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61996C0130

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 13 marzo 1997. - Fazenda Pública contro Solisnor-Estaleiros Navais SA, con l'intervento di Ministério Pùblico. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Supremo Tribunal Administrativo - Portogallo. - IVA - Art. 33 della sesta direttiva IVA - Mantenimento di imposte di registro - Imposta di bollo sul valore di contratti aventi ad oggetto la costruzione di una petroliera. - Causa C-130/96.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-05053


Conclusioni dell avvocato generale


1 La questione deferita a questo giudice dal Supremo Tribunal Administrativo invita una volta di più questa Corte ad interpretare l'art. 33 della sesta direttiva IVA (1) (in prosieguo: la «sesta direttiva»), il quale osta al mantenimento o all'introduzione da parte di uno Stato membro di tributi aventi il carattere di imposte sulla cifra d'affari. Il giudice portoghese gradirebbe disporre degli elementi che gli consentano di analizzare le caratteristiche di un'imposta nazionale, per valutarne la regolarità.

I - Fatti e procedimento nazionale

2 La controversia sottoposta all'esame del giudice a quo trae origine dalla liquidazione di un tributo istituito, sotto forma di imposta di bollo, dall'art. 91 della «Tabela Geral do Imposto do Selo» (tariffa generale dell'imposta di bollo; in prosieguo: la «TGIS»).

3 Il 4 giugno 1992 la Solisnor-Estaleiros Navais SA (in prosieguo: la «Solisnor») versava detta imposta, per un importo pari a 43 586 400 scudi portoghesi (ESC), in base a un contratto di appalto concluso, il 28 dicembre 1989, con la Sociedades Portuguesa de Navios e Tanques SA (in prosieguo: la «Soponata»), per la costruzione di una petroliera destinata al trasporto di petrolio greggio.

4 Essa poi chiedeva ed otteneva l'annullamento della liquidazione dell'imposta, in forza di una sentenza emessa il 21 marzo 1994 dal Tribunal Tributário de Primeira Instância di Setúbal. La Fazenda Pública (erario) interponeva appello avverso detta decisione innanzi al Supremo Tribunal Administrativo.

5 Dinanzi al giudice a quo, la Fazenda Pública allega che l'imposta di bollo non sarebbe un'imposta sulla cifra d'affari, di modo che essa non sarebbe contraria all'art. 33 della sesta direttiva (2).

6 Per parte sua, la Solisnor sostiene che, in considerazione delle sue caratteristiche di tributo generale gravante sui consumi e proporzionale al prezzo dei servizi, l'imposta di bollo sarebbe un'imposta sulla cifra d'affari, ai sensi dell'art. 33, il che la renderebbe incompatibile con il sistema comune dell'IVA (3).

II - L'imposta di bollo ex art. 91 della TGIS

7 Secondo il giudice a quo questa imposta si applica, in modo generale, a «tutti i documenti, libri, atti e contratti elencati nella TGIS» (4) e, in particolare, ai «contratti di appalto e di fornitura di materiali o di qualsiasi bene di consumo (...)» (5). L'ammontare dell'imposta di bollo è calcolato in funzione di un'aliquota, che varia a seconda dell'oggetto del contratto, applicata al valore dell'atto.

8 L'art. 91 della TGIS è stato abrogato dall'art. 3 del decreto legge 18 giugno 1991, n. 223/91, il cui preambolo giustifica la soppressione degli articoli relativi ai contratti di appalto, tra i quali l'art. 91, con la loro «incompatibilità con la funzione di imposizione generale sul consumo, affidata all'imposta sul valore aggiunto» (6).

9 Il Supremo Tribunal Administrativo rileva che il 28 dicembre 1989, data del fatto generatore del tributo, l'art. 91 della TGIS era ancora in vigore, mentre lo Stato portoghese era obbligato, sin dal 1_ gennaio 1989, ad adottare le misure necessarie per conformarsi alla sesta direttiva (7).

10 Di conseguenza esso ritiene opportuno sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se un'imposta di bollo, avente le caratteristiche innanzi ricordate, debba essere qualificata come imposta sulla cifra d'affari ai sensi dell'art. 33 della citata sesta direttiva, fatto salvo eventualmente quanto disposto dall'art. 378 dell'Atto di adesione o da qualunque altra disposizione di diritto comunitario».

11 L'art. 378 dell'Atto di adesione della Repubblica portoghese si riferisce all'allegato XXXII, il quale contiene un elenco di atti applicabili alla Repubblica portoghese, tra i quali la sesta direttiva, per definirne i presupposti di applicazione. Per quanto concerne la citata direttiva, l'allegato XXXII parla di potere riconosciuto alla Repubblica portoghese, a determinate condizioni, di accordare una franchigia dall'imposta e di procedere a varie esenzioni. Questi due testi pertanto, dato il loro oggetto, non possono fornire contributi utili alla qualificazione giuridica dell'imposta di bollo portoghese.

12 La giurisprudenza della Corte ha delimitato la sfera di applicazione dell'art. 33 della sesta direttiva, enucleando i criteri che consentono di definire la nozione di imposta sulla cifra d'affari. Occorre ricordarli per determinare la natura esatta dell'imposta di bollo controversa.

III - La nozione di imposta sulla cifra d'affari ai sensi dell'art. 33 della sesta direttiva

13 Ai sensi dell'art. 33 della sesta direttiva:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, le disposizioni della presente direttiva non vietato ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d'affari».

14 Secondo la costante giurisprudenza della Corte questa disposizione «(...) non osta al mantenimento in vigore o all'introduzione di imposte di registro o di altri tipi di imposte, diritti e tasse, qualora questi non abbiano le caratteristiche essenziali dell'IVA» (8). E' persino consentito agli Stati membri di cumulare l'IVA con le imposte, diritti o tasse diversi dalle imposte sulla cifra d'affari (9).

15 Il divieto di cumulo dell'IVA con le imposte aventi il carattere di imposte sulla cifra d'affari si spiega con l'esistenza di un sistema armonizzato costituito sotto forma di un sistema comune di imposta sul valore aggiunto.

16 La prima direttiva IVA (10) (in prosieguo: la «prima direttiva») pone i principi fondamentali di questo sistema. Essa annuncia che l'obiettivo perseguito è quello di «realizzare un'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari che sia diretta ad eliminare, per quanto possibile, i fattori che possono falsare le condizioni di concorrenza (...)» (11). Nella logica di questo testo, l'armonizzazione presuppone «l'eliminazione dei sistemi di imposta cumulativa a cascata» (12) in vigore in taluni Stati della Comunità, la cui caratteristica principale è di assoggettare all'imposta, per ciascuna transazione, la totalità del prezzo, senza poter dedurre l'imposta versata nella fase precedente. Un'imposta del genere è assolutamente priva di neutralità nei confronti del processo di produzione e di distribuzione poiché, per effetto meccanico, essa favorisce i circuiti economici integrati e gonfia tanto più i prezzi dei beni e dei servizi quanto più è elevato il valore creato durante le prime fasi della loro produzione.

17 La seconda direttiva IVA (13) (in prosieguo: la «seconda direttiva») introduce questo sistema, fondato su una definizione comunitaria dell'IVA, in sostituzione dei sistemi nazionali. Salvo che nell'ambito particolare dell'IVA, viene preservata la competenza fiscale degli Stati membri.

18 L'art. 33 della sesta direttiva mira a garantire la coerenza e la perennità del sistema comune, autorizzando solo le imposte diverse da quelle che soddisfino i criteri dell'imposta sulla cifra d'affari. Tuttavia, il testo non precisa che cosa occorra intendere per imposta avente il «carattere di imposta sulla cifra d'affari».

19 La Corte ha interpretato questa nozione nella sentenza Rousseau Wilmot:

«L'art. 33 della sesta direttiva, lasciando liberi gli Stati membri di mantenere in vigore o di istituire determinati tributi, come le imposte indirette, a condizione che non si tratti di tributi aventi "il carattere d'imposta sulla cifra d'affari", si propone d'impedire che il funzionamento del sistema comune dell'IVA sia leso da provvedimenti fiscali di uno Stato membro che gravano sulla circolazione dei beni e dei servizi e colpiscono i negozi commerciali in modo analogo a quello che caratterizza l'IVA» (14).

20 La Corte ha aggiunto che dovevano «(...) essere considerati gravanti sulla circolazione dei beni e dei servizi allo stesso modo dell'IVA le imposte, i diritti e le tasse che presentano le caratteristiche essenziali dell'IVA» (15).

21 La definizione dell'IVA ci è data dall'art. 2, nn. 1-3, della prima direttiva, il quale dispone quanto segue:

«Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell'applicare ai beni ed ai servizi un'imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell'imposizione.

A ciascuna transazione, l'imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all'aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

Il sistema comune d'imposta sul valore aggiunto è applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso».

22 La giurisprudenza della Corte ha tratto da questa definizione le caratteristiche essenziali dell'IVA. Essa rileva che «l'IVA si applica in modo generalizzato a tutte le operazioni commerciali aventi ad oggetto beni o servizi; essa è proporzionale al prezzo di detti beni e servizi; è riscossa ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione; infine, si applica al valore aggiunto dei beni e dei servizi, deducendo dall'imposta dovuta per tale transazione quella già pagata in occasione dell'operazione commerciale a monte» (16).

23 Occorre pertanto esaminare se tutti questi elementi si ritrovino in un'imposta del tipo di quella «con le caratteristiche enunciate nell'art. 91 della TGIS (...)» (17), la quale sarebbe in tal caso soggetta al divieto di cui all'art. 33.

IV - Natura giuridica dell'imposta di bollo di cui all'art. 91 della TGIS

24 Il governo portoghese e la Fazenda Pública, la quale dichiara di fare integralmente proprie le osservazioni scritte presentate da quest'ultimo (18), illustrano che l'imposta di bollo «grava sull'atto o sul contratto, e non sul bene che ne è l'oggetto» e che, «anche nel caso in cui il contratto non produca effetti, sia invalido o resti ineseguito, l'imposta di bollo (...) dev'essere versata». Essi ne deducono che «non è la transazione ad essere soggetta ad imposta, il che comporta che non si possa logicamente considerare il diritto di cui trattasi come un'imposta sulla cifra d'affari» (19).

25 Il fatto che l'imposta di bollo colpisca il contratto e non la transazione non basta, secondo me, a consentire di escludere la qualificazione d'imposta sulla cifra d'affari. Le clausole scritte di un contratto costituiscono regole definite dalle parti contraenti con l'intento di sottomettervisi. Individuando nel valore fissato contrattualmente la base imponibile dell'imposta, la legge nazionale fa riferimento pertanto al prezzo che, nella maggior parte dei casi, sarà il prezzo effettivo dell'operazione all'origine del tributo.

26 Di conseguenza, mi sembra eccessivo invocare i rischi di nullità o di inesecuzione dei contratti, proporzionalmente deboli in confronto al numero dei contratti leciti e regolarmente eseguiti, per asserire che esiste uno scarto tra l'atto e la transazione che esso disciplina. Sono di conseguenza del parere che, tassando un contratto, l'imposta di bollo gravi su una transazione in modo paragonabile a quello di un'imposta direttamente applicata sull'operazione economica stessa.

27 Un'imposta uguale a quella di bollo ex art. 91 potrebbe essere qualificata imposta sulla cifra d'affari, nel senso più lato del termine, poiché la sua base imponibile è costituita dal valore del contratto, che rappresenta, in linea di principio, la cifra d'affari dell'imprenditore. Ciò parrebbe tanto più esatto se si pensa che il criterio di proporzionalità non è contestabile, poiché l'ammontare dell'imposta di bollo è ottenuto mediante applicazione di una percentuale a una base imponibile (20). Per riprendere il ragionamento sviluppato nel paragrafo precedente, la proporzionalità dell'imposta rispetto al prezzo dei beni o dei servizi sarebbe compromessa solo se scarti frequenti e di diverso valore, in rapporto al prezzo contrattualmente definito, rendessero quest'ultimo privo di collegamento con la realtà effettiva del contratto alla fine eseguito.

28 Questi elementi non sono tuttavia sufficienti. I criteri dedotti dalla giurisprudenza della Corte attribuiscono infatti alla nozione di imposta sulla cifra d'affari un senso più ristretto.

29 Il governo portoghese e la Fazenda Pública sostengono che il presupposto della generalità non sarebbe soddisfatto. A loro parere, la base imponibile dell'imposta di bollo non sarebbe costituita dall'insieme dell'attività economica, ma soltanto da una prestazione di servizi determinata e specifica (21). La Commissione è di identico parere. L'imposta controversa colpirebbe essenzialmente la formalizzazione di taluni atti. Per di più, persino quando grava su beni e servizi, l'imposta di bollo non si applicherebbe alla generalità di questi ultimi, ma soltanto a talune categorie ben precise, quali il contratto di appalto (22).

30 Al contrario, la Solisnor allega che l'imposta di bollo non sarebbe un'imposta particolare che grava solo su una categoria di persone, bensì che si tratta davvero di un'imposta generale (23), poiché essa si applicherebbe a tutte le persone giuridiche che concludono contratti di appalto.

31 La Corte ha giudicato che non costituivano tributi generali le «(...) imposte [che] non sono (...) intese a gravare su tutte le operazioni economiche nello Stato membro considerato» (24).

32 Nella fattispecie, è indubbio che un'imposta quale quella descritta dal giudice a quo non è generale. Benché si applichi a un gran numero di atti - che sarebbe del resto più giusto qualificare «supporti», tanto è ampia l'elencazione fattane dalla legge -, l'imposta di bollo non riguarda tuttavia tutte le operazioni economiche nello Stato membro interessato. Il testo dell'art. 1 del regolamento sull'imposta di bollo (25) indica infatti i «documenti, libri, atti e contratti elencati nella TGIS» (26), il che rivela il carattere limitato dell'imposta nella sua definizione più estesa. A maggior ragione, l'imposta di bollo ex art. 91, applicabile ai «contratti di appalto e di fornitura di materiali o di qualsiasi bene di consumo», non può essere giudicata di carattere generale, in considerazione della rigorosa delimitazione dell'oggetto degli atti assoggettati al tributo.

33 Manca pertanto nella fattispecie il carattere di generalità accolto dalla giurisprudenza della Corte. Occorre poi verificare se l'imposta di bollo sia riscossa ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione.

34 Il contratto controverso ha ad oggetto la costruzione, da parte della Solisnor, di una petroliera ordinata dalla Soponata. Per soddisfare il citato presupposto, ogni fase della costruzione della petroliera, dall'acquisto delle materie prime alla fornitura dell'imbarcazione, dovrebbe pertanto comportare il versamento dell'imposta.

35 Orbene, sembra che l'imposta di bollo quale appare dalla lettura del testo, come indicato dalla Commissione, venga applicata solo a una parte del processo di produzione (27). Per valutare la regolarità giuridica dell'art. 91 il giudice nazionale dovrà, a mio parere, verificare se ciascuna fase che ha portato alla costruzione dell'imbarcazione possa rientrare nella categoria dei «contratti di appalto o di fornitura di materiali o di qualsiasi bene di consumo», per riprendere i termini di tale testo. Spetta ad esso, in particolare, esaminare se le prestazioni di servizi effettuate nell'ambito di rapporti contrattuali stretti tra l'imprenditore ed altre categorie professionali siano state assoggettate all'imposta di bollo.

36 Affinché la qualificazione dell'imposta sulla cifra d'affari sia giustificata, sarebbe, inoltre, necessario dimostrare, secondo la giurisprudenza della Corte, che l'imposta applicata in occasione delle precedenti transazioni sia deducibile dal tributo versato in ultimo dall'imprenditore.

37 Non ritengo tuttavia che la deducibilità a monte di un'imposta debba costituire un presupposto imperativo per la sua qualificazione come imposta sulla cifra d'affari.

38 Occorre rilevare che i criteri già esaminati bastano comunque, nella fattispecie, ad escludere tale qualificazione dell'imposta di bollo controversa.

39 Più in generale, mi sembra che, subordinando la qualificazione d'imposta sulla cifra d'affari al requisito di un sistema di deduzioni, gli obiettivi perseguiti dal sistema comune dell'IVA, o perlomeno da una parte di essi, rischino di essere ignorati.

40 Ricordo che, secondo il testo della prima direttiva, l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari «deve giungere all'eliminazione dei sistemi di imposta cumulativa a cascata ed all'adozione, da parte di tutti gli Stati membri, di un sistema comune di imposta sul valore aggiunto» (28). A tal fine il suo art. 1 prevede che «gli Stati membri sostituiscono il loro sistema attuale di imposte sulla cifra d'affari con il sistema comune di imposta sul valore aggiunto (...)».

41 Come da me indicato (29), l'art. 33 della sesta direttiva mira a preservare l'integrità del sistema comune dell'IVA. La sua funzione principale è quella di salvaguardare il dispositivo comunitario contro l'introduzione o il mantenimento di imposte sulla cifra d'affari le quali, come le imposte cumulative a cascata, sono tali da falsare le condizioni di concorrenza.

42 Orbene, l'indeducibilità di un tributo a monte si traduce in un effetto cumulativo dell'imposta (30), di modo che un'interpretazione in base alla quale l'art. 33 osterebbe soltanto alle tasse deducibili porterebbe, in definitiva, ad autorizzare la reintroduzione di imposte del tipo di quelle che le citate direttive si sono poste proprio come compito di eliminare (31).

43 Per queste ragioni propongo alla Corte di non ancorare la sua valutazione all'esistenza, nel regime giuridico dell'imposta portoghese, di questo elemento e, pertanto, di ritenere che la deducibilità di un'imposta non condizioni la sua natura di imposta sulla cifra d'affari ai sensi dell'art. 33.

44 Quest'ultima resterebbe definita dalla sua generalità, dalla sua proporzionalità e - requisito essenziale per il posto che essa occupa nella definizione delle imposte cumulative a cascata (32) - dalla riscossione effettuata in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione.

45 Le imposte sulla cifra d'affari conformi a queste sole caratteristiche sono, a mio parere, tra quelle più in grado di compromettere il funzionamento del sistema comune dell'IVA in quanto, deducibili o meno, falsano le condizioni di concorrenza e nuocciono all'armonizzazione (33).

46 Infatti, in caso di possibile deducibilità, «la permanenza di imposte nazionali, sostanzialmente analoghe all'IVA, implicherebbe l'applicazione di una distinta aliquota che si aggiunge alle aliquote comuni, consentendo così di eludere il regime armonizzato» (34). Parimenti, le «possibili discrepanze di regime fra due imposte (...) che presentano tuttavia la stessa natura (...) dimostrano che la sovrapposizione fra IVA ed imposte nazionali analoghe è tutt'altro che ininfluente sull'uniformità di funzionamento del sistema comune» (35).

47 Le imposte che, oltre alle citate caratteristiche (36), non offrono possibilità di deduzione a monte pongono in crisi, allo stesso modo, l'armonizzazione fiscale perseguita sin dalla prima direttiva. Esse violano il principio di neutralità imposto dal sistema comune, attuato mediante la soppressione delle imposte nazionali cumulative a cascata (37).

48 Tuttavia, nel caso in cui la Corte ritenesse che la deducibilità di un'imposta debba restare determinante in sede di valutazione della sua qualificazione giuridica, occorre constatare che il tributo portoghese non presenta questa caratteristica. L'art. 91 della TGIS non vi fa nessun riferimento. Come indicato dalla Commissione, l'imposta di bollo si applica sull'ammontare lordo del prezzo del contratto e non sulla frazione del prezzo che rappresenta il valore aggiunto in rapporto alle spese sostenute a monte dall'imprenditore (38). Nessuna parte interveniente sostiene, del resto, la deducibilità dell'imposta di bollo ex art. 91.

49 Da quanto precede si evince che l'imposta di bollo ex art. 91 non soddisfa i requisiti che ne farebbero un'imposta sulla cifra d'affari, rendendola pertanto incompatibile con il sistema comune dell'IVA, di modo che, a mio parere, l'art. 33 della sesta direttiva non osta a un'imposta di questa natura.

Conclusione

Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di risolvere la questione ad essa sottoposta nel modo seguente:

«L'art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, va interpretato nel senso che esso non osta all'introduzione o al mantenimento di un'imposta nazionale che presenti le caratteristiche dell'imposta di bollo istituita dall'art. 91 della "Tabela Geral do Imposto do Selo"».

(1) - Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).

(2) - Pag. 2 della versione francese della decisione di rinvio.

(3) - Ibidem.

(4) - Art. 1 del regolamento sull'imposta di bollo, approvato con decreto legge 20 novembre 1926, n. 12700.

(5) - Art. 91 della TGIS.

(6) - Citato dal giudice nazionale, pag. 4 della versione francese della decisione di rinvio.

(7) - Ibidem. La data del 1_ gennaio 1989 è stabilita dall'allegato XXXVI, contenente l'elenco di cui all'art. 395 dell'Atto di adesione della Repubblica portoghese alla Comunità europea [Atti relativi all'adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese alle Comunità europee (GU 1985, L 302, pag. 397)].

(8) - V., di recente, sentenza 16 dicembre 1992, causa C-208/91, Beaulande (Racc. pag. I-6709, punto 13).

(9) - Sentenze 8 luglio 1986, causa 73/85, Kerrutt (Racc. pag. 2219, punto 22), e 13 luglio 1989, cause riunite 93/88 e 94/88, Wisselink e a. (Racc. pag. 2671, punto 14).

(10) - Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari (GU 1967, n. 71, pag. 1301).

(11) - Terzo `considerando'.

(12) - Quarto `considerando'.

(13) - Seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Struttura e modalità di applicazione del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303).

(14) - Sentenza 27 novembre 1985, causa 295/84, Rousseau Wilmot (Racc. pag. 3759, punto 16), e, di recente, sentenza 7 maggio 1992, causa C-347/90, Bozzi (Racc. pag. I-2947, punto 9); il corsivo è mio.

(15) - Sentenza 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit e Poulsen Trading (Racc. pag. I-2217, punto 11); il corsivo è mio.

(16) - Sentenza Dansk Denkavit e Poulsen Trading, citata, punto 11. V., parimenti, sentenze 3 marzo 1988, causa 252/86, Bergandi (Racc. pag. 1343, punto 15); Wisselink e a., già citata, punto 18; 19 marzo 1991, causa C-109/90, Giant (Racc. pag. I-1385, punti 11 e 12); Bozzi, già citata, punto 12, e Beaulande, già citata, punto 14.

(17) - Pag. 4 della versione francese della decisione di rinvio.

(18) - Punto 1 delle sue osservazioni scritte.

(19) - Pag. 10 della versione francese delle osservazioni scritte del governo portoghese. V., parimenti, i punti 2.1-2.5 delle osservazioni scritte della Fazenda Pública.

(20) - Nella fattispecie, l'aliquota è pari al 6 $.

(21) - Punto 18 delle osservazioni scritte del governo portoghese.

(22) - Punto 12 delle sue osservazioni scritte.

(23) - Pag. 14 della versione francese delle sue osservazioni scritte.

(24) - Sentenza Beaulande, già citata, punto 16.

(25) - Paragrafo 7 delle presenti conclusioni.

(26) - Il corsivo è mio.

(27) - Punto 12 delle sue osservazioni scritte.

(28) - Quarto `considerando'. Paragrafo 16 delle presenti conclusioni. V., parimenti, le conclusioni dell'avvocato generale Mischo nella causa Wisselink e a., già citata, paragrafi 19-21.

(29) - Paragrafo 18 delle presenti conclusioni.

(30) - Paragrafo 16 delle presenti conclusioni.

(31) - V., segnatamente, D. Berlin, Droit communautaire et fiscalité. Harmonisation des fiscalités, Traité de droit européen, in Juris-classeur «Europe», 1996, volume 4, fascicolo 1630, punto 10 e ss.; P. Farmer e R. Lyal, EC Tax Law, 1994, pag. 132 e ss.

(32) - Paragrafo 16 delle presenti conclusioni.

(33) - Preciso che il senso delle sentenze pronunciate dalla Corte, vertenti sull'interpretazione dell'art. 33, non sarebbe stato diverso in assenza del criterio relativo alla deducibilità. Questa circostanza non avrebbe infatti mutato la qualificazione data a un tributo quale il contributo fiscale descritto nella causa Dansk Denkavit e Poulsen Trading, già citata, poiché gli altri presupposti che consentono di individuare la sua natura d'imposta sulla cifra d'affari erano presenti. Parimenti, la mancata imposizione di questo criterio non avrebbe modificato il contenuto delle sentenze che hanno negato a talune tasse la qualità di imposta sulla cifra d'affari, in quanto tutte queste decisioni, a quanto mi è dato sapere, si sono basate sulla constatazione dell'assenza di almeno un presupposto diverso da quello collegato alla deducibilità.

(34) - Conclusioni dell'avvocato generale Tesauro nella causa Dansk Denkavit e Poulsen Trading, già citata, paragrafo 8.

(35) - Ibidem.

(36) - Paragrafo 44 delle presenti conclusioni.

(37) - Paragrafo 16 delle presenti conclusioni.

(38) - Punto 12 della versione francese delle osservazioni scritte.