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Avviso legale importante

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61998C0375

Conclusioni dell'avvocato generale Cosmas del 17 febbraio 2000. - Ministério Público e Fazenda Pública contro Epson Europe BV. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Supremo Tribunal Administrativo - Portogallo. - Armonizzazione delle legislazioni fiscali - Società capogruppo e controllate - Esenzione, nello Stato membro della società controllata, della ritenuta alla fonte sugli utili da questa distribuiti alla società capogruppo. - Causa C-375/98.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-04243


Conclusioni dell avvocato generale


1 Nella presente causa la Corte è chiamata a risolvere la questione sollevata dal Supremo Tribunal Administrativo portoghese e ad interpretare l'art. 5, n. 4, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (1) (in prosieguo: la «direttiva»), norma che riguarda una disciplina speciale valida solo per il Portogallo.

I - Contesto normativo

A - Le disposizioni comunitarie

2 Il legislatore comunitario ha adottato la direttiva 90/435 con l'obiettivo di istituire un regime fiscale comune per le società capogruppo e controllate di Stati membri diversi.

3 La ragion d'essere della direttiva discende dalla doppia imposizione cui possono essere assoggettati gruppi di società stabilite in più di uno Stato membro. Più precisamente, «fatte salve le particolari esenzioni concesse dagli Stati unilateralmente o in forza di accordi bilaterali, gli utili realizzati da una consociata possono essere assoggettati ad imposta sia nello Stato della consociata, in quanto redditi d'esercizio di quest'ultima, sia all'atto della distribuzione degli utili della stessa alla società capogruppo, in quanto dividendi della stessa società capogruppo nello Stato in cui ha sede» (2).

4 La direttiva, per quanto riguarda la sua struttura, contiene nove articoli, relativi all'individuazione del suo campo di applicazione (art. 1), alle definizioni di taluni concetti fondamentali (artt. 2 e 3), ai principi e alle regole di base del diritto comunitario, con le modalità della loro applicazione (art. 4) e a una serie di esenzioni applicate in alcuni Stati membri nell'ambito della ritenuta alla fonte (art. 5). Gli artt. 6 e 7 comprendono alcune disposizioni integrative sulla ritenuta alla fonte e gli artt. 8 e 9 contengono le consuete disposizioni relative all'entrata in vigore e ai destinatari della direttiva.

5 Più precisamente l'art. 1, n. 1, della direttiva dispone:

«Ogni Stato membro applica la presente direttiva:

- alla distribuzione degli utili percepita da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

- alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali».

6 L'art. 2 recita:

«Ai fini dell'applicazione della presente direttiva, il termine "società di uno Stato membro" designa qualsiasi società:

a) che abbia una delle forme enumerate nell'allegato;

b) che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori della Comunità;

c) che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle seguenti imposte:

(...)

- imposto sobre o rendimento das pessoas colectivas in Portogallo;

(...)».

7 Ai sensi dell'art. 3 della direttiva,

«1. Ai fini dell'applicazione della presente direttiva:

a) la qualità di società madre è riconosciuta almeno ad ogni società di uno Stato membro che soddisfi alle condizioni di cui all'articolo 2 e che detenga nel capitale di una società di un altro Stato membro che soddisfi alle medesime condizioni una partecipazione minima del 25%;

b) si intende per "società figlia" la società nel cui capitale è detenuta la partecipazione indicata alla lettera a)» (3).

8 L'art. 4, n. 1, dispone:

«Quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione di quest'ultima, lo Stato della società madre:

- si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione;

- o li sottopone a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell'imposta pagata dalla società figlia a fronte dei suddetti utili e, eventualmente, l'importo della ritenuta alla fonte prelevata dallo Stato membro in cui è residente la società figlia in applicazione delle disposizioni derogatorie dell'articolo 5, nel limite dell'importo dell'imposta nazionale corrispondente».

9 Inoltre, per tre Stati membri (la Repubblica ellenica, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica portoghese), il legislatore comunitario ha previsto determinate deroghe (4) al regime comune per quanto riguarda l'esenzione dalla ritenuta alla fonte. Più precisamente il Consiglio ha ritenuto «che, per garantire la neutralità fiscale, è inoltre opportuno esentare da ritenuta alla fonte, salvo in taluni casi particolari, gli utili conferiti da una società figlia alla propria società madre, e tuttavia ha sottolineato che occorre autorizzare (...) la Repubblica portoghese, per motivi di bilancio, a continuare a riscuotere temporaneamente una ritenuta alla fonte» (5).

10 Così, ai sensi dell'art. 5,

«1. Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre, almeno quando quest'ultima detiene una partecipazione minima del 25% nel capitale della società figlia, sono esenti dalla ritenuta alla fonte.

(...)

4. In deroga al paragrafo 1, la Repubblica portoghese può prelevare una ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti da società figlie a società madri di altri Stati membri, sino e non oltre la fine dell'ottavo anno successivo alla data di attuazione della presente direttiva. Salve restando le disposizioni delle convenzioni bilaterali esistenti concluse tra il Portogallo e uno Stato membro, l'aliquota di questa ritenuta non può superare il 15% per i primi cinque anni del periodo di cui al primo comma e il 10% per gli ultimi tre.

Prima della scadenza dell'ottavo anno il Consiglio delibera all'unanimità, su proposta della Commissione, in merito ad un'eventuale proroga del presente paragrafo».

11 A norma dell'art. 6, lo Stato membro da cui dipende la società capogruppo non può riscuotere ritenute alla fonte sugli utili che questa società riceve dalla sua società controllata.

12 Ai sensi dell'art. 7, n. 1,

«L'espressione "ritenuta alla fonte" utilizzata nella presente direttiva non comprende il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell'imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre».

13 L'art. 8 prevede che gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva prima del 1_ gennaio 1992, e ne informano immediatamente la Commissione.

B - La normativa nazionale

14 La trasposizione delle disposizioni della direttiva nel diritto portoghese è stata effettuata, per quanto riguarda l'imposta sulle società (imposto sobre o rendimento das pessoas colectivas; in prosieguo: l'«IRC»), mediante il decreto legge 2 luglio 1992, n. 123, che modifica l'art. 69, n. 2, lett. c), del Codigo do imposto sobre o rendimento das pessoas colectivas (codice dell'imposta sulle società; in prosieguo: il «CIRC»), ora formulato come segue:

«Riguardo ai redditi delle società che non hanno la loro sede né la loro direzione effettiva nel territorio portoghese e che non vi possiedono un centro di attività stabile cui siano imputabili tali redditi, l'aliquota dell'imposta sulle società è pari al 25%, salvo che per i seguenti redditi:

(...)

c) utili che una società stabilita nel territorio portoghese, rispondente ai requisiti posti dall'art. 2 della direttiva 23 luglio 1990, 90/435/CEE, mette a disposizione di una società stabilita in un altro Stato membro, che risponde agli stessi requisiti e che detiene, nel capitale della prima, una partecipazione diretta non inferiore al 25% durante due anni consecutivi o dalla costituzione della società controllata, a condizione, in quest'ultima ipotesi, che la partecipazione sia mantenuta per tale periodo, in cui l'aliquota dell'imposta sulle società è pari al 15% fino al 31 dicembre 1996, salve diverse disposizioni delle convenzioni bilaterali in vigore, e al 10% dal 1_ gennaio 1997 al 31 dicembre 1999».

15 Tuttavia, in occasione della trasposizione della direttiva, il Portogallo ha lasciato immutati gli artt. 182 e 184 del Código do imposto municipal da sisa e do imposto sobre as sucessões e doações (codice dell'imposta comunale sui trasferimenti e dell'imposta sulle successioni e donazioni; in prosieguo: il «CIMSISD»), che prevedono un'imposta sulle successioni e sulle donazioni (imposto sobre as sucessões e doações; in prosieguo: l'«ISD») relativa al trasferimento a titolo gratuito di azioni di società, che colpisce, a ogni distribuzione di utili, i dividendi corrisposti da società aventi sede in Portogallo.

16 L'art. 182 del CIMSISD dispone quanto segue:

«L'imposta sul trasferimento a titolo gratuito:

(...)

c) delle azioni di società aventi sede in Portogallo è pagata forfettariamente, mediante detrazione dal rendimento dei titoli.

Paragrafo unico

L'imposta sui trasferimenti dei titoli che non producono reddito è liquidata e pagata secondo il diritto ordinario».

17 Ai sensi dell'art. 184, intitolato «Aliquota dell'imposta. Ritenuta alla fonte»:

«L'aliquota forfettaria dell'imposta è pari al 5% degli interessi, dei dividendi o di ogni altro rendimento prodotto dai titoli e deve essere detratta da tale rendimento dagli enti che sono tenuti ad effettuare il relativo pagamento.

(...)».

18 Così, l'imposta forfettaria ha un'aliquota fissa del 5% sul rendimento di taluni titoli, e non un'aliquota variabile dipendente dalla definizione del valore dei trasferimenti effettuati.$

II - Elementi di fatto

19 La Epson Europe BV (in prosieguo: la «Epson» o la «società capogruppo») è una società commerciale con sede nei Paesi Bassi. Possiede più del 25% delle azioni della società Epson Portugal SA (in prosieguo: la «Epson Portugal» o la «società controllata»), che ha sede in Portogallo.

20 Dall'ordinanza di rinvio emerge che la relazione tra la capogruppo, che è una società a responsabilità limitata di diritto olandese, e la controllata, una società anonima di diritto portoghese, ricade nell'ambito di applicazione della direttiva.

21 Con delibera 31 marzo 1993 la società controllata decideva di procedere alla distribuzione di un dividendo pari a PTE 80 000 000, vale a dire PTE 1 066,66 per ogni azione (6). Il dividendo calcolato a favore della Epson ammontava a PTE 40 795 733. Tale importo veniva così versato alla società capogruppo, previa detrazione dell'IRC, calcolata all'aliquota del 15%, pari a una somma di PTE 6 119 360, e inoltre dell'ISD, calcolata all'aliquota del 5%, pari alla somma di PTE 2 039 786.

22 La Epson, ritenendo di essere stata illegittimamente assoggettata all'ISD, proponeva ricorso dinanzi al Tribunal Tributário de Primeira Instância di Porto per ottenerne la restituzione.

23 Il Tribunal Tributário de Primeira Instância di Porto accoglieva il ricorso per il motivo che il limite dell'imposta che il Portogallo era autorizzato a prelevare in forza della deroga prevista dall'art. 5, n. 4, della direttiva era già stato coperto con la ritenuta alla fonte per il pagamento dell'imposta sulle società e che l'ulteriore ritenuta a titolo dell'ISD avrebbe privato la direttiva di ogni portata effettiva.

24 L'autorità fiscale (il Ministério Público e la Fazenda Pública) proponeva impugnazione contro la sentenza del Tribunal Tributário de Primeira Instância di Porto dinanzi al Supremo Tribunal Administrativo.

25 Il Supremo Tribunal Administrativo esprime dubbi sulla questione se la direttiva copra anche l'ISD e, di conseguenza, se la Repubblica portoghese abbia correttamente trasposto la direttiva nel suo ordinamento giuridico interno. Essa infatti ha preso in considerazione l'imposizione dell'IRC sugli utili distribuiti, ma non dell'ISD, ai sensi degli artt. 182 e 184 del CIMSISD.

26 Secondo il giudice a quo la base imponibile dell'imposta è in entrambi i casi il reddito, poiché anche l'ISD viene pagato sotto forma di ritenuta con un'aliquota del 5% sul dividendo o su qualsiasi altro rendimento dei valori mobiliari. Si tratta dunque di un'imposta sul reddito riscossa parallelamente all'IRC previsto dal CIRC, nonostante la sua denominazione di «imposta sulle successioni e donazioni».

III - Questione pregiudiziale

27 Con decisione 23 settembre 1998 il Supremo Tribunal Administrativo, Seconda Sezione, chiede alla Corte una pronuncia pregiudiziale sulla questione seguente:

«Se l'art. 5, n. 4, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, nella parte in cui fissa al 15% e al 10% i limiti della deroga concessa al Portogallo, vada interpretato nel senso che tali limiti riguardano soltanto l'assoggettamento all'imposta sulle società (in Portogallo), oppure se esso comprenda qualsiasi imposta sul reddito azionario che gravi sui dividendi, indipendentemente dalla legge che la prevede».

IV - Soluzione della questione pregiudiziale

28 Dopo l'esame dei problemi sollevati (A) e l'analisi delle caratteristiche del sistema istituito dalla direttiva (B), si esaminerà se l'imposta ISD di cui trattasi rientri nell'ambito di applicazione della direttiva e quali siano le conseguenze: è sostanzialmente questo il problema sottopostoci dal giudice a quo, la cui soluzione sarà utile per la definizione della controversia pendente dinanzi ad esso, considerato il concreto contesto di fatto e di diritto (nazionale e comunitario) che la caratterizza (C).

A - I problemi sollevati

29 La Epson e la Commissione ritengono che l'ISD rientri nel campo di applicazione della direttiva, mentre il governo portoghese e la Fazenda Pública sostengono la tesi contraria.

30 Più precisamente, la Commissione e la Epson sostengono che la direttiva, e soprattutto l'art. 5, n. 4, riguarda ogni imposizione fiscale posta in essere in veste di ritenuta alla fonte sui dividendi distribuiti da una società controllata alla sua capogruppo avente sede in un altro Stato membro, indipendentemente dalla denominazione dell'imposta.

31 La Commissione sottolinea che la Repubblica portoghese, avendo omesso di modificare gli artt. 182 e 184 del CIMSISD, ha ritenuto di disporre di una «ulteriore deroga», non prevista dalla direttiva e contraria al suo contenuto e al suo obiettivo. La Commissione ritiene dunque che l'unica deroga consentita alla Repubblica portoghese, in via temporanea, riguardi le aliquote previste dall'art. 5, n. 4, della direttiva.

32 Il governo portoghese e l'autorità fiscale portoghese sostengono che la deroga prevista dall'art. 5, n. 4, della direttiva non si applica all'ISD, in quanto tale imposta non è prelevata sul reddito ma sul valore del titolo, determinato mediante la capitalizzazione dei dividendi, sulla quale si basa la sua riscossione. Così, la ritenuta effettuata ai sensi degli artt. 182 e 184 del CIMSISD non si confonde con l'imposizione sul rendimento dei titoli collegata con l'imposta sul reddito. L'art. 182 stabilisce un modo di pagamento di un'imposta sul trasferimento di beni patrimoniali e non è colpito dal divieto dell'art. 5, n. 4, della direttiva.

33 Il governo portoghese sostiene che l'ISD ha una lunga tradizione nell'ordinamento giuridico portoghese ed è stata mantenuta anche in occasione della grande modifica del CIMSISD del 1958. Precisa che l'imposta forfettaria sulle successioni e donazioni non ha carattere d'imposta sul reddito, ma rappresenta una particolare modalità di applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni. Corrisponde più precisamente a un anticipo di quest'ultima imposta e per questo motivo non è messo in dubbio il suo carattere di imposta riscossa in ragione di un trasferimento gratuito di beni patrimoniali, che sostituisce l'imposta generale sulle successioni e donazioni con un'aliquota progressiva.

34 A sostegno dei suoi argomenti il governo portoghese ha prodotto una Nota introduttiva del segretariato generale del Consiglio (7), con data 25 marzo 1989, relativa al progetto di direttiva per le società capogruppo e controllate, indirizzata al Comitato dei rappresentanti permanenti, che propone di aggiungere alla direttiva una dichiarazione che afferma che l'imposta sulle successioni e donazioni non rientra nella sfera di applicazione della stessa direttiva. Ha inoltre sottoposto alla Corte un progetto di dichiarazione del Consiglio e della Commissione, recante data 9 luglio 1990 (8), di contenuto analogo. Il governo portoghese sostiene poi (punto 5 della risposta scritta al quesito della Corte) che le sue riserve ed osservazioni erano state accolte, come risulta anche dagli atti della riunione del Consiglio n. 1421, tenutasi a Bruxelles il 23 luglio 1990; richiama anche una serie di documenti (9) che tuttavia non sono stati legittimamente prodotti dinanzi alla Corte.

35 Infine, il governo portoghese sottolinea anche che la natura dell'ISD era stata esaminata durante le trattative bilaterali sulle convenzioni per evitare le doppie imposizioni nell'ambito dell'imposta sul reddito e che, sebbene si fosse riconosciuto che essa costituisce parte dell'imposizione fiscale complessiva che grava sui dividendi, si era tuttavia ritenuto che, dal momento che si tratta di un'imposta riscossa in ragione di una successione, nonostante la sua base imponibile (i dividendi distribuiti) e la modalità della sua riscossione (ritenuta alla fonte), non rientri nell'ambito di tali convenzioni e non sia interessata dall'aliquota massima stabilita per l'imposizione dei dividendi. Allo stesso modo, le aliquote d'imposta previste dalla direttiva non riguardano l'imposta forfettaria sulle successioni e donazioni.

B - Il sistema istituito dalla direttiva

36 Con la direttiva 90/435 il Consiglio ha creato un sistema fiscale che si applica alle società capogruppo e controllate degli Stati membri. Costituisce uno dei primi tentativi di armonizzazione, a livello comunitario, nel settore delle imposte dirette (10).

37 Le caratteristiche fondamentali di tale sistema sono due. Esso mira, da un lato, ad evitare la doppia imposizione degli utili distribuiti da una società controllata con sede in uno Stato membro alla capogruppo stabilita in un altro Stato membro. Dall'altro abolisce, salvo talune eccezioni, ogni ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti versati da una società controllata di uno Stato membro alla sua capogruppo che ha sede in un altro Stato membro (11).

38 Più precisamente il legislatore comunitario ha considerato (12) che i raggruppamenti di società - vale a dire la creazione di gruppi di società - di Stati membri diversi possono essere necessari per creare nella Comunità condizioni analoghe a quelle di un mercato interno e per assicurare così l'attuazione ed il buon funzionamento del mercato comune, e che queste operazioni non debbono essere intralciate da particolari restrizioni, svantaggi e distorsioni derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri. Di conseguenza, occorre instaurare per questi raggruppamenti di società norme fiscali che siano neutre nei riguardi della concorrenza al fine di permettere alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di accrescere la loro produttività e di rafforzare la loro posizione concorrenziale sul piano internazionale.

39 Per assicurare la neutralità fiscale, la direttiva del Consiglio prevede un meccanismo di esenzione dalla ritenuta alla fonte per le società capogruppo che detengano una partecipazione minima del 25% nel capitale sociale della controllata (art. 5, n. 1).

40 Nella sentenza 17 ottobre 1996, Denkavit e a. (13), la Corte ha affermato che «la direttiva, come risulta in particolare dal terzo 'considerando' , mira ad eliminare, instaurando un regime fiscale comune, qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro ed a facilitare in tal modo la cooperazione transfrontaliera. Così, l' art. 5, n. 1, della direttiva prevede, al fine di evitare la doppia imposizione, l'esenzione dalla ritenuta alla fonte nello Stato della consociata al momento della distribuzione degli utili».

41 L'art. 5, n. 4, consentiva alla Repubblica portoghese di continuare, per motivi di bilancio, a riscuotere temporaneamente una ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti da società controllate a società capogruppo di altri Stati membri, che, per i primi cinque anni dopo l'entrata in vigore della direttiva il 1_ gennaio 1992, non poteva superare il 15% degli utili distribuiti, e per i successivi tre anni il 10%.

42 La facoltà concessa alla Repubblica portoghese di operare una ritenuta sugli utili distribuiti dalle società controllate alle capogruppo aventi sede in altri Stati membri costituisce una deroga al principio dell'esenzione dalla ritenuta alla fonte istituito dall'art. 5, n. 1, della direttiva. Costituendo una deroga dalla regola corrispondente deve essere interpretata in senso restrittivo, come affermato in casi analoghi dalla Corte (14).

43 Tuttavia, per vietare la ritenuta alla fonte o, nel caso del Portogallo, per la sua temporanea determinazione devono sussistere taluni presupposti previsti dall'art. 2, lett. a), b) e c), e dall'art. 3, n. 1, lett. a) e b). Più precisamente: a) le società capogruppo e controllate devono avere una delle forme enumerate nell'allegato della direttiva; b) le società, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, devono essere considerate come aventi il domicilio fiscale in tale Stato e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non devono essere considerate come aventi tale domicilio fuori della Comunità; c) esse sono assoggettate, senza possibilità di opzione e senza esserne esentate, a una delle imposte enumerate nell'art. 2, lett. c) - per il Portogallo l'imposto sobre o rendimento das pessoas colectivas - o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate, e d) la società capogruppo deve detenere almeno il 25% del capitale della controllata stabilita in un altro Stato membro. Specialmente riguardo a quest'ultimo punto l'art. 3, n. 2, secondo trattino, dispone che gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare la direttiva alle loro società che non conservano, per un periodo ininterrotto di almeno due anni, una partecipazione che dia diritto alla qualità di società capogruppo, o alle società nelle quali una società di un altro Stato membro non conservi, per un periodo ininterrotto di almeno due anni, siffatta partecipazione.

44 Del resto, posto che l'obiettivo della direttiva consiste nello sgravare il regime fiscale delle cooperazioni transfrontaliere, «gli Stati membri non possono quindi, su questo punto, istituire unilateralmente provvedimenti restrittivi» (15).

C - L'imposta ISD in oggetto nell'ottica della direttiva

45 Innanzi tutto è necessaria una precisazione. La questione se un certo onere fiscale imposto da uno Stato membro in caso di ritenuta alla fonte di determinate somme costituisca imposta ai sensi della direttiva, la cui imposizione e conseguente riscossione è vietata ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva - o è consentita nella Repubblica portoghese, a determinate condizioni, ai sensi del n. 4 dello stesso articolo -, deve essere risolta dalla Corte indipendentemente dalla caratterizzazione datane a livello nazionale. Ritengo infatti che non si debba tentare di interpretare nozioni di diritto comunitario, come nel caso di «ritenuta d'imposta alla fonte sugli utili distribuiti», in base a distinzioni semantiche e a costruzioni teoriche del diritto interno. Del resto, ciò è imposto dal principio della supremazia del diritto comunitario rispetto al diritto nazionale. In caso contrario sarebbe possibile determinare l'ampiezza dell'applicazione di norme di diritto comunitario invocando distinzioni e dunque regolamentazioni del diritto nazionale, cosa che il legislatore comunitario non ha voluto (16).

46 Dopo l'interpretazione letterale, sistematica e teleologica delle disposizioni della direttiva, per verificare se l'imposta di cui trattasi, l'ISD, possa rientrare nell'ambito di applicazione della stessa è necessario esaminare le caratteristiche di tale imposta e, più precisamente, il suo fatto generatore e la sua base imponibile.

47 La direttiva ha, fra l'altro, l'obiettivo di evitare la doppia imposizione degli utili distribuiti da una società controllata alla sua capogruppo. Ai sensi delle sue disposizioni, l'utile realizzato nella società controllata è esentato dall'imposta a livello della società capogruppo, vale a dire è esente da imposta sia la «distribuzione» di dividendi nel paese di origine - imposizione in uscita - sia la sua «percezione» nel paese in cui ha sede la società capogruppo - imposizione in entrata -.

48 In base alla sola formulazione letterale della disposizione dell'art. 5, n. 4, della direttiva, che istituisce la deroga, osserviamo che il legislatore comunitario fa riferimento a «utili» e a «ritenuta alla fonte» e non parla di «imposta sul reddito», «imposta sugli utili», «imposta sulle società», e nemmeno utilizza un'altra espressione affine che consentirebbe un'interpretazione restrittiva (17), come correttamente osserva la Epson al punto 25 delle sue osservazioni scritte. Ciò significa, a mio parere, che tutte le «ritenute alla fonte» ricadono nel divieto stabilito dalla direttiva, qualsiasi sia la loro denominazione o la natura dell'imposta istituita sugli utili distribuiti. Non si può considerare infatti che la «ritenuta alla fonte» riguardi soltanto le imposte elencate per nome nell'art. 2; al contrario, essa si estende a ogni imposta sugli utili distribuiti (il dividendo) riscossa nello Stato membro in cui ha sede la società controllata.

49 A tale conclusione, cui perveniamo mediante l'interpretazione letterale e teleologica, siamo condotti anche dall'interpretazione sistematica. La disciplina dell'art. 5, n. 4, è transitoria e va interpretata in combinato disposto con il n. 1 dello stesso articolo. Osserviamo dunque che essa costituisce un'eccezione alla norma del n. 1, che istituisce un divieto generale di operare una ritenuta alla fonte di un'imposta sugli utili distribuiti. E in quanto eccezione a una norma generale deve essere interpretata, come già esposto, in senso restrittivo. Così, la Repubblica portoghese è tenuta a porre in essere un determinato risultato, che consiste nel non operare una ritenuta alla fonte di un'imposta ad un'aliquota superiore ai limiti massimi consentiti sugli utili distribuiti (18), ai sensi dell'art. 5, n. 4 (19).

50 Certo, al suo art. 2 la direttiva enumera, come presupposto per la sua applicazione, determinate imposte nazionali, stabilendo inoltre che la società di uno Stato membro deve essere assoggettata a una di quelle imposte senza possibilità di opzione e senza esserne esentata. Tra tali imposte è compresa unicamente, per il diritto portoghese, l'imposto sobre o rendimento das pessoas colectivas (imposta sulle persone giuridiche). Tale elenco di imposte nazionali consente tuttavia, quando sono soddisfatti anche altri presupposti (20), di definire l'ambito di applicazione ratione personae della direttiva, vale a dire quali siano le società alle quali si applicano le sue disposizioni.

51 Per contro, l'elenco dell'art. 2 della direttiva non consente di risolvere il problema di quale sia l'ambito di applicazione ratione materiae della norma di armonizzazione, vale a dire quali siano le imposizioni fiscali dalla cui riscossione gli Stati membri devono astenersi e quali redditi non possono assoggettare ad imposizione.

52 Inoltre, per evitare la doppia imposizione sugli utili distribuiti, se lo Stato membro della società capogruppo sceglie l'esenzione (21), il legislatore comunitario stabilisce espressamente che esso può assoggettarli ad imposta, autorizzando tuttavia parallelamente tale società a dedurre dalla sua imposta la frazione dell'imposta pagata dalla società controllata a fronte di tali utili (22).

53 La conclusione ora esposta è rafforzata dal fatto che all'art. 7, n. 1, nel quale viene definita a contrario la nozione di «ritenuta alla fonte», il legislatore comunitario stabilisce che tale definizione utilizzata nella direttiva non comprende il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell'imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società controllata, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società capogruppo.

54 Inoltre l'imposta forfetaria prevista dagli artt. 182 e 184 del CIMSISD è caratterizzata da: i) la modalità con cui è riscossa, mediante detrazione o ritenuta alla fonte, e ii) dal suo effetto pratico: si tratta di un'imposizione con un'aliquota pari al 5% della remunerazione percepita in ragione della detenzione di determinati titoli, come sottolineato dalla Commissione al punto 28 delle sue osservazioni scritte.

55 Per tale motivo occorre esaminare se la specifica imposizione, che ha un'aliquota fissa del 5% sugli utili distribuiti (23), costituisca una ritenuta d'imposta alla fonte colpita dal divieto, e dunque se la stessa, aggiunta alla ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti consentita in virtù della deroga alla Repubblica portoghese - deroga che, ricordo, in quanto eccezionale deve essere interpretata restrittivamente -, superi il limite posto dalla direttiva.

56 Osserviamo dunque che l'ISD e l'IRC hanno un effetto cumulativo, con la conseguenza che vengono superati i limiti massimi consentiti dalla direttiva a favore della Repubblica portoghese, provvisoriamente e a titolo di eccezione, per la ritenuta d'imposta alla fonte sui dividendi distribuiti da una società controllata alla sua capogruppo, limiti che sono pari al 15% (prima del 1_ gennaio 1997) e al 10% (prima del 1_ gennaio 2000).

57 Dato che il fatto generatore dell'imposta sulle successioni e donazioni (ISD) è la produzione di un reddito dei titoli (i dividendi distribuiti delle azioni), che la sua base di calcolo è lo stesso rendimento dei titoli e che il suo modo di riscossione è la ritenuta alla fonte, ritengo che l'ISD non si differenzi sostanzialmente, ma soltanto nella denominazione, dall'imposizione fiscale sugli utili distribuiti consentita alla Repubblica portoghese ai sensi della direttiva.

58 Infatti l'ISD, indipendentemente dalla sua qualificazione nel diritto portoghese come imposta sulle successioni e donazioni (24), considerato esclusivamente dal punto di vista del diritto comunitario, costituisce un'autentica imposta sul reddito, sui dividendi distribuiti, riscossa parallelamente all'imposta sulle società (imposto sobre o rendimento das pessoas colectivas) prevista dal CIRC, alla quale del resto si applica la deroga istituita per il Portogallo dall'art. 5, n. 4, della direttiva.

59 Il fatto che l'ISD sia previsto dal CIMSISD, che disciplina l'imposizione fiscale sulle successioni e donazioni, non costituisce un elemento rilevante per la qualificazione, dal punto di vista del diritto comunitario, dell'imposta contestata come ritenuta alla fonte riscossa cumulativamente con l'imposta sulle società prevista dal CIRC. Sia l'IRC che l'ISD hanno come base imponibile comune i dividendi distribuiti e sono riscosse mediante ritenuta alla fonte.

60 Pertanto la qualificazione dell'ISD come «imposta sul trasferimenti a titolo gratuito» delle azioni di società con sede in Portogallo non potrebbe cambiare la circostanza che la base d'imposizione dell'imposta è il dividendo o qualsiasi altro rendimento di valori mobiliari percepiti dai detentori di detti titoli, indipendentemente da qualsiasi trasferimento (25), e che il detentore dei titoli paga l'imposta, come correttamente concluso dalla Commissione al punto 36 delle sue osservazioni scritte.

61 Alla luce di quanto esposto, ritengo che l'imposizione dell'ISD sia incompatibile con il perseguimento degli scopi della direttiva. Se infatti venisse mantenuta l'imposizione sui dividendi ai sensi del CIMSISD, l'art. 5, n. 1, sarebbe privato del suo effetto utile, con il risultato che in Portogallo i redditi delle società, che in linea di principio sono esentati dalla ritenuta alla fonte ai sensi di tale disposizione, non beneficerebbero dell'esenzione.

62 Le finalità della direttiva sarebbero poi compromesse se la Repubblica portoghese avesse ogni facoltà di mantenere le imposizioni fiscali che, pur costituendo ritenuta d'imposta alla fonte, venissero diversamente qualificate allo scopo di eludere i divieti della direttiva (26); a identico risultato si arriverebbe anche se si ritenesse che tali imposizioni fossero coperte da una qualificazione già effettuata poiché la disciplina nazionale è anteriore alla direttiva.

63 Inoltre, il principio della neutralità dell'imposta, necessario alla realizzazione del mercato interno, può essere messo a repentaglio anche se il Portogallo supera i limiti dell'imposizione che le è stata concessa a titolo di eccezione per motivi di bilancio e per un periodo limitato, ai sensi dell'art. 5, n. 4, della direttiva.

64 Così, il mantenimento nell'ordinamento giuridico portoghese dell'ISD o di un'altra imposta sugli utili distribuiti, indipendentemente dalla sua denominazione, che viene trattenuta alla fonte, potrebbe costituire una crepa nell'edificio di protezione creato dalla direttiva, poiché la Repubblica portoghese potrebbe mantenere in vigore la totalità dell'imposizione sugli utili distribuiti, aumentando a proprio gradimento l'aliquota della ritenuta alla fonte dell'ISD, calcolata forfettariamente, o di qualsiasi altra imposizione riscossa con la stessa procedura, sfuggendo tuttavia al divieto sancito dall'art. 5, n. 4, della direttiva, in quanto tale imposizione, in base al suo tenore letterale, non sarebbe qualificata imposta sul reddito.

65 La disciplina nazionale agisce in questo modo come un ostacolo alla più ampia cooperazione possibile tra società che si trovano in Stati membri diversi, e ciò è contrario all'obiettivo della direttiva di facilitare la creazione di gruppi di società a livello comunitario, come affermato dalla Corte (27). Con l'imposizione supplementare del 5% dei dividendi distribuiti il Portogallo impone sostanzialmente particolari restrizioni, svantaggi e distorsioni della concorrenza derivanti dalle disposizioni nazionali, che mettono a repentaglio lo scopo perseguito di facilitare i raggruppamenti di società a livello comunitario delle imprese, nelle condizioni effettive di un mercato interno, rafforzando la loro posizione concorrenziale sul piano internazionale (28).

66 Per quanto riguarda gli argomenti del governo portoghese a proposito della dichiarazione del Consiglio e della Commissione che dimostra che l'imposta sulle successioni e donazioni non rientra nell'ambito di applicazione della direttiva, ritengo che non siano sufficienti a modificare la conclusione alla quale sono pervenuto, vale a dire che l'applicazione specifica dell'imposta sulle successioni e donazioni ricade nel divieto sancito dalla direttiva. Gli argomenti dedotti da tale governo per provare che riteneva sostanzialmente di fruire di una deroga ulteriore rispetto a quella autorizzata dall'art. 5, n. 4, della direttiva, che gli consentisse di applicare aliquote diverse da quelle previste dallo stesso articolo, sono privi di rilevanza. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, «le dichiarazioni iscritte in un verbale del Consiglio in sede di lavori preparatori che siano sfociati nell'adozione di una direttiva non possono essere prese in considerazione ai fini della sua interpretazione allorché il contenuto della dichiarazione non trova alcun riscontro nel testo della disposizione di cui trattasi e non ha pertanto portata giuridica» (29). Infatti il contenuto e gli effetti giuridici degli atti delle istituzioni comunitarie sono determinati prima di tutto mediante il loro testo, di modo che la loro validità e l'estensione del loro ambito di applicazione non può essere soggetto a restrizioni derivanti da riserve o dichiarazioni formulate nella fase dei relativi lavori preparatori (30).

V - Conclusione

67 Alla luce di quanto esposto ritengo che si debba dare al Supremo Tribunal Administrativo la seguente soluzione:

«L'art. 5, n. 4, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, deve essere interpretato nel senso che i limiti del 15% e del 10% della deroga concessa al Portogallo riguardano un tributo che, sebbene qualificato come imposta sulle successioni e sulle donazioni, venga imposto in ipotesi come quella della causa principale».

(1) - GU L 225, pag. 6.

(2) - Ciò è stato rilevato dall'avvocato generale Jacobs al paragrafo 6 delle conclusioni nelle cause riunite C-283/94, C-291/94 e C-292/94, Denkavit e a., decise con sentenza della Corte 17 ottobre 1996 (Racc. pag. I-5063). Ed ha aggiunto che: «i redditi possono essere assoggettati ad un'ulteriore imposta a livello della società, qualora la società capogruppo sia soltanto una holding intermediaria detenuta da una società di un altro Stato membro». La questione principale in quelle cause era se la direttiva consenta ad uno Stato membro di applicare una normativa in base alla quale la società controllata deve dedurre la ritenuta alla fonte dagli utili che distribuisce alla sua capogruppo nel primo anno successivo alla sua acquisizione da parte di tale società, cosicché la società capogruppo viene esclusa dall'esenzione dalla ritenuta alla fonte nel primo anno anche se in ultima analisi conserva la sua partecipazione oltre tale periodo.

(3) - Il n. 2 prevede che, in deroga al n. 1, gli Stati membri hanno la facoltà di sostituire, mediante accordo bilaterale, il criterio di partecipazione al capitale con quello dei diritti di voto, oppure di non applicare la direttiva alle loro società che non conservano, per un periodo ininterrotto di almeno due anni, una partecipazione che dia diritto alla qualità di società madre o alle società nelle quali una società di un altro Stato membro non conservi, per un periodo ininterrotto di almeno due anni, siffatta partecipazione.

(4) - V. il quinto `considerando' della direttiva.

(5) - Ha previsto una deroga per la Repubblica federale di Germania e per la Repubblica ellenica, consentendo loro, a determinate condizioni, di prelevare una ritenuta alla fonte dell'imposta sugli utili distribuiti, in ragione della peculiarità dei sistemi nazionali di imposizione sulle società in quei paesi.

(6) - La Epson ci comunica di possedere 38 246 azioni della Epson Portugal.

(7) - Allegato II al documento n. 6773/89 FISC 80, pag. 12.

(8) - Allegato II al documento n. 7384/90 FISC 61, pag. 6.

(9) - Documenti n. 7945/90, punto 10, pag. 3, n. 8026/90 PN/CONS 41 ed ECOFIN 46, del 27 luglio 1990, e documenti n. 9598/90 del 31 ottobre 1990 e n. 9738/90 PV/CONS/62 e DEVGEN 61, punto 2.

(10) - Ricordo che la Corte ha affermato che allo stato attuale del diritto comunitario la materia delle imposte dirette non rientra, in quanto tale, nella competenza della Comunità; v., in proposito, sentenza 14 febbraio 1995, causa C-273/93, Schumacker (Racc. pag. I-225, punto 21). V. anche sentenza 26 settembre 1996, causa C-287/94, Frederiksen (Racc. pag. I-4581, punti 20 e 21), relativa all'imposta sul reddito, la quale, in quanto imposta indiretta, non rientra nell'ambito di applicazione della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 249, pag. 25).

(11) - V. paragrafo 8 delle conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nelle cause riunite Denkavit, citate alla nota 2.

(12) - Primo `considerando' della direttiva 90/435.

(13) - Citata alla nota 2 (punto 22).

(14) - Ricorderò, nella fattispecie, che nella causa Denkavit e a., citata alla nota 2 (punto 27), è stato riaffermato il principio dell'interpretazione restrittiva delle disposizioni delle direttive che hanno negano agli aventi diritto i benefici previsti da disposizioni generali. Più precisamente è stato dichiarato che «la facoltà per gli Stati membri di prevedere un periodo minimo durante il quale la società capogruppo deve detenere una partecipazione nella consociata, costituendo una deroga al principio dell'esenzione dalla ritenuta alla fonte prevista dall'art. 5, n. 1, della direttiva, deve essere assoggettata ad interpretazione restrittiva. Essa non può quindi ricevere, a detrimento delle imprese beneficiarie, un'interpretazione che vada al di là dello stesso disposto letterale dell'art. 3, n. 2».

(15) - E' quanto affermato dalla Corte nella sentenza Denkavit, citata alla nota 2 (punto 26); in tale causa siffatte misure restrittive consistevano nel requisito che fosse compiuto il periodo minimo di partecipazione nell'anno di distribuzione degli utili per i quali veniva richiesto il beneficio fiscale.

(16) - La Corte ha affermato che la qualificazione di una determinata imposta nazionale come diretta o indiretta non può avere rilevanza decisiva. Così, nella sentenza 13 febbraio 1996, cause riunite C-197/94 e C-252/94, Bautiaa e Société française maritime (Racc. pag. I-505, punto 39), nella quale veniva chiesto alla Corte di interpretare talune disposizioni della direttiva 69/335, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, la Corte ha affermato che «la qualificazione di un'imposta, tassa, dazio o prelievo alla luce del diritto comunitario dev'essere compiuta dalla Corte sulla scorta delle caratteristiche oggettive dell'imposta, indipendentemente dalla qualificazione che le viene attribuita nel diritto nazionale». Tali nozioni sono indipendenti da quelle usate dal diritto nazionale. infatti, come del resto ho già sottolineato (v. paragrafo 60 delle mie conclusioni nella causa C-56/98, Modelo, decisa con sentenza 29 settembre 1999, Racc. pag. I-6427), esse hanno il loro proprio contenuto che non può essere definito in relazione ad analisi, distinzioni e costruzioni teoriche del diritto interno degli attuali quindici Stati membri.

(17) - V. art. 4, n. 1, secondo trattino, seconda frase, e artt. 5 e 6 della direttiva.

(18) - Attualmente, come già illustrato, tale aliquota è pari al 10%.

(19) - A tale conclusione giungono, ad esempio, Francisco de Sousa da Câmara, O regime fiscal comun aplicável às sociedades-mães e sociedades afiliadas de diferentes estados membros da Comunidade Europeia. Comentário à la Directiva 90/435/CEE, nella rivista Fisco, n. 43 e 44, giugno 1992 (pagg. 40-58), in particolare pagg. 51 e ss., e Alberto Xavier, Direito Tributário Internacional. Tributação das operaçoes internacionais, Coimbra, Almedina, 1993 (XXV e 584 pagg.), pag. 380.

(20) - Ricordo che si dovrà trattare di una società avente una delle forme giuridiche enumerate nell'allegato e con domicilio fiscale in tale Stato.

(21) - Art. 4, n. 1, primo trattino, della direttiva.

(22) - Art. 4, n. 1, secondo trattino, prima frase, e quarto `considerando', secondo trattino, della direttiva.

(23) - La Commissione sottolinea (punto 27 delle sue osservazioni scritte) che l'imposta forfettaria ha un'aliquota del 5% sul reddito dei titoli e non un'aliquota variabile, prevista dall'art. 41 del CIMSISD, che dipende dalla determinazione del valore dei trasferimenti effettuati.

(24) - Sia la Commissione che la Epson analizzano in modo particolareggiato il disaccordo a livello teorico che vi è nel diritto portoghese riguardo a tale imposta, sulla questione se sia un'imposta sul reddito o un'imposta sulle successioni e donazioni, dal momento che viene riscossa indipendentemente da un trasferimento fra vivi o mortis causa. Su tutta la questione v., ad esempio, F. de Sousa da Câmara, op. cit., pagg. 51 e ss., e A. Xavier, pagg. 378 e ss.. V. anche la severa critica al sistema vigente in Portogallo esposta da Ana Paula Dourado, «O princípio de Direito Comunitário da não-disriminacão na tributacãco sobre o rendimento em Portugal», relazione al 1_ Congresso internazionale sul diritto fiscale, tenuto all'Università Fernando Pessoa di Porto il 22 e 23 marzo 1997, pubblicata nella EC tax Review, 1997, n. 1, pagg. 10-17.

(25) - V. A. Xavier, op. cit., pag. 123, e F. de Sousa da Câmara, op. cit., pagg. 51 e ss..

(26) - Del resto, nella sentenza 2 dicembre 1997, causa C-188/95, Fantask e a. (Racc. pag. I-6783, punto 26), nella quale era stato chiesto alla Corte di interpretare alcune disposizioni della direttiva 69/335, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, la Corte ha affermato che «gli scopi della direttiva sarebbero rimessi in discussione qualora gli Stati membri avessero una qualsiasi facoltà di mantenere tributi che presentano le stesse caratteristiche dell'imposta sui conferimenti qualificando le stesse come diritti a carattere remunerativo. Ne consegue che l'interpretazione della nozione di cui è causa non può essere lasciata alla valutazione discrezionale di ciascuno Stato membro». V. anche la sentenza 15 luglio 1982, causa 270/81, Felicitas (Racc. pag. 2771, punto 14).

(27) - V. sentenza della Corte 17 ottobre 1996, Denkavit e a., già citata alla nota 2 (punto 22).

(28) - V. il primo `considerando' della direttiva.

(29) - V., ad esempio, le sentenze 13 febbraio 1996, Bautiaa (punto 51), e 17 ottobre 1996, Denkavit (punto 29), citate rispettivamente alle note 16 e 2, e le sentenze 26 febbraio 1991, causa C-292/89, Antonissen (Racc. pag. I-745, punto 18); 23 febbraio 1988, causa 429/85, Commissione/Italia (Racc. pag. 843, punto 9); 15 aprile 1986, causa 237/84, Commissione/Belgio (Racc. pag. 1247, punto 17); 30 gennaio 1985, causa 143/83, Commissione/Danimarca (Racc. pag. 427, punti 12 e 13), e 18 febbraio 1970, causa 38/69, Commissione/Italia (Racc. pag. 47, punto 12).

(30) - V. il paragrafo 43 delle mie conclusioni nella causa Bautiaa, citata alla nota 16. Ricordo che in quella causa era stato posto il problema se il governo francese potesse invocare una dichiarazione del Consiglio dalla quale risultava che era stato garantito, nonostante la formulazione del testo finale della direttiva 69/335, un regime speciale per l'imposta francese di registro sui conferimenti di capitali effettuati nell'ambito di operazioni di fusione, contestata nella fattispecie. La Corte ha considerato (punto 51) che il governo francese non era stato in grado di dimostrare l'eventuale iscrizione della dichiarazione cui esso si richiama nel verbale della seduta del Consiglio. Infatti la dichiarazione invocata dal governo francese non poteva essere ritenuta un elemento sufficiente a creare la ragionevole impressione che era stato garantito, nonostante la formulazione del testo finale della direttiva 69/335, un regime speciale per l'imposta in esame.