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61996C0063

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 27 febbraio 1997. - Finanzamt Bergisch Gladbach contro Werner Skripalle. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesfinanzhof - Germania. - Disposizioni fiscali - Sesta direttiva IVA - Base imponibile - Rapporti personali tra il fornitore e il destinatario delle prestazioni. - Causa C-63/96.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-02847


Conclusioni dell avvocato generale


1 Qualora il proprietario di diversi edifici li dia in affitto ad una società composta da suoi congiunti ad un canone che non copre in realtà i costi sostenuti per acquistare e mantenere gli edifici, ma che corrisponde al canone prevalente sul mercato per beni analoghi, può uno Stato membro tuttavia considerare l'importo totale di quei costi come base imponibile ai fini dell'IVA su una tale operazione locativa? Per risolvere tale questione il Bundesfinanzhof con un rinvio pregiudiziale chiede in sostanza alla Corte di interpretare l'art. 27 della sesta direttiva del Consiglio e, in particolare, la proporzionalità di una misura adottata in base a tale articolo (1).

I - Contesto di diritto e di fatto

La normativa pertinente

i) La sesta direttiva

2 Ai sensi dell'art. 2, n. 1, della sesta direttiva sono soggette all'imposta sul valore aggiunto «(...) le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale». L'art. 6, n. 1, definisce «prestazioni di servizi» come «ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell'articolo 5». La «base imponibile» di operazioni assoggettate all'IVA è disciplinata dall'art. 11 della sesta direttiva. Per operazioni svolte all'interno del territorio di uno Stato membro, l'art. 11, parte A, prevede la seguente regola di base:

«1. La base imponibile è costituita:

a) per le forniture di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alle lettere (...) c) (...), da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni;

(...)

c) per le operazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 2, dalle spese sostenute dal soggetto passivo per la prestazione dei servizi;

(...)».

3 La regola del «costo totale» per determinare la «base imponibile» si applica ai casi speciali di consumo proprio di cui all'art. 6, n. 2, che stabilisce:

«Sono assimilati a prestazioni di servizio a titolo oneroso:

a) l'uso di un bene destinato all'impresa per l'uso privato del soggetto passivo o per l'uso del suo personale o, più generalmente, a fini estranei alla sua impresa qualora detto bene abbia già consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto;

b) le prestazioni di servizi a titolo gratuito effettuate dal soggetto passivo per il proprio uso privato o ad uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa.

Gli Stati membri hanno la facoltà di derogare alle disposizioni del presente paragrafo a condizione che tale deroga non dia luogo a distorsioni di concorrenza».

4 L'art. 27 della sesta direttiva è l'unico articolo del Capo XV, intitolato «Misure di semplificazione». Esso è diretto agli Stati membri e consente loro di derogare alle altre disposizioni della direttiva. L'art. 27, n. 5, disciplina il mantenimento in vigore di misure nazionali esistenti che possano non essere compatibili con la sesta direttiva. L'art. 27, nn. 1-4, riguarda nuove misure di deroga e così recita:

«1. Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o a introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo dell'imposta da versare allo stadio del consumo finale.

2. Lo Stato membro che desidera introdurre misure di cui al paragrafo 1 ne riferisce alla Commissione fornendole tutti i dati atti alla valutazione.

3. La Commissione ne informa gli altri Stati membri entro un mese.

4. La decisione del Consiglio sarà ritenuta acquisita se, entro due mesi dall'informazione di cui al paragrafo 3, né la Commissione né uno Stato membro hanno chiesto che il caso sia esaminato dal Consiglio».

ii) La normativa tedesca

5 In Germania, la Umsatzsteuergesetz 1980 (Legge sull'imposta sul fatturato del 1980; in prosieguo: la «UStG») adegua il diritto tedesco in materia di imposta sul valore aggiunto ai requisiti della sesta direttiva (2). Per quanto riguarda la base imponibile per l'IVA, l'art. 10, n. 1, dell'UStG prevede, come regola generale, che «corrispettivo» è «tutto quello che il destinatario della prestazione spende per ottenere la prestazione, ma dopo deduzione dell'imposta sul fatturato».

6 Nel caso di prestazioni per consumo proprio, l'art. 10, n. 4, deroga alla norma generale. In base al secondo sub-paragrafo la base imponibile è determinata «(...) in conformità ai costi sostenuti nell'ottenere tale fatturato» (3).

7 In base all'art. 10, n. 5, dell'UStG, la base imponibile per il consumo proprio ai sensi dell'art. 10, n. 4, si applica anche alle prestazioni effettuate a titolo oneroso tra persone legate da rapporti di parentela. L'art. 10, n. 5, prevede:

«Il n. 4 si applica per analogia

1. alle cessioni ed altre prestazioni effettuate da società ed altre persone giuridiche e da associazioni di persone ai sensi dell'art. 1, n. 1, punti 1-5, della legge relativa all'imposta sulle società, da associazioni di persone prive di capacità giuridica nonché da comunità nell'ambito della loro attività, a favore di loro azionisti, soci, membri associati o loro congiunti nonché da singoli imprenditori a favore di congiunti;

(...)

qualora la base imponibile ai sensi del n. 4 sia superiore al corrispettivo ai sensi del n. 1».

Il procedimento dinanzi al giudice nazionale

8 Il ricorrente e resistente in cassazione (in prosieguo: il «ricorrente») è il proprietario di un immobile plurifamiliare, che egli stesso ha fatto costruire, e di diversi appartamenti. Egli ha dato in locazione questi beni a una società a responsabilità limitata (in prosieguo: la «locataria») i cui soci erano sua moglie e il suo figlio maggiore. Ogni socio aveva una quota del 50%, ma sua moglie era l'amministratrice della società locataria e la sola persona autorizzata a rappresentarla. E' pacifico tra le parti nella causa principale che i canoni di locazione che erano stati convenuti corrispondevano ai canoni normalmente vigenti nel mercato per immobili analoghi in tale area.

9 E' sorta una controversia circa l'importo dell'IVA che il ricorrente era tenuto a pagare su tali canoni, poiché il canone convenuto era più basso della cosiddetta «base imponibile minima» (la «Mindestbemessungsgrundlage») che si applica in base al combinato disposto dell'art. 10, n. 5, sub 1, e dell'art. 10, n. 4, sub 2, dell'UStG sopra menzionato. In seguito ad una verifica speciale IVA il Finanzamt (Ufficio delle Imposte) di Bergisch Gladbach ha applicato al ricorrente questa base imponibile minima.

10 Dopo aver presentato senza successo un reclamo contro l'accertamento controverso, il ricorrente ha presentato ricorso dinanzi al Finanzgericht, che lo ha accolto. Il Finanzgericht, benché avesse in realtà riscontrato che la locataria non era legata da stretti rapporti con il ricorrente ai fini dell'art. 10, n. 5, sub 1, dell'UStG, ha dichiarato tuttavia che l'art. 10, n. 5, sub 1, deve essere interpretato restrittivamente e, di conseguenza, non trovava applicazione qualora il corrispettivo convenuto per le prestazioni fornite corrispondesse alla remunerazione abitualmente prevista sul mercato per tali prestazioni. Facendo riferimento in particolare al chiarimento fornito dal governo tedesco nel 1978 all'atto della presentazione al Parlamento del progetto di quello che è divenuto successivamente l'UStG 1980, il Finanzgericht ha dichiarato che la base imponibile minima prevista ai sensi dell'art. 10, n. 5, deve trovare applicazione ogni volta che l'operatore economico fornisce beni o servizi «per un corrispettivo anormalmente basso» («zu unangemessen niedrigen Entgelten») in modo da evitare un consumo parzialmente non soggetto a tassazione (4). Tuttavia il Finanzgericht era convinto del fatto che nella disposizione non rientrassero prestazioni fornite per un corrispettivo corrispondente ai prezzi vigenti sul mercato tra congiunti, nel qual caso, secondo tale giudice, tali prestazioni non differiscono da operazioni effettuate tra persone non aventi rapporti di parentela.

11 Il Finanzamt ha interposto appello contro tale sentenza dinanzi al Bundesfinanzhof (in prosieguo: il «giudice nazionale»). Il giudice nazionale sostiene che la conseguenza dell'applicazione della base imponibile minima è che - nella misura in cui essa supera il corrispettivo convenuto - il prestatore sopporta l'onere dell'IVA aggiuntiva, poiché essa non è un'imposta sul corrispettivo che può essere trasferita al destinatario di beni o servizi. Il giudice nazionale ha ammesso che i canoni convenuti corrispondevano a quelli vigenti sul mercato, benché più bassi dei cosiddetti «canoni a prezzo di costo» («Kostenmiete») fissati sulla base dei costi sostenuti ad esclusione dell'imposta sul fatturato, e quindi ha ammesso, diversamente dal Finanzgericht, che la locataria era una persona avente stretti rapporti con il ricorrente ai fini dell'art. 10, n. 5, dell'UStG. Tale giudice ha quindi manifestato incertezza su se tale disposizione debba trovare applicazione o se, invece, il ricorrente possa basarsi sulla regola principale sulla base imponibile contenuta nell'art. 11, parte A, n. 1, sub a), della sesta direttiva. Di conseguenza ha deciso di sottoporre alla Corte ai sensi dell'art. 177 del Trattato le seguenti questioni:

«1. Se un'autorizzazione conferita dal Consiglio per l'introduzione di una misura particolare di deroga alla direttiva 77/388/CEE, avente lo scopo di evitare le evasioni fiscali, secondo la quale per le prestazioni a titolo oneroso fra congiunti la base imponibile minima è costituita dalle spese ex art. 11, parte A, n. 1, lett. c), della direttiva 77/388/CEE, sia coperta dall'art. 27 della direttiva 77/388/CEE anche quando il compenso pattuito corrisponde a quello di mercato, ma è inferiore alla base imponibile minima, e quindi non sussiste un'evasione fiscale.

2. Se uno Stato membro possa opporre ad un soggetto passivo una disposizione fiscale costituita da una misura particolare ai sensi dell'art. 27 della direttiva 77/388/CEE, qualora non sia stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee la decisione di autorizzazione del Consiglio, né sia stata data comunicazione del procedimento di autorizzazione ex art. 27, nn. 2-4, della direttiva 77/388/CEE - dopo la sua esecuzione - in pubblicazioni ufficiali dello Stato membro».

Parere del giudice nazionale

i) La prima questione

12 Il giudice nazionale afferma che l'art. 10, n. 5, dell'UStG è stato introdotto come misura particolare ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva in deroga all'art. 11, parte A, n. 1, lett. a). Al disegno di legge del governo tedesco del 15 marzo 1978 era unita una dichiarazione dei motivi per l'adozione dell'art. 10, n. 5, in cui si leggeva che «la norma rientra nell'art. 27, n. 1, della sesta direttiva» (5). A questa disposizione ha fatto riferimento il governo tedesco il 12 maggio 1978, quando ha comunicato alla Commissione la sua intenzione di introdurre una misura particolare. Esso sosteneva che in operazioni in cui il corrispettivo convenuto era anormalmente basso, era necessario, per evitare frodi o evasioni fiscali, far sì che potesse essere applicata una base imponibile più alta. La regola dei costi, di cui all'art. 10, n. 4, dell'UStG andava applicata come base imponibile tutte le volte che il corrispettivo effettivamente pagato per la prestazione di cui trattasi fosse più basso di tale valore. Il giudice nazionale sostiene che l'introduzione di questa base imponibile minima assicura che prestazioni contro un corrispettivo inadeguato siano tassate allo stesso modo di prestazioni senza corrispettivo e, quindi, sia escluso un consumo finale non assoggettato ad imposta.

13 Con lettera 15 settembre 1978, la Commissione comunicava al governo tedesco di aver avviato il procedimento ai sensi dell'art. 27, nn. 1-4, della sesta direttiva informando gli Stati membri, con lettera 12 giugno 1978, della comunicazione del governo tedesco. Né la Commissione né nessuno Stato membro hanno chiesto che la questione fosse esaminata dal Consiglio. Una volta scaduto il periodo previsto nell'art. 27, n. 4, della direttiva (6), la decisione del Consiglio che autorizza il governo tedesco ad adottare tali misure è stata quindi ritenuta acquisita (7).

14 Al giudice nazionale non è chiaro se l'art. 10, n. 5, dell'UStG rispetti il principio di diritto comunitario secondo cui «misure particolari» adottate ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva per evitare frodi o evasioni fiscali possano, in via di principio, derogare all'art. 11 della direttiva solo nella misura strettamente necessaria per raggiungere tale scopo (8). Esso afferma che l'art. 10, n. 5, dell'UStG non consente di tener conto dell'eventualità che un corrispettivo a prezzo di mercato convenuto tra congiunti, benché più basso del costo della fornitura dei servizi, possa non essere anormalmente basso; la base imponibile minima dovrebbe essere applicata anche quando non vi fosse questione di evasione fiscale. La presunta autorizzazione del Consiglio, ai sensi dell'art. 27, era basata solo sul fine di evitare evasioni fiscali perseguito dal provvedimento proposto dal governo tedesco, come notificato alla Commissione nella lettera del 12 maggio 1978. La sua asserita funzione di misura di semplificazione non era stata manifestata alla Commissione durante il procedimento di autorizzazione.

ii) La seconda questione

15 Il giudice nazionale fa riferimento alla causa Handelsvereniging Rotterdam (9) e sostiene che la mancata pubblicazione di provvedimenti, per i quali tale adempimento non era richiesto dal Trattato - come l'autorizzazione concessa dal Consiglio nella presente fattispecie -, non può avere alcun effetto sulla validità o l'efficacia del provvedimento. Tuttavia esso non accetta l'argomento del Bundesfinanzministerium (Ministero federale delle Finanze; in prosieguo: il «Ministero»), dedotto nella causa principale, secondo cui una ragionevole valutazione della comunicazione effettuata dal governo tedesco all'atto della presentazione nel 1978 del suo disegno di legge costituiva un'effettiva pubblicazione della deroga all'art. 11 della sesta direttiva che si intendeva introdurre. A suo parere, la pubblicazione «in fonti generalmente accessibili» è necessaria affinché il soggetto passivo possa essere a conoscenza dell'esistenza di una deroga alla sesta direttiva che gli impedisce di far valere l'applicazione diretta di altre disposizioni più favorevoli di tale direttiva.

II - Osservazioni

16 Hanno presentato osservazioni scritte la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese e la Commissione. Hanno svolto osservazioni orali il ricorrente, il governo tedesco, il governo francese, la Commissione e il governo dei Paesi Bassi. Il governo francese ha limitato le sue osservazioni scritte ed orali alla seconda questione. In considerazione dei pareri contrastanti espressi nelle osservazioni scritte relative alla seconda questione, la Repubblica tedesca ha limitato le sue osservazioni orali alla prima questione. Il ricorrente e la Commissione hanno anch'essi concentrato le loro osservazioni orali sulla prima questione. Il governo dei Paesi Bassi, pur esprimendo particolare interesse per la seconda questione, ha tuttavia presentato osservazioni sulla prima questione.

III - Analisi

La prima questione

17 Innanzitutto è opportuno chiarire la natura della deroga di cui trattasi. Né il Ministero nella causa principale né il governo tedesco nelle sue osservazioni presentate alla Corte hanno negato che l'art. 10, n. 5, dell'UStG sia incompatibile con l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva. Per le prestazioni di servizio effettuate «a titolo gratuito» in casi di «proprio uso privato» di cui all'art. 6, n. 2, lett. b) si deve tener conto in base all'art. 11, parte A, n. 1, lett. c), delle spese sostenute per la prestazione di tali servizi. La misura particolare con la quale si estende questa regola almeno ad operazioni per le quali è convenuto un corrispettivo al prezzo di mercato è incompatibile con l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a). Perciò essa può essere applicata solo se rientra nell'ambito di una valida autorizzazione ai sensi dell'art. 27.

18 Con la prima questione il giudice nazionale chiede in sostanza se l'autorizzazione concessa dal Consiglio possa essere applicata dalla Germania, in conformità all'art. 27 della sesta direttiva, in circostanze in cui non vi è alcuna prova di frode o di evasione fiscale. Tuttavia, poiché la Germania nelle sue osservazioni scritte sostiene, in alternativa al suo principale argomento - cioè che l'art. 10, n. 5, dell'UStG come misura intesa ad evitare frodi fiscali è compatibile con l'art. 27 - che la misura particolare può in realtà essere considerata come un provvedimento di semplificazione, comincerò con l'occuparmi di tale osservazione.

i) La norma nazionale come misura di semplificazione

19 Il titolo XV della sesta direttiva riguarda «misure di semplificazione». L'art. 27, n. 1, prevede esplicitamente che le domande di autorizzazione a derogare alle disposizioni della sesta direttiva possono riguardare misure considerate necessarie o «(...) allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali» (10). Inoltre la frase finale dell'art. 27, n. 1, contiene una speciale disposizione per domande relative a misure di semplificazione che non si applica a misure antievasione, e cioè il requisito che «le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo dell'imposta da versare allo stadio del consumo finale». E' chiaro pertanto che il legislatore comunitario intendeva operare una distinzione tra i due tipi di provvedimenti.

20 L'importanza di questa distinzione è stata sottolineata dalla Corte e dall'avvocato generale nella causa Commissione/Belgio (11). Di conseguenza, ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva, gli Stati membri hanno un obbligo preciso di identificare la natura ed il contenuto delle misure di deroga per le quali chiedono l'autorizzazione. Nella causa Direct Cosmetics I (12), in cui il Regno Unito aveva introdotto una nuova misura nazionale alcuni anni dopo che aveva ottenuto un'autorizzazione del Consiglio ai sensi dell'art. 27 per la misura cui aveva in effetti fatto riferimento nella sua domanda alla Commissione, la Corte ha dichiarato che la notifica originaria diventa inefficace dal momento in cui il provvedimento notificato è stato sostituito da un altro, «a meno che sia dimostrato che la nuova disposizione può essere considerata sostanzialmente la stessa di quella precedente» (13). Più recentemente nella causa BP Soupergaz (14), la Repubblica ellenica ha cercato di basarsi sull'art. 27 in circostanze in cui aveva semplicemente notificato l'intero testo di un disegno di legge alla Commissione. La Corte ha dichiarato che in una notifica alla Commissione ai sensi dell'art. 27 lo Stato membro richiedente deve non solo fare «espresso riferimento all'art. 27, n. 2», ma deve anche comunicare alla Commissione le misure particolari che intende adottare in deroga alla sesta direttiva (15).

21 A mio parere, l'obbligo degli Stati membri derivante dall'art. 27 della sesta direttiva di identificare con chiarezza la natura delle misure di deroga che si intende adottare comprende la necessità di indicare i motivi per la loro adozione che essi si propongono. Non ci si può ragionevolmente aspettare che la Commissione, il Consiglio e gli altri Stati membri possano valutare tali misure nel breve termine ad essi concesso senza essere a conoscenza degli obiettivi ad esse collegati. La necessità di un'interpretazione in senso stretto dell'art. 27 come una disposizione che consente di concedere deroghe alla sesta direttiva richiede che uno Stato membro presenti una nuova domanda ogni volta che avverta una nuova necessità di chiedere una deroga. Il giudice nazionale ha riscontrato che la Germania era stata autorizzata dal Consiglio ad applicare misure particolari intese a combattere l'evasione dell'IVA. La tesi del giudice nazionale secondo cui la Germania non può ora tentare di riformulare la base della sua comunicazione del 1978 sostenendo che l'art. 10, n. 5, dell'UStG può servire in aggiunta come una misura di semplificazione in operazioni che coinvolgono persone legate tra loro da stretti rapporti è manifestamente corretta (16).

ii) La norma nazionale come misura intesa ad evitare la frode o l'evasione fiscale

a) Introduzione e osservazioni

22 La Corte ha costantemente dichiarato che le deroghe alle disposizioni generali della sesta direttiva devono essere interpretate in senso stretto. Poiché l'art. 27, nn. 1-4, prevede l'autorizzazione di singole deroghe nazionali alla sesta direttiva, come la Corte ha spesso affermato, esse devono essere interpretate in senso stretto (17). Per quanto riguarda la portata delle misure autorizzate per evitare frodi o evasioni fiscali, la Commissione giustamente fa riferimento al principio enunciato dalla Corte nella causa Commissione/Belgio, cioè che tali provvedimenti «devono essere idonei alla prevenzione delle frodi o delle evasioni fiscali, ma non possono derogare, in via di principio, al rispetto della base imponibile dell'IVA di cui all'art. 11 se non nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale obiettivo» (18). Inoltre la Commissione sostiene che, una volta che è stato pagato un corrispettivo corrispondente al prezzo di mercato, non vi è più alcun motivo per consentire una deroga alla normale base imponibile prevista dall'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), che fa riferimento al «corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente (...)». All'udienza la Commissione ha fatto giustamente riferimento all'attuale prassi del Consiglio di assicurare che quelle misure particolari autorizzate in base all'art. 27 siano limitate al minimo necessario per perseguire il loro scopo (19). Il ricorrente sottolinea la potenziale arbitrarietà di una base imponibile basata sui costi in quanto, nel settore edilizio, tali costi spesso sono gonfiati. Nella presente fattispecie il ricorrente ha costruito l'edificio multifamiliare a proprie spese, ma il canone di affitto a prezzo di mercato è risultato più basso di uno basato su tali costi.

23 Il governo tedesco nega che la sua misura particolare sia sproporzionata. Esso ritiene che sia generalmente ragionevole richiedere che un prestatore di servizi riceva una remunerazione che corrisponda almeno ai costi sostenuti nel prestare il servizio di cui trattasi. Esso sostiene che i casi in cui il livello di corrispettivo normalmente praticato sul mercato è inferiore a questi costi minimi sono eccezionali e fa presente che la conseguente applicazione dell'art. 10, n. 5, dell'UStG in questi casi rispetta il principio di proporzionalità; tutte le norme di legge devono essere obiettive e pertanto una misura intesa a prevenire l'evasione dell'IVA deve legittimamente essere elaborata in riferimento a circostanze di fatto che normalmente si verificano in casi di evasione dell'IVA. Facendo riferimento al punto 30 della sentenza nella causa Commissione/Belgio (20), esso fa presente che misure antievasione possono, in conformità con l'art. 27 della direttiva, comprendere, se necessario, l'applicazione di importi forfettari. Esso compara la relativa scarsezza di casi in cui l'applicazione dell'art. 10, n. 5, comporta l'uso di una base imponibile più alta del corrispettivo a prezzo di mercato con la generalità delle misure belghe che la Corte ha riscontrato essere sproporzionate nella causa Commissione/Belgio (21); in tale caso si è ritenuto che il prezzo di listino di autoveicoli nuovi comunicato alle competenti autorità costituisse il corrispettivo ricevuto da un commerciante di automobili, nonostante gli sconti e le altri riduzioni di prezzo che venivano frequentemente convenute nella pratica. Inoltre il governo tedesco fa presente che la misura particolare applica una base imponibile la cui applicazione è esplicitamente prevista dall'art. 11, titolo A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva in casi di uso privato. Poiché tali casi sono comparabili ad operazioni a titolo oneroso tra congiunti, la misura particolare, benché basata su una deroga, corrisponde alle premesse della direttiva.

24 In nome dei Paesi Bassi è stato sostenuto che un giudice nazionale non può porre in discussione la proporzionalità di un'autorizzazione del Consiglio concessa ai sensi dell'art. 27, nn. 1-4, poiché altrimenti la validità della decisione del Consiglio con cui viene autorizzata tale misura verrebbe in effetti assoggettata al sindacato dal giudice nazionale. Il rappresentante dei Paesi Bassi ha sostenuto che la questione della compatibilità della decisione con il principio di proporzionalità può essere sollevata solo se viene messa in dubbio esplicitamente la validità della decisione.

b) Parere

25 L'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva impone agli Stati membri un obbligo chiaro e incondizionato nel valutare la base imponibile di un'operazione. La Corte ha già dichiarato che «le disposizioni dell'art. 11, parte A, n. 1 (...) attribuiscono ai singoli diritti che essi possono far valere dinanzi al giudice nazionale» (22). Uno Stato membro che si basa su una deroga autorizzata dal Consiglio ai sensi dell'art. 27 per combattere la frode o l'evasione dell'IVA, autorizzando una base imponibile diversa da quella specificata nell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), deve giustificare la portata e l'applicazione dei provvedimenti adottati. In quanto essi non sono strettamente necessari per raggiungere tale obiettivo, non possono essere applicati a danno del contribuente (23).

26 Non accolgo l'obiezione dei Paesi Bassi secondo cui la prima questione rinviata dal giudice nazionale pone in discussione la validità dell'autorizzazione del Consiglio. Il giudice nazionale ha deciso di chiedere se tale decisione copra l'applicazione delle misure tedesche in casi in cui non vi è evasione fiscale e viene convenuto un corrispettivo a prezzo di mercato. Questo solleva una questione di interpretazione e non di validità. La Corte deve fornire al giudice nazionale criteri per determinare se la deroga fatta valere dalla Germania in difesa dell'applicabilità delle sue misure particolari nelle circostanze di cui trattasi nella causa principale, che avrebbe altrimenti chiaramente violato l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), sia consentita a causa della deroga concessa in base all'art. 27 della sesta direttiva. La questione di diritto comunitario che la Corte deve risolvere riguarda pertanto la portata e non la validità della deroga autorizzata dal Consiglio.

27 Il semplice fatto che l'applicazione delle misure nazionali si possa in generale giustificare con l'interesse di impedire che vi sia un consumo finale non soggetto ad imposta in operazioni che coinvolgono congiunti non giustificherebbe di per sé la loro applicazione in circostanze in cui è stato convenuto un corrispettivo corrispondente al prezzo di mercato. A questo punto è importante ricordare alcune osservazioni fatte dal giudice nazionale. Innanzitutto egli sostiene che casi quali quelli della presente fattispecie, nei quali il canone non è sufficiente per coprire i costi, anche se «possono essere non così frequenti e non così gravi nelle loro conseguenze economiche da provocare distorsioni nella concorrenza (...) essi non sono tuttavia limitati a poche trascurabili eccezioni». Questa tesi del giudice nazionale deve essere preferita a quella contraria del governo tedesco, il cui rappresentante, in ogni caso, ha ammesso all'udienza che questo può probabilmente capitare nel caso della locazione di immobili. Inoltre, il principio di proporzionalità che disciplina l'applicazione da parte degli Stati membri di misure antievasione adottate in base ad un'autorizzazione concessa dal Consiglio ai sensi dell'art. 27 richiede che esse siano limitate a quei casi in cui sono esplicitamente necessarie. In secondo luogo il giudice nazionale fa presente che «l'imposta sulla differenza tra la base imponibile minima ed il corrispettivo convenuto non può essere trasferita al destinatario delle prestazioni». Presumibilmente questo può essere giustificato superficialmente facendo presente che il fornitore dei servizi, che deve pagare l'IVA sul corrispettivo più alto fatto valere, potrà dedurre l'IVA per un importo corrispondente e non sopporterà pertanto una perdita. Tuttavia, questo mi sembra contraddire il principio di neutralità del sistema dell'IVA. Nella sua recente sentenza nella causa Elida Gibbs/Commissioners of Customs and Excise la Corte ha dichiarato che (24):

«Il principio di base risiede nel fatto che il sistema dell'IVA mira a gravare unicamente il consumatore finale. Di conseguenza la base imponibile dell'IVA che deve essere riscossa dalle autorità fiscali non può essere superiore al corrispettivo effettivamente pagato dal consumatore finale e sul quale è stata calcolata l'IVA dovuta in definitiva da tale consumatore».

Inoltre, in casi ordinari di operazioni in perdita, non sorge la questione se sia stato imposto un prezzo di vendita artificiale più alto su un'operazione in modo da equilibrare l'imposta in entrata e quella in uscita. In terzo luogo, e più importante, il giudice nazionale ritiene che l'uso della base imponibile minima sia sproporzionato qualora il corrispettivo corrisponda al prezzo di mercato e non vi sia evasione fiscale. Egli fa presente, in termini che io condivido, che nulla impediva di utilizzare il prezzo di mercato come base imponibile in una misura particolare di deroga. In breve egli ritiene che l'art. 10, n. 5, dell'UStG vada oltre la finalità della deroga.

28 Condivido la tesi del giudice nazionale. Non è necessario sollevare la questione della validità della deroga. Sarebbe stato molto semplice disciplinare casi quali quelli della presente fattispecie, nei quali il corrispettivo ricevuto per i servizi corrisponde al prezzo di mercato. In quanto l'art. 10, n. 5, dell'UStG non contiene una tale disposizione, esso va oltre il suo scopo dichiarato ed è incompatibile con l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva.

La seconda questione

i) Introduzione

29 Con la seconda questione il giudice nazionale chiede se la mancata pubblicazione a livello comunitario e nazionale possa pregiudicare la validità o l'efficacia di una deroga altrimenti valida concessa dal Consiglio ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva. Contrariamente alla tesi del giudice nazionale e del ricorrente, i governi francese, tedesco, dei Paesi Bassi e la Commissione concordano unanimemente sul fatto che la validità o l'applicabilità di una tale deroga non dipendono da una pubblicazione o comunicazione, che a loro parere non è richiesta da nessuna disposizione o principio di diritto comunitario. Tale questione, in quanto solleva potenzialmente il problema generale dell'efficacia di decisioni delle istituzioni comunitarie non pubblicate nei confronti di parti diverse dai loro destinatari, meriterebbe chiaramente di essere presa in considerazione dalla Corte in formazione plenaria. Poiché la Corte, se segue la mia raccomandazione relativamente alla prima questione ad essa sottoposta, può decidere che non è necessario risolvere la seconda questione, è solo con riserva che, nel contesto del presente rinvio, mi sento obbligato ad esaminare la seconda questione. Tuttavia, va rilevata la particolarità di tale questione; così come è stata formulata dal giudice nazionale essa riguarda solo il diritto degli Stati membri di far valere «misure particolari ai sensi dell'art. 27» in mancanza di pubblicazione della decisione del Consiglio di cui trattasi nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee o in quella dello Stato membro destinatario. Perciò le osservazioni che seguono devono essere prese in considerazione solo relativamente a tale particolare questione.

ii) Parere

30 In base all'art. 191 del Trattato taluni atti della Comunità devono essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Tale articolo, per quanto rileva nella presente fattispecie, stabilisce:

«2. I regolamenti del Consiglio e della Commissione, nonché le direttive di queste istituzioni che sono rivolte a tutti gli Stati membri, sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Essi entrano in vigore alla data da essi stabilita ovvero, in mancanza di data, nel ventesimo giorno successivo alla loro pubblicazione.

3. Le altre direttive e le decisioni sono notificate ai loro destinatari e hanno efficacia in virtù di tale notificazione».

La decisione implicita del Consiglio con cui viene concessa una deroga ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva è una «decisione» ai sensi dell'art. 191, n. 3, del Trattato la cui pubblicazione non è richiesta (25). In realtà, come ha sostenuto il governo francese, poiché essa ha efficacia in virtù della notifica (in tali casi, allo Stato membro richiedente), la sua validità non può dipendere da un qualsiasi - anche implicito - obbligo di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Questa interpretazione è stata confermata dalla Corte nella sua sentenza nella causa Handelsvereniging Rotterdam (26). Rilevando che, benché appaia opportuno che alle decisioni di deroga - in tal caso quelle adottate dalla Commissione ai sensi dell'art. 226, n. 2, del Trattato - «venga data la pubblicità usuale», la Corte ha osservato che «l'art. 191 si limita a prescrivere che le decisioni siano notificate ai destinatari» (27).

31 I governi francese e tedesco fanno presente che la prassi di inserire la comunicazione di decisioni del Consiglio adottate ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva nella sezione della serie «L» intitolata «Atti la cui pubblicazione non è obbligatoria» nella Gazzetta ufficiale è iniziata solo negli anni '80 e che diverse precedenti decisioni del Consiglio che non sono state pubblicate sarebbero rese inefficaci dal presente argomento del ricorrente. Inoltre sarebbe strano se il diritto comunitario dovesse imporre al Consiglio di pubblicare una decisione che consente una deroga ad una direttiva, che a sua volta era stata pubblicata solo a titolo di informazione.

32 Neanche l'art. 27 della sesta direttiva impone, nella sua formulazione, alcun obbligo di pubblicare un'autorizzazione concessa in base ad esso. La Francia si basa in particolare sull'affermazione della Corte nella sentenza BP Soupergaz secondo cui «(...) le deroghe alla direttiva sono conformi al diritto comunitario sempreché, da un lato, restino nell'ambito degli scopi contemplati dall'art. 27, n. 1, e, dall'altro, siano state notificate alla Commissione e autorizzate dal Consiglio, tacitamente o espressamente, secondo le modalità precisate nei nn. 1-4 dell'articolo medesimo» (28). Benché la Corte in tale caso non dovesse risolvere tale questione, la formulazione di questo brano costituisce un convincente tacito riconoscimento dell'assenza di un obbligo di pubblicazione derivante dal diritto comunitario. Concordo con la tesi del giudice nazionale secondo cui la mancata pubblicazione dell'autorizzazione nella Gazzetta ufficiale non pregiudica la sua validità.

33 Tuttavia con la seconda questione si chiede anche se l'efficacia a livello nazionale di un'autorizzazione validamente concessa dal Consiglio possa essere pregiudicata per il fatto che essa non è stata pubblicata in una pubblicazione ufficiale dello Stato membro destinatario. Il giudice nazionale rileva che nelle sue osservazioni nella causa Boesenberg (29) la Commissione aveva sostenuto che, in mancanza di pubblicazione del procedimento di autorizzazione relativo all'art. 10, n. 5, dell'UStG 1980, la misura particolare tedesca non potrebbe essere applicata a danno di un soggetto passivo, il quale, inoltre, sarebbe legittimato a far valere le disposizioni più favorevoli direttamente efficaci della sesta direttiva. Nelle sue osservazioni dinanzi a questa Corte il governo tedesco sostiene l'argomento dedotto dal Ministero nella causa principale. Esso fa riferimento all'affermazione esplicita, contenuta nella nota esplicativa diffusa unitamente al disegno di legge del 15 marzo 1978, secondo cui la disposizione che è poi diventata l'art. 10, n. 5, avrebbe dovuto essere coperta da una deroga ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva. Questa dichiarazione avrebbe informato i soggetti passivi del fatto che il governo tedesco aveva già ottenuto o stava per ottenere la necessaria autorizzazione del Consiglio. Naturalmente un soggetto passivo avrebbe la facoltà di contestare la compatibilità di un'autorizzazione alla fine concessa con la sesta direttiva. In tali casi il giudice nazionale potrebbe chiedere alle autorità tedesche di fornire tutte le informazioni necessarie relativamente all'autorizzazione ai sensi dell'art. 35 della Grundgesetz (Costituzione tedesca).

34 A mio parere, la questione da porre è se la mancanza di pubblicazione della deroga diminuisca la certezza del diritto o l'efficacia del sindacato giurisdizionale di cui deve disporre il soggetto passivo che intenda contestare la sua applicazione. Pertanto, ad esempio, nella causa Administration des Douanes/Gondrand Frères la Corte ha dichiarato che «il principio della certezza del diritto esige che una disciplina che impone oneri al contribuente sia chiara e precisa, acciocché il contribuente sia inequivocabilmente conscio dei suoi diritti e dei suoi obblighi e possa agire in modo adeguato» (30). Inoltre nella causa Unectef/Heylens (31) la Corte ha descritto il diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale nei confronti di decisioni che si pongono contro l'esercizio individuale di diritti derivanti dal diritto comunitario (in quel caso l'art. 48 del Trattato) in termini che consentono ai singoli interessati di difendere tale «diritto nelle migliori condizioni possibili e che ad essi sia riconosciuta la facoltà di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice» (32). Non credo che la mancata pubblicazione a livello nazionale di una decisione del Consiglio quale quella di cui trattasi nella presente fattispecie riduca, diversamente forse che a un livello puramente formale, la certezza del diritto o l'efficacia di rimedi amministrativi o giurisdizionali di cui dispone il soggetto passivo toccato negativamente.

35 In casi quali quello del ricorrente, il contribuente ha accesso, come aspetti di diritto pubblico, innanzitutto al testo della sesta direttiva, che esplicitamente lo rende edotto del fatto che deroghe implicite del Consiglio possono essere ottenute ai sensi dell'art. 27 e, in secondo luogo, alle disposizioni di diritto nazionale, che (nella presente fattispecie) danno attuazione contemporaneamente a questa direttiva e alla impugnata deroga ad essa che viene fatta valere contro di lui. In tal senso egli ha diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale, in quanto egli, semplicemente opponendosi anche in una fase amministrativa iniziale, può chiedere allo Stato membro interessato di giustificare la discrepanza tra la formulazione della sua misura nazionale di attuazione della sesta direttiva e la direttiva stessa. Inoltre, a meno che lo Stato membro possa far valere una valida deroga, il contribuente ha il diritto di far riferimento direttamente alle disposizioni pertinenti della sesta direttiva. E' pertanto lo Stato membro che ha l'onere della prova e che, se necessario, deve dimostrare dinanzi al giudice nazionale di essersi conformato ai requisiti dell'art. 27 come indicato dalla Corte nella causa BP Soupergaz (v. sopra, paragrafo 32). In tale procedimento, in aggiunta a qualsiasi diritto conferito dal diritto nazionale, il diritto comunitario richiede che al contribuente debba essere ovviamente concessa ogni ragionevole possibilità di impugnare e di mettere in discussione tale adempimento. Si deve ammettere che il giudice nazionale, in base alle procedure nazionali, gli concederà accesso a tutte le necessarie informazioni, tempo ragionevole e rimedi adeguati in relazione alle spese giudiziarie, insomma ad un procedimento equo (33). Tuttavia non vedo come la mancata pubblicazione della deroga possa di per sé pregiudicare il diritto di uno Stato membro a basarsi su di essa. Questo deve in particolare essere il caso qualora la deroga concessa limiti la portata della direttiva che è stata attuata, ai sensi dell'art. 189 del Trattato, tempestivamente e adeguatamente dallo Stato membro interessato, e che dal canto suo prevede esplicitamente la concessione di tali deroghe.

IV - Conclusione

36 Di conseguenza, ritengo che la prima questione proposta dal giudice nazionale vada risolta come segue:

«Un'autorizzazione concessa dal Consiglio ad uno Stato membro ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, che consente l'adozione di misure particolari per impedire l'evasione dell'IVA, non copre misure nazionali che, in caso di prestazioni a titolo oneroso effettuate tra congiunti, considerano le spese sostenute dal soggetto passivo ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. c), della direttiva 77/388/CEE come la base imponibile minima anche nel caso in cui il corrispettivo convenuto corrisponde al prezzo di mercato ma è inferiore alla base imponibile minima».

Nel caso in cui la Corte non segua la mia raccomandazione circa la soluzione da dare alla prima questione, la seconda questione, a mio parere, va risolta come segue:

«Uno Stato membro può far valere nei confronti del soggetto passivo misure nazionali di attuazione di una deroga implicita del Consiglio adottata ai sensi dell'art. 27, n. 1, della direttiva 77/388/CEE, che soddisfa i requisiti procedurali e sostanziali di validità di cui all'art. 27, nn. 1-4, della direttiva 77/388/CEE, nonostante che la decisione del Consiglio che autorizza le misure non sia stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee e, in secondo luogo, che il procedimento di autorizzazione di cui all'art. 27, nn. 2-4, della direttiva 77/388/CEE non sia stato pubblicato - dopo la sua attuazione - in pubblicazioni ufficiali dello Stato membro».

(1) - Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

(2) - BGBl I, pag. 1953.

(3) - L'imposta sul fatturato, tuttavia, non costituisce parte della base imponibile.

(4) - V. BR-Drucksache 145/78, pag. 38.

(5) - BT-Drucks., 8/1779.

(6) - Poiché l'art. 27, n. 4, prevede un termine di due mesi, il periodo si considera scaduto il 13 agosto 1978, come sostiene il governo tedesco nelle sue osservazioni scritte.

(7) - Nelle sue osservazioni scritte il governo tedesco fa presente alla Corte che l'art. 10, n. 5, dell'UStG 1980 è entrato in vigore il 1_ gennaio 1980. Alla Corte è stato comunicato che il testo di tale disposizione non è stato modificato durante l'iter legislativo nazionale.

(8) - Relativamente a tale principio esso menziona le sentenze 12 luglio 1988, cause riunite 138/86 e 139/86, Direct Cosmetics e a./Commissioners of Customs and Excise (Racc. pag. 3937) (Direct Cosmetics II); 13 febbraio 1985, causa 5/84, Direct Cosmetics/Commissioners of Customs and Excise (Racc. pag. 617) (Direct Cosmetics I), e 10 aprile 1984, causa 324/82, Commissione/Belgio (Racc. pag. 1861).

(9) - Sentenza 18 febbraio 1954, cause riunite 73/63 e 74/63 (Racc. pag. 1).

(10) - Il corsivo è mio.

(11) - Menzionata sopra alla nota 8; v., in particolare, il punto 24 della sentenza e il paragrafo 3 delle conclusioni dell'avvocato generale VerLoren van Themaat.

(12) - Causa 5/84, sopra menzionata alla nota 8.

(13) - Nelle sue osservazioni nella causa Direct Cosmetics I, va rilevato che l'avvocato generale VerLoren van Themaat ha comparato la sostituzione da parte di uno Stato membro di una misura notificata (e autorizzata) ai sensi dell'art. 27 con una situazione in cui tale misura «in un secondo tempo risulti avere un contenuto diverso da quello comunicato dallo Stato membro al momento della notifica e di conseguenza venga sostituita da una misura di diverso tenore» (Racc. pag. 617, in particolare pag. 627).

(14) - Sentenza 6 luglio 1995, causa C-62/93 (Racc. pag. I-1883).

(15) - Ibidem punto 23 della sentenza. Il motivo di questo requisito è stato chiarito dall'avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni. Facendo riferimento ai brevi termini che disciplinano il procedimento ai sensi dell'art. 27 per un'approvazione tacita di misure e la necessità di verificare la proporzionalità di queste misure, egli afferma che: «E' quindi essenziale che agli Stati membri e, in particolare, alla Commissione sia stato dato effettivamente modo di esaminare le misure previste al fine di verificare il rispetto di detti requisiti. In considerazione dei termini fissati dall'art. 27, tale valutazione è possibile solamente qualora l'attenzione della Commissione sia stata specificamente richiamata sulle misure proposte» (paragrafo 36 delle conclusioni).

(16) - In effetti l'avvocato generale VerLoren van Themaat nelle sue conclusioni nella causa Commissione/Belgio, facendo riferimento alla prassi prevalentemente seguita dalla Commissione, ha affermato: «Dall'allegato IV della replica della Commissione risulta infatti che il Consiglio e la Commissione hanno accettato, almeno in un caso, la fissazione di un imponibile minimo per prevenire le frodi (art. 10, quinto comma, della legge tedesca relativa all'imposta sull'entrata)» (il corsivo è mio). Per ammettere un tale fondamento come misura di semplificazione il Consiglio dovrebbe esaminare se la proposta soddisfi le condizioni dell'ultima frase dell'art. 27, n. 1. Non si può ammettere che una misura notificata come misura per combattere l'evasione fiscale raccomandi o consenta una tale considerazione.

(17) - V., ad esempio, in relazione alle eccezioni contenute nell'art. 13 della sesta direttiva, sentenza 15 giugno 1989, causa 348/87, Stichting Uitvoering Financiële Acties (Racc. pag. 1737, punto 13), e sentenza 11 agosto 1995, causa C-453/93, Bulthuis-Griffioen (Racc. pag. I-2341, punto 19).

(18) - Punto 29 della sentenza.

(19) - Il rappresentante della Commissione ha fatto riferimento ad una recente decisione con cui il Consiglio ha autorizzato i Paesi Bassi a derogare all'art. 11, titolo A, n. 1, lett. a), e ad applicare il valore di mercato come base imponibile per la costituzione di taluni diritti reali a due condizioni, la prima delle quali riflette chiaramente la preoccupazione del Consiglio di assicurare che i provvedimenti rilevanti dei Paesi Bassi rispettino il principio di proporzionalità. Essa prevede (art. 1, primo trattino) che la base imponibile determinata secondo l'art. 11, titolo A, n. 1, lett. a), sia «anormalmente bassa rispetto al prezzo che può essere ottenuto per il bene considerato in condizioni di piena concorrenza fra parti indipendenti»: v. decisione del Consiglio 8 luglio 1996, 96/432/CE, che autorizza i Paesi Bassi ad applicare una misura di deroga all'art. 11 della direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta sulla cifra d'affari (sesta direttiva IVA) (GU L 179, pag. 51).

(20) - Menzionata sopra alla nota 8.

(21) - Ibidem, v. punti 2-7 della sentenza dove sono descritte in dettaglio le misure belghe pertinenti.

(22) - V. BP Soupergaz, menzionata sopra alla nota 14, punto 36 della sentenza.

(23) - V. sentenza Commissione/Belgio, citata nella nota 8, punto 29.

(24) - Sentenza 24 ottobre 1996, causa C-317/94 (Racc. pag. I-5339, punto 19).

(25) - Al tempo dei fatti questo era l'art. 191, secondo comma, del Trattato CEE. In realtà, come la Francia ha giustamente osservato, in base a tale comma, che si applicava al tempo dell'adozione della sesta direttiva, la pubblicazione di tale direttiva nella Gazzetta ufficiale avveniva solo a titolo di informazione. E' solo la nuova versione dell'art. 191, n. 2, del Trattato CE, come modificato dall'art. G. 63 del Trattato sull'Unione europea, che richiede la pubblicazione di tali direttive del Consiglio e della Commissione che sono rivolte a tutti gli Stati membri.

(26) - Menzionata sopra alla nota 9.

(27) - Racc. 1964, pag. 1, in particolare pag. 26.

(28) - V. punto 22 della sentenza.

(29) - Causa C-340/92, Finanzamt Mainz/Boesenberg. Tale rinvio pregiudiziale riguardava anch'esso l'art. 10, n. 5, dell'UStG 1980, ma fu cancellato dal ruolo della Corte con ordinanza del presidente della Corte 6 ottobre 1993.

(30) - Sentenza 9 luglio 1981, causa 169/80 (Racc. pag. 1931, punto 17).

(31) - Sentenza 15 ottobre 1987, causa 222/86 (Racc. pag. 4097).

(32) - Ibidem, punto 15 della sentenza.

(33) - V., ad esempio, relativamente al diritto irlandese, State (Healy)/Donoghue 1976, IR 325.