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61999C0177

Conclusioni dell'avvocato generale Cosmas del 23 marzo 2000. - Ampafrance SA contro Directeur des services fiscaux de Maine-et-Loire (C-177/99) e Sanofi Synthelabo contro Directeur des services fiscaux du Val-de-Marne (C-181/99). - Domande di pronuncia pregiudiziale: Tribunal administratif de Nantes e Tribunal administratif de Melun - Francia. - IVA - Detrazione dell'imposta - Esclusione del diritto alla detrazione - Spese di rappresentanza - Proporzionalità. - Cause riunite C-177/99 e C-181/99.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-07013


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1. Con le presenti questioni pregiudiziali, sottoposte alla Corte ai sensi dell'art. 234 CE dai Tribunaux administratifs di Nantes e di Melun (Francia), la Corte è invitata ad esaminare il problema della legittimità della decisione del Consiglio 28 luglio 1989, 89/487/CEE , che autorizza la Repubblica francese ad applicare una misura di deroga all'art. 17, paragrafo 6, secondo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (in prosieguo: la «sesta direttiva») .

II - Fatti e procedimento

A - In merito alla causa C-177/99

2. La società Ampafrance SA (in prosieguo: l'«Ampafrance») sostiene, nell'ambito della propria attività commerciale, varie spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli sia a favore dei propri dipendenti che di terzi. Ha quindi tentato di detrarre totalmente l'imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa a tale tipo di spese effettuate nel giugno 1993. L'amministrazione fiscale non ha approvato tale detrazione ed ha invocato l'art. 236 dell'allegato II del code général des impôts (in prosieguo: il «CGI»), che ha attuato nel diritto interno la decisione del Consiglio 89/487/CEE, in esame nel caso di specie. L'Ampafrance ha proposto ricorso dinanzi al Tribunal administratif di Nantes, al quale ha chiesto la restituzione della somma versata al fisco a titolo di IVA, per il fatto che non le era stata riconosciuta la possibilità di detrarre l'imposta relativa alle spese sopra menzionate, effettuate a favore dei propri dipendenti e di terzi.

3. Nella motivazione della sua ordinanza, il giudice a quo si esprime nei seguenti termini:

«Considerando che la soluzione della causa dipende da come si risponde al quesito relativo alla compatibilità della decisione del Consiglio delle Comunità europee 28 luglio 1989, che autorizza il governo francese a derogare al blocco istituito dalla sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, e ad estendere ai terzi le esclusioni di detrazione fiscale per le spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli, con gli obiettivi della sesta direttiva - e in particolare del suo art. 27 (...) - da una parte, e con il principio di proporzionalità tra l'obiettivo fiscale perseguito e i mezzi messi in atto, dall'altra; che soltanto la risposta a tale quesito, non facile da fornire, consentirà d'apprezzare la fondatezza delle argomentazioni della ricorrente; che occorre sospendere la trattazione della causa proposta dalla società Ampafrance, fino a che la Corte di giustizia delle Comunità europee non si sia pronunciata sulla questione pregiudiziale di cui sopra».

4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il giudice a quo ha deciso di sospendere il procedimento fino a che la Corte non si sia pronunciata sulla questione pregiudiziale di cui alla motivazione dell'ordinanza di rinvio.

B - In merito alla causa C-181/99

5. La società Sanofi Winthrop SA, divenuta, a seguito di fusioni, dapprima Sanofi, il 12 maggio 1998, e successivamente Sanofi Synthelabo, il 18 maggio 1999 (in prosieguo: la «Sanofi»), ha proposto ricorso dinanzi al giudice a quo nei confronti del Directeur des services fiscaux du Val-de-Marne per il seguente motivo: le competenti autorità fiscali non avevano approvato la detrazione dell'IVA, relativa alle spese per ricevimenti effettuate nel novembre e dicembre 1993 a favore di clienti e fornitori, operata dai laboratori Choay Clin Midy e Millot Solac, di cui la ricorrente ha assunto diritti ed obblighi. La soluzione della controversia richiede che si valuti la legittimità della citata decisione 89/487, sulla quale si fondano le vigenti norme dell'art. 236 dell'allegato II del CGI.

6. Il giudice a quo (Tribunal administratif di Melun), dopo aver deciso che «se il tribunale può accertare la validità di un atto adottato da una istituzione dell'Unione europea, esso non può tuttavia dichiararne l'invalidità; che occorre quindi, in conformità del Trattato che ha istituito la Comunità economica europea, sospendere la trattazione della causa (...) fino a che la Corte di giustizia delle Comunità europee non si sia pronunciata sulla validità, rispetto al principio di proporzionalità, della citata decisione del Consiglio delle Comunità europee 28 luglio 1989», ha sospeso il procedimento promosso dalla ricorrente per ottenere la restituzione delle imposte supplementari richieste e delle relative sanzioni, fino a quando la Corte di giustizia delle Comunità europee non si sia pronunciata sulla detta questione.

III - Contesto normativo delle due cause in esame

A - Le disposizioni pertinenti della sesta direttiva

7. L'art. 17 della sesta direttiva contiene le norme relative alla nascita ed all'estensione del diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto. Ai sensi del n. 2:

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore:

a) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo (...)».

8. L'art. 17, n. 6, della sesta direttiva costituisce una clausola di «standstill», prevedendo il mantenimento delle esclusioni nazionali dal diritto alla detrazione dell'IVA che erano applicabili anteriormente all'entrata in vigore della sesta direttiva, vale a dire anteriormente al 1° gennaio 1979:

«Al più tardi entro un termine di quattro anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il Consiglio, con decisione all'unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell'imposta sul valore aggiunto. Saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza.

Fino all'entrata in vigore delle norme di cui sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell'entrata in vigore della presente direttiva».

9. Tali disposizioni derivano dal fatto che il Consiglio non ha stabilito un elenco esauriente dei beni, dei servizi e, in generale, delle attività per cui debba essere esclusa la detrazione dell'IVA, in conformità delle disposizioni della sesta direttiva. Occorre ricordare che, nell'esposizione dei motivi che accompagnano la sua proposta di sesta direttiva del Consiglio , la Commissione fa osservare che talune spese, anche quando sono legate al normale funzionamento dell'impresa, sono altresì destinate al soddisfacimento di necessità personali. Pertanto, la ripartizione tra la parte «privata» e la parte «professionale» delle spese in esame non può essere oggetto di un reale controllo. Per tale motivo, la proposta riguardante l'art. 17, n. 6, della sesta direttiva afferma che il diritto alla detrazione IVA è escluso per le spese di alloggio, pasti, alimenti, bevande, trasporto di persone e trasporto per divertimenti, oltre che per le spese per divertimento e le spese suntuarie. Tale proposta non fu accettata e quindi la disposizione controversa della sesta direttiva, nella sua formulazione attuale, si limita a prevedere che il Consiglio disciplini la questione entro quattro anni e che, in via transitoria, siano mantenute le esclusioni previste dalle legislazioni nazionali grazie all'applicazione di una clausola di standstill.

10. Inoltre, nella sua proposta di dodicesima direttiva , datata 25 gennaio 1983, la Commissione ha formulato norme specifiche e dettagliate che vietavano la detrazione dell'imposta relativa alle spese per trasporto, alloggio, alimenti e bevande, oltre che alle spese per ricevimenti, divertimenti e suntuarie. Tale proposta fu ritirata in seguito ai continui disaccordi in seno al Consiglio e, da allora, non è stato possibile adottare norme comuni riguardanti le limitazioni da apportarsi al diritto alla detrazione dell'IVA. Recentemente, nell'ambito della proposta di direttiva presentata al Consiglio il 17 giugno 1998 , la Commissione ha suggerito di limitare al 50% la detrazione dell'IVA relativa alle spese per alloggio, alimenti e bevande, a motivo del carattere misto, al tempo stesso professionale e privato, delle spese in esame. Per contro, riguardo alle spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza, la Commissione ha ritenuto opportuno escludere la detrazione dell'IVA, visto che tali spese non presentano un carattere strettamente professionale.

11. Ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva:

«1. Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo dell'imposta da versare allo stadio del consumo finale.

2. Lo Stato membro che desidera introdurre misure di cui al paragrafo 1 ne riferisce alla Commissione fornendole tutti i dati atti alla valutazione.

3. La Commissione ne informa gli altri Stati membri entro un mese.

4. La decisione del Consiglio sarà ritenuta acquisita se, entro due mesi dall'informazione di cui al paragrafo 3, né la Commissione né uno Stato membro hanno chiesto che il caso sia esaminato dal Consiglio.

5. Gli Stati membri che il 1° gennaio 1977 applicano misure particolari del tipo di quelle di cui al paragrafo 1 possono mantenerle purché le notifichino alla Commissione anteriormente al 1° gennaio 1978 e purché tali misure siano conformi, se si tratta di misure destinate a semplificare la riscossione dell'imposta, al criterio definito al paragrafo 1».

B - Il diritto tributario nazionale

12. Gli artt. 7 e 11 del decreto n. 67-604 del 27 luglio 1967 erano formulati come segue:

Articolo 7: «L'imposta relativa alle spese sostenute per garantire l'alloggio o il soggiorno dei dirigenti e dei dipendenti delle imprese non è detraibile.

Tuttavia, tale esclusione non riguarda l'imposta relativa alle spese sostenute per assicurare, sui luoghi di lavoro, l'alloggio gratuito del personale dipendente addetto alla sicurezza o alla sorveglianza di un complesso industriale, commerciale o di un cantiere».

Articolo 11: «L'imposta relativa alle spese sostenute per soddisfare le necessità personali dei dirigenti e dei dipendenti delle imprese, e in particolare quella relativa alle spese per ricevimenti, ristoranti e spettacoli, non è detraibile.

Tuttavia, tale esclusione non riguarda le spese relative:

Ai beni che costituiscono immobilizzazioni e che sono destinati specificamente al generale soddisfacimento delle necessità dei dipendenti sugli stessi luoghi di lavoro;

Agli indumenti da lavoro o di protezione assegnati da una impresa ai propri dipendenti».

13. Successivamente all'entrata in vigore della sesta direttiva, vale a dire dopo il 1° gennaio 1979, è stato adottato il decreto n. 791163 del 29 dicembre 1979 . L'art. 25 di tale decreto ha sostituito l'art. 236 del CGI con il seguente testo:

«Non è detraibile l'imposta che grava sui beni o servizi utilizzati da terzi, dai dirigenti o dipendenti dell'impresa, quali l'alloggio o il soggiorno, le spese per ricevimenti, ristoranti, spettacoli o qualsiasi spesa collegata direttamente o indirettamente alle trasferte o al soggiorno.

Tuttavia, tale esclusione non riguarda gli indumenti da lavoro o di protezione, i locali e il materiale messo a disposizione dei dipendenti sui luoghi di lavoro, l'alloggio gratuito del personale addetto alla sicurezza o alla sorveglianza dei luoghi di lavoro».

14. Il Conseil d'État, nella sua sentenza 3 febbraio 1989, Alitalia, ha dichiarato che l'art. 25 del decreto del 1979 non era conforme al diritto comunitario, nella parte in cui escludeva il diritto alla detrazione dell'IVA per le spese riguardanti beni e servizi utilizzati da terzi; ha ritenuto che l'esclusione di cui trattasi non rientrasse nella clausola di standstill di cui all'art. 17, n. 6, della sesta direttiva e fosse, pertanto, incompatibile con detta direttiva.

15. Successivamente all'adozione della decisione del Consiglio 89/487, è stato promulgato il decreto n. 89885 del 14 dicembre 1989 , che ha riformulato l'art. 236 dell'allegato II del CGI, stabilendone l'attuale stesura:

«(...) A titolo temporaneo, l'IVA gravante sulle spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli è esclusa dal diritto a detrazione.

Tuttavia tale esclusione non si applica:

1° Alle spese sostenute da un soggetto passivo nell'esercizio di un'impresa che fornisce, a titolo oneroso, alloggio, pasti, alimenti o bevande;

2° Alle spese relative alla fornitura, a titolo gratuito, di un alloggio, in cantieri o in locali dell'impresa, alle persone addette alla sicurezza, alla custodia o alla sorveglianza;

3° Alle spese sostenute da un soggetto passivo a motivo della sua responsabilità contrattuale o legale nei confronti dei propri clienti».

C - La decisione del Consiglio 89/487/CEE, controversa nel caso di specie

16. A seguito della sentenza che ha abrogato l'art. 25 del decreto del 1979, le autorità francesi hanno domandato al Consiglio di approvare deroghe nazionali al sistema generale della sesta direttiva, in base all'art. 27 di quest'ultima. Hanno domandato, in particolare, di poter vietare la detrazione dell'IVA relativa alle spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli.

17. Nei considerando della decisione controversa, il Consiglio ha tenuto conto del fatto che «questa misura, intesa ad evitare le frodi e le evasioni fiscali, mira ad escludere dal diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), di cui sono gravate, le spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli».

18. Ai sensi dell'art. 1 della decisione 89/487:

«1. In deroga all'art. 17, paragrafo 6, secondo comma della sesta direttiva, la Repubblica francese è autorizzata, a titolo temporaneo e al massimo fino all'entrata in vigore della disposizioni comunitarie che determineranno il trattamento delle spese contemplate al primo comma di detto paragrafo, ad escludere dal diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto, di cui sono gravate, le spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli.

2. L'esclusione di cui al paragrafo 1 non si applica:

- alle spese sostenute da un soggetto passivo nell'esercizio di un'impresa che fornisce, a titolo oneroso, alloggio, pasti, alimenti o bevande;

- alle spese relative alla fornitura, a titolo gratuito, di un alloggio, in cantieri o in locali dell'impresa, alle persone addette alla sicurezza, alla custodia o alla sorveglianza;

- alle spese sostenute da un soggetto passivo a motivo della sua responsabilità contrattuale o legale nei confronti dei propri clienti».

IV - La giurisprudenza della Corte

19. Prima di esaminare i diversi elementi per la soluzione delle questioni pregiudiziali sollevate, è opportuno ricordare i principi fondamentali dell'interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte agli artt. 17 e 27 della sesta direttiva.

A - Riguardo all'art. 17 della sesta direttiva

20. La Corte ha, anzitutto, badato ad indicare chiaramente che il diritto alla detrazione dell'IVA relativa a beni o servizi impiegati per la realizzazione di operazioni soggette ad imposta, entro i confini di cui all'art. 17 della sesta direttiva, costituisce uno dei fondamenti del sistema fiscale comunitario, poiché collegato direttamente ai principi fondamentali di neutralità dell'imposta e di eguaglianza del trattamento fiscale.

21. In particolare, nella sentenza Commissione/Francia (causa 50/87) , la Corte ha dichiarato che «dalle suddette caratteristiche dell'imposta sul valore aggiunto si può desumere (...) che il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l'imprenditore dall'IVA dovuta o pagata nell'ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune di imposta sul valore aggiunto garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell'imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano di per sé soggette all'IVA» . Di conseguenza, «in mancanza di norme che consentano agli Stati membri di limitare il diritto a detrazione di cui sono titolari i soggetti passivi, detto diritto va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte» . In altre parole, la Corte attribuisce un'importanza particolare al carattere integrale ed immediato della detrazione dell'IVA di cui all'art. 17 della sesta direttiva .

22. E' utile fare riferimento, su tale punto, alla sentenza Intiem , che ha precisato che il meccanismo della detrazione dell'IVA disposto dalla sesta direttiva deve applicarsi «in modo tale che il suo campo di applicazione corrisponda, per quanto possibile, alla sfera delle attività professionali del contribuente» . Basandosi su tale premessa, la Corte ha ritenuto che non poteva escludersi il diritto alla detrazione dell'IVA pagata su beni che, sebbene venduti al soggetto passivo per essere utilizzati esclusivamente nell'ambito delle sue attività professionali, erano stati materialmente consegnati ai suoi dipendenti .

23. La Corte ha avuto modo di confermare tale giurisprudenza nella sentenza BP Soupergaz . Essa ha ribadito, anzitutto, che, «in base al principio fondamentale inerente al sistema dell'IVA e risultante dagli artt. 2 della prima e sesta direttiva, l'IVA si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta l'imposta gravante direttamente sulle operazioni effettuate a monte» . In merito al diritto alla detrazione di cui agli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva, la Corte ha affermato che tale diritto «costituisce parte integrante del meccanismo dell'IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. Secondo costante giurisprudenza della Corte (...) il detto diritto va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte. Qualsiasi limitazione del diritto alla detrazione incide sul livello dell'imposizione fiscale e deve applicarsi in modo analogo in tutti gli Stati membri. Conseguentemente, sono consentite deroghe nei soli casi espressamente contemplati dalla direttiva» .

24. La clausola di standstill contenuta nell'art. 17, n. 6, della sesta direttiva è considerata una siffatta deroga alla norma generale della detrazione. Tuttavia, in due recenti sentenze, la Corte ha evitato di interpretare in senso stretto tale deroga e ha quindi riconosciuto un'ampia discrezionalità agli Stati membri.

25. In particolare, nella causa Commissione/Francia (causa C-43/96) , si è posta la questione se l'esclusione nazionale, di cui si è trattato sopra, dal diritto alla detrazione dovesse limitarsi alle spese non aventi carattere strettamente professionale, vale a dire quelle sostenute dal soggetto passivo per beni e servizi non assolutamente indispensabili all'esercizio della sua professione. La Corte non ha aderito a tale rigida interpretazione, sostenuta dalla Commissione. Essa ha dichiarato che la disposizione di cui trattasi della sesta direttiva «autorizza gli Stati membri a mantenere in vigore norme nazionali che escludono il diritto alla detrazione dell'IVA inerente ai mezzi di trasporto che costituiscono lo strumento stesso dell'attività del soggetto passivo» .

26. La Corte ha seguito lo stesso ragionamento nella causa Royscot e a. , che riguardava, come la citata causa Commissione/Francia (C-43/96), la compatibilità con il diritto comunitario di deroghe nazionali che vietavano la detrazione dell'IVA nell'acquisto di autovetture. La Corte ha dichiarato che emergeva dal chiaro ed univoco tenore della clausola di standstill controversa «che essa autorizzava gli Stati membri ad escludere il diritto alla detrazione anche per le spese aventi natura strettamente professionale (...)» . Pertanto, la discrezionalità riconosciuta agli Stati membri è particolarmente ampia; il solo limite posto alle autorità nazionali consiste nel fatto che esse non possono «escludere tutti o quasi tutti i beni e servizi dal diritto alla detrazione (...)» .

27. Anche un altro aspetto della sentenza qui esaminata è importante. La Commissione ha affermato che uno Stato membro poteva perdere il diritto di mantenere le esclusioni dal diritto alla detrazione, basate sulla clausola di standstill dell'art. 17 della sesta direttiva, se avesse modificato successivamente il suo diritto interno in modo da rendere inapplicabile la clausola di cui trattasi . La Corte non si è pronunciata espressamente su tale affermazione; dal suo comportamento si può desumere, a contrario, che essa abbia ritenuto che, nell'ambito del contenzioso dinanzi a lei pendente, le modifiche controverse del diritto nazionale non avessero pregiudicato la clausola di standstill, oppure che le modifiche delle norme nazionali successive alla clausola non giustifichino la perdita, da parte degli Stati membri, dei diritti derivanti da tale clausola. In ogni caso, il problema delle conseguenze che derivano dalle modifiche successive del diritto interno, in relazione alla clausola di standstill, non è stato trattato esaurientemente dalla Corte .

28. Per comprendere l'attitudine adottata dalla Corte in merito all'interpretazione dell'art. 17, n. 6, della sesta direttiva, è indispensabile tener conto dell'impossibilità da parte degli Stati membri e delle istituzioni comunitarie di accordarsi sulle spese che non danno diritto alla detrazione dell'IVA . Le difficoltà sorte durante l'elaborazione delle disposizioni controverse della sesta direttiva e la prolungata carenza del Consiglio, che, anche dopo la scadenza del termine di quattro anni disposto da tale direttiva , non ha adottato misure in materia, sono state ricordate sia dalla Corte e dall'avvocato generale nella causa Commissione/Francia sia dall'avvocato generale nella causa Roycot . Dato che il legislatore comunitario, competente in materia, non è giunto a formulare le norme appropriate, che avrebbero consentito l'abrogazione della clausola di standstill di cui all'art. 17 della sesta direttiva, non spetta alla Corte sostituirsi ad esso, proponendo un'interpretazione restrittiva di tale clausola.

B - Riguardo all'art. 27 della sesta direttiva

29. Riguardo all'art. 27 della sesta direttiva, che prevede che il Consiglio possa autorizzare ogni Stato membro ad introdurre particolari misure nazionali di deroga alla direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali, la giurisprudenza della Corte è fino ad oggi la seguente.

30. Anzitutto, la sentenza Commissione/Belgio (causa 324/82) ha mostrato chiaramente che la possibilità data alle autorità nazionali di mantenere una diversa normativa o di introdurne una nuova autorizza solo le deroghe necessarie al conseguimento degli obiettivi, espressamente indicati, dell'art. 27, vale a dire la semplificazione della riscossione dell'imposta e la prevenzione delle frodi e delle evasioni fiscali. In tale sentenza la Corte ha dichiarato che, poiché il Belgio non aveva dimostrato che le misure nazionali controverse riguardanti l'imposizione fiscale delle autovetture erano necessarie per far fronte al rischio di frode o di evasione fiscale, esso era venuto meno agli obblighi che gli incombevano in forza del diritto comunitario.

31. Successivamente, nella sentenza Direct Cosmetics I , la Corte ha sottolineato il carattere eccezionale delle deroghe di cui all'art. 27 della direttiva. Una legislazione nazionale che si allontani dalle norme della sesta direttiva, in conformità dell'art. 27, n. 5, di quest'ultima, non può essere oggetto di un'interpretazione lata. Le modifiche successive di tale legislazione, che estendono il campo di applicazione delle norme nazionali di deroga alla sesta direttiva, sono conformi al diritto comunitario solo se approvate dal Consiglio in conformità dell'art. 27, n. 2, della sesta direttiva.

32. Nella sentenza Direct Cosmetics II e Laughtons Photographs , la Corte era invitata a controllare la legittimità di una decisione del Consiglio che autorizzava l'adozione di particolari misure nazionali di deroga alla sesta direttiva. La Corte ha esaminato la legittimità della decisione di approvazione del Consiglio rispetto ai criteri di cui all'art. 27 della sesta direttiva, al principio di proporzionalità e ai principi fondamentali di tale direttiva. Dopo aver ritenuto che la comunicazione inviata dallo Stato membro interessato alla Commissione, come prevista dall'art. 27, n. 2, della sesta direttiva, facesse «adeguato» richiamo alle esigenze alle quali doveva rispondere il provvedimento richiesto e contenesse i dati essenziali per identificare lo scopo perseguito , la Corte ha infine stabilito che le misure approvate dalla decisione del Consiglio non erano sproporzionate rispetto allo scopo perseguito , tenuto conto, però, della «latitudine» che le misure in esame attribuivano alle autorità fiscali competenti «per valersi di detto provvedimento nei casi in cui la sua applicazione apparisse opportuna» .

33. Tale giurisprudenza è anche alla base della sentenza BP Soupergaz , secondo cui le deroghe nazionali alla sesta direttiva «sono conformi al diritto comunitario sempreché, da un lato, restino nell'ambito degli scopi contemplati dall'art. 27, n. 1, e, dall'altro, siano state notificate alla Commissione e autorizzate dal Consiglio, tacitamente o espressamente, secondo le modalità precisate nei nn. 1-4 dell'articolo medesimo» .

34. Infine, nella causa Skripalle , la Corte era invitata a definire l'ambito d'applicazione dell'autorizzazione accordata dal Consiglio alla Repubblica Federale di Germania, ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva, in vista dell'adozione di una particolare misura di deroga alle disposizioni di tale direttiva, riguardante l'imposizione fiscale delle prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso tra congiunti o parenti. Nella sua sentenza, la Corte afferma che «le misure nazionali di deroga che sono idonee alla prevenzione delle frodi o delle evasioni fiscali devono essere interpretate in senso stretto» e non possono derogare alle norme generali della sesta direttiva «se non nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale obiettivo» . Esaminando in che misura tali condizioni fossero soddisfatte nel caso di specie, la Corte, pur ammettendo che potesse esistere un rischio di frode o di evasione fiscale tra componenti di una stessa famiglia o tra congiunti, ha affermato che un rischio del genere non esiste «quando da dati oggettivi risulta che il contribuente ha agito correttamente» . Per tale motivo, la Corte ha definito in modo restrittivo l'ambito d'applicazione dell'autorizzazione concessa dal Consiglio alla Repubblica federale di Germania.

35. Dalla giurisprudenza innanzi esaminata emerge che la Corte ha tracciato le seguenti direttive in merito alla questione controversa. La detrazione dell'IVA relativa a beni e servizi utilizzati in una fase intermedia, che precede la realizzazione di altre operazioni soggette all'imposta, nell'ambito di cui all'art. 17 della sesta direttiva, è un elemento importante del regime comunitario dell'IVA, collegato direttamente al principio fondamentale di neutralità dell'imposta. Pertanto, le deroghe a tale norma generale, che derivano in particolare dalla possibilità, di cui all'art. 27 della sesta direttiva, di introdurre nuove deroghe al sistema generale di tale direttiva, devono, in linea di principio, essere interpretate restrittivamente. Tuttavia, le possibilità di deroga riconosciute agli Stati membri, derivanti dalla facoltà loro attribuita, in applicazione della clausola di standstill di cui all'art. 17, n. 6, della sesta direttiva, di mantenere le esclusioni della detrazione dell'IVA previste anteriormente all'entrata in vigore della direttiva sono, secondo la giurisprudenza attualmente esistente, particolarmente ampie, in quanto riguardano qualsiasi spesa, a prescindere dal suo carattere professionale o no: il solo limite posto a tale facoltà degli Stati membri di escludere la detrazione dell'IVA riguarda il caso estremo in cui uno Stato membro finisca per escludere quasi tutti i beni e servizi dal sistema del diritto alla detrazione.

V - Riguardo all'oggetto della decisione del Consiglio 89/487

36. Prima di esaminare la legittimità della decisione controversa, è indispensabile determinarne l'oggetto preciso. Secondo l'Ampafrance, la deroga concessa dal Consiglio alla Repubblica francese riguarda l'insieme delle spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli, a prescindere dalla qualità della persona a favore della quale il soggetto passivo sostiene tali spese. Per contro, il governo francese ritiene che, tenuto conto del contesto in cui si inserisce la decisione controversa nell'ordinamento giuridico interno, essa può riguardare solo l'esclusione dal diritto alla detrazione IVA relativa alle spese effettuate a favore di terzi rispetto all'impresa interessata. La Commissione sembra aderire a tale tesi. La Sanofi e il Consiglio non affrontano tale problema nelle loro osservazioni.

A - Gli argomenti delle parti

37. L'Ampafrance espone, anzitutto, il suo punto di vista riguardante il diritto tributario applicabile in Francia. Essa considera che il regime iniziale, introdotto con il citato decreto del 1967, escludeva dal diritto alla detrazione dell'IVA le sole spese effettuate per soddisfare le necessità personali dei dirigenti e dei dipendenti delle imprese. Il decreto del 1979 ha esteso l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA a tutte le spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli, senza distinguere se esse fossero a favore di dirigenti e dipendenti dell'impresa o di terzi. Inoltre, il decreto del 1979 non effettua alcuna distinzione tra le spese a seconda che abbiano carattere professionale o no. L'Ampafrance evidenzia anche che, nella sua sentenza 3 febbraio 1989, Alitalia, il Conseil d'État ha ritenuto incompatibile con il diritto comunitario l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese controverse, effettuate da un soggetto passivo a favore di terzi. L'Ampafrance deduce dalla giurisprudenza del Conseil d'État anteriore alla sentenza Alitalia che l'IVA relativa a tali spese poteva essere detratta, ai sensi del decreto del 1967, se veniva dimostrato il loro carattere professionale. Dalla giurisprudenza del Conseil d'État, l'Ampafrance trae la conclusione che non si è mai contestata la possibilità da parte dei soggetti passivi di detrarre l'IVA relativa alle spese strettamente collegate alla loro attività professionale. A suo parere, per tale motivo le autorità francesi hanno intrapreso il procedimento di cui all'art. 27 della sesta direttiva, per far sì che il Consiglio permettesse loro di escludere dal diritto alla detrazione dell'IVA qualsiasi spesa per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli, che avesse o meno carattere professionale.

38. L'Ampafrance fa valere l'interpretazione sopra descritta, ch'essa propone in relazione al regime fiscale vigente in Francia a partire dal 1967, a sostegno della tesi secondo cui la decisione 89/487, controversa nel caso di specie, riguarderebbe la categoria delle spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli nel loro complesso e non solo le spese che le imprese sostengono a favore di terzi. L'Ampafrance afferma che la clausola di standstill di cui all'art. 17 della sesta direttiva, nei limiti in cui ha mantenuto in vigore il decreto del 1967, ha consentito alla Francia di escludere dal diritto alla detrazione dell'IVA le sole spese effettuate per soddisfare le necessità personali dei dirigenti e dei dipendenti dell'impresa. Il fatto che, nella citata sentenza Alitalia, il Conseil d'État abbia contestato la compatibilità con il diritto comunitario delle sole norme del decreto del 1979 che riguardano le spese effettuate a favore di terzi non può interpretarsi - secondo l'Ampafrance - come un'indicazione che l'esclusione generale dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese effettuate a favore dei dipendenti dell'impresa interessata, come prevista dal decreto del 1979 e applicata fino ad oggi, rientri nella clausola di standstill dell'art. 17 della sesta direttiva e sia quindi conforme al diritto comunitario. In ogni caso, l'Ampafrance ritiene che il decreto del 1979 abbia abrogato quello del 1967; pertanto, la Repubblica francese avrebbe perso la possibilità di far valere la clausola di standstill nel momento in cui ha iniziato la procedura prevista all'art. 27 della sesta direttiva. Secondo l'Ampafrance, ne risulta logicamente che l'autorizzazione concessa dal Consiglio nella decisione 89/487 poteva riguardare solo le spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli nel loro complesso.

39. La Sanofi ha adottato la stessa tesi in udienza. Ha sostenuto che la decisione di cui trattasi verteva su tutte le spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli, a prescindere dalla qualità della persona a favore della quale queste venivano effettuate.

40. Per contro, il governo francese ritiene che l'oggetto della decisione controversa del Consiglio sia palesemente più limitato di quello descritto dalle ricorrenti nella causa a qua. Esso invoca, in tal senso, la sentenza Alitalia del Conseil d'État, da cui deduce a contrario che l'esclusione generale dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese di alloggio ecc., sostenute a favore dei dirigenti e dipendenti delle imprese interessate - esclusione già introdotta con il decreto del 1967 - rientrava nella clausola di standstill dell'art. 17, n. 6, della sesta direttiva e non era, quindi, incompatibile con il diritto comunitario. Successivamente alla sentenza Alitalia e per far fronte allo specifico problema posto dal trattamento fiscale delle spese sostenute dalle imprese a favore di terzi, la Repubblica francese ha deciso di applicare la possibilità data dall'art. 27, n. 1, della sesta direttiva, sottoponendo una domanda in tal senso alla Commissione. Di conseguenza, sempre secondo il governo francese, tenuto conto dell'ambito in cui tale domanda è stata presentata alle istituzioni comunitarie, la decisione 89/487 limita l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli ai soli casi in cui tali spese siano effettuate dalle imprese interessate a favore di terzi.

41. A tale proposito, la Commissione precisa che la deroga alle norme generali della sesta direttiva introdotta dalla decisione 89/487, controversa nel caso di specie, riguarda il n. 2 dell'art. 17 della sesta direttiva e non il n. 6 dello stesso articolo, come viene indicato, inavvertitamente, nella decisione in questione. Secondo la Commissione, la domanda presentata dalle autorità francesi si collocava nell'ambito dell'art. 17, n. 2, della sesta direttiva e riguardava la modifica della legislazione nazionale esistente nel senso di una estensione dell'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA, solo nel caso di spese effettuate a favore di terzi dalle imprese interessate. La Commissione afferma che tale interpretazione restrittiva della decisione 89/487 si basa inoltre sulla citata sentenza Alitalia del Conseil d'État, ove quest'ultimo ha ritenuto che l'estensione del regime nazionale di esclusioni dal diritto alla detrazione IVA fosse incompatibile con il diritto comunitario solo nella parte in cui riguardava la specifica categoria delle spese effettuate a favore di terzi.

42. Nel corso della trattazione orale, le parti hanno attribuito particolare importanza all'individuazione delle norme della sesta direttiva alle quali la Repubblica francese ha domandato di poter derogare, il che le è stato concesso con la decisione del Consiglio in esame. La Commissione ha ribadito la propria tesi secondo cui si trattava del n. 2 dell'art. 17 e non del n. 6, come indicato, inavvertitamente, nel testo della decisione. Il governo francese e il Consiglio hanno ritenuto che la deroga in esame fosse perfettamente legittima e, in ogni caso, riguardasse tanto il n. 2 che il n. 6 dell'art. 17 della sesta direttiva. Le ricorrenti nel processo a quo hanno sottolineato che, se il testo della decisione menziona l'art. 17, n. 6, della sesta direttiva, la Commissione non può ritenere che si tratti di una semplice inavvertenza. Nella parte in cui essa ha autorizzato l'introduzione di deroghe all'art. 17, n. 6, la decisione in esame è invalida.

B - La mia opinione sui problemi sopra esposti

a) In merito alle norme della sesta direttiva a cui la decisione in esame ha autorizzato la deroga

43. Analizzerò anzitutto il problema se la decisione controversa riguardasse le disposizioni del n. 6 dell'art. 17 della sesta direttiva e/o quelle del n. 2 del medesimo articolo. Ritengo che la prima di tali tesi non possa essere accolta. Ci si può, innanzi tutto, chiedere in che cosa consista l'introduzione di deroghe alla clausola di standstill dell'art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva. Una spiegazione plausibile è quella di affermare che la decisione in esame ha autorizzato la Repubblica francese ad estendere l'ambito d'applicazione della clausola di standstill di cui trattasi introducendo esclusioni dal diritto alla detrazione dell'IVA che vanno oltre quelle previste dalla legislazione nazionale all'epoca dell'entrata in vigore della sesta direttiva. In tale caso, tuttavia, non si tratterebbe di una estensione dell'oggetto della clausola di standstill, visto che il problema che si pone in Francia non è quello del mantenimento di una legislazione preesistente, ma dell'introduzione di norme nazionali nuove, incompatibili con il dettato della sesta direttiva. Tali norme nazionali non contravvengono alla clausola di standstill dell'art. 17, n. 6, della sesta direttiva; esse semplicemente non rientrano nella clausola in questione. Esse sono, tuttavia, contrarie alle disposizioni dell'art. 17, n. 2, e per tale motivo è indispensabile rivolgere al Consiglio la domanda di autorizzazione di cui all'art. 27. Quindi, è contro la logica della sesta direttiva valersi del suo art. 27 per giustificare l'introduzione di deroghe nazionali alla clausola di standstill. L'art. 27 attribuisce agli Stati membri la possibilità di derogare alle disposizioni della sesta direttiva adottando nuove misure e non mantenendo le disposizioni in vigore anteriormente all'adozione di tale direttiva. Queste ultime sono, ad ogni modo, ricomprese nella clausola di standstill di cui all'art. 17, n. 6, sicché non è necessario che vengano approvate dal Consiglio in conformità della procedura di cui all'art. 27 della sesta direttiva. Pertanto, il riferimento all'art. 17, n. 6, fatto dalla decisione del Consiglio di cui trattasi è palesemente erroneo e giustamente la Commissione afferma che le esclusioni dal diritto alla detrazione dell'IVA proposte dalla Repubblica francese rientravano necessariamente nel n. 2 di detto articolo.

44. Si pone, dunque, il problema se tale riferimento erroneo al n. 6, invece che al n. 2, dell'art. 17, possa inficiare la validità della decisione in esame, come sostengono le ricorrenti nel processo a quo, o se ciò costituisca un vizio della decisione a cui è possibile porre rimedio, come afferma la Commissione. In realtà, durante tutto il procedimento di elaborazione della decisione, il governo francese, nella sua domanda formulata ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva, la Commissione nella proposta presentata al Consiglio [COM(89) 346 def., del 10 luglio 1989] e il Consiglio nella sua decisione, sembrano aver commesso un errore di diritto sulle norme della sesta direttiva cui si domandava di poter derogare. La domanda della Repubblica francese riguarda l'art. 17, n. 6; la proposta della Commissione e la decisione del Consiglio menzionano la medesima norma. Si potrebbe quindi ritenere illegittima la decisione, essendo erroneo il suo oggetto giuridico.

45. Ritengo, tuttavia, tale soluzione eccessivamente rigorosa. Non penso che il fatto che le parti, le quali hanno collaborato all'adozione dell'atto comunitario di cui trattasi, abbiano definito erroneamente l'ambito giuridico applicabile sia sufficiente a giustificare la condanna automatica ed irrevocabile dello stesso. Per contro, è opportuno verificare in quale misura siano state rispettate le norme comunitarie nel caso di specie, a prescindere dal fatto che il riferimento ad esse effettuato nell'ambito della decisione fosse corretto o no. In particolare, il problema fondamentale da risolvere è se la Repubblica francese potesse utilizzare la via legale dell'art. 27 della sesta direttiva per introdurre delle norme nazionali incompatibili con quelle della sesta direttiva, nonostante tale Stato membro e le istituzioni comunitarie che hanno concesso l'autorizzazione abbiano creduto erroneamente che tali disposizioni nazionali fossero contrarie al n. 6 dell'art. 17 della sesta direttiva anziché al n. 2 del medesimo articolo. E' sufficiente precisare che le esclusioni dal diritto alla detrazione dell'IVA che la Repubblica francese ha sottoposto all'approvazione del Consiglio non erano sicuramente incompatibili con il n. 6 dell'art. 17 della sesta direttiva, bensì con il n. 2 del medesimo articolo.

b) In merito alla portata dell'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA autorizzata dalla decisione in esame

46. Resta da stabilire se l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli, autorizzata dalla decisione del Consiglio di cui trattasi, riguardi l'insieme di tali spese a prescindere dalla qualità delle persone a favore delle quali sono state effettuate o riguardi solo le spese effettuate a favore di terzi. Adotterò come punto di partenza di tale analisi la lettera con la quale la Repubblica francese ha domandato l'applicazione dell'art. 27 della sesta direttiva al fine di introdurre norme nazionali di deroga alle disposizioni generali della sesta direttiva. Sia il governo francese che la Commissione fanno riferimento a tale lettera e ritengono risulti indirettamente dalla stessa che la domanda di autorizzazione inviata dalla Repubblica francese al Consiglio riguardava le sole spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli sostenute a favore di terzi.

47. Ritengo che il ragionamento delle autorità francesi, come formulato nella lettera inviata il 13 aprile 1989 alla Commissione, comporti una contraddizione fondamentale. Da una parte, esso sottintende che, nel diritto interno, l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA per le spese controverse dei dipendenti e dei dirigenti dell'impresa sia basata sul citato decreto del 1967, il quale è in via di principio ricompreso nella clausola di standstill dell'art. 17, n. 6, della sesta direttiva; per contro, l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA per le spese di tal natura effettuate dalle imprese a favore di terzi, soprattutto dopo la sentenza Alitalia del Conseil d'État, non sembra trovare un fondamento giuridico nella normativa nazionale anteriore alla sesta direttiva. Dall'altra, la domanda della Repubblica francese volta ad ottenere l'autorizzazione di deroga alle norme della sesta direttiva ai sensi dell'art. 27 è formulata in maniera da riguardare l'insieme delle spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli, effettuate a favore sia dei dirigenti e dei dipendenti delle imprese che di terzi. In breve, dal tenore della citata lettera, inviata dalla Repubblica francese alla Commissione, emerge che, mentre la Repubblica francese sembra ritenere che l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA, almeno per le spese dei dirigenti e dei dipendenti delle imprese, sia ricompresa nella clausola di standstill, essa sollecita, tuttavia, l'applicazione dell'art. 27 per l'insieme della normativa nazionale riguardante l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese per alloggio, ristorante, ecc., senza fare distinzione tra i dirigenti e i dipendenti, da una parte, e i terzi, dall'altra.

48. Per quanto concerne la decisione 89/487 medesima, occorre osservare che viene chiaramente stabilito il suo ambito d'applicazione. Essa esclude dal diritto alla detrazione dell'IVA l'insieme delle spese «per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli», a prescindere dalla qualità della persona a favore della quale l'impresa le ha sostenute. In altri termini, il legislatore comunitario consente che, per quanto attiene alle spese controverse, si possa derogare, in generale, a quanto generalmente ammesso dall'art. 17 della sesta direttiva.

49. Si pone il problema di sapere in che misura - come sostiene la Repubblica francese, oltre alla Commissione, seppur indirettamente - la decisione del Consiglio in esame, correttamente interpretata, riguardi soltanto i casi di esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese effettuate a favore di terzi e non anche a favore dei dipendenti o dei dirigenti dell'impresa, tenuto conto che quest'ultima categoria di spese è già disciplinata da norme nazionali ricomprese nella clausola di standstill di cui all'art. 17, n. 6, della sesta direttiva. Non posso allinearmi a tale soluzione. Essa equivale a riconoscere la possibilità di interpretare il contenuto di un atto comunitario alla luce del diritto nazionale, e, per di più, in modo contrario al tenore letterale di tale atto. Infatti, la stesura della decisione 89/487 non lascia alcun dubbio sulla sua portata sostanziale; essa attribuisce alla Repubblica francese la possibilità di escludere dal diritto alla detrazione dell'IVA le spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli nel loro insieme, prescindendo dalla qualità delle persone a favore delle quali sono state effettuate e prescindendo dal loro collegamento, più o meno stretto, con l'attività professionale del soggetto passivo. La tesi secondo cui la decisione in esame, nonostante la sua chiarezza, non si applicherebbe a tutti i casi descritti dalle sue disposizioni ma solo a taluni di essi, in considerazione della normativa nazionale anteriormente in vigore, lede, per prima cosa, i fondamenti stessi dell'ordinamento giuridico comunitario, poiché subordina l'interpretazione di una norma comunitaria ai dati e alle particolarità del diritto nazionale. E' anche incompatibile con il principio fondamentale della certezza del diritto, in quanto consente di interpretare una norma in senso contrario al suo tenore letterale, inducendo in errore i soggetti di diritto circa il suo ambito di applicazione. In ogni caso, in forza del principio generale del diritto «nemo auditur propriam turpitudinem allegans», la Repubblica francese non può sollecitare un'interpretazione contra legem della decisione 89/487.

50. Infine, occorre segnalare che la situazione nel diritto interno francese, fatta valere dalla Repubblica francese, non è affatto chiara. La citata sentenza Alitalia del Conseil d'État fornisce semplicemente delle indicazioni - confutabili - secondo le quali l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese controverse, effettuate a favore dei dipendenti e dei dirigenti di un'impresa, esclusione prevista dal decreto del 1979, rientrava nella clausola di standstill, attraverso il decreto anteriore del 1967. Inoltre, non si capisce chiaramente se il passo della decisione 89/487 che autorizza l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA per le «spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli» abbia un contenuto sostanziale identico a quello degli artt. 7 e 11 del decreto del 1967, ai sensi dei quali, da una parte, «l'imposta relativa alle spese effettuate par garantire l'alloggio o il soggiorno dei dirigenti e dei dipendenti dell'impresa non è detraibile» e, dall'altra, «l'imposta relativa alle spese effettuate per soddisfare le necessità personali dei dirigenti e dei dipendenti delle imprese, e in particolare quella relativa alle spese per ricevimenti, ristoranti e spettacoli, non è detraibile». Tralasciando la diversa formulazione letterale, si pone il problema di sapere in quale misura le norme controverse del decreto del 1967 vietino la detrazione dell'IVA relativa alle spese di cui trattasi quand'anche abbiano un carattere strettamente professionale . Nel caso in cui questo non sia ammesso , cioè se la detrazione dell'IVA relativa alle spese professionali sia ritenuta possibile, anche alla luce del decreto del 1967, il campo d'applicazione di quest'ultimo sarebbe più esiguo di quello della decisione 89/487, poiché non esclude, in generale, il diritto alla detrazione dell'IVA relativa a tali spese. La questione della portata della normativa nazionale e, più in particolare, del decreto del 1967 non rientra naturalmente nella competenza della Corte, bensì in quella del giudice nazionale. Tuttavia - per ritornare alla premessa su cui ho basato il mio ragionamento - sarebbe incompatibile con l'essenza stessa del diritto comunitario attribuire al giudice nazionale una competenza che gli consenta di determinare il contenuto di un atto comunitario attraverso l'interpretazione della sua normativa interna.

51. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo non sia corretto tentare di ricostruire il significato della decisione 89/487 tramite il diritto francese e di riformulare il contenuto di tale decisione facendole affermare che essa autorizza la Repubblica francese ad escludere talune spese dal diritto alla detrazione dell'IVA, nei soli casi in cui tali spese siano effettuate a favore di terzi all'impresa interessata e non quando queste riguardino i suoi dirigenti e dipendenti. Ritengo quindi che la decisione controversa riguardi le due citate categorie di spese, come indica chiaramente il suo tenore letterale. La questione della determinazione del regime fiscale applicabile in Francia, se la decisione 89/487 dovesse infine essere ritenuta incompatibile con il diritto comunitario, è un problema diverso. Tornerò su tale questione - nei limiti in cui riguarda l'applicazione della sesta direttiva - solo se, dopo aver verificato la legittimità della decisione del Consiglio qui esaminata, ne avrò contestata la validità.

VI - Riguardo alla legittimità della decisione 89/487

A - Argomenti delle parti

a) L'Ampafrance

52. L'Ampafrance afferma che la decisione controversa è contraria agli obiettivi dell'art. 27, n. 1, della sesta direttiva, da una parte, e non è conforme al principio di proporzionalità, dall'altra.

53. Riguardo agli obiettivi dell'art. 27, essi consistono unicamente nella semplificazione della riscossione dell'imposta e nella lotta a talune frodi o evasioni fiscali. Nella sua domanda, il governo francese ha fatto riferimento al secondo di tali obiettivi, cioé ha dichiarato di voler combattere talune frodi o evasioni fiscali. Da parte sua, il Consiglio, in conformità di una costante giurisprudenza della Corte , non può autorizzare l'introduzione di misure di deroga nazionali volte a realizzare obiettivi diversi da quelli elencati tassativamente nella disposizione controversa della sesta direttiva. Tuttavia, secondo l'Ampafrance, l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA di cui trattasi non si basa sulla volontà di sanzionare talune frodi o evasioni fiscali, bensì sulla «presunzione» di un rischio di frode o di evasione fiscale derivante dal carattere «misto» (privato e professionale) delle spese interessate. Pertanto, le autorità francesi non miravano a combattere i rischi elencati tassativamente dalla sesta direttiva, ma ad attuare un meccanismo che permettesse loro di evitare l'accertamento del carattere professionale o meno di talune spese. L'Ampafrance evidenzia, del resto, che le spese per ricevimenti aventi carattere professionale possono essere dedotte in Francia dall'utile imponibile dell'imposta sulle società, ai sensi dell'art. 39.1.1 del CGI, se si dimostra che sono state sostenute nell'interesse dell'impresa. Tale osservazione è sufficiente, secondo l'Ampafrance, a dimostrare che non esistono reali rischi di frode o di evasione fiscale legati alla deduzione delle spese per ricevimenti. Inoltre, l'Ampafrance crede che la decisione 89/487 sia stata adottata secondo modalità che implicano uno sviamento della procedura di cui all'art. 27 della sesta direttiva: da una parte, essa mira ad introdurre una esclusione supplementare dal diritto alla detrazione dell'IVA che era stata proposta, e successivamente respinta in sede di adozione della sesta direttiva; dall'altra, si tratta di un modo indiretto di evitare le conseguenze causate nell'ordinamento giuridico interno dalla sentenza Alitalia (citata) del Conseil d'État, che ha annullato talune disposizioni del decreto del 1979.

54. Riguardo al principio di proporzionalità, l'Ampafrance ritiene che le disposizioni controverse della decisione 89/487 introducano un'esclusione generale e sistematica dal diritto alla detrazione dell'IVA, senza che sia necessario dimostrare che esista realmente un rischio di frode o di evasione fiscale. Pertanto, nie limiti in cui creano una presunzione assoluta in base alla quale è possibile una esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA anche nei casi in cui sia dimostrata l'inesistenza di un qualsiasi rischio per la riscossione dell'imposta, le norme interessate appaiono sproporzionate rispetto allo scopo perseguito. Inoltre, secondo l'Ampafrance, nel diritto francese esistono altre misure che permetterebbero alle autorità tributarie di combattere efficacemente il problema della frode e dell'evasione fiscale. Per esempio, l'art. 230, n. 1, dell'allegato II del CGI prevede che l'IVA che grava sui beni e servizi che i soggetti passivi acquistano o forniscono a se stessi è detraibile solo se i beni e i servizi siano «necessari» alla loro attività professionale. La rigida applicazione di tale norma sarebbe sufficiente a garantire il rispetto della normativa fiscale e a consentire l'effettuazione di controlli fiscali efficaci. Inoltre, come segnala l'Ampafrance, nel diritto francese esiste un efficace sistema di controlli sulle spese di cui trattasi, consistente nell'obbligo di produrre un estratto dettagliato delle spese generali, da allegare alla dichiarazione annuale dei redditi. Infine, la ricorrente deduce dalla citata sentenza Commissione/Belgio (causa 324/82) che le misure nazionali di prevenzione dei rischi di frode o di evasione fiscale possono derogare al regime generale della sesta direttiva soltanto entro i limiti strettamente necessari per raggiungere tale obiettivo. Dato che esistono misure meno rigide per i soggetti passivi rispetto ad un'esclusione generale e sistematica dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese controverse, tale esclusione è incompatibile con il diritto comunitario.

55. Riassumendo, l'Ampafrance ritiene che la decisione controversa del Consiglio non sia conforme al principio di proporzionalità perché, in modo generale ed assoluto, introduce la presunzione assoluta dell'esistenza di un rischio di frode e di evasione fiscale senza che il fisco debba dimostrare tale rischio e che il soggetto passivo possa fornire la prova contraria, mentre esistono in Francia misure meno rigide che permettono di affrontare tale tipo di situazioni.

b) La Sanofi

56. La Sanofi dà un analogo fondamento alle proprie osservazioni: dopo aver spiegato perché sia ricevibile la questione pregiudiziale che contesta la validità di un atto comunitario, essa concentra la sua analisi sul problema della proporzionalità. Afferma che la decisione 89/487 non è conforme al principio di proporzionalità in quanto lo scopo perseguito da tale decisione potrebbe essere realizzato con altri strumenti, meno lesivi degli obiettivi della sesta direttiva. Essa ritiene anche che la causa pendente abbia delle analogie con quella che ha portato alla sentenza Commissione/Belgio (causa 324/82) , ove la Corte ha dichiarato che norme nazionali che derogavano in modo totale e sistematico alle norme della sesta direttiva erano sproporzionate rispetto allo scopo perseguito. Inoltre, secondo le osservazioni della Sanofi, la motivazione della decisione di cui trattasi è assai concisa e non spiega i motivi per cui doveva essere autorizzata la deroga suggerita dalla Repubblica francese. A causa delle carenze della motivazione, il giudice non può controllare la proporzionalità della decisione adottata e questa è, pertanto, invalida.

57. Inoltre, anche la Sanofi fa riferimento alle norme del diritto francese relative all'imposta sulle società e osserva che le spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli sono deducibili dalla base imponibile; in altre parole, per quanto concerne l'ambito specifico dell'imposta sulle società, la possibilità di dedurre le spese controverse non implica automaticamente una frode o un'evasione fiscale, per il legislatore francese. Pertanto, l'introduzione di una presunzione assoluta di frode o di evasione fiscale costituisce una misura di tutela della legalità fiscale sproporzionata, in quanto quest'ultima potrebbe essere garantita mediante un controllo concreto ed efficace delle spese di cui trattasi. La Sanofi ritiene che una forma di controllo efficace è quella prevista all'art. 230 dell'allegato II del CGI, ai sensi del quale ogni spesa che non sia effettuata nell'«interesse» dell'impresa non può comportare una detrazione dell'IVA.

58. Infine, la Sanofi aggiunge altri due argomenti: in primo luogo, fa riferimento al diritto nazionale di un gran numero di Stati membri che ammette le deducibilità delle spese controverse; essa quindi non comprende le difficoltà riguardanti l'accertamento delle frodi o delle evasioni fiscali sollevate dal governo francese e di cui il Consiglio ha ammesso l'esistenza. In secondo luogo, osserva che la deroga controversa, la cui introduzione è stata consentita alla Repubblica francese dalla decisione 89/487, aveva un carattere temporaneo; tuttavia, l'incapacità del Consiglio di adottare le misure previste all'art. 17, n. 6, primo comma, della sesta direttiva ha fatto perdurare tale situazione provvisoria e, pertanto, tale deroga è inevitabilmente divenuta sproporzionata rispetto allo scopo perseguito. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Sanofi propone alla Corte di dichiarare invalida la decisione 89/487.

c) Il governo francese

59. Il governo francese ricorda, anzitutto, che il sistema dell'IVA ha come obiettivo fondamentale quello di tassare il consumo finale e non il consumo intermedio che avviene nell'ambito di un'altra attività professionale soggetta ad imposta . Non è sempre facile, tuttavia, per talune categorie di spese, determinare se siano effettuate per soddisfare necessità professionali o private, criterio in base al quale si determina se si tratti di consumo finale o intermedio. Tale difficoltà è all'origine di frodi o di evasioni fiscali da parte dei soggetti passivi, come ha, d'altronde, evidenziato la Commissione nelle sue proposte di sesta e dodicesima direttiva. Per lo stesso motivo, del resto, l'art. 27, n. 1, della sesta direttiva ha previsto la possibilità di adottare misure particolari di deroga volte a far fronte al rischio di frode o di evasione fiscale. Quindi, considerati, da una parte, i rischi di consumo finale in esenzione dall'imposta, in particolare per le spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli e, dall'altra, la difficoltà di ripartire le spese professionali e private, il governo francese ritiene che la decisione 89/487, controversa nel caso di specie, sia totalmente conforme all'obiettivo di cui all'art. 27 della sesta direttiva.

60. Inoltre, il governo francese ricorda che, per gli stessi motivi, la maggior parte degli Stati membri applica misure analoghe. In particolare, riguardo al proprio caso, afferma che la citata sentenza Alitalia del Conseil d'État ha creato un ampio rischio di frode e di evasione fiscale da parte delle imprese ed ha reso più difficile accertare la destinazione delle spese controverse, in quanto ha indotto le imprese ad effettuare spese sempre più elevate a favore di terzi.

61. Riguardo al principio di proporzionalità, il governo francese ritiene che la decisione 89/487 risponda alle esigenze di tale principio, come descritte dalla giurisprudenza della Corte. Ricorda in particolare la posizione adottata dalla Corte nella sentenza Molenheide , ove ha dichiarato che «in conformità al principio di proporzionalità, gli Stati membri devono far ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l'obiettivo perseguito dal diritto interno, portino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa comunitaria controversa». Il governo francese afferma che l'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli di cui alla decisione 89/487 si limita ai casi in cui esistono reali rischi di frode o di evasione fiscale e che corrispondono a situazioni ove risulti impossibile determinare la natura professionale o privata delle spese di cui trattasi; per contro, l'art. 1, n. 2, della decisione in esame elenca i casi in cui, a motivo del carattere professionale delle spese interessate, è possibile la detrazione dell'IVA.

62. Secondo il governo francese, l'esclusione dal diritto alla detrazione IVA di cui trattasi è necessaria qualora non esistano altri mezzi idonei che consentano di accertare la natura delle spese controverse. Ad esempio, le fatture emesse a nome di un'impresa non consentono di determinare la persona a favore della quale le spese sono state effettuate. Inoltre, ammettere la deducibilità delle somme in oggetto in base alle indicazioni fornite dalle imprese medesime avrebbe l'indesiderabile risultato di moltiplicare i procedimenti giudiziari e stragiudiziali relativi alla veridicità delle spese in esame.

63. Il governo francese ritiene altresì non pertinente il paragone tra la situazione in esame nella presente causa e il regime vigente in Francia riguardante l'imposta sulle società, a causa delle fondamentali differenze esistenti tra tale imposta e l'IVA. L'IVA è una imposta che grava sul consumo finale ed è basata su un meccanismo che garantisce la neutralità dell'imposta; le detrazioni dell'IVA riguardano esclusivamente le spese effettuate per le necessità di operazioni soggette ad imposta. Per contro, l'imposta sulle società e l'imposta sui redditi si basano sui redditi o utili netti, vale a dire gli importi lordi da cui vengono dedotte le spese necessarie al conseguimento di tali redditi o utili. Inoltre, il governo francese ritiene arbitraria una soluzione che autorizzi la detrazione dell'IVA relativa alle spese controverse di alloggio, ristorante, ricevimenti, ecc. delle imprese fino alla concorrenza di un certo importo. In ogni caso, il governo francese evidenzia che l'aspetto relativo alla proporzionalità della decisione 89/487 è stato oggetto di un esame approfondito da parte della Commissione e del Consiglio, controllo che soddisfa pienamente i requisiti sanciti dalla giurisprudenza.

64. Durante il dibattimento, il governo francese ha chiesto alla Corte, nel caso in cui essa dovesse ritenere invalida la decisione del Consiglio di cui trattasi, di limitare gli effetti della sua sentenza dichiarando la decisione invalida ex nunc; esso fonda tale domanda sulla necessità di rispettare il legittimo affidamento delle autorità francesi sulla validità della decisione.

d) La Commissione

65. La Commissione, dopo aver ricordato la giurisprudenza della Corte in merito all'applicazione del principio di proporzionalità nell'ambito specifico dell'art. 27 della sesta direttiva, ne deduce che sarebbe incompatibile con il diritto comunitario limitare il diritto alla detrazione dell'IVA nei casi in cui, in primo luogo, sia oggettivamente stabilito che nessuna frode o evasione fiscale è imputabile al soggetto passivo e, in secondo luogo, le restrizioni introdotte non si limitino a quanto assolutamente necessario per evitare i rischi di frode o di evasione fiscale. Riguardo alla specifica natura delle spese menzionate nella decisione 89/487, la Commissione sottolinea che la sesta direttiva esclude, in ogni caso, il diritto alla detrazione dell'IVA relativa alle spese «non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza» . Essa rinvia, inoltre, alla sua proposta di sesta direttiva, ove aveva segnalato la difficoltà, se non l'impossibilità, di ripartire la parte professionale e la parte privata delle spese in esame.

66. La Commissione deduce dalle considerazioni che precedono che a ragione essa ha ammesso la giustificazione delle autorità francesi secondo cui esisteva, nel caso di specie, un notevole rischio di elusione delle norme sull'IVA: le imprese rischiano di assumersi delle spese, sotto forma di omaggi o altre agevolazioni in natura, che non dovrebbero essere oggetto di una detrazione dell'IVA, in quanto non sono collegate alle loro attività, senza distinguere in che misura tali spese riguardino i dirigenti e i dipendenti dell'impresa o i terzi. Inoltre, le autorità francesi stesse hanno determinato i casi in cui non vi è alcun rischio di frode o di evasione fiscale e li hanno eccettuati dalle esclusioni dal diritto alla detrazione dell'IVA; si tratta dei casi elencati all'art. 1, n. 2, della decisione 89/487.

67. La Commissione indica anche che la deroga temporanea autorizzata con la decisione in esame riguarda in realtà casi in cui esiste un serio rischio di frode o di evasione fiscale. Nonostante la concisa motivazione della decisione di cui trattasi, essa ritiene che tale rischio sia adeguatamente dimostrato. La Commissione fa riferimento, segnatamente, a certe particolarità culturali esistenti in Francia, ove talune transazioni sono concluse «alla fine del pranzo», e questo spiega perché altri Stati membri, con abitudini molto diverse in materia, non abbiano previsto esclusioni analoghe. La Commissione aggiunge che il divieto controverso autorizzato dal Consiglio presenta il merito della chiarezza, della semplicità e della certezza del diritto, per gli operatori nonché per le autorità fiscali. Pertanto, la Commissione afferma che le misure di cui alla decisione 89/487 sono giustificate e conformi al principio di proporzionalità, cioé sono necessarie, appropriate e proporzionate, nel senso stretto del termine.

68. Tuttavia, la Commissione ritiene che le autorità nazionali, quando devono applicare la misura generale ed astratta approvata dalla decisione 89/487, debbano esercitare un controllo concreto sulle situazioni fiscali, in modo da distinguere i casi in cui esiste realmente un rischio di frode o di evasione fiscale da quelli in cui si può stabilire obiettivamente che talune spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli hanno un carattere strettamente professionale e devono fruire del diritto alla detrazione dell'IVA.

e) Il Consiglio

69. Il Consiglio difende, nelle sue osservazioni, la validità della decisione 89/487. Esso sostiene che tale decisione si giustifica con la difficoltà, se non con l'impossibilità, di controllare efficacemente la natura (professionale o no) delle spese controverse. Inoltre, secondo il Consiglio, il rispetto del principio di proporzionalità da parte del legislatore comunitario emerge dal fatto che l'art. 1, n. 2, della decisione 89/487 prevede casi in cui è possibile la detrazione dell'IVA relativa alle spese controverse, qualora sia accertato obiettivamente che queste sono connesse all'attività professionale dell'impresa. Il Consiglio sottolinea anche che, in forza delle disposizioni della sesta direttiva, è detraibile solo l'IVA relativa alle spese strettamente professionali, e questo esclude l'IVA relativa alle cosiddette spese «suntuarie». Ritiene inoltre che la decisione 89/487 si giustifichi a prescindere dall'accertamento di un intento di frode o di evasione fiscale in capo al soggetto passivo o dall'esistenza di una frode o di un'evasione fiscale. Il semplice fatto che la natura delle spese di cui trattasi permetta di utilizzarle come mezzo di frode o di evasione fiscale, di difficile accertamento da parte delle autorità fiscali, è sufficiente a giustificare le disposizioni controverse. Non è certo che l'uso di un altro sistema per affrontare il problema, come la limitazione forfettaria dell'importo delle detrazioni, sia più conforme all'obiettivo della direttiva, vale a dire la detrazione dell'IVA relativa alle spese professionali intermedie; un tale metodo potrebbe introdurre un elemento discriminatorio tra gli operatori economici, che potrebbe causare una distorsione della concorrenza.

B - La mia opinione sui problemi sopra esposti

70. Anzitutto, ammetto che la lotta alla frode o all'evasione fiscale corrisponde ad una legittima ed importante aspirazione di ogni autorità fiscale che intenda garantire la realizzazione degli obiettivi della sesta direttiva ed il perfetto funzionamento del meccanismo dell'IVA. Se così non fosse, il rischio che venga elusa l'imposizione fiscale sul consumo finale comprometterebbe la stessa filosofia del sistema fiscale di cui trattasi.

71. In proposito, il legislatore comunitario ha previsto una fondamentale distinzione tra le spese aventi un carattere strettamente professionale e quelle non collegate all'attività professionale del soggetto passivo, escludendo espressamente dal diritto alla detrazione dell'IVA le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza. Solo le spese aventi un carattere strettamente professionale possono ritenersi collegate a beni o servizi «impiegati (dal soggetto passivo) ai fini di sue operazioni soggette ad imposta», ai sensi dell'art. 17, n. 2, della sesta direttiva e possono quindi fruire del diritto alla detrazione dell'IVA.

72. Tale aspetto costituisce la difficoltà della presente causa. Vi sono, evidentemente, spese per le quali risulta difficile determinare il carattere professionale o no. In particolare, le spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli, su cui si concentra la presente analisi, presentano le maggiori difficoltà, in quanto il loro collegamento con l'attività professionale dell'impresa non è evidente, il che rischia di favorire la frode o l'evasione fiscale. Per tale motivo, d'altronde, non è stato possibile adottare nei loro confronti, a livello comunitario, una soluzione legislativa globale, come dimostrano le difficoltà incontrate durante il procedimento di elaborazione della sesta e della dodicesima direttiva . Per di più, per alcune di tali spese, la distinzione tra spese professionali che fruiscono del diritto alla detrazione dell'IVA e spese private soggette all'imposta rischia di essere praticamente impossibile, sicché solo una esclusione totale dal diritto alla detrazione dell'IVA permette di garantire l'interesse pubblico e di sanzionare talune forme di comportamento illegale dei soggetti passivi. Occorre sottolineare, ancora una volta, che il corretto funzionamento del meccanismo dell'IVA previsto dalla normativa fiscale comunitaria presuppone chiaramente che si combatta contro qualsiasi forma di frode o di evasione fiscale; il legislatore comunitario riconosce tale necessità quando permette agli Stati membri di domandare e ottenere dal Consiglio l'autorizzazione ad adottare, ai sensi dell'art. 27 della sesta direttiva, misure particolari di deroga alle norme generali di quest'ultima, al fine di «evitare talune frodi o evasioni fiscali».

73. Dalle osservazioni che precedono sembra risultare che le disposizioni controverse contenute nella decisione in esame sono, a prima vista, conformi alla logica dell'art. 27 della sesta direttiva, in quanto sono volte a realizzare gli obiettivi descritti in tale articolo. Tuttavia, tali osservazioni non permettono di concludere necessariamente che le disposizioni di cui trattasi siano in armonia con gli obiettivi globali della sesta direttiva e che possano inserirsi nel sistema normativo da questa introdotto. Il problema deriva dal fatto che, se si esclude il diritto alla detrazione dell'IVA relativa ad ogni spesa di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli, salvi i soli tre casi elencati all'art. 1, n. 2, della decisione, si esclude tale diritto per l'IVA relativa a spese per le quali si può dimostrare il reale collegamento con il processo produttivo delle imprese, cioè aventi un carattere strettamente professionale. L'Ampafrance fa valere l'esempio delle spese sostenute da un'impresa per l'alloggio di rappresentanti o di clienti nell'ambito della presentazione di taluni prodotti posti in commercio; è pacifico che, fino ad un certo punto, tali spese abbiano un collegamento diretto con le attività dell'impresa e non siano riconducibili all'ambito del consumo finale.

74. Pertanto, non è impossibile che l'applicazione assoluta del sistema di esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA introdotto dalla decisione del Consiglio in esame conduca all'esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA relativa a spese professionali delle imprese; tale eventualità non è contestata nemmeno dalle parti che hanno sostenuto la legittimità dell'atto comunitario esaminato. In tal modo, tuttavia, volendo rimediare ad un problema causato da una possibile disfunzione del meccanismo di riscossione dell'IVA (rischio di frode o di evasione fiscale), si colpisce in un'altra maniera, ugualmente grave, tale sistema fiscale, assoggettando all'imposta talune forme di consumo intermedio, in violazione del principio fondamentale della neutralità dell'imposta. Penso che, interpretando e applicando correttamente la sesta direttiva, non possa risolversi il problema del meccanismo di tassazione ricorrendo ad una soluzione altrettanto problematica dal punto di vista della compatibilità con le norme fondamentali di funzionamento del meccanismo di cui trattasi. In ogni caso, una esclusione dal diritto alla detrazione dell'IVA così ampia ed assoluta come quella qui esaminata contrasta con gli obiettivi della direttiva e sconvolge l'equilibrio delle disposizioni ch'essa comporta. Con ciò voglio dire che l'art. 27 della sesta direttiva non può essere utilizzato come arma per scalzare una delle basi di tale direttiva, vale a dire il principio di neutralità dell'imposta.

75. Al riguardo, non è indifferente dal punto di vista giuridico che le norme comunitarie controverse equivalgano all'adozione di una presunzione assoluta per una data categoria di imposizioni fiscali. L'introduzione di una presunzione di questo tipo solleva, a mio parere, problemi di compatibilità con le norme fondamentali dell'ordinamento giuridico comunitario. Il principio dello Stato di diritto, la tutela dell'eguaglianza dinanzi all'imposta e la garanzia di una tutela giurisdizionale completa ed efficace - nozioni oggi sempre più evidenziate nel sistema giuridico costruito dalla Comunità - non sono affatto compatibili con l'idea dell'introduzione di presunzioni assolute destinate a risolvere legalmente problemi particolari come quello della qualificazione giuridica, sul piano fiscale, di una categoria di spese. Non è per caso che esiste, nel diritto nazionale degli Stati membri, una tendenza a ritenere incostituzionali degli «assiomi giuridici» di questo tipo . Peraltro, non è certo che siano conformi ai principi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, di cui il Trattato CE prescrive ormai espressamente il rispetto . Inoltre, la giurisprudenza della Corte contiene delle indicazioni da cui si può desumere che quest'ultima non consideri con particolare simpatia il fenomeno delle presunzioni assolute .

76. A tali considerazioni, se ne possono aggiungere altre riguardanti il principio di proporzionalità. Occorre segnalare che la possibilità di ritenere che le citate presunzioni assolute siano conformi agli obiettivi generali della sesta direttiva e che non pongano, per loro natura, altri problemi di legittimità dal punto di vista comunitario non incide sulle valutazioni riguardanti il principio di proporzionalità. Prescindendo dal modo in cui si deciderà di risolvere i problemi di cui trattasi, occorre, perché possa ammettersi la legittimità della decisione del Consiglio qui esaminata, che le disposizioni in essa contenute siano ritenute necessarie ed appropriate alla realizzazione dello specifico obiettivo che perseguono e che ledano il meno possibile gli obiettivi e i principi della sesta direttiva .

77. Il sistema consistente nell'escludere, in modo generale ed assoluto, dal diritto alla detrazione l'IVA relativa ad una categoria di spese sembra già problematico nei confronti del principio di proporzionalità. Le tre deroghe all'esclusione generale dal diritto alla detrazione dell'IVA che elenca l'art. 1, n. 2, della decisione in esame non provano - sebbene alcuni affermino il contrario - che la Repubblica francese, la Commissione e il Consiglio abbiano ricercato tutti i casi in cui le spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli costituiscono spese strettamente professionali, limitando così il divieto del n. 1 a quanto è assolutamente necessario per combattere la frode e l'evasione fiscale. Inoltre, la motivazione della decisione del Consiglio, analizzata anche alla luce della lettera inviata a quest'ultimo dalla Repubblica francese per sollecitare le deroga controversa, non permette di cogliere il ragionamento che ha seguito il legislatore comunitario, da una parte, quando ha escluso dal diritto alla detrazione dell'IVA la totalità dei casi di cui all'art. 1, n. 1, della decisione 89/487, dato che essi comportavano un rischio di frode o di evasione fiscale, e, dall'altra, quando ha permesso la detrazione dell'IVA nei casi elencati al n. 2 dello stesso articolo. Per di più, non spiega adeguatamente perché il divieto enunciato al n. 1 sia il solo mezzo efficace per raggiungere lo scopo perseguito, vale a dire per rimediare a situazioni di frode o di evasione fiscale. In modo più generale, l'insufficiente motivazione della decisione in esame potrebbe già di per sé costituire un valido motivo di annullamento.

78. Tuttavia, a prescindere dalla lacuna formale della motivazione, di cui ho appena parlato, penso, in ogni caso, che esistano valide indicazioni per pensare che le autorità nazionali e comunitarie possano garantire efficacemente l'interesse pubblico, consistente nella lotta alla frode o all'evasione fiscale, adottando misure che ledano in misura minore il sistema generale della sesta direttiva. Non penso all'introduzione di una norma che consenta la detrazione dell'IVA relativa alle spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli solo fino ad una data percentuale di tali spese; non è assolutamente certo che tale soluzione sarebbe la più efficace. Si potrebbe, tuttavia, introdurre una presunzione relativa sul carattere non professionale delle spese di cui trattasi, presunzione che i soggetti passivi potrebbero superare producendo prove adeguate.

79. Inoltre - e questa è la cosa più importante - il diritto tributario francese prevede la possibilità di dimostrare il carattere professionale di spese dello stesso genere nell'ambito dell'imposta sulle società. Penso che a torto talune parti hanno sostenuto che l'esempio ricavato dal regime vigente in Francia per l'imposta sulle società non presentasse alcuna utilità nel caso di specie. Il rischio di frode o di evasione fiscale che deriva dalla qualificazione di talune spese di alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli come spese legate all'attività professionale, seguita dalla loro deduzione dai redditi, utili, beni o servizi soggetti ad imposta, è, grosso modo, lo stesso sia nel caso dell'imposta sui redditi o dell'imposta sulle società sia in quello dell'IVA. Non è quindi logico che le autorità fiscali, nel primo caso, permettano di dedurre le spese di cui trattasi dagli utili o dai redditi imponibili e, nel secondo caso, vietino di detrarre l'IVA relativa ai beni o servizi, affermando che tale distinzione è dettata dalla necessità di lottare contro talune forme d'illeciti fiscali.

80. Non comprendo, quindi, perché fosse necessario istituire un divieto così assoluto per una categoria di spese, divieto che non lascia al soggetto passivo alcuna possibilità di fornire la prova contraria, quando mezzi meno rigidi avrebbero permesso di far fronte al rischio di frode o di evasione fiscale derivante, eventualmente, dalla deduzione degli importi interessati: ad esempio, applicando rigidamente l'art. 230 dell'allegato II del CGI, ai sensi del quale ogni spesa che non sia effettuata nell'«interesse» dell'impresa non può essere oggetto di detrazione dell'IVA oppure, anche, adottando disposizioni più restrittive di analogo tenore, in particolare per la categoria di spese controversa.

81. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la decisione del Consiglio di cui trattasi non sia conforme al principio fondamentale di proporzionalità.

82. Prima di concludere questa parte della mia analisi, ritengo necessario esaminare un'affermazione della Commissione, secondo cui le disposizioni di cui trattasi della decisione in esame sono, in via di principio, conformi al diritto comunitario; tuttavia, quando le autorità nazionali le applicano, devono esaminare concretamente in che misura ogni spesa per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli sia realmente estranea alle attività imponibili dell'impresa e rientri, pertanto, nell'ambito della frode o dell'evasione fiscale. In realtà, la Commissione tenta di salvaguardare la legittimità delle disposizioni in esame effettuandone un'interpretazione contra legem, cosa peraltro non permessa. Le disposizioni della decisione 89/487 escludono in modo esplicito ed assoluto la detrazione dell'IVA relativa ad una data categoria di spese senza prevedere in parallelo un controllo destinato a verificare se esse abbiano o no un carattere professionale e se rappresentino un rischio per il corretto funzionamento del sistema dell'IVA. Si tratta dell'unica interpretazione possibile delle norme in esame, che deriva direttamente e chiaramente dal loro tenore letterale. Pertanto, nei limiti in cui, in conformità dell'analisi che precede, tali misure sono contrarie al sistema generale organizzato dalla sesta direttiva e al principio di proporzionalità, esse diventano inapplicabili nell'ordinamento giuridico nazionale e comunitario.

83. Su tale punto, debbo esaminare la domanda formulata oralmente dal governo francese in merito alla limitazione degli effetti della sentenza della Corte sull'illegittimità della decisione del Consiglio di cui trattasi. Penso che tale domanda vada respinta per due ragioni. In primo luogo, non è possibile, a mio parere, che uno Stato membro invochi il principio del legittimo affidamento per evitare le conseguenze di una decisione giudiziaria che stabilisca l'invalidità di un atto comunitario. Una tale soluzione non deriva dal principio della certezza del diritto, come accade in taluni casi in cui i singoli si trovano in una situazione di legittimo affidamento creata dalle autorità pubbliche; si tratta piuttosto di chiamare in causa le norme fondamentali della certezza del diritto e dello Stato di diritto quando tale soluzione privi i cittadini della possibilità di essere efficacemente tutelati contro un comportamento, seppur in buona fede, delle autorità amministrative che ha come fondamento norme giuridiche illegittime. In secondo luogo, il principio «nemo auditur propriam turpitudinem allegans» non permette al governo francese di evitare le conseguenze di una decisione che accerti l'invalidità della decisione controversa del Consiglio, dato che ha esso stesso contribuito, con la domanda che ha inviato al Consiglio e con il suo comportamento generale, all'adozione della decisione di cui trattasi, con il suo contenuto illegittimo.

84. Non è sufficiente, tuttavia, formulare una conclusione negativa sulla legittimità della decisione 89/487 per risolvere la questione pregiudiziale. Come ho fatto osservare nei paragrafi precedenti della mia analisi , accertando vizi irrimediabili nella decisione in esame e la sua invalidità, si pone la questione di quale sia il diritto tributario applicabile alle liti di cui trattasi. Dato che la legislazione nazionale attualmente in vigore, come formulata nel decreto francese del 14 dicembre 1989 , è ormai priva di ogni fondamento giuridico, essendo stata accertata l'invalidità della decisione 89/487, occorre applicare, qualora non siano incompatibili con il diritto comunitario, le disposizioni indicate dal diritto nazionale, in conformità alle proprie norme .

85. Dal punto di vista del diritto comunitario, tuttavia, rimane ancora da risolvere la questione del modo in cui applicare nuovamente, se ancora si può, la clausola di standstill di cui all'art. 17, n. 6, della sesta direttiva. Come ho già indicato , la detta clausola riguardava, in Francia, il decreto n. 67-604 del 1967. Tuttavia, il fatto che i casi disciplinati anteriormente dal decreto del 1967 rientravano anche nel campo di applicazione della decisione 89/487 si potrebbe interpretare nel senso, da una parte, che il decreto aveva già cessato di applicarsi nel momento in cui la Repubblica francese aveva sollecitato la decisione 89/487 e, dall'altra, che, se si esclude tale decisione dal corpus delle norme vigenti del diritto tributario comunitario, questo impedirebbe oramai alla Repubblica francese di far valere nuovamente il decreto del 1967 e, per estensione, la clausola di standstill dell'art. 17 della sesta direttiva?

86. Penso che occorra risolvere in senso negativo la questione che precede. La Repubblica francese ha introdotto uno specifico regime fiscale che esclude una data categoria di spese dal diritto alla detrazione dell'IVA, regime che era descritto nel decreto del 1967. Le relative norme interessate non sono state rimesse in discussione né dall'adozione del decreto n. 791163 del 1979, che ha modificato la legislazione anteriore, né dal decreto n. 89-885 del 1989, che ha seguito la decisione 89/487. La Repubblica francese ha semplicemente tentato di estendere il regime delle esclusioni controverse in modo - come risulta dall'analisi che precede - incompatibile con le prescrizioni della sesta direttiva. Questo fa quindi emergere la persistente volontà delle autorità francesi di mantenere in vigore le iniziali esclusioni dal diritto alla detrazione IVA e di non rinunciare all'utilizzazione della clausola di standstill dell'art. 17 della sesta direttiva. Per tale motivo, credo che, se si accerti l'invalidità della decisione 89/487, le conseguenze di tale accertamento non giungono a negare alla Repubblica francese i vantaggi già ricavati dall'applicazione della clausola di standstill di cui trattasi. Del resto, occorre osservare che il comportamento tenuto fino ad oggi da tale paese non può considerarsi lesivo della certezza del diritto.

87. Ritengo utile, infine, apportare, la seguente precisazione al fine di aiutare il giudice a quo. Per pronunciarsi adeguatamente sulle cause pendenti, è indispensabile determinare il preciso ambito di applicazione delle esclusioni dal diritto alla detrazione dell'IVA introdotte dal decreto del 1967. Tali esclusioni riguardavano soltanto le spese per alloggio, ristorante, ricevimenti e spettacoli non aventi un carattere professionale, come afferma l'Ampafrance, o riguardavano globalmente talune spese, aventi o no carattere professionale, come sembra risultare da un'interpretazione letterale delle norme di cui trattasi? Si tratta naturalmente di un problema che rientra nella competenza esclusiva del giudice nazionale.

88. Da parte mia, mi limiterò a ricordare la citata giurisprudenza della Corte , secondo la quale la discrezionalità di cui dispone lo Stato membro che intenda mantenere, in forza della clausola di standstill dell'art. 17 della sesta direttiva, le esclusioni dal diritto alla detrazione IVA che si applicavano anteriormente all'entrata in vigore di tale direttiva è particolarmente ampia; esse possono riguardare anche spese aventi un carattere strettamente professionale. Così facendo si lede, tuttavia, il principio di neutralità dell'imposta e la logica che ispira il sistema fiscale della sesta direttiva. Questo fa sorgere la seguente contraddizione: mentre le norme del diritto comunitario prevedono, in via di principio, la detrazione dell'IVA relativa alle spese professionali delle imprese, tale detrazione può essere esclusa da norme nazionali anteriori alla sesta direttiva. Tuttavia, tale contraddizione, che evidentemente non contribuisce a migliorare il sistema fiscale comunitario e nazionale, può essere eliminata solo se il Consiglio adotta le misure legislative riguardanti il problema controverso.

VII - Conclusione

89. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate come segue:

«La decisione del Consiglio 28 luglio 1989, 89/487/CEE, che autorizza la Repubblica francese ad applicare una deroga all'art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, è invalida».