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Avviso legale importante

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61997C0338

Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 18 marzo 1999. - Erna Pelzl e a. contro Steiermärkische Landesregierung (C-338/97), Wiener Städtische Allgemeine Versicherungs AG e a. contro Tiroler Landesregierung (C-344/97) e STUAG Bau-Aktiengesellschaft contro Kärntner Landesregierung (C-390/97). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria. - Art. 33 della sesta direttiva 77/388/CEE - Imposte sulla cifra d'affari - Contributi alle associazioni turistiche e ad un fondo di sviluppo del turismo. - Cause riunite C-338/97, C-344/97 e C-390/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-03319


Conclusioni dell avvocato generale


A - Introduzione

1 Il problema oggetto della presente causa è se le imposte turistiche siano da assimilarsi alle imposte sulla cifra d'affari e non possano pertanto, secondo quanto previsto dal diritto comunitario, essere mantenute in vigore o istituite. Il Verwaltungsgerichtshof, con sede in Vienna, ha perciò sottoposto alla Corte talune questioni relative alla compatibilità delle tasse per la promozione del turismo riscosse in Tirolo, in Carinzia e in Stiria con la sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (1) (in prosieguo: la «sesta direttiva»). Tali tasse vengono chiamate «contributo a carico degli interessati» dallo Steiermärkisches Tourismusgesetz (legge del Land Stiria sul turismo), «contributo obbligatorio» dal Tiroler Tourismusgesetz (legge del Land del Tirolo sul turismo) e «tassa turistica» dalla normativa carinziana. Nel prosieguo utilizzerò la denominazione «tasse a favore del turismo» per tutti i tributi oggetto di questo procedimento.

2 Elemento comune a tutti i ricorsi pendenti innanzi al Verwaltungsgerichtshof è che i ricorrenti sostengono che le ingiunzioni di pagamento oggetto della lite vanno annullate perché le tasse cui esse si riferiscono non sarebbero del tipo di quelle che l'art. 33 della sesta direttiva consente di mantenere in vigore o istituire.

3 Come modificato dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE, tale articolo recita (2) :

«1. Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative al regime generale per la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d'affari, sempreché tuttavia tale imposta, diritto o tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera» (3).

Normativa nazionale

4 Stiria. Secondo l'art. 27, n. 1, della legge stiriana sul turismo del 1992, gli «interessati al turismo» (definiti nell'art. 1, punto 5, della legge sul turismo (4) come coloro «che ricavano un beneficio economico diretto o indiretto dal turismo nella Stiria», «che in Stiria esercitano come lavoratori autonomi un'attività commerciale o professionale ai sensi dell'art. 2 dell'Umsatzsteuergesetz (legge relativa all'imposta sulla cifra d'affari) del 1972 (...)» e «che, ai fini dell'esercizio di tale attività, hanno una sede o uno stabilimento aziendale (...) in un comune di importanza turistica della Stiria»), sono tenuti per ogni anno solare a versare alle associazioni turistiche «contributi a carico degli interessati». L'ammontare di tali contributi varia a seconda del profitto che il singolo imprenditore trae dal movimento turistico.

5 I comuni sono inquadrati in quattro categorie geografiche - A,B,C,D - ovvero dichiarati «città a statuto particolare» a seconda della loro importanza turistica. Quest'ultima viene determinata, tra l'altro, sulla base del numero di pernottamenti per abitante e sulla base della «cifra d'affari specificamente connessa al turismo». I comuni che non soddisfano i requisiti per essere riconosciuti di importanza turistica sono inseriti nella categoria D. I comuni inseriti nelle prime tre categorie o dichiarati «città a statuto particolare» sono considerati comuni di importanza turistica a norma dell'art. 1, n. 2, della legge stiriana sul turismo.

6 L'ammontare dei contributi a carico degli interessati dipende inoltre dalla classificazione delle imprese in determinate categorie professionali, ciascuna delle quali appartiene a sua volta ad una delle sette categorie contributive. A tale classificazione provvede il governo del Land tramite regolamento, tenendo conto dell'utile che le imprese ricavano dal turismo. Ai sensi dell'art. 2 del suddetto regolamento, le categorie professionali non espressamente contemplate vanno considerate come appartenenti alla categoria contributiva 5, mentre i commercianti all'ingrosso fanno parte della categoria 6.

7 Il contributo a carico degli interessati viene calcolato sulla base della cifra d'affari del singolo imprenditore. Secondo l'art. 31 della legge stiriana sul turismo, la cifra d'affari su cui grava il contributo è costituita dalla «somma delle cifre d'affari conseguite nel penultimo anno come definite dallo (...) Umsatzsteuergesetz». L'ammontare del contributo risulta da tabelle che tengono conto della categoria contributiva cui appartiene l'interessato, del livello della cifra d'affari e della classificazione del comune d'importanza turistica in cui sorge l'obbligo contributivo. E' fissato un livello minimo e un livello massimo del contributo e sono previste eccezioni.

8 Tirolo. La legge tirolese sul turismo del 1991 (5) prevede l'obbligo dell'iscrizione ad un'associazione turistica per tutti gli imprenditori, come definiti dall'Umsatzstenergesetz 1994, che hanno un interesse «diretto o indiretto» nel turismo in Tirolo. Le tasse hanno quindi la forma di contributi obbligatori a una delle associazioni turistiche locali e al fondo per la promozione del turismo. Anche in Tirolo i membri delle associazioni vengono classificati in categorie contributive a seconda delle varie categorie professionali. Secondo le indicazioni del giudice di rinvio, ai fini di tale classificazione è decisivo il rapporto tra l'utile diretto o indiretto che - secondo la comune esperienza economica - la singola categoria professionale trae dal turismo e l'utile complessivo di tutte le categorie professionali. Anche in questo caso i comuni sono classificati in varie categorie a seconda del numero dei pernottamenti di visitatori per abitante.

9 L'imponibile dei contributi è essenzialmente costituito dalla cifra d'affari annua realizzata dai soggetti passivi. Vengono però prese in considerazione solo le cifre d'affari che possano effettivamente ritenersi connesse, almeno indirettamente, anche al turismo in Tirolo.

10 Carinzia. L'art. 3, n. 1, della legge carinziana del 1994 sulla tassa turistica (6) prevede che i lavoratori autonomi «che ricavano un profitto dal turismo» debbano versare una tassa annuale a favore del turismo. Vige la presunzione legale che tragga profitto dal turismo il lavoratore autonomo che esercita una delle attività figuranti nell'allegato della legge o un'attività analoga. E' ammessa la prova contraria.

11 Secondo l'art. 5 della suddetta legge, la base di calcolo della tassa è costituita dalla cifra d'affari imponibile ai sensi dell'Umsatzsteuergesetz. L'aliquota applicabile alle varie categorie contributive è espressa in millesimi della cifra d'affari imponibile realizzata in Carinzia nel secondo anno precedente all'anno in corso, ma con un minimo forfettario. L'ammontare della tassa varia da una categoria contributiva all'altra in relazione all'utile derivante dal movimento turistico.

12 Poiché nelle tre cause principali sussistono dubbi sulla compatibilità delle tasse a favore del turismo con la sesta direttiva, il Verwaltungsgerichtshof, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, ha sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale in ciascuna causa:

Questione pregiudiziale nella causa C-338/97 (Stiria):

Se l'art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, osti al mantenimento di un tributo (per via del suo carattere di imposta sul giro d'affari) che, all'interno di un Bundesland (Stato federato) facente parte di uno Stato membro delle Comunità europee, vada versato ogni anno da tutte le imprese direttamente o indirettamente operanti nel settore del turismo che abbiano le loro sedi o stabilimenti aziendali all'interno di territori delimitati e meglio definiti, territori che sommati tra loro abbraccino quasi l'intero territorio del Bundesland (parte di uno Stato federale), e tributo il cui ammontare sia sostanzialmente proporzionale al giro d'affari realizzato dall'imprenditore, nel corso di un anno solare, in modo prevalente in tale Stato federato, ma la cui aliquota vari a seconda dei flussi turistici nel rispettivo territorio e degli utili che il legislatore presume derivare dal turismo per il relativo settore economico (categoria professionale), e che non preveda alcuna detrazione a monte.

Questione pregiudiziale nella causa C-344/97 (Tirolo):

Se l'art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, GU 1977, L 145 (sesta direttiva imposta sul valore aggiunto), sotto l'aspetto della nozione di «carattere di imposta sulla cifra d'affari», vada inteso nel senso che vieta ad uno Stato membro di esigere dalle imprese un tributo sul turismo (contributo) così configurato:

- la prestazione finanziaria è dovuta dalle imprese direttamente o indirettamente interessate al turismo, quindi da molte imprese, ma non da tutte,

- il contributo confluisce nelle casse di un'associazione turistica locale per finanziare la promozione del movimento turistico oppure va ad un fondo comune regionale,

- la base imponibile è costituita dalla cifra d'affari annua, con talune deroghe; in particolare, sono detraibili la cifra d'affari relativa a prestazioni a clienti che hanno la residenza (sede) fuori dal territorio nel quale si applica la norma - purché non si tratti né di prestazioni destinate ad uno stabilimento aziendale ubicato nel suddetto territorio (il Bundesland dello Stato membro federale) né di prestazioni destinate al consumatore finale - e la cifra d'affari relativa a prestazioni diverse se non vengono fornite esclusivamente o prevalentemente nel suddetto territorio (il Bundesland dello Stato membro),

- l'entità del tributo è scaglionata in base al vantaggio che, secondo il legislatore, trae dal turismo il settore di attività di cui fa parte il contribuente,

- l'entità del tributo è maggiore nei luoghi turistici più frequentati rispetto alle altre località,

- non è prevista detrazione del tributo versato a monte.

Questione pregiudiziale nella causa C-390/97 (Cariniza):

Se l'art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, osti al mantenimento di un tributo (per via del suo carattere di imposta sulla cifra d'affari) che, all'interno di un Bundesland (parte di uno Stato federale) facente parte di uno Stato membro della Comunità europea, dev'essere pagato per ogni anno civile da ogni impresa avente nell'ambito del territorio della detta parte di Stato la sua sede o una stabile organizzazione produttiva e che è direttamente o indirettamente interessata dal turismo, il cui importo è, sostanzialmente, proporzionale alla cifra d'affari realizzata in un anno civile nella detta parte di Stato, ma la cui aliquota varia da un settore economico (categoria professionale) all'altro in base al beneficio che, a stima del legislatore, ciascuno di essi trae dal turismo, e per il quale non è prevista detrazione della tassa pagata a monte.

B - Parere

13 In merito all'art. 33 della sesta direttiva, va in generale premesso quanto segue.

14 Come la Corte ha ripetutamente precisato (v. le sentenze nelle cause Kerrutt, Wisselink e Giant), l'art. 33 vieta i tributi concorrenti con l'imposta sul valore aggiunto (7), e la cui riscossione porta ad un cumulo con quest'ultima in relazione ad una stessa operazione, solamente ove tali tributi abbiano il carattere di imposta sulla cifra d'affari (8).

15 I criteri di delimitazione vanno considerati, al pari della lettera dell'art. 33, nell'ambito del sistema armonizzato di imposta sulla cifra d'affari sotto forma del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (9). Quest'ultimo, a norma dell'art. 2 della prima direttiva sull'imposta sul valore aggiunto (10), si basa sul principio secondo cui ai beni e ai servizi va applicata, fino alla fase della vendita al minuto, un'imposta generale di consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, indipendentemente dal numero di operazioni realizzate nelle fasi di produzione e di distribuzione precedenti la fase dell'imposizione. Tuttavia, a ciascun passaggio, l'imposta sul valore aggiunto è esigibile solo previa detrazione dell'imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei vari fattori che compongono il prezzo.

16 In tale contesto l'art. 33 della sesta direttiva mira ad impedire che il funzionamento del sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto venga compromesso da provvedimenti fiscali d'uno Stato membro che gravano sulla circolazione dei beni e dei servizi e colpiscono i negozi commerciali in maniera analoga a quella che caratterizza l'imposta sul valore aggiunto (11). Secondo una costante giurisprudenza della Corte (v., ad esempio, le sentenze Bozzi e Dansk Denkavit), bisogna in ogni caso considerare che le imposte, i diritti e le tasse che presentano le caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto gravino sulla circolazione dei beni e dei servizi in modo paragonabile a quello dell'imposta sul valore aggiunto stessa. Conseguentemente, l'art. 33 non osta al mantenimento in vigore o all'istituzione di imposte, diritti e tasse privi delle suddette caratteristiche essenziali (12). Per quanto riguarda queste caratteristiche essenziali, la Corte le ha già più volte illustrate come segue:

- l'imposta sul valore aggiunto si applica in modo generale a tutte le operazioni aventi a oggetto beni o servizi;

- è proporzionale al prezzo di tali beni e servizi;

- viene riscossa a ogni fase della produzione e della distribuzione e si ripercuote dunque sul prezzo dei servizi e dei beni, sì da essere in definitiva sopportata dal consumatore (13);

- si applica esclusivamente al valore aggiunto dei beni e dei servizi, vale a dire che dall'imposta dovuta per una determinata operazione viene dedotta quella già pagata in occasione dell'operazione a monte (14).

17 Taluni dei convenuti nella causa principale hanno sostenuto che l'esame di ciascuna di tali caratteristiche non è decisivo per determinare la compatibilità con l'art. 33. Piuttosto, tale compatibilità con l'art. 33 andrebbe verificata considerando la tassa controversa nella sua globalità. Tuttavia, anche nel presente caso non si può fare a meno di esaminare le caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto come enunciate dalla Corte, esame che viene regolarmente svolto quando si vuole verificare la compatibilità di un tributo con l'art. 33. Se del caso, si potrà in seguito procedere ad un'ulteriore valutazione complessiva della tassa a favore del turismo qui discussa. Comincerò quindi con l'esaminare i tributi in causa alla luce delle già citate caratteristiche essenziali che determinano il carattere dell'imposta sul valore aggiunto.

18 Anticipando il risultato complessivo dell'esame, posso dire sin d'ora che la maggior parte delle suddette caratteristiche risultano assenti nel caso di specie, sicché deve concludersi che la tassa a favore del turismo non ha natura di imposta sulla cifra d'affari nel senso dell'art. 33.

19 Per ragioni d'opportunità, le tesi avanzate dalle parti in causa non verranno sunteggiate nella loro interezza, bensì esposte nella parte relativa alla caratteristica di volta in volta considerata.

Quanto all'applicabilità generale della tassa

20 I ricorrenti nella causa principale sostengono che le tasse a favore del turismo hanno una validità generale. Ciò risulterebbe già dalle indicazioni fornite dal giudice a quo, secondo cui in Tirolo, per esempio, un gran numero di categorie professionali, sebbene non tutte, sono tenute a versare questo tipo di tributi. Tali indicazioni non andrebbero messe in dubbio.

21 I ricorrenti osservano inoltre che di fatto tutti gli imprenditori soggetti all'imposta sul valore aggiunto sono soggetti anche alla tassa a favore del turismo. Per esempio, in Tirolo sarebbero state definite circa 700 categorie professionali, a loro volta rientranti ciascuna in categoria contributiva. In Stiria sarebbe prevista anche una sorta di fattispecie residua nel senso che tutte le categorie professionali non espressamente menzionate vanno automaticamente a ricadere in determinate categorie contributive. Conseguentemente, solo una parte assai esigua degli imprenditori sarebbe esente dalla tassa in oggetto. Peraltro, tali deroghe corrisponderebbero in parte a quelle previste dalla legge sull'Umsatzsteuergesetz. In Carinzia, addirittura, la normativa sulla tassa a favore del turismo rimanderebbe esplicitamente a tali deroghe.

22 Sebbene la legge preveda la possibilità di un'esenzione, la prova a tal uopo necessaria è - secondo i ricorrenti - pressoché impossibile da fornire, in quanto l'interesse indiretto al turismo già basta a far sorgere l'obbligo contributivo. Così, sarebbero ad esempio considerati persone interessate al turismo, e dunque soggette alla tassa, anche gli avvocati e i medici. Il riferimento all'utile tratto dal turismo non limiterebbe la cerchia dei soggetti passivi, bensì determinerebbe soltanto l'ammontare del tributo. Per questa ragione, in nessun Bundesland austriaco esisterebbe una categoria professionale di rilievo che sia esente dall'obbligo contributivo.

23 I ricorrenti fanno inoltre osservare che tali tasse turistiche vengono riscosse in tutto il territorio federale - vale a dire, in tutta l'Austria - sicché, a prescindere da un legame effettivo con il turismo, tutti gli imprenditori, senza eccezioni, vi sono soggetti. Il fatto che le singole tasse siano disciplinate da leggi dei Länder non avrebbe alcun rilievo. La sesta direttiva dovrebbe valere anche per la normative dei singoli Bundesländer, perché altrimenti potrebbe essere aggirata assai facilmente.

24 I ricorrenti fanno inoltre riferimento alla base imponibile della tassa a favore del turismo. Tale imponibile coinciderebbe con l'insieme dei fatturati soggetti a tassazione ai sensi dell'Umsatsteuergesetz, sicché la tassa in causa colpirebbe tutte le forniture e le prestazioni, vale a dire tutte le operazioni effettuate nell'intera Austria ad eccezione di Vienna. Le poche deroghe oggettive previste non cambierebbero la situazione, dato che anche la normativa sull'imposta sul valore aggiunto prevede determinate deroghe. I ricorrenti fanno inoltre notare che vi è una differenza tra la tassa in questione nel presente caso e quella oggetto della causa SPAR (15), nella quale la Corte ha dichiarato l'imposta camerale (Kammerumlage) austriaca compatibile con la sesta direttiva. Mentre in quel caso l'imponibile era costituito dalle cifre d'affari dei fornitori, nel presente caso il tributo graverebbe sulle cifre d'affari dell'imprenditore stesso.

25 Infine, i ricorrenti fanno osservare che sussiste uno stretto rapporto tra la tassa in oggetto e l'imposta sul valore aggiunto anche da un punto di vista procedurale. Così, nella normativa tirolese sarebbero state riprese modifiche precedentemente apportate all'Umsatzsteuergesetz. Inoltre, per calcolare la tassa dovuta verrebbe trasmessa copia dell'avviso di accertamento dell'imposta sul valore aggiunto.

26 Richiamandosi alla giurisprudenza della Corte, secondo cui il criterio della generalità non è soddisfatto solo quando la tassa colpisce unicamente determinati beni e prestazioni, i ricorrenti giungono alla conclusione che nel caso di specie sussiste una tassa di carattere generale. La circostanza, invocata dai convenuti, che il tributo in oggetto sia legato ad uno scopo specifico, consistente nel sostenere le associazioni turistiche e nel promuovere il turismo, non potrebbe avere rilievo, perché altrimenti i criteri dell'art. 33 potrebbero essere aggirati assai facilmente.

27 Il governo federale austriaco e i Bundesländer interessati sono invece dell'avviso che il tributo turistico non gravi in modo generale sui beni e sulle prestazioni di servizi. L'oggetto dell'imposizione sarebbe ridotto rispetto a quello dell'imposta sul valore aggiunto. Inoltre, la tassa a favore del turismo graverebbe solo sull'utile tratto dal turismo, il quale potrebbe essere considerato come il valore creato dal turismo, una sorta di valore aggiunto specificamente turistico.

28 Per il tipo di carico fiscale che comporta, il tributo turistico non potrebbe essere considerato nemmeno come accisa, vale a dire come imposta indiretta. Da un punto di vista economico, l'imposta sul valore aggiunto dovrebbe sempre gravare sul consumatore finale, laddove il tributo turistico, che pure viene calcolato sulla base del fatturato, graverebbe solo sull'utile dell'imprenditore.

29 Poiché non tutti gli utili derivano dal movimento turistico, non tutti gli imprenditori soggiaccerebbero all'obbligo contributivo. A questo riguardo i convenuti nella causa principale si rifanno soprattutto alle deroghe previste nelle singole normative. Per quanto riguarda il Bundesland Tirolo, si conferma che il tributo è applicato a un numero relativamente grande di categorie professionali, ma non a tutte. Così, su un fatturato complessivo delle imprese tirolesi di circa 270 miliardi ÖS, solo un importo di circa 60 miliardi ÖS sarebbe stato preso in considerazione quale base di calcolo della tassa a favore del turismo.

30 Inoltre, i convenuti insistono sul fatto che l'inserimento d'una categoria professionale in una determinata categoria contributiva significa soltanto che si suppone che tale categoria professionale tragga un certo utile dal turismo. Ciò non vorrebbe però dire che, ad esempio in Tirolo, tutti gli appartenenti a una certa categoria professionale siano anche membri obbligatori dell'associazione turistica locale. L'appartenenza obbligatoria a una tale associazione si fonderebbe piuttosto sull'effettivo rapporto dell'imprenditore con il turismo. Inoltre, per interi settori economici esisterebbero normative specifiche in quanto per essi il fatturato imponibile non sarebbe un criterio di collegamento opportuno. Per di più, al 38% dei membri obbligatori (21.000 imprenditori circa) non verrebbe applicata la cifra d'affari quale base di calcolo, perché essi pagano una somma forfettaria.

31 I convenuti indicano quale ulteriore deroga di rilievo la circostanza che i fatturati relativi alle esportazioni, per esempio in Tirolo, non vengono inclusi nell'imponibile. In questo caso, per esportazioni si intenderebbero anche le esportazioni verso altri Bundesländer. Ciò vorrebbe dire che, nel determinare la tassa a favore del turismo, si tiene conto solo della parte delle cifre d'affari cui corrispondono operazioni effettuate in Tirolo, perché solo tali cifre d'affari sono effettivamente imputabili, quantomeno indirettamente, al turismo in Tirolo. Inoltre, sarebbero del tutto escluse dall'obbligo contributivo talune attività, come la locazione di abitazioni a non turisti, la quale invece è soggetta all'imposta sulla cifra d'affari.

32 Un'altra differenza rispetto all'imposta sulla cifra d'affari consisterebbe nel fatto che, mentre questa colpisce anche imprese straniere, membro obbligatorio di un'associazione turistica è solo chi abbia la propria sede nel territorio in cui opera l'associazione.

33 Il Bundesland Stiria sostiene inoltre che la tassa a favore del turismo è un'imposta diretta, che può anche dipendere dalla cifra d'affari, ma per la quale non sussiste alcun obbligo di armonizzazione e la cui legittimità non può dunque essere valutata alla luce dell'art. 33. Infine, insiste sul carattere esclusivamente locale della tassa, che verrebbe riscossa soltanto in 203 dei 543 comuni stiriani. Quanto all'imponibile, fa osservare che, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, il calcolo sulla base del fatturato non vuole di per sé dire che la tassa sia generale nel senso dell'art. 33.

34 La Commissione sostiene, in primo luogo, che si può parlare di una validità generale quando venga colpito l'insieme delle operazioni economiche negli Stati membri interessati. La giurisprudenza ha negato carattere generale ad una tassa che sia applicata solo a determinate merci, attività e persone. Avendo esaminato le singole normative fiscali di cui trattasi, la Commissione afferma che non è del tutto chiaro quanti comuni e quante categorie professionali siano effettivamente interessati dal tributo. In ogni caso, si può tuttavia ritenere certo - secondo la Commissione - che l'imposta non è propriamente limitata a determinati beni, attività e persone.

35 Nell'ambito della valutazione giuridica degli argomenti proposti va innanzi tutto tenuto fermo che non può accogliersi l'opinione dei convenuti secondo cui la tassa a favore del turismo colpirebbe non l'intera attività commerciale in quanto tale, bensì il solo utile che, nell'ambito della stessa, deriva dal turismo. Ciò non basta a concludere che la tassa non venga riscossa in maniera generale sui beni e sulle prestazioni. Come indicato dai convenuti, un utile indiretto ricavato dal turismo è già sufficiente per affermare l'esistenza d'un obbligo contributivo o di pagamento. Un'interpretazione assai ampia della nozione di utile indiretto potrebbe significare che essa ricomprende praticamente tutti gli imprenditori e che la tassa ha un effetto generale come un tributo nel senso dell'art. 33. Tale modo di vedere appare del tutto appropriato, poiché è stato sottolineato dalle parti quanto importante sia il turismo per l'economia dei singoli Bundesländer austriaci.

36 Va dunque accertato se la tassa a favore del turismo interessi l'insieme delle operazioni economiche in ciascun Bundesland. Si deve accogliere l'opinione dei ricorrenti secondo cui, nell'ambito di tale accertamento, occorre tener conto delle indicazioni fornite dal giudice a quo. Da tali indicazioni risulta, quantomeno per il Tirolo, che un gran numero di categorie professionali, ma non tutte, sono tenute a versare tributi del genere. Non si può dire però - secondo il giudice a quo - che solo singole operazioni vengano colpite dalla tassa. Tuttavia, anche ove si tenga conto di queste indicazioni, non è ancora certo che siano con ciò soddisfatti i criteri necessari per poter concludere nel senso di una validità generale delle tasse. Ciò significa che anche nel caso della normativa tirolese occorre esaminare la questione della validità generale dei contributi obbligatori. Quanto alla Carinzia e alla Stiria, si deve comunque procedere al suddetto esame, in quanto le indicazioni del giudice a quo sono meno chiare.

37 La Commissione sostiene a ragione che, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, va negato carattere generale a un tributo che riguardi solamente determinate merci, attività e persone. Effettivamente la Corte ha statuito che un'imposta di consumo straordinaria sugli autoveicoli adibiti al trasporto di persone non costituiva un'imposta generale perché colpiva «solo (...) categorie di prodotti ben determinati» (16).

38 Nello stesso senso la Corte ha statuito a proposito di un'imposta comunale gravante sull'importo lordo di tutti gli incassi realizzati da chi, abitualmente od occasionalmente, organizzava nel territorio comunale spettacoli o feste pubblici chiedendo il pagamento d'un biglietto d'ingresso ai visitatori o partecipanti. Tale imposta non è stata considerata avere carattere generale perché era applicata solo a una categoria limitata di beni e di servizi. (17)

39 Da ultimo, non è stato ritenuto avere carattere generale un contributo integrativo alla Cassa di Previdenza cui debbono essere iscritti tutti gli avvocati che esercitano con continuità in Italia. Tutti gli avvocati abilitati dovevano applicare una determinata maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi rientranti nel volume annuale d'affari ai fini dell'IVA e versarne l'ammontare alla Cassa. Anche in questo caso la Corte di giustizia ha deciso che tale contributo integrativa non era un onere di carattere generale, in base alla considerazione che ne erano toccati gli avvocati e che, peraltro, esso non si applicava a tutti gli onorari, bensì solo a quella corrispondenti all'attività forense (18).

40 Le deroghe previste dalle normative oggetto della presente causa, e alle quali i convenuti si sono richiamati, non invertono il rapporto regola-eccezione al punto da rendere esigibile la tassa a favore del turismo solo in pochi casi (eccezionali), differenziandola così dall'imposta sul valore aggiunto. Pertanto, non si potrebbe ritenere che nel caso di specie siano colpiti solo beni, attività e persone ben determinati. Certo, sono previste deroghe, ma anche la legislazione sull'imposta sul valore aggiunto ne prevede.

41 Questo risultato è confermato dal fatto che - come hanno sostenuto le parti - il concetto di utile indiretto è inteso assai ampiamente. Ciò risulta dalla circostanza che anche i medici e gli avvocati sono considerati indirettamente avvantaggiati; anzi i primi lo sono perfino se dimostrano che tra i loro pazienti non vi sono turisti. A questo proposito, occorre fare riferimento anche alla disposizione della normativa stiriana relativa ai casi residui, in base alla quale, tutte le professioni vengono assegnate a determinate categorie contributive. Sebbene l'inserimento in una categoria contributiva rappresenti inizialmente solo una presunzione e il singolo - ove la prova non risulti eccessivamente gravosa - possa farsi esentare dall'obbligo contributivo, tuttavia non può che trattarsi di singole eccezioni. Ciò vale anche per le operazioni realizzate al di fuori del Tirolo e che non vengono prese in considerazione al momento di calcolare la tassa a favore del turismo. In via di principio si deve ritenere che molte categorie professionali siano colpite dall'imposta. Parimenti, la possibilità per taluni comuni di farsi escludere da questo sistema impositivo non può che rappresentare un'eccezione. Va dunque tenuto fermo che la tassa grava su vasti settori dell'economia. Ciò non corrisponde al criterio posto dalla giurisprudenza, secondo cui perché si possa negare la generalità di un tributo è necessario che ne siano colpite solo determinate categorie di persone.

42 Inoltre, anche il fatto, ricordato in udienza, che la normativa carinziana istituisca un obbligo contributivo non per gli imprenditori nel senso dell'Umsatzsteuergesetz, bensì soltanto per determinati lavoratori indipendenti che traggono vantaggio dal turismo e ottengono determinati introiti nel senso della legge austriaca relativa all'imposta sul reddito, non può cambiare la valutazione relativa alla generalità della tassa. Può anche darsi che in Carinzia la cerchia dei soggetti passivi d'imposta sia un po' più ristretta che negli altri Bundesländer. Tuttavia, come ho già detto (19), ciò non vale ad invertire il rapporto tra regola ed eccezione. Inoltre, l'obbligo contributivo non esiste solo per determinate persone e attività. Allo stesso modo, il fatto che ai fini dell'esenzione dall'obbligo contributivo basti dimostrare in modo credibile che dal turismo non si è ricavato utile alcuno non può cambiare la conclusione cui sono giunto, poiché tale esenzione non può che riguardare singoli casi.

43 E' stato affermato che il fatto di adottare il fatturato annuo come imponibile non può di per sé bastare a far presupporre che la tassa abbia efficacia generale. A tal proposito, è stata richiamata la sentenza Rousseau Wilmot, in cui la Corte di giustizia ha statuito che l'art. 33 non può mirare a vietare agli Stati membri di mantenere in vigore o di istituire tributi che non abbiano natura fiscale, ma siano istituiti specificamente per alimentare fondi previdenziali, il cui fatto generatore sia costituito dall'attività delle imprese e che siano commisurati al fatturato annuo complessivo, senza incidere direttamente sui prezzi (20). Tuttavia, in tale sentenza non si stabilisce un rapporto diretto tra il riferimento al fatturato annuo complessivo e la generalità del tributo. Va però ribadito che una caratteristica essenziale dell'imposta sul valore aggiunto è che essa si applica in modo del tutto generale a tutti i negozi aventi ad oggetto beni e servizi, vale a dire a tutte le cifre d'affari.

44 Si deve dunque concludere che la tassa a favore del turismo ha una portata generale. Rimane però da vedere se essa abbia effetto generale anche sui beni e sulle forniture, vale a dire sulle cifre d'affari, e gravi pertanto sul consumo. La risposta a tale quesito è senz'altro affermativa, perché la tassa in oggetto colpisce il fatturato annuo degli imprenditori. Affermare che il fatturato viene in rilievo solo ai fini del calcolo della tassa non può cambiare il dato di fatto che la tassa è generale. Anche il riferimento al fatturato a fini di mero calcolo, in quanto comporta che le cifre d'affari siano gravate in maniera non conforme all'art. 33, non può essere compatibile con la sesta direttiva. Allo stesso modo, il fatto che siano previste determinate deroghe non può cambiare il carattere generale della tassa.

45 Dubbi possono tuttavia sussistere quanto alla Carinzia e alla Stiria, perché in tali Länder viene adottata come base di calcolo la cifra d'affari realizzata due anni prima. Pertanto, ci si può chiedere se ivi sussista ancora un onere fiscale analogo a quello dell'imposta sul valore aggiunto. Infatti, la sua applicazione diretta all'operazione considerata è quantomeno complicata in Tirolo, mentre è resa del tutto impossibile in Carinzia e in Stiria. Invece, se ci si riferisce rigorosamente al criterio dell'imposizione generale delle cifre d'affari non si può negare che tale caratteristica sia presente anche in questi casi.

46 Rimane ancora da affrontare una particolarità del caso di specie. Non si tratta qui di accertare la compatibilità con la sesta direttiva di una normativa d'uno Stato membro, bensì solo di normative di singoli Bundesländer di uno Stato membro. Anche queste devono però essere compatibili con la sesta direttiva. A questo riguardo ha ragione la Commissione a richiamare la sentenza Giant (21). In quel caso la Corte ha addirittura esaminato la compatibilità con la sesta direttiva di un'imposta comunale. Ne risulta che a fortiori debbono essere compatibili con la sesta direttiva imposte istituite da un Land, e anche il carattere locale della tassa a favore del turismo stiriana, sul quale hanno insistito i convenuti, non può aver alcun rilievo. Per questo motivo, va accertata la compatibilità con la sesta direttiva anche delle normative sulla tassa a favore del turismo dei singoli Bundesländer austriaci, oggetto della presente causa.

Quanto alla proporzionalità

47 Ulteriore caratteristica essenziale di un tributo ai sensi dell'art. 33 è la sua proporzionalità rispetto al prezzo dei beni e dei servizi. Secondo l'art. 2 della prima direttiva sull'imposta sul valore aggiunto (22), si deve addirittura trattare di un'accisa esattamente proporzionale.

48 I ricorrenti ritengono che la tassa in causa è proporzionale. Essi fanno osservare che la base di calcolo è una percentuale della cifra d'affari imponibile. Anche se l'aliquota contributiva è determinata in base a categorie professionali e geografiche, ciò non cambierebbe il fatto che vi è un rapporto direttamente proporzionale tra la cifra d'affari e la sua tassazione tramite il tributo turistico. La fissazione di basi di calcolo e di categorie professionali e geografiche diverse creerebbe soltanto una pluralità di aliquote d'imposta. Si fa inoltre notare che solo per settori molto esigui valgono aliquote d'imposta fisse.

49 I convenuti sostengono invece che, per quanto riguarda ad esempio il Tirolo, la proporzionalità va negata perché dalla cifra d'affari complessiva soggetta al tributo vanno detratte determinate cifre d'affari. Inoltre, verrebbero determinate basi di calcolo che rappresentano una percentuale della cifra d'affari e che variano da una categoria contributiva all'altra. Per questo motivo, la tassazione, vale a dire l'imposizione della singola cifra d'affari, non sarebbe più riconoscibile o ricostruibile e non sarebbe determinabile neppure successivamente. Esisterebbe un importo minimo fisso e le aliquote in millesimi verrebbero stabilite dalle associazioni turistiche in modo assai diverso. Dato che l'aliquota contributiva viene stabilita dalle associazioni turistiche in modo assai diverso e che essa è identica solo in meno del 10% delle associazioni, non si potrebbe parlare di tassazione proporzionale.

50 Quanto alla regolamentazione stiriana, i convenuti osservano che in ciascuna categoria contributiva viene applicato un'aliquota in millesimi fissa. Orbene, poiché si fa riferimento all'utile derivante dal turismo, tale aliquota sarebbe tanto più elevata quanto maggiore è l'utile che il legislatore suppone derivare dal turismo a ciascuna categoria professionale. Pertanto, la tassazione non sarebbe proporzionale, bensì soltanto progressiva. Peraltro, in Stiria verrebbero pagati tributi forfettari a seconda della categoria contributiva o geografica, sicché anche per tale ragione non potrebbe parlarsi di un'imposizione proporzionale.

51 A questo riguardo, i ricorrenti osservano ancora una volta che, per quanto esistano diverse aliquote contributive che possono variare da una località all'altra, è pur vero che per il singolo imprenditore l'aliquota resta sempre stabile, sicché si può parlare di rigida proporzionalità. Il fatto che negli scaglioni contributivi inferiori l'aliquota della tassa sia arrotondata forfettariamente non cambierebbe nulla, poiché solo un numero esiguo di imprese sarebbe interessato da tali arrotondamenti. Allo stesso modo, non si potrebbe criticare il fatto che siano previste varie aliquote d'imposta o contributive perché anche la normativa relativa all'imposta sul fatturato prevede aliquote diverse.

52 La Commissione è del parere che nel presente caso non sussista proporzionalità, in quanto l'adottare come base imponibile il fatturato complessivo comporta che la tassa non sia (esattamente) proporzionale. A sostegno della sua opinione, la Commissione fa anche osservare che l'ammontare del contributo non dipende solo dal fatturato, ma anche da altri fattori, quali per esempio la categoria geografica.

53 Nell'ambito della valutazione giuridica degli argomenti addotti va innanzitutto osservato che un'imposta che grava sull'utile derivante dal turismo può pur sempre essere proporzionale in modo analogo ad un'imposta sulla cifra d'affari. Per poter colpire tale utile, la tassa a favore del turismo è concepita in modo da gravare sul fatturato derivante dal turismo. Anche tale fatturato può essere gravato proporzionalmente in modo analogo all'imposta sul valore aggiunto. Occorre esaminare se questo sia il caso della tassa in oggetto.

54 Non si può concordare con i convenuti quando affermano che non vi è proporzionalità perché dal fatturato complessivo soggetto all'imposta vanno detratti determinati fatturati, come ad esempio quelli relativi alle esportazioni. Qui si tratta di stabilire se l'imposta sia esattamente proporzionale alle cifre d'affari od operazioni tassate. Il fatto che determinate cifre d'affari od operazioni vengono escluse dall'imposizione vuol solo dire che il contributo è calcolato soltanto sulla base di determinate operazioni. Se risultato di tale calcolo è una percentuale del fatturato, non si vede perché non debba sussistere proporzionalità.

55 Quanto alla determinazione delle cifre di base, anche queste rappresentano una percentuale della cifra d'affari, che a sua volta è proporzionale alle operazioni effettuate. L'affermazione che la determinazione delle cifre di base mira ad assicurare che la tassa colpisca solo la parte di ricavato che è da ricondurre al turismo mostra chiaramente che si intende effettuare una certa ponderazione. Lo scopo è quindi quello di colpire le merci e le prestazioni - vale a dire il loro prezzo - in misura diversa. Orbene, queste cifre di base vengono stabilite a seconda della categoria contributiva e dell'utile presunto che ciascuna di tali categorie trae dal turismo. Se quindi si parte dall'idea che determinate prestazioni sono fornite sempre dalla stessa categoria professionale, se ne conclude che esse sono tassate sempre allo stesso modo. Tuttavia, poiché sono state anche stabilite, per esempio in Tirolo, diverse categorie geografiche, può darsi che una singola operazione o una singola prestazione vengano eventualmente tassate in modo differente. Come però sostengono giustamente i ricorrenti, per il singolo imprenditore la tassa rimane comunque sempre la stessa ed è sempre proporzionale al prezzo del bene.

56 Rimane comunque da vedere se siamo in presenza dello stesso tipo di onere proporzionale previsto dal sistema dell'imposta sul valore aggiunto. Può anche darsi che per il singolo imprenditore la tassa sia sempre la stessa e sia sempre proporzionale al prezzo del bene. Cionondimeno, nell'ipotesi - ancora da verificare - che il tributo sia riscosso in tutte le fasi fino a quella del consumo finale, è vero che il consumatore finale verrebbe gravato anche in proporzione al prezzo, ma si vedrebbe applicare aliquote differenti per prestazioni e merci eguali. E' dubbio che ciò corrisponda alla tassazione esattamente proporzionale alle cifre d'affari prevista dal sistema dell'imposta sul valore aggiunto. Quanto poi alla riconoscibilità o ricostruibilità della tassazione del singolo fatturato, trattasi di questione che sembra rilevare piuttosto nell'ambito del criterio della ripercussione sul consumatore finale.

57 L'esatta proporzionalità della tassa a favore del turismo è stata poi messa in dubbio perché essa grava solo sul fatturato complessivo dell'imprenditore. Tale argomento non è però del tutto fondato. E' vero che l'imposta sul valore aggiunto riscossa nella fase del commercio al minuto, vale a dire al momento della ripercussione sul consumatore finale, colpisce ogni singola operazione in misura proporzionale. Tuttavia, come i ricorrenti hanno giustamente sostenuto all'udienza, anche l'imposta sul valore aggiunto che l'imprenditore deve pagare in quanto soggetto passivo è calcolata sulla base del fatturato complessivo. La differenza tra il calcolo della tassa a favore del turismo e quello dell'imposta sul valore aggiunto non sembra, pertanto, esser tale da consentire di negare per questo motivo che vi sia proporzionalità.

58 Ad ogni modo, va rilevato che in Tirolo e in Carinzia vengono in parte pagate somme forfettarie ovvero vengono riscossi contributi minimi fissi. Ciò significa però che, perlomeno in questi casi - che in Tirolo costituiscono il 38% circa dei casi - non esiste proporzionalità esatta.

59 Per quanto concerne poi la normativa stiriana, da un canto si afferma che, per le singole categorie contributive e geografiche, essa non prevede percentuali, bensì importi fissi di contribuzione. D'altro canto, si parla di aliquote in millesimi e di minimali e massimali. Di conseguenza, si può ritenere che anche in Stiria non vi sia proporzionalità esatta in tutti i casi.

60 Ne deriva che non è più riscontrabile la proporzionalità esatta richiesta dal sistema dell'imposta sul valore aggiunto. Se si considera, ad esempio, il Tirolo, nel quale in oltre un terzo dei casi viene pagato un contributo minimo fisso, è evidente che in questo caso non si tratta nemmeno d'una parte assai esigua, e perciò trascurabile, degli imprenditori. Per la Carinzia e la Stiria non sono disponibili cifre così esatte. Dalle osservazioni delle parti non risulta però che ci si scosti dal calcolo proporzionale solo in pochissimi casi eccezionali. Spetta in definitiva al giudice a quo accertare quest'aspetto. Cionondimeno, il dato di fatto che le singole normative prevedano minimali e massimali nonché l'arrotondamento ad importi forfettari basta, in sostanza, per concludere che nel caso di specie non sussiste tassazione esattamente proporzionale nel senso del sistema dell'imposta sul valore aggiunto. Se si tiene inoltre presente che è dubbio che il tributo in oggetto colpisca il consumatore in modo analogo all'imposta sul valore aggiunto, non si può che escludere la proporzionalità del medesimo.

Quanto alla riscossione della tassa in ogni fase

61 Occorre adesso accertare se il tributo in causa venga riscosso in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione. Poiché, secondo il sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto, si deve considerare anche l'ultima fase, vale a dire la ripercussione dell'imposta sul consumatore finale, va innanzi tutto esaminato tale criterio.

Quanto alla ripercussione sul consumatore finale

62 A questo proposito all'udienza i ricorrenti si sono richiamati alla sentenza Careda (23). La Corte avrebbe ivi precisato che è sufficiente che la ripercussione sul consumatore finale sia possibile, mentre non è necessario che venga prevista dalla legge. Inoltre, non è necessario che venga emessa una fattura. I ricorrenti ne deducono che la possibilità di ripercuotere un tributo in modo analogo a quanto avviene per l'imposta sul valore aggiunto non è condizione necessaria per classificarlo tra quelli che, ai sensi dell'art. 33 della sesta direttiva, hanno il carattere di imposte sulla cifra d'affari.

63 Orbene, nella sentenza Careda la Corte ha espressamente affermato: «Da quanto precede discende che, per avere il carattere d'imposta sulla cifra di affari ai sensi dell'art. 33 della direttiva, il tributo considerato deve poter essere trasferito al consumatore» (24). Quindi la Corte considera semplicemente superfluo che la ripercussione del tributo sia espressamente prevista dalla legge. Essa così continua: «In considerazione della finalità dell'art. 33 della sesta direttiva (...) la qualificazione di un'imposta e, quindi, la valutazione della sua compatibilità con il diritto comunitario debbono avvenire non soltanto con riferimento al testo delle disposizioni nazionali vigenti, ma anche sulla scorta delle sue caratteristiche essenziali» (25). Ciò vuol dire che in ogni caso, per considerare un dato tributo incompatibile con l'art. 33, occorre che l'onere fiscale possa essere ripercosso sul consumatore finale in modo analogo a quello dell'imposta sul valore aggiunto. Ciò significa quindi che anche l'onere che grava sul consumatore finale dev'essere esattamente proporzionale al prezzo del bene o del servizio.

64 Questo rilievo viene fatto anche dalla Commissione, la quale aggiunge che, contrariamente all'imposta sul valore aggiunto, la tassa a favore del turismo è pagata non dal consumatore finale, bensì dall'imprenditore soggetto passivo d'imposta. Le tasse a favore del turismo non gravano sulle consegne ai consumatori finali. Si deve concordare con la Commissione quando continua spiegando che, se anche la tassa a favore del turismo venisse accollata al consumatore finale (in proporzione al prezzo), non potrebbe trattarsi della tassazione del consumatore finale prevista dalla direttiva. Non sussiste una ripercussione diretta, ma semmai un'integrazione nei costi al momento della determinazione dei prezzi. Solo l'imputazione proporzionale d'una tassa o imposta ad una singola operazione - come nel caso dell'imposta sul valore aggiunto - può costituire tassazione diretta del consumatore finale ai sensi della sesta direttiva. Non è stato sostenuto che la tassa a favore del turismo venga ripercossa sul consumatore in questa maniera. Il fatto, qui invocato, che essa venga posta a suo carico mediante l'integrazione nel prezzo non può bastare.

65 Il rappresentante della Carinzia ha sostenuto all'udienza che nel caso di specie non vi è alcuna possibilità di ripercuotere il tributo. Poiché la tassa dev'essere calcolata non sul fatturato relativo alla singola operazione, bensì, in parte, sulla base del fatturato complessivo dell'anno pregresso (o di quello ancora anteriore), nell'anno fiscale in corso l'imprenditore non potrebbe stabilire, per ogni prestazione effettuata, in quale misura vadano aumentati i prezzi per traslare effettivamente l'onere fiscale. Ciò mostrerebbe che in realtà la tassa grava sugli utili e di norma può essere economicamente traslata solo quando il prezzo della prestazione sia inferiore a quello consentito dal mercato. Tuttavia, la circostanza che la tassa, quale fattore di costo, incida sulla fissazione del prezzo non autorizzerebbe a concludere che essa abbia carattere di imposta sulla cifra d'affari. Il contribuente cercherebbe infatti di traslare in modo corrispondente anche l'imposta sul reddito.

66 L'affermazione che l'imprenditore non può definire in quale misura siano gravati i suoi fatturati potrebbe risultare erronea per quanto riguarda i casi in cui la tassa rappresenta un onere proporzionale che non varia da un anno all'altro. Si è già visto, però, che non in tutti i casi la tassa a favore del turismo viene calcolata proporzionalmente.

67 I ricorrenti nella causa principale osservano inoltre che nella causa Dansk Denkavit (26) la Corte avrebbe giudicato una tassa incompatibile con l'art. 33 della sesta direttiva quantunque il tributo non fosse stato indicato a parte nella fattura, bensì considerato come parte integrante dei costi di produzione. Parimenti, nel caso di specie si potrebbe ritenere che la tassa, in quanto fattore di costo, venga incorporata nel prezzo e, quindi, accollata al consumatore.

68 Come risulta dalla sentenza nella causa Dansk Denkavit (27), anche se la tassa di cui trattavasi non era indicata nella fattura, essa era però proporzionale al prezzo e veniva incorporata nel medesimo come tale. Tuttavia, come già spiegato, tale ripercussione diretta sul consumatore finale non si verifica ove l'onere sia integrato nel prezzo solo in quanto elemento di costo, come avviene, per esempio, nel caso dell'imposta sul reddito e di altre imposte. Si può pertanto ritenere che la tassa a favore del turismo non sia ripercossa sul consumatore finale in modo analogo all'imposta sul valore aggiunto.

Quanto alla riscossione della tassa in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione

69 Poiché non vi è ripercussione sul consumatore finale, è anche certo che la tassa a favore del turismo non viene riscossa in ogni fase fino a quella del consumo finale. Tale conclusione rimane valida anche di fronte al fatto, sottolineato dai ricorrenti, che la tassa colpisce una cerchia d'imprenditori assai ampiamente definita, venendo così pagata in ogni fase della produzione. E' certamente indiscutibile che un determinato imprenditore, la cui attività sia gravata dalla tassa, a sua volta riceva merci e forniture per le quali sono già state versate tasse a favore del turismo nella fase precedente. Ciò non significa però che sia colpita anche l'ultima fase, vale a dire la cessione al consumatore finale.

70 La Commissione fa poi riferimento alla sentenza Giant (28), in cui la Corte ha affermato che una tassa non costituente un'imposta generale, che colpisce annualmente l'importo globale dei proventi realizzati dalle imprese ad essa soggette può essere considerata una tassa che non viene riscossa in ogni fase produttiva. Sebbene non sia sicuro che ciò valga anche nel caso di un'imposta generale, va però tenuto fermo che anche il requisito della riscossione in ogni fase della produzione e della distribuzione non è soddisfatto nel caso di specie, perché l'ultima fase - il consumatore finale - non viene colpita.

Possibilità di detrarre il tributo pagato a monte

71 Affinché la tassa di cui trattasi risponda anche all'ultimo dei criteri essenziali individuati dalla Corte, deve esistere la possibilità di detrarre dall'imposta sulla cifra d'affari il tributo pagato a monte, in modo che l'onere gravi solo sul valore aggiunto prodotto dall'imprenditore.

72 In proposito sono decisive, innanzi tutto, le indicazioni fornite dal giudice a quo, secondo cui per nessuna delle tasse a favore del turismo in questione è prevista la detrazione dell'imposta pagata a monte. Tuttavia, dato che tutte le parti in causa - con conclusioni diverse - si sono espresse sulla questione, occorre soffermarsi su ciascuna delle argomentazioni svolte.

73 Taluni dei ricorrenti nella causa principale sostengono che nell'ambito della tassa a favore del turismo esiste una possibilità di trattenuta dell'imposta versata a monte. A tal riguardo fanno notare che il tributo è fissato in millesimi della cifra di base corrispondente al fatturato annuo imponibile. Sarebbe perciò palese che il valore aggiunto è colpito.

74 Inoltre, i ricorrenti sostengono che in Tirolo, per quanto riguarda singole categorie professionali, l'imposta sul fatturato non viene conteggiata nel fatturato soggetto a tributo, cosa che equivarrebbe a una possibilità di detrazione dell'imposta versata a monte.

75 I convenuti sostengono invece che il Tiroler Tourismusgesetz non colpisce affatto il valore aggiunto dei beni e dei servizi perché si serve della somma dei fatturati tassabili ai sensi della legge relativa all'imposta sulla cifra d'affari solo come criterio di partenza per la determinazione della base di calcolo del tributo.

76 La Commissione rimanda, anche a questo proposito, alla sentenza Giant e cita la Corte, la quale, in merito alla compatibilità d'una tassa comunale con la sesta direttiva, ha affermato tra l'altro: «In terzo luogo, essa non si basa sul valore aggiunto nella fase di ciascuna operazione, bensì sull'ammontare lordo di tutte le entrate (...)» (29). La Commissione rileva che tanto il tributo turistico in Stiria quanto il contributo obbligatorio in Tirolo si basano sull'ammontare lordo di tutte le entrate (nonché su fattori che non hanno a che vedere con il fatturato, quali l'appartenenza a una categoria professionale e geografica) e non invece sul valore aggiunto prodotto in occasione di ciascuna operazione. Infine, a conferma della sua posizione, essa rimanda alle questioni pregiudiziali stesse, dalle quali risulterebbe che anche ad avviso del Verwaltungsgerichtshof non è prevista una trattenuta dell'imposta pagata a monte.

77 L'argomentazione dei ricorrenti non può essere accolta. L'imponibile della tassa a favore del turismo è la cifra d'affari ai sensi della legge relativa all'imposta sulla cifra d'affari. Si potrebbe ritenere che esista una possibilità di detrazione dell'imposta pagata a monte solo se da tale cifra d'affari fossero già state detratte le prestazioni precedenti. Nell'ambito della detrazione dell'imposta pagata a monte, tuttavia, si detrae non un determinato fatturato, bensì l'imposta sul valore aggiunto già versata per precedenti operazioni. Ciò significa che si stabilisce dapprima il fatturato imponibile e successivamente l'imposta da pagare su questa base. Da tale imposta viene poi detratta quella versata per operazioni a monte. Il valore aggiunto viene quindi determinato solo in questa fase e non già al momento della determinazione della cifra d'affari imponibile. Pertanto, non si vede come il sopra descritto metodo di calcolo della tassa a favore del turismo renda possibile una detrazione dell'imposta pagata a monte.

78 Il fatto che, riguardo a talune categorie professionali, l'imposta sulla cifra d'affari non vada inclusa nel calcolo della cifra d'affari soggetta al tributo in questione non può esser considerato come una possibilità di detrazione dell'imposta pagata a monte. Tale possibilità sussisterebbe ove l'imprenditore potesse detrarre dalla tassa a favore del turismo cui è soggetto le tasse a favore del turismo che ha pagato come cliente destinatario di determinate prestazioni. Questo non è però il caso. Anzi il fatturato dell'imprenditore costituisce la base sia dell'imposta sulla cifra d'affari (al netto dell'imposta pagata a monte) sia della tassa a favore del turismo. In proposito è senz'altro possibile considerare come base di calcolo il fatturato in forma un po' modificata. Quando l'imposta sulla cifra d'affari viene dedotta in tale occasione, ciò non comporta che la tassa a favore del turismo venga calcolata solo sul valore aggiunto creato dall'imprenditore. Essa va anzi corrisposta per intero e senza possibilità alcuna di defalco in ogni fase successiva del processo di produzione e di distribuzione. Per finire, va inoltre osservato che, quand'anche fosse possibile di detrarre l'imposta versata a monte, tale possibilità sarebbe limitata solo a determinate categorie professionali, sicché non potrebbe essere considerata come immanente al sistema della tassa a favore del turismo.

79 Sebbene la motivazione della sentenza Giant, cui si richiama la Commissione, non sia molto esplicita, da quanto fin qui detto risulta che nell'ambito dei sistemi di tasse a favore del turismo in esame non vi è detrazione della tassa pagata a monte.

80 Taluni dei ricorrenti sostengono che la possibilità di detrarre l'imposta pagata a monte non è una caratteristica indispensabile per qualificare una determinata tassa come tributo al cui mantenimento osti l'art. 33 della sesta direttiva. La prima, la seconda e la sesta direttiva miravano a sopprimere il sistema dell'imposta cumulativa a cascata e introdurre l'imposta sul valore aggiunto. Se l'art. 33 consentisse un'imposta sulla cifra d'affari che non prevede la detrazione dell'imposta pagata a monte ciò, si risolverebbe nella reintroduzione d'una tassa cumulativa a cascata sul fatturato lordo e quindi in una violazione della prima, della seconda e della sesta direttiva. A sua volta, l'effetto di questa seconda imposta sulla cifra d'affari sarebbe cumulativo. Tale imposta non potrebbe che essere contraria al diritto comunitario.

81 Ciò risulterebbe anche dal tenore dell'art. 33, il quale vieta i tributi simili all'imposta sulla cifra d'affari, e non quelli simili all'imposta sul valore aggiunto. Tale riferimento alle imposte sulla cifra d'affari s'integrerebbe convincentemente nel sistema della direttiva. Del resto, un tributo che presentasse tutte le caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto non sarebbe più un'imposta simile all'imposta sul valore aggiunto, bensì un'imposta sul valore aggiunto.

82 Se fossero proibite solo le tasse che prevedono anche la possibilità di detrarre l'imposta pagata a monte, al legislatore, per aggirare il divieto di istituire nuovi tributi simili all'imposta sulla cifra d'affari sancito dall'art. 33, basterebbe non concedere tale possibilità.

83 In tale contesto, i ricorrenti si riferiscono tra l'altro alla sentenza Solisnor-Estaleiros Navais e, soprattutto, alle conclusioni presentate in quella causa (30). L'avvocato generale avrebbe ivi affermato che la detrazione dell'imposta pagata a monte non va considerata criterio essenziale nell'ambito dell'apprezzamento di un tributo alla luce dell'art. 33. Peraltro la Corte di giustizia avrebbe seguito tale orientamento, motivo per il quale nella sentenza non si è in realtà proceduto ad un esame degli altri requisiti da prendere in considerazione. Tale argomentazione dei ricorrenti non può essere accolta. Nella suddetta sentenza la Corte di giustizia non ha affrontato la questione, bensì ha iniziato con l'accertare le caratteristiche essenziali, tra le quali annovera anche la possibilità di detrarre l'imposta pagata a monte. Essa non è andata oltre l'esame della prima caratteristica - il carattere generale - ritenendo che questa non sussistesse nella fattispecie.

84 Taluni dei ricorrenti si richiamano anche alla sentenza nella causa Giant (31), in cui la Corte avrebbe affermato che, affinché una determinata tassa abbia il carattere di imposta sulla cifra d'affari, non occorre che somigli in tutto all'imposta sul valore aggiunto. Basterebbe che possieda le caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto. Anche questo argomento non può valere, in quanto la Corte ha definito le caratteristiche essenziali di un'imposta sul valore aggiunto proprio includendovi la possibilità di detrarre l'imposta versata a monte. Come risulta dall'argomentazione della Commissione sopra riportata (32), in tale sentenza la Corte ha anche accertato se per l'imposta comunale di cui trattavasi vi fosse la possibilità di detrarre l'imposta versata a monte. Di conseguenza, non si può ritenere che la Corte abbia inteso escludere dal novero delle caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto la possibilità di detrarre l'imposta versata a monte.

85 E' vero che tanto la lettera dell'art. 33 - che parla solo di carattere di imposta sulla cifra d'affari - quanto l'obiettivo da esso perseguito sembrano, a prima vista, avvalorare l'opinione dei ricorrenti secondo cui la possibilità di detrarre l'imposta versata a monte non sarebbe una caratteristica essenziale dell'imposta sul valore aggiunto. Non è del tutto chiaro per quale ragione l'art. 33 dovrebbe ammettere un'imposta sulla cifra d'affari, vale a dire un'imposta che non prevede il defalco dell'imposta versata a monte e che pertanto porta ad un cumulo delle imposte pagate in occasione delle singole operazioni. In tal senso potrebbe far propendere anche la formula più volte impiegata dalla Corte, secondo cui si deve «in ogni caso» ritenere che un tributo che possiede le caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto non sia compatibile con l'art. 33. Se ne potrebbe concludere che siano concepibili anche altre ipotesi, in cui un tributo violi l'art. 33 pur senza possedere tutte le caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto. Poiché, tuttavia, la possibilità di detrarre l'imposta versata a monte è sempre stata considerata dalla Corte come una delle caratteristiche essenziali di un'imposta sul valore aggiunto e come uno dei punti da esaminare nell'ambito della verifica della compatibilità di un tributo con l'art. 33 (33), la suddetta possibilità di detrarre l'imposta versata a monte va considerata come caratteristica essenziale dell'imposta sul valore aggiunto.

86 Visto però che - come si è detto sopra - le tasse a favore del turismo in questione non presentano neanche tutte le altre caratteristiche essenziali stabilite dalla Corte, non occorre soffermarsi ulteriormente su questo punto.

Esame globale integrativo

87 Per concludere, sembra opportuno considerare ancora una volta le tasse a favore del turismo in oggetto nella loro globalità. Tanto i ricorrenti quanto i convenuti sostengono che, a prescindere dall'esame delle singole caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto, deve aver rilievo anche una considerazione d'insieme del tributo. Così, i ricorrenti sostengono che la tassa a favore del turismo rappresenta un secondo onere fiscale che si aggiunge a quello dell'imposta sul fatturato comportando notevoli svantaggi concorrenziali per gli imprenditori austriaci rispetto a quelli di altri Stati membri. A tal proposito si deve nuovamente ricordare che, come la Corte ha ripetutamente affermato, gli Stati membri possono istituire tributi la cui riscossione porti ad un cumulo con l'imposta sul valore aggiunto per una stessa operazione, purché esse non abbiano il carattere di un'imposta sulla cifra d'affari. L'art. 33 non è pertanto inteso ad impedire che gli Stati membri riscuotano su una determinata operazione anche tributi ulteriori rispetto all'imposta sul valore aggiunto.

88 Per quanto concerne i presunti svantaggi concorrenziali per gli imprenditori austriaci rispetto a quelli di altri Stati membri, si deve tener conto del fatto che le tasse in oggetto vengono principalmente utilizzate per migliorare l'offerta turistica, cosa che sicuramente rende più allettanti i servizi offerti ai turisti e giustifica dunque il «costo supplementare». Occorre poi osservare che un onere finanziario maggiore in capo ai residenti non viola né il divieto di discriminazione sancito dal Trattato né il diritto della concorrenza sotto tale profilo. Quanto al se l'importo della tassa sia giustificato sul piano nazionale, si tratta di una questione che non va qui esaminata.

89 D'altro canto, bisogna osservare che i convenuti sostengono a buon diritto che la tassa a favore del turismo mira ad una «tassazione dell'utile» tratto dal turismo. Ciò è reso evidente anche dalla circostanza che in Stiria e in Carinzia il fatturato complessivo dell'anno in corso non è gravato direttamente, ma sulla base del fatturato realizzato due anni prima. La questione se la cerchia degli imprenditori che traggono benefici dal turismo sia troppo ampiamente definita è rilevante per il giudizio che la Corte deve formulare solo nella misura in cui serva a valutare se sia stata istituita una tassa generale analoga all'imposta sul valore aggiunto. Poiché questo non è il caso, risulta superflua ogni ulteriore presa di posizione. Nemmeno il funzionamento del sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto nel suo complesso e il connesso reperimento indiretto delle risorse proprie della Comunità vengono compromessi. Conseguentemente, occorre concludere che, per quanto le tasse a favore del turismo in questione abbiano carattere generale, esse, contrariamente all'imposta sul valore aggiunto, non colpiscono le operazioni in modo esattamente proporzionale, non sono riscosse in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione e non prevedono una detrazione del tributo pagato a monte. Ai sensi dell'art. 33 della sesta direttiva, esse possono dunque essere mantenute in vigore.

C - Conclusione

90 Alla luce di quanto precede, propongo di risolvere le questioni pregiudiziali nel modo seguente:

Causa C-338/97:

L'art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, non osta al mantenimento in vigore di un tributo che, all'interno di un Bundesland (Stato federato) facente parte di uno Stato membro delle Comunità europee,

- va versato ogni anno da tutte le imprese direttamente o indirettamente interessate al turismo che abbiano la sede o uno stabilimento aziendale all'interno di territori delimitati e ben definiti, territori che sommati tra loro abbraccino quasi l'intero territorio del Bundesland (Stato federato),

- il cui ammontare sia sostanzialmente proporzionale alla cifra d'affari realizzata dall'imprenditore, nel corso di un anno civile, prevalentemente in tale Land, ma la cui aliquota vari a seconda dei flussi turistici nel territorio interessato e del vantaggio che il legislatore presume derivare dal turismo per il settore economico (categoria professionale) interessato,

- e che non preveda alcuna detrazione del tributo versato a monte.

Causa C-344/97:

L'art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, dev'essere interpretato, sotto l'aspetto della nozione di «carattere di imposta sulla cifra d'affari», nel senso che non vieta ad uno Stato membro di esigere dalle imprese un tributo sul turismo (contributo) così configurato:

- esso è dovuto dalle imprese direttamente o indirettamente interessate al turismo, quindi da molte imprese, ma non da tutte;

- esso confluisce nelle casse di un'associazione turistica locale per finanziare la promozione del movimento turistico oppure va ad un fondo competente per tutto il Land;

- la sua base imponibile è costituita dalla cifra d'affari annua, con talune deroghe; in particolare, sono detraibili la cifra d'affari relativa a prestazioni a clienti che hanno la residenza (sede) fuori dal territorio nel quale si applica la norma - purché non si tratti né di prestazioni destinate ad uno stabilimento aziendale ubicato nel suddetto territorio (il Bundesland dello Stato membro federale) né di prestazioni destinate al consumatore finale - e la cifra d'affari relativa a prestazioni diverse se non vengono fornite esclusivamente o prevalentemente nel suddetto territorio (il Bundesland dello Stato membro);

- l'entità del tributo è scaglionata in base al vantaggio che, secondo il legislatore, trae dal turismo il settore di attività di cui fa parte il contribuente;

- l'entità del tributo è maggiore nei luoghi turistici più frequentati rispetto alle altre località;

- non è prevista detrazione del tributo versato a monte.

Causa C-390/97:

L'art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, non osta al mantenimento in vigore di un tributo che, all'interno di un Bundesland (Stato federato) facente parte di uno Stato membro delle Comunità europee, dev'essere pagato per ogni anno civile da ogni impresa avente nell'ambito del territorio della detta parte di Stato la sede o uno stabilimento aziendale e che è direttamente o indirettamente interessata al turismo, il cui importo è, sostanzialmente, proporzionale alla cifra d'affari realizzata in un anno civile nella detta parte di Stato, ma la cui aliquota varia da un settore economico (categoria professionale) all'altro in base al vantaggio che, a stima del legislatore, ciascuno di essi trae dal turismo, e per il quale non è prevista detrazione del tributo versato a monte.

(1) - GU L 145, pag. 1.

(2) - GU L 376, pag.1.

(3) - Il corsivo è mio.

(4) - Nella versione di cui al Landesgesetzblatt n. 55/1994.

(5) - Landesgesetzblatt n. 24, nella versione di cui ai Landgesetz LGBl. nn. 71/1992 e 111/1994.

(6) - Landesgesetzblatt della Carinzia n. 59/1994 (nella versione di cui al Landesgesetzblatt della Carinzia n. 89/1994).

(7) - Sentenze 8 luglio 1986, causa 73/85, Kerrutt (Racc. pag. 2219, punto 22), 13 luglio 1989, cause riunite 93/88 e 94/88, Wisselink e a. (Racc. pag. 2671, punto 14), e 19 marzo 1991, causa C-109/90, Giant (Racc. pag. I-1385, punto 9).

(8) - Sentenza Kerrutt (citata alla nota 7, punto 22), e sentenza Wisseling e a. (citata alla nota 7, punto 14).

(9) - Sentenza 27 novembre 1985, causa 295/84, Rousseau Wilmot (Racc. pag. 3759, punto 14).

(10) - Direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (GU 1967, 71, pag. 1301).

(11) - Sentenza Rousseau Wilmot (citata alla nota 9, punto 16).

(12) - Sentenze 7 maggio 1992, causa C-347/90, Bozzi (Racc. pag. I-2947, punto 9 e ss.), e 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit e Pulsen Trading (Racc. pag. I-2217, punto 11).

(13) - Sentenze 3 marzo 1988, causa 252/86, Bergandi (Racc. pag. 1343, punto 8), e 26 giugno 1997, cause riunite C-370/95, C-371/95 e C-372/95, Careda e a. (Racc. pag. I-3721, punto 15).

(14) - Sentenze Bozzi (citata alla nota 12, punto 12); Bergandi (citata alla nota 13, punto 15); Wisseling e a. (citata alla nota 7, punto 18); Giant (citata alla nota 7, punto 11 e ss.), e Dansk Denkavit e Pulsen Trading (citata alla nota 12, punto 11).

(15) - Sentenza 19 febbraio 1998, causa C-318/96 (Racc. pag. I-785).

(16) - Sentenza Wisseling e a. (citata alla nota 7, punto 20).

(17) - Sentenza Giant (citata alla nota 7, punto 14).

(18) - Sentenza Bozzi (citata alla nota 12, punto 14).

(19) - V. paragrafo 40.

(20) - Citata alla nota 9, punto 16.

(21) - Citata alla nota 7.

(22) - V. nota 10.

(23) - Citata alla nota 13.

(24) - Citata alla nota 13, punto 15.

(25) - Citata alla nota 13, punto 17.

(26) - Citata alla nota 12.

(27) - Citata alla nota 12, punto 15.

(28) - Citata alla nota 7.

(29) - Citata alla nota 7, punto 14.

(30) - Sentenza 17 settembre 1997, causa C-130/96 (Racc. pag. I-5053).

(31) - Citata alla nota 7.

(32) - V. paragrafo 76.

(33) - V. sentenze 17 settembre 1997, causa C-347/95, UCAL (Racc. pag. I-4911, punto 36), e 17 settembre 1997, causa C-28/96, Fricarnes (Racc. pag. I-4939, punto 40).