiarazione della ricorrente, e la prova che la dichiarazione conteneva dati falsi e/o incompleti. Di conseguenza, il 15 giugno 1993 veniva redatto il relativo verbale contenenente l'esito dei controlli. In una comunicazione inviata con lettera registrata del 16 giugno 1993, la ricorrente veniva informata delle conclusioni a cui era pervenuto l'ufficio. La ricorrente riceveva inoltre copia del verbale e veniva informata del fatto che, ai sensi dell'art. 81, n. 3, quinto comma, del regio decreto n. 4, come modificato, si intendeva trattenere qualsiasi possibile rimborso dovuto alla ricorrente. L'avviso della relativa trattenuta a titolo conservativo veniva redatto e notificato alla ricorrente il 18 giugno 1993. Un procedimento analogo veniva svolto per la dichiarazione IVA della ricorrente riguardante il secondo trimestre del 1993, dalla quale risultava un credito IVA di BFR 2 419 078. A seguito di un'ispezione effettuata il 15 settembre 1993, il 20 settembre 1993 veniva redatto un verbale nel quale si manifestavano sospetti sul fatto che la dichiarazione fosse basata su dati falsi. La ricorrente veniva informata di questo secondo verbale con lettera registrata del 22 settembre 1993 ed un avviso di trattenuta ai sensi dell'art. 81, n. 3, quinto comma, del regio decreto n. 4 le veniva notificato il giorno stesso (10).

13 L'ufficio IVA sospetta in sostanza che la ricorrente abbia partecipato a vendite fraudolente (sistema cosiddetto della «giostra»). Nel suo caso, ciò si sarebbe verificato con l'acquisto di varie (e costose) autovetture in base a fatture che riportavano ingenti importi d'IVA pagabili come parte del prezzo di acquisto corrisposto dalla ricorrente - ma per le quali non risultava all'ufficio di aver ricevuto i relativi importi IVA da alcuno dei fornitori della ricorrente - e vendendo le stesse autovetture ad acquirenti situati in altri Stati membri in base a fatture dalle quali risultava che l'IVA non era stata pagata. Come conseguenza, nelle dichiarazioni IVA della ricorrente risultavano ingenti crediti d'imposta ad essa dovuti, sebbene essa non fosse in grado, ad esempio, di provare che alcuna delle autovetture vendute ad acquirenti non belgi avesse effettivamente lasciato il Belgio.

14 La ricorrente proponeva ricorso dinanzi al Beslagrechter del Rechtbank van eerste aanleg di Anversa, il quale, con provvedimento dell'8 marzo 1994, rigettava l'istanza di revoca del sequestro. Successivamente la ricorrente proponeva appello dinanzi allo Hof van Beroep di Anversa (terza sezione civile, in prosieguo: il «giudice nazionale»), che, preso atto della divergenza di vedute tra la ricorrente e l'avvocato dello Stato belga in ordine alla compatibilità della normativa belga con gli artt. 18, n. 4, e 27 della sesta direttiva, sottoponeva alla Corte le seguenti questioni:

«1) Se gli artt. 18, n. 4, e 27 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari (direttiva IVA 77/388/CEE), abbiano effetto diretto sull'ordinamento giuridico interno degli Stati membri, nel caso di specie sull'ordinamento giuridico belga.

2) In caso affermativo, se l'art. 18, n. 4, di detta direttiva osti a che uno Stato membro non rimborsi ad un soggetto passivo IVA il credito di IVA relativo ad uno o più periodi determinati durante i quali detto credito si è formato, né lo riporti ad un seguente periodo di dichiarazione, ma lo trattenga attraverso l'istituto giuridico belga della trattenuta equivalente a sequestro conservativo ai sensi dell'art. 1445 del Codice di procedura civile belga, fintantoché non sia costituito al riguardo un titolo definitivo, e nella misura dell'importo dell'arretrato d'imposta relativo a detto periodo di dichiarazione o a periodi precedenti, qualora detto arretrato venga contestato dal soggetto passivo IVA.

3) Se si applichi l'art. 18, n. 4, della detta direttiva posto che, secondo lo Stato belga, la trattenuta costituisce una misura di riscossione.

In caso affermativo, se si applichi allora l'art. 27 della direttiva, qualora la trattenuta faccia parte dei "criteri" (modalità).

In caso negativo, se si applichi allora l'art. 27, posto che la trattenuta costituisca una misura di riscossione.

4) Qualora l'art. 18, n. 4, della direttiva si applichi alla trattenuta, se detto istituto belga costituisca una violazione del principio di proporzionalità quale definito dalla Corte di giustizia».

iii) Procedimento C-401/95 BRD, Decan

15 Diversamente dai procedimenti Garage Molenheide e Schepens, questo procedimento riguarda un sequestro effettuato ai sensi dell'art. 81, n. 3, quarto comma, del regio decreto n. 4. Dall'ordinanza di rinvio emerge che, con lettera raccomandata del 26 settembre 1995, l'ufficio IVA informava la società BRD Decan (in prosieguo: «la ricorrente») che, a norma dell'art. 81, n. 3, quarto comma, esso avrebbe trattenuto a titolo conservativo l'asserito credito IVA di BFR 705 404 dovuto alla ricorrente in base alla sua dichiarazione IVA per il periodo dal 1_ al 30 giugno 1995. La ricorrente proponeva ricorso dinanzi al Rechtbank van eerste aanleg di Bruxelles (in prosieguo: «il giudice nazionale») per la revoca del sequestro. Secondo il giudice nazionale, il sequestro si riferiva a una somma che viene contestata dalla ricorrente, indicata in un verbale del 26 maggio 1994, rispetto alla quale l'ufficio IVA emetteva il 10 ottobre 1995 un ordine di sequestro per un importo di BFR 784 305, oltre a BFR 130 500 a titolo di ammenda e BFR 232 064 a titolo di interessi calcolati al 20 ottobre 1995.

16 Si evince dalle osservazioni scritte della ricorrente e dello Stato belga che l'originario debito IVA asserito si riferiva al periodo dal 1_ settembre 1990 al 30 agosto 1992. Lo Stato belga sostiene che la ricorrente usava un metodo percentuale gonfiato per il calcolo delle deduzioni richieste. L'ufficio IVA emetteva in data 30 agosto 1993 un avviso di accertamento col quale intimava alla ricorrente il pagamento di una somma di BFR 784 306 (oltre alla relativa ammenda ed interessi). Peraltro, ciò veniva formalmente contestato dalla ricorrente il 16 settembre 1993. Di conseguenza l'amministrazione redigeva in data 26 maggio 1994 il verbale al quale il giudice nazionale ha fatto riferimento. Infine, ai sensi dell'art. 81, n. 3, quarto comma, del regio decreto n. 4, il 26 settembre 1995 veniva redatto (e da quanto risulta notificato il giorno stesso) un ordine di sequestro dell'importo di BFR 705 404 (11).

17 Il 13 ottobre 1995 la ricorrente proponeva ricorso avanti al giudice nazionale che, alla luce degli argomenti delle parti fondati sul diritto comunitario, decideva di sottoporre alla Corte le seguenti questioni:

«1) Se l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che consente ad uno Stato membro di non restituire al soggetto passivo IVA il credito di IVA relativo ad un determinato periodo di dichiarazione e di non riportarlo ad un periodo successivo, ma di trattenerlo in quanto e fintantoché esso vanti nei confronti dell'interessato una pretesa arretrata di IVA relativa ad un periodo di dichiarazione precedente, ove tale pretesa sia contestata dal soggetto passivo IVA e quindi non costituisca ancora titolo definitivo, e lo Stato membro non abbia ricevuto alcuna autorizzazione ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva IVA.

2) In caso di soluzione affermativa della prima questione: se l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA ed il principio di proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che allo Stato membro sia consentito stabilire che la necessità o l'urgenza della trattenuta non può in alcun modo essere contestata, e che la trattenuta non può in nessun modo essere sostituita dalla costituzione di una garanzia o essere annullata finché l'arretrato di IVA contestato non abbia costituito oggetto di una pronuncia giudiziaria definitiva».

iv) Procedimento C-47/96, Sanders

18 Pur essendovi stata una iniziale denuncia di frode, anche questo procedimento riguarda un sequestro conservativo effettuato ai sensi dell'art. 81, n. 3, quarto comma, del regio decreto n. 4 (12). Secondo l'ordinanza di rinvio, nel verbale redatto dal Bijzondere Belastingsinspectie (Ispettorato speciale delle imposte) in data 30 gennaio 1992 si afferma che la società ricorrente deve allo Stato belga l'importo di BFR 370 791 per l'IVA (oltre ad una multa di BFR 741 852 ed interessi dal 21 gennaio 1988). Ciò si riferisce in primo luogo all'acquisto da un'altra società, senza fatturazione, di 227 000 kg di farina e, in secondo luogo, all'intermediazione per la fornitura dall'altra società di 403 710 kg di farina a terzi. Queste attività venivano svolte presumibilmente nel 1987. Alla ricorrente veniva notificato con lettera raccomandata del 23 novembre 1994 che l'ufficio delle imposte in questione stava per effettuare una trattenuta a titolo conservativo riguardante un saldo a credito di BFR 236 215 a favore della ricorrente il 31 ottobre 1994. Risulta evidente dalle osservazioni scritte della ricorrente e dello Stato belga - le cui copie del relativo avviso e sequestro sono allegate - che lo Stato ha effettuato tale trattenuta in base all'art. 81, n. 3, quarto comma (13). Il 5 gennaio 1995 la ricorrente proponeva ricorso dinanzi al Beslagrechter del Rechtbank van eerste aanleg di Bruges (in prosieguo: il «giudice nazionale»), il quale, considerati gli argomenti tra loro divergenti di diritto comunitario addotti dalle parti e rilevando l'esistenza della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa Garage Molenheide, decideva di sottoporre alla Corte le seguenti questioni:

«1) Se l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che consente ad uno Stato membro di non rimborsare al soggetto passivo o di non riportare ad un periodo di dichiarazione successivo un credito IVA relativo ad un determinato periodo di dichiarazione, ma, invece, di "trattenerlo" mediante sequestro conservativo in base ad una pretesa arretrata relativa ad un precedente periodo di dichiarazione, qualora tale pretesa venga contestata in diritto e non si basi pertanto su un titolo definitivo, e senza che lo Stato membro abbia ricevuto un'autorizzazione ai sensi dell'art. 27 della stessa direttiva IVA.

2) Qualora la prima questione debba essere risolta in senso affermativo:

se il principio di proporzionalità in diritto comunitario e il disposto di cui all'art. 18, n. 4, della sesta direttiva IVA consentano allo Stato membro di decidere che:

1) il soggetto passivo può opporsi al sequestro (convalidato attraverso il provvedimento della "trattenuta") soltanto fornendo la prova contraria di quanto asserito dal fisco nel verbale, e non già contestando la necessità e l'urgenza stessa del provvedimento della trattenuta;

2) la trattenuta non può essere sostituita da un'altra prestazione di garanzia, e non può neppure essere revocata fintantoché non vi sia una pronuncia definitiva sul controverso credito del fisco».

B - Procedimento dinanzi alla Corte

19 Poiché la fase scritta del procedimento Garage Molenheide era già in uno stadio avanzato allorché l'ordinanza Schepens è stata emessa e le questioni di diritto comunitario sollevate in entrambi i casi erano molto simili, il procedimento Schepens è stato sospeso durante il giudizio Garage Molenheide. Tuttavia, durante l'udienza per il procedimento Garage Molenheide (in prosieguo: la «prima udienza»), il patrocinante della ricorrente ha fatto presente che la prassi dell'amministrazione dell'IVA belga e la mancanza di discrezionalità rilevata dagli stessi beslagrechters in ordine alla revoca dei sequestri, insieme all'imminente arrivo di due ulteriori domande di pronunce pregiudiziali riguardanti un altro tipo di sequestro operato in Belgio dall'amministrazione dell'IVA, faceva dubitare della proporzionalità dell'intero sistema di sequestro ai sensi della nuova versione dell'art. 81, n. 3, del regio decreto n. 4. La ricorrente ha affermato che non vi sarebbero state obiezioni a causa del ritardo che una riunione delle varie domande di pronunce pregiudiziali avrebbe comportato. Di conseguenza, con ordinanze 22 marzo 1996, la Corte ha disposto la riapertura della fase orale nel procedimento Garage Molenheide, mentre il Presidente ha ordinato, in primo luogo, la riunione degli altri tre procedimenti pregiudiziali ai fini della fase scritta ed orale e della sentenza e, in secondo luogo, la riunione del procedimento Garage Molenheide agli altri procedimenti per quanto riguarda la fase orale e la sentenza (14). Per convenienza, laddove il contesto lo richieda, i vari giudici nazionali e ricorrenti nelle quattro ordinanze verranno menzionati senza distinzione, rispettivamente, come «giudici nazionali» e «ricorrenti».

III - Sintesi delle questioni prospettate

20 Non meraviglia il fatto che vi sia una considerevole sovrapposizione tra le questioni sollevate nei quattro procedimenti. A mio avviso, le questioni di diritto comunitario sollevate presentano tre aspetti diversi. Esse riguardano l'effetto diretto degli artt. 18, n. 4, e 27 della sesta direttiva; la legittimità e la portata del sequestro conservativo nelle circostanze previste dall'art. 81, n. 3, del regio decreto n. 4 e la sua compatibilità con il diritto di deduzione per i soggetti passivi, ai sensi dell'art. 18, n. 4, della sesta direttiva; l'estensione di tale trattenuta, ed in particolare se il fondamento apparentemente limitato e provvisorio sulle quali può essere sospeso sia compatibile con il principio di proporzionalità nel diritto comunitario.

IV - Osservazioni

21 Osservazioni scritte ed orali sono state presentate da tutte le parti ricorrenti, con l'eccezione del signor Schepens. Osservazioni scritte sono state presentate dai Regni del Belgio (15) e di Svezia, dalle Repubbliche ellenica e italiana, e tutti, eccettuata la Svezia, hanno presentato osservazioni orali (16). Le dette osservazioni possono, per comodità, essere riassunte come segue.

A - Le ricorrenti

22 Le ricorrenti sostengono che le disposizioni dell'art. 18, n. 4, della sesta direttiva sono abbastanza chiare, precise e incondizionate da essere direttamente applicabili negli ordinamenti degli Stati membri. Inoltre, esse affermano, in sostanza, che la trattenuta a titolo conservativo prevista dalla normativa belga è incompatibile con il diritto previsto dall'art. 18, n. 4. Una volta che sorga il diritto ad una deduzione ai sensi degli artt. 17 e 18, nn. 1-3, le amministrazioni dell'IVA nazionali non possono subordinarlo ad altre condizioni, ma devono effettuare il rimborso o riportare l'eccedenza al successivo periodo IVA.

23 La BRD Decan e la Sanders argomentano inoltre che, ai sensi dell'art. 18, n. 2, della sesta direttiva, il saldo dell'IVA deducibile deve essere calcolato con riferimento ad uno specifico periodo di deduzione. Pertanto l'amministrazione non può sostenere che non è dovuto alcun rimborso poiché, in relazione ad un periodo completamente distinto, il soggetto passivo sarebbe indebitato nei suoi confronti. Esse sottolineano che l'amministrazione non è obbligata a riconoscere l'importo dell'eccedenza indicato unilateralmente nella dichiarazione del soggetto passivo, ma, al contrario, può accertare la correttezza di tale dichiarazione (17). Inoltre, tutte le ricorrenti sostengono che, sebbene il primo comma dell'art. 18, n. 4, consenta agli Stati membri di stabilire le condizioni riguardanti il rimborso, essi non possono subordinare il diritto a tale rimborso a condizioni sostanziali supplementari. Esse affermano che il testo inglese, che usa l'espressione «conditions», diverge dalle altre versioni linguistiche della norma in cui vengono utilizzate le parole corrispondenti alla nozione in inglese di «details» o «arrangements» (18). Considerata l'esigenza di adottare un'interpretazione comunitaria armonica della disposizione, esse affermano che, nonostante la possibile ambiguità del testo inglese, gli Stati membri non hanno competenza a stabilire condizioni sostanziali che disciplinino il rimborso, essendo quest'ultimo previsto in modo esauriente dagli artt. 17 e 18, nn. 1-3. Di conseguenza, le ricorrenti sostengono che il sistema di trattenuta a titolo conservativo adottato in Belgio costituisce un'inammissibile condizione supplementare. Inoltre, anche se il sistema belga di trattenuta a titolo conservativo rientrasse nei poteri degli Stati membri in materia di l'amministrazione del sistema IVA, secondo le ricorrenti esso dovrebbe comunque rispettare il principio di proporzionalità di diritto comunitario (19). Esse sostengono che il sistema costituisce una restrizione eccessiva del diritto alla deduzione garantito dalla sesta direttiva. In primo luogo, ciò si verifica perché le amministrazioni sono autorizzate a sequestrare, quasi automaticamente, crediti del soggetto passivo senza doverne provare la necessità e senza essere obbligate ad accettare garanzie alternative o impegni dal soggetto passivo, mentre, per contro, non viene corrisposto alcun risarcimento qualora il sequestro conservativo venga infine riconosciuto immotivato, e poiché, in tal caso, gli interessi vengono pagati soltanto a partire dal 1_ aprile dell'anno successivo a quello in cui è stato effettuato il sequestro. In secondo luogo, il soggetto passivo non dispone di un rimedio effettivo nei confronti del sequestro, poiché il beslagrechter non è competente a valutarne la reale necessità o il merito. Nel corso della seconda udienza (in prosieguo: la «seconda udienza»), le ricorrenti hanno affermato che - anche se, in contrasto con l'orientamento adottato dalla prevalente o addirittura dall'intera giurisprudenza belga in materia e basato sulla formulazione apparentemente chiara del regio decreto n. 4, il beslagrechter poteva, come sostenuto dal Belgio, sospendere il sequestro durante il giudizio nel merito - l'incertezza di tale rimedio contravverrebbe al principio di certezza del diritto.

B - Il Belgio e gli altri Stati membri

24 Il Belgio, con il sostegno della Grecia, dell'Italia e della Svezia, sostiene che, sebbene l'art. 18, n. 4, riguardi i rimborsi IVA, la trattenuta a titolo conservativo di crediti d'imposta si riferisce soltanto alla riscossione di imposte e non rientra nell'ambito di applicazione della sesta direttiva. Esso segnala che l'art. 76, n. 1 del Codice tratta separatamente le distinte nozioni giuridiche del rimborso e della trattenuta di crediti d'imposta. Mentre un rimborso di imposta viene disciplinato dall'art. 76, n. 1, primo e secondo comma, e deve soddisfare determinati requisiti sostanziali e formali, la trattenuta di crediti d'imposta è disciplinata dall'art. 76, n. 1, terzo comma, del Codice e dal regio decreto n. 4 e costituisce un concetto giuridico autonomo. A suo avviso, la sesta direttiva persegue due scopi essenziali: i) l'armonizzazione delle imposte; ii) la reciproca integrazione delle economie per realizzare e accelerare il mercato comune in ordine alla libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. Tale armonizzazione viene realizzata stabilendo una sfera comune di applicazione dell'IVA nell'intera Comunità. Ogni Stato membro può stabilire il proprio sistema di riscossione garantendo che tali obiettivi vengano realizzati.

25 Gli Stati membri sono liberi di disciplinare la riscossione dell'IVA, prevedendo anche misure per combattere l'evasione e le frodi fiscali. Il Belgio fa riferimento all'art. 22, n. 8, della sesta direttiva (citato supra al paragrafo 2), che dà facoltà agli Stati membri di adottare le necessarie misure per la riscossione dell'IVA. Questa interpretazione è conforme al principio di sussidiarietà enunciato all'art. 3 B del Trattato. In alternativa, qualora la sesta direttiva dovesse essere interpretata nel senso che essa riguarda altresì le questioni inerenti alla riscossione, il Belgio sostiene che il sequestro di cui trattasi nel presente procedimento rientra nella sfera dell'art. 18, n. 4, che attribuisce agli Stati membri un'ampia discrezionalità nello stabilire le condizioni che disciplinano i rimborsi (20).

26 Il procedimento relativo alla trattenuta a titolo conservativo non opera in modo da rendere praticamente impossibile l'esercizio da parte dei contribuenti dei diritti previsti dall'art. 18, n. 4 della sesta direttiva, ma, piuttosto, differisce il rimborso IVA fino all'accertamento della veridicità della dichiarazione sulla quale il presunto pagamento in eccesso è basato. Tale procedimento non viola l'art. 18, n. 4, poiché con esso si sequestra provvisoriamente un importo che è ancora considerato come a «credito» del contribuente e che resta soggetto a restituzione, a meno che la dichiarazione del contribuente si dimostri essere, in ultima analisi, falsa o inesatta. Di conseguenza, il Belgio sostiene che l'art. 27 della sesta direttiva non è pertinente poiché la riscossione dell'IVA non rientra nell'ambito di applicazione della sesta direttiva.

27 Il Belgio ha formulato le suddette osservazioni ed i chiarimenti sull'art. 81, n. 3, nelle sue osservazioni scritte sulle ultime domande di pronuncia pregiudiziale. Il tradizionale procedimento di sequestro, poiché non permette sequestri provvisori, non aveva dato all'amministrazione tutela sufficiente in casi in cui gli asseriti crediti d'imposta dovevano essere rimborsati o riportati entro tre mesi della relativa dichiarazione IVA, anche quando vi era un debito controverso dovuto all'amministrazione dell'IVA che riguardava un precedente periodo. In realtà, senza mettere in discussione la veridicità dell'asserito credito d'imposta, il nuovo sequestro «conservativo» rende tale credito provvisoriamente inesigibile. Cosicché è evidente che il suo fine è quello di garantire che l'IVA, che sia dovuta dal soggetto passivo, venga realmente pagata. Nel corso della seconda udienza, il Belgio, sostenuto dall'Italia e dalla Grecia, ha affermato che, per garantire una effettiva riscossione dell'IVA, le autorità fiscali dovrebbero poter considerare il loro rapporto con il soggetto passivo come una sorta di conto corrente, dato che considerare ogni periodo d'imposta separatamente significherebbe ignorare il fatto che un credito attuale (anche se accertato) potrebbe essere sorto solo a causa di precedenti dichiarazioni false o inesatte.

28 Il Belgio ammette che i provvedimenti di riscossione delle imposte non devono intaccare i diritti conferiti dalla sesta direttiva, tuttavia sostiene, con l'appoggio dell'Italia, della Grecia e della Svezia, che le misure belghe contestate rispettano il principio di proporzionalità. Rispondendo ai quesiti rivoltigli nel corso della prima udienza, il Belgio ha ribadito che, qualunque fosse stata la prassi prevalente, i beslagrechters potevano, ai sensi del regio decreto n. 4, revocare in via provvisoria anche i sequestri eseguiti in base all'art. 81, n. 3, quinto comma, se non fossero stati convinti delle asserzioni relative a frodi o irregolarità sostanziali. Il Belgio ha quindi ulteriormente elaborato queste osservazioni iniziali. Esso sostiene che, ai sensi dell'art. 81, n. 3, quarto comma, il beslagrechter non solo è obbligato a verificare l'osservanza delle garanzie procedurali applicabili (21), ma può anche compiere una prima valutazione della fondatezza dei motivi che giustificano la trattenuta. Esso può, precisa il Belgio, anche procedere ad una «parziale» revisione del sequestro. Riguardo ai sequestri motivati da gravi sospetti di frode ai sensi dell'art. 81, n. 3, quinto comma, il Belgio conviene che il potere di un beslagrechter di revocare tale sequestro è notevolmente più limitato; infatti il beslagrechter non può disporre la revoca a meno che, dopo aver appreso tutte le informazioni rilevanti per il caso di specie, si sia convinto che mantenere tale provvedimento non sia più giustificato (22). Nel corso della seconda udienza, il Belgio ha comunque insistito nel senso che ciò non impediva la concessione di una revoca provvisoria di una trattenuta effettuata ai sensi del quinto comma. Esso ha affermato, in generale, che ad onta della possibile «equivoca» formulazione dell'art. 81, n. 3, settimo comma, un sequestro potrebbe essere provvisoriamente revocato da un beslagrechter.

C - La Commissione

29 La Commissione rileva che la sesta direttiva affida la lotta alle frodi agli Stati membri, il che è suffragato da diversi riferimenti al loro potere di adottare determinate misure (23). Con riguardo all'art. 18, n. 4, e, in particolare, all'interpretazione dell'espressione «l'importo delle deduzioni autorizzate», la Commissione sostiene che l'esercizio del diritto a deduzione può essere disciplinato soltanto dalle condizioni stabilite dalla sesta direttiva; esso non può essere soggetto all'approvazione da parte delle autorità nazionali IVA. Tuttavia, la Commissione afferma che i provvedimenti belgi di trattenuta a titolo conservativo costituiscono provvedimenti di riscossione delle imposte e, in tal senso, non rientrano nella portata della sesta direttiva. Di conseguenza, il Belgio non era obbligato a chiedere un'autorizzazione ai sensi dell'art. 27, n. 1.

30 Cionondimeno, i provvedimenti degli Stati membri per la riscossione delle imposte non devono intaccare i principi che sono alla base del sistema comune dell'IVA. La Commissione traccia un'analogia con la giurisprudenza della Corte relativa all'art. 27 della sesta direttiva (24). Secondo tale procedura, la Commissione ha il vantaggio di essere compiutamente informata in anticipo delle misure proposte e di essere così in grado di garantire che esse rispettino il principio di proporzionalità (25) che - essa afferma - si applica altresì ai provvedimenti di riscossione in discussione nei presenti procedimenti. Secondo la Commissione, la Corte dovrebbe limitarsi a stabilire determinati criteri la cui concreta applicazione deve servire al giudice nazionale. Nel caso di sequestri effettuati per garantire un precedente debito d'imposta controverso, i provvedimenti si possono presumere sproporzionati. Tuttavia ciò non dovrebbe essere il caso di sequestri motivati da gravi sospetti o prove di frode. Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione elenca una serie di criteri che, a suo avviso, il giudice nazionale dovrebbe considerare nell'applicare il principio di proporzionalità. Essi sono, in sostanza: l'esistenza di garanzie procedurali nella fase precedente la trattenuta a titolo conservativo; l'esistenza di un rimedio giurisdizionale contro la trattenuta; l'esistenza di un nesso tra l'importo sequestrato e l'asserito debito d'imposta; la possibilità che le autorità ammettano misure alternative che offrano una garanzia equivalente. Alla luce delle osservazioni contraddittorie presentate riguardo alla competenza del beslagrechter, la Commissione ha rilevato nel corso della seconda udienza che un fattore rilevante dovrebbe essere il punto se, nel disporre la trattenuta a titolo conservativo l'amministrazione dell'IVA sia obbligata ad avviare un'azione riguardante il merito degli asseriti debiti IVA. Tuttavia, essa ha osservato che sarebbe eccessivamente formalistico richiedere alle autorità tributarie nazionali di trattare ciascun periodo IVA separatamente.

V - Analisi

A - Effetto diretto

31 Nel procedimento Schepens si sottopone alla Corte in modo esplicito la questione se gli artt. 18, n. 4, e 27 della sesta direttiva abbiano effetto diretto. Alla luce del possibile conflitto tra il sistema di trattenuta a titolo conservativo operato in Belgio e il diritto attribuito ai soggetti passivi dall'art. 18, n. 4, la rilevanza di tale questione è evidente e, a mio avviso, su di essa dovrebbe pronunciarsi la Corte (26). Tuttavia, la rilevanza dell'effetto diretto o meno dell'art. 27, che non è stato fatto valere dal Belgio, è meno evidente ai fini della soluzione del procedimento Schepens. Non ritengo che la Corte debba risolvere tale questione.

32 La Corte ha costantemente statuito che, anche quando il periodo di attuazione sia scaduto, una direttiva non attuata o attuata in modo non corretto deve essere sufficientemente precisa e incondizionata perché le sue disposizioni possano essere direttamente fatte valere da un singolo dinanzi ai giudici di uno Stato membro (27). Il diritto dei singoli di fare appello alla sesta direttiva è stato affermato in modo costante nella giurisprudenza della Corte (28). Nella sentenza BP Supergas la Corte ha statuito che (29):

«Da tale giurisprudenza emerge che, nonostante il margine di discrezionalità relativamente ampio di cui gli Stati membri dispongono per l'attuazione di talune disposizioni della sesta direttiva, i singoli possono far valere dinanzi al giudice nazionale le disposizioni della direttiva che siano sufficientemente chiare, precise e incondizionate».

La Corte ha statuito, tra l'altro, che le disposizioni dell'art. 17, nn. 1 e 2, che riguardano il diritto a deduzione «possiedono quindi le caratteristiche sopra menzionate e attribuiscono, pertanto, ai singoli diritti che questi possono far valere dinanzi al giudice nazionale per opporsi a una normativa nazionale incompatibile con le disposizioni medesime» (30). Tali disposizioni sono strettamente collegate con l'art. 18, n. 4, che, a mio avviso, per i motivi sopra esposti, risponde agli stessi criteri.

33 Qualora l'importo delle deduzioni autorizzate superi quello dell'imposta dovuta, l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva prescrive che gli Stati membri «possono procedere a rimborso o riportare l'eccedenza al periodo successivo», a meno che «l'eccedenza sia insignificante». Nelle sue osservazioni scritte, la Garage Molenheide sostiene che la norma è assolutamente chiara. Nel caso in cui l'importo in questione non sia insignificante, l'amministrazione tributaria è obbligata ad effettuare una delle due operazioni. Sebbene lo Stato belga abbia inizialmente contestato l'effetto diretto dell'art. 18, n. 4, dinanzi al giudice nazionale nel procedimento Garage Molenheide, tale posizione non è stata mantenuta nelle osservazioni del Belgio davanti a questa Corte. Prendendo posizione sull'espressa questione deferita nel procedimento Schepens, la Commissione sostiene, in modo abbastanza corretto, che l'art. 18, n. 4, è sufficientemente chiaro e preciso da avere effetto diretto e può essere invocato direttamente davanti ai giudici nazionali.

34 Le divergenze di opinioni riguardo a ciò che può costituire una eccedenza «insignificante», a mio avviso, non ostano a che un giudice nazionale possa individuare, nella maggior parte dei casi, una significativa eccedenza d'imposta che deve essere rimborsata o riportata. Inoltre, poiché l'obiettivo della sesta direttiva riguardo alle deduzioni è quello di garantire che «il diritto a deduzione nasca quando l'imposta deducibile diventa esigibile» (31), è evidente che la libertà degli Stati membri di rifiutare il rimborso di eccedenze «insignificanti» è molto limitata. Di conseguenza, a mio avviso, richiamarsi al secondo comma dell'art. 18, n. 4, come base per negare l'effetto diretto a tale articolo «confonderebbe tra il problema dell'effetto diretto e quello del potere discrezionale di cui lo Stato dispone nell'opera intesa a trasporre la direttiva» (32).

35 Tutte le ricorrenti sostengono che la discrezionalità riconosciuta agli Stati membri dal primo comma dell'art. 18, n. 4, della sesta direttiva non consente loro di prescrivere condizioni sostanziali per l'esercizio del diritto ad un rimborso. Ritengo che agli Stati membri sia consentito soltanto, ai sensi della prima frase dell'art. 18, n. 4, di stabilire le necessarie procedure o norme di dettaglio concernenti tali rimborsi (33). Infatti, anche il fatto che possa sussistere una «molteplicità di soluzioni» (34) per l'attuazione di un obbligo prescritto da una direttiva non osta a che esso abbia un effetto diretto, «il cui contenuto può essere determinato con una precisione sufficiente sulla base delle sole disposizioni della direttiva»(35). Di conseguenza, sono convinto che l'obbligo prescritto dall'art. 18, n. 4, sia chiaro, preciso e incondizionato nonchè dotato di effetto diretto.

B - La portata dell'art. 18, n. 4, della sesta direttiva

i) Introduzione

36 La caratteristica di «neutralità» è stata frequentemente attribuita al sistema IVA (36). Soltanto il consumatore finale sopporta l'onere complessivo dell'imposta, e la base del sistema è che l'IVA «è dovuta solo previa detrazione dell'ammontare dell'imposta che ha gravato direttamente sul costo dei vari elementi costitutivi del prezzo» (37). Ogni operatore commerciale interessato trasferisce la componente IVA dei suoi acquisti al successivo operatore commerciale (o al consumatore). In tale sistema, il diritto di dedurre le componenti IVA è importantissimo (38). Alla distanza, ogni operatore commerciale compensa queste operazioni a monte con la deduzione e recupera l'imposta sul valore aggiunto a suo stesso carico aggiungendolo al prezzo stabilito per i suoi clienti. Il flusso di cassa può essere favorevole o sfavorevole per l'operatore commerciale ma, in sostanza, ciò avviene solo temporaneamente. Laddove, per un determinato periodo d'imposta, le entrate siano superiori alle uscite, il flusso di cassa ne risente negativamente poiché gli si richiede, sia pure temporaneamente, di sopportare l'onere dell'IVA sulle sue forniture finché egli possa recuperarlo in parte dai suoi clienti e in parte dall'amministrazione tributaria. Richieste di rimborso dovrebbero essere rare; esse implicano un'attività in perdita o, almeno, un saldo passivo delle fatture in entrata ed in uscita, per un determinato periodo di calcolo, con possibili gravi implicazioni sul flusso di cassa. L'art. 18, n. 4, della sesta direttiva concede in sostanza agli Stati membri due possibilità, una volta che il diritto al rimborso sia accertato per un dato periodo d'imposta. Essi possono o effettuare un'immediata restituzione o riportarla fino alla fine del successivo periodo d'imposta. In molti casi, tale riporto eliminerà la necessità di qualsiasi rimborso poiché l'operatore commerciale torna a realizzare utili nel periodo successivo. Il diritto previsto per i soggetti passivi dall'art. 18, n. 4, preclude tuttavia agli Stati membri di trattenere il rimborso per più di un periodo e certamente di farlo sine die, nella speranza o nella mera aspettativa del ritorno ad un esercizio in attivo.

ii) Parere

37 Non ritengo che l'effetto diretto dell'art. 18, n. 4, della sesta direttiva, di per sé, sia sufficiente a determinare l'incompatibilità dei provvedimenti belgi controversi. Le ricorrenti sostengono, a ragione, che il fondamento del diritto a «deduzioni autorizzate» ai sensi dell'art. 18, n. 4, è contenuto negli artt. 17 e 18, nn. 1-3, e che, «in mancanza di norme che consentano agli Stati membri di limitare il diritto a deduzione conferito ai soggetti passivi», il contribuente deve poter esercitare tale diritto «immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte»(39). Gli Stati membri sono quindi autorizzati soltanto a limitare il diritto a deduzione, «a meno che essi non possano basarsi su una delle deroghe contemplate dalla sesta direttiva» (40). Nel caso di un'eccedenza di deduzioni autorizzate sulle imposte dovute, la compensazione del sistema comune IVA comporta che il soggetto passivo ha diritto al rimborso. Tuttavia, gli Stati membri possono adottare misure precauzionali per garantire la veridicità dell'apparente eccedenza di deduzioni contenuta nella dichiarazione effettuata dal soggetto passivo. Un sistema di controllo per vagliare le deduzioni «autorizzate»ai sensi dell'art. 18, n. 4, prima di effettuare il rimborso non equivale a un rifiuto del diritto a deduzione spettante al soggetto passivo.

38 Nella sentenza Jeunehomme e a./Stato belga (41) la Corte, riferendosi all'art. 22, n. 8, ha affermato che gli Stati membri, quando prescrivono che una fattura contenga determinate indicazioni, diverse da quelle richieste dagli artt. 18, n. 1, lett. a) e 22, n. 3, lett. b), non devono ricorrere al procedimento di cui all'art. 27 «per garantire l'esatta riscossione dell'imposta sul valore aggiunto, nonché il suo controllo da parte dell'amministrazione tributaria» (42). Considerato che gli Stati membri possono specificare i dati che devono essere contenuti nelle fatture che fondino un diritto a deduzione, essi dovrebbero altresì avere il potere di adottare misure precauzionali volte a garantire un'effettiva riscossione delle imposte.

39 Tale opinione trova ulteriore conforto nella recente pronuncia della Corte nel procedimento Reisdorf (43). In quel procedimento, anch'esso riguardante la fatturazione, la Corte ha confermato la conformità alla sesta direttiva del «potere degli Stati membri (...) di garantire la riscossione dell'IVA ed il suo controllo da parte dell'amministrazione tributaria (...)» (44). Inoltre, essa ha statuito che «l'art. 18 della sesta direttiva si occupa, conformemente al suo titolo, soltanto dell'esercizio del diritto a detrazione e non disciplina la prova di tale diritto dopo che è stato esercitato dal soggetto passivo» (45). Sono convinto che gli Stati membri sono competenti, all'interno della struttura dei loro sistemi di riscossione nazionale dell'IVA, ad adottare misure per tutelarsi contro il rischio di effettuare restituzioni nel caso vi siano crediti IVA creati ad arte. L'adozione di misure precauzionali di controllo consente di ponderare la tutela degli interessi del fisco nazionale rispetto all'interesse di un soggetto passivo ad ottenere pagamenti solleciti di qualsiasi importo al quale, ad una prima analisi, sembri aver diritto ai sensi dell'art. 18, n. 4. Ritengo che questa interpretazione dell'art. 18, n. 4, sia coerente con il suo richiamo all'obbligo degli Stati membri di effettuare la deduzione «secondo modalità da essi stabilite». In alternativa, l'art. 22, n. 8, dà la facoltà agli Stati membri di «stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l'esatta riscossione dell'imposta e ad evitare le frodi». Non mi sembra che sia rilevante chiedersi se le norme del Belgio non rientrino nella sfera delle questioni armonizzate dalla sesta direttiva, o se vi rientrino ma siano al riguardo autorizzate dall'art. 22, n. 8. In entrambi i casi, esse devono essere vagliate al lume del criterio di proporzionalità per accertare la loro possibile contrarietà alla direttiva (v. oltre, paragrafi 42-54).

40 Nel corso della seconda udienza, il patrocinante della BRD Decan e della Sanders ha sostenuto che l'art. 18, n. 4, deve essere interpretato alla luce dell'art. 18, n. 2, e che, di conseguenza, una volta che uno Stato membro abbia verificato che un credito d'imposta è realmente dovuto rispetto ad un particolare periodo d'imposta, lo Stato membro è obbligato a consentire al soggetto passivo di esercitare immediatamente il diritto a deduzione rispetto a tale credito. Concordo con la Commissione, il cui agente ha definito questo approccio troppo formalistico. E' più realistico considerare il rapporto tra il soggetto passivo e l'amministrazione IVA come simile a un conto corrente. Le ricorrenti fanno riferimento, tra l'altro, alla sentenza Commissione/Francia (46), in cui la Corte ha statuito che, «in mancanza di norme che consentano agli Stati membri di limitare il diritto a detrazione di cui sono titolari i soggetti passivi, detto diritto va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte» (47). In quel procedimento, il decreto francese controverso prevedeva che soltanto una parte dell'IVA che gravava sull'acquisto o la costruzione di una proprietà immobiliare potesse essere dedotta nel caso la proprietà fosse locata per meno di un quindicesimo del suo valore. Le norme belghe relative alla trattenuta a titolo conservativo, al contrario, non limitano il diritto a deduzione; esse dispongono soltanto che la corresponsione del rimborso venga provvisoriamente differita. Se fosse vietato in modo assoluto agli Stati di differire il rimborso anche dei crediti d'imposta non contestati che sorgono in un periodo d'imposta a causa di gravi sospetti riguardanti un periodo precedente, i loro interessi finanziari potrebbero spesso essere messi a repentaglio. Né ritengo che l'art. 18, n. 4, debba essere interpretato nel senso che limiti il diritto degli Stati membri di opporsi ad un rimborso ai casi in cui essi hanno ottenuto una sentenza definitiva che accerti il debito del soggetto passivo concernente un periodo precedente, o che accerti la natura fraudolenta del presunto credito IVA. Inoltre, ritengo escluso che la compatibilità di una trattenuta a titolo conservativo di un rimborso dovuto ai sensi dell'art. 18, n. 4, debba dipendere dalla prova di un nesso causale con un debito od un pagamento parzialmente non effettuato per un periodo precedente.

41 Come la Corte ha riconosciuto nella sentenza BP Supergaz, gli Stati membri godono di un'ampia discrezionalità nell'attuare le disposizioni del sistema IVA. Si possono distinguere due aspetti al riguardo. In primo luogo, la sesta direttiva non stabilisce alcuna dettagliata disposizione rigurdante la riscossione delle imposte, che di solito è regolamentata dalla normativa nazionale. Direi, quasi a titolo di digressione, che potrebbero esservi ad esempio circostanze in cui uno Stato membro, senza porre in discussione l'applicazione dell'art. 18, n. 4, non provveda al rimborso in senso stretto di un credito accertato. Nel caso vi sia un debito chiaramente determinato per l'IVA dovuta dal soggetto passivo con il risultato che vi siano importi determinati e certi dovuti dal e al contribuente, sarebbe insensato effettuare un rimborso, ove sia possibile qualora si possa effettuare una compensazione tra debito e credito. Ciò potrebbe derivare dal fatto che vi sia stato un pagamento inferiore al dovuto rispetto ad una precedente dichiarazione IVA peraltro incontestata, sia ciò avvenuto per caso o per mancanza di fondi. Più in generale, la responsabilità di gestire tutto il sistema IVA è demandata agli Stati membri. Come già rilevato (paragrafo 39 supra), non è necessario decidere se ciò derivi dal fatto che queste materie non rientrano nell'ambito di applicazione della sesta direttiva o siano espressamente autorizzate, ad esempio, dall'art. 22, n. 8. Tuttavia, le misure che rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 22, n. 8, possono inevitabilmente avere un'incidenza sull'obbligo dello Stato membro di effettuare un immediato rimborso ai sensi dell'art. 18, n. 4, ed in questo caso tali misure (per le ragioni sopra esposte) dovranno essere valutate in ordine alla loro proporzionalità secondo il diritto comunitario; in altre parole, nella loro adeguatezza alla luce dello scopo che esse mirano a realizzare.

C - L'applicazione del principio di proporzionalità

42 Se l'attuaazione di una trattenuta a titolo conservativo come quella controversa nei presenti procedimenti pregiudiziali non viola, di per sé, l'art. 18 della sesta direttiva, ciò non implica necessariamente che essa sia compatibile con il diritto comunitario. Pur potendo rimanere competenti a stabilire i loro propri sistemi di riscossione dell'IVA, gli Stati membri devono cionondimeno attuare questi sistemi in conformità con la sesta direttiva, e specialmente con le sue disposizioni fondamentali come il diritto alla deduzione.

i) Lo scopo dei provvedimenti di trattenuta a titolo conservativo

43 Ritengo sia chiaro che provvedimenti come quelli controversi nei presenti procedimenti perseguono uno scopo reale. Gli Stati membri che hanno presentato osservazioni giustamente fanno presente che, poiché il gettito dell'IVA spetta quasi interamente agli Stati membri, essi hanno chiaramente un interesse legittimo ad adottare misure adeguate per tutelare i loro interessi finanziari. Ciò, a mio avviso, è fondamentalmente anche quello che stabilisce l'art. 22, n. 8, della sesta direttiva. Così come ho sostenuto sopra (paragrafo 38), l'art. 22, n. 8, non consente agli Stati membri, nell'intento di prevenire le frodi o di garantire l'effettiva riscossione delle imposte, di contravvenire ad altre disposizioni della sesta direttiva. Al riguardo l'art. 27 prevede espressamente una procedura nella quale gli Stati membri possono chiedere al Consiglio un'autorizzazione per richiedere, tra l'altro, misure nazionali intese a contrastare «frodi o evasioni fiscali» che confliggano con la sesta direttiva. La Corte ha costantemente stabilito che tali misure debbono rispettare il principio di proporzionalità. Così, ad esempio, nella sentenza Commissione/Belgio (48) essa ha statuito che i provvedimenti notificati ai sensi dell'art. 27 devono essere «idonei alla prevenzione delle frodi o delle evasioni fiscali, ma non possono derogare, in via di principio, al rispetto della base imponibile dell'IVA di cui all'art. 11 se non nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale obiettivo» (49). Ritengo che la Commissione sia quindi nel giusto quando afferma che le norme nazionali che possono riguardare diritti conferiti dalla sesta direttiva devono rispettare il principio di proporzionalità, pur se non basate su un'autorizzazione ex art. 27. In breve, laddove sia necessario ricomporre potenziali conflitti tra l'applicazione di provvedimenti nazionali di riscossione, come il sequestro conservativo in Belgio, e il diritto fondamentale a detrarre l'eccedenza dell'IVA sia garantito dalla sesta direttiva, i provvedimenti nazionali in questione non devono andare oltre ciò che è necessario per realizzare il loro obiettivo.

44 Tale punto di vista è avvalorato dalla giurisprudenza della Corte. Cosi, ad esempio, nella sentenza Balocchi, essa ha stabilito che la facoltà concessa agli Stati membri ai sensi dell'art. 22, n. 5, di obbligare i soggetti passivi ad effettuare rimborsi IVA nel corso di un periodo d'imposta, non permetteva loro di richiedere il pagamento di una percentuale fissa (65%) dell'importo pagabile per un periodo non ancora scaduto (50). Ne consegue che gli Stati membri non hanno discrezionalità illimitata nell'attuare i loro sistemi di riscossione.

ii) Sindacato giurisdizionale efficace

45 In tale situazione, come primo punto, l'efficacia del sindacato giurisdizionale, prescritta dal diritto comunitario, impone alle autorità degli Stati membri l'obbligo di motivare le loro decisioni (51). Nel presente procedimento, questa funzione viene svolta dal «verbale» che deve essere redatto e debitamente notificato al soggetto passivo perché l'amministrazione dell'IVA possa esercitare il suo diritto di trattenere il rimborso. Nei limiti in cui il diritto belga, sotto tale aspetto, prevede che venga effettuata adeguata notifica e vengano esposti i motivi ad un soggetto passivo il cui diritto al rimborso sia differito, ciò è conforme alle prescrizioni del diritto comunitario. Nel corso della seconda udienza, l'adeguatezza sul piano concreto delle misure procedurali preliminari alla trattenuta è stata messa in discussione dal patrocinante della BRD Decan e di Sanders. Tale punto riguarda tuttavia il giudice nazionale, che è il solo ad avere competenza e capacità di interpretare le norme belghe in questione.

46 L'obbligo degli Stati membri di assicurare l'efficacia del sindacato giurisdizionale richiede, inoltre, che i giudici nazionali dispongano di adeguati poteri per garantire un corretto equilibrio fra i diritti del soggetto passivo e i diritti e gli interessi dell'amministrazione dell'IVA. E' evidente che la natura e la portata del rimedio giurisdizionale dipendono dal contesto e dal tipo di pericolo, la tutela dal quale una misura è intesa a garantire. Per esempio, nel procedimento Werner e Leifer (52), l'avvocato generale Jacobs, trattando un argomento assolutamente diverso, ha espresso l'opinione che «la natura dei problemi che sorgono in caso di pericolo per la sicurezza esterna di uno Stato membro è solitamente tale da impedire al giudice di effettuare un esame di proporzionalità rigoroso». In considerazione del fatto che le valutazioni erano state effettuate in base ad informazioni che non potevano essere vagliate dalla Corte, l'avvocato generale ha ritenuto che fosse difficile garantire un controllo giurisdizionale completo. I presenti procedimenti non rientrano fra tali eccezioni.

47 I commi quarto e quinto dell'art. 81, n. 3, del regio decreto n. 4 riguardano una serie di casi e situazioni pratiche. Da un lato, vi sono gravi sospetti di frode basati su prove attendibili e obiettive, che rientrano nel punto 5. Dall'altro, vi sono punti relativi a mere questioni controverse e di interpretazione giuridica che portano, nella maggior parte dei casi, ad una controversa richiesta da parte dell'amministrazione tributaria. Nella presente fattispecie, in cui la Corte è essenzialmente chiamata a stabilire i criteri che consentano al giudice nazionale, nel suo compito di sindacato giurisdizionale, di valutare se l'applicazione dei provvedimenti contestati nazionali porti in pratica ad intaccare l'effettività del diritto conferito dall'art. 18, n. 4, della sesta direttiva, la Corte non dovrebbe, a mio avviso, enunciare criteri dettagliati. Essa dovrebbe invece dare una indicazione generale riguardo alla natura della discrezionalità che dovrebbe essere attribuita ai giudici nazionali in questione.

iii) Parere

48 In primo luogo, vorrei sottolineare che il diritto comunitario non dovrebbe stabilire l'esigenza assoluta di una norma che preveda un esame sostanziale dei fatti e del merito della pretesa dell'amministrazione tributaria nella fase del sindacato giurisdizionale sul provvedimento di trattenuta. Come risulta evidente, nelle presenti cause, soprattutto dalla formulazione del quarto comma dell'art. 81, n. 3, del regio decreto n. 4, l'accertamento definitivo della pretesa tributaria controversa deve attendere una pronuncia giudiziale definitiva. Quest'ultima implica un dettagliato esame dei fatti e delle questioni giuridiche contestati con la possibilità di ricorsi all'interno della gerarchia del ordinamento giuridico nazionale. Ciò necessariamente richiede tempo e, infatti, nel corso della seconda udienza, con riferimento al procedimento Garage Molenheide, si è sottolineato il fatto che molti di questi ricorsi rimangono pendenti per anni. Ciò non è sorprendente. Il presente procedimento, tuttavia, riguarda disposizioni relative alla trattenuta in via provvisoria di un rimborso basata su una norma che riguarda misure cautelari. Di per sé questo tipo di provvedimento non comporta accertamenti definitivi delle controverse questioni. Suppongo che il beslagrechter non debba pronunciarsi in via definitiva su controverse e complesse questioni di fatto e di diritto, quanto piuttosto debba emettere provvedimenti provvisori quale giudice dell'urgenza.

49 Il beslagrechter dovrebbe tuttavia, in via di principio, avere il potere di revocare il sequestro. Nelle osservazioni presentate, in particolare, nel corso della seconda udienza, vi era un notevole disaccordo tra il patrocinante delle ricorrenti, da un lato, e l'avvocato dello Stato belga, dall'altro, in ordine alla portata e all'esistenza di un potere discrezionale in capo al beslagrechter. Infatti, questa situazione di incertezza sembra riflettersi in qualche misura nei diversi atteggiamenti dei vari beslagrechters. Alcuni di essi sono stati descritti come molto rigorosi nell'interpretare i loro poteri, mentre altri sembrano aver adottato un atteggiamento più flessibile. Tali questioni di diritto belga non possono ovviamente essere risolte dalla Corte, che può soltanto indicare, come sopra rilevato, la natura della discrezionalità, che deve esistere, e la sua esistenza deve essere generalmente nota, qualora la dovuta tutela debba essere accordata ai diritti conferiti dal diritto comunitario.

50 Naturalmente il criterio fondamentale è costituito dal fatto che la misura presa sia proporzionata al fine da realizzare. In altre parole, essa non dovrebbe andare oltre ciò che è strettamente necessario al perseguimento di tale scopo, vale a dire la tutela della stessa amministrazione dell'IVA nel suo compito di garantire l'integrità finanziaria del sistema e di riscuotere le imposte. Suggerisco di applicare, per analogia, il principio enunciato dalla Corte nella sentenza Commissione/Belgio (53), nel caso di una deroga ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva, secondo il quale misure idonee «alla prevenzione di frodi o evasioni fiscali» non possono derogare al rispetto della base imponibile IVA stabilita all'art. 11, «se non nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale obiettivo». Questo approccio consente di adottare alcuni principi guida. Concordo con la tesi suggerita dalla Commissione nel corso della seconda udienza; vale a dire che, in casi come quelli riconducibili al quarto comma dell'art. 81, n. 3, del regio decreto n. 4 - in senso lato, casi di debiti controversi -, la presunzione sarebbe contro la proporzionalità e che, allo stesso modo, in casi come quelli riconducibili al quinto comma, specialmente quelli riguardanti gravi sospetti di frode, la presunzione opererebbe nella direzione opposta.

51 La decisione emessa da un giudice nazionale riguardo alla conferma o alla revoca di un provvedimento di trattenuta a titolo conservativo, come tutte le misure cautelari, deve dipendere dalle particolari circostanze del caso. Proverò ad indicare il corretto approccio ad una serie di queste circostanze. Ritengo che l'interesse preminente debba essere la necessità di preservare il gettito dell'IVA. Sembrerebbe che la norma relativa alla trattenuta, di cui all'art. 81, n. 3, del regio decreto n. 4 capovolga il requisito normale dell'ordinamento belga per quanto riguarda l'accertamento dell'urgenza, cioè la necessità urgente di preservare il gettito. A mio avviso, l'amministrazione dell'IVA deve in ogni caso essere in grado di motivare i provvedimenti adottati in base alla necessità, vale a dire una reale ed urgente necessità di preservare il gettito dell'imposta. Nei casi che rientrano nel quinto comma, il verbale deve dimostrare, in prima analisi, l'esistenza di gravi sospetti di frode o, in alternativa, l'esistenza della prova di gravi dichiarazioni in difetto per periodi precedenti nel senso che si possa prevedere l'esistenza di un debito a favore dell'amministrazione dell'IVA. Va da sé che tale debito previsto deve essere tale da giustificare la trattenuta del rimborso. Di conseguenza, l'esistenza di una prova basata sulla frode o su dichiarazioni recanti gravi inesattezze (anche se non fraudolente) potrebbe ragionevolmente indurre un giudice nazionale a ritenere necessario tutelare gli interessi del fisco. Tuttavia tale tutela deve anche tener conto di tutte le altre circostanze rilevanti. Per esempio, le dimensioni dell'impresa esercitata dal soggetto passivo e la sua stabilità finanziaria possono essere circostanze idonee a convincere un giudice che non vi è necessità di operare una trattenuta a titolo conservativo. Se, d'altro canto, tale impresa sembra essere in pericolo di insolvenza o di fallimento, si può ragionevolmente ritenere che, in una situazione incerta, un debito non dovrebbe essere versato ad un'impresa su cui potrebbe soddisfarsi la massa dei creditori e che non avrebbe disponibilità per soddisfare i crediti dell'amministrazione tributaria.

52 Nel corso della seconda udienza, le ricorrenti hanno ripetutamente contestato l'affermazione del Belgio secondo la quale un belslagrechter può revocare una trattenuta a titolo conservativo, in particolare nelle fattispecie di cui al quinto comma. Va da sé che, nonostante le apparenti ambiguità del diritto belga, il principio di proporzionalità del diritto comunitario richiede la sussistenza di una reale opportunità di sindacato giurisdizionale per il soggetto passivo. Cosicché «è compito dei giudici nazionali, secondo il principio di collaborazione enunciato dall'art. 5 del Trattato, garantire la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario aventi effetto diretto» (54). In mancanza di disciplina comunitaria in materia di riscossione dell'IVA, spetta all'ordinamento giuridico interno «designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario aventi effetto diretto» (55). Nelle circostanze del presente caso di specie, i giudici belgi e, in particolare, i beslagrechters devono garantire che, nel ponderare i diritti dei soggetti passivi ai sensi dell'art. 18, n. 4, nei confronti del fisco, essi «non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario» (56).

53 Nel caso in cui il beslagrechter tratti le fattispecie previste al quarto comma, sono dell'avviso che la trattenuta debba essere autorizzata solo nel caso in cui esista la prova convincente dell'esigenza di tutelare gli interessi del fisco nazionale. Ciò non si limiterebbe alle fattispecie di perdurante insolvenza, sebbene questa sia un'importante questione. Inoltre, non ritengo che gli interessi del fisco richiedano l'adozione di ordini di sequestro che mirino, oltre a garantire il pagamento di asseriti debiti (e relativi interessi), a garantire anche sanzioni amministrative comminate rispetto a tali asseriti debiti. Una trattenuta di questo genere costituirebbe una immotivata interferenza con l'esercizio del diritto alla deduzione.

54 A mio avviso, il beslagrechter deve, sulla scorta della sua valutazione dei numerosi elementi di fatto che gli è dato riscontrare, essere in grado di giudicare in modo equilibrato riguardo alla necessità del provvedimento di trattenuta nell'interesse dell'amministrazione dell'IVA, tenendo conto: dell'apparente forza e gravità della prova di frode o dichiarazione in difetto; della probabilità del dovuto ricupero dell'importo del credito dopo la completa definizione della controversia; della stabilità finanziaria del soggetto passivo; del probabile decorso del tempo fino alla soluzione della controversia, e dando la dovuta importanza all'esigenza del soggetto passivo riguardo al pagamento dell'importo dovutogli ai fini della continuazione della sua attività. Come la Corte ha statuito nella sentenza Factortame e a. (57), «la piena efficacia del diritto comunitario sarebbe del pari ridotta se una norma di diritto nazionale potesse impedire al giudice chiamato a dirimere una controversia disciplinata dal diritto comunitario di concedere provvedimenti provvisori allo scopo di garantire la piena efficacia della pronuncia giurisdizionale sull'esistenza dei diritti invocati in forza del diritto comunitario». Inoltre, un soggetto passivo, che ottenga infine ragione nella controversia contro l'amministrazione dell'IVA, deve aver diritto ad un'effettiva compensazione da parte del Belgio, come gli interessi a decorrere dalla data in cui altrimenti (vale a dire, se non vi fosse stata la trattenuta) il rimborso trattenuto sarebbe stato pagato.

VI - Conclusione

55 Alla luce di quanto sopra esposto, propongo che la Corte risponda alle varie questioni sollevate dai tre giudici nazionali, che le hanno sottoposto questioni in questi quattro procedimenti riuniti, nel modo seguente:

«1) L'art. 18, n. 4, della sesta direttiva 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, è sufficientemente chiaro, preciso ed incondizionato da poter essere direttamente invocato dai soggetti passivi negli ordinamenti giuridici interni degli Stati membri.

2) Le norme nazionali che permettono la trattenuta a titolo conservativo dei crediti IVA che si presumono dovuti ad un soggetto passivo per un determinato periodo d'imposta non sono, in via di principio, incompatibili con l'art. 18, n. 4, della sesta direttiva.

3) I provvedimenti di trattenuta a titolo conservativo dell'IVA non devono tuttavia andare oltre ciò che è strettamente necessario alla tutela degli interessi fiscali degli Stati membri nel garantire l'effettiva riscossione dell'IVA e i giudici nazionali devono garantire che un soggetto passivo, il cui esercizio del diritto alla deduzione conferito dall'art. 18, n. 4, della sesta direttiva sia intaccato da tali provvedimenti, possa avvalersi di garanzie procedurali prima dell'adozione del provvedimento, che devono includere, tra l'altro, la notificazione dei motivi della trattenuta e la possibilità di chiedere un effettivo sindacato giurisdizionale del provvedimento dopo la sua adozione da parte dell'amministrazione IVA. In caso di trattenuta di un credito IVA non controverso basato su un precedente debito IVA controverso, le disposizioni nazionali che presuppongono l'urgenza e/o stabiliscono la necessità del sequestro devono essere disapplicate dal giudice nazionale dinanzi al quale venga proposta una domanda di provvedimento urgente di revoca della trattenuta; tale giudice deve avere il potere di stabilire autonomamente, in base a tutte le prove disponibili e a tutte le circostanze della fattispecie, ivi compresa la disponibilità di effettive forme alternative di tutela per l'amministrazione dell'IVA, se vi sia necessità urgente della trattenuta. Tuttavia, tale necessità urgente non può andare oltre la garanzia costituita dall'importo del debito controverso (più interessi). In caso di trattenuta basata su gravi sospetti di frode o altre gravi irregolarità nelle operazioni del soggetto passivo che vanta un diritto ad un credito IVA, il giudice dell'urgenza che decide sulla relativa domanda di sospensione deve avere il potere, laddove non sia convinto, alla luce della prova contraria che il soggetto passivo deve fornire in ordine alla validità dei dubbi dell'amministrazione dell'IVA, di revocare la trattenuta nella misura in cui lo ritenga giusto. In tutti i casi di trattenuta a titolo conservativo, l'amministrazione dell'IVA deve provvedere, nel caso in cui il soggetto passivo risulti alla fine vittorioso nella domanda principale riguardante la trattenuta, a pagare gli interessi sull'importo trattenuto a far data dal momento in cui, secondo le normali disposizioni sulla deduzione applicate in quello Stato membro in attuazione della sesta direttiva, l'importo doveva essere pagato al soggetto passivo».

(1) - Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme.

(2) - Belgisch Staatsblad 31 dicembre 1992.

(3) - Administratie van de B.T.W., Registratie en Domeinen, in prosieguo: «l'amministrazione dell'IVA».

(4) - Belgisch Staatsblad (vierde uitgave) 30 dicembre 1992. Il testo in francese è stato successivamente modificato ed è stato pubblicato nella versione inserita nell'art. 6 del regio decreto 14 aprile 1993 (Moniteur belge 30 aprile 1992). Il modificato regio decreto n. 4 è entrato in vigore il 1_ gennaio 1993, ai sensi dell'art. 13 del regio decreto 30 dicembre 1992.

(5) - Belgisch Staatsblad 31 dicembre 1969.

(6) - L'art. 1413 del Codice di procedura sembrerebbe riguardare l'onere di provare l'urgenza dei provvedimenti provvisori richiesti.

(7) - Non esiste una traduzione esatta della nozione di «proces-verbaal» («procès-verbal» è il termine equivalente nel testo francese della normativa belga). Si può tradurre in vari modi come relazione, rapporto o verbale, ma è importante sottolineare il suo valore probatorio come descritto nella seguente nota 8. Ho scelto per queste conclusioni di adottare la traduzione «verbale», in quanto «verbali» è il termine usato nella traduzione di «procès-verbal» che appare nella versione inglese dell'art. 47 del regolamento di procedura della Corte.

(8) - Ai sensi dell'art. 59 del Codice un «proces-verbaal» si presume autentico fino a prova contraria.

(9) - L'espressione equivalente nella versione francese del decreto è «juge des saisies». Per convenienza, e tenendo conto del fatto che l'olandese è la lingua processuale, sarà utilizzata nel prosieguo l'espressione olandese. Il plurale, beslagrechters, sarà usato se necessario.

(10) - Un verbale successivo riguardante la dichiarazione del ricorrente per il secondo trimestre, contenente risultati supplementari, veniva redatto il 26 ottobre 1993.

(11) - Le osservazioni scritte dello Stato belga si riferiscono anche ad un altro (primo) ordine di sequestro del 15 giugno 1994, ai sensi dell'art. 81, n. 3, quarto comma, che era stato notificato con lettera raccomandata al ricorrente il 16 giugno 1994 e che riguardava una somma di BFR 118 984 riguardante il credito del ricorrente per lo specifico acconto del periodo dal 31 gennaio 1992 al 30 aprile 1992.

(12) - La ricorrente afferma che il procedimento penale era stato inizialmente avviato contro gli amministratori della Sanders. Tuttavia, l'autorità giudiziaria si era pronunciata con un non luogo a procedere con ordinanza del giudice 10 dicembre 1991. Solo in seguito a ciò il procedimento di sequestro era stato avviato.

(13) - Il ricorrente evidenzia nelle sue osservazioni scritte che il 7 marzo 1996 l'ufficio IVA aveva trattenuto anche (a quanto risulta ai sensi dell'art. 81, n. 3, quarto comma, del regio decreto n. 4) l'importo di BFR 121 106, che era l'importo a credito del ricorrente del dicembre 1995, rispetto allo stesso presunto debito come risulta nella controversia della causa principale Sanders.

(14) - Queste ordinanze sono state emesse, rispettivamente, ai sensi degli artt. 61 e 43 del regolamento di procedura.

(15) - Lo «Stato belga» è di fatto il convenuto, formalmente, in ciascuno dei procedimenti nazionali. Tuttavia, per convenienza, farò riferimento, in prosieguo, al convenuto come «Belgio».

(16) - La Repubblica ellenica e il Regno di Svezia hanno presentato osservazioni scritte nei procedimenti Schepens, BRD Decan e Sanders, mentre la Repubblica italiana, che aveva inizialmente depositato osservazioni scritte nel procedimento Garage Molenheide, ha presentato osservazioni scritte anche nei procedimenti Schepens e BRD Decan.

(17) - La sentenza della High Court of England and Wales nella causa Regina/Customs and Excise Commissioner, ex parte Strangewood Ltd [1987] STC 502, veniva citata a sostegno dell'affermazione che gli uffici IVA devono effettuare questa analisi entro un periodo ragionevole.

(18) - Il riferimento viene fatto ai testi olandese («regeling»), tedesco («Einzelheiten»), francese («modalités»), italiano («modalità») e spagnolo («modalidades»). La versione inglese usa la stessa espressione, «conditions», in entrambi gli artt. 18, nn. 3 e 4, mentre diverse altre versioni, in altre lingue, utilizzano diverse espressioni in ognuna di queste disposizioni.

(19) - Viene fatto riferimento, tra tante altre, alle sentenze pronunciate il 2 agosto 1993 riguardanti l'IVA, nella causa C-276/91, Commissione/Francia (Racc. pag. I-4413), e il 20 ottobre 1993, nella causa C-10/92, Balocchi (Racc. pag. I-5105).

(20) - Nel procedimento Molenheide, il Belgio ha sostenuto che questa discrezionalità esclude l'effetto diretto dell'art. 18, n. 4. Nelle sue osservazioni sulle successive ordinanze di rinvio pregiudiziali, questa tesi non era stata (almeno non espressamente) reiterata.

(21) - Ad esempio, l'istruttoria e la decisione definitiva di sequestrare non sono prese dall'ufficio locale delle imposte, bensì da funzionari esterni specializzati dell'amministrazione IVA.

(22) - Sebbene nel quinto comma non utilizzi l'espressione «frode», l'avvocato dello Stato belga ha sostenuto nel corso della seconda udienza che i provvedimenti di trattenuta a titolo conservativo ai sensi del punto 5 erano, in pratica, limitati ai casi di frode. Essi riguardano sospette «inesatte informazioni» che risultino nel caso di un debito d'imposta, la cui consistenza non possa essere stabilita in modo pronto o rapido. Ciò, come affermato dall'avvocato, non riguarderebbe i casi in cui vi siano potenziali debiti basati su mere inesattezze o calcoli errati nelle precedenti dichiarazioni d'imposta, la cui entità possa essere calcolata con relativa facilità.

(23) - Si riferisce, in particolare, all'art. 22, n. 8, nonché agli artt. 13 A, punto 1, 13 B, punto 1, 14, n. 1, e 15.

(24) - La Commissione si riferisce, in particolare, alle sentenze 10 aprile 1984, causa 324/82, Commissione/Belgio (Racc. pag. 1861), e 7 aprile 1987, causa 196/85, Commissione/Francia (Racc. pag. 1597).

(25) - Si fa altresì riferimento alla giurisprudenza che riguarda la proporzionalità di sanzioni per la violazione dei regolamenti IVA: sentenze 25 febbraio 1988, causa 299/86, Drexl 1988 (Racc. pag. 1213), e 2 agosto 1993, causa C-276/91, Commissione/Francia (Racc. pag. I-4413). Nel corso della seconda udienza, è stata richiamata anche la recente sentenza 23 gennaio 1997, causa C-29/95, Pastoors e Trans-Cap (Racc. pag. I-285).

(26) - Sebbene l'art. 76, n. 1, commi primo e secondo, del Codice sembrino attuare il diritto di cui all'art. 18, n. 4 della sesta direttiva in Belgio, la finalità di queste disposizioni viene limitata dall'art. 76, n. 1, terzo comma, del Codice e dal regio decreto n. 4.

(27) - V., tra l'altro, sentenze 5 aprile 1979, causa 148/78, Ratti (Racc. pag. 1629) e, più recentemente, 14 aprile 1994, causa C-91/92, Faccini Dori (Racc. pag. I-3325).

(28) - V., ad esempio, causa 8/81, Becker/Finanzamt Münster-Innenstadt (Racc. 1982, pag. 53), e causa C-62/93, BP Supergaz (Racc. 1995, pag. I-1883).

(29) - Sentenza BP Supergaz, citata, punto 34.

(30) - Sentenza citata, punto 35.

(31) - V. art. 17, n. 1, della sesta direttiva.

(32) - V. conclusioni dell'avvocato generale Mancini nella causa 71/85, Paesi Bassi/Federatie Nederlandse Vakbeweging (Racc. 1986, pag. 3855, in particolare pag. 3867, paragrafo 17).

(33) - Nella causa Paesi Bassi/Federatie Nederlandse Vakbeweging, era stata sottoposta alla Corte la questione se l'art. 4, n. 1, della direttiva del Consiglio 9 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU L 6, pag. 24) avesse effetto diretto. Dubbio incentrato sul principio della non discriminazione, poiché vi erano (almeno) quattro modi diversi utilizzati dai soli Paesi Bassi per attuarlo. Tuttavia la Corte ha respinto la tesi secondo la quale tali scelte si distaccavano dall'incondizionalità dell'obbligo imposto dalla disposizione di cui trattasi.

(34) - Espressione utilizzata dalla Corte per definire l'obiezione dell'Irlanda all'effetto diretto della direttiva 79/7 nella sentenza 24 marzo 1987, causa 286/85, Mc Dermott e Cotter (Racc. pag. 1453, punto 15).

(35) - Sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90 Francovich e a. (Racc. pag. I-5357, punto 17). Nella citata sentenza BP Supergaz, la Corte ha statuito che l'art. 11 A, n. 1, e B, nn. 1 e 2, e l'art. 17, nn. 1 e 2, della sesta direttiva avevano effetto diretto, «malgrado l'art. 11, parte B, n. 2, riconosca agli Stati membri la facoltà di assumere quale base imponibile il valore definito nel regolamento n. 803/68» (conclusioni dell'avvocato generale Jacobs, paragrafo 48), poiché «tali disposizioni non lasciano agli Stati membri alcun margine di discrezionalità per quanto attiene alla loro attuazione» (punto 35 della sentenza).

(36) - V., ad esempio, sentenze 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman (Racc. pag. 655, punto 16), e 21 settembre 1988, causa 50/87, Commissione/Francia (Racc. pag. 4797, punto 15).

(37) - Sentenza 5 maggio 1982, causa 15/81, Schul (Racc. pag. 1409, punto 10).

(38) - Esso è definito come «elemento di base» del sistema nella sentenza Rompelman (punto 16).

(39) - V. sentenza 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz (Racc. pag. I-3795, punto 27).

(40) - Sentenza Lennartz, loc. cit., punto 29.

(41) - Sentenza 14 luglio 1988, cause riunite 123/87 e 330/87, Jeunehomme e a. (Racc. pag. 4517).

(42) - Loc. cit., punto 16 della sentenza. L'avvocato generale Sir Gordon Slynn ha esplicitamente riconosciuto che la «sesta direttiva non è stata una completa armonizzazione di tutte le norme riguardanti l'amministrazione del sistema IVA» e che «il Consiglio ha lasciato facoltà agli Stati membri di prescrivere che altri dati devono essere indicati nella fattura, in quanto necessari per la gestione del sistema, sempreché i provvedimenti adottati in questo senso perseguano gli scopi della direttiva, non creino deroghe al sistema comunitario e non ne limitino la portata».

(43) - Sentenza 5 dicembre 1996, causa C-85/95, Reisdorf (Racc. pag. I-6257).

(44) - Loc. cit., punto 24.

(45) - Loc. cit., punto 26.

(46) - Sentenza 21 settembre 1988, causa 50/87, Commissione/Francia (Racc. pag. 4797).

(47) - Loc. cit., punto 16.

(48) - Sentenza 10 aprile 1984, causa 324/82 (Racc. pag. 1861).

(49) - Loc. cit., punto 29. Va sottolineato che le misure in questione nel detto procedimento erano in vigore dal 1_ gennaio 1977 e, pertanto, rientravano nell'ambito di applicazione delle norme transitorie previste all'art. 27, n. 5. Tuttavia non v'è motivo di ritenere che la Corte avrebbe adottato un diverso orientamento se l'art. 27, n. 5, non fosse stato applicabile: v., al riguardo, le mie conclusioni 27 febbraio 1997 nella causa C-63/96, Skripalle (Racc. pag. I-2874, in particolare pag. I-2849, paragrafi 25-28).

(50) - Sentenza citata, nota 19 supra.

(51) - Sentenza 15 ottobre 1987, causa 222/86, Unectef/Heylens e a. (Racc. pag. 4097, punti 14 e 15).

(52) - V. sentenze 17 ottobre 1995, causa C-70/94, Werner (Racc. pag. I-3189), e causa C-83/94, Leifer e a. (Racc. pag. I-3231); conclusioni dell'avvocato generale Jacobs (Racc. 1995, pag. I-3191, paragrafo 65).

(53) - Sentenza 10 aprile 1984, causa 324/82, Commissione/Belgio (Racc. pag. 1861, punto 29).

(54) - Sentenza 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck (Racc. pag. I-4599, punto 12).

(55) - Loc. cit.

(56) - Sentenza citata, punto 12.

(57) - Sentenza 16 giugno 1990, causa C-213/89, Factortame e a. (Racc. I-2433, punto 21).