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61999C0409

Conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed del 4 ottobre 2001. - Metropol Treuhand WirtschaftsstreuhandgmbH contro Finanzlandesdirektion für Steiermark et Michael Stadler contro Finanzlandesdirektion für Vorarlberg. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria. - Sesta direttiva IVA - Art. 17, nn. 6 e 7 - Diritto a detrazione dell'IVA a monte - Esclusioni previste dalla legislazione nazionale al momento dell'entrata in vigore della direttiva - Esclusioni per motivi congiunturali - Consultazione del comitato consultivo dell'imposta sul valore aggiunto previsto dall'art. 29. - Causa C-409/99.

raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-00081


Conclusioni dell avvocato generale


I Introduzione

1. Nella causa in esame il Verwaltungsgerichtshof austriaco ha adito la Corte con due questioni relative all'interpretazione dell'art. 17, nn. 6, secondo comma, e 7 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «direttiva»). Più in particolare tali questioni riguardano la liceità di una misura tributaria austriaca, introdotta nel corso del 1996, vale a dire oltre un anno dopo l'adesione dell'Austria all'Unione europea. Tale misura tributaria escludeva talune categorie di minibus dal beneficio della detrazione dell'IVA.

II Ambito normativo

La normativa comunitaria

2. La direttiva all'interno di un sistema armonizzato dell'imposta sulla cifra di affari che istituisce un'imposta sul valore aggiunto (IVA) mira in particolare ad armonizzare il regime delle detrazioni ove esso ha un incidenza sul livello reale di riscossione .

L'art. 17, n. 2, della direttiva dispone quanto segue:

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore:

a) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

b) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci importate;

c) l'imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi dell'art. 5, n. 7, lett. a), e dell'art. 6, n. 3».

3. L'art. 17, n. 6, della direttiva dispone quanto segue:

«Al più tardi entro un termine di quattro anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il Consiglio, con decisione all'unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell'imposta sul valore aggiunto. Saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza.

Fino all'entrata in vigore delle norme di cui sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell'entrata in vigore della presente direttiva».

4. Nessuna norma comunitaria, ai sensi dell'art. 17, n. 6, è stata tuttora adottata, benché il termine previsto dalle dette disposizioni sia scaduto già da molto tempo. Ai sensi dell'art. 1, infatti, la direttiva è entrata in vigore negli Stati membri al più tardi il 1° gennaio 1978.

Quanto all'Austria, la data di entrata in vigore è stabilita per il 1° gennaio 1995, vale a dire la data in cui l'Austria ha aderito all'Unione europea.

5. L'art. 17, n. 7, della direttiva dispone quanto segue:

«Fatta salva la consultazione prevista dall'art. 29, ogni Stato membro può, per motivi congiunturali, escludere totalmente o in parte dal regime di deduzioni la totalità o parte dei beni di investimento o altri beni. Per mantenere condizioni di concorrenza identiche, gli Stati membri possono, anziché rifiutare la deduzione, tassare i beni fabbricati dallo stesso soggetto passivo o acquistati dal medesimo all'interno del paese, oppure importati, in modo che questa imposizione non superi l'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto che graverebbe sull'acquisto di beni analoghi».

6. Le norme sulla consultazione di cui all'art. 17, n. 7, sono enunciate, in particolare, dall'art. 29 della direttiva come segue:

«1. E' istituito un comitato consultivo dell'imposta sul valore aggiunto, in appresso denominato "comitato".

2. Il comitato si compone di rappresentanti degli Stati membri e della Commissione.

Il comitato è presieduto da un rappresentante della Commissione.

Il segretariato del comitato è assicurato dai servizi della Commissione.

3. Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno.

4. Oltre ai punti oggetto della consultazione ai sensi della presente direttiva, il comitato prende in esame i problemi sollevati dal presidente, sia su iniziativa di quest'ultimo, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro, concernenti l'applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di imposta sul valore aggiunto».

La normativa nazionale

7. In Austria vige dal 1° gennaio 1995 che costituisce del pari la data dell'adesione dell'Austria all'Unione europea l'Umsatzsteuergesetzt del 1994 (in prosieguo: l'«UstG 1994»). L'art. 12 di detta legge indica gli importi che l'imprenditore può detrarre dall'IVA. In particolare, l'art. 12, n. 2, punto 2, sub b), dispone che le cessioni e le altre prestazioni non sono detraibili nella misura in cui sono collegate all'acquisto, alla locazione o all'uso di autovetture, di station wagon o di motocicli. Per tali esclusioni dal diritto alla detrazione vi sono alcune deroghe, non rilevanti nella fattispecie.

8. L'art. 12, n. 2, punto 2, dell'UstG del 1994 riprende senza modifiche una disposizione dell'Umsatzsteuergesetzt del 1972, nella versione della seconda legge di modifica del 1977, che è entrata in vigore il 1° gennaio 1978. Le disposizioni di cui trattasi sono state applicate in base al decreto del Bundesminister für Finanzen (in prosieguo: il «Ministro») del 18 novembre 1987 , indirizzato agli uffici tributari, in cui viene disposto quanto segue:

«I minibus non rientrano, ai sensi della giurisprudenza del Verwaltungsgerichtshof, nelle disposizioni fiscali restrittive in materia di autovetture e di station wagon. Per i minibus sussiste quindi la possibilità, in via di principio, della detrazione dell'imposta a monte e di richiedere facilitazioni d'investimento. Per i minibus si deve intendere, secondo il Ministero federale delle finanze, un automezzo avente all'esterno la forma di una macchina squadrata ed, all'interno, la possibilità di trasportare più di sei persone (compreso l'autista). Nella valutazione della capacità di trasporto delle persone non si deve considerare il numero di sedili effettivamente a disposizione, bensì la possibilità massima ammissibile di trasporto di persone. E' anche irrilevante il fatto che un automezzo definito come minibus alla stregua di tali criteri venga impiegato ai fini del trasporto di persone, di merci o misto. Presupposto per il riconoscimento ai fini fiscali è comunque l'uso, che dev'essere dimostrabile, prevalentemente imprenditoriale o industriale dell'automezzo».

9. L'art. 44, punto 4, dello Strukturanpassungsgesetzt del 1996 ha aggiunto il seguente comma all'art. 12, n. 2, punto 2, sub 2, dell'UstG del 1994: «Il Ministero federale delle finanze può determinare con decreto in modo più preciso le nozioni di autovettura per il trasporto di persone e di automezzo per il trasporto misto. Tale decreto può essere emesso con efficacia a far data dal 15 febbraio 1996». Su questa base il Ministro ha adottato il decreto 20 giugno 1996 (in prosieguo: il «decreto»), che dispone, in relazione all'art. 12, n. 2, punto 2, sub 2, dell'UstG del 1994, che i camion e gli autobus di dimensioni ridotte non rientrano nelle nozioni di autovetture e di station wagon.

10. Ai sensi dell'art. 10 del detto decreto:

«Gli autobus di dimensioni ridotte non costituiscono, dal punto di vista fiscale, automezzi per il trasporto di persone o station wagon, neanche se sono stati classificati come tali in base al codice della strada o a norme tariffarie doganali, se presentano una forma corrispondente a quella di un autobus e, inoltre, rispondono ad uno dei presupposti seguenti:

1. L'automezzo è ammesso dal codice della strada al trasporto di almeno nove persone (compreso l'autista) e dispone inoltre di un bagagliaio al suo interno. La prima fila di sedili dispone, già dalla fabbricazione, di tre posti a sedere.

2. L'automezzo è ammesso dal codice della strada al trasporto di almeno sette persone (compreso l'autista) e dispone, già dalla fabbricazione, di un bagagliaio, dietro la terza fila di sedili posteriori, lungo almeno 500 mm. Tale lunghezza deve sussistere mediamente dal pianale del bagagliaio fino ad un'altezza di 500 mm. dal pianale stesso».

11. Conformemente alla motivazione della proposta del governo il Strukturanpassungsgesetzt del 1996 fa parte di un programma di consolidazione elaborato dal governo federale al fine di diminuire il disavanzo di bilancio e di riassorbire il debito pubblico .

12. Nella sua ordinanza di rinvio il Verwaltungsgerichtshof commenta come segue il diritto nazionale.

13. Dal 1° gennaio 1978, vale a dire già prima dell'adesione dell'Austria all'Unione europea, il diritto tributario austriaco escludeva in via di principio qualsiasi detrazione dell'IVA relativa all'acquisto, alla locazione, o all'uso di autovetture, di station wagon o di motocicli senza precisare cosa si dovesse intendere con tali nozioni. Fino al 1987 non precisava neanche i caratteri distintivi dei camion e dei minibus, per i quali invece l'IVA poteva essere detratta.

14. Tali caratteri distintivi sono stati enunciati nel decreto ministeriale 18 novembre 1987 (non vincolante). Quando un autoveicolo presentava le caratteristiche elencate in detto decreto ed era precipuamente destinato a fini professionali, la prassi costante degli uffici tributari consisteva nell'autorizzare la detrazione dell'IVA. Anche gli autoveicoli controversi del tipo Pontiac TransSport e Fiat Ulysse erano considerati in pratica dall'ufficio tributario come «minibus» e potevano fruire della detrazione dell'IVA.

15. Nel decreto ministeriale del 1996 le caratteristiche di un «minibus» sono state ristrette rispetto alla prassi amministrativa vigente fino a quel momento conformemente al decreto 18 novembre 1987. E' stato accertato nella fattispecie che gli autoveicoli del tipo Pontiac TransSport e Fiat Ulysse non sono conformi ai nuovi criteri.

16. Peraltro, il Verwaltungsgerichtshof non è stato mai chiamato, né prima, né dopo il 1995, a pronunciarsi sul se un autoveicolo del tipo Pontiac TransSport e Fiat Ulysse dovesse essere classificato tra le autovetture o le station wagon, o se dovesse essere considerato come un minibus.

III Fatti e procedimento

Il procedimento precontenzioso

17. Il procedimento in esame ha origine da due ricorsi pendenti dinanzi al Verwaltungsgerichtshof. Si tratta del ricorso promosso dalla Metropol Treuhand WirtschaftstreuhandgmbH (in prosieguo: la «Metropol») contro la Finanzlandesdirektion für Steiermark e, inoltre, del ricorso presentato da Michael Stadler contro la Finanzlandesdirektion für Vorarlberg. Nelle dichiarazioni relative all'imposta sulla cifra d'affari per gli esercizi 1996 e 1997, la Metropol ha chiesto di poter detrarre l'IVA relativa all'uso di un autoveicolo del tipo Pontiac TransSport. Nella sua dichiarazione relativa all'imposta sulla cifra d'affari per l'esercizio 1996, Stadler ha chiesto di detrarre l'IVA relativa all'uso di un autoveicolo del tipo Fiat Ulysse. In entrambi i casi si tratta di veicoli destinati a trasportare al massimo sette persone, compreso il conducente. Essi contengono tre file di sedili, nonché un piccolo bagagliaio posteriore.

18. Sempre in entrambi i casi veniva negata la detrazione, anche dopo il reclamo, e gli interessati hanno quindi proposto ricorso dinanzi al Verwaltungsgerichtshof. Questi ricorsi si basano sulla tesi secondo cui il diritto alla detrazione dell'IVA relativa all'uso dei due autoveicoli risulta dal diritto comunitario, in particolare dall'art. 17, nn. 6 e 7, della direttiva.

19. Nel suo reclamo la Metropol ha dichiarato che, conformemente all'art. 17, n. 6, secondo comma, della direttiva, l'Austria poteva mantenere in vigore soltanto le esclusioni dal regime della detrazione dell'IVA che erano già in vigore alla data del 1° gennaio 1995, vale a dire alla data della sua adesione all'Unione europea. In detta data tutti i minibus potevano fruire di detta detrazione. Il decreto ha escluso diverse categorie di minibus dalla possibilità di detrarre l'IVA. Tale esclusione non poteva quindi essere basata sull'art. 17, n. 6, secondo comma, della direttiva e non poteva neanche esserla sull'art. 17, n. 7, poiché non era giustificata da motivi congiunturali, ma unicamente da motivi tributari. Era stata inoltre decisa senza limiti temporali e senza che il comitato fosse stato consultato, diversamente da quanto prescritto dall'art. 29 della direttiva.

20. Nella sua decisione sul reclamo la Finanzlandesdirektion für Steiermark ha dichiarato che, prima dell'entrata in vigore del decreto, gli autoveicoli del tipo Pontiac TransSport erano classificati fra i «minibus» e potevano quindi beneficiare della detrazione dell'IVA. Essa ha dichiarato inoltre che era innegabile, quanto ai fatti, che l'autoveicolo non rientrasse nella categoria dei «minibus» descritta nel decreto e che lo stesso era quindi ormai escluso dal beneficio della detrazione. A suo avviso, tale effetto del decreto è compatibile con l'art. 17, n. 6, secondo comma, della direttiva. La definizione dei «minibus» nel decreto era già conforme alla giurisprudenza precedente al 1995. Il decreto correggeva solo una prassi amministrativa troppo permissiva. Inoltre, la Finanzlandesdirektion ha affermato che la maggior parte degli Stati membri dell'Unione non autorizzava la detrazione dell'IVA relativa all'acquisto di un'autovettura. Ne consegue, a suo avviso, che è conforme alla direttiva escludere i minibus dal beneficio della detrazione. Secondo la Finanzlandesdirektion, fintanto che non viene adottata una nuova direttiva al fine di armonizzare le esclusioni dal regime della detrazione, l'art. 17, n. 6, secondo comma, della direttiva stessa consente all'Austria di disciplinare i minibus come «autovetture» e di escluderli dal regime di detrazione dell'IVA.

21. Nella causa Stadler la Finanzlandesdirektion für Vorarlberg ha motivato il proprio provvedimento come segue. Le nozioni «autovetture» e «station wagon», utilizzate nell'art. 12, n. 2, sub b), dell'UstG del 1994, erano state ridefinite nel decreto conformemente alla giurisprudenza del Verwaltungsgerichtshof. Dopo l'entrata in vigore del decreto, non era più possibile detrarre l'IVA per gli autoveicoli controversi.

22. Secondo la Finanzlandesdirektion, tale effetto del decreto non può essere considerato come una violazione del diritto comunitario. Il decreto infatti ha unicamente apportato una precisazione all'art. 12, n. 2, punto 2, sub b), dell'UstG del 1994. Non si trattava di un'illecita estensione dell'esclusione dal regime di detrazione ai sensi dell'art. 17, n. 6, secondo comma, della direttiva.

Le questioni pregiudiziali

23. Con ordinanza 22 settembre 1999, pervenuta in cancelleria della Corte il 26 ottobre 1999, il Verwaltungsgerichtshof austriaco ha adito la Corte con una domanda di pronuncia pregiudiziale sulle seguenti questioni:

1) Se l'art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, debba essere interpretato nel senso che, in seguito all'entrata in vigore della direttiva, è vietato ad uno Stato membro escludere determinati automezzi dalla detrazione dell'imposta a monte nel caso in cui la detrazione dell'imposta a monte per gli stessi automezzi era ammessa, prima dell'entrata in vigore della direttiva, dalle autorità amministrative, sulla base di una prassi effettiva.

2) In caso di soluzione positiva della questione sub 1), se l'art. 7, n. 7, prima frase, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, debba essere interpretato nel senso che esso consente ad uno Stato membro di ampliare a tempo indeterminato, senza la consultazione preliminare di cui all'art. 29 della direttiva, le esclusioni dal regime delle detrazioni delle imposte a monte del tipo indicato alla questione sub 1), al fine di consolidare il bilancio.

Il procedimento dinanzi alla Corte

24. Il governo austriaco e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte alla Corte. Entrambi hanno precisato i loro punti di vista all'udienza 5 luglio 2001. Nel corso di quest'ultima la Commissione ha esaminato dettagliatamente le conseguenze delle due recenti sentenze della Corte, vale a dire le sentenze 14 giugno 2001, Commissione/Francia , in cui si è precisato il carattere dell'art. 17, n. 6, della direttiva. Queste sentenze rivestono importanza per la soluzione della prima questione del giudice di rinvio.

IV Prima questione

25. Prima di risolvere la prima questione vera e propria, vorrei formulare due quesiti preliminari. Risponderò ad essi basandomi fondamentalmente sulle due sentenze 14 giugno 2001, Commissione/Francia , nelle quali la Corte ha precisato la natura dell'art. 17, n. 6, secondo comma. Per risolvere la prima questione pregiudiziale, la Corte potrà utilmente chiedersi in quale misura il decreto austriaco del 1996 modifichi la situazione giuridica esistente.

In via preliminare: il significato dell'art. 17, n. 6, secondo comma, per l'Austria

26. Nell'ordinanza di rinvio il Verwaltungsgerichtshof esamina se la disposizione transitoria di cui all'art. 17, n. 6, secondo comma, malgrado la sua natura derogatoria, possa essere applicata agli Stati membri che, al pari dell'Austria, hanno aderito all'Unione europea solo dopo l'entrata in vigore della direttiva. Al riguardo, la dottrina austriaca ha affermato che, in quanto disposizione derogatoria, l'art. 17, n. 6, secondo comma, dev'essere interpretato restrittivamente e che solo gli Stati membri originari erano pertanto autorizzati a mantenere in vigore le esclusioni esistenti dal regime di detrazione dell'IVA.

27. Il Verwaltungsgerichtshof ritiene che tale concezione giuridica non sia corretta poiché, in mancanza di disposizioni particolari, i nuovi Stati membri assumono non soltanto tutti gli obblighi risultanti dall'acquis communautaire (patrimonio di realizzazioni comunitarie), ma ne acquistano anche tutti i diritti, e quindi anche il diritto di mantenere in vigore le esclusioni esistenti dal regime di detrazione dell'IVA . Inoltre ricorda che, al pari degli Stati fondatori della Comunità europea o degli Stati membri la cui adesione risalga più in là nel tempo, i nuovi Stati membri devono adeguare notevolmente i loro rispettivi ordinamenti giuridici e hanno quindi bisogno di regolamentazioni transitorie allo stesso titolo dei primi. Il governo austriaco e la Commissione condividono tale punto di vista del Verwaltungsgerichtshof.

28. Ritengo anch'io che l'art. 17, n. 6, secondo comma, consenta all'Austria, Stato membro, di mantenere in vigore l'esclusione dal regime di detrazione dell'IVA che era in vigore al momento della sua adesione all'Unione europea, avvenuta in data 1° gennaio 1995. Al pari del Verwaltungsgerichtshof e della Commissione, ritengo essenziale che uno Stato membro assuma non soltanto obblighi, ma anche diritti derivanti dall'«acquis» comunitario. Si deve del pari tener conto che il Consiglio non ha adottato alcuna delle misure previste dall'art. 17, n. 6, primo comma, della direttiva.

In via preliminare: la competenza della Corte

29. Secondo il governo austriaco non è la Corte, ma è il giudice nazionale competente a stabilire se, in data 1° gennaio 1995, esistesse una deroga al diritto alla detrazione dell'IVA per i veicoli di cui trattasi. Esso si basa sulla sentenza Konle , in particolare sul punto 27 di quest'ultima, ai sensi del quale: «La determinazione del contenuto della legislazione relativa alle residenze secondarie vigente il 1° gennaio 1995, data di adesione della Repubblica d'Austria, rientra, in linea di principio, nella competenza del giudice nazionale. Spetta però alla Corte fornire a quest'ultimo gli elementi interpretativi della nozione comunitaria di "legislazione" vigente a tale data, onde consentirgli di procedere alla detta determinazione». All'udienza la Commissione ha contestato l'interpretazione data dal governo austriaco alla sentenza Konle. A suo avviso, la Corte è sicuramente competente a definire il contenuto del diritto nazionale austriaco al momento dell'adesione di detto Stato membro.

30. Ritengo anch'io che lo Stato austriaco tragga una conclusione errata dalla motivazione della sentenza da esso citata. L'art. 234 CE dà alla Corte il potere di interpretare il diritto comunitario in via pregiudiziale, ma non di interpretare il diritto nazionale. Nel punto citato dalla sentenza la Corte spiega il modo in cui essa concepisce la sua funzione e indica che in tal caso essa dà un'interpretazione della nozione comunitaria della «legislazione vigente in tale data». A tale scopo essa dovrà naturalmente esaminare anche il contenuto di tale legislazione vigente.

31. E' quanto la Corte ha effettuato nella sentenza Konle. Si trattava in particolare di risolvere la questione se la normativa nazionale del 1996 vale a dire una normativa successiva all'adesione dell'Austria rientrasse nella nozione di «legislazione vigente a tale data» utilizzata nell'atto di adesione . Per risolvere tale questione la Corte ha stabilito la misura in cui il contenuto della normativa nazionale del 1996 fosse equivalente a quello della normativa esistente al momento dell'adesione. Ciò non sarebbe stato possibile fare senza un esame del contenuto della legislazione vigente a tale data. Questo aspetto della causa Konle è identico a quello che sussiste nella causa in esame. Poiché la Corte si era dichiarata competente nella causa Konle, non vedo perché essa non sia competente nella causa in esame. Pertanto, è evidente che per la Corte neanche nella causa in esame sarebbe possibile pronunciarsi sulla questione se una normativa come il decreto ministeriale austriaco di cui trattasi sia conforme all'art. 17, n. 6, secondo comma, della direttiva se non le fosse consentito esaminare la situazione giuridica esistente.

Le due sentenze Commissione/Francia del 14 giugno 2001

32. Per pronunciarsi sulla causa in esame occorre prendere le mosse dalle due sentenze 14 giugno 2001. In primo luogo, rinvio alle conclusioni che ho presentato in queste due cause, in cui ho dichiarato quanto segue: «Dal carattere della direttiva deriva poi che le possibilità di porre eccezioni alla detraibilità dell'IVA hanno un carattere limitativo. Nella sentenza Lennartz, la Corte ha statuito che il diritto alla detrazione va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni (...). Poiché tali limitazioni devono applicarsi in modo analogo in tutti gli Stati membri, sono consentite deroghe nei soli casi espressamente contemplati dalla direttiva». Le disposizioni che consentono deroghe devono inoltre essere interpretate restrittivamente .

33. Nella sentenza emessa nella causa C-345/99 la Corte ha interpretato come segue il potere degli Stati membri di utilizzare la disposizione derogatoria enunciata dall'art. 17, n. 6, secondo comma:

«21. Al fine di poter valutare la compatibilità della modifica legislativa nazionale di cui trattasi con le disposizioni della sesta direttiva, occorre fare riferimento alla sentenza 29 aprile 1999, causa C-136/97, Norbury Developments (Racc. pag. I-2491), attinente ad un'altra disposizione transitoria della sesta direttiva, vale a dire l'art. 28, n. 3, lett. b), relativa alle esenzioni dall'IVA. In tale sentenza la Corte ha affermato che le modifiche introdotte nella normativa di uno Stato membro che non avessero esteso l'ambito dell'esenzione dall'IVA bensì, al contrario, l'avessero ridotto non si ponevano in contrasto con il tenore del detto articolo. Infatti, il detto articolo, se è pur vero che osta all'introduzione di ulteriori esenzioni o all'estensione della portata delle esenzioni esistenti successivamente alla data di entrata in vigore della sesta direttiva, non osta alla riduzione di queste ultime, dal momento che la loro abrogazione costituisce lo scopo dell'art. 28, n. 4, della direttiva stessa (v. la menzionata sentenza Norbury Developments, punto 19).

22. L'interpretazione dell'art. 17, n. 6, della sesta direttiva si presta all'applicazione di analogo ragionamento. In tal senso, laddove la normativa di uno Stato membro modifichi in senso restrittivo, successivamente all'entrata in vigore della sesta direttiva, l'ambito delle esclusioni esistenti allineandosi, in tal modo, all'obiettivo della sesta direttiva, si deve ritenere che tale normativa ricada nella deroga prevista dall'art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva e non violi il disposto dell'art. 17, n. 2».

34. E' evidente che il decreto ministeriale non ha l'effetto di restringere la portata dell'esenzione. Esso dispone che i minibus di cui trattasi sono esclusi dal beneficio della detrazione dell'IVA, il che non significa automaticamente che il decreto sia incompatibile con la direttiva. Risulta infatti dalla giurisprudenza della Corte, in particolare dalle sentenze 14 giugno 2001, che la direttiva non osta ad una misura nazionale che non modifichi la situazione giuridica esistente. L'art. 17, n. 6, secondo comma, vieta unicamente «l'introduzione di nuove esenzioni o (...) l'estensione della portata delle esenzioni esistenti».

35. Inoltre, la Commissione rinvia alla sentenza Royscot e a. , da cui in particolare discende che gli Stati membri possono mantenere in vigore deroghe ai sensi dell'art. 17, n. 6, secondo comma, della direttiva, fintanto che il Consiglio non abbia stabilito norme, nonostante il fatto che il periodo di quattro anni di cui all'art. 17, n. 6, secondo comma, già da tempo sia scaduto.

Soluzione della questione vera e propria

36. La lite si riduce alla questione se il decreto ministeriale controverso modifichi la situazione giuridica esistente.

37. La mia risposta a tale questione è affermativa. Essa si basa sulle due seguenti considerazioni:

per valutare la situazione giuridica esistente, si deve tener conto anche della prassi amministrativa vigente;

dai fatti accertati si deve dedurre che il decreto, tenuto conto del suo contenuto, modifica la situazione giuridica esistente.

38. Per quanto riguarda la prima considerazione, rinvio anzitutto a quanto affermato dal governo austriaco, che si riferisce ad un parere giuridico pubblicato dal Ministero federale delle Finanze il 18 novembre 1987. Tale parere corrisponderebbe alla giurisprudenza austriaca, ma non era vincolante. Secondo il governo austriaco, esso non faceva parte della legislazione nazionale esistente ai sensi dell'art. 17, n. 6, secondo comma, della direttiva. A suo avviso, la Corte non può tener conto di una prassi amministrativa vigente per risolvere la prima questione. All'udienza il suo rappresentante ha anche osservato che, secondo la giurisprudenza della Corte, uno Stato membro adempie il suo obbligo di recepire le direttive comunitarie nel diritto nazionale soltanto se adotta norme vincolanti, dato che le prassi amministrative non sono sufficienti.

39. Non condivido quanto affermato dal governo austriaco. Ricordo che la Corte non valuta il punto se il diritto nazionale sia conforme al diritto comunitario unicamente in base alla normativa nazionale, ma anche esaminando se la prassi amministrativa seguita in uno Stato membro sia conforme al contenuto di detta legislazione nazionale . La Corte deve esercitare un controllo così ampio in quanto deve garantire l'effetto utile del diritto comunitario negli Stati membri. La recente sentenza Commissione/Francia fornisce un buon esempio di tale giurisprudenza nel settore della direttiva. Questa causa riguardava un'esenzione dall'IVA incompatibile con la direttiva a favore delle mance nel settore della ristorazione. Tale esenzione che non era prevista dalla normativa tributaria francese si basava su una circolare degli uffici tributari francesi. La Corte ha censurato la sua applicazione e condannato la Repubblica francese.

40. Erratamente il governo austriaco effettua un confronto con gli obblighi a cui il legislatore nazionale è soggetto quando recepisce una direttiva comunitaria. «(...) secondo una giurisprudenza costante della Corte, semplici prassi amministrative, per loro natura modificabili a piacimento dell'amministrazione e prive di adeguata pubblicità, non possono essere considerate valido adempimento dell'obbligo incombente agli Stati membri, destinatari di una direttiva, in forza dell'art. 189 del Trattato CEE» . La condizione così posta all'attuazione delle direttive discende dalla necessità di garantire la certezza del diritto dei beneficiari della direttiva. Questi devono poter conoscere i diritti che loro risultano dalla normativa comunitaria e, se necessario, essere in grado di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali. Nella fattispecie si tratta però non di un obbligo cui uno Stato membro deve essere soggetto quando attua il diritto comunitario, ma della semplice constatazione di una prassi esistente.

41. Ciò porta alla mia seconda considerazione.

42. La Commissione afferma che il decreto ministeriale controverso ha comportato una definizione più restrittiva della nozione di minibus, il che ha comportato che gli autoveicoli di cui trattasi non possono più essere considerati come tali. Il decreto ha quindi modificato la situazione giuridica.

43. Il governo austriaco aggiunge quanto segue. In tutta l'Unione europea le regole cui tali veicoli sono soggetti sono quelle che si applicano alla categoria delle autovetture o delle station wagon. Ciò non vale per gli autoveicoli destinati a trasportare oltre nove persone. A suo avviso, tale criterio dovrebbe essere utilizzato anche in materia di diritto tributario. Esso si riferisce ad una proposta che la Commissione aveva presentato nel 1998 per modificare la direttiva, e nella quale il limite era costituito dai veicoli destinati a trasportare oltre nove persone, compreso il conducente.

44. Inoltre prosegue il governo austriaco i minibus di piccole dimensioni, del tipo Pontiac TransSport o Fiat Ulysse, sono apparsi sul mercato solo durante questi ultimi anni. I loro acquirenti li acquistano per sostituire le autovetture e non gli autobus. Sarebbe pertanto incompatibile con la finalità di cui all'art. 12, n. 2, punto 2, dell'UstG del 1994 e con la giurisprudenza del Verwaltungsgerichtshof considerare tali veicoli come autobus. L'art. 10 del decreto del 1996 precisa quindi che essi devono essere considerati come autovetture o come station wagon. Per la prima volta il decreto ha fissato criteri vincolanti allo scopo non di ampliare la categoria dei veicoli esclusi dal diritto alla detrazione, ma di tracciare un limite più chiaro.

45. Conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, vorrei ricordare in primo luogo che le deroghe al diritto a detrazione devono essere interpretate restrittivamente . L'interpretazione restrittiva esclude qualsiasi modifica, anche minima, del diritto alla detrazione che non sia conforme all'obiettivo della direttiva.

46. Sotto tale profilo occorre esaminare la giustificazione che il governo austriaco fa valere per difendere il decreto. Esso fa riferimento essenzialmente alla funzione dei minibus di cui trattasi. Tale funzione, analoga a quella di un'autovettura e non a quella di un autobus, sarebbe del resto riconosciuta dalla normativa di altri Stati membri. A prima vista, il governo austriaco designa correttamente la funzione di tali minibus; tuttavia, essa non è pertinente per risolvere la prima questione del giudice a quo. Non è neanche rilevante il fatto che i minibus di piccole dimensioni, quali i Pontiac TransSport e i Fiat Ulysse, siano a quanto sembra apparsi sul mercato soltanto dopo il 1987.

47. Data la necessità di un'interpretazione restrittiva, ciò che rileva per la soluzione della Corte è il fatto che, fino all'entrata in vigore del decreto, i minibus la cui capacità fosse inferiore a nove persone potevano fruire del diritto a detrazione, mentre essi non lo potevano più a partire da detta data.

48. Ad abundantiam, osservo che il Strukturanpassungsgesetzt del 1996 e il decreto basato su di esso mirano appunto ad eliminare talune possibilità di detrazione. Risulta infatti dalla motivazione della proposta del governo che la nuova regolamentazione mira (in particolare) a ridurre il disavanzo di bilancio e a riassorbire il debito pubblico.

49. Propongo quindi alla Corte di risolvere la prima questione come segue: l'art. 17, n. 6, secondo comma, della direttiva non consente ad uno Stato membro di escludere, dopo l'entrata in vigore di quest'ultima, taluni autoveicoli dal diritto alla detrazione dell'IVA quando, al momento dell'entrata in vigore della direttiva, una costante prassi amministrativa nazionale autorizzava tale detrazione.

VI Seconda questione

50. La seconda questione del giudice a quo è composta da due parti. Si tratta anzitutto di esaminare le conseguenze giuridiche della inosservanza del procedimento di consultazione previsto dall'art. 29 della direttiva. Si tratta inoltre di precisare il significato del criterio dedotto dai «motivi congiunturali».

Il procedimento di consultazione

51. Il governo austriaco osserva che il procedimento di cui all'art. 29 è un procedimento meramente consultivo e che, diversamente, ad esempio, dall'art. 27, non è previsto che esso porti ad una decisione del Consiglio. L'obiettivo è di assicurare un'applicazione coerente della direttiva. Un singolo non può avvalersi dell'inosservanza di tale disposizione.

52. Secondo la Commissione, l'art. 17, n. 7, non può essere addotto da uno Stato membro senza che prima sia stata seguita la procedura di consultazione. Essa ricorda che, nella sentenza Direct Cosmetics che riguardava l'art. 27, n. 2, della direttiva, che prevede del pari una notifica da parte dello Stato membro che adotti una misura derogatoria la Corte ha affermato quanto segue: «(...) gli Stati membri sono tenuti all'osservanza di tutte le disposizioni della sesta direttiva, qualora una deroga non sia stata stabilita a norma dell'art. 27. Le autorità fiscali di uno Stato membro non possono quindi far valere nei confronti del contribuente (...) una disposizione che deroghi al sistema della direttiva e che sia stata adottata trasgredendo l'obbligo di notifica imposto agli Stati membri dall'art. 27, n. 2» . La Commissione afferma che tale concezione rigorosa vale anche per l'art. 29. La consultazione consente un'applicazione coordinata dell'art. 17, n. 7. Inoltre, fornisce la possibilità di verificare preventivamente la misura in cui il provvedimento nazionale è stato adottato per motivi congiunturali.

53. Osservo, a mo' di premessa, che il procedimento istituito dall'art. 29 della direttiva deve essere distinto da quello di cui all'art. 27, oggetto della sentenza Direct Cosmetics. Il procedimento di cui all'art. 27 mira ad ottenere dal Consiglio un'autorizzazione che consenta di adottare una misura di deroga, mentre il procedimento ex art. 29 non porta a tale conseguenza. Diversamente da quanto sostiene la Commissione, la sentenza Direct Cosmetics non può applicarsi automaticamente al procedimento di cui all'art. 29.

54. Per tali motivi torno alla ampia giurisprudenza della Corte relativa all'inosservanza delle norme sulla forma. Essa ha stabilito una differenza tra le forme sostanziali e quelle che non lo sono. L'inosservanza delle forme sostanziali comporta la nullità dell'atto. La Corte ha una concezione ampia delle forme sostanziali .

55. Ritengo che l'inosservanza del procedimento di consultazione previsto dall'art. 29 della direttiva debba essere considerata nella fattispecie come la violazione di una formalità sostanziale, violazione che comporta la nullità del ricorso all'art. 17, n. 7, della direttiva. Lo deduco dallo stesso testo dell'art. 17, n. 7. Un'esclusione del diritto alla detrazione è autorizzata soltanto «fatta salva la consultazione prevista dall'art. 29». La consultazione del comitato non è stata prevista per consentire un mero scambio di informazioni: essa costituisce un presupposto per l'adozione di una misura nazionale basata sull'art. 17, n. 7. E' anche logico che l'obbligo di consultazione abbia siffatta importanza. Il procedimento deve anche consentire alla Commissione di esercitare un controllo sull'uso del potere derogatorio, il quale, come osservato più volte quando ho esaminato la prima questione, dev'essere interpretato restrittivamente.

56. Il mio punto di vista è corroborato dalla sentenza 30 aprile 1996, CIA Security International . Si trattava in tale causa dell'inosservanza di uno Stato membro dell'obbligo di notifica impostogli dalla direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche . Nella sua sentenza la Corte ha paragonato tale obbligo di notifica a «un obbligo di previa comunicazione che non subordinava l'entrata in vigore delle normative progettate all'accordo o alla mancata opposizione della Commissione». «Scopo della direttiva non è semplicemente informare la Commissione, ma appunto, (...) in una prospettiva più ampia, eliminare o limitare gli ostacoli agli scambi, informare gli altri Stati membri delle regolamentazioni tecniche progettate da uno Stato, dare alla Commissione e agli Stati membri il tempo necessario per reagire e proporre una modifica che consenta di ridurre le restrizioni alla libera circolazione delle merci derivanti dalla misura progettata e lasciare alla Commissione il tempo necessario per proporre una direttiva di armonizzazione». A causa di tale prospettiva più ampia, la Corte ha rilevato che l'obbligo di notifica costituiva una formalità essenziale, il che non valeva per l'obbligo generale di comunicazione con il quale essa l'aveva confrontato.

57. Anche alla luce dei criteri della sentenza CIA Security International l'obbligo di consultazione previsto dall'art. 17, n. 7, deve essere considerato come una formalità sostanziale. Tale obbligo persegue anche uno scopo più generale, vale a dire quello di consentire un controllo dell'uso che fanno gli Stati membri della possibilità che essi hanno di derogare al regime generale e di impedire loro così di far uso con leggerezza di tale potere.

Il criterio dei «motivi congiunturali»

58. Il governo austriaco adduce che gli Stati membri possono avvalersi dell'art. 17, n. 7, al fine di correggere squilibri macroeconomici, di ridurre il disavanzo di bilancio e di eliminare il debito pubblico. I provvedimenti nazionali non devono necessariamente essere limitati nel tempo. Può trattarsi di norme che già esistevano al momento dell'entrata in vigore della direttiva. La Commissione ribatte che gli Stati membri non possono avvalersi di motivi di bilancio per utilizzare tale potere per una durata indeterminata.

59. Uno Stato membro può basare solo su motivi congiunturali la deroga alla detrazione dell'IVA come previsto dall'art. 17, n. 7. A mio avviso, non vi è alcun dubbio che una regolamentazione a durata indeterminata, la quale miri inoltre a ridurre il disavanzo di bilancio ed eliminare il debito pubblico, non ha un'origine congiunturale.

60. L'esigenza di motivi congiunturali significa che il provvedimento fiscale deve mirare ad attenuare fluttuazioni congiunturali. Esso deve far parte della politica congiunturale di uno Stato membro. Per politica congiunturale intendo al riguardo il fatto che le autorità di bilancio mirino ad influenzare a breve termine dati macroeconomici quali la produzione, il consumo, il volume delle importazioni e delle esportazioni. Tali politiche riguardano spesso un periodo di uno-due anni.

61. E' fuori luogo esaminare in questa sede e nei dettagli la questione del margine di manovra ancora lasciato agli Stati membri dalle istituzioni dell'Unione economica e monetaria per la realizzazione di una politica congiunturale propria; ritengo però che, da quando è stata realizzata tale Unione, siffatte politiche devono essere coordinate in seno alla Comunità. Mi riferisco qui al procedimento di cui all'art. 99 CE. Di conseguenza, difficilmente vi può essere spazio per un'applicazione meramente unilaterale dell'art. 17, n. 7.

62. Torno ora alla seconda questione pregiudiziale vera e propria. In via di principio, una misura ai sensi dell'art. 17, n. 7, della direttiva deve essere limitata nel tempo. Una fluttuazione congiunturale per sua stessa natura è un fenomeno temporaneo. Non ritengo necessario che la stessa misura limiti espressamente la sua validità nel tempo, poiché una regolamentazione a durata indeterminata può essere revocata dopo un certo periodo di tempo; in tal caso occorre però che risulti chiaramente dalla motivazione o da altri documenti allegati che lo Stato membro ha effettivamente intenzione di revocare la sua regolamentazione qualora ciò sia consentito dalla situazione congiunturale.

63. In ogni caso, è evidente che una normativa che escluda il diritto alla detrazione per motivi congiunturali non può avere un carattere strutturale.

VII Conclusione

64. Alla luce di tutte le osservazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni pregiudiziali del Verwaltungsgerichtshof:

«Quanto alla prima questione: l'art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, non consente ad uno Stato membro di escludere, dopo l'entrata in vigore della direttiva, taluni autoveicoli dal diritto alla detrazione dell'IVA quando, al momento di detta entrata in vigore, una costante prassi amministrativa nazionale autorizzava siffatta detrazione.

Quanto alla seconda questione: l'art. 17, n. 7, della direttiva non consente di stabilire un'esclusione del diritto alla detrazione dell'IVA per motivi congiunturali senza aver previamente consultato il comitato, come previsto dall'art. 29 della direttiva. Inoltre, la restrizione di cui all'art. 17, n. 7, che autorizza soltanto le esclusioni basate su motivi congiunturali, implica che tali esclusioni in via di principio debbano avere una durata limitata nel tempo e, in ogni caso, non possono rivestire un carattere strutturale».