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61997C0048

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 9 luglio 1998. - Kuwait Petroleum (GB) Ltd contro Commissioners of Customs & Excise. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Value Added Tax and Duties Tribunal, London - Regno Unito. - Sesta direttiva IVA - Sistema di vendita promozionale - Beni offerti dietro presentazione di buoni premio - Cessione a titolo oneroso - Ribassi e riduzioni di prezzo - Nozione. - Causa C-48/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-02323


Conclusioni dell avvocato generale


1 La presente causa verte sulla questione se «cessioni a titolo gratuito», effettuate nell'ambito di un programma che utilizza «bollini» per la promozione delle vendite di carburante presso le stazioni di servizio, rientrino, ai fini IVA, nel corrispettivo del prezzo pagato presso il distributore oppure, qualora non siano state realizzate per tale corrispettivo, se esse siano, in ogni caso, disciplinate dall'art. 5, n. 6, della sesta direttiva (1).

I - Fatti e contesto giuridico

A - La promozione di cui trattasi

2 La ricorrente nella causa principale, la società Kuwait Petroleum (GB) Ltd (in prosieguo: la «Kuwait»), vende carburante con il marchio «Q8» (in prosieguo: la «merce oggetto della promozione») in qualità di dettagliante in 110 aree di servizio ed in qualità di grossista a dettaglianti indipendenti (in prosieguo: i «rivenditori») in altre 500 aree. Il logotipo in entrambi i generi di stazione di servizio è lo stesso. Al termine, nel 1991, di una precedente campagna promozionale con uso di bollini, la Kuwait registrava un calo del 15% nella sua quota di mercato. Essa organizzava allora il proprio programma «Q8 Sails Collection» (in prosieguo: l'«operazione vele»), che inizialmente veniva praticato solo nelle aree gestite dalla Kuwait, ma che è stato ben presto esteso ai rivenditori che lo desideravano (2). I rivenditori che avevano scelto di porre in essere l'operazione avevano accettato di pagare 0,22 pence (successivamente 0,33 pence) al litro (più IVA) oltre al normale prezzo all'ingrosso del carburante. In cambio, la Kuwait forniva tutto il materiale pubblicitario e gli altri accessori necessari (3).

3 L'operazione vele veniva effettuata dal 1991 al 1996. Ogni 12 litri di carburante acquistati veniva fornito un bollino «Q8 Sails». Il diritto a un credito per frazioni di bollini veniva in alcuni casi favorito, sul finire della promozione, mediante l'impiego di carte magnetiche. Per completare una «tessera per la raccolta» servivano 30 di questi bollini. Il numero di tessere riempite, necessarie per ricevere un determinato regalo (in prosieguo: i «premi»), veniva indicato in un apposito catalogo. Un'alta percentuale di acquirenti di carburante, ma non tutti, aderiva alla raccolta dei bollini (4).

4 Per richiedere un regalo, il cliente doveva riempire un modulo per ordinazioni, che consentiva di verificare il rispetto delle condizioni dell'offerta. Benché i bollini fossero stati dichiarati non trasferibili, la Kuwait tollerava in certa misura un'«incetta» di bollini (per esempio tra colleghi di lavoro), ma ne vietava il commercio tra privati. I bollini avevano un valore nominale dichiarato di 0,001 pence, ma per essere riacquistati dovevano raggiungere, in totale, un valore superiore a 25 pence, cosa che implicava l'acquisto di un notevole quantitativo di carburante. Benché siano stati presentati dati diversi, la Kuwait considera la percentuale di bollini restituiti «ben al di sopra del 50%».

5 L'operazione vele veniva sospesa a causa dei mutamenti intervenuti nel mercato, segnatamente a causa della concorrenza sui prezzi proveniente dal settore dei centri commerciali dotati di stazioni di rifornimento. Anche se i prezzi di vendita del carburante Q8 erano scesi di circa 4 pence al litro, tale riduzione non era tutta necessariamente e direttamente riconducibile alla cessazione dell'operazione. Alla Corte risulta che il costo dei regali ritirati durante il programma aveva già raggiunto, solo nel febbraio 1995, il valore di 3 355 000 UKL, ovvero 0,36 pence per litro di carburante venduto nelle aree partecipanti (5).

B - Contesto giuridico

6 E' utile riportare le principali disposizioni di diritto comunitario che sono state dibattute nelle osservazioni presentate alla Corte. L'art. 2 della prima direttiva (6) stabilisce che l'imposta sul valore aggiunto comprende «un'imposta generale sul consumo» di beni e servizi.

7 In generale, ai sensi dell'art. 2, n. 1, della sesta direttiva, solo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso sono soggette ad IVA. L'art. 5 definisce la «cessione di un bene» come «il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario». Tuttavia, l'art. 5, n. 6, stabilisce che talune cessioni di beni, anche se effettuate a titolo gratuito, sono assoggettate a IVA:

«E' assimilato a una cessione a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina al proprio uso privato o all'uso del suo personale o lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto. Tuttavia, i prelievi eseguiti ad uso dell'impresa per effettuare regali di scarso valore e campioni non sono considerati come cessioni a titolo oneroso».

8 La corrispondente disposizione relativa alle prestazioni di servizi, figurante nell'art. 6, n. 2, tuttavia, dispone, nella parte che qui interessa, che:

«Sono assimilati a prestazioni di servizi a titolo oneroso:

(...)

b) le prestazioni di servizi a titolo gratuito effettuate dal soggetto passivo per il proprio uso privato o ad uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa.

(...)».

9 L'art. 11 della sesta direttiva riguarda la base imponibile ai fini IVA. L'art. 11, parte A, n. 1, per quanto qui rileva, così recita:

«1. La base imponibile è costituita:

a) per le forniture di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alle lettere b), c) e d), da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni;

b) per le operazioni di cui all'art. 5, paragraf[o] 6 (...), dal prezzo di acquisto dei beni o di beni similari, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni;

(...)».

L'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), stabilisce che la base imponibile non comprende «i ribassi e le riduzioni di prezzo concessi all'acquirente o al destinatario della prestazione ed acquisiti al momento in cui si compie l'operazione (...)», mentre l'art. 11, parte C, n. 1, dispone, fra l'altro, che «in caso di (...) riduzione di prezzo dopo che l'operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri».

10 Le disposizioni comunitarie precitate sono ora recepite nel Regno Unito dal Value Added Tax Act 1994 (legge in materia di imposta sul valore aggiunto, in prosieguo: la «legge 1994»). E' importante notare che, durante lo svolgimento dell'operazione vele, la cessione di regali aziendali il cui costo d'acquisto superava 10 UKL (15 UKL a partire dal 29 novembre 1995) veniva assimilata a una cessione imponibile, ai fini delle disposizioni nazionali di attuazione dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva.

C - La controversia e il procedimento nazionale

11 I Commissioners of Customs & Excise (in prosieguo: i «Commissioners»), con lettera 16 giugno 1995, hanno deciso che, nell'ipotesi in cui il costo di un articolo ceduto nell'ambito dell'operazione vele superasse 10 UKL, la Kuwait era tenuta, ai sensi del punto 6 dell'Allegato 6 della legge 1994, a versare l'IVA sui beni ceduti. Secondo i Commissioners, la cessione di tali beni era avvenuta «in modo diverso che dietro corrispettivo». La Kuwait ha proposto ricorso avverso tale decisione al VAT and Duties Tribunal di Londra (in prosieguo: il «Tribunal»).

12 La Kuwait sosteneva che i premi non venivano ceduti «a titolo gratuito» ai sensi dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva, il cui scopo era di vietare il consumo di beni senza il pagamento dell'IVA da parte dei soggetti passivi che, se avessero acquistato in qualità di clienti, l'avrebbero pagata (7). La Kuwait sosteneva di non essere essa stessa a consumare i premi dato che, al contrario, li cedeva agli automobilisti in forza di un contratto accessorio che poteva essere considerato, insieme alla fornitura di carburante, come parte di una operazione economica unica. Inoltre, la Kuwait sosteneva che il corrispettivo veniva versato per la cessione dei premi (8). La fornitura di carburante e la cessione dei premi costituivano due contratti interdipendenti. Il pagamento effettuato per il carburante in forza del primo contratto comprendeva il pagamento della successiva cessione dei premi. Laddove la Kuwait non era il dettagliante, si è sostenuto che la quota di quanto pagato al rivenditore per il carburante in cambio della concessione di diritti nei confronti della Kuwait era rappresentata dalla maggiorazione di 0,22/0,33 pence al litro (più IVA) che i rivenditori partecipanti all'operazione pagavano alla Kuwait per tale carburante (9).

13 I Commissioners hanno addotto che le due fasi della consegna dei regali al cliente andavano analizzate separatamente. Riportandosi alla sentenza Boots Company (10), essi hanno affermato che il termine «corrispettivo» implica il conferimento di qualche vantaggio o utile economico che non può consistere semplicemente nell'incremento del fatturato. Nella fattispecie, il cliente non aveva altra scelta che pagare il prezzo richiesto per il carburante e non poteva chiedere un prezzo più vantaggioso a condizione di rinunciare al diritto di ricevere bollini. Pertanto, se un corrispettivo era stato pagato, questo non aveva carattere pecuniario. I Commissioners hanno ritenuto che, ai sensi dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva, la cessione di regali, anche se a fini promozionali, è soggetta a IVA, a meno che i regali interessati non siano «di scarso valore». Inoltre, l'importo pagato dai rivenditori alla Kuwait in relazione ai premi veniva pagato al fine di partecipare all'operazione vele e, quindi, non a titolo di corrispettivo per i premi ceduti ai loro clienti.

14 Il Tribunal ha deciso che, trattandosi di una questione di diritto interno, tale campagna promozionale riguardava l'erogazione dei bollini in forza di un'offerta unilaterale separata dall'operazione principale, cioè la fornitura di carburante. Tale offerta unilaterale si trasformava in contratto vincolante se l'automobilista consegnava il numero di schede riempite richiesto per ricevere un regalo e se osservava le altre condizioni del programma. Tuttavia, riportandosi in particolare alla sentenza Boots, esso ha riconosciuto che la nozione di corrispettivo ai fini della normativa comunitaria in materia di IVA differisce da quella applicata nel diritto contrattuale inglese. Sulla base di un accertamento sommario, il Tribunal ha ritenuto che i punti fossero «ottenuti "a titolo gratuito"», poiché l'automobilista, pagando il prezzo indicato per il carburante, non effettuava «un pagamento parziale relativo al possibile conseguimento successivo di un premio». Ciò nondimeno, ritenendo che tale impostazione potrebbe essere incompatibile con la sesta direttiva, ha deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«Nell'ipotesi in cui un produttore attui una promozione commerciale nell'ambito della quale, in linea di massima:

i) il promotore distribuisca premi su riscatto a fini promozionali, conformemente alle condizioni del programma promozionale;

ii) nessun pagamento in denaro sia richiesto al momento del riscatto del premio;

iii) la consegna di buoni premio a cui l'acquirente di merci oggetto della promozione abbia acquisito un diritto avviene pagando l'intero prezzo di acquisto di tali merci, senza versare alcun prezzo separatamente individuabile per i buoni premio.

1) Se l'espressione "i ribassi e le riduzioni di prezzo concessi all'acquirente (...) e acquisiti al momento in cui si compie l'operazione", di cui all'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, vada interpretata nel senso che essa ricomprende l'intero costo dei premi riscattati.

2) Se i premi riscattati vadano considerati "cessioni a titolo oneroso" ai fini dell'art. 5, n. 6, della direttiva.

3) Nel caso in cui i premi riscattati siano ceduti in modo diverso che a titolo oneroso o "a titolo gratuito", se l'art. 5, n. 6, debba essere interpretato nel senso che esso prescrive che la cessione di premi su riscatto vada considerata cessione a titolo oneroso, pur essendo effettuata a scopo promozionale.

4) Se le questioni di cui sopra richiedano una diversa soluzione:

a) allorché tutti i buoni premio riscattati per qualsiasi articolo premio sono ottenuti all'acquisto, presso il promotore, di merci oggetto della promozione;

b) allorché tali buoni premio sono tutti ottenuti all'acquisto di merci oggetto della promozione presso un rivenditore che partecipa alla promozione; o

c) allorché i buoni premio riscattati sono ottenuti in parte all'acquisto di merci oggetto della promozione presso il promotore e in parte all'acquisto di tali merci presso uno o più rivenditori che partecipano alla promozione.

5) In caso di soluzione negativa della questione sub 3), se il Regno Unito possa, in forza dell'art. 27 della sesta direttiva e della deroga che esso ha ottenuto nel 1977 in base a quest'articolo, applicare un'imposta sul giro d'affari nei confronti del promotore, basata sul costo dei premi riscattati per il promotore, in aggiunta all'imposta sul giro d'affari inclusa nel prezzo di vendita globale delle merci oggetto della promozione».

II - Osservazioni presentate alla Corte

15 Osservazioni scritte sono state presentate dalla Kuwait, dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dalla Repubblica francese, dalla Repubblica portoghese e dalla Commissione; tutti, ad eccezione del Portogallo, hanno anche presentato osservazioni orali, che si possono riassumere nella maniera seguente.

16 La Kuwait, sostenuta dalla Commissione, adduce che l'art. 5, n. 6, non dovrebbe trovare applicazione, perché i premi di cui trattasi sarebbero stati ceduti a titolo oneroso. Inoltre, entrambe sostengono che il Regno Unito non potrebbe invocare la deroga di cui all'art. 27, n. 1, per assoggettare a IVA tali cessioni. Gli Stati membri intervenienti sono tutti del parere che non sussista un corrispettivo per la cessione dei premi. Essi ritengono che la loro cessione dovrebbe essere soggetta all'IVA calcolata sulla base imponibile prescritta dall'art. 11, parte A, n. 1, lett. b), ovvero, sul prezzo di acquisto dei premi. Qualora sia stato pagato un corrispettivo per i premi, il Regno Unito adduce di poter, ciò nondimeno, assoggettare la loro cessione ad IVA grazie alla deroga di cui esso beneficia in virtù dell'art. 27, n. 5, della sesta direttiva.

III - Analisi

A - La prima questione e i ribassi di cui all'art. 11, parte A, n. 3, lett. b)

17 Emerge, tanto dall'ordinanza di rinvio quanto dalle osservazioni presentate alla Corte, che la prima questione, con cui si chiede alla Corte se si ossa ritenere di essere in presenza di una riduzione di prezzo, ai fini dell'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, quando la «riduzione» copre l'intero costo della cessione dei premi, non si pone in realtà nella presente causa. Come hanno precisato la Kuwait, il Regno Unito, la Francia e il Portogallo, non esisteva alcun prezzo di acquisto dei premi di cui trattasi e, pertanto, non poteva essere concesso alcun ribasso o riduzione di prezzo. L'interpretazione dell'art. 5, n. 6, è più pertinente rispetto ai fatti della presente causa. Di conseguenza, suggerisco di rispondere alla prima questione nel senso che non sussiste alcuna riduzione di prezzo ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), in un programma promozionale quale l'operazione vele.

B - Sintesi delle questioni seconda, terza, quarta e quinta

18 Le rimanenti questioni sollevano sostanzialmente tre problemi. Primo, se le cessioni di premi effettuate dalla Kuwait vadano assimilate a «cessioni a titolo oneroso» ai sensi dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva. Secondo, se si deve ritenere che la Kuwait abbia ricevuto un corrispettivo sotto forma di acquisto di carburante da parte degli automobilisti nelle aree di servizio gestite dalla Kuwait o dai rivenditori. Terzo, nel caso in cui dalle risposte alle prime due questioni risulti che tali cessioni non siano soggette a imposta, se il Regno Unito abbia ciononostante il diritto, in forza dell'art. 27 della sesta direttiva, di assoggettarle a imposta sulla base del prezzo di costo dei premi. Propongo di trattare le questioni in tale ordine.

C - La terza questione e lo scopo dell'art. 5, n. 6

19 Il Tribunal ha ritenuto che «lo scopo della promozione, tanto per la Kuwait quanto per i rivenditori», era «il ristabilimento e il mantenimento, in un mercato altamente concorrenziale, del volume di vendite dei carburanti Q8 per mezzo della distribuzione di buoni di fedeltà». E' pertanto evidente che, ai sensi dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva, la cessione dei premi avveniva per esigenze dell'impresa. La questione che ne deriva è se, indipendentemente da tale destinazione, il carattere gratuito della cessione renda applicabile l'art. 5, n. 6 (11).

20 L'argomento secondo cui le cessioni sarebbero state effettuate per esigenze dell'impresa non risolve affatto la questione. Sussiste un forte contrasto sulla questione se l'art. 5, n. 6, della sesta direttiva tenda ad assoggettare a imposta le cosiddette campagne promozionali con «cessioni a titolo gratuito» quando l'acquisto di tali regali sia stato assoggettato ad IVA e il contribuente voglia dedurre i profitti, sperando di non pagare l'imposta sulle cessioni.

21 La Kuwait richiama l'art. 2 della prima direttiva, ritenendo che l'IVA costituisca un'imposta sul consumo finale. L'art. 5, n. 6, della sesta direttiva mirerebbe ad assicurare che il soggetto passivo non tragga un indebito vantaggio, evitando l'imposta sull'autoconsumo. L'art. 6, n. 2, lett. b), ovviamente non assoggetterebbe a imposta le prestazioni di servizi di analoga natura.

22 Tale ultimo punto viene tuttavia citato, a contrario, dal Regno Unito per dimostrare che lo scopo della sesta direttiva è di trattare i beni in maniera diversa dai servizi. Inoltre, sostenuto dalla Francia e, su tale punto, dalla Commissione, il Regno Unito formula due osservazioni circa il tenore letterale dell'art. 5, n. 6. In primo luogo, tale disposizione si applicherebbe a qualsiasi trasferimento «a titolo gratuito»; cioè, tale espressione andrebbe interpretata come alternativa e non subordinata alla frase successiva «più generalmente (...) a fini estranei alla sua impresa (...)». In secondo luogo, l'aver escluso, in forza della seconda frase, i «prelievi eseguiti ad uso dell'impresa per effettuare regali di scarso valore» comporterebbe decisamente che i regali che non siano di «scarso valore» non sono esclusi.

23 Devo ammettere che l'interpretazione dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva non può essere del tutto priva di incertezze. E' necessario far riferimento tanto alla lettera, quanto al contenuto complessivo di tale disposizione. La prima frase, da un lato, tende principalmente, come afferma la Kuwait, ad assoggettare a imposta «l'autoconsumo» di beni dell'impresa - come nel caso del rivenditore che rifornisce la propria abitazione con beni prelevati dal suo negozio. Tuttavia, l'espressione «lo trasferisce a titolo gratuito» si presta, da un punto di vista grammaticale, ad essere letta autonomamente. Se letta avulsa dal contesto, la prima frase è ambigua. Tuttavia, altre due considerazioni di ordine testuale mi sembrano far pendere la bilancia in maniera decisiva in favore di una interpretazione autonoma.

24 In primo luogo, la disposizione figurante nella seconda frase, secondo cui «effettuare regali di scarso valore» anche per esigenze dell'impresa non dovrebbe essere considerato come cessione a titolo oneroso, non avrebbe senso se tali regali dovessero essere sempre considerati in tal modo. La parola «tuttavia» mette in luce la differenza esistente tra la prima e la seconda frase.

25 In secondo luogo, è difficile non concludere che il diverso trattamento riservato ai servizi dall'art. 6, n. 2, lett. b), della sesta direttiva sia il risultato di una scelta deliberata. Senza voler fare astratte speculazioni, ritengo che tra le palesi differenze esistenti tra beni e servizi sussiste quella per cui i servizi non si prestano, almeno non così facilmente, a programmi promozionali gratuiti. La più consistente componente di manodopera ridurrebbe presumibilmente la possibilità di prestare servizi gratuiti su vasta scala. Pertanto, sembra probabile che il diverso tenore letterale delle due disposizioni sia stato voluto (12).

26 Ritengo che l'evoluzione normativa dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva, riportata dal Regno Unito nelle sue osservazioni scritte, avvalori ulteriormente tale opinione. L'art. 5, n. 6, della sesta direttiva ha sostituito l'art. 5, n. 3, lett. a), della seconda direttiva, in forza del quale «il prelievo da parte di un soggetto passivo, nell'ambito della sua impresa, di un bene che egli destina ad uso privato o cede a titolo gratuito» era «assimilat[o] ad una cessione effettuata a titolo oneroso» e andava, pertanto, assoggettato a imposta. Va osservato che, ai sensi del punto 6 dell'allegato A della seconda direttiva, gli Stati membri avevano la facoltà di sostituire l'imposizione di tali cessioni con il «divieto» di esercitare il diritto di effettuare deduzioni o, se una deduzione era già stata effettuata, con la sua «regolarizzazione». E' pertanto evidente che gli autori della seconda direttiva tenevano a che beni ricevuti da soggetti passivi in circostanze che attribuivano il diritto di richiedere una deduzione non potessero essere ceduti a titolo gratuito senza l'imposizione di un corrispondente contributo a titolo di IVA. Tale obiettivo veniva riaffermato nella proposta di sesta direttiva della Commissione (13). Ai sensi della prima frase dell'art. 5, n. 3, lett. a), di tale proposta, «(...) il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina a proprio uso privato o ad uso del suo personale, o lo trasferisce a titolo gratuito, nella misura in cui detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto» doveva essere assimilato ad una cessione a titolo oneroso. Pertanto, eccetto che per la mancanza di qualsiasi riferimento a casi in cui un trasferimento a titolo gratuito avvenga per esigenze dell'impresa, la proposta era molto simile al testo definitivo (citato supra, paragrafo 7). Inoltre, anche la seconda frase della disposizione proposta era quasi identica al testo adottato in via definitiva, vale a dire «i prelievi eseguiti per distribuire (...) regali di scarso valore che possono essere annoverati tra le spese generali fiscalmente ammesse, non [dovevano] essere considerati come cessioni imponibili ».

27 Ritengo che l'applicazione di un'imposta sulle campagne promozionali con «cessioni a titolo gratuito», se e in quanto l'operazione vele di cui trattasi non sia strutturata in modo tale che il «regalo» sia così strettamente collegato ad un'altra cessione da essere fatto per il medesimo corrispettivo di tale cessione, sia compatibile con lo scopo del sistema dell'IVA, quale imposta sul consumatore finale. Certamente l'art. 5, n. 6, della sesta direttiva riguarda in modo quanto mai palese casi di «autoconsumo» di beni da parte di soggetti passivi. Una breve riflessione mostrerà perché. I beni vengono ceduti al soggetto passivo in quanto destinati alla sua impresa ed egli avrà la possibilità di dedurre l'IVA versata a monte. Qualora non versasse l'imposta sul consumo personale o domestico di tali beni egli, benché abbia agito come consumatore, non pagherebbe affatto l'IVA. Analogamente, laddove una società come la Kuwait ceda beni a titolo gratuito, dopo aver dedotto l'IVA versata a monte, si otterrebbe lo stesso risultato. Non è né errato né contrario alla logica del sistema dell'IVA, in tale situazione, considerare la Kuwait un consumatore dei beni.

28 La circostanza che un soggetto passivo possa perseguire attraverso un sistema di ribassi lo stesso fine commerciale perseguito da programmi promozionali quali quello di cui trattasi nella presente causa, ovvero l'incremento delle vendite, senza però essere soggetto ad un'IVA addizionale calcolata sull'intero prezzo di costo per l'acquisto dei premi, non può inficiare la predetta interpretazione dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva. Gli autori della sesta direttiva, attraverso l'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), hanno chiaramente escluso «i ribassi e le riduzioni di prezzo concessi all'acquirente» dal calcolo della base imponibile a fini IVA, alla sola condizione che questi vengano «acquisiti al momento in cui si compie l'operazione». Per quanto si possa sostenere che «ribassi» del 100% dovrebbero restare esclusi dall'ambito dell'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), e che inoltre ribassi molto consistenti del tipo preso in considerazione dal Tribunal nell'illustrare la sua prima questione pregiudiziale, in base ai quali l'acquirente è semplicemente tenuto a pagare un importo simbolico per i beni cedutigli, andrebbero assimilati, avuto riguardo all'art. 5, n. 6, a potenziali meccanismi di elusione fiscale, nessun ribasso del genere costituisce oggetto della presente causa. La Kuwait non ha voluto organizzare il proprio programma in modo da accordare ribassi ai suoi clienti al momento della cessione dei premi. Al contrario, il suo assunto principale è che il corrispettivo per tali cessioni sia stato versato come parte del prezzo pagato presso il distributore.

29 Di conseguenza, suggerisco di rispondere alla terza questione nel senso che l'art. 5, n. 6, della sesta direttiva impone che la cessione a titolo gratuito di premi nell'ambito di un programma promozionale delle vendite come quello di cui trattasi nella presente causa venga considerata una cessione a titolo oneroso, indipendentemente dalla circostanza che tale cessione sia stata effettuata per esigenze dell'impresa.

D - La seconda questione e il corrispettivo dei premi

i) Sintesi delle osservazioni

30 La Kuwait contesta l'impostazione del Tribunal, che separa la preventiva cessione della merce oggetto della promozione (carburante) dalla successiva cessione dei premi (14). Sostenuta dalla Commissione, essa afferma che, nel caso di premi ceduti in cambio di bollini ricevuti presso le proprie aree di servizio, il corrispettivo della cessione di tali beni costituirebbe una parte indiscernibile del prezzo, comprensivo di IVA, pagato dall'automobilista per i bollini e per il carburante. Qualora l'acquirente scegliesse di non accettare i bollini, sceglierebbe di non avvalersi di un diritto per il quale ha pagato. A sostegno di tale argomento, essa invoca, in particolare, la sentenza della Corte relativa alla causa Gibbs (15), affermando invece che il richiamo dei Commissioners alla sentenza Boots sarebbe fuorviante. La Kuwait ripropone la propria tesi, invocata dinanzi al Tribunal, secondo cui la vendita del carburante con i bollini farebbe parte della stessa ed unica operazione economica, unitamente alla cessione dei premi.

31 La Kuwait sostiene che tale analisi varrebbe altresì rispetto ai bollini distribuiti dai rivenditori. A suo parere, il coinvolgimento dei rivenditori non dovrebbe pregiudicare l'applicazione del principio di neutralità della normativa comunitaria in materia di IVA. Essa si riporta segnatamente al punto 28 della sentenza Gibbs ed afferma che l'attuazione del programma non avrebbe imposto alcun contributo aggiuntivo ai rivenditori indipendenti che vi prendevano parte; essi, infatti, pagavano alla Kuwait un extra di 0,22/0,33 pence al litro, più IVA, sulle forniture di carburante in cambio del quale essi ricevevano una fornitura di bollini. Posto che i rivenditori possono dedurre tale maggiorazione dell'IVA versata a monte dall'imposta dovuta a titolo di IVA sulla successiva fornitura del carburante e dei bollini ai loro clienti, la conseguenza economica sui rivenditori sarebbe neutrale. In subordine, la Kuwait sostiene che i rivenditori indipendenti avrebbero operato come suoi mandatari per quanto riguarda la distribuzione dei bollini. Secondo questa analisi, una parte del prezzo di vendita al dettaglio costituirebbe il corrispettivo per la fornitura di carburante da parte del rivenditore partecipante, che agiva per suo proprio conto, mentre la parte residua (0,22/0,33 pence al litro) costituirebbe il corrispettivo per la fornitura dei bollini, da questi effettuata in qualità di mandatario della Kuwait.

32 Il Regno Unito respinge tale impostazione, poiché ci sarebbe stato soltanto un prezzo al dettaglio per ciascun tipo di carburante. I bollini sarebbero stati consegnati, come i buoni nella causa Boots, senza alcun controvalore; tuttavia, la successiva cessione dei premi sarebbe avvenuta a titolo gratuito, mentre i buoni rilasciati dalla Boots servivano direttamente come ribassi del prezzo dei beni successivamente acquistati. In udienza, si è sostenuto che la vera ratio di campagne promozionali quali quelle di cui trattasi nella presente causa sarebbe che l'acquirente dovrebbe ricevere qualcosa senza essere tenuto a pagare alcunché in cambio. La mera circostanza che la Kuwait abbia sostenuto costi per realizzare il programma promozionale non inciderebbe sulla questione se sia stato pagato un corrispettivo. Corrispettivo è quanto un soggetto passivo riceve per la cessione di beni. Nella fattispecie, esso non potrebbe essere considerato una parte indiscernibile del prezzo di acquisto pagato dagli automobilisti; l'automobilista avrebbe semplicemente pagato il carburante, pur avendo ricevuto anche i bollini, senza versare, come nella causa Empire Stores, alcun corrispettivo aggiuntivo alla Kuwait per tali bollini. Il Regno Unito, pertanto, contesta che la fornitura di carburante e la successiva cessione dei premi costituiscano un'unica operazione economica. Esso sostiene che la maggiorazione di 0,22/0,33 pence al litro sarebbe stata pagata alla Kuwait dai rivenditori per il carburante in cambio del diritto di partecipare alla promozione e della conseguente opportunità di accrescere il proprio giro d'affari. Esso non avrebbe costituito il corrispettivo di un terzo che la Kuwait avrebbe ricevuto dai rivenditori per la cessione dei premi, posto che il pagamento non avrebbe avuto alcun «nesso diretto» con la cessione dei premi da parte della Kuwait. Tali argomenti vengono sostanzialmente condivisi dalla Francia e dal Portogallo.

ii) Analisi

33 La diversità di opinioni sulla questione, se la Kuwait abbia ricevuto un corrispettivo per i premi, dipende sostanzialmente dalla questione se la vendita di carburante, unitamente ai bollini, e la successiva cessione dei premi in caso di riconsegna dei bollini costituiscano un'unica operazione economica, come sostenuto dalla Kuwait, oppure se, come affermato in particolare dal Regno Unito e dalla Francia, non possa essere individuato alcun distinto corrispettivo.

34 Tale problema va risolto richiamando l'autonoma nozione comunitaria di corrispettivo, illustrata nella sentenza Coöperatieve Aardappelenbewaarplaats ed applicata nella successiva giurisprudenza (16). La Corte ha stabilito che deve esistere «un nesso diretto fra il servizio reso e il controvalore ricevuto», che «il controvalore di una prestazione di servizi deve poter essere espresso in denaro» e che «questo controvalore è un valore soggettivo, giacché l'imponibile per le prestazioni di servizi è il corrispettivo realmente ricevuto, non già un valore stimato secondo criteri obiettivi» (17). Nella presente causa, allora, la questione è se esista un «nesso diretto» fra la cessione dei premi e l'acquisto di carburante da parte degli automobilisti che ricevevano i bollini.

35 Nella stessa sentenza Coöperatieve Aardappelenbewaarplaats, non è stato ritenuto esistente alcun nesso diretto fra il deposito gratuito, effettuato da una cooperativa agricola, di patate a beneficio dei suoi soci e la riduzione del valore delle azioni possedute dai soci nella cooperativa. Analogamente, quando l'Apple and Pear Development Council, un organismo di diritto pubblico, ha imposto un contributo annuale ai coltivatori, non esisteva alcun nesso diretto fra le attività del Council e tale contributo (18).

36 Nella sentenza Tolsma, relativa alla questione se le oblazioni che un musicista ambulante riceve dai passanti potessero essere considerate il controvalore per i servizi loro prestati, la Corte ha statuito che una prestazione di servizi viene effettuata «a titolo oneroso» ai sensi dell'art. 2, n. 1, della sesta direttiva, e configura pertanto un'operazione imponibile, soltanto quando «tra il prestatore e l'utente intercorra un rapporto giuridico nell'ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, nel quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato all'utente» (19). La Corte, spinta prevalentemente dalla natura spontanea delle donazioni effettuate a tali musicisti, ha rilevato che non sussisteva «alcuna correlazione necessaria tra la prestazione musicale e le oblazioni ad essa conseguenti» (20).

37 Nella sentenza Naturally Yours Cosmetics, d'altro canto, la questione sottoposta alla Corte era se esistesse un nesso diretto tra la cessione di beni da parte di un grossista (la società Naturally Yours Cosmetics Ltd) ad un prezzo inferiore al loro prezzo normale e il valore di un servizio reso a quest'ultimo in relazione a tali operazioni; ovvero, fra la cessione ad hostess di «doni ricordo» a basso prezzo e l'organizzazione di riunioni svolte da consulenti di bellezza, che si avvalevano delle hostess allo scopo di promuovere le vendite dei cosmetici del grossista (21). La Corte ha ritenuto che era ravvisabile un tale nesso, dal momento che poteva essere accertato il valore pecuniario che il grossista e le consulenti di bellezza, parti del contratto, attribuivano al servizio, segnatamente la differenza fra il prezzo effettivamente pagato dalle consulenti di bellezza per il dono ricordo ed il suo normale prezzo di vendita all'ingrosso. Analogamente, nella sentenza Empire Stores, il problema era se privati, che si presentavano come nuovi clienti o che presentavano terzi in tale qualità alla Empire Stores, una società di vendita per corrispondenza, sulla base di sistemi denominati, rispettivamente, «self-introduction scheme» e «introduce-a-friend scheme», pagassero un corrispettivo non pecuniario a fronte della cessione ad essi, a titolo gratuito, di taluni articoli aggiuntivi (i «prodotti fuori catalogo») da parte della Empire Stores. La Corte ha stabilito, senza operare distinzioni fra i due sistemi, che «la fornitura dell'articolo dato a titolo gratuito è effettuata in compenso della presentazione di una cliente potenziale (...)» (22). La Corte ha dichiarato che, con riferimento a entrambi i sistemi, il nesso fra «la fornitura dell'articolo dato a titolo gratuito e la presentazione di una cliente potenziale deve essere considerato diretto, poiché se questo servizio non viene effettuato nessun articolo è dovuto né fornito a titolo gratuito dall'Empire Stores» (23).

38 Mi sembra che il precedente più utile alla soluzione della presente causa sia la sentenza Boots. Buoni sconto venivano distribuiti nell'ambito di campagne promozionali interamente gratuite, ossia sotto forma o di buoni da ritagliare da giornali o riviste, o di una distribuzione gratuita di volantini pubblicitari, oppure di buoni stampati sulla confezione della «merce oggetto della promozione» acquistata nei negozi Boots, che davano diritto a una riduzione di prezzo pari al loro valore nominale sui successivi acquisti delle «merci a prezzo ridotto». Solo quest'ultimo aspetto del sistema era in contestazione. La Boots era stata assoggettata all'IVA per il valore nominale dei buoni. Anche se la fattispecie riguardava formalmente un preteso ribasso, la vera questione era se, come sosteneva il Regno Unito, la riduzione sugli acquisti delle merci a prezzo ridotto fosse concessa «in cambio del buono che ha un valore» (24); in altre parole, se l'acquirente nella seconda transazione avesse pagato, presentando i buoni, un corrispettivo pari al valore nominale del buono. La sentenza Boots costituiva pertanto, nella sostanza, una causa sulle riduzioni di prezzo. La Corte ha dichiarato che i buoni in discussione «rappresenta[vano] per la Boots solo un obbligo di concedere una riduzione, intesa ad attirare il cliente»; i buoni non venivano «acquisit[i] dall'acquirente a titolo oneroso» e non costituivano «altro che un documento nel quale [era] incorporato l'obbligo assunto dalla Boots di concedere al portatore del buono e in cambio di quest'ultimo una riduzione al momento dell'acquisto di una merce a prezzo ridotto» (25).

39 La fornitura di premi nell'ambito dell'operazione vele non è effettuata, a mio avviso, a titolo oneroso, come illustrato nelle sentenze precitate.

40 Non ritengo possibile determinare il necessario nesso diretto fra la cessione dei premi e un elemento separatamente individuabile nel prezzo pagato presso il distributore per il carburante, pur riconoscendo che ciascun automobilista ha il diritto di richiedere bollini in misura proporzionale ai suoi acquisti, o almeno per ogni 12 litri di carburante acquistato. Emerge da sentenze quali Naturally Yours Cosmetics, Empire Stores e Boots che il programma di cui trattasi ha creato un suo proprio nesso individuabile, da un punto di vista sia qualitativo sia quantitativo. Se l'operazione vele avesse conferito all'automobilista il diritto a una determinata riduzione di prezzo o anche, per esempio, alla fornitura di un litro di carburante gratuito ogni 50 litri acquistati, ci sarebbe stata una riduzione diretta del prezzo del carburante venduto, simile a quella di cui alla sentenza Boots. Nella presente causa non è stata stabilita nessuna correlazione del tipo emerso nelle sentenze Naturally Yours Cosmetics e Empire Stores.

41 Tuttavia, altre due considerazioni sembrano decisive. In primo luogo, è accertato che una notevole quantità di bollini ai quali gli automobilisti hanno diritto non sono richiesti o, se lo sono, non vengono sempre usati per richiedere i premi. La tesi della Kuwait è che il prezzo, apparentemente pagato per il carburante tanto nelle aree direttamente gestite dalla Kuwait quanto nelle aree indipendenti, venga in realtà solo in parte pagato per il carburante, poiché la parte residua verrebbe pagata per i premi. Pertanto, gli automobilisti che non richiedono né i bollini né i premi pagherebbero in relazione a quella parte di prezzo, in cambio di niente. Sulla base di tale opinione, la Kuwait, o i rivenditori indipendenti, dovrebbero pagare l'IVA, calcolata in relazione all'importo ricevuto per la vendita del carburante, ma decurtato dell'importo dei bollini non richiesti o non utilizzati. Tale conclusione, per quanto logica, è troppo astratta e irreale. La Commissione, a sostegno dell'analisi della Kuwait, invoca l'analogia esistente con l'acquisto di un biglietto per il teatro che non venga successivamente utilizzato. A mio parere, quando qualcuno acquista un biglietto per il teatro paga evidentemente un corrispettivo per la prenotazione di un posto in vista di un servizio consistente in una rappresentazione artistica, che verrà eseguita in un secondo momento. Ciò che, per un motivo o per un altro, può impedirgli di assistere all'atteso spettacolo è irrilevante.

42 In secondo luogo, mi sembra più significativa l'impossibilità di modificare la tesi dell'operazione economica unica, sostenuta dalla Kuwait, al fine di poter prendere in considerazione la quota delle vendite di carburante realizzate dai rivenditori. La suggerita assimilazione del contributo pagato dai rivenditori alla Kuwait (0,22 o 0,33 pence al litro) al prezzo pagato dall'automobilista presso il distributore è del tutto arbitraria. Non ha alcuna correlazione né con il prezzo reale pagato dall'acquirente - che non è in alcun modo interessato dal costo dell'operazione vele - né con il prezzo dei premi. Questa è, manifestamente, la conseguenza della impossibilità di inserire l'operazione intermedia fra la Kuwait e il rivenditore nel contesto di una pretesa operazione economica unica fra la Kuwait e l'acquirente. In realtà, ciò mostra la debolezza dell'argomento. Inoltre, come emerge dal punto c) della quarta questione, non è neppure possibile separare le due specie di operazioni. Non c'era modo di distinguere i bollini ricevuti presso le aree gestite dai rivenditori da quelli forniti direttamente dalla Kuwait.

43 In realtà, non è possibile considerare come operazione economica unica una serie di situazioni costituite da due diverse operazioni: la vendita di carburante unita alla cessione dei bollini e la successiva fornitura di premi in cambio di tali bollini. Ciò vale a fortiori quando, oltre alle predette circostanze, si devono anche prendere in considerazione la vendita di carburante a un rivenditore indipendente e la partecipazione di quest'ultimo all'operazione vele. Benché possa talvolta essere necessario stabilire se si possa ritenere che diverse operazioni distinte possano formare, ai fini IVA, un'unica operazione (26), concordo con il Regno Unito nel dire che l'impostazione figurante in sentenze quali la Henriksen non è suscettibile di applicazione generale (27). Nella presente causa, come ha ammesso la Kuwait in udienza, vengono coinvolte diverse operazioni. Quanto meno, si possono distinguere la vendita di carburante e la cessione dei premi non solo da un punto di vista cronologico, ma anche per quanto riguarda il contenuto di esse. Se poi l'operazione vele veniva attuata da un rivenditore, sussisteva ancora un'altra operazione.

44 Non posso affermare che sia agevole ricavare dalla giurisprudenza un insieme di principi del tutto coerente e tale da poter essere applicato senza esitazione a qualsiasi programma promozionale che nasca dalla genialità dei commercianti. Alla Corte è stato chiesto di fornire regole di principio su un'ampia varietà di programmi che, in realtà, essa ha dovuto giudicare a partire da circostanze specifiche. In particolare, in alcune recenti pronunce sussistono elementi che potrebbero suffragare almeno alcuni aspetti dell'argomentazione della Kuwait. La Kuwait ha riposto grande affidamento sulla sentenza Gibbs (28). Questa riguardava un programma di promozione delle vendite di un produttore (la società Elida Gibbs), basato sulla distribuzione di due tipi di buoni commerciali; buoni sconto distribuiti generalmente al pubblico, sia attraverso giornali e simili, sia attraverso rivenditori, e buoni rimborso, distribuiti attraverso la semplice stampa di essi sulla confezione dei suoi prodotti. La restituzione dei buoni sconto veniva effettuata dall'acquirente, all'atto dell'acquisto di uno dei prodotti indicati nel buono, presentando quest'ultimo al rivenditore, il quale sottraeva il valore nominale del buono dal prezzo esposto dell'articolo di cui trattavasi e, di norma, sarebbe stato successivamente rimborsato dalla Elida Gibbs. Di converso, i buoni rimborso dovevano essere inviati direttamente dagli acquirenti alla Elida Gibbs, la quale avrebbe poi rimborsato in contanti il cliente per lo stesso importo; una procedura che non coinvolgeva affatto né i grossisti, né i dettaglianti ed in cui questi commercianti ignoravano quale loro cliente avesse effettuato tali richieste, così come la Elida Gibbs ignorava quale dettagliante avesse venduto il prodotto. Pertanto, il rimborso in contanti non poteva mai essere considerato una operazione intercorsa fra la Elida Gibbs e il resto della catena di distribuzione. Tuttavia, la Elida Gibbs ha ritenuto che le fosse dovuto un rimborso dell'IVA pagata sulla parte delle sue vendite rappresentata dal valore nominale dei buoni, posto che essi costituivano «uno sconto a posteriori» sul corrispettivo da lei inizialmente percepito (29). La Corte ha dichiarato che il principio di base del meccanismo dell'IVA è che questa dovrebbe gravare unicamente il consumatore finale e, di conseguenza, che la base imponibile «non può essere superiore al corrispettivo effettivamente pagato dal consumatore finale» (30). In riferimento ad un produttore che, come la Elida Gibbs, rimborsa il valore di buoni sconto o di buoni rimborso al consumatore finale, la portata di tale principio è che il corrispettivo ricevuto rappresenta «una somma che corrisponde al prezzo di vendita dei suoi articoli pagato dai grossisti o dai dettaglianti, decurtato del valore di questi buoni»; in altri termini, la sua base imponibile non può essere «più elevata dell'importo che egli ha alla fine riscosso» (31). Nella sentenza Gibbs la Corte ha statuito che la circostanza per cui un soggetto passivo non sia «contrattualmente legato al consumatore finale» non può pregiudicare l'applicazione del principio di neutralità (32).

45 La sentenza Argos Distributors (33) riguardava una nota società britannica di vendite al dettaglio di merci presentate in cataloghi, la quale vendeva abitualmente i suoi prodotti nei suoi molteplici saloni di esposizione facendosi pagare in contanti o tramite restituzione, per un corrispondente valore nominale, di buoni da essa preventivamente venduti ad un prezzo, però, spesso inferiore al loro valore nominale (34). La questione nella causa Argos Distributors era se la società Argos avesse il diritto di ridurre la sua base imponibile per quanto concerneva le vendite al dettaglio effettuate nei suoi saloni di esposizione, avuto riguardo all'acquisto all'ingrosso o ad altri ribassi da essa concessi in occasione delle precedenti vendite dei suoi buoni, realizzate in più transazioni e (di solito) con soggetti diversi da quelli che presentavano successivamente i buoni presso i suoi saloni di esposizione. La Corte ha statuito che la Argos aveva tale diritto anche se l'acquirente normalmente ignorava completamente l'esistenza di simili ribassi. Essa ha spiegato che, «poiché la Argos ritiene che il buono rappresenti una parte del prezzo di catalogo pari al suo valore nominale, la sola questione che si pone è sapere quale sia il reale controvalore in denaro del buono incassato dalla Argos» (35), controvalore che andava valutato con riferimento «alla sola operazione pertinente al riguardo, ossia l'operazione iniziale di vendita del buono, con o senza sconto» (36). La circostanza che nella seconda operazione l'acquirente non conoscesse tale controvalore veniva ritenuta irrilevante.

46 Elemento comune di tali sentenze è la preoccupazione della Corte di adottare un'impostazione ampia e flessibile per accertare il «valore soggettivo» del corrispettivo effettivamente ricevuto, ovvero l'importo realmente ricevuto dal fornitore. La scelta di ignorare il rapporto contrattuale tra fornitore e acquirente era finalizzata solo a questo. In ogni caso, era il valore soggettivo e non la realtà del corrispettivo ad essere in discussione. Nessuna di queste due sentenze ricorre al meccanismo della «operazione economica unica» invocato dalla Kuwait nella presente causa. Nella sentenza Argos Distributors, in particolare, la Corte è a malapena riuscita a distinguere due operazioni (37).

47 Analogamente, nella sentenza Empire Stores, che evidenzia alcuni elementi in comune con la presente causa (v. supra, paragrafo 37), alla Corte è stato chiesto se, in quel caso, la cessione di prodotti fuori catalogo avvenisse a fronte di un corrispettivo diverso dalla somma pagabile al fornitore per prodotti, compresi nel catalogo, ordinati presso di lui. La Corte ha riconosciuto che i servizi ricompresi nella presentazione di una nuova cliente costituivano un autonomo corrispettivo per la cessione dei prodotti fuori catalogo. Essa era persuasa che il valore di tali servizi resi alla Empire Stores poteva innegabilmente «essere espresso in denaro»; valore che, non essendo di natura pecuniaria, andava considerato come «quello che il beneficiario della prestazione di servizi (...) attribuisce ai servizi che esso intende procurarsi e [che] deve corrispondere alla somma che esso è disposto a pagare a tal fine» (38). Laddove tale importo implichi la cessione di beni, come nella causa Empire Stores, la Corte ha statuito che «tale valore può essere soltanto il prezzo d'acquisto che il fornitore ha versato per l'articolo che egli dà a titolo gratuito come corrispettivo dei servizi di cui trattasi» (39). Nella presente causa, la Kuwait non riceve alcun servizio né altri benefici di qualsiasi genere dagli automobilisti che riforniscono i propri autoveicoli con il carburante Q8, eccetto il prezzo pagato presso il distributore che, per quanto ne sappiano i suoi clienti, viene pagato solo con riferimento al prezzo prestabilito del carburante.

48 Infine, non ritengo che il principio di neutralità, come interpretato dalla Corte nella sentenza Gibbs, sia di ausilio alla Kuwait nell'individuare un corrispettivo nella presente causa. Tale principio mira ad assicurare che l'IVA, quale imposta sul consumo, sia versata solo dal consumatore finale. Nella sentenza Gibbs, la Corte teneva e che la riduzione del controvalore pagato dal consumatore finale, che essa riteneva come la conseguenza dell'impiego da parte del detto acquirente dei buoni distribuiti dalla Elida Gibbs, apparisse nella dichiarazione IVA di quest'ultima, posto che, altrimenti, essa avrebbe sopportato il costo dell'IVA inclusa nella parte del prezzo finale di vendita, in realtà non pagato dal consumatore finale in conseguenza della restituzione dei buoni. Nella presente causa, a parte il fatto che secondo l'interpretazione dell'art. 5, n. 6, da me proposta (v. supra, paragrafi 23-29), è la Kuwait a dover essere considerata il consumatore finale dei premi, non ritengo che il principio di neutralità venga violato se si richiede ad un soggetto passivo, al quale sia stato consentito di dedurre l'IVA inclusa nel prezzo di acquisto di taluni prodotti, di versare tale imposta, sotto forma di IVA riscossa a valle, quando tali prodotti vengano successivamente ceduti a titolo gratuito, o in condizioni in cui sia impossibile individuare con sufficiente chiarezza un separato corrispettivo.

49 Conseguentemente, credo che si debba rispondere alla seconda questione proposta dal giudice nazionale nel senso che, nel caso in cui il fornitore di carburante, tanto nelle aree di servizio da esso direttamente gestite, quanto in quelle gestite da rivenditori indipendenti, effettui un programma promozionale basato su bollini che i clienti possono raccogliere in entrambi i tipi di aree di servizio ed impiegare per richiedere articoli contenuti in cataloghi pubblicati dallo stesso fornitore, il prezzo pagato dall'acquirente per il carburante non comprende il corrispettivo per la cessione di tali beni.

E - La quinta questione

50 Alla luce delle tre soluzioni che ho proposto in riferimento alle prime quattro questioni, non ritengo necessario occuparmi della quinta questione.

IV - Conclusione

51 Di conseguenza, suggerisco alla Corte di rispondere alle prime tre questioni sollevate dal VAT and Duties Tribunal di Londra nel modo seguente:

«Ai fini della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, con riferimento all'ipotesi in cui un fornitore di beni attui una promozione commerciale, nell'ambito della quale, in sintesi:

i) il promotore distribuisca premi a fini promozionali, conformemente alle condizioni del programma promozionale;

ii) senza alcun pagamento in denaro al momento del ritiro del premio;

iii) dietro restituzione di buoni premio (voucher) che l'acquirente delle merci oggetto della promozione aveva diritto di ricevere pagando l'intero prezzo di acquisto di tali merci, senza versare alcun prezzo separatamente individuabile per i buoni premio:

1) non sussiste alcuna riduzione di prezzo concessa all'acquirente ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), della sesta direttiva;

2) l'art. 5, n. 6, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso prescrive che la cessione a titolo gratuito di premi nell'ambito di un programma promozionale delle vendite come quello di cui trattasi nella presente causa venga considerata una cessione a titolo oneroso, indipendentemente dalla circostanza che tale cessione sia stata effettuata per esigenze dell'impresa;

3) nel caso in cui il fornitore di carburante, tanto nelle aree di servizio da esso direttamente gestite, quanto in quelle gestite da rivenditori indipendenti, effettui un programma promozionale basato su bollini che i clienti possono raccogliere in entrambi i tipi di aree di servizio ed impiegare per richiedere articoli contenuti in cataloghi pubblicati dallo stesso fornitore, il prezzo pagato dall'acquirente per il carburante non comprende il corrispettivo per la cessione di tali beni».

(1) - Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).

(2) - La Corte è stata informata del fatto che, su 500 aree indipendenti, circa 200 venivano gestite da grandi rivenditori, 160 dei quali avevano accettato di partecipare all$operazione vele.

(3) - Il pagamento veniva effettuato mediante una riduzione fuori fattura dell$utile dei rivenditori durante il periodo della campagna promozionale.

(4) - L$ordinanza di rinvio riporta una quota del 79%, calcolata sul massimo numero teorico di bollini che potrebbero essere stati distribuiti rispetto al volume totale di carburante venduto.

(5) - Se non si tenesse conto dei costi relativi al punto di vendita ed agli altri costi collegati, nonché della sopravvenienza passiva per il costo dei premi successivamente ritirati, l$importo corrisponderebbe a 0,27 pence al litro.

(6) - Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 227/67/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d$affari (GU 1967, n. 71, pag. 1301).

(7) - Sono state richiamate le conclusioni dell$avvocato generale Van Gerven relative alla sentenza 2 giugno 1994, causa C-33/93, Empire Stores (Racc. pag. I-2329, paragrafo 19), e il ragionamento svolto da Lord Slynn nella causa Customs & Excise Commissioners/PFA (Enterprises) Ltd [1993], STC 86 (HL), in cui, in relazione a quello che allora costituiva il punto 5, n. 2, dell$allegato 4 del Value Added Tax Act 1983 (ora punto 6 dell$allegato 6 della legge 1994), egli affermava che esso si riferiva «a casi in cui il soggetto passivo ha ottenuto un credito per un$imposta versata a monte per l$acquisto di un bene d$impresa e si limita a cederlo senza pagare l$imposta sul fatturato».

(8) - Veniva in particolare richiamata la sentenza 23 novembre 1988, causa 230/87, Natural Yours Cosmetics (Racc. pag. 6365).

(9) - Si è ammesso che, in base a tale analisi, sulla Kuwait dovrebbe ricadere un'IVA addizionale sul fatturato, gravante sull'importo di 0,33 pence (o di 0,22 pence) al litro. In subordine, veniva prospettata come possibile corrispettivo l'«autopresentazione» del cliente come cliente del rivenditore che ha venduto il carburante Q8. Tuttavia, tale affermazione veniva recisamente respinta dal Tribunal, che l$ha ritenuta «forzata».

(10) - Sentenza 27 marzo 1990, causa C-126/88 (Racc. pag. I-1235).

(11) - Pertanto, la sentenza 6 maggio 1992, causa C-20/91, De Jong (Racc. pag. I-2847), che è la sola sentenza in cui, fino ad oggi, la Corte abbia preso in considerazione l$art. 5, n. 6, e che riguardava il prelievo per fini privati di ciò che originariamente era un bene dell$impresa - in quella circostanza si trattava di un immobile ad uso abitativo -, non è pertinente nella presente causa.

(12) - Va osservato che, se e in quanto alcuni regali forniti dalla Kuwait consistevano in vacanze premio, essi potevano rientrare non nell'art. 5, n. 6, ma, trattandosi di cessione dei diritti su un bene immateriale, costituire una prestazione di servizi ai sensi dell$art. 6, n. 1, e, in forza dell$art. 6, n. 2, lett. b), non essere assoggettati ad un'IVA addizionale. Poiché non è stata sottoposta alla Corte alcuna questione relativa a tale aspetto dell$operazione vele, spetta al solo giudice nazionale pronunciarsi sul punto.

(13) - Proposta di sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all$imposta sulla cifra di affari - Sistema comune d$imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1973, C 80, pag. 1).

(14) - Essa sostiene che il ragionamento del Tribunal sia incompatibile con l$impostazione adottata dal VAT & Duties Tribunal di Londra, diversamente costituito, nella causa Gallaher/Commissioners of Customs & Excise, in cui la richiesta di rinvio pregiudiziale è stata sospesa fino all$esito del presente rinvio pregiudiziale (decisione 3 aprile 1997). La causa Gallaher riguarda anch'essa un sistema di offerta promozionale nel quale i buoni commerciali venivano inclusi nella vendita delle merci oggetto della promozione (sigarette) e potevano, unitamente all$involucro delle sigarette, essere successivamente scambiati con premi. In una lettera al cancelliere della Corte datata 1_ maggio 1997, il Presidente dei VAT and Duties Tribunals allegava una copia del provvedimento provvisorio reso nella causa Gallaher, ritenendo che potesse essere utile alla Corte nella fattispecie, e spiegava che, non avendo rinvenuto alcuna differenza tra le cause Gallaher e Kuwait Petroleum, si era astenuto dal proporre un rinvio pregiudiziale in pendenza della decisione della Corte in quest'ultima causa.

(15) - Sentenza 24 ottobre 1996, causa C-317/94, Gibbs (Racc. pag. I-5339).

(16) - V. sentenza 5 febbraio 1981, causa 154/80 (Racc. pag. 445), in cui la Corte ha statuito che il termine «controvalore (...) fa parte di una disposizione di diritto comunitario che non rinvia al diritto degli Stati membri per la determinazione del proprio significato e della propria portata».

(17) - Ibidem, punti 12 e 13.

(18) - Sentenza 8 marzo 1988, causa 102/86, Apple and Pear Development Council (Racc. pag. 1443).

(19) - Sentenza 3 marzo 1994, causa C-16/93 (Racc. pag. I-743, punto 14).

(20) - Ibidem, punto 17.

(21) - Citata supra, nota 8.

(22) - Sentenza citata, punto 13. Secondo l$avvocato generale Van Gerven, «il regalo è evidentemente inteso come il quid pro quo per un beneficio fornito all$Empire Stores dalla persona che effettua la presentazione, anche se tale beneficio è diverso rispetto al metodo applicato» (paragrafo 14 delle conclusioni).

(23) - Ibidem, punto 16. La circostanza che, nel sistema denominato «introduce-a-friend scheme», venissero forniti articoli fuori catalogo solo quando la nuova cliente effettuava un$ordinazione e rispondeva a talune altre condizioni non era di ostacolo all$individuazione di un nesso diretto.

(24) - Citata supra (nota 10), punto 20.

(25) - V. punti 13 e 21 della sentenza. L$avvocato generale Van Gerven ha ritenuto che i buoni costituissero titoli che attribuivano il diritto a una riduzione di prezzo. Egli non ha ravvisato alcuna differenza fra quelli distribuiti gratuitamente e quelli acquisiti al momento dell$acquisto della merce oggetto della promozione. Per quanto riguarda questi ultimi, egli ha ritenuto esistente un nesso diretto fra il prezzo intero e la vendita della merce oggetto della promozione. Per quanto riguarda la cessione di merce a prezzo ridotto, l$accettazione del buono «rappresenta un obbligo del fornitore (...) e (...) non può essere considerato come un corrispettivo, cioè come un vantaggio esprimibile in denaro per il fornitore. Esso deve pertanto essere considerato come una riduzione o un ribasso ai sensi dell$art. 11, A, n. 3, lett. b)» (il corsivo figura nel testo originale) (paragrafo 15 delle conclusioni).

(26) - V., a tal proposito, il paragrafo 42 delle mie conclusioni dell$11 giugno 1998 relative alla causa C-349/96, Card Protection Plan.

(27) - Sentenza 13 luglio 1989, causa 173/88 (Racc. pag. 2763).

(28) - Citata supra, nota 15.

(29) - Sentenza Gibbs, punto 12.

(30) - Ibidem, punto 19.

(31) - Punto 28.

(32) - Punto 31. La Corte ha ritenuto (punti 32 e 33) che il funzionamento del sistema dell$IVA nelle fasi intermedie della catena di distribuzione era rimasto inalterato; pertanto, i fornitori intermedi potevano così continuare e calcolare gli importi dell'IVA versata a monte e riscossa a valle applicati alle forniture iniziali (anteriori alla restituzione dei buoni), ad essi effettuate, dei prodotti Elida Gibbs.

(33) - Sentenza 24 ottobre 1996, causa C-288/94 (Racc. pag. I-5311).

(34) - Nel caso di specie, la società Argos ha fornito alla Kuwait i premi per tutto un periodo dell$operazione vele.

(35) - Sentenza Argos, punto 18.

(36) - Ibidem, punto 20.

(37) - Punto 15.

(38) - Sentenza Empire Stores, punti 17 e 19.

(39) - Ibidem, punto 19.