Available languages

Taxonomy tags

Info

References in this case

References to this case

Share

Highlight in text

Go

Avviso legale importante

|

61997C0134

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 18 giugno 1998. - Victoria Film A/S. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Skatterättsnämnden - Svezia. - Atto d'adesione del Regno di Svezia - Sesta direttiva IVA - Disposizioni transitorie - Esenzioni - Prestazioni di servizi degli autori, artisti e interpreti di opere d'arte - Incompetenza della Corte. - Causa C-134/97.

raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-07023


Conclusioni dell avvocato generale


1 La presente domanda di pronuncia pregiudiziale solleva alcune questioni riguardanti l'applicazione delle esenzioni «transitorie» dall'IVA che gli Stati membri possono continuare ad applicare in conformità dell'art. 28, n. 3, lett. b), della sesta direttiva (1). Alla Corte si chiede, in particolare, se la Svezia potesse esentare dall'IVA, dal momento della sua adesione avvenuta il 1$ gennaio 1997, i proventi della cessione o della concessione di diritti esclusivi di trasmissione di pellicole cinematografiche. Nelle sue osservazioni, tuttavia, la Commissione ha messo in dubbio la competenza della Corte a risolvere le questioni sollevate in base al fatto che l'organo che ha effettuato il rinvio non può essere considerato una «giurisdizione» ai sensi dell'art. 177 del Trattato.

I - Sfondo normativo e fatti

A - Sfondo normativo

2 Ai sensi dell'art. 2, n. 1, della sesta direttiva, sono soggette all'imposta sul valore aggiunto «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale». L'art 6 della direttiva riguarda le «prestazioni di servizi», le quali, come precisato dall'art. 6, n. 1, comprendono le «cession[i] di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo». Il capo XVI, che comprende l'art. 28, riguarda «disposizioni transitorie». L'art. 28, n. 3, lett. b), consente agli Stati membri, durante il periodo transitorio, di «continuare ad esentare le operazioni elencate nell'allegato F alle condizioni esistenti nello Stato membro interessato». La disposizione dell'allegato F che viene in rilievo nel caso in esame è quella contenuta al punto 2, che fa riferimento alle «prestazioni di servizi degli autori, artisti, interpreti artistici, avvocati ed altri membri di libere professioni diverse dalle professioni mediche e paramediche, purché non si tratti delle prestazioni di cui all'allegato B della seconda direttiva del Consiglio dell'11 aprile 1967» (2).

Il punto 1 dell'allegato B alla seconda direttiva riguarda le «cessioni di brevetti, di marchi di fabbrica e di commercio, nonché di altri diritti analoghi come pure le concessioni di licenze relative a tali diritti». Infine, a norma dell'atto di adesione concluso tra gli Stati membri dell'Unione europea tra cui, in particolare, il Regno di Svezia, nell'allegato XV, alla sezione IX. «Fiscalità», punto 2, sub aa) (3):

«Per l'applicazione dell'art. 28, paragrafo 3, lettera b) [della sesta direttiva], fintanto che la stessa esenzione è applicata a uno qualsiasi degli Stati membri attuali, il Regno di Svezia può esentare dall'imposta sul valore aggiunto:

- i servizi prestati da autori, artisti e interpreti artistici di cui al punto 2 dell'allegato F;

(...)».

3 Le disposizioni pertinenti della legge svedese sull'IVA figurano all'art. 11, primo comma, del capitolo 3 della Mervärdesskattelagen (legge sull'imposta sul valore aggiunto; in prosieguo: la «legge del 1994») (4), ai sensi della quale, nel testo vigente nel periodo dei fatti (5), le operazioni consistenti nella cessione o nella concessione di diritti di autore su opere letterarie e artistiche, salvo talune eccezioni che non vengono in rilievo nel caso di specie (6), erano esenti da imposta (7). La detta disposizione si applica indipendentemente dalla forma giuridica del cedente. Ai sensi del suo art. 1, la legge del 1960 si applica espressamente alle opere cinematografiche.

B - I fatti e il procedimento principale

4 Il 6 marzo 1996 la Victoria Film A/S (in prosieguo: la «richiedente»), una società danese, adiva la Skatterättsnämnden (commissione di diritto tributario) chiedendo l'emanazione di un parere preventivo su una questione relativa alla disciplina IVA da applicare allo sfruttamento di diritti su pellicole cinematografiche. La richiedente svolge un'attività di produzione di film commerciali in Svezia e in altri paesi tramite, tra l'altro, la propria controllata svedese. La sua istanza nel procedimento principale riguardava la produzione di film, soprattutto per la televisione, tratti da romanzi gialli scritti da determinati autori svedesi. Al fine di finanziare la produzione dei film, che doveva iniziare in Svezia il 1_ agosto 1996, si è proceduto alla cessione dei diritti di trasmissione televisiva e cinematografica dei film stessi, soprattutto ad alcune reti televisive in Svezia, in Danimarca, nei Paesi Bassi e in Germania (8).

5 La richiedente intendeva far accertare dalla Skatterättsnämnden che le cessioni controverse fossero assoggettabili ad IVA ai sensi della legge del 1994, al fine di poter dedurre l'IVA a monte. Essa ha affermato che i servizi prestati da autori o artisti potevano essere esentati da IVA in forza del punto 2 dell'allegato F solo in quanto prestati da persone fisiche, mentre la richiedente è una persona giuridica. Il diritto alla detrazione, a suo dire, ha effetto diretto e può essere fatto valere da un singolo contro un'autorità tributaria nazionale che rifiuti la sua registrazione ai fini dell'IVA.

6 Il Riksskatteverket (amministrazione finanziaria centrale) ha sostenuto che, in ogni caso, le pertinenti disposizioni della sesta direttiva non possiedono i requisiti necessari per produrre effetti diretti.

7 La Skatterättsnämnden ha stabilito che la questione principale è se le operazioni su diritti quali quelli relativi alle pellicole cinematografiche rientrino, ai fini dell'IVA, nella nozione di servizi prestati da autori, artisti e interpreti artistici. Essa ha rilevato inoltre che, qualora venisse dichiarata l'incompatibilità dell'esenzione nazionale, la questione dell'effetto diretto sarebbe un po' insolita, in quanto sarebbe l'operatore economico ad affermare la propria assoggettabilità all'IVA. Pertanto essa ha deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se dall'art. 28, n. 3, lett. b), della sesta direttiva IVA, in combinato disposto col punto 2 dell'allegato F della direttiva medesima, ed alla luce del disposto dell'allegato XV, sezione IX. Fiscalità, punto 2, sub aa), dell'atto di adesione concluso tra gli Stati membri dell'Unione europea e la Svezia circa l'adesione della Svezia all'Unione europea, risulti che la Svezia può mantenere nel proprio ordinamento nazionale norme corrispondenti, sotto il profilo sostanziale, alla disciplina prevista nel capo 3, art. 11, n. 1, della legge sull'IVA nel testo vigente sino al 31 dicembre 1996.

In caso di soluzione negativa di tale questione:

2) Se dalla circostanza che l'art. 28, n. 3, lett. b), della direttiva non consente che un ordinamento nazionale preveda l'esenzione dall'imposta per le cessioni indicate nella questione sub 1) derivi, con riguardo al caso di specie, che la detta disposizione, le disposizioni dell'art. 6, n. 1, o eventuali altre pertinenti disposizioni della sesta direttiva, hanno effetto diretto con la conseguenza che i soggetti che operino cessioni di diritti di tal genere possano invocare tali disposizioni dinanzi alle autorità nazionali al fine di far considerare le cessioni medesime quali operazioni imponibili.

In caso di soluzione negativa anche di tale seconda questione:

3) Se i soggetti che effettuino cessioni di diritti di tal genere possano comunque far valere il diritto alla detrazione, ai sensi dell'art. 17, n. 2, o di altra disposizione della direttiva, cioè se la detta disposizione abbia effetto diretto, ancorché dalla cessione stessa non sorga alcun debito d'imposta».

II - Osservazioni

8 Nella presente causa hanno presentato osservazioni scritte e orali il Riksskatteverket, il Regno di Svezia e la Commissione; la Repubblica di Finlandia ha presentato soltanto osservazioni scritte.

9 Alla luce dell'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione nelle sue osservazioni, è opportuno iniziare col considerare la natura dell'organo che ha effettuato il rinvio pregiudiziale nel caso in esame, prima di esaminare poi il contenuto delle questioni deferite.

III - Riceviblità

A - La Skatterättsnämnden e il procedimento di parere preventivo

10 Nel provvedimento di rinvio, la Skatterättsnämnden si definisce «un organo speciale che può rilasciare, su questioni tributarie e su domanda di un soggetto passivo, un parere preventivo». Essa, richiamandosi alla legge sui pareri preventivi in materia fiscale (lagen om förhandsbesked i taxeringsfragor; in prosieguo: la «legge del 1951»), spiega così le proprie funzioni:

«La commissione di diritto tributario è composta da due sezioni, una per le imposte dirette e l'altra per quelle indirette. Il governo provvede alla nomina dei membri per un periodo non superiore a quattro anni destinandoli alle relative sezioni. Le questioni vengono decise previa preparazione ed esposizione da parte di un funzionario della cancelleria della commissione di diritto tributario.

La domanda di emanazione di un parere preventivo dev'essere formulata per iscritto. Quando la commissione ritenga che la domanda, con riguardo al suo contenuto, non debba essere respinta per manifesta infondatezza, deve essere richiesto il parere del Riksskatteverket (...).

Se la domanda è esaminata nel merito, la commissione si pronuncia, nella misura in cui lo ritenga necessario, sulla questione sottopostale con riferimento alla tassazione del contribuente e, quando si tratta di IVA, sulla disciplina applicabile agli obblighi tributari dello stesso.

Un parere preventivo può essere impugnato, senza bisogno di autorizzazione dinanzi al Regeringsrätten (supremo giudice amministrativo), sia dall'istante sia dal Riksskatteverket. L'impugnazione deve essere proposta entro il termine di un mese a decorrere dalla notificazione del parere preventivo. La decisione con cui venga respinta la domanda diretta all'ottenimento di un parere preventivo non è invece impugnabile.

Un parere preventivo, divenuto definitivo in difetto di impugnazione, possiede efficacia vincolante con riguardo all'imposizione e, laddove si tratti di IVA, con riguardo al periodo fiscale considerato nel parere stesso, sempreché l'istante ne abbia fatto domanda. Il parere preventivo diviene quindi vincolante nei confronti dello Stato, quando l'istante abbia fatto domanda in tal senso. Ciò non vale peraltro quando, successivamente all'emanazione del parere preventivo, intervenga una modifica legislativa che incida sulla questione fiscale oggetto del parere.

Si può quindi affermare, in sintesi, che la commissione di diritto tributario emana decisioni, in forma analoga ad un organo giudiziario, su questioni riguardanti in particolare i contribuenti, nei loro rapporti con lo Stato in materia tributaria».

11 Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione rammenta anzitutto che alla nozione di «giurisdizione» di cui all'art. 177 del Trattato occorre dare un'interpretazione autonoma di diritto comunitario. A suo parere, occorre formulare una distinzione fondamentale tra organi che svolgono una funzione giurisdizionale e organi che svolgono funzioni meramente amministrative. Richiamandosi, in particolare, alle sentenze Almelo e a. (9) e Job Centre (10), la Commissione conclude che la Skatterättsnämnden rientra nella seconda categoria; i suoi pareri preventivi non presentano differenze sostanziali rispetto alle decisioni adottate dall'amministrazione tributaria in materia fiscale.

12 Nelle sue osservazioni scritte, il Regno di Svezia afferma che la Skatterättsnämnden svolge un ruolo fondamentale nel sistema fiscale svedese e che le sue decisioni esercitano una notevole influenza sulle attività commerciali. Inoltre, il fatto che essa sia autorizzata a sottoporre questioni alla Corte è di notevole importanza per il sistema fiscale svedese.

13 Nelle sue risposte scritte ad una serie di quesiti formulati dalla Corte e riguardanti, in particolare, la composizione e l'organizzazione della Skatterättsnämnden, nonché l'indipendenza dei suoi membri e la misura in cui le istanze di parere preventivo devono riguardare controversie concrete esistenti tra i soggetti passivi e l'amministrazione tributaria, il Regno di Svezia sottolinea anzitutto che, ai sensi dell'art. 2 della legge del 1951, la Skatterättsnämnden è un organo permanente costituito da 18 membri titolari e 18 supplenti, tutti nominati dal governo svedese per un periodo di quattro anni. Il governo nomina due presidenti (uno per ciascuna sezione) e tre vice-presidenti tra i 18 membri titolari e decide a quali sezioni assegnare gli altri membri. Soltanto i due presidenti operano a tempo pieno nella Skatterättsnämnden; gli altri membri (e i supplenti) svolgono altre funzioni a tempo pieno nella magistratura, nel settore pubblico o in quello privato. I due presidenti e i membri che svolgono le funzioni di relatori per la Skatterättsnämnden devono essere (o avere i titoli per essere) magistrati. Il quorum richiesto per l'adozione di un parere preventivo è di sei membri, che devono comprendere un presidente ed un vice-presidente.

14 Il Regno di Svezia fa riferimento inoltre al capitolo 1, art. 9, della Regeringsformen (Costituzione svedese), ai sensi della quale la procedura seguita dalla Skatterättsnämnden dev'essere obiettiva e imparziale, obbligo sanzionato dal brottbalken (codice penale svedese), che contiene disposizioni relative alla corruzione e alla concussione. Inoltre, la forvaltninglagen (legge sulla pubblica amministrazione) (11) contiene norme relative al diritto di ricusazione di uno dei membri della Skatterättsnämnden chiamati a decidere su un caso particolare (12).

15 In terzo luogo, il procedimento dinanzi alla Skatterättsnämnden, che si svolge in contraddittorio, viene avviato con domanda scritta (13). Se essa non viene immediatamente respinta ai sensi dell'art. 6 della legge del 1951, il Riksskatteverket o, se del caso, un comune o una regione, deve presentare osservazioni. Il parere richiesto deve riguardare la situazione fiscale del soggetto passivo richiedente, vale a dire una particolare operazione o una serie di operazioni. Tipicamente, osserva la Svezia, esso riguarda il trattamento fiscale di una particolare operazione che il soggetto passivo intende concludere, ma rispetto alla quale ha una lite in corso con l'amministrazione tributaria. Tuttavia, è chiaro che il soggetto passivo può decidere di non procedere nell'operazione, soprattutto quando la decisione della Skatterättsnämnden gli è sfavorevole. La Svezia asserisce che il procedimento di parere preventivo dinanzi alla Skatterättsnämnden costituisce, in effetti, l'omologo nel diritto amministrativo di una sentenza declaratoria nel diritto civile svedese.

16 Infine, ai sensi dell'art. 11 della legge del 1951, il parere preventivo è vincolante per l'amministrazione tributaria. I giudici amministrativi ordinari sono vincolati dalla decisione in ogni controversia successiva. Questo, a parere della Svezia, dimostra che le decisioni della Skatterättsnämnden hanno maggior forza vincolante di altre decisioni sulle quali si è pronunciata la Corte (14). Il fatto che sia possibile impugnare tali decisioni dinanzi al Regeringsrätten ne confermerebbe la natura giurisdizionale. Inoltre, la Svezia chiede se, qualora la Skatterättsnämnden non possa deferire questioni alla Corte, possa farlo il Regeringsrätten in appello.

17 All'udienza, la Commissione ha confermato il suo punto di vista secondo cui la Skatterättsnämnden non poteva essere considerata una «giurisdizione» ai sensi dell'art. 177 del Trattato. Essa ha sostenuto che ciò trova conferma nel fatto che, ai sensi della legge del 1951, per poter chiedere un parere preventivo non occorreva che esistesse una controversia effettiva tra il soggetto passivo e l'amministrazione tributaria. Anche se vi è spesso disparità di vedute circa la portata o l'applicazione delle disposizioni fiscali pertinenti, tali divergenze avrebbero essenzialmente natura ufficiosa. La Commissione ha sostenuto altresì che le recenti sentenze della Corte Dorsch Consult (15) e Garofalo e a. (16) non hanno infirmato la sua tesi secondo cui un organo quale la Skatterättsnämnden non può essere considerato competente ad adire la Corte in via pregiudiziale.

18 All'udienza è anche emerso con chiarezza che la Skatterättsnämnden non ha l'obbligo di pronunciarsi e che non è possibile impugnare una sua decisione in tal senso.

B - Analisi

19 Occorre anzitutto sottolineare che la questione se un organo proponente costituisca una «giurisdizione» ai sensi dell'art. 177 del Trattato è di competenza del diritto comunitario più che del diritto nazionale (17). Così, nella sentenza Vaassen-Göbbels (18), la Corte ha affermato che lo Scheidsgerecht (tribunale arbitrale) (19), competente per i ricorsi contro decisioni sulla gestione di un fondo previdenziale per l'industria mineraria riguardanti i diritti degli assicurati ed ex assicurati o dei loro superstiti, ma che è stato di fatto costituito ai sensi del diritto privato olandese, da tutte le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori dell'industria mineraria, doveva essere considerato una «giurisdizione» ai sensi dell'art. 177 del Trattato. D'altro canto, nella sentenza Corbiau (20), la Corte ha affermato, nonostante due decisioni contrarie del Conseil d'État (Consiglio di Stato) del Lussemburgo che riconoscevano carattere giurisdizionale alle decisioni del directeur des contributions directes et des accises (direttore delle imposte dirette e indirette) del Lussemburgo, che il direttore presentava un legame organico con l'amministrazione che aveva operato l'accertamento fiscale controverso e pertanto non si «trova[va] in posizione di terzietà» rispetto ad essa (21).

20 Per determinare la portata della nozione di «giurisdizione», la Corte ha generalmente adottato un'interpretazione estensiva (22). Non sorprende che, data la grande varietà di organi nazionali che possono cercare di sottoporre questioni alla Corte, si sia evitato di elaborare una definizione generale di «giurisdizione». La Corte ha, nondimeno, elencato una serie di criteri la cui applicazione è più che sufficiente per stabilire se un organo proponente possa essere considerato competente a deferire questioni pregiudiziali. Nella recente sentenza Dorsch Consult la Corte ha elencato, a titolo esemplificativo, i seguenti elementi:

«(...) l'origine legale dell'organo, il suo carattere permanente, l'obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l'organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente».

Dalla giurisprudenza emerge chiaramente che questa elencazione non è tassativa e che non sempre i singoli elementi sono pertinenti. Così, nella sentenza Job Centre la Corte ha dichiarato irricevibili talune questioni sottopostele dal Tribunale civile e penale di Milano (in prosieguo: il «Tribunale») in quello che veniva definito un procedimento di giurisdizione volontaria su una domanda di omologazione dell'atto costitutivo di una società (23). La Corte ha dichiarato che, anche se la pronuncia di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 177 del Trattato non esige il «carattere contraddittorio del procedimento nel corso del quale il giudice nazionale formula una questione pregiudiziale (...) risulta tuttavia (...) che i giudici nazionali possono adire la Corte unicamente se dinanzi ad essi sia pendente una lite e se essi siano stati chiamati a statuire nell'ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale» (24).

21 Nella presente causa, sono convinto, sulla base delle informazioni contenute nel provvedimento di rinvio, integrate dalla risposta scritta del Regno di Svezia ai quesiti ad essa rivolti dalla Corte, che la Skatterättsnämnden è un organo indipendente istituito dalla legge, che esercita le proprie funzioni in modo permanente, i cui procedimenti si svolgono in contraddittorio e che si pronuncia applicando le pertinenti norme giuridiche sia di diritto interno che di diritto comunitario. Essa ha inoltre competenza esclusiva, nel senso che in Svezia non esiste alcun altro organo cui un soggetto passivo possa chiedere un parere preventivo del tipo di quello di cui trattasi nella presente causa. I dubbi espressi dalla Commissione circa l'ammissibilità delle questioni pregiudiziali deferite dalla Skatterättsnämnden traggono origine, tuttavia, dalla sua tesi secondo cui non può ritenersi che pareri preventivi quali quelli in esame possano essere considerati alla stregua di provvedimenti di natura giurisdizionale, almeno ai fini dell'applicazione dell'art. 177 del Trattato.

22 A mio parere, vi sono due elementi relativi alle funzioni della Skatterättsnämnden, almeno per quanto attiene alla sua competenza in materia di pareri preventivi, che, a prima vista, possono ritenersi corroborare l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione.

23 Innanzi tutto, la Skatterättsnämnden non ha l'obbligo di accogliere le domande di parere preventivo. L'art. 7, n. 1, della legge del 1951 dispone, infatti, che la Skatterättsnämnden, laddove non ritenga opportuno, alla luce del contenuto della domanda, emanare un parere preventivo, respinge la domanda stessa. Non occorre motivare decisioni, che sono inoppugnabili. Dalle informazioni fornite dal Regno di Svezia risulta chiaramente che il potere attribuito alla Skatterättsnämnden dalla legge del 1951 viene impiegato per eliminare le domande pretestuose, sebbene da una risposta data all'udienza sembra non esista alcuna prassi consolidata. Inoltre, il Regno di Svezia ha rilevato che la domanda deve avere ad oggetto la situazione fiscale attuale del soggetto passivo richiedente; in altri termini, la domanda deve riguardare una o più operazioni specifiche, e la risposta deve avere sul soggetto passivo un'incidenza concreta, e non solo ipotetica. Infine, nulla indica che, nell'esercitare il proprio potere discrezionale di rigetto ai sensi dell'art. 7, la Skatterättsnämnden non agisca sulla base di criteri giurisdizionali. Di conseguenza, sono convinto che gli ampi poteri di cui essa gode per respingere domande di parere preventivo non pregiudichino il suo status di «giurisdizione» ai sensi dell'art. 177 del Trattato.

24 E' abbastanza singolare che la legge del 1951 non consenta di impugnare dinanzi al Regeringsrätten decisioni di rigetto di una domanda di parere preventivo. Tuttavia, non ritengo che questo solo elemento possa privare la Skatterättsnämnden del suo carattere di «giurisdizione» ai sensi dell'art. 177 del Trattato.

25 In secondo luogo, l'effetto vincolante dei pareri preventivi dipende dal fatto che il soggetto passivo richiedente compia effettivamente l'operazione oggetto della domanda. Tuttavia, non sono convinto del fatto che l'eventuale carattere condizionale dei pareri preventivi della Skatterättsnämnden privi questi ultimi della qualità di pronunce giurisdizionali ai sensi del diritto comunitario. Nella presente causa mi sembra che vi sia ben poco che possa essere propriamente definito condizionale, per non dire ipotetico, in ordine agli effetti della decisione finale della Skatterättsnämnden nei confronti della richiedente. Nulla indica nella fattispecie che possa trovare applicazione la giurisprudenza della Corte relativa a domande di pronuncia pregiudiziale «ipotetiche». Nella sentenza Foglia/Novello la Corte ha confermato che il suo compito ai sensi dell'art. 177 è «non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche, ma di contribuire all'amministrazione della giustizia negli Stati membri» (25). Questa giurisprudenza è stata successivamente applicata in cause in cui le questioni deferite sollevavano problemi «ipotetici», nel senso che non venivano o non potevano venire in considerazione nemmeno dinanzi al giudice nazionale, almeno per quanto risultava dalla natura della controversia come descritta nel provvedimento di rinvio (26), ovvero se era manifesto che l'interpretazione di una norma comunitaria chiesta dal giudice nazionale non aveva alcuna relazione con l'effettività o con l'oggetto della causa (27). La Corte, tuttavia, non ha mai applicato tale principio in modo generale in ordine a un determinato tipo di procedura dinanzi ad un organo proponente, nemmeno ove tale procedura consentisse di sollevare eventuali questioni ipotetiche. Inoltre, nulla indica che le questioni sollevate nella presente causa abbiano, per quanto attiene alla controversia tra il Riksskatteverket e la richiedente, natura ipotetica. Proporrei di operare un parallelo con i numerosi casi di classificazione doganale nei quali la Corte si pronuncia in via pregiudiziale senza porre la condizione che sia in discussione una particolare operazione di importazione o esportazione.

26 Sembra che al momento della presentazione della domanda, il 6 marzo 1996, la richiedente avesse già ceduto i diritti di cui trattasi. Quand'anche non fosse così, quasi certamente essa avrebbe compiuto vari altri atti preparatori, quale l'acquisto del diritto di adattare i libri dai quali dovevano essere tratti i film e forse anche l'ingaggio di attori, artisti ed altro personale che sarebbe stato necessario in seguito, di modo che non si può dire che la domanda rivestisse per lei un interesse meramente ipotetico. Pertanto, non vi sono praticamente dubbi sul fatto che, nel marzo del 1996, l'oggetto della domanda presentasse per la ricorrente un considerevole interesse pratico ed effettivo. A mio parere, ciò è quanto presuppone l'osservazione del Regno di Svezia secondo cui la Skatterättsnämnden tratta unicamente casi concreti (28). Ne deriva, a mio parere, che il semplice fatto che i soggetti che chiedono un parere preventivo alla Skatterättsnämnden non debbano necessariamente avere compiuto, o compiere, le operazioni oggetto della domanda al momento in cui questa viene presentata non priva la decisione finale della Skatterättsnämnden del carattere giurisdizionale ai sensi dell'art. 177 del Trattato.

27 Questa conclusione trova sostegno nella giurisprudenza della Corte in cui essa ha esaminato la possibilità che l'organo proponente la domanda di pronuncia pregiudiziale possa non essere un giudice chiamato a «statuire nell'ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale» (29).

28 Nella sentenza Job Centre, la Corte ha affermato che una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale - che costituiva manifestamente, sul piano formale, una «giurisdizione» ai sensi dell'art. 177 del Trattato - in un procedimento in contraddittorio (30) avviato per l'omologazione dell'atto costitutivo di una società era inammissibile in quanto il procedimento non era «destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale» (31). Tali domande postulano l'esercizio di «una funzione non giurisdizionale che è tra l'altro affidata, in altri Stati membri, ad autorità amministrative» (32). Pertanto, la Corte ha dichiarato che il Tribunale «svolge[va] funzioni di autorità amministrativa, senza dovere, al tempo stesso, decidere una controversia» (33). Ciò non avviene nella presente causa. La Skatterättsnämnden non prende decisioni di natura amministrativa; essa è del tutto autonoma rispetto al Riksskatteverket. Ove, quindi, le sue pronunce dovessero essere qualificate come decisioni non giurisdizionali ai sensi dell'art. 177 del Trattato, concordo con il parere del Regno di Svezia secondo cui in tal caso sarebbe difficile qualificare diversamente quelle del Regeringsrätten, in quanto esso riesamina in grado di appello i pareri preventivi della Skatterättsnämnden; in realtà entrambi i suddetti organi valutano la regolarità del trattamento fiscale di determinate operazioni proposto dal Riksskatteverket in caso di contestazione da parte del soggetto passivo interessato.

29 Infine, debbo rilevare che, a differenza della Commissione, ritengo che le recenti sentenze della Corte nelle cause Dorsch Consult e Garofalo possano essere d'aiuto per giustificare la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale proposta nella presente causa (34). Nella prima, una delle eccezioni sollevate dalla Commissione in ordine alla ricevibilità del rinvio pregiudiziale da parte del Vergabeüberwachungsausschuß des Bundes (commissione federale per la sorveglianza sulle aggiudicazioni) consisteva nel fatto che le sue decisioni non erano esecutive. Tale argomento è stato respinto dalla Corte, la quale ha ritenuto che «la commissione di sorveglianza, quando riconosce l'illegittimità delle decisioni adottate dall'organo di controllo, gli ingiunge di adottare una nuova decisione, la quale dev'essere conforme, in punto di diritto, a quanto deciso dalla commissione di sorveglianza» e, pertanto, che «le decisioni della commissione di sorveglianza sono vincolanti» (35).

30 Nella sentenza Garofalo la Corte doveva esaminare il ruolo del Consiglio di Stato italiano, con riguardo ai «pareri» richiestigli nel contesto di ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica italiana. Infatti, poiché la procedura consente alle persone che chiedono l'annullamento di un atto amministrativo italiano di impugnare l'atto, in alternativa, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, e poiché i ricorrenti chiedevano effettivamente l'annullamento di una decisione adottata dal ministro della Sanità, non vi erano praticamente dubbi circa l'esistenza di una controversia. La difficoltà emersa consisteva nel fatto che il parere del Consiglio di Stato non ha, dal punto di vista giuridico, forza vincolante nei confronti del Presidente. La Corte, tuttavia, si è basata sul fatto che la decisione di non conformarsi al parere del Consiglio di Stato può «essere pronunciata solo previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e dev'essere debitamente motivata» (36). In tali circostanze, avuto riguardo alla natura e allo status del Consiglio di Stato, la Corte ha affermato che «il Consiglio di Stato, quando emette un parere nell'ambito di un ricorso straordinario, costituisce una giurisdizione ai sensi dell'art. 177 del Trattato» (37).

31 Sebbene le difficoltà incontrate nelle cause Dorsch Consult e Garofalo in ordine alla ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale siano solo parzialmente analoghe a quelle in esame nella presente causa, le sentenze pronunciate dalla Corte per risolvere le questioni sottopostele dimostrano che, salvo i casi in cui l'oggetto del procedimento dinanzi all'organo proponente abbia natura chiaramente amministrativa, la Corte, laddove siano soddisfatti i criteri di cui al precedente paragrafo 20, difficilmente qualifica un procedimento nazionale come un procedimento non «destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale».

32 Alla luce delle osservazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere le questioni sottopostele nella presente causa.

IV - Nel merito

33 I problemi di merito sollevati dalle questioni poste nella presente causa sono relativamente chiari rispetto alla spinosa questione della ricevibilità. La Skatterättsnämnden desidera sapere, in sostanza, se l'art. 28, n. 3, lett. b), e il punto 2 dell'allegato F alla sesta direttiva consentano ad uno Stato membro di continuare ad esentare dall'IVA i proventi della cessione temporanea o definitiva di diritti esclusivi relativi alla diffusione di pellicole cinematografiche e, in caso negativo, se il debitore d'imposta possa far valere il diritto alla detrazione attribuito dalla direttiva anche nel caso in cui non sia stata versata alcuna imposta a valle.

A - Prima questione

i) L'atto di adesione

34 Supponendo che le cessioni dei diritti controversi possano essere considerate alla stregua di «prestazioni di servizi degli autori, artisti e interpreti artistici», pare indubbio che esse rientrino nel contempo nel punto 2 dell'allegato F e nelle disposizioni dell'atto di adesione citate al precedente paragrafo 2. L'atto di adesione prescrive, quale condizione preliminare al diritto del Regno di Svezia di far valere l'art. 28, n. 3, lett. b), e il punto 2 dell'allegato F, l'applicazione ininterrotta, prima dell'adesione, della «stessa esenzione» a uno qualsiasi dei dodici Stati membri. Sembra chiaro che questa condizione fosse soddisfatta. Anzitutto, né nel provvedimento di rinvio né nelle osservazioni scritte presentate alla Corte si pone in dubbio il diritto del Regno di Svezia di far valere, sulla base dell'atto di adesione, l'esenzione transitoria di cui al punto 2 dell'allegato F. In secondo luogo, nella relazione del 2 luglio 1992, presentata dalla Commissione al Consiglio in ordine alle disposizioni transitorie derivanti dall'art. 28, n. 3, lett. b), della sesta direttiva e dall'art. 1, n. 1, della diciottesima direttiva del Consiglio del 18 luglio 1989 si precisa, riguardo al punto 2 dell'allegato F, che «attualmente sei Stati membri applicano la deroga F2 (Belgio, Danimarca, Spagna, Grecia, Irlanda e Paesi Bassi)» (38).

ii) L'applicazione dell'allegato B della seconda direttiva

35 I servizi elencati al punto 2 dell'allegato F possono rientrare nell'ambito di applicazione dell'esenzione transitoria concessa dall'art. 28, n. 3, lett. b), «purché non si tratti delle prestazioni di cui all'allegato B della seconda direttiva del Consiglio dell'11 aprile 1967». Occorre pertanto considerare l'effetto di questo riferimento.

36 Innanzi tutto, il suo scopo espresso è pregiudicato dal fatto che l'art. 37 della sesta direttiva ha abrogato la seconda direttiva? In base al tenore dell'art. 37, che parla di cessazione dell'«effetto» della seconda direttiva, sono convinto che solo l'applicazione ininterrotta delle disposizioni della seconda direttiva sia stata annullata. Il riferimento alla seconda direttiva contenuto al punto 2 dell'allegato F della sesta direttiva serve a circoscrivere l'ambito sostanziale di applicazione dell'esenzione ivi descritta. Essa esclude le «prestazioni di cui all'allegato B (...)», pur disponendo contestualmente la cessazione di ogni effetto della seconda direttiva.

37 Inoltre, l'obiettivo implicito nel riferimento alla seconda direttiva emerge dalla genesi del punto 2 dell'allegato F. Nelle sue proposte di modifica dell'11 ottobre 1974 (39) alla sua proposta iniziale del 1973 (40), la Commissione aveva proposto la seguente aggiunta all'art. 14, sub B, al testo principale della bozza del 1973: «n) le prestazioni di autori, scrittori, compositori, conferenzieri, giornalisti, attori, musicisti, quando questi non intervengono nell'edizione o nella riproduzione delle loro opere». Tale modifica non è stata adottata dal Consiglio, il quale ha invece scelto semplicemente di consentire, all'art. 28, n. 3, lett. b), e al punto 2 dell'allegato F (disposizioni, queste ultime, il cui testo non appariva in alcuna delle proposte della Commissione), il mantenimento in via transitoria di talune esenzioni esistenti. Tuttavia, i servizi previsti dall'allegato B della seconda direttiva erano stati assoggettati ad IVA a norma dell'art. 6, n. 2, della detta direttiva. La mancata applicazione dell'esclusione di cui all'allegato B dall'ambito di applicazione del punto 2 dell'allegato F porterebbe pertanto, come conseguenza, all'esenzione, da parte della sesta direttiva, di servizi precedentemente assoggettati ad IVA. Inoltre, non v'è alcun motivo per cui il principio dell'interpretazione in senso restrittivo delle esenzioni non debba trovare applicazione nei confronti dell'allegato F (41). Pertanto, nei limiti in cui l'allegato B limita l'ambito d'applicazione di un'esenzione, esso, quanto meno, non può essere interpretato in modo più restrittivo di quanto non richieda il suo tenore letterale (42).

38 Pertanto, sono convinto che le «prestazioni di cui all'allegato B» debbano essere escluse dalla sfera di applicazione dell'esenzione transitoria autorizzata dal punto 2 dell'allegato F alla sesta direttiva. Rimane da esaminare quali prestazioni rientrino nell'esclusione di cui all'allegato B.

iii) L'ambito di applicazione dell'allegato B della seconda direttiva

39 La nozione di «cessioni di brevetti, di marchi di fabbrica e di commercio nonché di altri diritti analoghi, come pure le concessioni di licenze relative a tali diritti» è, secondo me, sufficientemente ampia da comprendere la cessione dei diritti d'autore. Una siffatta disposizione si presta particolarmente all'applicazione del principio ermeneutico dello eiusdem generis (43). L'applicazione di tale principio presuppone che dalle materie enumerate nel testo in esame possa individuarsi un genus che preceda i termini generali; in altre parole, se dall'attenta lettura di una serie di termini specifici che possono essere utilizzati nell'interpretazione di espressioni generali emerga un elemento comune. Sono convinto che nel caso in esame esista un siffatto elemento. I riferimenti specifici ai «brevetti» e ai «marchi» richiamano alla mente due dei principali tipi di proprietà intellettuale previsti nelle legislazioni degli Stati membri e riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte. Senza ulteriori precisazioni, la disposizione, ovviamente, sarebbe riferibile soltanto ad essi. Tuttavia, occorre attribuire all'espressione generale «nonché di altri diritti analoghi» un significato in relazione agli elementi indicati dai termini specifici che la precedono. Non penso che tali termini vadano interpretati nel senso che si applicano soltanto a diritti analoghi o ai brevetti o ai marchi di fabbrica e di commercio. A mio parere, essi devono essere interpretati nel senso che fanno riferimento ad altri diritti di proprietà intellettuale, uno dei più importanti dei quali è, naturalmente, il diritto d'autore. Ne deriva, a mio parere, che la cessione dei diritti di diffusione cinematografica di pellicole da parte di una società di produzione cinematografica, quale la ricorrente, va considerata esclusa dall'ambito di applicazione del punto 2 dell'allegato F della sesta direttiva.

40 Tali cessioni costituiscono sicuramente prestazioni imponibili ai sensi dell'art. 2, n. 1, della sesta direttiva, che assoggetta ad IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso (...) da un soggetto passivo che agisce in quanto tale». Poiché consiste nella cessione di beni immateriali, la cessione di siffatti diritti cinematografici rientra nell'ambito di applicazione del primo trattino dell'art. 6, n. 1, e va considerata come una prestazione di servizi in linea di principio imponibile, ai sensi dell'art. 9, n. 1, nello Stato membro in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa. Pertanto, propongo alla Corte di risolvere la prima questione sottopostale nel senso che le disposizioni di diritto nazionale dirette ad esentare dall'IVA prestazioni del genere sono incompatibili con la sesta direttiva.

iv) Punto di vista alternativo

41 Nel caso in cui la Corte non ritenga che le cessioni di diritti d'autore rientrino nel punto 1 dell'allegato B alla seconda direttiva, esporrei, ex abundante cautela, le seguenti considerazioni sul possibile punto di vista alternativo quanto all'ambito di applicazione del punto 2 dell'allegato F alla sesta direttiva. Osserverei subito che non penso si possa ritenere che le dette cessioni rientrino nella nozione di «prestazioni di servizi [di] (...) membri di libere professioni», come ha sostenuto il Regno di Svezia. In assenza di un'indicazione specifica da parte della normativa comunitaria dell'intenzione di adottare una nozione molto ampia di ciò che viene tradizionalmente considerato «libera professione», non credo si possano far rientrare in tale nozione le prestazioni di autori, artisti e interpreti artistici. Questo punto di vista trova sostegno nelle considerazioni formulate dalla Corte nella sentenza Linthorst in cui, riferendosi alla parte dell'art. 9, n. 2, lett. e), terzo trattino, che riguarda le prestazioni fornite da «consulenti, ingegneri, uffici studi, avvocati, periti contabili ed altre prestazioni analoghe», essa ha affermato che «l'unico elemento comune alle attività eterogenee ivi menzionate è che esse sono tutte professioni liberali» (44). Tuttavia, concordo con le osservazioni formulate dalla Repubblica di Finlandia e dal Regno di Svezia, secondo cui non sarebbe appropriato interpretare l'esenzione di cui al punto 2 dell'allegato F nel senso riguardi esclusivamente i servizi forniti da persone fisiche. La Repubblica di Finlandia si è richiamata al principio della neutralità fiscale, enunciato dalla Corte in numerose occasioni in relazione al sistema comunitario dell'IVA (45). Poiché quest'ultima viene applicata alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi a titolo oneroso, è ragionevole presumere che il legislatore comunitario, quando ha incluso le «prestazioni di servizi degli autori, artisti, interpreti artistici» nel punto 2 dell'allegato F, avesse in mente l'esenzione dello sfruttamento commerciale di opere dell'ingegno o artistiche. Non vedo alcun motivo, né logico né di principio, per limitare tale esenzione ai servizi prestati da persone fisiche. Se autori, artisti o interpreti artistici desiderano costituire persone giuridiche ai fini dello sfruttamento commerciale delle loro opere, il principio della neutralità fiscale, come pure l'esigenza di evitare distorsioni della concorrenza, impongono di trattarli ai fini dell'IVA in maniera identica a coloro che scelgono di non adottare una tale forma giuridica. Inoltre, dati i costi generalmente elevati delle produzioni cinematografiche, è probabile che la maggior parte di esse venga realizzata da società. Pertanto, circoscrivere l'ambito di applicazione dell'esenzione alle persone fisiche di fatto escluderebbe dalla sfera di applicazione dell'esenzione la produzione di film, uno sbocco moderno estremamente importante per la prestazione collettiva di servizi da parte di autori, artisti e interpreti artistici.

B - Seconda e terza questione

42 Per quanto riguarda la seconda e la terza questione, è sufficiente rilevare che la Corte ha costantemente affermato che le disposizioni della sesta direttiva possono produrre effetti diretti (46). A mio giudizio, tale principio si applica, a fortiori, sia all'art. 6, che definisce la nozione di «prestazioni di servizi» per attuare la distinzione operata all'art. 2, n. 1, tra cessioni di beni e prestazioni di servizi soggette all'imposta, sia all'art. 17, riguardante il diritto alla detrazione. Il fondamento del sistema dell'IVA è che un soggetto passivo versa l'IVA solo per la differenza tra l'imposta sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate dai fornitori nei suoi confronti e quella dovuta per le sue proprie prestazioni. La formulazione delle due disposizioni è imperativa e, come la Corte ha già affermato relativamente alle disposizioni dell'art. 17, nn. 1 e 2, queste ultime «non lasciano agli Stati membri alcun margine di discrezionalità per quanto attiene alla loro attuazione» (47).

43 La Skatterättsnämnden ha chiesto specifiche indicazioni sulla questione se debbano applicarsi criteri particolari qualora un soggetto passivo invochi disposizioni della sesta direttiva aventi efficacia diretta per far valere la propria assoggettabilità all'IVA. Sebbene un contribuente normalmente non cerchi volontariamente di pagare un'imposta, la natura del sistema dell'IVA è tale che, talora, l'assoggettabilità all'IVA può arrecare vantaggi ad un soggetto passivo. Come ha rilevato l'avvocato generale Darmon nelle sue conclusioni nella causa Lubbock Fine, «il soggetto passivo, se è escluso dall'imposizione per una determinata operazione, non è tenuto a versare alcuna imposta sull'operazione di cui trattasi, ma non può, in tal caso, far valere la detrazione dell'imposta versata a monte, né trasferire a valle oneri di sorta» (48). Pertanto, poiché «un'esenzione dall'IVA può quindi condurre ad un aumento del relativo onere fiscale», il contribuente «può (...) avere interesse ad essere soggetto all'IVA» (49). Non vi è quindi nulla di strano nel chiedere di essere assoggettati all'IVA.

44 Con la terza questione, la Skatterättsnämnden desidera sapere se il diritto alla detrazione possa essere pregiudicato dal fatto che il soggetto passivo non ha applicato l'IVA a valle sulle prestazioni da lui effettuate. Come ho già osservato, la base fondamentale del diritto alla detrazione attribuito dall'art. 17 della sesta direttiva è che l'imposta a monte «può essere detratta solo in quanto i beni e servizi su cui è stata applicata costituiscano "elementi del prezzo" di un'operazione imponibile» (50). Pertanto, la Corte ha affermato che, in generale, «quando un soggetto passivo fornisce servizi ad un altro soggetto passivo, il quale li utilizza per effettuare un'operazione esente, quest'ultimo non ha il diritto di detrarre l'IVA pagata a monte» (51). Il Regno di Svezia fa riferimento al fatto che, poiché la cessione dei diritti in esame era esentata dalla normativa svedese, la ricorrente non ha pagato l'IVA, e sostiene che se ora le fosse consentito di essere assoggettata all'IVA e di chiedere di detrarre l'IVA a monte, sarebbe probabilmente molto difficile recuperare ex post facto l'IVA che avrebbe dovuto essere pagata sulle cessioni. Pertanto - asserisce il Regno di Svezia -, autorizzare il diritto alla detrazione in tali circostanze sarebbe in contrasto con l'art. 17, n. 2, della sesta direttiva. Non sono d'accordo.

45 Per i motivi che ho già trattato in precedenza, ai paragrafi 35-40, la cessione di diritti relativi ad opere cinematografiche non è mai stata esente da IVA. Pertanto, le operazioni del tipo di quella in esame nel procedimento principale sono sempre state obbligatoriamente soggette all'IVA. Dalla chiara e inequivocabile formulazione dell'art. 17, n. 2, si evince che un soggetto passivo, una volta impiegati ai fini della sua operazione imponibile i beni e servizi che danno origine all'imposta a monte, può esercitare il diritto alla detrazione.

46 Il Regno di Svezia sembra ritenere che tale conseguenza consentirebbe ad un soggetto passivo, quale la ricorrente, di godere di entrambi i vantaggi, e cioè quello di detrarre l'IVA a monte ed allo stesso tempo di non essere obbligato a versare l'IVA a valle. Si tratta di un timore infondato. La ricorrente avrà solo diritto a detrarre l'imposta versata a monte da quella a valle, come tutti gli altri soggetti passivi in base al sistema dell'IVA: la somma di cui essa avrà diritto di chiedere il rimborso in forza dell'art. 18 della direttiva, che riguarda le «modalità di esercizio del diritto a deduzione», sarà quindi semplicemente pari all'eccedenza dell'IVA a monte rispetto a quella a valle. Di conseguenza, la ricorrente dovrà comprovare l'IVA sulle sue prestazioni, sia che essa sia stata aggiunta o no al prezzo praticato ai clienti per le cessioni di cui trattasi. Inoltre, non spetta alla ricorrente assicurare che l'IVA che avrebbe dovuto essere inclusa nel prezzo delle cessioni sia stata effettivamente calcolata a monte nella dichiarazione IVA dei cessionari. Nei limiti in cui sono assoggettati all'IVA in Svezia, spetta a questi ultimi chiedere la detrazione dell'imposta a monte (52).

47 Pertanto, proporrei alla Corte di risolvere la terza questione nel senso che il fatto che un soggetto passivo non aggiunga il valore dell'imposta a valle al momento del calcolo del prezzo della cessione di diritti esclusivi di diffusione cinematografica non può pregiudicare il diritto di tale soggetto passivo, che ha effettuato le cessioni di cui trattasi, di detrarre dall'IVA che avrebbe dovuto pagare per tali cessioni l'IVA sulle forniture di beni e sulle prestazioni di servizi ricevute per la realizzazione dei film che costituivano l'oggetto delle cessioni.

V - Conclusione

48 Alla luce di quanto precede, propongo che le questioni deferite dalla Skatterättsnämnden siano risolte nel modo seguente:

«1) La cessione di diritti di diffusione cinematografica da parte di una società di produzione non rientra nell'ambito di applicazione dell'esenzione transitoria prevista dal combinato disposto dell'art. 28, n. 3, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, con il punto 2 dell'allegato F della stessa direttiva.

2) Dagli artt. 2, n. 1, 6, n. 1, e 17 della sesta direttiva del Consiglio, discende, in particolare, che un soggetto che effettui cessioni imponibili di diritti esclusivi di diffusione cinematografica può far valere tali disposizioni contro un'amministrazione fiscale nazionale che rifiuti di consentirgli di presentare una dichiarazione IVA nella quale esso chieda di detrarre l'IVA relativa ai beni e servizi utilizzati ai fini della produzione dei film di cui trattasi dall'IVA che avrebbe dovuto essere inclusa nel prezzo praticato per la cessione di tali diritti.

3) Il fatto che un soggetto passivo non aggiunga il valore dell'imposta a valle al momento del calcolo del prezzo della cessione di diritti esclusivi di diffusione cinematografica non può pregiudicare il diritto del soggetto passivo che ha effettuato le cessioni di cui trattasi di detrarre dall'imposta che avrebbe dovuto versare per queste ultime l'IVA sulle forniture di beni e servizi ricevute per la realizzazione dei film oggetto delle cessioni».

(1) - Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).

(2) - Seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari - Struttura e modalità d'applicazione del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303; in prosieguo: la «seconda direttiva»). In prosieguo, per brevità, vi farò riferimento semplicemente come «allegato B».

(3) - Atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei Trattati sui quali si fonda l'Unione (GU 1994, C 241, pag. 21; in prosieguo: l'«atto di adesione»).

(4) - SFS 1994: 200.

(5) - Viene preso in considerazione il periodo sino al 31 dicembre 1996.

(6) - Si tratta degli artt. 1, 4 e 5 della legge 1960:729 in materia di diritto di autore su opere letterarie e artistiche (lagen om upphovsrätt till litterära och konstnärliga verk; in prosieguo: la «legge del 1960»).

(7) - Dal 1$ gennaio 1997 la cifra d'affari relativa a tali cessioni o concessioni è assoggettata ad IVA; SFS 1996:1327.

(8) - Dal provvedimento di rinvio risulta che al momento dell'istanza alla Skatterättsnämnden le cessioni erano già avvenute. Sebbene la Corte non sia stata informata circa la somma versata come corrispettivo per tali cessioni, si può presumere ch'essa fosse piuttosto consistente, posto che è stato calcolato che il budget complessivo per la produzione ammontava a 48,2 milioni di SKR.

(9) - Sentenza 27 aprile 1994, causa C-393/92 (Racc. pag. I-1477).

(10) - Sentenza 19 ottobre 1995, causa C-111/94 (Racc. pag. I-3361).

(11) - SFS 1986:223.

(12) - Tuttavia, rispondendo ad un quesito rivoltogli durante l'udienza, il rappresentante del Regno di Svezia ha confermato che i membri della Skatterättsnämnden non devono prestare uno specifico giuramento al momento della nomina.

(13) - All'udienza nella presente causa, la Svezia ha confermato che il progetto di modifica della legge sui pareri preventivi (reformerat förhandsbesked i skattefragor, m.m.), cui essa fa riferimento nella sua risposta scritta ai quesiti della Corte, è stato adottato dal Parlamento svedese il 21 aprile 1998 ed entrerà in vigore il 1$ luglio 1998. La nuova legge consentirà al Riksskatteverk di chiedere pareri preventivi alla Skatterättsnämnden.

(14) - Sentenze 27 novembre 1973, causa 36/73, Nederlandse Spoorwegen (Racc. pag. 1299), e 16 ottobre 1997, cause riunite da C-69/96 a C-79/96, Garofalo e a. (Racc. pag. I-5603; in prosieguo: la «sentenza Garofalo»).

(15) - Sentenza 17 settembre 1997, causa C-54/96, Dorsch Consult (Racc. pag. I-4961; in prosieguo: la «sentenza Dorsch Consult»).

(16) - Citata supra, nota 14.

(17) - V., al riguardo, da ultimo le citate sentenze Dorsch Consult, punto 23, e Garofalo, punto 19. Il duplice riferimento a «court or tribunal» nelle versioni inglese e irlandese («cúirte nó binse») dell'art. 177 del Trattato non compare nelle altre versioni linguistiche. Pertanto, la questione da porre non è se un organo costituisca anzitutto una «court» e, in alternativa, un «tribunal», ma, piuttosto, se rientri nella nozione comunitaria unitaria di «giurisdizione»; v. Anderson, References to the European Court (Sweet and Maxwell, Londra, 1995), pag. 29.

(18) - Sentenza 20 giugno 1966, causa 61/65 (Racc. pag. 407).

(19) - Come ha osservato l'avvocato generale Gand nelle sue conclusioni, «pur essendo indicato come tribunale arbitrale, lo Scheidsgerecht ha ben scarsi punti di contatto con tale istituto» (Racc. pag. 433).

(20) - Sentenza 30 marzo 1993, causa C-24/92 (Racc. pag. I-1277).

(21) - Punti 15 e 16. V. paragrafo 4 delle conclusioni dell'avvocato generale Darmon, il quale ha osservato che la correttezza delle pronunce del Conseil d'État è stata contestata in dottrina da eminenti autori, compreso il compianto giudice Schockweiler; v. paragrafi 37-39.

(22) - L'impostazione della Corte ha indotto l'avvocato generale Mancini ad osservare, nelle sue conclusioni in una delle cause guida, che «i criteri che qualificano il concetto comunitario di "giurisdizione" non potrebbero essere più larghi; e ciò spiega perché la Corte abbia ammesso alla facoltà di interrogarla giudici interni di ogni genere, prescindendo dalla natura e dagli scopi dei procedimenti nel cui corso essi sollevano la questione o dalla "veste" più o meno intensamente giurisdizionale che indossano al momento di sollevarla» (conclusioni presentate per la sentenza 11 giugno 1987 nella causa 14/86, Pretore di Salò/X, Racc. pag. 2545, in particolare pag. 2556).

(23) - Citata supra, nota 10.

(24) - Sentenza Job Centre, punto 9.

(25) - Sentenza 16 dicembre 1981, causa 244/80 (Racc. pag. 3045, punto 18).

(26) - Sentenza 16 luglio 1992, causa C-83/91, Meilicke (Racc. pag. I-4871, punti 30 e 31).

(27) - V., in particolare, sentenze 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman e a. (Racc. pag. I-4921, punto 61); 9 ottobre 1997, causa C-291/96, Grado e Bashir (Racc. pag. I-5531, punto 12), e le recenti ordinanze della Corte 25 maggio 1998, cause C-361/97, Nour (Racc. pag. I-3101), C-362/97, Karner (non pubblicata nella Raccolta), e C-363/97, Lindau (non pubblicata nella Raccolta), in particolare punto 12 di ciascuna ordinanza.

(28) - I tre esempi forniti dal Regno di Svezia nella sua risposta scritta ai quesiti della Corte e tratti da decisioni della Skatterättsnämnden confermano questa tesi. In due di essi, le richiedenti svolgevano effettivamente le attività economiche che formavano oggetto delle loro domande. Solo in uno dei casi l'operazione doveva ancora svolgersi al momento della domanda. Tuttavia, la domanda riguardava la valutazione fiscale di un particolare aspetto di un più generale piano di ristrutturazione societaria, che sembra fosse già stato avviato.

(29) - Sentenza Job Centre, citata, punto 9.

(30) - Al paragrafo 16 delle sue conclusioni nella causa Job Centre, l'avvocato generale Elmer ha rilevato che «il pubblico ministero è stato sentito nella causa dinanzi al Tribunale».

(31) - Sentenza Job Centre, citata, punto 9.

(32) - Ibid., punto 11.

(33) - Ibid.

(34) - Già citate in precedenza.

(35) - Sentenza Dorsch Consult, punto 29.

(36) - Sentenza Garofalo, punto 24. Sebbene la Corte non abbia fatto riferimento ad alcun dato statistico, si può presumere che essa avesse presente l'affermazione dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer secondo cui «l'intervento obbligatorio dell'organo consultivo svolge, in pratica, un ruolo chiave nella decisione sul ricorso»; v. paragrafo 35 delle sue conclusioni.

(37) - Ibid., punto 27.

(38) - V. SEC(92) 1006 def.

(39) - Modifiche alla proposta di sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU C 121, pag. 34).

(40) - Proposta di sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU C 80, pag. 1).

(41) - Il principio è stato espresso dalla Corte in diverse occasioni: v. sentenze 15 giugno 1989, causa 348/87, Stichting Uitvoering Financiële Acties (Racc. pag. 1737, punto 13); 11 agosto 1995, causa C-453/93, Bulthuis Griffioen (Racc. pag. I-2341, punto 19), e, più recentemente, 12 febbraio 1998, causa C-346/95, Blasi (Racc. pag. I-481, punto 18).

(42) - V. sentenze 13 luglio 1989, causa 173/88, Henriksen (Racc. pag. 2763, punto 12). A mio parere, il corollario naturale del principio di interpretazione in senso restrittivo delle esenzioni è quello secondo cui le eccezioni alle esenzioni vanno interpretate estensivamente; v. paragrafo 37 delle mie conclusioni nella causa C-468/93, Gemeente Emmen (sentenza 28 marzo 1996, Racc. pag. I-1721), e paragrafo 21 delle conclusioni dell'avvocato generale Gulmann nella causa C-74/91, Commissione/Germania (sentenza 27 ottobre 1992, Racc. pag. I-5437).

(43) - Per una succinta analisi della natura di questo principio, v. il paragrafo 21 delle mie conclusioni nella causa C-167/97, Linthorst, Pouwels en Scheres (sentenza 6 marzo 1997, Racc. pag. I-1195; in prosieguo: la «sentenza Linthorst»), nonché il paragrafo 67 delle conclusioni dell'avvocato generale Darmon nella causa C-63/92, Lubbock Fine (sentenza 15 dicembre 1993, Racc. pag. I-6665). L'avvocato generale Sir Gordon Slynn ha anche chiesto un chiarimento di natura interpretativa nelle sue conclusioni nella causa 218/86, SAR Schotte (sentenza 9 dicembre 1987, Racc. pag. 4905, in particolare pag. 4911). Nella sentenza Linthorst, la Corte ha preso in considerazione il suddetto principio, pur senza nominarlo, per dichiararne poi l'inapplicabilità; v. punto 20.

(44) - Sentenza Linthorst, citata alla nota 43, punto 20.

(45) - Sentenza 24 ottobre 1996, causa C-317/94, Elida Gibbs (Racc. pag. I-5339, in particolare punto 23).

(46) - V., tra le altre, sentenze 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker (Racc. pag. 53), 20 ottobre 1993, causa C-10/92, Balocchi (Racc. pag. I-5105), e 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz (Racc. pag. I-1883).

(47) - Sentenza BP Soupergaz, punto 35.

(48) - Citata, paragrafo 29 delle conclusioni.

(49) - Ibidem.

(50) - V. paragrafo 9 delle conclusioni presentate dall'avvocato generale Tesauro nella causa C-302/93, Debouche (sentenza 26 settembre 1996, Racc. pag. I-4495).

(51) - V. sentenze 6 aprile 1995, causa C-4/94, BLP Group (Racc. pag. I-983, punto 28), e Debouche, citata, punto 16.

(52) - Per quanto riguarda i cessionari non soggetti all'IVA in Svezia, poiché l'IVA sulle cessioni avrebbe dovuto essere versata in Svezia, qualora essi l'avessero pagata avrebbero avuto diritto al rimborso in conformità dell'art. 7, n. 4, dell'ottava direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Modalità per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all'interno del paese (GU L 331, pag. 11). Il fatto che non sia stata pagata l'IVA, pertanto, non incide sulle entrate complessive IVA della Svezia.