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61999C0322

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 14 dicembre 2000. - Finanzamt Burgdorf contro Hans-Georg Fischer e Finanzamt Düsseldorf-Mettmann contro Klaus Brandenstein. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesfinanzhof - Germania. - Sesta direttiva IVA - Artt. 5, n. 6, e 11, parte A, n. 1, lett. b) - Prelievo di un bene aziendale per uso privato - Tassazione qualora il bene o gli elementi che lo compongono abbiano consentito una deduzione dell'IVA versata a monte - Nozione di elementi che compongono il bene prelevato. - Cause riunite C-322/99 e C-323/99.

raccolta della giurisprudenza 2001 pagina I-04049


Conclusioni dell avvocato generale


1. Nelle due cause in oggetto, il Bundesfinanzhof tedesco (Corte federale competente in materia fiscale) chiede alla Corte di interpretare gli articoli 5, n. 6; 5, n. 7, lett. c); 11, parte A, n. 1, lett. b), e 20, n. 1, lett. b) della sesta direttiva IVA .

2. Ai sensi dell'art. 5, n. 6, della direttiva, l'IVA deve essere pagata sul prelievo, effettuato da un soggetto passivo, di un bene della propria impresa, per destinarlo ad uso privato. Quest'obbligo d'imposta è comunque soggetto alla condizione che «detto bene o gli elementi che lo compongono [abbiano] consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto».

3. Il problema, nelle cause di cui si tratta, è il trattamento fiscale del prelievo, da parte di un commerciante, di un'automobile per suo uso privato in una situazione in cui, nonostante avesse inizialmente acquistato quella vettura senza averne potuto dedurre l'imposta a monte, egli ha, in un momento successivo, dedotto l'imposta per le spese effettuate per il miglioramento, il mantenimento o l'utilizzazione dell'auto in questione.

Le disposizioni rilevanti della Direttiva

4. L'art. 2 della direttiva assoggetta ad IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

5. Secondo l'art. 5, n. 6, «è assimilato» ad una cessione a titolo oneroso

«il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina al proprio uso privato o all'uso del suo personale o lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto (...)».

6. L'art. 6, n. 2, lett. a), contiene una disposizione simile:

«Sono assimilati a prestazioni di servizi a titolo oneroso:

a) L'uso di un bene destinato all'impresa per l'uso privato del soggetto passivo o per l'uso del suo personale o, più generalmente, a fini estranei alla sua impresa qualora detto bene abbia consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto (...)».

7. Ai sensi dell'art. 5, n. 7, lett. c), gli Stati Membri possono adottare ulteriori disposizioni.

«Gli Stati membri possono assimilare ad una concessione a titolo oneroso:

(...)

c) (...) il possesso di beni da parte di un soggetto passivo o dei suoi aventi causa, in caso di cessazione della sua attività economica tassabile, quando detti beni hanno consentito una deduzione parziale o totale al momento dell'acquisto (...)».

8. L'art. 11, parte A, n. 1, lett. b), definisce la base imponibile per le operazioni di cui all'art. 5, nn. 6 e 7. Tale base imponibile è, in questi casi, costituita:

«(...) dal prezzo di acquisto dei beni o di beni similari, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni».

9. Ai sensi dell'art. 20, n. 1, lett. b), la rettifica della deduzione iniziale è effettuata quando, successivamente alla dichiarazione, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l'importo della deduzione.

10. Lo scopo dell'art. 5, n. 6, della direttiva consiste nell'assicurare parità di trattamento tra un soggetto passivo d'imposta che preleva un bene dal patrimonio della propria impresa per uso privato, e un consumatore ordinario che abbia acquistato un bene dello stesso tipo. Al fine di realizzare un tale obiettivo, questa disposizione impedisce ad un soggetto passivo, che ha potuto dedurre l'IVA per l'acquisto di beni destinati ad essere utilizzati nella sua impresa, di eludere il pagamento dell'IVA nel momento in cui utilizza questi beni per uso privato e di godere, quindi, di vantaggi (che risultano dal diritto alla deduzione) ai quali non ha diritto rispetto ad un consumatore ordinario che acquisti beni e su tali acquisti paghi l'IVA .

11. Da tale sistema e dalla formulazione della direttiva consegue che l'art. 5, n. 6, crea una cessione fittizia di beni e riguarda il trasferimento definitivo di beni al di fuori dell'impresa. La disposizione parallela dell'art. 6, n. 2, lett. a), crea, al contrario, una prestazione fittizia di servizi e riguarda l'utilizzo privato di beni che continuano a fare parte dell'impresa .

Contesto normativo tedesco

12. Le cause principali riguardano gli anni 1991 e 1992 e sono perciò regolate dall'Umsatzsteuergesetz (Legge relativa all'imposta sulla cifra d'affari) 1991. L'articolo 1, n. 1, punto 2), di questa legge assoggettava ad imposta l'uso privato di beni e di servizi (Eigenverbrauch). L'articolo 1, n. 1, punto 2, lett. a), definiva come uno dei casi di Eigenverbrauch il prelievo (Entnahme) di beni aziendali per fini diversi da quelli aziendali.

13. La legge tedesca applicabile era, perciò, in sostanza simile all'art. 5, n. 6, della direttiva, con una sola eccezione: l'art. 5, n. 6, sottopone l'obbligo di pagare l'imposta alla condizione che «detto bene o gli elementi che lo compongono [abbiano] consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto», mentre la legge tedesca non conteneva una simile condizione.

14. Nonostante questa differenza, le autorità tedesche applicavano la condizione prevista dalla direttiva, sulla base dell'effetto diretto dell'art. 5, n. 6. Il trasferimento di un'auto dell'impresa nel patrimonio privato non era, per esempio, tassato quando l'auto era stata acquistata senza deduzione d'imposta presso un privato .

15. In tale contesto è sorto il problema di sapere se l'art. 5, n. 6, permetta la tassazione nel caso in cui il commerciante in questione, dopo l'iniziale acquisto che non dava diritto a una deduzione, abbia dedotto l'imposta sulle spese nelle quali è incorso per il miglioramento o la manutenzione o l'uso del bene trasferito ad uso privato. Il nodo centrale di questa discussione era il significato del concetto di «elementi che compongono» il bene nell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva.

16. A tal riguardo il Ministero federale delle Finanze ha pubblicato, il 13 maggio 1994, una circolare che è divenuta rapidamente nota come la «circolare tergicristalli» (Scheibenwischererlass). Questa circolare fissa i seguenti principi. Se il commerciante aveva diritto a una deduzione dell'IVA non per i beni in sè, ma per gli elementi che li componevano aggiunti in seguito, il trasferimento dei beni per uso non aziendale era soggetto ad IVA. A fini di semplificazione, un trasferimento di beni per uso non aziendale non può essere soggetto a IVA nel caso in cui le spese (al netto dell'IVA) per miglioramenti e riparazioni, manutenzione e cura dei beni trasferiti, non eccedano il 20% del costo iniziale d'acquisto. Se tali spese superano il 20% del costo iniziale del bene, si può presumere, senza ulteriori accertamenti, che i componenti siano stati aggiunti al bene. A titolo di esempio delle spese che possono essere prese in considerazione, la circolare menziona le spese per la revisione della macchina, per il lavaggio, per la sostituzione della frizione e delle ganasce dei freni e per l'acquisto di nuovi tergicristalli .

17. Il Bundesfinanzhof ha ritenuto, al contrario, in una sentenza del 30 marzo 1995 , che le spese di manutenzione o l'utilizzazione dei beni che abbiano dato origine a una deduzione non possono influire sulla tassazione del prelievo di questi beni per uso personale. Questo perché le spese per la manutenzione o l'utilizzazione dei beni non portavano, in generale, all'acquisto o alla creazione di «elementi che compongono» i beni ai sensi dell'art. 5, n. 6, della direttiva. Nella sua sentenza il Bundesfinanzhof ha fatto ampio, ripetuto riferimento alla sentenza della Corte nella causa Kühne . In quella sentenza la Corte ha stabilito che nessun obbligo di imposta sorge ai sensi dell'art. 6, n. 2, lett. a), nel caso di uso privato da parte di un soggetto passivo di un'automobile acquistata, d'occasione e senza deduzione di imposta, da un privato, nonostante il fatto che il soggetto passivo abbia dedotto l'imposta per i costi cui è andato incontro a causa della manutenzione e dell'utilizzazione del bene. Il regime fiscale da applicare alle cessioni di beni aziendali doveva essere dissociato da quello delle spese imponibili sostenute per l'utilizzazione e la manutenzione di questi beni.

Le cause principali e le questioni pregiudiziali

Causa C-322/99

18. Il sig. Fischer commerciava in automobili d'epoca di seconda mano. Nel 1989 egli aveva acquistato, nell'esercizio della sua attività, una «RR-Bentley» da un privato - senza poter, perciò, dedurre l'imposta a monte - al prezzo di DM 28 000. Nel 1990, il sig. Fischer ha fatto eseguire ingenti lavori di carrozzeria e riverniciatura, che gli sono costati DM 10 800, più DM 1 512 di IVA. Egli ha dedotto l'IVA inclusa in quella fattura. Il 31 dicembre 1992 egli ha cessato la sua attività e ha trasferito alcune delle auto d'epoca rimaste invendute, compresa la «RR-Bentley», nel suo patrimonio privato.

19. Il Finanzamt (Ufficio delle imposte) Burgdorf ha ritenuto il trasferimento della Bentley un trasferimento di patrimonio aziendale ad uso privato e per questo soggetto ad imposta. L'ufficio ha usato come base dell'accertamento il Teilwert (valore parziale) di DM 20 000 e ha, di conseguenza, fissato l'IVA a DM 2 800.

20. Il sig. Fischer, valendosi dell'art. 5, n. 6, della direttiva, ha presentato reclamo e, successivamente, ricorso dinanzi al Finanzgericht, che è stato accolto.

21. Nel suo ricorso in cassazione dinanzi al Bundesfinanzhof, il Finanzamt ha sostenuto la violazione dell'art. 1, n. 1, punto 2, lett. a), dell'Umsatzsteuergesetz 1991, basandosi sui seguenti argomenti. Ai sensi dell'art. 5, n. 6, della direttiva un trasferimento ad uso privato può essere soggetto ad imposta quando l'IVA sui beni in questione o sugli elementi che li compongono sia interamente o parzialmente deducibile. Anche se il sig. Fischer non aveva dedotto l'imposta sull'acquisto dell'automobile, lo ha fatto per tutti ingenti lavori di riparazione e di riverniciatura eseguiti. Secondo la giurisprudenza del Bundesfinanzhof, le spese per la manutenzione e l'uso del bene non portano ad «elementi che compongono» il bene ai sensi dell'art. 5, n. 6. Il presupposto di fondo è che tali spese sono di solito consumate nel corso dell'utilizzazione aziendale dei beni, e non sfociano perciò in un consumo finale al momento del trasferimento ad uso privato. Non è così nel caso di misure che danno luogo ad un aumento duraturo del valore dei beni (e perciò del loro valore quando trasferiti ad uso privato). Tali misure dovrebbero essere trattate come elementi che sono stati aggiunti ai beni e che consentono una deduzione d'imposta. In tali casi, il sistema richiede che il trasferimento di beni ad uso privato sia soggetto ad imposta, per impedire che il loro consumo finale sia esente da imposta. Nel caso di specie, gli importanti lavori effettuati sull'automobile equivalgono a ulteriori costi d'acquisto e di fabbricazione e giustificano, quindi, la tassazione del trasferimento della «RR-Bentley» ad uso privato del sig. Fischer.

22. Il Bundesfinanzhof ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni preliminari:

«1) Se successivi lavori di carrozzeria e di verniciatura (con deduzione dell'imposta) su un'autovettura (acquistata senza diritto alla deduzione dell'imposta) prelevata dall'impresa comportino

a) che questa ai sensi dell'art. 5, n. 6, della [sesta] direttiva debba essere considerata come un bene, che ha consentito una deduzione parziale dell'IVA, oppure

b) che le spese successive debbano essere considerate come elementi del bene che hanno consentito una deduzione dell'IVA.

2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1:

quali siano i beni assoggettati all'imposta ai sensi dell'art. 5, n. 6, della direttiva in quanto prelevati dall'impresa:

a) l'autovettura unitamente alle prestazioni fatte valere (lavori di carrozzeria e verniciatura) oppure

b) solo le prestazioni fatte valere (lavori di carrozzeria e verniciatura).

3) In caso di soluzione affermativa della questione sub 2: se la base imponibile ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. b), della direttiva sia costituita dal prezzo di acquisto dell'autovettura (o di un veicolo dello stesso tipo) unitamente al prezzo delle prestazioni di riparazione, al prezzo vigente al tempo del prelievo, oppure solo dal prezzo delle riparazioni fatte valere (con deduzione d'imposta).

4) Quale sia il rapporto tra l'art. 5, n. 6, e l'art. 5, n. 7, lett. c), della direttiva.

5) In caso di soluzione della questione sub 1 nel senso che le prestazioni (lavori di carrozzeria e verniciatura) fatte valere successivamente (con deduzione d'imposta) nel prelevare un bene (autovettura) non devono essere assoggettate ad imposta ai sensi dell'art. 5, n. 6, della direttiva: se la deduzione per queste prestazioni debba essere rettificata ai sensi dell'art. 20, n. 1, lett. b), della direttiva».

Causa C-323/99

23. Il sig. Brandenstein svolge un'attività autonoma di consulente fiscale e revisore dei conti. L'8 novembre 1985 egli ha acquistato un'auto da un privato, per DM 33 600. Nella fattura l'IVA non era indicata separatamente. Fino al 1991 l'auto faceva parte del solo patrimonio aziendale del sig. Brandenstein. Durante quel periodo, egli ha speso un totale di DM 16 028,54 (IVA inclusa) in revisione, riparazioni minori, cambio degli pneumatici, installazione di convertitore catalitico nel 1987 e sostituzione del parabrezza, nel 1991. In ognuna di queste occasioni egli ha fatto valere la deduzione di imposta. Nel 1991 egli ha trasferito l'auto ad uso privato.

24. Nel suo avviso d'imposizione del 1991, il Finanzamt Düsseldorf-Mettmann ha ritenuto che il trasferimento di un'auto ad uso privato fosse imponibile ai sensi dell'art. 1, n. 1, sub 2, lett. a), dell'Umsatzsteuergesetz del 1991. Il Finanzamt aveva usato come base imponibile la somma che il ricorrente aveva dichiarato essere il valore del trasferimento ad uso privato ai fini dell'imposta sui redditi (DM 7 500) ed ha fissato un'IVA di DM 1 050.

25. Il sig. Brandenstein ha presentato reclamo sostenendo che un trasferimento ad uso privato di beni aziendali, sull'acquisto dei quali l'IVA non era deducibile, non dovrebbe essere tassato. A sostegno dei suoi argomenti, egli faceva riferimento alla sentenza della Corte nella causa Kühne e alla giurisprudenza del Bundesfinanzhof.

26. Il Finanzamt ha respinto il reclamo. Ha fatto riferimento alla circolare del Ministero federale delle Finanze del 13 maggio 1994 . Il trasferimento dell'auto ad uso privato era soggetto ad IVA in quanto le spese (al netto dell'IVA) per miglioramenti, riparazioni, manutenzione e conservazione ammontavano a più del 20% del costo iniziale d'acquisto di DM 33 600.

27. Il ricorso presentato dal sig. Brandenstein dinanzi al Finanzgericht contro tale decisione è stato accolto. Nella motivazione della sua sentenza, il Finanzgericht ha dichiarato che ricorrevano i requisiti per non essere soggetti ad imposta, previsti all'art. 5, n. 6, della sesta direttiva, in quanto le spese che il sig. Brandenstein aveva sostenuto per l'auto, finché questa era parte del suo patrimonio aziendale, non avevano alterato né esteso il suo utilizzo potenziale, e nemmeno ne avevano incrementato il valore in modo rilevante.

28. Nel suo ricorso in cassazione dinanzi al Bundesfinanzhof, il Finanzamt argomenta, in sostanza, che il sig. Brandenstein o ha aggiunto all'auto degli «elementi che la compongono» nel significato originale dell'espressione e che - almeno in parte - non erano stati consumati prima del trasferimento ad uso privato, o ha acquistato «beni» autonomamente (o in aggiunta). Secondo il Finanzamt gli «elementi che compongono» il bene sono parti di un oggetto naturale unico (natürliche Sacheinheit) o di un oggetto composito, che hanno perduto la loro particolarità autonoma (Selbständigkeit) combinandosi tra loro.

29. Il Bundesfinanzhof ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se [l'art. 5, n. 6, prima frase, della sesta direttiva] si applichi qualora non il bene stesso, ma i servizi o le forniture che il soggetto passivo ha ottenuto per questo bene successivamente al suo acquisto abbiano consentito la deduzione dell'imposta versata a monte.

2) Che cosa si debba intendere col termine "elemento che compone il bene" ai sensi di questa disposizione.

3) Come si calcoli la base imponibile in caso di prelievo, qualora non il bene prelevato, ma alcuni elementi che lo compongono abbiano consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto.

4) Se la deduzione dell'imposta che un soggetto passivo ha fatto valere riguardo a prestazioni di servizi o cessioni di beni per beni acquistati senza aver diritto alla detrazione dell'imposta, debba essere rettificata ai sensi dell'art. 20 della [sesta] direttiva, nel caso in cui non si applichi l'art. 5, n. 6, prima frase, di tale direttiva».

30. Le cause C-322/99 e C-323/99 sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza con ordinanza 6 luglio 2000.

31. Osservazioni scritte sono state presentate dal governo tedesco e dalla Commissione, in entrambe le cause, e dal governo greco, nella sola causa C-322/99. All'udienza erano rappresentati il sig. Brandenstein, il governo tedesco e la Commissione.

Imposizione fiscale a norma dell'art. 5, n. 6

32. La prima questione nella causa C-322/99 e la prima e la seconda questione nella causa C-323/99 pongono il problema se vi sia assoggettamento all'IVA a norma dell'art. 5, n. 6, nel caso in cui, nonostante l'IVA sull'acquisto dell'auto non fosse deducibile, sia stata invece dedotta l'IVA per i lavori eseguiti sull'auto dopo il suo acquisto.

33. In caso di risposta affermativa alla prima questione, il giudice di rinvio chiede, con la seconda questione posta nella causa C-322/99, se, ai sensi dell'art. 5, n. 6, l'imposta gravi sui beni in questione e sugli elementi che li compongono presi nel loro insieme, oppure sugli elementi aggiunti successivamente.

34. Le automobili che i sig. i Fischer e Brandenstein hanno trasferito a loro uso privato sono «beni materiali» ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva, e devono, di conseguenza, essere classificati come «beni» ai fini dell'art. 5. Possono quindi essere oggetto di una cessione fittizia a norma dell'art. 5, n. 6.

35. E' ammesso da tutti che, prima del loro prelievo per uso privato, queste auto facessero esclusivamente parte del patrimonio aziendale dei due ricorrenti. E' ugualmente ammesso da tutti che l'IVA sull'acquisto delle automobili non fosse deducibile.

36. Il problema che si pone è se il prelievo di queste auto per uso privato sia, ciononostante, imponibile, in quanto il sig. Fischer e il sig. Brandestein hanno dedotto l'IVA per lavori eseguiti sulle auto dopo il loro acquisto. Si ricorderà che essi avevano dedotto l'IVA per «ingenti lavori di carrozzeria e di riverniciatura» (causa C-322/99) e per «revisione, riparazioni minori, cambio degli pneumatici, installazione di convertitore catalitico e sostituzione del parabrezza» (causa C-323/99).

37. La soluzione di questo problema dipende dall'interpretazione della frase, nell'art. 5, n. 6, «quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto».

38. Come il giudice di rinvio spiega correttamente , esistono due modi di leggere questa frase, ed entrambi possono condurre ad una imposizione ai sensi dell'art. 5, n. 6. In casi come quelli di specie, si può sostenere

- che l'IVA sul «detto bene» fosse «parzialmente» deducibile, o

- che l'IVA sugli «elementi che lo compongono» fosse deducibile.

39. Cercherò di stabilire se una di queste interpretazioni alternative possa applicarsi nei casi in esame.

L'IVA sul «bene» in questione era «parzialmente» deducibile?

40. Secondo il governo greco, nella causa C-322/99, l'IVA sul «detto bene» era «parzialmente» deducibile a norma dell'art. 5, n. 6, della direttiva. Ritiene, inoltre, che i lavori di carrozzeria e di verniciatura effettuati dal sig. Fischer sulla «RR-Bentley» fossero molto ingenti, come si può dedurre dal loro costo elevato (in confronto al prezzo iniziale d'acquisto). Questi costi devono, quindi, essere visti come aver contribuito al costo totale d'acquisto dell'auto di cui trattasi.

41. Più in generale, nell'opinione del governo greco, il concetto di «bene» di cui all'art. 5, n. 6, si riferisce non solo alla sua iniziale acquisizione, ma anche ad ogni tipo di spesa successiva che incrementi, a lungo termine, il valore di questo bene. Solo le spese di manutenzione e uso del bene, che non abbiano alcuna influenza duratura sul suo valore, possono essere trascurate quando si accerti se l'IVA sul «bene» in questione fosse «parzialmente» deducibile. L'interpretazione suggerita è perciò in accordo con le sentenze Kühne e Mohsche . In entrambe la Corte aveva dichiarato che l'art. 6, n. 2, della direttiva, assoggettava l'imposizione dell'uso privato di un bene aziendale alla condizione che lo stesso bene, e non le spese per la sua manutenzione o utilizzazione, avesse dato origine alla deduzione.

42. Sono, però, d'accordo con la Commissione e il governo tedesco nel sostenere che l'art. 5, n. 6, della direttiva non possa essere interpretato in questo modo.

43. In primo luogo, l'alternativa della «deduzione parziale» sembra concepita per coprire solo le situazioni in cui i beni in questione siano in parte destinati alle attività aziendali del soggetto passivo, e in parte alle sue attività private. Un buon esempio è fornito nella causa Armbrecht in cui un commerciante aveva scelto, al momento dell'acquisto di una proprietà, di destinare solo una parte di questa all'attività aziendale e di riservare il resto al suo uso privato. Solo in casi come questo è davvero corretto parlare di «deduzione parziale» dell'imposta. Nei casi di cui si tratta, invece, l'acquisto iniziale delle auto di seconda mano non aveva dato origine ad alcuna deduzione, mentre i successivi lavori eseguiti su quelle auto hanno dato origine a numerose deduzioni «totali».

44. In secondo luogo, ritengo che l'espressione «detto bene (...) ha consentito una deduzione (...) dell'IVA» si riferisca solo all'imposta a monte sull'acquisto iniziale o sulla produzione di questo bene, e non all'imposta a monte sulle successive spese effettuate per quel bene. Questo perché l'imposta a monte sulle spese successive è ricompresa, nei limiti in cui è rilevante per l'applicazione dell'art. 5, n. 6, nell'espressione «gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione (...) dell'IVA» (v. infra, paragrafi 45-77).

L'IVA sugli «elementi che compongono» il bene era deducibile?

45. Il dibattito dinanzi alla Corte si è concentrato sul significato dell'espressione «elementi che compongono» il bene contenuta nell'art. 5, n. 6, della direttiva.

46. Il governo tedesco ritiene, in sostanza, che le spese di ogni tipo (incluse le spese per prestazioni di servizi) che mantengano o incrementino il valore di questo bene, rientrino nel concetto di «elementi che compongono» il bene.

47. La Commissione ritiene, invece, che gli «elementi che compongono» il bene possono derivare solo da cessioni di beni e non da prestazioni di servizi. Inoltre, le cessioni di beni di limitato valore, che non incrementino in modo evidente il valore del bene in questione, non possono essere ritenute «elementi che compongono» il bene.

- Gli «elementi che compongono» il bene possono essere aggiunti dopo l'acquisto iniziale?

48. Un primo quesito cui rispondere è se il concetto di «elementi che compongono» il bene sia limitato alle parti già presenti al momento dell'acquisto iniziale, o se includa anche parti aggiunte in un momento successivo.

49. Mi trovo d'accordo con il governo tedesco e la Commissione, che ritengono che «gli elementi che compongono» il bene possano essere aggiunti in un momento successivo all'acquisto del bene.

50. Mentre le versioni in lingua finlandese, greca, tedesca, olandese, svedese e danese dell'art. 5, n. 6 usano un'espressione temporalmente neutra simile all'inglese «components parts», dalle versioni francese («les éléments le composant»), spagnola («los elementos que lo componen»), italiana («gli elementi che lo compongono») e portoghese («aos elementos que os compõem») risulta che il momento rilevante per stabilire se le parti che compongono questo bene consentissero una deduzione dell'IVA, è il momento del prelievo per uso privato e non il momento dell'acquisto iniziale. La formulazione dell'art. 5, n. 6, conferma perciò l'opinione che le parti che compongono il bene possono essere aggiunte in un momento successivo all'acquisto iniziale.

51. Inoltre, l'art. 5, n. 6, è diretto, come già visto , a impedire che un soggetto passivo, che abbia potuto dedurre l'IVA per l'acquisto di beni utilizzati per la sua azienda, possa sottrarsi al pagamento dell'IVA quando preleva questi stessi beni per suo uso privato. In vista di quest'obiettivo, gli elementi preesistenti e gli elementi aggiunti in un momento successivo all'acquisto iniziale non possono essere trattati in modo diverso. In entrambi i casi, l'IVA sugli elementi che compongono il bene era deducibile nella prospettiva di un utilizzo successivo del bene nell'ambito delle operazioni imponibili del commerciante, e, in entrambi i casi, a un commerciante che preleva questo bene per uso privato dovrebbe essere impedito di godere di un vantaggio in termini di deduzione cui non ha più diritto di un consumatore comune che acquisti il bene e vi paghi l'IVA .

52. Di conseguenza, il concetto di «elementi che compongono» il bene comprende elementi aggiunti in un momento successivo all'acquisto iniziale.

- Le prestazioni di servizi possono dar luogo a «elementi che compongono» il bene?

53. Il problema è di sapere se gli «elementi che compongono» il bene possano solo derivare da cessioni di beni o anche da prestazioni di servizi. Tale questione può avere rilevanza sia nella causa C-322/99, in cui il sig. Fischer aveva dedotto l'IVA per «ingenti lavori di carrozzeria e di verniciatura» sulla «RR-Bentley», sia nella causa C-323/99, in cui il sig. Brandenstein aveva dedotto l'IVA per «revisione» e «riparazioni minori».

54. Il governo tedesco ritiene, sulla base di una interpretazione teleologica dell'art. 5, n. 6, della direttiva, che sia le prestazioni di servizi che le cessioni di beni possano dare luogo a elementi che compongono il bene. A suo parere, lo scopo dell'art. 5, n. 6, è quello di impedire che il consumo privato di un soggetto passivo (sotto forma di trasferimento del elementi del patrimonio aziendale al patrimonio privato) sfugga all'imposizione fiscale. Un prelievo di beni aziendali per uso privato porta a un consumo privato nel caso in cui questi beni, o il loro valore intrinseco, non siano stati completamente consumati finché erano parte del patrimonio aziendale del soggetto passivo. Lo stesso risulta indirettamente dall'art. 11, parte A, n. 1, lett. b), che fissa come base imponibile rilevante il prezzo di acquisto dei beni, determinato nel momento del trasferimento ad uso privato. La tassazione ai sensi dell'art. 5, n. 6, dipende, quindi, dalle condizioni materiali in cui i beni in questione lasciano l'ambito dell'impresa e diventano parte del patrimonio privato del soggetto passivo. Le condizioni materiali dei beni al momento del loro trasferimento dipendono, a loro volta, dal fatto che sui beni in questione siano stati effettivamente eseguiti migliorie o lavori di manutenzione. Dal momento che le prestazioni di servizi ( per esempio lavori di carrozzeria) possono avere, in termini economici, gli stessi effetti positivi a lungo termine sulle condizioni materiali e sul valore dei beni in questione che hanno le cessioni di beni (per esempio la fornitura di un nuovo motore), il concetto di elementi che compongono il bene dovrebbe essere interpretato in modo da includere le prestazioni di servizi che aumentino o mantengano il valore dei beni in questione. A tal riguardo, il governo tedesco sottolinea anche la difficoltà pratica di distinguere tra prestazioni di servizi e cessioni di beni. Di solito, i lavori effettuati su beni in un momento successivo al loro acquisto iniziale implicano sia cessioni di beni che prestazioni di servizi (ad esempio la sostituzione del parabrezza).

55. Ritengo, però, che la formulazione inequivocabile dell'art. 5, n. 6, e il sistema della direttiva non permettano un'interpretazione a tal punto estensiva del concetto di elementi che compongono il bene.

56. Le versioni francese (les éléments le composant), spagnola (los elementos que lo componen) e italiana (gli elementi che lo compongono) della direttiva utilizzano termini che possono forse essere tradotti in inglese come «component elements». Le versioni tedesca (Bestandteile) e olandese (bestanddelen) utilizzano termini di significato più simile all'espressione utilizzata nella versione inglese della direttiva, e cioè «component parts». Nonostante la differenza minima tra «elements» (elementi) e «parts» (parti), la terminologia utilizzata in tutte le versioni linguistiche indica che «gli elementi che compongono» il bene ai sensi dell'art. 5, n. 6, devono essere oggetti materiali e tangibili che siano integrati nei beni in questione. Non vedo come servizi che non comportino cessioni di beni (per esempio un lavaggio dell'auto, o la riparazione della carrozzeria) possano dar luogo a «elementi» o «parti» di beni ai sensi dell'art. 5, n. 6, della direttiva.

57. Ciò è confermato dall'interpretazione sistematica dell'art. 5, n. 6. In tutte le versioni linguistiche, il concetto di elementi che compongono il bene è direttamente collegato alla prima alternativa dell'art. 5, n. 6, e cioè «detto bene». Per esempio, nella versione inglese, l'IVA deve'essere stata dedotta sugli elementi che compongono il bene («thereof»). Di conseguenza, se il «bene» è definito all'art. 5, n. 1, come una proprietà materiale, «gli elementi che lo compongono» devono essere della stessa natura. Una prestazione di servizi è definita, al contrario, come un'operazione che non costituisce cessione di beni (art. 6, n. 1, della direttiva).

58. Per di più, io non condivido i timori che stanno alla base della posizione del governo tedesco, e cioè che l'esclusione delle prestazioni di servizi dal concetto di elementi che compongono il bene porterebbe ad un'ingente quantità di consumi privati non imponibili, e quindi all'elusione dell'imposta. O i servizi in questione non danno luogo a un incremento duraturo del valore del bene (per esempio un lavaggio dell'auto) e sono, quindi, consumati all'interno dell'azienda prima del trasferimento ad uso privato; oppure, quando i servizi in questione diano luogo a un incremento duraturo del valore del bene (per esempio importanti lavori di riparazione della carrozzeria) la deduzione iniziale può essere rettificata ai sensi dell'art. 20, n. 1, lett. b), della direttiva (vedi infra, paragrafi 84-93).

59. Infine, è vero che i lavori effettuati su un'automobile spesso comportano sia cessioni di beni che prestazioni di servizi. Questo, tuttavia, non significa che le prestazioni di servizi non possano essere distinte dalle cessioni di beni. Per determinare se una data operazione costituisca una cessione di beni o una prestazione di servizi è necessario identificare i suoi elementi caratteristici . Quando la cessione di beni è solo un elemento di un'operazione in cui la prestazione di servizi predomina ampiamente, l'operazione in questione deve essere considerata come una prestazione di servizi . La revisione, per esempio, può richiedere la fornitura di viti, filtri dell'olio o candele. I lavori di verniciatura richiedono la fornitura di vernice. E' in casi come questi, in cui i lavori su di un'auto implicano la fornitura di alcuni beni strumentali e secondari, che sono inestricabilmente legati ai servizi in questione, che il lavoro deve essere visto come una prestazione di servizi ai sensi dell'art. 6, n. 1, della direttiva, e non può quindi essere ricondotto al concetto di «elementi che compongono» il bene.

60. Di conseguenza, le prestazioni di servizi (incluse quelle che comportano necessariamente cessioni di beni strumentali e secondarie) non possono dar luogo a «elementi che compongono» il bene ai sensi dell'art. 5, n. 6.

- Quali categorie di cessioni di beni integrano gli estremi di «elementi che compongono» il bene?

61. Se solo le cessioni di beni possono dare origine agli «elementi che compongono» il bene ai sensi dell'art. 5, n. 6, ci si pone la domanda se debbano essere tenute in conto tutte le cessioni di beni. Nella causa C-323/99, per esempio, il sig. Brandenstein aveva dedotto l'IVA sul «cambio degli pneumatici, l'installazione di un convertitore catalitico e la sostituzione di un parabrezza». Ci si pongono le stesse domande con riguardo alla sostituzione di una batteria, o all'installazione di un motore più potente o di un telefono cellulare.

62. Il governo tedesco ritiene che tutte le cessioni che non siano state consumate mentre il bene e gli elementi che lo compongono facevano parte del patrimonio aziendale imponibile del soggetto passivo dovrebbero, in via di principio, essere soggette a imposta a norma dell'art. 5, n. 6. Di conseguenza, le cessioni di beni che possono essere classificate come spese di manutenzione, possono ugualmente costituire «elementi che compongono» il bene, dato che l'unica condizione posta è quella che queste cessioni possano essere utilizzate e consumate durante un certo periodo di tempo.

63. La Commissione suggerisce invece, come già detto, un'interpretazione più restrittiva del concetto di «elementi che compongono» il bene. A suo parere, solamente cessioni di beni che incrementano palesemente il valore del bene in questione costituiscono elementi che compongono il bene stesso. Le cessioni di beni di valore relativamente limitato non dovrebbero essere prese in considerazione.

64. Se ho correttamente inteso queste due divergenti posizioni, il governo tedesco qualificherebbe, per esempio, una nuova batteria come un «elemento che compone» il bene, mentre la Commissione probabilmente no. Sia la Commissione che il governo tedesco accetterebbero probabilmente di qualificare un nuovo motore come un «elemento che compone» il bene.

65. Nella formulazione dell'art. 5, n. 6, nulla indica se le deduzioni dell'IVA su elementi di valore relativamente limitato debbano dar luogo a imposizione a norma di tale disposizione.

66. Sono perciò d'accordo con la Commissione che il contenuto del concetto di «elementi che compongono» il bene non possa essere determinato senza aver riguardo alle conseguenze giuridiche dell'art. 5, n. 6, della direttiva. E' quindi necessario affrontare immediatamente il problema sollevato dalla seconda questione della causa C-322/99, e cioè se, nel caso in cui l'art. 5, n. 6 sia applicabile, l'obbligo di imposta sorga con riguardo al bene in questione e alle parti che lo compongono presi nel loro insieme, o con riguardo solo agli elementi aggiunti successivamente.

67. Nell'art. 5, n. 6, si afferma che il prelievo di un «bene» per uso privato, o il «suo» prelievo per scopi diversi da quelli aziendali, deve essere considerato come una cessione a titolo oneroso, «quando» l'imposta sul valore aggiunto sul bene in questione «o» sugli elementi che lo compongono, era deducibile. Da questa chiara formulazione consegue che il prelievo del bene in questione, e non solo degli elementi di quest'ultimo, è soggetto ad imposta. Inoltre, la formulazione della condizione («quando» e non «nella misura in cui», «o» e non «e») indica che la deduzione dell'IVA sugli elementi che compongono il bene è sufficiente a dar luogo all'imposizione del trasferimento ad uso privato del bene e delle parti che lo compongono presi nel loro insieme, e che gli autori della direttiva non intendevano istituire una tassazione prorata.

68. Sia la Commissione che il governo tedesco mettono in evidenza che, sulla base di un'interpretazione letterale, l'art. 5, n. 6, potrebbe, quindi, portare a una doppia imposizione. Un'auto di seconda mano, acquistata da un privato senza la possibilità di dedurre l'IVA, incorpora un'IVA che, di norma, è stata sopportata da un consumatore finale al momento del precedente acquisto. Se un lavoro eseguito su quell'auto e per cui è possibile dedurre l'IVA, come, per esempio, l'installazione di un nuovo motore, dà luogo ad un «elemento che compone» quel bene ai sensi dell'art. 5, n. 6, il trasferimento dell'auto ad uso privato determina l'imposizione dell'auto nel suo insieme. Di conseguenza, ogni cosa nell'auto, eccetto il nuovo motore, sarà tassata una seconda volta. Anche coloro che hanno presentato osservazioni sono consapevoli che questa doppia tassazione è, in via di principio, contraria all'obiettivo generale di neutralità fiscale inerente al sistema dell'imposta sul valore aggiunto .

69. Sembra che in casi come questo la soluzione più auspicabile sarebbe quella per cui l'IVA dovrebbe gravare sul valore residuo di quegli elementi per i quali l'IVA era stata in origine dedotta. Ciò sarebbe conforme al principio di neutralità e assicurerebbe parità di trattamento tra soggetti passivi e non.

70. La chiara formulazione e la genesi legislativa suggeriscono, tuttavia, che il legislatore abbia deliberatamente accettato quel rischio di doppia imposizione, e lo abbia presumibilmente fatto per ragioni pratiche. Per esempio, nella versione tedesca della proposta iniziale della Commissione, la frase condizionale in questione iniziava con il termine «insoweit» (nella misura in cui) . Una tale formulazione avrebbe potuto essere interpretata come volta ad istituire una tassazione prorata. La versione finale della direttiva usa, invece, «wenn» (quando).

71. Siamo, perciò, di fronte a un dilemma sull'interpretazione del concetto di «elementi che compongono» il bene di cui all'art. 5, n. 6. Questo concetto, o va interpretato restrittivamente, cosa che però può scontrarsi con l'obiettivo specifico dell'art. 5, n. 6, quello cioè di impedire che un soggetto passivo goda di vantaggi in termini di deduzioni ai quali non ha diritto rispetto a un consumatore comune. Oppure, questo concetto è interpretato in senso ampio, cosa che può contrastare con l'obiettivo generale di neutralità fiscale.

72. Io ritengo che un primo passo verso la soluzione di questo dilemma sia quello di distinguere chiaramente «gli elementi che compongono» i beni dai beni indipendenti. Quando due beni sono messi insieme senza, peraltro, assolutamente perdere la loro identità fisica ed economica, non dovrebbero essere considerati come elementi componenti. Questa idea è compatibile sia con il dettato dell'art. 5, n. 6, sia con l'obiettivo di neutralità fiscale. Se, ai fini fiscali, i due beni rimangono indipendenti, i loro trasferimenti ad uso privato devono essere visti come due eventi fiscali indipendenti. Con riguardo ad ognuno di questi eventi dev'essere soddisfatta la condizione prevista dall'art. 5, n. 6, e cioè che i beni in questione consentano una deduzione dell'IVA. Una doppia imposizione di beni che non consentono deduzione dell'IVA è, con ciò, preclusa.

73. Ritengo, quindi, per esempio, che la sostituzione degli pneumatici o l'installazione di un telefono per auto o di un'autoradio non creino «elementi che compongono» l'auto in questione. Dal momento che questi beni possono facilmente essere separati dall'auto ed essere l'oggetto di transazioni indipendenti, essi non perdono assolutamente la loro identità fisica ed economica. Il trasferimento ad uso privato di un'auto munita di autoradio o telefono deve quindi essere visto, ai fini dell'IVA, come diversi prelievi, per uso privato, di beni indipendenti e, per ognuno di questi prelievi, devono essere soddisfatti i requisiti previsti all'art. 5, n. 6.

74. Il secondo elemento della soluzione è, a mio parere, l'esclusione dal concetto di «elementi che compongono» il bene, di cessioni di beni che non diano luogo a un incremento duraturo del valore del «detto bene», ma che contribuiscono semplicemente al mantenimento del suo valore. Sembra sproporzionato accettare una doppia imposizione del «detto bene», quando il rischio che il soggetto passivo goda dei vantaggi di una deduzione non esiste, perché il valore degli elementi aggiunti ex novo viene consumato mentre questi fanno parte del patrimonio aziendale, o quando il vantaggio della deduzione conseguito nel trasferimento del bene in questione ad uso privato è ridotto, rispetto agli svantaggi di una doppia imposizione.

75. Sono d'accordo, quindi, con la Commissione che la deduzione dell'IVA sulla sostituzione di un tergicristalli o di una batteria scarica non dovrebbe avere come conseguenza l'imposizione dell'intera auto, quando questa viene trasferita ad uso privato, mentre l'installazione di un motore più potente o di un convertitore catalitico, allo scopo di rimodernare l'auto, potrebbe averla. Questa soluzione ha, anche, il vantaggio di portare ad un risultato simile a quello raggiunto nella sentenza Kühne .

76. Nonostante, in alcuni casi, la soluzione prospettata possa portare ad una doppia imposizione contraria al sistema creato dalla direttiva, una tale conseguenza deve essere vista nel contesto dei più gravi problemi che sorgono, nell'ambito della direttiva, per la vendita di beni di seconda mano, specialmente quando beni acquistati da un privato vengano successivamente rivenduti da un commerciante nell'esercizio della sua attività .

77. Dalle precedenti considerazioni consegue che le disposizioni dell'art. 5, n. 6, relative agli «elementi che compongono» un bene si applicano solo quando i «beni» siano oggetto di una cessione ai sensi dell'art. 5, n. 1, (e non servizi), quando questi beni divengano parte integrante del «detto bene», perdendo la loro identità economica e fisica, e quando vi sia un aumento duraturo nel suo valore complessivo. Da quanto sopra consegue anche che, quando queste condizioni sono soddisfatte, sorge un obbligo di imposta rispetto al prelievo per uso privato del bene in questione e degli elementi che lo compongono presi nel loro insieme, e non con riguardo ai soli elementi che lo compongono.

Base imponibile ai sensi dell'articolo 11, parte A, n. 1, lett. b)

78. Con la terza questione, in ognuna delle due cause, il giudice di rinvio chiede se, qualora in situazioni come quelle del procedimento principale vi sia una cessione ai sensi dell'art. 5, n. 6, la base imponibile debba essere determinata, a norma dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. b), con riferimento al prezzo di acquisto dell'auto e degli elementi che la compongono, presi nel loro insieme, o dei soli elementi che la compongono.

79. A mio parere, dal combinato disposto degli artt. 11, parte A, n. 1, lett. b), e art. 5, n. 6, e dall'interpretazione dell'art. 5, n. 6, data sopra, consegue che la base imponibile debba essere determinata con riferimento al prezzo di acquisto dell'auto e degli elementi che la compongono presi nel loro insieme. Secondo la prima e principale alternativa dell'art. 11, A, n. 1, lett. b), la base imponibile delle cessioni cui si fa riferimento all'art. 5, n. 6, dovrà essere il prezzo di acquisto del «bene» determinato al momento della cessione. Per la determinazione della base imponibile, l'art. 11, parte A, n. 1, lett. b), fa riferimento perciò al bene soggetto a tassazione ex art. 5, n. 6. Come ho già detto , secondo il dettato inequivocabile dell'art. 5, n. 6, sono soggetti ad imposta il bene e gli elementi che lo compongono presi nel loro insieme.

80. Di conseguenza, se in casi come quelli dei ricorsi in oggetto sorge un obbligo di imposta ex art. 5, n. 6, la base imponibile, ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. b), della direttiva, deve essere determinata facendo riferimento al prezzo del bene e degli elementi che lo compongono presi nel loro insieme.

Rapporto tra l'art. 5, n. 6, e l'art. 5, n. 7, lett. c)

81. Con la quarta questione nella causa C-322/99, il giudice di rinvio chiede quale sia il rapporto tra l'art. 5, n. 6, da una parte, e, dall'altra, l'art. 5, n. 7, lett. c), che si riferisce al possesso di beni da parte di un soggetto passivo alla cessazione della sua attività economica imponibile.

82. L'art. 5, n. 7, lett. c), permette agli Stati membri di adottare una disposizione specifica per i casi in cui un soggetto passivo cessi la sua attività economica.

83. Nel caso in oggetto è, tuttavia, pacifico che la Germania non ha fatto uso della possibilità offerta dall'art. 5, n. 7, lett. c). Concordo, perciò, con la Commissione, che in mancanza di una tale disposizione specifica, l'imposizione del prelievo ad uso privato del bene dopo la cessazione dell'attività economica è regolata esclusivamente dall'art. 5, n. 6. Non è quindi necessario dare un'interpretazione dell'art. 5, n. 7, lett. c).

Rettifiche delle deduzioni a norma dell'art. 20

84. La quinta questione nella causa C-322/99 e la quarta nella causa C-323/99 sollevano l'ulteriore problema se l'iniziale deduzione per le spese per i lavori eseguiti sulle auto in questione possa essere rettificata a norma dell'art. 20 della direttiva, nel caso in cui, secondo l'interpretazione della Corte, non sorgano obblighi di imposta ai sensi dell'art. 5, n. 6.

85. Si ricorderà che, a mio avviso, le prestazioni di servizi e le cessioni di beni che danno origine a una deduzione d'imposta, ma non danno luogo ad un incremento durevole del valore del bene in questione, non possono essere considerate come «elementi che compongono» quel bene e che non c'è quindi una cessione fittizia a norma dell'art. 5, n. 6, quando il bene cui si riferiscono tali cessioni e prestazioni sia trasferito ad uso privato. Si ricorderà anche che, nella causa C-322/99, il sig. Fischer aveva dedotto l'IVA su ingenti lavori di carrozzeria e di riverniciatura, e, nella causa C-323/99, il sig. Brandenstein aveva dedotto l'IVA su revisione, riparazioni minori e sostituzione del parabrezza.

86. Ai sensi dell'art. 20, n. 1, lett. b), la deduzione iniziale deve essere rettificata quando

«successivamente alla dichiarazione, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l'importo della deduzione, in particolare in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo; tuttavia, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non retribuite, in caso di distruzione, perdita o furto dei beni, debitamente provati e confermati, nonché in caso di prelievi effettuati per concedere omaggi di valore ridotto e campioni di cui all'art. 5, paragrafo 6. Gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica in caso di operazioni totalmente o parzialmente non retribuite e in caso di furto».

87. Secondo il giudice di rinvio, tutti i lavori eseguiti sulle automobili in questione, dopo il loro acquisto iniziale, costituivano spese sostenute ai fini delle operazioni soggette ad imposta del sig. Fischer e del sig. Brandenstein, ai sensi dell'art. 17, n. 2, della direttiva. Entrambi hanno quindi goduto, al momento in cui i lavori sono stati eseguiti, di un diritto ad un'immediata e totale deduzione d'imposta. Successivamente, comunque, gli obiettivi aziendali in questione non erano interamente realizzati, riguardo alle auto in questione, dato che il sig. Fischer aveva cessato del tutto la sua attività economica e il sig. Brandenstein aveva trasferito la sua auto ad uso privato. Nell'opinione del giudice di rinvio si potrebbe perciò sostenere che, se il lavoro deducibile eseguito sulle auto dopo il loro acquisto non deve essere tassato a norma dell'art. 5, n. 6, (insieme al trasferimento delle auto ad uso privato) il prelievo delle auto per uso privato deve essere visto come un mutamento degli elementi ai sensi dell'art. 20, n. 1, lett. b) della direttiva e perciò deve portare a una rettifica delle deduzioni iniziali.

88. Il governo tedesco sostiene che, in via di principio, l'art. 20 non può applicarsi nei casi di prelievo di beni per uso privato. Sostiene che le regole sulle cessioni fittizie di cui agli artt. 5 e 6 della direttiva costituiscono un regime legale completo ed esauriente che disciplina l'utilizzo privato di beni e servizi e che impedisce l'applicazione parallela o cumulativa delle regole sulle rettifiche delle deduzioni a norma dell'art. 20, n. 1, lett. b).

89. Io sostengo, invece, con la Commissione, che la direttiva, in via di principio, permette che il prelievo di beni per uso privato venga considerato come un mutamento di elementi ai sensi dell'art. 20, n.1, lett. b). Ciò deriva da una comparazione del testo vigente di quella disposizione, con la disposizione corrispondente della proposta della Commissione . Secondo l'art. 20, n. 1, lett. c), della proposta, le rettifiche erano espressamente escluse in tutti i casi specificati all'art. 5, n. 3, della proposta, che conteneva le diverse categorie di prelievi di beni per fini estranei a quelli aziendali. Il testo dell'art. 20, n. 1, lett. b), come emanato, che esclude dalla possibilità di rettifica solo le due categorie di prelievi per uso privato, espressamente menzionate all'art. 5, n. 6, della direttiva, e cioè i prelievi eseguiti per concedere omaggi di valore ridotto e campioni, permette che gli Stati membri prevedano rettifiche rispetto ad altri tipi di prelievi. Il problema è, quindi, non tanto se, in via di principio, siano possibili, ai sensi dell'art. 20, rettifiche di deduzioni, ma in quali casi l'art. 5, n. 6, lasci spazio a tali rettifiche.

90. Io ritengo, da una parte, che nei limiti in cui almeno un «elemento che compone» il bene e che consente una deduzione dell'IVA ai sensi dell'art. 5, n. 6, sia stato aggiunto, l'art. 20 non può essere applicato. In casi tali, tutte le deduzioni dell'IVA per lavori eseguiti sui beni in questione sono, se del caso, automaticamente «corrette» attraverso il meccanismo di una cessione fittizia ai sensi dell'art. 5, n. 6. Come già affermato, l'art. 5, n. 6, assoggetta ad imposta il bene in questione e gli elementi che lo compongono presi nel loro insieme. A norma dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. b), la base imponibile è determinata con riferimento al prezzo di acquisto del bene in questione al momento della cessione. Quel prezzo è a sua volta influenzato dai lavori, che consentono una deduzione dell'IVA, eseguiti su questi beni (incluse quelle prestazioni di servizi e cessioni di beni che non hanno dato luogo a nuovi elementi che compongono il bene). Nei limiti in cui il valore creato da lavori che consentono una deduzione dell'IVA sia ancora presente nel valore del bene in questione al momento del suo trasferimento ad uso privato, le deduzioni ingiustificate sono perciò compensate dall'imposizione a norma dell'art. 5, n. 6.

91. D'altra parte, quando lavori successivi che consentono una deduzione dell'IVA non hanno dato luogo a «elementi che compongono» il bene, le regole sulla rettifica delle deduzioni possono fornire una adeguata rete di protezione per impedire che un soggetto passivo possa godere di vantaggi ingiustificati in termini di deduzione. Si ricordi che le norme sulla rettifica delle deduzioni perseguono un obiettivo simile a quello della finzione legale dell'art. 5, n. 6, e cioè impedire che un soggetto passivo, che abbia beneficiato del diritto di deduzione, goda di vantaggi economici ingiustificati. Il metodo di cui all'art. 5, n. 6, della cessione fittizia è stato scelto semplicemente per «ragioni di neutralità e semplicità» . Ritengo perciò che, in via di principio, le deduzioni di imposta sulle prestazioni di servizi e le cessioni di beni che non abbiano dato origine a elementi che compongono il bene possano essere rettificate ai sensi dell'art. 20, in occasione del trasferimento del bene in oggetto ad uso privato.

92. Nel rettificare queste deduzioni si deve, comunque, tenere presente che il valore delle prestazioni di servizi e delle cessioni di beni in questione può essersi consumato nell'esercizio dell'attività economica prima che il trasferimento ad uso privato avesse luogo. Ove queste cessioni e prestazioni siano state consumate nell'ambito dell'attività economica, non possono più essere trasferite ad uso privato, e, in occasione del trasferimento ad uso privato, non vi è perciò alcun mutamento di elementi che richieda una rettifica delle deduzioni. Dal momento che le prestazioni di servizi e le cessioni di beni che diano luogo a un incremento durevole del valore dei beni in questione, saranno, per loro stessa natura, spesso consumate prima del trasferimento dei beni ad uso privato, una rettifica delle deduzioni non sarà, in molti casi, necessaria.

93. Di conseguenza, ai sensi dell'art. 20, n. 1, lett. b), della direttiva le deduzioni su lavori eseguiti su beni dopo il loro acquisto possono essere rettificate in occasione del trasferimento di questi beni ad uso privato se, sulla base delle prestazioni in questione, non siano applicabili le disposizioni dell'art. 5, n. 6, relative agli «elementi che compongono» questi beni. Le rettifiche sono comunque possibili solo nei limiti in cui il valore del lavoro in questione non sia stato consumato nell'ambito dell'attività economica prima che i beni fossero trasferiti ad uso privato.

Conclusione

94. Per le suddette ragioni, le questioni sollevate dal giudice di rinvio dovrebbero, a mio parere, essere risolte come segue:

«1) le disposizioni dell'art. 5, n. 6, della sesta direttiva IVA relative agli "elementi che compongono" il bene si applicano solo quando vengono ceduti ai sensi dell'art. 5, n. 1, "beni" (e non servizi), quando questi beni diventano parte integrante del bene in questione, perdendo la loro identità fisica ed economica, e quando vi sia un incremento duraturo del valore globale del bene;

2) quando elementi che comportano una deduzione dell'IVA sono stati integrati nel bene, un obbligo di imposta grava, per quel che riguarda il prelievo per uso privato, sul bene e sugli elementi che lo compongono, presi nel loro insieme;

3) quando un obbligo di imposta sorge, ai sensi dell'art. 5, n. 6, come conseguenza dell'integrazione nei beni di elementi che danno diritto a una deduzione d'imposta, la base imponibile, a norma dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. b), della direttiva, deve essere determinata con riferimento al prezzo dei beni e degli elementi che li compongono presi nel loro insieme;

4) in mancanza di una disposizione nazionale specifica che attui l'art. 5, n. 7, lett. c), della direttiva, l'imposizione del prelievo ad uso privato di beni dopo la cessazione dell'esercizio dell'attività economica è disciplinata esclusivamente dall'art. 5, n. 6, della direttiva;

5) le deduzioni sui lavori eseguiti su beni dopo la loro acquisizione possono essere rettificate a norma dell'art. 20, n. 1, lett. b), della direttiva, in occasione del trasferimento di detti beni ad uso privato se, sulla base delle prestazioni di servizi e delle cessioni di beni in questione, le disposizioni dell'art. 5, n. 6, relative agli "elementi che compongono" questi beni, non siano applicabili. Le rettifiche sono, tuttavia, possibili solo nei limiti in cui il valore dei lavori in questione non sia stato consumato nell'ambito dell'attività economica prima che i beni fossero trasferiti ad uso privato».