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61997C0085

Conclusioni dell'avvocato generale Mischo del 19 maggio 1998. - Société financière d'investissements SPRL (SFI) contro Stato belga. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de première instance de Liège - Belgio. - IVA - Termine di prescrizione - Dies a quo - Modalità di calcolo. - Causa C-85/97.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-07447


Conclusioni dell avvocato generale


1 Il Tribunal de première instance di Liegi è chiamato a risolvere una controversia tra la Société financière d'investissements SPRL (in prosieguo: la «SFI») e lo Stato belga. La controversia concerne un debito tributario della SFI relativo all'IVA per il recupero del quale l'amministrazione finanziaria belga ha emanato un'ingiunzione di pagamento. La SFI presentava opposizione avverso tale ingiunzione deducendo una serie di motivi. In particolare sosteneva, da un lato, che l'azione di recupero avviata dall'amministrazione finanziaria era prescritta e, dall'altro, che le modalità di calcolo assunte dall'amministrazione per determinare il valore del beneficio in natura costituito dalla messa a disposizione di un'autovettura della società ad un socio o a un dipendente per i suoi spostamenti privati non erano giuridicamente corrette. Considerato che l'argomento dedotto dalla SFI si richiama al diritto comunitario, il giudice nazionale sottoponeva alla Corte le due questioni pregiudiziali seguenti:

«1) Se la posizione sostenuta dall'amministrazione dell'IVA, consistente nel far decorrere il termine di prescrizione relativo al recupero dell'imposta dal 20 del mese successivo al trimestre nel corso del quale è avvenuta l'attribuzione della partita IVA, per atti assoggettati ad IVA e compiuti prima di tale attribuzione, sia compatibile con gli artt. 4 e 10 della sesta direttiva IVA.

2) Se un sistema con il quale l'IVA relativa ad un vantaggio in natura concesso ad un dipendente di una società è calcolata come "compresa" quando dal datore di lavoro viene pagata l'IVA belga e "non compresa" quando viene pagata l'IVA di un altro Stato membro sia o meno incompatibile con l'art. 95 del Trattato di Roma e col principio di "neutralità fiscale" sancito dalla sesta direttiva IVA».

2 La decisione di rinvio fornisce solo pochi elementi d'informazione in merito al contesto normativo ed al contesto di fatto nel quale si inserisce la controversia dinanzi al giudice nazionale. Questo difetto di precisione in ordine al contesto nel quale sono state sollevate le questioni pregiudiziali che, in altre circostanze, potrebbe risultare di ostacolo al fornire una risposta utile, non mi sembra che costituisca, nella fattispecie, un vero problema. Infatti, nella sua prima questione, il giudice nazionale illustra la posizione dell'amministrazione finanziaria belga in ordine all'individuazione del dies a quo della prescrizione relativa al recupero dell'IVA e chiede se tale posizione, che si deve presumere fondata su una corretta interpretazione delle disposizioni nazionali pertinenti, sia compatibile con il diritto comunitario, e più precisamente con gli artt. 4 e 10 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (1) (in prosieguo: la «sesta direttiva»). Si tratta di una questione che può essere risolta senza necessariamente conoscere i dettagli della controversia tra la SFI e l'amministrazione finanziaria.

3 La seconda questione si presenta in modo meno chiaro, già per il solo fatto che essa fa ricorso ad una terminologia, «calcolata come non compresa» e «calcolata come compresa», estranea alle direttive comunitarie in materia di IVA. Con tale questione si chiede inoltre alla Corte di pronunciarsi con riguardo sia ad una disposizione del Trattato sia ad un principio del sistema comunitario dell'IVA. Ma la sua complessità è più apparente che reale. Dall'esame del fascicolo e dalle osservazioni presentate nel corso del procedimento orale emerge, infatti, che si tratta in realtà di accertare la base imponibile da assumere ai fini dell'applicazione dell'IVA al beneficio in natura costituito dal mettere a disposizione di un dipendente un bene dell'impresa per il quale l'IVA sia stata pagata in un altro Stato membro. Anche tale questione può essere utilmente risolta senza fare riferimento alla situazione esatta della SFI.

Sulla prima questione

4 Con riguardo alla prima questione, si noterà, in primo luogo, che il motivo per cui viene chiesto alla Corte di pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario della posizione dell'amministrazione finanziaria risiede nel fatto che la SFI contesta tale posizione deducendo un argomento connesso con il diritto comunitario. Secondo la SFI, il termine di prescrizione deve cominciare a decorrere a favore di un debitore dal momento in cui sorge il debito e in cui, sinallagmaticamente, il creditore può legittimamente far valere il proprio diritto.

5 Orbene, a questo punto inciderebbe, a parere della SFI, il diritto comunitario, ove l'art. 10 della sesta direttiva dispone, al suo n. 1, quanto segue:

«1. Si considera

a) fatto generatore dell'imposta il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l'esigibilità dell'imposta;

b) esigibilità dell'imposta il diritto che l'Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore, per il pagamento dell'imposta, anche se il pagamento può essere differito».

6 Secondo tale ragionamento, il dies a quo del termine di prescrizione risulterebbe dal diritto comunitario, dato che tale dies non potrebbe essere diverso da quello dell'esigibilità, anch'esso fissato dalla sesta direttiva alla data in cui si verifica il fatto generatore, come definito dalla direttiva. Avendo assunto un dies a quo diverso il legislatore belga avrebbe violato la sesta direttiva e la SFI, al pari di ogni soggetto passivo, potrebbe valersi di tale violazione.

7 Tale ragionamento, in apparenza rigoroso, deve essere tuttavia respinto perché poggia su premesse inesatte. La prima inesattezza deriva da una erronea concezione della nozione di esigibilità. In effetti, non è perché un'imposta è esigibile che essa deve essere immediatamente pagata. Un'imposta è esigibile in quanto l'operazione soggetta ad imposizione è stata effettuata o, per attenersi ai termini della sesta direttiva, in quanto si è verificato il fatto generatore. Ma l'esigibilità dell'imposta non significa affatto che il debitore debba pagarla immediatamente. Si può immaginare un commerciante che quotidianamente corrisponda all'Erario l'importo dell'IVA di cui è debitore per le vendite realizzate durante la giornata? Questa distinzione di buon senso tra esigibilità e pagamento è operata, e nessuno se ne stupirà, dal legislatore comunitario. Nella sesta direttiva essa figura non solo all'art. 10, di cui ho appena ricordato i termini, ma anche all'art. 22, il quale dispone, ai nn. 4 e 5, quanto segue:

«4. Ogni soggetto passivo deve presentare una dichiarazione entro un termine che dovrà essere stabilito dagli Stati membri. Tale termine non dovrà superare di due mesi la scadenza di ogni periodo fiscale. Il periodo fiscale può essere fissato dagli Stati membri in un mese, due mesi, ovvero un trimestre. Tuttavia, gli Stati membri possono stabilire periodi diversi, non comunque superiori ad un anno.

Nella dichiarazione devono figurare tutti i dati necessari ad accertare l'importo dell'imposta esigibile e quello delle deduzioni da operarsi, compreso - eventualmente e qualora risulti necessario per fissare la base imponibile - l'importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali deduzioni, nonché l'importo globale delle operazioni esenti.

5. Ogni soggetto passivo deve pagare l'importo netto dell'imposta sul valore aggiunto al momento della presentazione della dichiarazione periodica. Gli Stati membri possono tuttavia stabilire un'altra scadenza per il pagamento di questo importo o per la riscossione di acconti provvisori».

8 Risulta quindi con solare evidenza che l'esigibilità è una nozione tecnica che non può essere confusa con l'obbligo di procedere effettivamente al pagamento dell'IVA. L'esigibilità compare, soprattutto, nel meccanismo di deduzione, caratteristico del sistema comunitario dell'IVA, come risulta dall'art. 17, n. 1, della sesta direttiva, secondo il quale il diritto a deduzione nasce quando l'imposta deducibile diventa esigibile. Dal meccanismo della deduzione disciplinato dagli artt. 17-20 della sesta direttiva, emerge, alla luce della sua stessa struttura, che l'importo dell'IVA che l'operatore dovrà versare, non coinciderà, in linea di principio, con quello risultante dalle operazioni imponibili dal medesimo compiute e che hanno reso l'imposta esigibile, poiché sarà necessario procedere, al fine di poter determinare l'importo effettivo da versare all'Erario, alla deduzione del credito d'imposta di cui dispone l'operatore per l'imposta già pagata al momento dell'acquisizione, presso i propri fornitori, dei beni e dei servizi necessari all'esercizio della propria attività. Tale discordanza tra la somma esigibile e la somma che deve essere versata vieta, sia sul piano concettuale sia su quello procedurale tributario, di confondere esigibilità e dies a quo del termine di prescrizione.

9 La seconda premessa errata insita nel ragionamento della SFI riguarda la sfera di applicazione della sesta direttiva. Secondo la SFI le modalità di riscossione dell'IVA rientrerebbero nell'armonizzazione realizzata da tale direttiva. Ciò è palesemente inesatto.

10 La sesta direttiva, come emerge dal semplice esame delle suddivisioni del testo normativo e come fa giustamente notare il governo belga, se, da un lato, ricomprende tutti gli aspetti sostanziali del regime comunitario dell'IVA, dall'altro, è lungi dallo stabilire tutte le modalità procedurali di funzionamento di tale regime, atteso che le sole disposizioni che dedica a tale aspetto sono quelle del titolo XIII, relativo agli obblighi dei debitori d'imposta, nel quale è inserito l'art. 22, menzionato. Del resto, si noterà, in questo contesto, che lo stesso art. 22 lascia un margine discrezionale non trascurabile agli Stati membri, tanto nella definizione del periodo d'imposta al termine del quale il soggetto passivo deve presentare la dichiarazione nonché nella fissazione del termine entro il quale tale dichiarazione deve essere presentata quanto nella fissazione della scadenza per il pagamento effettivo dell'imposta da parte del soggetto passivo (2).

11 Il fatto che le modalità di riscossione dell'IVA sfuggono in gran parte all'armonizzazione comunitaria trova conferma nella direttiva del Consiglio 15 marzo 1976, 76/308/CEE, relativa all'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da operazioni che fanno parte del sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, nonché dei prelievi agricoli e di dazi doganali (3), e relativa all'imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1071/CEE (4). Come osservato dal governo belga, la direttiva 76/308 non soltanto non contiene alcun riferimento a norme comuni volte a disciplinare la materia della riscossione dell'IVA, ma dispone espressamente, all'art. 6, n. 1, che «su domanda dell'autorità richiedente, l'autorità adita procede, secondo le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative applicabili per il ricupero dei crediti analoghi sorti nello Stato membro in cui essa ha sede, al ricupero dei crediti facenti oggetto di un titolo che ne permetta l'esecuzione», il che presuppone l'assenza di un regime comune di riscossione dell'IVA.

12 Resta da esaminare, con riguardo alla prima questione, se il legislatore belga, istituendo un regime nel quale il termine di prescrizione decorre dal 20º giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale ha avuto luogo l'attribuzione della partita IVA relativamente ad operazioni assoggettate ad IVA e compiute prima di tale attribuzione, si sia avvalso, in modo compatibile con il diritto comunitario, della libertà concessagli dalla sesta direttiva di stabilire la disciplina di riscossione dell'IVA. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, gli Stati membri, anche quando agiscono nell'ambito dell'autonomia procedurale loro riconosciuta dal diritto comunitario, non possono stabilire modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario aventi effetto diretto che siano meno favorevoli di quelle relative a ricorsi analoghi di diritto interno o che risultino tali da rendere praticamente impossibile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (5).

13 Va anzitutto precisato che, per le imprese già titolari di partita IVA, la normativa belga fa decorrere il termine di prescrizione dal 20º giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale è stata compiuta l'operazione imponibile, vale a dire dal giorno di scadenza del termine concesso all'impresa per presentare la dichiarazione riguardante tale periodo. Ciò non è stato contestato e potrebbe difficilmente esserlo.

14 Infatti, la scelta - da parte della normativa tributaria belga - della data in cui devono essere effettuati sia la presentazione della dichiarazione sia il pagamento si inserisce perfettamente nel quadro tracciato dai nn. 4 e 5 del menzionato art. 22 della sesta direttiva e la fissazione del dies a quo della prescrizione a questa stessa data appare certamente improntata a coerenza. Come correttamente osservato dal governo del Regno Unito, sarebbe ben singolare che il soggetto passivo potesse veder decorrere a proprio favore il termine di prescrizione prima del momento in cui l'amministrazione viene effettivamente posta in grado, ricevuta la sua dichiarazione, di controllarne la veridicità, procedendo alle verifiche che essa ritenga appropriate e di operare le rettifiche imposte da eventuali inesattezze di tale dichiarazione. Facendo decorrere la prescrizione, che è intesa a garantire la certezza del diritto agli operatori onesti, ma che può nello stesso tempo offrire l'impunità ai meno onesti, da una data in cui l'amministrazione finanziaria, non essendo in possesso della dichiarazione del soggetto passivo, si trovasse nell'incapacità più totale di agire per preservare gli interessi dell'Erario, si favorirebbe la frode, giacché quest'ultima può essere accertata solo dal momento della presentazione di una dichiarazione inesatta e si danneggierebbe gravemente l'efficienza dei servizi addetti alla riscossione dell'imposta.

15 Si chiede se sia censurabile l'organizzazione di tale regime nel caso particolare del nuovo soggetto passivo, in cui il dies a quo della prescrizione è spostato al 20º giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale sia stata effettuata l'attribuzione della partita IVA da parte dell'amministrazione finanziaria.

16 E' vero che, all'epoca dei fatti della causa pendente dinanzi al giudice nazionale, l'attribuzione della partita IVA non era prevista dalla normativa comunitaria e che la qualità di soggetto passivo non deriva da tale attribuzione, bensì dalla sussistenza dei requisiti di cui all'art. 4 della sesta direttiva. Non vedo, tuttavia, sotto quale profilo si dovrebbe ritenere che, spostando l'obbligo di dichiarazione del soggetto passivo ed il connesso obbligo di pagamento ad un momento successivo all'attribuzione della partita IVA, la normativa fiscale belga abbia violato i limiti tracciati dalla giurisprudenza di questa Corte con riguardo all'autonomia procedurale degli Stati membri. Mi sembra al contrario che, assumendo come punto focale nei rapporti tra l'amministrazione finanziaria e il soggetto passivo la data di attribuzione della partita IVA, cioè la data in cui l'amministrazione ha, in un certo senso, preso atto della dichiarazione d'inizio di attività di cui all'art. 22, n. 1, della sesta direttiva, la normativa belga tenga conto delle esigenze di certezza del diritto. Il soggetto passivo, una volta ottenuta la partita IVA, non avrà più incertezze né quanto al termine di cui dispone per assolvere i suoi obblighi periodici né quanto al termine di prescrizione di cui può beneficiare. Allo stesso modo, l'attribuzione della partita IVA consentirà all'amministrazione finanziaria di aprire una posizione a nome del contribuente e garantirne il regolare controllo, mentre l'accettazione di dichiarazioni e di pagamenti provenienti da un soggetto passivo non identificato e rilevato in quanto tale potrebbe essere fonte di confusione, nociva, di certo, anzitutto al buon funzionamento dell'amministrazione, ma potenzialmente dannosa anche per lo stesso soggetto passivo.

17 L'instaurazione dei rapporti tra il soggetto passivo e l'amministrazione a partire dal momento dato dall'attribuzione della partita IVA, mi sembra improntata a considerazioni di buon senso e non sembra affatto espressione della volontà di limitare l'esercizio dei diritti del contribuente.

18 Concludo pertanto, in merito alla prima questione, nel senso che le disposizioni della sesta direttiva, e in particolare gli artt. 4, 10, n. 1, e 22, non ostano ad una normativa nazionale che faccia decorrere il termine di prescrizione relativo alla riscossione dell'imposta dal 20º giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale abbia avuto luogo l'attribuzione della partita IVA relativamente a operazioni assoggettate ad imposta e compiute prima di tale attribuzione.

Sulla seconda questione

19 La seconda questione merita solamente breve esame, se non altro in quanto dalla fase orale del procedimento è emersa una convergenza di opinioni in ordine alla sua soluzione.

20 Come già indicato al precedente paragrafo 3, tale questione trae dalla dottrina in materia tributaria una terminologia che la sesta direttiva ignora. Non c'è dubbio tuttavia che il giudice nazionale intende accertare la base imponibile ai fini del calcolo dell'IVA che, ai sensi dell'art. 6, n. 2, della sesta direttiva, grava sulla concessione, da parte di un'impresa, di benefici in natura ai propri dipendenti, nell'ipotesi in cui l'impresa si sia avvalsa, a tal fine, di servizi prestati da un soggetto residente in un altro Stato membro. Si chiede, in particolare se tale base imponibile debba comprendere l'IVA gravante sulla prestazione di servizi provenienti da un altro Stato membro e in quest'ultimo corrisposta.

21 Come giustamente sottolineato dalla Commissione, rileva nella specie l'art. 11 A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, ai sensi del quale la base imponibile è costituita «per le operazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 2, dalle spese sostenute dal soggetto passivo per la prestazione dei servizi», ed occorre chiedersi se, per «spese sostenute» debba intendersi l'importo al lordo di tutte le imposte o al netto dell'IVA.

22 Dall'essenza stessa del regime comunitario dell'IVA, concepito per sostituire con un sistema neutro i vecchi sistemi d'imposte a cascata, emerge che l'imposta deve sempre applicarsi su una base imponibile al netto di qualsiasi imposta sul valore aggiunto.

23 Tale regola figurava già nell'art. 8 della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Struttura e modalità d'applicazione del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (6), ed è stata ribadita con vigore dalla Corte nella sentenza 5 maggio 1982 (7), relativa alla tassazione di beni usati importati. La sesta direttiva la richiama all'art. 11, in tema di IVA sulle importazioni.

24 Si tratta dunque di una regola del tutto generale che non deve applicarsi in modo diverso secondo che la prestazione di servizi sia operata da un prestatore residente sul territorio nazionale o da un prestatore residente in un altro Stato membro.

25 Poco importa, quindi, come riconosciuto del resto dal governo belga, che, nel caso della SFI, gli autoveicoli che questa mette a disposizione del proprio personale per uso privato siano stati noleggiati da un prestatore di servizi residente nel Lussemburgo.

26 In ogni caso, è il valore della prestazione al netto dell'IVA che deve servire da base imponibile ai fini dell'applicazione dell'imposta di cui all'art. 6, n. 2, della sesta direttiva.

27 Considerato che tale ipotesi ricorre nella specie, non si vede dove potrebbe risultare una discriminazione nei confronti delle prestazioni provenienti da un altro Stato membro. Il rispetto del principio di neutralità fiscale inerente al sistema comunitario dell'IVA rende del tutto irrilevanti sia il richiamo della SFI all'art. 95 del Trattato CE, ammesso, peraltro, che tale norma, relativa alle merci, possa applicarsi ad una prestazione di servizi proveniente da un altro Stato membro, sia il richiamo art. 59 del Trattato CE, sul quale si incentrerebbe la riflessione se, quod non, il sistema fiscale belga producesse l'effetto di rendere meno interessanti per le imprese belghe le prestazioni di servizi offerte da prestatori residenti in altri Stati membri.

28 Resta tuttavia, apparentemente, una divergenza tra la SFI ed il governo belga in ordine alle modalità con cui l'amministrazione finanziaria belga ha determinato l'IVA dovuta dalla SFI, atteso che, secondo quest'ultima, in realtà, gli uffici tributari non avrebbero assunto una base imponibile depurata dall'IVA.

29 Si tratta, al riguardo, di una questione di fatto che non spetta a questa Corte risolvere e sulla quale mi troverei, del resto, nell'impossibilità di pronunciarmi, non avendo rinvenuto tutti gli elementi necessari nel fascicolo di cui dispongo.

30 Va tuttavia osservato che la SFI, laddove nelle proprie osservazioni scritte indica una serie di dati e propone un metodo di calcolo dell'imposta di cui sarebbe effettivamente debitrice, non argomenta forse con tutto il rigore necessario.

31 Dopo aver affermato che l'amministrazione belga ha assunto quale base imponibile un importo comprendente l'IVA pagata nel Lussemburgo, la SFI effettua un calcolo diretto ad individuare una base imponibile corretta, vale a dire il valore al netto dell'IVA, computata in ragione di un'aliquota IVA del 25%, corrispondente all'aliquota applicata in Belgio.

32 Ma, se l'amministrazione finanziaria belga ha assunto, erroneamente, quale base imponibile un importo comprendente l'IVA lussemburghese, si tratta di un'IVA con aliquota del 15% e non del 25%.

33 Suppongo che si tratti di un errore che potrà essere chiarito innanzi al giudice nazionale al momento opportuno.

34 Atteso che la Corte deve limitarsi a fornire un'interpretazione del diritto comunitario, propongo che la seconda questione venga risolta nel senso che, nell'ipotesi di tassazione di cui all'art. 6, n. 2, della sesta direttiva, la base imponibile da assumere non deve includere l'IVA gravante sull'impresa per l'acquisizione del bene o la retribuzione del servizio dalla stessa messo a disposizione del proprio personale per uso privato.

Conclusione

35 In conclusione, suggerisco alla Corte di risolvere la prima questione nei termini seguenti:

«Le disposizioni della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, ed in particolare gli artt. 4, 10, n. 1, e 22, non ostano ad una normativa nazionale che fissi il dies a quo del termine di prescrizione relativo alla riscossione dell'imposta al 20º giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale sia stata attribuita la partita IVA per operazioni assoggettate ad IVA e compiute prima di tale attribuzione»

nonché la seconda questione come segue:

«Nell'ipotesi di tassazione di cui all'art. 6, n. 2, della sesta direttiva 77/388, la base imponibile da assumere non deve includere l'IVA gravante sull'impresa per l'acquisizione del bene o la retribuzione del servizio dalla stessa messo a disposizione del proprio personale per uso privato».

(1) - GU L 145, pag. 1.

(2) - Sentenza 10 luglio 1984, causa 42/83, Dansk Denkavit (Racc. pag. 2649), giustamente richiamata dal governo tedesco nelle proprie osservazioni scritte.

(3) - GU L 73, pag. 18.

(4) - GU L 331, pag. 10.

(5) - V., in particolare, sentenza 14 dicembre 1995, cause riunite C-430/93 e C-431/93, Van Schijndel e Van Veen (Racc. pag. I-4705).

(6) - GU 1967, n. 71, pag. 1303.

(7) - Causa 15/81, Schul (Racc. 1982, pag. 1409).