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61999C0213

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 21 settembre 2000. - José Teodoro de Andrade contro Director da Alfândega de Leixões, con l'intervento di: Ministério Público. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal Fiscal Aduaneiro do Porto - Portogallo. - Immissione in libera pratica delle merci - Superamento del termine per l'assegnazione ad una destinazione doganale - Procedura di messa in vendita delle merci o di riscossione di un tributo ad valorem. - Causa C-213/99.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-11083


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1. Nella presente causa la questione principale verte sulla compatibilità del procedimento previsto dalla legge portoghese relativamente alle merci per le quali le necessarie formalità non sono state avviate nei termini prescritti (in prosieguo: il «procedimento per le merci fuori termine») con il diritto doganale comunitario e i principi generali del diritto comunitario.

II - Il contesto giuridico

2. Il diritto doganale comunitario è contenuto nel regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (in prosieguo: il «codice doganale» o «il codice»).

3. L'art. 4 del codice doganale prevede che:

«Ai fini del presente codice, s'intende per: (...)

5) decisione: qualsiasi atto amministrativo, relativo alla normativa doganale, che deliberi su un caso particolare avente effetti giuridici per una o più persone determinate o determinabili; (...)».

4. L'art. 6, n. 3 stabilisce che:

«L'autorità doganale motiva le decisioni scritte che non accolgano le richieste presentate oppure che abbiano conseguenze sfavorevoli per i loro destinatari. In esse si deve fare riferimento alle possibilità di ricorrere di cui all'articolo 243».

5. Il Titolo III del Codice, che comprende gli artt. 37-57, è intitolato «disposizioni applicabili alle merci introdotte nel territorio doganale della Comunità finché non abbiano ricevuto una destinazione doganale» e il suo capitolo 4 riguarda l'«obbligo di dare una destinazione doganale alle merci presentate in dogana». L'art. 49 stabilisce i termini che devono essere rispettati per la dichiarazione delle merci:

«1. Le merci che formano oggetto di dichiarazione sommaria devono essere soggette a formalità al fine di assegnare loro una destinazione doganale entro i termini seguenti:

a) quarantacinque giorni, dalla data della presentazione della dichiarazione sommaria, per le merci inoltrate via mare;

b) venti giorni, dalla data della presentazione della dichiarazione sommaria, per le merci inoltrate per via diversa da quella marittima.

2. Quando le circostanze lo giustifichino, l'autorità doganale può fissare un termine più breve o autorizzare una proroga dei termini di cui al paragrafo 1. Questa proroga non può tuttavia eccedere le effettive necessità giustificate dalle circostanze».

6. Il capitolo 5 del Titolo III riguarda la «custodia temporanea delle merci». L'art. 50 definisce quest'espressione nel modo seguente: «In attesa di ricevere una destinazione doganale, le merci presentate in dogana acquisiscono la posizione, non appena avvenuta la presentazione, di merci in custodia temporanea. Queste merci sono denominate in seguito "merci in custodia temporanea"». L'art. 53 prevede che:

«1. L'autorità doganale adotta senza indugio ogni misura necessaria, ivi compresa la vendita delle merci, per regolarizzare la situazione delle merci per le quali non sono state avviate, nei termini fissati, conformemente all'articolo 49, le formalità per dare ad esse una destinazione doganale.

2. L'autorità doganale può, a spese e a rischio della persona che detiene le merci, far trasferire le medesime in un luogo speciale posto sotto la sua vigilanza, fino a che non si sia provveduto a regolarizzarne la situazione».

7. Il Titolo VIII, che comprende gli artt. 243-246, disciplina i ricorsi. L'art. 243 dispone quanto segue:

«1. Chiunque ha il diritto di proporre ricorso contro le decisioni prese dall'autorità doganale, concernenti l'applicazione della normativa doganale, quando esse lo riguardino direttamente e individualmente.

E' parimenti legittimata a proporre ricorso, quando sia decorso inutilmente il termine di cui all'articolo 6, paragrafo 2, la persona che ha chiesto all'autorità doganale una decisione sull'applicazione della normativa doganale.

Il ricorso è introdotto nello Stato membro in cui la decisione è stata presa o sollecitata.

2. Il ricorso può essere esperito:

a) in una prima fase, dinanzi all'autorità doganale designata a tale scopo dagli Stati membri;

b) in una seconda fase, dinanzi ad un'istanza indipendente, che può essere un'autorità giudiziaria o un organo specializzato equivalente, in conformità delle disposizioni vigenti negli Stati membri».

8. Il Titolo II della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «sesta direttiva IVA») stabilisce il campo di applicazione della direttiva. L'art. 2, che costituisce l'unica disposizione di questo titolo, prevede che:

«Sono soggette all'imposta sul valore aggiunto:

1. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

2. le importazioni di beni».

9. L'art. 4 della sesta direttiva IVA definisce la nozione di «soggetto passivo» come:

«1. (...) chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività; (...)

5. Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell'allegato D quando esse non sono trascurabili. (...)».

L'allegato D comprende i «depositi».

10. Nella Repubblica portoghese la situazione delle merci non sdoganate nei termini è disciplinata dagli artt. 638 e 639 del Regulamento das Alfâdegas (regolamento doganale).

11. Ai sensi dell'art. 638, una volta superati i termini per l'adempimento di tutti gli obblighi di legge, queste merci devono essere vendute in asta pubblica.

12. L'art. 639 dispone che i proprietari di tali merci possono ancora sdoganarle, purché presentino a tale fine una domanda nel termine di sei mesi dal momento in cui le merci sono assoggettate al regime dell'asta pubblica. Alle merci così sdoganate sono applicate tutte le tasse ed imposte dovute, oltre ad una maggiorazione del 5% sul loro valore (in prosieguo: la «maggiorazione per merci fuori termine» o semplicemente la «maggiorazione»).

13. L'art. 675 prevede che:

«Il ricavato netto dell'asta sarà distribuito in base al seguente ordine di priorità: (...)

Nel caso di merci non sdoganate entro i termini, o alle condizioni previste dai nn. 3 e 4 dell'art. 638, il ricavato netto della vendita, dopo detrazione delle risorse proprie comunitarie, dei diritti doganali nazionali e delle altre imposte, sarà depositato a disposizione dello Stato, per entrare a far parte delle sue entrate, in caso di mancato reclamo entro un mese».

14. Infine, questa Corte ha già risposto ad una domanda di pronuncia pregiudiziale riguardante il regolamento doganale portoghese nella sentenza Siesse . In seguito a questa sentenza il Supremo Tribunal Administrativo e il Tribunal Constitucional del Portogallo sono giunti alla conclusione che la maggiorazione per merci fuori termine è compatibile con i principi di diritto comunitario indicati dalla Corte.

III - I fatti e la causa a qua

15. Dall'ordinanza di rinvio risulta che il signor De Andrade (il prosieguo: il «ricorrente») ha importato sette palette di pelli bovine nella Comunità europea, dove sono giunte in data 11 giugno 1995. Il ricorrente ha chiesto una proroga del termine per dare una destinazione doganale alle merci. L'ufficio doganale ha accordato una proroga di 45 giorni. Il 15 settembre 1995 le merci sono state dichiarate alla dogana di Leixões per deposito doganale e sono state poste in libera pratica in varie porzioni tra il 19 settembre 1995 e il 2 giugno 1996. In data 9 maggio 1996 la dogana di Leixões ha dato inizio al procedimento per merci fuori termine.

16. In esito a tale procedimento le autorità doganali hanno intimato al ricorrente il pagamento della somma di PTE 905 483, debito doganale comprendente l'importo di PTE 310 per diritti di bollo, PTE 773 652 a titolo di maggiorazione per merci fuori termine e PTE 131 521 a titolo di IVA calcolata all'aliquota del 17% sull'importo della maggiorazione. Il ricorrente ha pagato tale somma, ma ha poi proposto ricorso presso il Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto, richiedendone la restituzione .

17. Il Tribunal Fiscal Aduaneiro, ritenendo che la causa intentata dal ricorrente sollevi questioni di diritto comunitario la cui soluzione è necessaria per consentirgli di emettere la propria sentenza, ha sottoposto alla Corte ai sensi dell'art. 234 CE le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la procedura amministrativa doganale nazionale, come sopra descritta, sia compatibile con l'art. 53 del codice doganale, e in particolare con il n. 1 di tale articolo, nei limiti in cui essa prevede l'applicazione automatica, senza previa notifica, della procedura per le merci fuori termine (vendita) alle merci non sdoganate entro i termini legali.

2) Se, in quanto la procedura amministrativa doganale nazionale prevede, come unica misura (automatica, come già detto), da adottare da parte delle autorità doganali nazionali, l'organizzazione della procedura detta delle merci fuori termine, che mira unicamente alla vendita delle merci, questa non possa essere considerata come una misura sproporzionata, che viola i diritti della difesa dei contribuenti e possa essere qualificata come un ostacolo alla libera circolazione delle merci, tanto più che la suddetta misura, essendo automatica, può operare immediatamente, fin dal primo giorno successivo al termine del periodo di deposito legale, senza che l'importatore ne sia nemmeno avvertito o avvisato.

3) Se la procedura amministrativa doganale nazionale, prevedendo l'immediata messa in "vendita" delle merci nelle situazioni sopra esposte, senza una previa notifica, violi l'art. 6, n. 3, del codice doganale comunitario.

4) Se la procedura amministrativa doganale nazionale, non prevedendo l'obbligatorietà di una notifica nell'ambito della procedura delle merci fuori termine, quale prevista agli artt. 638 e seguenti del regolamento doganale portoghese violi l'art. 243 del codice doganale comunitario.

5) Se l'imposizione applicata alle merci fuori termine, prevista dall'art. 638 e seguenti del regolamento doganale portoghese, qualora debba essere qualificata come sanzione amministrativa procedurale (come è stata considerata dalla giurisprudenza nazionale), possa essere assoggettata all'IVA.

6) Anche ammessa l'ipotesi riferita nella quinta questione (imposizione avente natura di sanzione amministrativa), se il principio di proporzionalità sia violato per il fatto che tale imposizione è applicata "ad valorem" (obiettiva), ma senza alcun riferimento all'infrazione dell'agente, a oneri sostenuti in concreto dalle autorità doganali per misure cautelari di controllo, di magazzinaggio o altre.

7) Ammesso invece che l'imposizione di cui sopra non abbia natura sanzionatoria ma piuttosto natura di corrispettivo per servizi prestati dalle autorità doganali, se si giustifichi il suo assoggettamento ad IVA».

IV - Osservazioni ed esame

18. Il ricorrente, la Repubblica portoghese e la Commissione delle Comunità europee hanno presentato alla Corte osservazioni scritte.

19. Le questioni del giudice nazionale riguardano quattro tematiche che tratterò di seguito: la proporzionalità della sanzione (parte della seconda questione e la sesta questione), i diritti della difesa (la prima questione, parte della seconda, la terza e la quarta questione), la libera circolazione delle merci (parte della seconda questione) e l'IVA (la quinta e la settima questione).

20. Prima di esaminare il merito delle questioni sollevate dal giudice nazionale, s'impone un'osservazione preliminare. Dai fatti quali descritti dall'ordinanza di rinvio risulta che il ricorrente ha dichiarato alla dogana le merci di cui trattasi il 15 settembre 1995 per deposito doganale e le ha immesse in libera pratica tra il 19 settembre 1995 e il 2 gennaio 1996. Pertanto, quando, in data 9 maggio 1996, la dogana ha dato inizio al procedimento per merci fuori termine, le merci del ricorrente erano già in libera pratica nella Comunità ed erano state rimosse dai depositi appartenenti all'amministrazione doganale. Di conseguenza, nella presente controversia non si è mai verificata la possibilità che le merci del ricorrente fossero vendute dalle autorità doganali a seguito dell'apertura del procedimento per merci fuori termine. Per questa ragione, nel valutare la conformità del procedimento al principio di proporzionalità e ogni possibile violazione dei diritti della difesa del ricorrente, limiterò la mia analisi, salvo che sia altrimenti indicato, alla compatibilità con tali principi della maggiorazione per merci fuori termine. La mia analisi non ricomprende la vendita forzata delle merci dell'importatore, sebbene qualche riferimento a tale procedimento sia inevitabile.

a) Compatibilità della maggiorazione per merci fuori termine con il principio di proporzionalità

21. Nella seconda questione (per la parte concernente il rispetto del principio di proporzionalità) e nella sesta il giudice nazionale intende in sostanza sapere se l'imposizione della maggiorazione per merci fuori termine, senza notifica all'importatore e senza tenere conto del grado della sua colpa, sia compatibile con il principio di proporzionalità.

22. Il ricorrente sostiene che il principio di proporzionalità, oltre a costituire principio generale del diritto comunitario, è espressamente contenuto nell'art. 53 del codice doganale che fa riferimento ad «ogni misura necessaria». Fa valere che, se le merci non vengono dichiarate entro il termine prescritto, il sistema portoghese le pone automaticamente in vendita ovvero obbliga l'importatore a pagare la maggiorazione per merci fuori termine. Il ricorrente sostiene che entrambe queste opzioni costituiscono violazioni del diritto di proprietà dell'importatore, cui non viene mai richiesto se la vendita o l'imposizione della maggiorazione sia veramente necessaria.

23. Il ricorrente afferma che dovrebbe essere esaminata la proporzionalità dell'intera normativa portoghese. Sostiene che i giudici nazionali, che hanno confermato la validità del sistema attuale dopo la sentenza Siesse , hanno esaminato solamente la proporzionalità della maggiorazione per merci fuori termine nei confronti della vendita forzata delle merci dell'importatore e la possibile appropriazione da parte dello Stato del ricavato della vendita. Secondo il ricorrente, un sistema che subordina la dichiarazione tardiva delle merci al pagamento di una tale maggiorazione e che comprende somme non necessarie a garantire gli obiettivi del procedimento, è sproporzionato a tali obiettivi.

24. Infine il ricorrente sostiene che l'importo della maggiorazione per merci fuori termine, determinato ad valorem al 5% del valore in dogana delle merci, è sproporzionato. Aggiungasi che, in via di principio, il diritto portoghese tiene conto del grado di colpa dell'autore quando determina una sanzione. Dunque la maggiorazione per merci fuori termine non è applicata in base a parametri analoghi a quelli previsti nel diritto nazionale per infrazioni equivalenti, come richiesto dalla Corte .

25. Il Portogallo sostiene che l'art. 53 del codice riconosce agli Stati membri un potere discrezionale nel decidere come regolarizzare la situazione delle merci non dichiarate nei termini. L'art. 53 contempla espressamente la vendita delle merci quale possibile modalità. Il sistema portoghese rappresenta una risposta efficace al bisogno di incentivare il rispetto dei termini ed è comunque dotato di una certa flessibilità, offrendo agli importatori la possibilità di presentare una dichiarazione tardiva, a condizione che paghino la maggiorazione per merci fuori termine.

26. Il Portogallo sostiene altresì che la ragionevolezza del sistema è confermata dalla possibilità riconosciuta all'importatore di domandare una proroga del termine per l'attribuzione di una destinazione doganale.

27. Infine il Portogallo fa valere la conclusione del Tribunal Costitucional portoghese, successiva alla sentenza Siesse della Corte, secondo la quale l'imposizione di una sanzione ad valorem è compatibile con il principio di proporzionalità .

28. La Commissione è d'accordo con le autorità portoghesi sul fatto che l'art. 53 attribuisce loro discrezionalità in merito a quale sanzione imporre. Ciò non toglie che qualunque sanzione debba essere efficace, dissuasiva e proporzionata . Gli Stati membri sono obbligati, in forza dell'art. 10 CE, a perseguire le violazioni del diritto comunitario.

29. La Commissione tuttavia sostiene che la normativa portoghese non è proporzionata ai fini perseguiti. Mentre nella sentenza Siesse la Corte ha dichiarato che la vendita delle merci dell'importatore costituisce una soluzione estrema, il sistema portoghese stabilisce una presunzione assoluta secondo la quale la vendita è sempre necessaria per regolarizzare la situazione delle merci di cui trattasi.

30. La Commissione fa anche valere che un sistema di responsabilità oggettiva non è adeguato, poiché non si tratta di una violazione di legge grave e dovrebbe essere contemplata la possibilità di escludere la responsabilità (ad esempio in caso di forza maggiore). Inoltre il carattere oggettivo della sanzione deve essere chiaro e non equivoco, ma non è così nel caso di specie.

31. Infine, la Commissione ritiene che la sanzione non sia necessariamente sproporzionata per il fatto di essere calcolata ad valorem. Nel caso di specie l'applicazione di una tale sanzione rientra nei poteri discrezionali dello Stato membro. Inoltre, nella sentenza Siesse la Corte non ha ritenuto che la maggiorazione del 5% per merci fuori termine fosse sproporzionata. La Commissione sottolinea che la maggiorazione del 5% rappresenta tutto ciò che l'importatore deve alle autorità doganali e non vi sono imposizioni ulteriori a copertura delle spese amministrative o degli interessi.

32. Come ho già spiegato, la mia analisi si limita in via principale, se non esclusiva, alla compatibilità della maggiorazione per merci fuori termine con il principio di proporzionalità.

33. Il principio di proporzionalità è un principio fondamentale di diritto la cui osservanza deve essere garantita dalla Corte . Per essere proporzionata al suo obiettivo, una misura deve essere necessaria e idonea a raggiungerlo, tale obiettivo non deve essere raggiungibile in modo meno restrittivo e i vantaggi perseguiti non devono essere sproporzionati agli effetti onerosi della misura .

34. Come giustamente osservato dalla Commissione, qualora un importatore non abbia osservato le prescritte formalità doganali, è necessario un procedimento per regolarizzare la situazione delle merci. Mantenere le merci in custodia temporanea rappresenta un costo per lo Stato membro e vi è il rischio che le merci perdano il loro valore commerciale o provochino danni alle strutture di deposito delle autorità. L'imposizione di termini per l'attribuzione di una destinazione doganale è pertanto una regola di buona amministrazione che contribuisce ad una gestione ed un trattamento più efficace delle merci da parte delle autorità doganali.

35. La Commissione ha anche ragione ad affermare che punire la mancata osservanza di tali termini può essere utile. Dissuade l'importatore dal ripetere tale violazione, incoraggia il rispetto generale dei termini, mette fine alla custodia temporanea o al controllo delle merci da parte delle autorità doganali e garantisce il pagamento dei dazi doganali qualora non siano già stati pagati.

36. Considerato in questo contesto, credo che il termine «necessaria» di cui all'art. 53 del codice doganale comprenda l'imposizione di una sanzione che in generale dissuada dall'inosservanza delle formalità doganali.

37. La Corte ha già avuto occasione di valutare la normativa portoghese di cui si tratta nella presente causa. Nella sentenza Siesse la Corte ha stabilito che il predecessore del codice doganale, il regolamento del Consiglio 21 dicembre 1988, n. 4151, che stabilisce le disposizioni applicabili alle merci introdotte nel territorio doganale della Comunità , non osta a che la situazione di merci, i cui termini per lo sdoganamento non siano stati rispettati, possa essere regolarizzata mediante accettazione di una dichiarazione per l'immissione in libera pratica . Quanto alle possibili sanzioni (la maggiorazione per merci fuori termine) che gli Stati membri possono imporre agli operatori che non rispettano detti termini, la Corte ha dichiarato che, sebbene in questo settore conservino un potere discrezionale, gli Stati membri devono vegliare a che le violazioni del diritto comunitario siano punite in modo efficace, proporzionale e dissuasivo . Inoltre tali sanzioni devono rispettare i principi generali del diritto comunitario, in particolare il principio di proporzionalità e devono essere fissate in termini analoghi a quelli previsti nel diritto nazionale per infrazioni simili per natura e per importanza . La Corte ha concluso che spettava al giudice nazionale determinare il rispetto di tali parametri e principi generali .

38. La Corte ha caratterizzato la maggiorazione per merci fuori termine come una «misura di sicurezza destinata a garantire il pagamento effettivo del dazio corrispondente» e l'Avvocato generale ha ritenuto che costituisse uno strumento delle autorità doganali per preservare il loro privilegio ad ottenere il rimborso dei costi affrontati .

39. Dall'ordinanza di rinvio risulta che nella causa in esame tutti i diritti doganali dovuti sulle merci importate sono stati pagati al momento della loro dichiarazione per l'immissione in libera pratica e, come ho già osservato, tale momento precedeva l'apertura da parte delle autorità doganali del procedimento per merci fuori termine. Pertanto non si può affermare che l'imposizione della maggiorazione per merci fuori termine nella presente causa persegua il fine di assicurare che l'importatore saldi i debiti relativi ai dazi doganali sulle merci. Tale imposizione, nell'ambito del rapporto tra il ricorrente e le autorità rispetto alle merci in discorso, mira solamente a penalizzare l'importatore per non aver osservato i termini di legge e a recuperare eventuali spese cagionate della prolungata custodia delle merci, oltre agli interessi per il tardivo pagamento del dazio iniziale.

40. Nel valutare la proporzionalità della maggiorazione per merci fuori termine il giudice nazionale deve tenere conto del suo scopo e deve inoltre tenere presente le altre ragioni per imporre una tale sanzione, indicate supra, ai paragrafi 34 e 35. Il giudice nazionale deve accertare che il sistema di cui trattasi sia compatibile con il principio di proporzionalità in termini generali e non solo nella sua applicazione al singolo caso.

41. Un calcolo ad valorem ha il merito di essere proporzionale al valore delle merci. E' anche oggettivo e di ammontare predeterminabile.

42. Sia dall'ordinanza di rinvio che dalle osservazioni scritte risulta che l'imposizione della maggiorazione per merci fuori termine è automatica, nel senso che non è prevista nessuna eccezione. E' naturale che, se il giudice nazionale dovesse concludere che le autorità doganali hanno commesso un errore, vuoi nell'applicare la maggiorazione, vuoi nel calcolarne l'importo, l'importatore sarebbe, almeno nei limiti di tale errore, esonerato dal dover pagare la maggiorazione.

43. Sebbene la Commissione critichi l'assenza di mitigazione della maggiorazione in caso di forza maggiore, non credo che nella presente causa sia possibile giungere ad una qualsiasi conclusione su questo punto. La giurisprudenza dimostra che la Corte valuta la questione della forza maggiore nell'ambito del particolare contesto normativo del singolo caso. Come ha dichiarato nella sentenza First City Trading, «atteso che la nozione di forza maggiore, secondo costante giurisprudenza, non assume identico contenuto nei vari settori di applicazione del diritto comunitario, il suo significato dev'essere determinato in considerazione del contesto giuridico nell'ambito del quale è destinata a produrre i suoi effetti» . L'art. 53 del codice doganale permette alle autorità di adottare solo le misure necessarie per regolarizzare la situazione delle merci. Nella presente causa siamo di fronte ad uno Stato membro che ha dato attuazione al diritto comunitario nel proprio ordinamento giuridico. E' pacifico che gli Stati membri nel dare attuazione al diritto comunitario sono tenuti a rispettare i diritti fondamentali e il principio di proporzionalità, così come tali principi sono interpretati dalla Corte . Sembra conseguirne, almeno in circostanze di forza maggiore, che la vendita forzata delle merci dell'importatore, dal momento che costituisce una interferenza diretta con il diritto di proprietà, difficilmente potrebbe costituire una misura proporzionata. Tuttavia, il ricorrente non ha fornito alcuna prova di circostanze che integrino un caso di forza maggiore tale da aver influito sul mancato sdoganamento delle merci nei termini. Infatti, le merci, sebbene in ritardo, sono state sdoganate e i normali dazi doganali sono stati pagati. Qualora la questione, come nel caso di specie, sia limitata al recupero di una sanzione pecuniaria, non ritengo sia opportuno impegnarsi in speculazioni, cercando di individuare l'ambito di applicazione del concetto di forza maggiore, in mancanza di una qualsiasi prova che ne dimostri l'esistenza.

44. Sono cosciente del fatto che il ricorrente ha sostenuto che la maggiorazione sulle merci fuori termine non è applicata in base a parametri analoghi a quelli previsti nel diritto nazionale per infrazioni della stessa natura e della stessa gravità. Tuttavia, in assenza di informazioni su questo punto nell'ordinanza di rinvio, non posso in alcun modo esaminare dettagliatamente questo argomento. Si deve ricordare che nella sentenza Siesse la Corte ha indicato, quale condizione di validità della sanzione, che essa sia regolata «sotto il profilo sostanziale e procedurale, in termini analoghi a quelli previsti per le violazioni del diritto interno simili per natura e per importanza» . Ritengo che la Corte nella sentenza Siesse intendesse assicurare che l'infrazione fosse sanzionata per lo meno in termini altrettanto severi quanto quelli previsti per il diritto interno. Se la sanzione è proporzionata al suo fine, può non essere necessario che essa sia identica al suo equivalente nazionale; in altre parole, può essere una sanzione più pesante.

b) Il rispetto dei diritti della difesa

45. Nella prima, seconda (nella parte relativa all'eventuale violazione dei diritti della difesa), terza e quarta questione, il giudice nazionale intende in sostanza sapere se, per il fatto di operare automaticamente e senza previa notifica, il procedimento per merci fuori termine previsto dalla normativa portoghese sia contrario agli artt. 6, n. 3, 53, n. 1 o 243 del codice doganale.

46. Il ricorrente ripete che qualsiasi procedimento avviato in relazione a merci cui non sia stata attribuita una destinazione doganale deve essere necessario. Egli ritiene che l'importatore cui non venga notificata l'apertura di un siffatto procedimento non ha la possibilità di dimostrare che la vendita delle proprie merci ovvero l'imposizione della maggiorazione per merci fuori termine non è necessaria. La mancata notifica comporta inoltre l'impossibilità per l'importatore di esercitare i suoi fondamentali diritti di difesa. A parere del ricorrente un tale procedimento deve avere carattere contraddittorio.

47. Il ricorrente sostiene altresì che l'avvio del procedimento per merci fuori termine costituisce una «decisione» nel senso di cui all'art. 4, n. 5, del codice doganale. Inoltre, si tratta di una decisione «sfavorevole», cosicché, conformemente all'art. 6, n. 3, del codice, deve indicare i motivi su cui è fondata e far menzione del diritto di proporre ricorso ai sensi dell'art. 243.

48. Il Portogallo, invece, ritiene che non sia necessaria una decisione per avviare il procedimento per merci fuori termine. L'apertura di tale procedimento è conseguenza giuridica diretta della violazione dell'art. 49 del codice doganale e, ai sensi dell'art. 53 dello stesso, le autorità sono tenute a regolarizzare la situazione delle merci. Di conseguenza non è applicabile né l'art. 6, n. 3 né l'art. 243 del codice. In ogni caso il Portogallo sostiene che l'importatore ha il diritto di proporre ricorso nel corso del procedimento e che l'art. 243 non può pertanto considerarsi violato.

49. La Commissione sostiene che la notifica agli importatori non è necessaria ai sensi dell'art. 6, n. 3 del codice. Il testo dell'art. 53 del codice obbliga le autorità doganali ad agire «senza indugio». Imporre l'ulteriore condizione della notifica agli importatori rallenterebbe il procedimento e ritarderebbe l'adempimento dei doveri delle autorità.

50. La Commissione sostiene che l'art. 6, n. 3 del codice non è applicabile. Non è necessario che le autorità adottino una decisione scritta per instaurare il procedimento. La decisione può ben essere sfavorevole per il suo destinatario, ma non tutte le decisioni sfavorevoli devono avere forma scritta. E' solo quando gli operatori stessi presentano richiesta scritta che le decisioni devono essere adottate per iscritto. Infine, l'operare dell'art. 6, n. 3 presuppone che una decisione adottata ai sensi di questo articolo sia indirizzata ad un soggetto identificato. Nel caso del procedimento per merci fuori termine ciò non si verifica in tutti i casi, in quanto le autorità non sono sempre in grado di identificare l'importatore al momento rilevante.

51. Quanto al diritto di proporre ricorso previsto dall'art. 243 del codice, la Commissione distingue tra l'imposizione della maggiorazione per merci fuori termine e la vendita forzata delle merci stesse. Non è necessario informare gli importatori dell'imposizione di una sanzione pecuniaria dal momento che se ne renderanno conto al momento dell'esazione. Rispetto alla vendita delle merci, la Commissione è dell'opinione che, quando la vendita è urgente, non occorre che gli importatori siano informati immediatamente, ma che, anche in questo caso, devono essere avvertiti al più presto. I doveri delle autorità sono in qualche modo alleggeriti dalla pubblicazione obbligatoria, ai sensi dell'art. 659 della legge doganale portoghese, dell'elenco dei beni posti in vendita a seguito di procedimento per merci fuori termine. D'altro canto la Commissione traccia un'ulteriore distinzione a seconda che l'importatore sia o meno noto alle autorità: se gli importatori sono sconosciuti può risultare molto costoso individuarli, perciò non può essere imposta nessuna notifica ma, laddove si conoscano, gli importatori dovrebbero essere informati del loro diritto di proporre ricorso. Qualora non vengano informati del loro diritto di proporre ricorso, gli importatori noti all'autorità non saranno in grado di dimostrare che la vendita non è necessaria o che le autorità doganali hanno commesso un errore e si verificherebbe così un reale rischio di danno irreparabile. Questo rischio è aggravato dai poteri di controllo molto limitati di cui dispone il giudice nazionale nel procedimento di cui si tratta.

52. Occorre ricordare che il rispetto dei diritti della difesa è un principio fondamentale del diritto comunitario in forza del quale, qualora i provvedimenti della pubblica autorità ledano in maniera sensibile gli interessi dei destinatari, questi ultimi devono essere in grado di presentare efficacemente le loro difese .

53. Il codice doganale, agli artt. 6, n. 3 e 243, contiene disposizioni per l'esercizio di tale diritto ad un equo procedimento. L'art. 243 non prevede espressamente che l'importatore deve essere avvertito del diritto di proporre ricorso. Per altro verso, l'art. 6, n. 3 stabilisce che l'importatore sia informato tanto dei motivi per i quali una decisione è stata adottata quanto del diritto di proporre ricorso. L'applicabilità dell'art. 6, n. 3 è soggetta a certe condizioni: innanzitutto è necessario che sia stata adottata una «decisione» (nel senso di cui all'art. 4, n. 5 del codice), in secondo luogo che tale decisione abbia forma scritta ed infine che essa respinga le richieste presentate o sia «sfavorevole» al suo destinatario.

54. Il Portogallo insiste che, in diritto portoghese, l'apertura del procedimento per merci fuori termine è una conseguenza giuridica automatica della violazione dell'art. 49 del codice doganale. Ritengo tuttavia che la nozione di «decisione» debba ricevere un'interpretazione comunitaria uniforme. Il fatto che sia stata o no adottata una decisione non può dipendere dal modo in cui i diversi Stati membri interpretano i loro obblighi ai sensi dell'art. 53 del codice.

55. Ritengo che la «decisione» sia un atto che manifesta l'esercizio di un giudizio o di un potere discrezionale. Si tratta di un atto adottato dopo aver considerato vari elementi e, nel diritto comunitario, un tale atto deve indicare le ragioni o i motivi che hanno condotto a tale esercizio del potere discrezionale in modo da porre il destinatario effettivamente in grado di metterne in discussione la validità .

56. In Portogallo, nel momento in cui l'importatore esercita il diritto di presentare una dichiarazione tardiva ai sensi dell'art. 639 del regolamento doganale, diventa esigibile la maggiorazione del 5% per merci fuori termine. Come ho sopra indicato, per essere compatibile con il diritto comunitario la maggiorazione deve rispettare certi principi. Poniamo, ai fini della presente analisi, che la maggiorazione sia proporzionale e che sia applicata in termini analoghi a quelli previsti per le violazioni del diritto interno simili per natura e per importanza, dal momento che la questione dell'eventuale violazione dei diritti della difesa dell'importatore si pone solamente in tal caso. Posto tale assunto, l'applicazione della maggiorazione per merci fuori termine è in effetti, come ha sostenuto il Portogallo, automatica, nel senso che la sua applicazione non dipende dall'esercizio di un giudizio o di un potere discrezionale. Di conseguenza, non ritengo che l'imposizione della maggiorazione sia una «decisione» ai sensi del diritto comunitario.

57. L'atto di notifica all'importatore del debito relativo alla maggiorazione per merci fuori termine non richiederebbe un'ampia motivazione. Come hanno spiegato il ricorrente e le parti intervenienti nelle loro osservazioni scritte, l'ammontare della maggiorazione è sempre determinato ad valorem al 5% del valore delle merci, che può essere facilmente calcolato.

58. Poiché non ritengo che nel presente caso sia stata adottata alcuna «decisione», le autorità non erano obbligate a notificare alcunché al ricorrente né a menzionare la possibilità di proporre ricorso ai sensi dell'art. 243 del codice doganale. Il ricorrente conserva tuttavia il diritto di contestare l'imposizione della maggiorazione per merci fuori termine nel suo caso particolare. Può ad esempio far valere un errore dell'autorità ovvero, come nella specie, contestare la proporzionalità dell'imposizione. Nella presente causa mi sembra che, portando il suo caso dinanzi al Tribunal Fiscal Aduaneiro, il ricorrente abbia dimostrato che, anche quando gli artt. 6, n. 3, e 243 del codice non sono applicabili, l'importatore non è privato del diritto di ottenere una pronuncia giudiziale sulla validità dell'imposizione della maggiorazione.

59. Credo sia tuttavia opportuno fornire due esempi di situazioni in cui si sarebbe in presenza di una «decisione», nel senso di cui all'art. 4, n. 5 del codice doganale, con la conseguenza che l'art. 6, n. 3, avrebbe trovato applicazione. Innanzitutto non c'è alcun dubbio che quando, in forza dell'art. 49 del codice, un'autorità doganale decide di fissare un periodo più breve per l'attribuzione di una destinazione doganale o di non concedere la proroga richiesta, essa esercita un potere discrezionale e quindi adotta una «decisione». In secondo luogo, ritengo che l'organizzazione della vendita forza delle merci dell'importatore, in forza dell'art. 638 del regolamento doganale portoghese, costituisca del pari una decisione. La vendita in forza dell'art. 638 si basa sull'art. 53 del codice, ai sensi del quale però non è obbligatoria. Avvalersi della scelta contemplata dall'art. 53 comporta l'esercizio di un giudizio o di un potere discrezionale da parte delle autorità doganali. Queste ultime, in particolare, devono concludere che, in luogo di ogni altra misura, è necessaria la vendita delle merci. Inoltre, sebbene in via di principio l'art. 53 sicuramente la consenta, tale vendita costituisce una violazione rilevante del diritto di proprietà dell'importatore, specialmente se si considera che in certi casi elencati all'art. 675 del regolamento doganale portoghese lo Stato membro può fare proprio il ricavato della vendita. Il fondamentale diritto di proprietà dell'importatore deve essere rispettato . Di conseguenza, ritengo che gli importatori le cui merci sono destinate ad essere messe in vendita dovrebbero ricevere, il più presto possibile e in tempo utile, notifica di siffatta «decisione». In mancanza di tale notifica il loro diritto di proprietà sarebbe violato senza che abbiano la possibilità di esercitare il diritto di pagare la maggiorazione per merci fuori termine di cui all'art. 639 del regolamento doganale portoghese.

c) Libera circolazione delle merci

60. Nella seconda questione il giudice nazionale chiede se l'imposizione della maggiorazione per merci fuori termine costituisce un ostacolo alla libera circolazione delle merci.

61. La maggiorazione per merci fuori termine non è di sicuro una misura di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi dell'art. 25 CE, visto che è applicabile solamente alle merci provenienti dall'esterno della Comunità .

62. Ciononostante il ricorrente sostiene che la maggiorazione rappresenta una distorsione al principio del trattamento uniforme da parte di tutti gli Stati membri delle merci provenienti da paesi terzi. Il ricorrente sostiene che tale principio deriva dalla creazione dell'unione doganale di cui all'art. 23 CE. Il fatto che sull'ammontare della maggiorazione sia calcolata l'IVA conferma la sua vera natura di ostacolo alla libera circolazione delle merci.

63. La Commissione concorda sul fatto che, a seguito dell'introduzione della tariffa doganale comune, gli Stati membri non possono introdurre unilateralmente nuovi dazi doganali sui beni importati da paesi terzi né possono aumentare quelli esistenti . Tuttavia osserva inoltre - ed io concordo - che la maggiorazione per merci fuori termine non è applicata in modo generale a tutti gli importatori, ma solo a quelli che non hanno rispettato i termini per l'attribuzione di una destinazione doganale. Pertanto, la maggiorazione non è un ostacolo alla libera circolazione delle merci .

d) IVA

64. Nella quinta e nella settima questione il giudice nazionale chiede se le autorità doganali possono imporre l'IVA sull'importo della maggiorazione per merci fuori termine.

65. Il ricorrente, il Portogallo e la Commissione sono tutti d'accordo sul fatto che la maggiorazione per merci fuori termine costituisce una sanzione amministrativa procedurale e non dovrebbe essere soggetta ad IVA. Concordo con questa analisi in quanto, allorché applicano la maggiorazione, le autorità doganali agiscono in qualità di «pubbliche autorità» e non sono pertanto, ai sensi dell'art. 4 della sesta direttiva IVA, soggetti passivi. Dunque l'IVA non deve essere versata .

66. La Commissione ha ragione ad affermare che, quando le autorità esercitano questo potere sanzionatorio, non può verificarsi alcuna distorsione della concorrenza. Le autorità non hanno concorrenti potenziali in questo settore e quindi l'importante principio IVA della neutralità non può essere violato.

67. Se, al contrario, le autorità doganali fornissero un servizio di deposito, questo potrebbe essere soggetto ad IVA. I depositi sono indicati al punto 9 dell'allegato D alla sesta direttiva IVA, cosicché, ai sensi del terzo comma dell'art. 4, n. 5, tali autorità costituirebbero «soggetti passivi», qualora le loro attività non siano trascurabili.

V - Conclusione

68. Ritengo pertanto che le questioni sollevate dal Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto dovrebbero essere risolte come segue:

- Il diritto comunitario non osta a che le competenti autorità doganali impongano il pagamento di una sanzione pecuniaria, determinata ad valorem al 5% del valore in dogana delle merci, per l'accettazione di una dichiarazione di immissione in libera pratica dopo lo scadere dei termini previsti dall'art. 49 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario, purché l'importo della sanzione sia determinato in conformità al principio di proporzionalità e in termini analoghi a quelli previsti per le violazioni del diritto interno simili per natura e per importanza. Spetta al giudice nazionale determinare se la sanzione di cui si tratta nella causa principale sia compatibile con tali principi.

- Il sorgere dell'obbligazione dell'importatore di pagare una sanzione per aver presentato una dichiarazione di immissione in libera pratica dopo lo scadere dei termini previsti dall'art. 49 del regolamento n. 2913, non comporta l'adozione di alcuna «decisione», ai sensi dell'art. 4, n. 5 dello stesso regolamento, da parte delle autorità doganali, cosicché né l'art. 6, n. 3 né l'art. 243 di tale regolamento trova applicazione.

- La maggiorazione per la presentazione di una dichiarazione di immissione in libera pratica dopo lo scadere dei termini previsti dall'art. 49 del regolamento n. 2913/92 non costituisce un ostacolo alla libera circolazione delle merci.

- La maggiorazione per la presentazione di una dichiarazione di immissione in libera pratica dopo lo scadere dei termini previsti dall'art. 49 del regolamento n. 2913/92 è una sanzione amministrativa procedurale e, pertanto, non è soggetta ad IVA ai sensi della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme.