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61995C0283

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 20 marzo 1997. - Karlheinz Fischer contro Finanzamt Donaueschingen. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Finanzgericht Baden-Württemberg - Germania. - Disposizioni fiscali - Sesta direttiva IVA - Applicazione in caso di organizzazione di giochi d'azzardo illeciti - Determinazione della base imponibile. - Causa C-283/95.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-03369


Conclusioni dell avvocato generale


1 I problemi sollevati dalla presente controversia, deferita alla Corte dal Finanzgericht del Baden-Württemberg, sono i seguenti: se operazioni consistenti nell'illecita organizzazione di giochi di roulette siano operazioni imponibili ai fini IVA; in caso affermativo, se uno Stato membro debba esentarle dall'imposta nel caso in cui esso accordi tale esenzione per i giochi di questo tipo svolti in pubbliche case da gioco autorizzate; in caso negativo, come debba essere determinata la base imponibile ai fini dell'IVA.

Norme comunitarie e nazionali pertinenti

2 L'art. 2 della sesta direttiva (1) così dispone:

«Sono soggette all'imposta sul valore aggiunto:

1. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

(...)».

3 L'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della direttiva stabilisce che la base imponibile all'interno del paese è costituita da:

«(...) tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

4 L'art. 13, parte B, lett. f), prevede un'esenzione dall'imposta per:

«le scommesse, le lotterie e altri giochi d'azzardo con poste di denaro, salvo condizioni e limiti stabiliti da ciascuno Stato membro».

5 L'art. 33 della direttiva recita:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, le disposizioni della presente direttiva non vietato ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d'affari».

6 L'art. 1, n. 1, punto 1, della legge tedesca relativa all'imposta sul giro di affari attua l'art. 2, n. 1, della direttiva assoggettando all'IVA le operazioni effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un commerciante che opera nell'ambito della sua attività commerciale. Conformemente all'art. 13, parte B, lett. f), della direttiva, l'art. 4, n. 9, lett. b), della legge esenta tra l'altro dall'imposta il giro di affari di pubbliche case da gioco autorizzate, quale risulta dalle operazioni effettuate dalle medesime.

I fatti e le questioni pregiudiziali

7 In forza della legge tedesca, il gioco della roulette può essere organizzato a fini commerciali solo da pubbliche case da gioco autorizzate. Negli anni 1987-1989 il signor Fischer organizzava giochi di roulette in varie località della Repubblica federale di Germania. Il signor Fischer non era titolare di una autorizzazione all'esercizio di una casa da gioco e quindi all'organizzazione di giochi di roulette, tuttavia era in possesso di un permesso di esercitare un gioco di abilità, facendo uso di una macchina denominata «Roulette Opta II». Egli si discostava però da questo permesso in modo tale che il gioco praticato equivaleva, sostanzialmente, al gioco di roulette.

8 L'attrezzatura utilizzata dal signor Fischer consisteva in una ruota recante una serie di numeri da 1 a 24, oltre ai «numeri» 0 e X. I numeri da 1 a 12 si trovavano in campo nero e quelli da 13 a 24 in campo rosso. Lo scopo del gioco era quello di indovinare, ponendo gettoni sui corrispondenti campi del tavolo da gioco, dove si sarebbe fermata la pallina lanciata dal banchiere. I giocatori acquistavano i gettoni al prezzo di 5 DM cadauno. Ad ogni giocata potevano porre uno o più gettoni su uno dei numeri da 1 a 24, sullo 0 e sulla X (en plein), sulla linea tra due numeri (à cheval) e/o sul campo dei numeri rosso e/o nero. Se la pallina rimaneva sul numero su cui era stato posto il gettone, il corrispondente giocatore riceveva dal banchiere la sua posta moltiplicata per 24; se la pallina si fermava su uno dei due numeri tra i quali era stato posto il gettone, il giocatore riceveva la sua posta moltiplicata per 12, se si fermava sul campo dei numeri in rosso o in nero sul quale il giocatore aveva posto il gettone, questi riceveva il doppio della sua posta. Il pagamento delle vincite veniva effettuato in gettoni subito dopo ogni giocata e i gettoni raccolti dal banchiere potevano essere utilizzati per il pagamento di vincite o per la vendita. I giocatori che non volevano più continuare a giocare potevano cambiare in denaro i gettoni rimasti in loro possesso.

9 Il signor Fischer registrava come giro d'affari imponibile i suoi introiti netti, vale a dire gli utili realizzati alla fine di ogni giorno. Il Finanzamt riteneva tuttavia che la base imponibile fosse costituita dalle somme di denaro (in forma di gettoni) poste in gioco dai giocatori in ciascun gioco o serie di giochi, dedotte le loro vincite (sempre in forma di gettoni). Pur non essendo del tutto chiaro, sembra che il Finanzamt si sforzasse di tener conto soltanto delle sedute nelle quali la casa da gioco aveva ottenuto un utile netto, ignorando le sue perdite nette in altre sedute. Poiché il signor Fischer non aveva registrato tale voce (che avrebbe presupposto la registrazione delle giocate e delle vincite di ciascun giocatore), il Finanzamt stimava tale importo moltiplicando i suoi introiti netti per un coefficiente 6, basato su un calcolo di probabilità di vincita e di perdita per ogni giocatore.

10 Il Finanzgericht pone anzitutto il quesito se la fornitura di giochi di roulette sia un'operazione assoggettabile ad imposta. Il signor Fischer non gestiva una pubblica casa da gioco autorizzata ai sensi dell'art. 4, n. 9, lett. b), della legge relativa all'imposta sul giro di affari, ed era stato per questo condannato, a norma dell'art. 284 del codice penale tedesco, per illecito esercizio di gioco d'azzardo. Poiché il giro di affari del signor Fischer non soddisfa le condizioni per l'esenzione ai sensi dell'art. 4, n. 9, lett. b), il Finanzgericht ne desume che esso è assoggettabile ad imposta ai sensi della legge tedesca, in forza della disposizione generale sull'imposta di cui all'art. 1, n. 1, punto 1, prima frase, della legge. Tuttavia il Finanzgericht si chiede, richiamandosi alle sentenze della Corte nelle cause Happy Family (2) e Mol (3), nelle quali la Corte ha affermato che le cessioni illecite di stupefacenti non rientrano in linea di principio nell'ambito di applicazione dell'IVA, se sotto il profilo del diritto comunitario la circostanza che le operazioni del signor Fischer fossero illecite ai sensi della legge tedesca escluda la loro assoggettabilità all'imposta.

11 In secondo luogo, supponendo che le operazioni effettuate dal signor Fischer siano imponibili, il Finanzgericht chiede ragguagli in ordine alla determinazione della base imponibile. Il Finanzgericht è propenso ad accogliere il punto di vista del Finanzamt, tuttavia ritiene che osti ad una pronuncia in tal senso la sentenza della Corte nella causa Glawe (4), nella quale la Corte ha dichiarato che la base imponibile di servizi consistenti nella gestione di macchine automatiche per giochi d'azzardo era l'introito netto ricavato dalla macchina dopo il pagamento delle vincite, e non il totale delle poste impegnate dai giocatori nella macchina. Il Finanzgericht sottolinea l'analogia esistente tra le due forme di gioco d'azzardo, aggiungendo che, pur avendo la Corte sottolineato nella sua sentenza che le macchine automatiche venivano per legge predisposte in modo tale che le vincite pagate corrispondessero ad almeno il 60% delle poste impegnate, tale punto non può considerarsi essenziale nel ragionamento della Corte.

12 Il Finanzgericht ha pertanto sottoposto alla Corte le seguenti questioni:

«1) Se l'art. 2, n. 1, della sesta direttiva CE debba essere interpretato nel senso che non sono operazioni imponibili i servizi forniti ai giocatori dal gestore di giochi d'azzardo non autorizzati e perseguibili penalmente.

2) In caso di soluzione negativa della prima questione:

se l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che, in relazione a giochi d'azzardo non autorizzati che si svolgono in forma di roulette, la base imponibile per le varie prestazioni fornite dal gestore del gioco ai giocatori è costituita dall'importo che rimane al gestore nel corso di un periodo d'imposta.

3) In caso di soluzione negativa della seconda questione:

come debba essere determinata la base imponibile nei casi di cui alle questioni prima e seconda».

La prima questione

13 La giurisprudenza della Corte in tema di assoggettamento all'IVA di operazioni illecite ha le sue radici nella giurisprudenza in materia di dazi doganali. Nelle sentenze Horvath (5), Wolf (6) e «Einberger I» (7), la Corte ha ritenuto insussistente un debito doganale all'atto dell'importazione di stupefacenti che non fanno parte del circuito economico strettamente sorvegliato dalle competenti autorità per essere destinati ad uso medico e scientifico. Il ragionamento della Corte era che l'importazione e la messa in commercio di stupefacenti secondo modalità diverse dal suddetto circuito erano vietate negli Stati membri in forza di un accordo internazionale, la Convenzione unica sugli stupefacenti, al quale avevano aderito tutti gli Stati membri. Un debito doganale non poteva sorgere all'atto dell'importazione di stupefacenti che non potevano essere messi in commercio ed entrare nel circuito economico della Comunità. Essa ha aggiunto che le importazioni illecite di stupefacenti erano completamente estranee all'ambito di applicazione e agli scopi assegnati alla Comunità dall'art. 2 del Trattato nonché alle linee di condotta fissate dall'art. 29 per la gestione dell'Unione doganale.

14 Nella sentenza «Einberger II» (8), la Corte ha esteso la propria giurisprudenza relativa ai dazi doganali all'applicazione dell'IVA a importazioni illecite di stupefacenti. Successivamente, nelle sentenze Happy Family (9) e Mol (10), la Corte ha affermato che le cessioni illecite di stupefacenti all'interno del paese non rientravano nell'ambito di applicazione dell'IVA. Essa ha rilevato come il traffico illecito di stupefacenti fosse estraneo agli scopi della sesta direttiva, quale in particolare quello di contribuire all'effettiva liberalizzazione della circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali e all'interpenetrazione delle economie nazionali, nonché alla realizzazione di un mercato comune che implichi una sana concorrenza ed abbia caratteristiche analoghe a quelle di un vero mercato interno (11).

15 In due successive cause la Corte era chiamata a conoscere della stessa problematica in relazione ad altre due categorie di merci. Nella sentenza Witzemann (12), essa ha esteso alle importazioni di denaro falso la giurisprudenza relativa ai dazi doganali e all'IVA rilevando come la motivazione posta a fondamento di quella giurisprudenza si applicasse a maggior ragione al caso del denaro falso, il quale, a differenza degli stupefacenti, era assoggettato a un divieto totale di importazione e messa in commercio. Nella sentenza Lange (13), per converso, la Corte ha ritenuto che le esportazioni di beni verso l'Europa dell'Est effettuate in violazione di un divieto di esportazione adottato nell'ambito del Coordinating Committee for Multilateral Export Controls (COCOM) erano assoggettabili all'imposta. A differenza delle precedenti cause, non si trattava di merci per le quali tutte le operazioni erano vietate per via della natura stessa delle merci o delle loro particolari caratteristiche; ad essere proibita era soltanto la loro esportazione verso determinate destinazioni, a causa di un eventuale uso per scopi strategici.

16 Nella presente causa, sono pervenute alla Corte osservazioni dai governi tedesco e del Regno Unito e dalla Commissione. Tutti e tre concordano nel ritenere che, diversamente dal caso delle operazioni illecite aventi ad oggetto stupefacenti e denaro falso, la fornitura non autorizzata di giochi di roulette rientri nell'ambito di applicazione della direttiva. Condivido questo punto di vista.

17 E' evidente che la giurisprudenza della Corte relativa agli stupefacenti e al denaro falso costituisce un'eccezione, rispetto alla normale regola secondo la quale alle operazioni lecite ed illecite va riservato lo stesso trattamento fiscale. Nelle sentenze Mol e Happy Family, la Corte ha così dichiarato:

«Si deve ammettere che effettivamente il principio della neutralità fiscale non consente, in materia di riscossione dell'IVA, una distinzione generale fra le operazioni lecite e le operazioni illecite. Tuttavia questa considerazione non vale per la cessione di merci come gli stupefacenti, che si trovano in una situazione particolare per il fatto di ricadere in tutti gli Stati membri, per loro stessa natura, sotto il divieto assoluto di messa in circolazione, fatta eccezione per un circuito economico rigorosamente sorvegliato in vista dell'uso per scopi medici e scientifici. In questa situazione specifica, in cui è esclusa qualsiasi concorrenza tra un settore economico lecito e un settore illecito, il non assoggettamento all'IVA non può compromettere il principio della neutralità fiscale» (14).

18 La Corte, pertanto, rispondendo alla preoccupazione espressa nelle suddette cause dai governi tedesco, francese e olandese, secondo cui un trattamento fiscale più favorevole delle operazioni illecite avrebbe compromesso il principio della neutralità fiscale (15), ha posto in chiaro che, se fosse esistita la possibilità di una concorrenza tra il commercio lecito e quello illecito, il trattamento fiscale sarebbe stato identico.

19 Tale ipotesi ricorre nel caso di specie. Le operazioni controverse nel presente procedimento si differenziano in modo netto dal traffico di narcotici o di denaro falso. La fornitura di servizi consistenti in giochi d'azzardo, come la roulette, forma oggetto di un commercio sostanzialmente lecito, che è parte integrante dell'economia della Comunità. Non è, per usare la definizione della Corte nelle sentenze Happy Family e Mol, «estranea agli scopi della sesta direttiva». Le operazioni controverse nel caso di specie sono illecite solo in quanto un gioco lecito per il quale era stata ottenuta un'autorizzazione era stato convertito in un gioco che poteva essere legalmente svolto soltanto in pubbliche case da gioco autorizzate. La fattispecie è molto più simile a quella della causa Lange (16), nella quale le merci non erano vietate per la loro stessa natura ed erano assoggettate a un divieto di esportazione semplicemente in quanto destinate verso determinati paesi per essere usate a scopi strategici. Nella presente causa esiste una possibilità di concorrenza tra commercio lecito e commercio illecito e il principio della neutralità fiscale impone che il sistema dell'IVA non favorisca i giochi d'azzardo illeciti, ponendoli in una posizione di vantaggio rispetto a quelli autorizzati.

20 Concludo pertanto nel senso che i giochi di roulette illeciti, come quelli controversi nel caso di specie, rientrano nell'ambito di applicazione dell'IVA. Essi sono quindi assoggettabili all'imposta ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva, a meno che non siano specificamente esentati ai sensi dell'art. 13, parte B, lett. f).

21 In tale contesto sorge un'ulteriore questione, non sollevata dal giudice nazionale, ma rilevante per l'esito della lite; in particolare, se la Repubblica federale di Germania possa, in forza dell'art. 13, parte B, lett. f), limitare l'esenzione dall'imposta ai giochi di roulette svolti nelle pubbliche case da gioco autorizzate. Il suddetto articolo consente agli Stati membri di stabilire «condizioni e limiti» alle esenzioni in esso previste. Resta però da accertare se il potere discrezionale dello Stato membro di limitare la portata dell'esenzione non trovi un limite nel principio della neutralità fiscale.

22 Come ha rilevato il Regno Unito nelle sue osservazioni scritte, la sentenza Lange dimostra come l'applicazione del principio della neutralità fiscale non sia circoscritta a situazioni nelle quali, senza l'applicazione dello stesso principio, il commercio lecito sarebbe stato posto in una situazione di svantaggio rispetto a quello illecito. In quella causa il principio della neutralità fiscale era applicato in una situazione nella quale il commercio illecito sarebbe stato altrimenti posto in una situazione di svantaggio. La Corte ha ritenuto che uno Stato membro esportatore non era autorizzato a revocare l'esenzione alle esportazioni di cui all'art. 15 della direttiva sul rilievo che le esportazioni in questione erano illecite. La Corte ha rilevato che, in conformità al principio della neutralità fiscale, su cui si fonda la sesta direttiva, l'art. 15 non delinea, in materia di esenzioni, alcuna distinzione fra esportazioni lecite ed illecite. Inoltre, rilevando che gli Stati membri erano tenuti, in forza dell'art. 17, n. 3, della direttiva, ad accordare la deduzione o il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto nella misura in cui i beni sono utilizzati per esportazioni esenti a norma dell'art. 15, la Corte ha aggiunto che l'obiettivo di queste esenzioni è di non assoggettare all'IVA i consumatori degli Stati terzi, a cui l'imposta comunitaria non si applica. Di conseguenza, il diniego, da parte di uno Stato membro, di esentare un'operazione di esportazione dall'IVA, come previsto dalla direttiva, al fine di punire la violazione di una disposizione nazionale che prevede un'autorizzazione in materia persegue un fine estraneo a quello della sesta direttiva (17).

23 Nelle sue osservazioni scritte il Regno Unito aveva rilevato che, alla luce di tale sentenza, il principio della neutralità fiscale precludeva alla Germania di applicare qualsiasi limitazione all'esenzione dall'imposta di cui all'art. 13, parte B, lett. f), nei confronti di operazioni lecite. Nel corso dell'udienza, tuttavia, esso ha ritrattato questo argomento affermando che si basava su un fraintendimento delle norme tedesche. Il Regno Unito ha osservato che uno Stato membro, pur non essendo autorizzato a distinguere, ai fini della concessione di esenzioni, tra operazioni lecite ed illecite, ben poteva stabilire condizioni e limiti per tale esenzione, ivi compresa una condizione in forza della quale l'operazione in questione fosse effettuata in pubbliche case da gioco autorizzate. La Germania poteva quindi legittimamente escludere dalle esenzioni operazioni non effettuate in pubbliche case da gioco autorizzate, ma non poteva, ad esempio, rifiutare un'esenzione per operazioni illecite effettuate all'interno di una tale casa da gioco o prestate illecitamente a causa del ritardo imputabile alla casa da gioco nel rinnovo della sua autorizzazione.

24 In udienza il governo tedesco ha cercato di giustificare la limitazione adducendo vari motivi. Esso ha sostenuto che il principio della neutralità fiscale non imponeva che l'esenzione fosse estesa alle operazioni illecite, dal momento che le due categorie di operazioni erano assoggettate a differenti condizioni di concorrenza. Nel diritto tedesco, la contropartita dell'esenzione dall'IVA disposta per i giochi di roulette autorizzati è che essi sono assoggettati ad una speciale tassa sulle scommesse o sulle case da gioco; le operazioni non esenti dall'IVA non sono soggette a tale tassa.

25 Risulta dall'ordinanza di rinvio che i controversi giochi d'azzardo, oggetto del procedimento a quo, sono sostanzialmente identici ai giochi di roulette svolti in case da gioco autorizzate. E' quindi difficile scorgere come possa conciliarsi con l'obiettivo di neutralità fiscale perseguito dalla direttiva il fatto che uno Stato membro neghi l'esenzione ai primi sul motivo che essi sono svolti senza autorizzazione.

26 Come ha correttamente puntualizzato il Regno Unito nelle sue osservazioni scritte, la sentenza Lange dimostra come il principio della neutralità fiscale osta a che il sistema dell'IVA sia utilizzato per penalizzare le operazioni illecite. L'applicazione dell'IVA non dovrebbe essere fatta dipendere dalle specificità delle norme penali di uno Stato membro. Ammettere un'eccezione nella presente fattispecie comporterebbe il minare alle fondamenta la coerenza che dovrebbe caratterizzare l'applicazione di una normativa fiscale.

27 Non ritengo possibile nel caso di specie sostenere, come ha cercato di fare il Regno Unito nel corso dell'udienza, che la Germania si sia limitata a stabilire le condizioni alle quali l'esenzione trova applicazione, piuttosto che compiere una distinzione generale - inammissibile secondo lo stesso Regno Unito - tra commercio lecito ed illecito. Il giudice nazionale descrive le norme tedesche come delineanti una demarcazione tra giochi di roulette leciti ed illeciti; la sua prima questione è formulata su questa base. Nulla nei documenti prodotti dinanzi alla Corte può far dubitare di tale analisi. Al contrario, risulta che soltanto i giochi di roulette leciti sono esenti dall'imposta, poiché possono essere forniti al pubblico esclusivamente da case da gioco autorizzate. Ha scarsa rilevanza, sotto tale profilo, il fatto che la distinzione fra giochi di roulette leciti ed illeciti risulti da una condizione in base alla quale l'esenzione si presume applicabile.

28 E' quindi superfluo, nel presente procedimento, prendere in esame il problema più generale dei limiti entro i quali, tralasciando le distinzioni tra commercio lecito ed illecito, il principio della neutralità fiscale può limitare il potere discrezionale, riconosciuto agli Stati membri dalla frase introduttiva dell'art. 13, parte B, o dalle singole esenzioni, di stabilire condizioni, limiti o esclusioni in riferimento a determinate esenzioni. Posto che le operazioni disciplinate dall'art. 13, parte B, della direttiva vengono effettuate in mercati caratterizzati dalla concorrenza, il principio della neutralità fiscale, se spinto all'eccesso, si risolverebbe teoricamente nell'annullare qualsiasi discrezionalità riconosciuta dalla direttiva agli Stati membri per quanto riguarda la definizione delle condizioni delle esenzioni in questione. Mi sembra, nondimeno, che la direttiva possa imporre limiti al potere degli Stati membri, nel definire la portata delle esenzioni, di operare distinzioni tra soggetti passivi in concorrenza che effettuano operazioni sostanzialmente identiche.

29 L'argomento del governo tedesco secondo cui il principio della neutralità fiscale non osta alle norme tedesche in quanto condizioni differenti sono applicabili alle operazioni lecite e a quelle illecite è, a mio parere, anch'esso infondato. Mi sembra che, ai fini dell'applicazione del principio della neutralità fiscale in ipotesi come quella in esame, l'IVA vada considerata isolatamente. Sarebbe inattuabile consentire agli Stati membri di tener conto della tassazione di operazioni lecite con altri tributi non armonizzati, siano essi diretti o indiretti, il cui ammontare possa corrispondere o meno a quello dell'IVA che si intende applicare su operazioni illecite.

30 Risulta dall'univoca formulazione dell'art. 33 della direttiva che le accise e gli altri tributi speciali possono essere imposti in aggiunta all'IVA, ove applicabile; l'art. 11, parte A, n. 2, lett. a), stabilisce infatti che tali imposte, dazi, tasse e prelievi vanno ricompresi nella base imponibile dell'IVA. Uno Stato membro è dunque libero di imporre speciali tributi sui giochi d'azzardo o sulle case da gioco e di stabilire l'ambito di applicazione di tali tributi. Esso può, se lo desidera, delimitare l'ambito di applicazione di qualsiasi tributo nazionale in modo tale che un'operazione non venga assoggettata contemporaneamente all'IVA e al tributo nazionale; non è però tenuto a farlo. Ciò che uno Stato membro non può fare è delimitare la portata del sistema dell'IVA, armonizzata a livello comunitario, facendo riferimento a tributi nazionali non armonizzati.

31 Concludo pertanto nel senso che uno Stato membro non può limitare la portata dell'esenzione prevista nell'art. 13, parte B, lett. f), della direttiva ai giochi di roulette autorizzati.

La seconda questione

32 Con la sua seconda questione pregiudiziale, il giudice nazionale chiede se, in caso di operazioni come quelle controverse nel procedimento a quo, la base imponibile sia costituita dall'importo che rimane al gestore durante un periodo d'imposta. La questione viene prospettata unicamente per l'ipotesi in cui si ritenesse che la Germania può tassare queste operazioni, pur esentando operazioni equivalenti effettuate da pubbliche case da gioco autorizzate.

33 L'intento del giudice nazionale, in tale questione, è quello di accertare se la sentenza della Corte nella causa Glawe (18), che aveva ad oggetto macchine automatiche per giochi d'azzardo, si applichi ai giochi di roulette di cui alla fattispecie in esame. Le macchine automatiche oggetto di quella causa erano collocate in pubblici esercizi. I giocatori azionavano una macchina automatica inserendovi monete, le quali o cadevano nella riserva per essere successivamente pagate come vincite oppure, se la riserva era piena, entravano nella cassa dell'apparecchio, che veniva periodicamente vuotata dal gestore. Gli apparecchi erano predisposti per legge in modo che almeno il 60% delle monete inserite per il gioco fosse pagato come vincite. Il governo tedesco sosteneva che la base imponibile era costituita dal totale delle giocate inserite nelle macchine dai giocatori, comprese quelle che venivano successivamente pagate come vincite.

34 Aderendo alle conclusioni da me presentate in quella causa, la Corte ha ritenuto che la base imponibile ai fini dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della direttiva non includeva la quota parte del totale delle poste corrispondenti alle vincite pagate. Richiamandosi alle sentenze Boots (19) e Naturally Yours Cosmetics (20), la Corte ha rilevato che la base imponibile è costituita dal corrispettivo effettivamente ricevuto da un soggetto passivo per il servizio prestato. Il corrispettivo effettivamente ricevuto da un gestore di macchine automatiche per giochi d'azzardo era limitato alla quota parte delle poste che egli poteva effettivamente trattenere per sé, vale a dire le monete che entravano nella cassa dell'apparecchio.

35 Nel presente procedimento, il governo tedesco chiede alla Corte di riconsiderare la propria sentenza Glawe. Per comprendere meglio le critiche che esso formula su tale sentenza, può essere utile citare un breve passo delle mie conclusioni in quella causa:

«A mio modo di vedere, il corrispettivo che il gestore ottiene per i suoi servizi ai sensi dell'art. 11, sub A, n. 1, lett. a), è limitato agli importi che egli preleva dalla macchina. Ciò risulta evidente dall'esame delle operazioni in questione e di altre forme di giochi d'azzardo.

(...) Il gioco d'azzardo finalizzato a vincere una somma di denaro, mentre implica spese da parte dei giocatori, non dà luogo nella sua forma più semplice ad un consumo di beni o di servizi. Supponiamo, ad esempio, che A faccia una scommessa privata con B, e che ambedue depositino le loro rispettive poste sul tavolo. A vince la scommessa e incassa il denaro sul tavolo. In un caso del genere sarebbe assurdo sostenere che A e B si forniscano reciprocamente servizi per un corrispettivo pari all'importo delle loro rispettive poste. Il deposito delle poste e l'incasso delle vincite fanno semplicemente parte dell'operazione di gioco d'azzardo. La puntata, benché comporti l'esborso di danaro, non costituisce il consumo di beni o di servizi che è l'evento imponibile in forza del sistema dell'IVA.

(...) Il gioco d'azzardo su scala commerciale è diverso per il fatto che colui che lo organizza fa sì che in media le sue vincite siano sufficienti a far fronte alle spese di organizzazione ed a procurargli un equo profitto. Per esempio, un allibratore calcolerà le quotazioni per le scommesse sui cavalli ad un livello inteso a garantirgli un profitto complessivo sulle scommesse. In tale misura colui che organizza il gioco d'azzardo può forse essere considerato non soltanto come partecipante al gioco d'azzardo stesso, ma anche come fornitore di un servizio agli altri giocatori, consistente nell'organizzare il gioco. Da questo punto di vista il suo compenso per tale servizio non sarebbe, però, l'importo totale delle scommesse dei giocatori. Come ho già detto, il fare scommesse ed il pagamento delle vincite costituiscono il nocciolo dell'attività del gioco d'azzardo. Il servizio prestato dall'organizzatore consiste nel fornire la struttura entro la quale tale attività si svolge e il suo corrispettivo per tale servizio è costituito dalla parte eccedente delle vincite che egli riesce ad ottenere per sé stesso e da una specifica provvigione che egli può farsi pagare» (21).

36 Nel presente procedimento, il governo tedesco confuta la premessa secondo la quale il nocciolo dell'attività del gioco d'azzardo non comporta il consumo di beni o servizi. A suo parere, l'attività del gioco d'azzardo costituisce di per se stessa uno scambio di servizi. Un organizzatore di giochi d'azzardo a scopo commerciale non si limita a fornire la struttura per tale attività, ma partecipa a sua volta al gioco. Il giocatore non fornisce, secondo il governo tedesco, un corrispettivo all'organizzatore finalizzato unicamente alla partecipazione al gioco; altrimenti, sarebbe sufficiente per l'organizzatore far pagare un diritto d'ingresso. Ciò che interessa al giocatore è che gli sia fornita una possibilità di realizzare una vincita.

37 Il governo tedesco precisa che la circostanza che l'art. 13, parte B, lett. f), preveda la possibilità di esenzione implica necessariamente che i giochi d'azzardo possano essere assoggettati all'imposta. Secondo la sentenza Glawe, la base imponibile sarebbe uguale a zero, con il che verrebbe di fatto ad eliminarsi il gioco d'azzardo dall'ambito di applicazione dell'imposta, a meno che l'organizzatore non realizzi un utile.

38 Il governo tedesco aggiunge che la sua analisi è compatibile con il principio sul quale è basata la sesta direttiva, secondo cui l'IVA viene applicata a singole operazioni. In conseguenza della sentenza Glawe, secondo la quale la base imponibile consiste nel totale degli introiti ridotto delle vincite pagate lungo un determinato periodo, il riferimento a singole operazioni viene a perdersi. Inoltre, in base alla sentenza Glawe, il corrispettivo della predisposizione di una struttura atta a consentire lo svolgimento di un gioco è l'utile lordo dell'organizzatore, il che è incompatibile con il principio secondo cui l'IVA va pagata sul giro di affari di un soggetto passivo.

39 In subordine, il governo tedesco argomenta che le operazioni controverse nella causa Glawe erano distinte da quelle oggetto del presente procedimento. Esso precisa che, a differenza delle circostanze di fatto nella causa Glawe, le vincite dei giocatori non corrispondono ad una percentuale fissa stabilita per legge. Né del resto le poste che rimangono all'organizzatore entrano in una cassa separata. I gettoni posti sul tavolo non possono quindi essere suddivisi in due categorie separate, ossia le vincite, da un lato, e il giro di affari dell'organizzatore, dall'altro.

40 La Commissione, pur non chiedendo alla Corte di riconsiderare la propria giurisprudenza Glawe, esclude che la stessa analisi possa applicarsi al gioco di roulette. A suo giudizio, la base imponibile consiste nei gettoni acquistati dai giocatori. Con l'acquisto dei gettoni, un giocatore ottiene l'accesso alla casa da gioco, alla sua infrastruttura, al suo particolare ambiente e ai tavoli da gioco. La serie di possibilità offerte da una casa da gioco è infinitamente più ampia e variata di quella offerta da una macchina automatica per giochi d'azzardo collocata sulla parete di un ristorante.

41 Il Regno Unito, per contro, è del parere che la sentenza della Corte nella causa Glawe fosse corretta e che essa vada applicata anche al caso dei giochi di roulette. Esso sottolinea tuttavia come il gioco d'azzardo costituisca una fattispecie particolare e come la decisione della causa non sia applicabile ad altre categorie di operazioni.

42 Per valutare tale questione, è importante soprattutto tenere presenti i fondamentali principi alla base del sistema comune dell'IVA, quali sono enunciati, in particolare, all'art. 2 della prima direttiva IVA (22). Tale articolo stabilisce che il principio del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto «consiste nell'applicare ai beni e ai servizi un'imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell'imposizione» (il corsivo è mio).

43 Il normale funzionamento del sistema dell'imposta sul valore aggiunto in conformità della suddetta disposizione può venire illustrato dal seguente esempio. Si supponga che, durante un determinato periodo, un produttore venda merci per 3 000 000 di DM, più 420 000 DM a titolo di IVA (calcolata all'aliquota del 14% in vigore in Germania all'epoca dei fatti). Le operazioni IVA inclusa del produttore ammontano pertanto a 3 420 000 DM, dei quali egli è tenuto a versare 420 000 DM (meno l'IVA già pagata sui suoi acquisti) alle autorità tributarie. Il rimanente importo di 3 000 000 di DM è disponibile per coprire il margine di utile del produttore, le componenti di costo delle sue cessioni e qualsiasi altro tributo al quale egli sia assoggettato (ad esempio, l'imposta sugli utili). La quota parte del prezzo delle sue merci, vale a dire del suo giro di affari complessivo, rappresentata dall'IVA corrisponde all'aliquota IVA del 14% in vigore in Germania (420 000 DM/3 000 000 DM). L'imposta è quindi «esattamente proporzionale al prezzo dei (suoi) beni» come prescritto dall'art. 2 della prima direttiva (23).

44 L'applicazione dell'IVA ad operazioni consistenti nello svolgimento di giochi d'azzardo è, si deve riconoscere, meno lineare. Infatti, la ratio dell'esenzione disposta nell'art. 13, parte B, lett. f), è che tali operazioni si prestano meglio ad altre forme di tassazione. Nondimeno, al di là delle difficoltà intrinseche, la sentenza Glawe costituisce a mio giudizio la base per l'applicazione dell'IVA a simili operazioni in un modo che è compatibile con i principi fondamentali del sistema dell'imposta sul valore aggiunto, quale sopra richiamato e illustrato. Mi sembra che la sentenza possa ugualmente applicarsi ai giochi di roulette.

45 Applicando la sentenza Glawe alla presente fattispecie, la conseguenza sarà che l'IVA deve essere versata sul giro di affari netto (dopo il pagamento di tutte le vincite) dell'organizzatore, durante un periodo determinato. Da quest'analisi scaturiscono risultati molto simili a quelli derivanti da operazioni che presentano maggiore tipicità rispetto a quelle di cui all'esempio sopra menzionato. E' in definitiva soltanto l'importo che rimane all'organizzatore dopo il pagamento delle vincite quello che è disponibile per coprire i suoi margini di utile, i costi di gestione delle strutture per il gioco, l'IVA e gli altri tributi che possono gravare sulle sue attività. E' questo importo che può quindi essere equiparato al giro di affari del produttore (inclusa l'IVA) per la vendita delle sue merci. Calcolando l'imposta facendo riferimento a questo importo, l'imposta rimane esattamente proporzionale al giro di affari dell'organizzatore.

46 La tesi del governo tedesco secondo la quale un'analisi siffatta si risolverebbe nel cancellare i giochi d'azzardo dall'ambito di applicazione dell'imposta non tiene conto del fatto che gli organizzatori di giochi d'azzardo a scopo commerciale del tipo in esame predispongono le tirate a sorte in modo tale da garantirsi un utile nel lungo periodo. Né condivido l'assunto del governo tedesco secondo cui la sentenza Glawe sarebbe in contrasto con il principio secondo il quale l'IVA si applica a singole operazioni. Nelle conclusioni presentate nella causa Glawe ho rilevato quanto segue:

«(...) ciascuna giocata deve esser considerata ricomprendere due componenti. Una componente è il prezzo pagato per i servizi forniti dal gestore (inclusa l'IVA dovuta su tale importo). Il resto delle giocate può esser considerato come un importo versato nel fondo comune disponibile per il pagamento delle vincite. Per un dato periodo, tali componenti corrispondono agli importi introitati rispettivamente dalla cassa e dalla riserva della macchina» (24).

47 Analogo rilievo può valere per il caso in esame. Da un punto di vista giuridico, ciascun gettone posto sul tavolo si compone di due elementi: a) la puntata e b) il corrispettivo per il servizio prestato dall'organizzatore, vale a dire il prezzo pagato dai giocatori per il diritto di partecipare al gioco e di ottenere la possibilità di realizzare una vincita. Questo prezzo, consistente nel vantaggio che la casa riserva a se stessa in conseguenza del fatto che il calcolo delle probabilità è a suo favore, può essere calcolato con precisione ed è una percentuale costante, variabile a seconda del tipo di roulette impiegato. Esso è pagato da ciascun giocatore ad ogni puntata sul tavolo. Sarebbe perfettamente possibile per un organizzatore scindere le due componenti eliminando il vantaggio riservato alla casa e sostituendolo con un prezzo separato, destinato a coprire i suoi costi e a procurargli un utile.

48 Per analoghi motivi, la tesi del governo tedesco secondo la quale la sentenza Glawe implicherebbe la tassazione del margine lordo di un soggetto passivo anziché del suo giro di affari, contrariamente ai principi fondamentali sanciti dalla sesta direttiva, è anch'essa erronea. Il giro di affari dell'organizzatore è limitato a quella quota parte di ciascun gettone che rappresenta il prezzo del servizio prestato dall'organizzatore.

49 All'atto pratico, calcoli individuali basati su ciascun gettone posto sul tavolo da gioco sono superflui. Il totale delle somme ricevute come corrispettivo di singole operazioni corrisponde al ricavo dell'organizzatore (al netto del pagamento delle vincite) durante un periodo determinato. Nel lungo periodo, gli introiti dell'organizzatore corrispondono necessariamente al vantaggio che questi si riserva. Il fatto che esista in pratica un metodo più agevole di determinazione della base imponibile non implica tuttavia che l'imposta non sia riscossa su singole operazioni. Conseguentemente, non condivido la tesi della Commissione secondo cui siffatta analisi sarebbe teoricamente viziata. Al contrario, mi sembra che essa sia un esempio di come una soluzione teoricamente corretta sia sovente più facile da applicare nella pratica.

50 Ritengo istruttivo prendere in esame, a titolo di confronto, le conseguenze delle altre interpretazioni che sono state prospettate nel corso del presente procedimento. Dall'ordinanza di rinvio risulta che l'analisi del Finanzamt si basa sulla sentenza del Finanzgericht di Düsseldorf 29 gennaio 1986 (25). Il Finanzgericht rilevava che, se un giocatore ha perso 50 DM nel corso di una seduta, il prezzo che ha pagato per ottenere una possibilità di realizzare una vincita era di 50 DM. Se, al contrario, egli ha vinto 100 DM durante una seduta, non ha pagato nulla per ottenere tale possibilità di vincita. Poiché l'organizzatore non ha alcun registro delle vincite o delle perdite dei giocatori per ciascuna seduta, era necessario per il Finanzgericht stabilire un metodo per stimare il suo giro di affari imponibile. Dopo aver effettuato un calcolo delle probabilità, il Finanzgericht ha concluso che il valore estimativo poteva essere ottenuto moltiplicando gli introiti dell'organizzatore per il coefficiente 6.

51 Nel corso dell'udienza, il governo tedesco ha segnalato di non condividere l'analisi compiuta dal Finanzamt sull'operazione. Coerentemente con la propria posizione nella causa Glawe, il governo tedesco ritiene che la base imponibile sia costituita dal totale dei gettoni posti sul tavolo da un giocatore in ogni giocata, senza tener conto delle sue vincite.

52 La Commissione sostiene per contro che la base imponibile è costituita dai gettoni acquistati, anche questa volta senza tener conto delle vincite.

53 Il vizio fondamentale di tutte queste analisi è che esse producono un onere fiscale sproporzionato rispetto al giro di affari effettivo dell'organizzatore. La ragione essenziale di ciò è che una gran parte delle somme puntate viene ripagata ai giocatori sotto forma di vincite, e ciononostante viene trattata come giro di affari dell'organizzatore ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. La conseguenza ne è un artificioso ingrossamento del suo giro di affari. Simili analisi non tengono conto del fatto che il nocciolo delle attività di gioco d'azzardo, pur comportando l'uso di denaro, non implica il consumo di beni o servizi.

54 Gli effetti del metodo seguito dal Finanzamt possono rilevarsi dai dati forniti nell'ordinanza di rinvio: ad esempio, sulla base dell'introito effettivo del signor Fischer nel 1987, pari a 344 880 DM, il Finanzamt ha calcolato una base imponibile pari a 2 069 280 DM, sulla quale ha ingiunto il pagamento dell'IVA al 14% per 289 699,20 DM. Il risultato di questo metodo, tuttavia, è quello di imporre un'aliquota effettiva di imposta sugli introiti effettivi del signor Fischer pari a non meno dell'84% (289 699,20DM/344 880 DM).

55 E' evidente che l'analisi del governo tedesco porterebbe ad un onere fiscale ancora più alto. Si supponga che un giocatore acquisti dieci gettoni al prezzo di 5 DM cadauno. Egli punta due gettoni in ciascuna delle prime cinque giocate. Nelle prime quattro, egli perde, nella quinta vince, recuperando il suo totale di dieci gettoni. Egli gioca quindi per altre cinque volte, puntando ancora una volta due gettoni in ciascuna giocata. Perde le giocate dalla sesta alla nona, ma vince la decima, riportando il numero dei suoi gettoni a otto. Secondo il punto di vista del governo tedesco, l'imposta dovrebbe essere pagata sul totale dei gettoni puntati, vale a dire 100 DM (venti gettoni del valore di 5 DM cadauno). Eppure l'effettivo introito dell'organizzatore dalla serie di giocate sarebbe di soli 10 DM (due gettoni di 5 DM cadauno). Soltanto questo importo è il giro di affari (inclusa l'IVA) disponibile per ripagare i suoi costi, il suo margine di utile, l'IVA e ogni altro tributo a cui è assoggettato. Eppure, stando all'analisi del governo tedesco, il suo debito IVA ammonterebbe da solo a 12,28 DM (100 DM x 14/114). Il suo introito reale sarebbe quindi persino insufficiente a pagare l'IVA.

56 Inoltre, sia nell'analisi del governo tedesco sia in quella del Finanzamt, la base imponibile può essere soltanto stimata, essendo del tutto impraticabile per gli operatori la soluzione di tenere un registro per ciascun gettone puntato o per i risultati di ogni seduta al tavolo di gioco. La questione del corretto coefficiente di moltiplicazione da applicare ha con ogni evidenza costituito oggetto di discussioni in Germania. Dal punto di vista del soggetto passivo, il coefficiente 6 adottato dal Finanzgericht di Düsseldorf è molto più favorevole rispetto al coefficiente 25 che era stato suggerito dalle autorità tributarie nell'ambito del procedimento dinanzi a quella Corte. All'udienza nel presente procedimento, il governo tedesco non era in grado di stabilire il metodo che esso utilizzerebbe per pervenire ad un giro di affari estimativo del signor Fischer.

57 L'analisi della Commissione si risolverebbe probabilmente in una base imponibile di importo un po' meno elevato rispetto a quella risultante dall'analisi del governo tedesco, dal momento che essa non includerebbe i gettoni vinti dai giocatori e puntati nelle giocate successive. Inoltre, i soggetti passivi potrebbero forse ragionevolmente essere obbligati alla tenuta di un registro dei gettoni venduti, il che renderebbe superfluo il ricorso alle stime. Tuttavia, non vi è motivo di supporre che il metodo prospettato dalla Commissione, che non tiene conto delle vincite pagate ai giocatori, si risolverebbe nell'imposizione di un onere fiscale proporzionale agli introiti effettivi conseguiti dall'organizzatore nel corso delle sue attività.

58 Conseguentemente ritengo che, ammesso che la seconda questione pregiudiziale posta dal giudice nazionale richieda una soluzione, la Corte dovrebbe ribadire la propria decisione nella causa Glawe e statuire che essa si applica del pari ad operazioni consistenti in giochi di roulette quali quelle controverse nel procedimento a quo. Non ritengo che il particolare funzionamento delle macchine automatiche per giochi d'azzardo di cui si trattava nella causa Glawe, oppure il fatto che l'ammontare delle vincite minime pagate fosse fissato per legge, siano circostanze capaci di influire sulla decisione della Corte. Il compito fondamentale di quest'ultima è quello di fornire un'interpretazione che garantisca che a un soggetto passivo sia imposto un onere IVA proporzionale al suo effettivo giro di affari.

59 Vorrei tuttavia sottolineare, in conclusione, che, per motivi già menzionati, i giochi d'azzardo del tipo in esame, che comportano scommesse in denaro, costituiscono una fattispecie particolare e che si deve escludere che la precedente analisi possa necessariamente estendersi ad altre operazioni.

60 Alla luce della soluzione da me proposta per la seconda questione, non è necessario rispondere alla terza questione.

Conclusione

61 Conseguentemente, sono del parere che la Corte dovrebbe risolvere nel modo seguente le questioni sottopostele dal Finanzgericht del Baden-Württemberg:

«L'art. 2, n. 1, della sesta direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che è soggetta all'IVA l'illecita prestazione di giochi di roulette. Uno Stato membro non è autorizzato a limitare la portata dell'esenzione prevista dall'art. 13, parte B, lett. f), della direttiva alle operazioni lecite aventi ad oggetto tali giochi».

(1) - Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).

(2) - Sentenza 5 luglio 1988, causa 289/86 (Racc. pag. 3655).

(3) - Sentenza 5 luglio 1988, causa 269/86 (Racc. pag. 3627).

(4) - Sentenza 5 maggio 1994, causa C-38/93 (Racc. pag. I-1679).

(5) - Sentenza 5 febbraio 1981, causa 50/80 (Racc. pag. 385).

(6) - Sentenza 26 ottobre 1982, causa 221/81 (Racc. pag. 3681).

(7) - Sentenza 26 ottobre 1982, causa 240/81 (Racc. pag. 3699).

(8) - Sentenza 28 febbraio 1984, causa 294/82 (Racc. pag. 1177).

(9) - Citata alla nota 2.

(10) - Citata alla nota 3.

(11) - Sentenza Mol (punti 14 e 16); sentenza Happy Family (punti 16 e 18).

(12) - Sentenza 6 dicembre 1990, causa C-343/89 (Racc. pag. I-4477).

(13) - Sentenza 2 agosto 1993, causa C-111/92 (Racc. pag. I-4677).

(14) - Sentenza Mol (punto 18); sentenza Happy Family (punto 20).

(15) - Sentenza Mol (punto 17); sentenza Happy Family (punto 19).

(16) - Citata alla nota 13.

(17) - Sentenza Lange (punti 19-22).

(18) - Citata alla nota 4.

(19) - Sentenza 27 marzo 1990, causa C-126/88 (Racc. pag. I-1235).

(20) - Sentenza 23 novembre 1988, causa 230/87 (Racc. pag. 6365).

(21) - Paragrafi 19-21 delle conclusioni.

(22) - Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (GU n. 71, pag. 1301).

(23) - In questo esempio sono tralasciati piccoli importi relativi all'IVA nascosta che siano stati trasferiti al produttore in caso di acquisti esenti di beni o servizi (ad esempio, assicurazioni).

(24) - Paragrafo 29 delle conclusioni.

(25) - EFG 1986, pag. 421.