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62000C0141

Conclusioni dell'avvocato generale Tizzano del 27 settembre 2001. - Ambulanter Pflegedienst Kügler GmbH contro Finanzamt für Körperschaften I in Berlin. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesfinanzhof - Germania. - Art. 13, parte A, n. 1, lett. c) e g), della sesta direttiva 77/388/CEE - Esenzione delle prestazioni mediche fornite da società di capitali - Prestazioni di servizi connesse all'assistenza sociale e alla previdenza sociale fornite da organismi diversi da quelli di diritto pubblico riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato - Effetto diretto. - Causa C-141/00.

raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-06833


Conclusioni dell avvocato generale


I - Premessa

1. Con ordinanza del 3 febbraio 2000, pervenuta nella cancelleria della Corte il successivo 14 aprile, il Bundesfinanzhof (Repubblica federale di Germania) ha sottoposto, ai sensi dell'art. 234 CE, tre quesiti pregiudiziali relativi all'interpretazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. c) e g), della sesta direttiva IVA nel quadro di un contenzioso che oppone una società che fornisce servizi di assistenza a domicilio (Ambulanter Pflegedienst Kügler GmbH: in prosieguo: «Kügler» o la «ricorrente») al Finanzamt für Körperschaften I di Berlino (Ufficio imposte degli enti; in prosieguo: il «Finanzamt» o l'«amministrazione»). Le risposte della Corte aiuteranno il giudice del rinvio a decidere se le prestazioni mediche e l'assistenza a domicilio fornite da Kügler negli anni 1988-1990 debbano essere assoggettate all'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA»), come ritiene l'amministrazione, ovvero beneficiare, come sostiene la ricorrente, dell'esenzione fiscale di cui alle predette disposizioni.

II - Quadro giuridico

A - La normativa comunitaria

2. L'art. 13 (intitolato «Esenzioni all'interno del paese»), parte A (intitolata «Esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico»), nn. 1, lett. b), c) e g), e 2, lett. a) e b), della sesta direttiva dispone che:

«1. Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(...)

b) l'ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti;

c) le prestazioni mediche effettuate nell'esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati;

(...)

g) le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l'assistenza sociale e la sicurezza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato;

(...)

2. a) Gli Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste al paragrafo 1, lettere (...) g) (...) all'osservanza di una o più delle seguenti condizioni:

- gli enti di cui trattasi non devono avere per fine la ricerca sistematica del profitto: gli eventuali profitti non dovranno mai essere distribuiti ma dovranno essere destinati al mantenimento o al miglioramento delle prestazioni fornite;

- essi devono essere gestiti ed amministrati a titolo essenzialmente gratuito da persone che non hanno di per sé o per interposta persona alcun interesse diretto o indiretto ai risultati della gestione;

- essi devono praticare prezzi approvati dalle autorità pubbliche o che non superino detti prezzi approvati, ovvero, per le operazioni i cui prezzi non sono sottoposti ad approvazione, praticare prezzi inferiori a quelli richiesti per servizi analoghi da imprese commerciali soggette all'imposta sul valore aggiunto;

- le esenzioni non devono essere tali da provocare distorsioni di concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'imposta sul valore aggiunto;

b) sono escluse dal beneficio dell'esenzione prevista alle lettere (...) g) (...) del paragrafo 1 le prestazioni di servizi e le forniture di beni che:

- non siano indispensabili all'espletamento delle operazioni esentate;

- siano essenzialmente destinate a procurare all'ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali sottoposte all'imposta sul valore aggiunto».

B - La normativa nazionale

3. Ai sensi dell'art. 4, n. 14, prima frase, dell'Umsatzsteuergesetz del 1980 (legge sull'imposta sulla cifra di affari; in prosieguo: l'«UStG» ), va esentata da tale imposta :

«la cifra d'affari derivante dall'esercizio della professione di medico, dentista, terapista, fisioterapista, ostetrico o qualsiasi altra attività analoga ai sensi dell'art. 18, n. 1, primo comma, della legge sull'imposta sul reddito, oppure di biochimico clinico (...)».

4. A sua volta, il n. 16 dello stesso articolo, nella versione in vigore nel periodo attinente ai fatti di causa nel giudizio principale, cioè negli anni 1988-1990, prevedeva l'esenzione fiscale per:

«la cifra d'affari strettamente connessa con la gestione di ospedali, cliniche specializzate in esami diagnostici e altri istituti di cura, diagnostica o analisi, nonché di case di riposo, residenze per anziani e istituti di assistenza allorché

a) tali istituti sono gestiti da persone giuridiche di diritto pubblico, ovvero

b) nel caso di ospedali (...)

c) nel caso di cliniche specializzate in esami diagnostici e di altri istituti di cura, diagnostica o di analisi clinica, le prestazioni vengono effettuate sotto controllo medico (...)

d) nel caso di case di riposo, di residenze per anziani e di istituti di assistenza, almeno due terzi delle prestazioni sono state dispensate, nel corso del precedente anno civile, alle persone di cui all'art. 68, n. 1, della legge federale sull'assistenza sociale (Bundessozialhilfegesetz) (...)».

5. Nel 1992 la parte introduttiva dell'art. 4, n. 16, dell'UStG è stata modificata nel senso che l'esenzione fiscale concerne ora :

«la cifra d'affari strettamente connessa con la gestione di ospedali, cliniche specializzate in esami diagnostici e altri istituti di cura, diagnostica o di analisi, nonché di case di riposo, residenze per anziani e istituti di assistenza, istituti per il ricovero temporaneo di persone bisognose di cure e istituti per l'assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure, allorché (...)».

6. Nella stessa occasione, è stato aggiunto all'art. 4, n. 16, una lett. e), così redatta:

«e) nel caso di istituti per il ricovero temporaneo di persone bisognose di cure e di istituti per l'assistenza a domicilio a persone malate e bisognose di cure, nell'anno civile precedente in almeno due terzi dei casi le spese per cure mediche sono state sostenute, in tutto o in gran parte, da enti di previdenza o assistenza sociale legalmente istituiti».

7. A precisazione delle disposizioni richiamate ricordo altresì che, per quanto concerne l'art. 4, n. 14, dell'UStG, esso rinvia all'art. 18, n. 1, punto 1, dell'Einkommensteuergesetz (legge sull'imposta sul reddito; in prosieguo: l'«EStG» ) per la definizione del reddito da «professioni liberali». Dalla giurisprudenza del Bundesfinanzhof emerge peraltro che tale rinvio riguarda unicamente la valutazione della natura delle attività in questione, non già la qualificazione dei redditi ai fini della legislazione sull'imposta sulla cifra d'affari. Se ne è quindi dedotto che l'esenzione prevista dall'art. 4, n. 14, dell'UStG non è riservata alla persona del professionista, ma può essere richiesta anche da una società di persone o di capitali.

8. Per quanto riguarda poi l'eventuale esenzione delle cure a domicilio, lo stesso giudice del rinvio ricorda che, secondo alcune recenti pronunce del Bundesfinanzhof, le prestazioni consistenti in trattamenti terapeutici, ossia cure mediche rese necessarie da uno stato patologico, effettuati da personale infermieristico in un contesto di assistenza a domicilio sono considerate attività «analoghe» a quelle mediche ai sensi dell'art. 4, n. 14, dell'UStG e godono pertanto dell'esenzione fiscale ivi prevista. Così non è, invece, per l'assistenza di base, attività consistente, ad esempio, nel provvedere all'igiene personale, alla preparazione e alla somministrazione dei pasti, nonché nell'aiutare i malati a vestirsi e svestirsi, ad alzarsi dal letto e a coricarsi; né lo è per le attività di aiuto domestico, tra le quali rientrano quelle di provvedere agli acquisti, alla pulizia dell'abitazione e al bucato. Per questi ultimi due tipi di assistenza a domicilio l'esenzione fiscale potrebbe invece risultare, secondo il giudice di rinvio, dall'art. 4, n. 16, dell'UStG, nella versione modificata dallo StÄndG, ma ciò solo a partire dall'entrata in vigore di tale legge, cioè dal 1° gennaio 1992, perché, per motivi di equità, alla modifica non potrebbe essere conferita efficacia retroattiva.

III - Fatti e quesiti pregiudiziali

9. Kügler è una società a responsabilità limitata di diritto tedesco che negli anni tra il 1988 e il 1990 forniva servizi di assistenza a domicilio. In virtù del suo statuto, essa perseguiva esclusivamente scopi caritatevoli, assistendo persone non autosufficienti a causa delle loro condizioni fisiche o della loro situazione economica . Il perseguimento di tali scopi, attestato dallo stesso Finanzamt con un parere del 23 agosto 1988 valido fino al 31 dicembre 1989, era conseguito in concreto fornendo cure mediche e aiuti a domicilio, nonché assistenza domestica e familiare.

10. Con vari avvisi di accertamento relativi al periodo controverso il Finanzamt determinava l'imposta sulla cifra d'affari dovuta dalla ricorrente per il periodo 1988-1990, ad un tasso ridotto, sulla base di dichiarazioni forfettarie. Ritenendo invece di dover godere dell'esenzione di cui all'art. 4, nn. 14 e 16, dell'UStG del 1980, Kügler ha proposto prima opposizione innanzi agli stessi uffici dell'amministrazione e poi un ricorso giurisdizionale. Entrambi sono stati respinti.

11. In particolare, secondo il Finanzgericht, Kügler non svolgerebbe nessuna delle attività di cui all'art. 4, n. 14, dell'UStG perché, in quanto persona giuridica, non potrebbe presentare i requisiti per l'esercizio di una professione liberale. D'altra parte, il suo fatturato non sarebbe esentabile neppure ai sensi dell'art. 4, n. 16, dell'UStG poiché, da un lato, la ricorrente non gestisce un istituto di cura [v. art. 4, n. 16, lett. c), dell'UStG] e, dall'altro, l'esenzione per gli istituti impegnati in attività prestate a domicilio a favore di persone malate o bisognose di assistenza è stata introdotta solo nel 1992 [v. art. 4, n. 16, lett. e), dell'UStG come modificato].

12. Secondo il Finanzgericht non sarebbe possibile pervenire ad una diversa conclusione neppure invocando la sesta direttiva, in particolare il suo art. 13, parte A, n. 1, lett. c) e g). Non solo, infatti, la lett. c) di tale disposizione esige anch'essa che si sia in presenza di persone fisiche in possesso delle qualifiche proprie delle professioni mediche o paramediche, ma la ricorrente non potrebbe neppure pretendere di fruire dell'esenzione accordata agli organismi riconosciuti come aventi carattere sociale ai sensi della lett. g), posto che tale riconoscimento è stato accordato agli istituti che forniscono cure a domicilio solo a partire dal 1992, con la ricordata modifica apportata dallo StÄndG all'art. 4, n. 16, dell'UStG.

13. Kügler ha quindi proposto un ricorso per cassazione («Revision») al Bundesfinanzhof, lamentando la violazione dell'art. 4, nn. 14 e 16, dell'UStG del 1980 e dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. c) e g), della sesta direttiva.

14. Nella sua ordinanza di rinvio, il Bundesfinanzhof si interroga anzitutto sull'applicabilità dell'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva alle prestazioni fornite da una persona giuridica. Esso precisa che i dubbi sono alimentati dalla sentenza Gregg , nella quale la Corte di giustizia ha osservato che «la maggior parte delle disposizioni [dell'art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva] precisa pure quali operatori economici siano autorizzati a fornire le prestazioni esonerate» (punto 13) e che «i termini "istituti" od "organismi" sono utilizzati in talune disposizioni dell'art. 13, punto A, n. 1, della sesta direttiva, mentre in altre l'attività interessata è indicata mediante denominazioni professionali che fanno riferimento al singolo, come le professioni mediche e paramediche [lett. c)] (...)» (punto 14). Nella stessa pronunzia, peraltro, la Corte ha aggiunto che «[i]l principio [della] neutralità fiscale osta (...) a che (...) la possibilità di invocare l'esenzione [di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e g)] dipend[a] dalla forma giuridica mediante la quale il soggetto passivo svolge la propria attività» (punto 20).

15. In secondo luogo, stante i diversi tipi di prestazioni fornite da Kügler, il giudice di rinvio si domanda se, oltre alle cure mediche, anche l'assistenza di base e l'aiuto domestico possano fruire dell'esenzione di cui alla lett. c), per lo meno in quanto accessorie alle prestazioni aventi uno scopo terapeutico. A questo proposito, il Bundesfinanzhof ricorda una pronunzia della Corte che, a suo avviso, potrebbe escludere dall'esenzione in questione tutte le prestazioni che non hanno un effetto terapeutico. In Commissione/Regno Unito , la Corte ha infatti affermato che «le prestazioni mediche effettuate nell'esercizio delle professioni mediche e paramediche» sono «prestazioni effettuate al di fuori degli istituti ospedalieri e nell'ambito di un rapporto di fiducia tra il paziente ed il prestatore delle cure, rapporto che normalmente si svolge nello studio privato del prestatore stesso» (punto 33).

16. Da ultimo, nel caso in cui non tutte le prestazioni fornite dalla ricorrente possano beneficiare dell'esenzione di cui alla lett. c) dell'art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva, il Bundesfinanzhof si domanda se nella specie non sia eventualmente applicabile la lett. g) di detta disposizione. In tale ipotesi, però, occorrerebbe chiedersi se la ricorrente possa invocarla, dato che essa è stata trasposta nel diritto nazionale dopo il periodo cui si riferiscono gli avvisi di accertamento del Finanzamt. Posto però che, secondo la giurisprudenza della Corte, «le disposizioni di una direttiva che appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise possono essere richiamate dai singoli per opporsi a qualsiasi norma di diritto interno non conforme alla direttiva» , il Bundesfinanzhof si chiede se tali requisiti ricorrano nel caso di specie.

17. Sulla base di queste considerazioni il Bundesfinanzhof ha deciso di proporre alla Corte i seguenti quesiti pregiudiziali:

«1) Se l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della direttiva 77/388/CEE si applichi solo nel caso in cui le cure mediche siano fornite da una persona fisica oppure se tale esenzione non dipenda dalla forma giuridica del soggetto passivo che fornisce le prestazioni.

2) Nel caso in cui detta esenzione sia applicabile anche alle società di capitali, se in tale esenzione rientri, in tutto o in parte, il fatturato di una società di capitali che fornisce assistenza infermieristica a domicilio (trattamenti terapeutici, assistenza di base e aiuto domestico) che viene prestata da personale infermieristico diplomato.

3) Se dette prestazioni rientrino nell'ambito di applicazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della direttiva 77/388/CEE e se un soggetto passivo possa avvalersi di tale disposizione».

IV - Analisi giuridica

A - Sul primo quesito pregiudiziale

1. Argomenti delle parti

18. Salvo il Finanzamt, tutte le altre parti del presente procedimento hanno suggerito di rispondere al primo quesito nel senso che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva non dipende dalla forma giuridica del soggetto che fornisce le prestazioni e che quindi non ha alcuna rilevanza se esso sia una persona fisica o una persona giuridica.

19. A favore di tale risposta deporrebbero anzitutto gli artt. 2 e 4 della sesta direttiva : il primo perché chiarisce che al pagamento dell'IVA sono assoggettate cessioni di beni e prestazioni di servizi, non già i soggetti che svolgono tali attività; il secondo perché, nel precisare che, ai fini della direttiva, è «soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una (...) attività economica (...), indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività», conferma che l'imposizione del tributo non dipende dalla forma giuridica del soggetto passivo.

20. In secondo luogo, viene sottolineato, da un lato, che l'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), insiste sul tipo o sulla natura delle attività considerate, appunto le «prestazioni mediche», piuttosto che sulla forma giuridica delle persone che le svolgono; dall'altro, che l'indicazione delle categorie professionali legittimate a svolgere dette attività sarebbe funzionale alla definizione delle stesse . D'altra parte, solo le persone fisiche possono esercitare un'attività per conto delle persone giuridiche e quindi, se le prime posseggono le necessarie qualifiche e agiscono nell'esercizio della loro professione, anche le seconde possono, per il loro tramite, esercitare un'attività economica esentabile ai sensi della lett. c) dell'art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva.

21. In termini più generali, inoltre, si fa riferimento al principio della neutralità fiscale che informa la sesta direttiva e che osta a che operatori economici che svolgono le medesime operazioni subiscano un trattamento differenziato in materia di riscossione di IVA . Tale principio sarebbe violato ove l'esenzione in questione dipendesse dalla forma giuridica che assume il soggetto passivo che esercita l'attività in considerazione. La stessa Corte, nella citata sentenza Gregg, si sarebbe fondata sul menzionato principio (v. punto 20) in un caso in cui si trattava di estendere alle persone fisiche disposizioni concernenti "istituti" e "organismi". Essa ha sì riconosciuto che la formulazione letterale delle lett. b) e g) dell'art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva poteva avallare una diversa interpretazione e che «i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all'art. 13 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l'IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo» (punto 12); tuttavia, prosegue la Corte, «dalla circostanza che l'art. 13, punto A, n. 1, della sesta direttiva contiene denominazioni diverse degli operatori economici ivi menzionati non si può desumere che le esenzioni previste da tale norma siano riservate alle persone giuridiche nei casi in cui quest'ultima fa riferimento espressamente a un'operazione effettuata da un "istituto" o da un "organismo" [v. lett. b) e g)], mentre, negli altri casi, l'esenzione potrebbe essere invocata anche da persone fisiche» (punto 15). Anzi, precisa ancora la Corte, «[i] termini "istituto" e "organismo" (...) sono in via di principio sufficientemente ampi da includere anche le persone fisiche»; utilizzando questi termini, «il legislatore comunitario non aveva l'intenzione di limitare il beneficio delle esenzioni previste da detta norma alle sole operazioni effettuate da persone giuridiche, bensì ha inteso estendere l'ambito d'applicazione di tali esenzioni alle operazioni effettuate dai singoli» (punto 17) .

22. Da ultimo, si osserva che l'esenzione delle prestazioni mediche a prescindere dalla forma giuridica del soggetto che le fornisce si giustificherebbe con la ratio stessa di tale esenzione, che mira a ridurre la spesa medica e a favorire quindi la tutela della salute .

23. Sul fronte opposto, il Finanzamt sostiene che la tesi secondo cui l'esenzione spetta solo alle persone fisiche è la più coerente con la giurisprudenza della Corte e con il testo delle disposizioni in esame. Esso ricorda, anzitutto, che, «[p]er giurisprudenza costante [della Corte], le esenzioni previste dall'art. 13 della sesta direttiva costituiscono nozioni autonome di diritto comunitario (...) anche con riferimento agli specifici requisiti imposti per poter fruire di tali esenzioni e, in particolare, a quelli riguardanti la qualità o l'identità dell'operatore economico che effettui prestazioni coperte dall'esenzione» , e che «i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all'art. 13 (...) devono essere interpretati restrittivamente» .

24. D'altra parte, continua il Finanzamt, il tenore letterale della disposizione in esame è privo di ambiguità e non può che riferirsi ad attività svolte da persone fisiche. La stessa Corte, interpretando le esenzioni di cui all'art. 13, parte A, n. 1, ha rilevato che se per alcune di esse si fa espressamente riferimento alla nozione di «organismo», per altre l'attività da esentare è identificata con l'indicazione delle denominazioni professionali, quali le professioni mediche e paramediche di cui alla lett. c), che si riferiscono evidentemente alle persone fisiche. E' chiaro, quindi, che una società di capitali può soltanto invocare le esenzioni che fanno riferimento alla nozione di «organismo» . Il fatto che in Gregg la Corte abbia considerato applicabili alle persone fisiche le esenzioni riferite agli «organismi» di cui alle lett. b) e g) della disposizione in esame non consente di compiere lo stesso ragionamento, sia pur rovesciato, nel caso che ci occupa, cioè di estendere l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), alle società di capitali.

25. Infine, nel caso in cui, malgrado tutto, la Corte dovesse considerare la disposizione applicabile anche alle persone giuridiche, il Finanzamt sostiene che tanto i soci quanto gli amministratori delle società di capitali dovrebbero possedere le prescritte qualifiche mediche e paramediche (che nella specie, invece, difettavano in capo all'amministratrice della ricorrente). Solo tale conclusione, confortata peraltro dal testo della disposizione, consentirebbe di esentare determinate attività indipendentemente dalla forma giuridica dell'operatore economico.

2. Valutazione

26. Credo che la prima delle tesi in precedenza esposte si faccia preferire di gran lunga, e nulla o quasi vi sarebbe da aggiungere a suo sostegno se non per ribattere ad alcune obiezioni che ad essa muove il Finanzamt.

27. Da un punto di vista generale, anzitutto, vorrei anch'io ricordare che le «esenzioni costituiscono nozioni autonome di diritto comunitario, le quali vanno inquadrate nel contesto generale del sistema comune dell'IVA instaurato dalla direttiva» . Tuttavia ritengo di farlo per motivi opposti a quelli invocati dal Finanzamt, cioè per ricordare che gli artt. 2 e 4 della sesta direttiva, che di questa delimitano il campo d'applicazione oggettivo e soggettivo, non fanno alcun riferimento alla forma giuridica del soggetto passivo che esercita l'attività economica imponibile. Né, d'altra parte, l'estensione dell'esenzione alle prestazioni mediche fornite da persone giuridiche confligge con il principio dell'interpretazione restrittiva dell'art. 13 della sesta direttiva, perché l'esenzione resta applicabile alle sole prestazioni mediche fornite da personale qualificato e quindi detta estensione non porta ad un'applicazione della disposizione al di là dei casi da essa indicati. L'opposta tesi dà invece per scontata proprio la conclusione che deve essere dimostrata.

28. Inoltre, ed anche a prescindere dalla sua sottolineata conformità all'obiettivo di ridurre la spesa medica, la soluzione qui proposta mi pare più rispettosa del ricordato principio della neutralità fiscale. Essa consente infatti di trattare allo stesso modo tutti gli operatori economici impegnati nella medesima attività, evitando così di influenzarne le scelte per quanto concerne la veste giuridica che intendono adottare per svolgere le proprie attività e di incidere sulle condizioni di concorrenza che potrebbero derivare da tali scelte .

29. Ma neppure il testo della disposizione in esame conforta la conclusione del Finanzamt. Come infatti hanno correttamente osservato i fautori dell'opposta tesi, il dettato della lett. c) non esige affatto che le prestazioni mediche siano fornite da un soggetto dotato di una forma giuridica particolare. Perché queste prestazioni siano esentate, infatti, occorre che siano soddisfatte due condizioni che prescindono dalla forma giuridica del soggetto in questione: che si tratti per l'appunto di «prestazioni mediche» e che esse siano svolte da persone in possesso dei necessari requisiti professionali . Ed è proprio svolgendo il filo di un ragionamento simile che in Gregg la Corte ha considerato applicabili alle attività di persone fisiche esenzioni riferite a «organismi» o «istituti», in quanto le condizioni «[del]l'esistenza di un ente individualizzato che compie una determinata funzione (...) ricorrono (...) non solo nel caso delle persone giuridiche, ma anche nel caso di una o più persone fisiche che gestiscono un'impresa» (punto 18).

30. Osservo, inoltre, che neppure la giurisprudenza evocata dal Finanzamt giustifica le conclusioni cui esso perviene. Al punto 20 della sentenza Bulthuis-Griffioen, infatti, la Corte non ha affermato, come sostiene l'amministrazione convenuta, che le esenzioni di cui all'art. 13 che non fanno riferimento alla nozione di «organismo» ed utilizzano piuttosto denominazioni professionali sono applicabili soltanto alle persone fisiche. In realtà, la Corte ha detto esattamente il contrario; essa ha cioè precisato che in quei casi dell'esenzione «possono avvaler[si] anche le persone fisiche» (il corsivo è mio). Ciò significa che, sebbene in presenza di «denominazioni professionali che fanno riferimento al singolo» , l'esenzione potrebbe essere invocata anche per le attività fornite da un operatore che agisce sotto forma di persona giuridica .

31. Quanto, infine, alla pretesa del Finanzamt secondo cui, ove la Corte decidesse di seguire la tesi da me accolta, l'esenzione potrebbe essere accordata solo a condizione che anche i soci e gli amministratori dell'impresa possiedano i necessari requisiti professionali, mi pare che né il disposto della direttiva né la ratio dell'esenzione giustifichino l'imposizione di questa ulteriore condizione. Ciò che infatti l'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), richiede è solo che le prestazioni mediche cui esso si riferisce siano effettuate nell'esercizio delle professioni mediche e paramediche e quindi da persone abilitate a prestarle.

32. In conclusione, sono dell'avviso che al primo quesito pregiudiziale si debba rispondere nel senso che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva è indipendente dalla forma giuridica del soggetto passivo che fornisce le prestazioni mediche.

B - Sul secondo quesito pregiudiziale

33. Nel caso in cui al primo quesito si risponda, come ho appunto proposto, che l'esenzione è applicabile anche alle società di capitali, il Bundesfinanzhof chiede, con il secondo quesito, se in essa rientri, in tutto o in parte, il fatturato di una società di capitali che fornisce assistenza infermieristica a domicilio (trattamenti terapeutici, assistenza di base e aiuto a domicilio) con personale infermieristico diplomato. In sostanza, il giudice del rinvio chiede di precisare la portata, ai presenti fini, della nozione di «prestazioni mediche» di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c).

1. Argomenti delle parti

34. Ad eccezione della ricorrente, tutte le parti che si sono espresse sul punto (il Finanzamt, il governo tedesco e la Commissione) sono dell'avviso che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), copra esclusivamente i trattamenti a carattere terapeutico, legati cioè alla prevenzione, alla diagnosi o alla cura di una patologia, e non anche le altre attività in cui è pure impegnata la ricorrente (l'assistenza di base e l'aiuto a domicilio), che di per sé non contribuiscono alla guarigione del paziente perché non finalizzate direttamente a scopi terapeutici.

35. Ricordato, in particolare, il principio secondo il quale le esenzioni di cui all'art. 13 della sesta direttiva sono di stretta interpretazione, tale tesi sottolinea che solo le prestazioni mediche propriamente dette hanno una stretta connessione con le attività volte alla tutela della salute e alla guarigione del paziente . Le attività di assistenza di base e di aiuto a domicilio, invece, non hanno di per sé finalità terapeutiche e vengono generalmente svolte da persone che non appartengono alle professioni mediche o paramediche (infermieristiche), come invece vuole la disposizione della direttiva. Ma, seppure fossero svolte da personale diplomato, esse comunque non avrebbero diretto rapporto con la medicina; come tali, quindi, non potrebbero godere dell'esenzione, anche perché, se così fosse, ne conseguirebbe che operazioni tra loro diverse (cioè le prestazioni mediche e quelle non mediche) si troverebbero sottoposte alla medesima disciplina fiscale.

36. Ai fini dell'esenzione di cui alla lett. c) dell'art. 13, parte A, n. 1, rileva invece il fatto che le prestazioni mediche vengano prestate al di fuori degli ospedali, perché di quelle fornite nel quadro ospedaliero si occupa la lett. b) della stessa disposizione. Non è però indispensabile che esse si svolgano nello studio privato del prestatore; in effetti, quando in Commissione/Regno Unito la Corte ha descritto le prestazioni di cui alla lett. c) come quelle effettuate «nell'ambito di un rapporto di fiducia tra il paziente ed il prestatore delle cure, rapporto che normalmente si svolge nello studio privato del prestatore stesso» (punto 33; corsivo aggiunto), essa con ogni evidenza non ha inteso limitare l'esenzione alle sole cure mediche prestate in quest'ultimo contesto.

37. Si osserva poi che le attività di assistenza di base e di aiuto a domicilio non possono neppure essere esentate in quanto eventualmente accessorie a cure mediche. In effetti, a differenza della lett. b) della disposizione in esame, la lett. c) non aggiunge che, oltre alle cure mediche effettuate nell'esercizio delle professioni mediche e paramediche, sono del pari esentate «le operazioni ad esse strettamente connesse». D'altra parte, anche se in virtù della lett. c) fossero in linea di principio esentabili attività accessorie, tali non potrebbero essere considerate, in ragione della loro natura e dell'impegno che richiedono, le attività di assistenza di base e di aiuto a domicilio.

38. Una soluzione diversa si imporrebbe, secondo la Commissione, solo nella misura in cui dette attività fossero parti indissociabili della prestazione medica principale. In Commissione/Regno Unito, in effetti, a proposito dell'eventuale esenzione ai sensi della lett. c) della fornitura di determinati beni legati all'esercizio delle professioni mediche e paramediche, la Corte ha chiarito che «la lett. c) riguarda unicamente le prestazioni mediche (...), escludendo la cessione di beni, quale è definita dall'art. 5 della direttiva, salve restando le piccole cessioni di beni inseparabili dalla prestazione» (punto 35). Da tale precedente, ed ispirandosi alla nozione di «prestazione unica» in altra sede precisata dalla Corte , la Commissione deduce che l'esenzione potrebbe estendersi a quelle prestazioni che, pur non avendo natura di «prestazioni mediche», si caratterizzano come elementi indissociabili da uno specifico trattamento medico.

39. Del tutto opposta è la tesi di Kügler. Se ne ho ben compreso i non sempre perspicui argomenti, la ricorrente contesta quanto affermato sul punto in esame dal giudice di rinvio (v. supra paragrafo 8) e sostiene invece, con riferimenti alle origini della pertinente normativa nazionale e con una varietà di esempi concreti, da un lato, che nell'ordinamento tedesco non è chiaro se le attività inerenti all'assistenza di base e all'aiuto a domicilio debbano essere escluse dall'esenzione di cui alla lett. c), dall'altro, che comunque non è facile tracciare una distinzione tra cure mediche e altri tipi di assistenza generica forniti a domicilio da personale infermieristico diplomato. Neppure dalla disposizione comunitaria in esame potrebbero dedursi con sicurezza elementi utili a tale fine. Peraltro, sempre secondo quanto sembra sostenere la ricorrente, le esenzioni di cui alle lett. c) e g) costituiscono un insieme coerente, i cui elementi si completano a vicenda e devono applicarsi in modo concomitante. Ciò consente di colmare le eventuali lacune che nel sistema delle esenzioni della sesta direttiva potrebbero riscontrarsi per quanto concerne le attività in esame, favorendo la tutela di quell'interesse generale cui mirano i regimi di sicurezza e assistenza sociale. Secondo Kügler, quindi, l'esenzione di cui alla lett. c) copre anche le attività di assistenza di base e di aiuto a domicilio, purché siano prestate da personale infermieristico diplomato, mentre quella di cui alla lett. g) varrebbe per tutte le attività di assistenza a domicilio, anche quelle svolte a fini terapeutici, indipendentemente dal fatto che siano prestate o meno da personale qualificato.

2. Valutazione

40. Ricordo anzitutto che per essere esentate le prestazioni mediche di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), devono essere compiute nell'esercizio delle professioni mediche o paramediche. Se però la nozione di «prestazioni mediche» è, per così dire, di pertinenza comunitaria, la definizione delle menzionate professioni è invece rimessa alle legislazioni nazionali, dato che lo stesso art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva espressamente lascia tale compito agli Stati membri.

41. Ciò posto, ritengo che l'espressione «prestazioni mediche» debba essere chiarita sotto il duplice punto di vista del luogo in cui esse devono essere effettuate per godere dell'esenzione e dei tipi di prestazioni che rientrano effettivamente nel campo di applicazione della norma in questione.

42. Sul primo punto, come sottolineano anche le altre parti, il testo dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), non contiene alcun riferimento utile. Come si è visto, però, la lett. b) del medesimo articolo esenta le prestazioni compiute in ambito ospedaliero nonché nei centri medici, diagnostici e negli altri istituti consimili debitamente riconosciuti. Ora, visto che con tali due lettere della disposizione in esame la direttiva vuole esaurire il sistema delle esenzioni delle prestazioni mediche in senso stretto e che la lett. b) esenta tutte le prestazioni compiute in ambito ospedaliero in senso lato, se ne deve concludere che la lett. c) vuole per parte sua esentare le prestazioni mediche svolte al di fuori di tale ambito, tanto nei gabinetti privati del prestatore quanto nel domicilio del paziente o altrove .

43. Quanto invece all'individuazione del tipo di cure che possono essere ricomprese nella nozione di prestazioni mediche di cui alla lett. c), mi pare particolarmente utile a tal fine la sentenza resa dalla Corte nel caso D. In essa, infatti, la Corte osserva che dall'analisi di tutte le differenti versioni linguistiche dell'art. 13, parte A, n. 1, lett.c), della sesta direttiva emerge che, a parte quella italiana, tutte le altre fanno riferimento al concetto di prestazioni mediche relative alla salute delle persone. Inoltre le versioni tedesca, francese, finlandese e svedese utilizzano addirittura la nozione di trattamenti terapeutici o di cure per la persona. Da ciò la Corte deduce che la «nozione di "prestazioni mediche" non si presta ad una interpretazione che includa interventi medici diretti ad uno scopo diverso da quello della diagnosi, della cura e, nella misura del possibile, della guarigione di malattie o di problemi di salute» (punto 18).

44. D'altra parte, neppure posso condividere la tesi della ricorrente, secondo la quale tutte le prestazioni che essa fornisce rivestono un interesse generale e devono pertanto essere esentate, visto anche che i loro costi, almeno nella Repubblica federale di Germania, sono in buona parte sostenuti dall'assistenza sociale o dalle casse di malattia. A tale proposito, basti ricordare che nella citata sentenza D. la Corte ha precisato che ai fini dell'esentabilità di un'attività economica, quale l'effettuazione di analisi mediche peritali, è irrilevante il fatto che essa possa rivestire un interesse generale (punto 20). In tale pronuncia, la stessa Corte evoca proprio precedenti nei quali è stato puntualizzato che «l'art. 13, parte A, della sesta direttiva non esenta dall'IVA ogni attività di interesse generale, ma solo quelle enumerate e descritte in modo molto dettagliato» .

45. Mi sembra insomma di poter concludere che fra i vari tipi di prestazioni prospettate nel secondo quesito dal giudice del rinvio siano esentabili solamente le cure a carattere terapeutico, con ciò intendendo quelle che sono compiute a fine di prevenzione, diagnosi e cura e che sono svolte nell'esercizio delle professioni mediche e paramediche al di fuori dell'ambito ospedaliero.

46. Quanto poi alla possibilità di esentare le prestazioni in causa in quanto accessorie alle prestazioni mediche in senso proprio, essa mi pare da escludere. Di solito, infatti, la norma in esame, diversamente da quanto accade nel caso della lett. c), provvede a sancire in modo espresso l'estensione dell'esenzione alle operazioni accessorie strettamente connesse a quella principale [v., ad esempio, le lett. a), b), i) e n)]; comunque anche rispetto a questi casi la Corte manifesta un evidente orientamento restrittivo . Ma soprattutto mi pare che una conferma della tesi negativa venga da Commissione/Regno Unito, nella quale la Corte, con riferimento proprio alla disposizione qui in esame, esclude la possibilità di estendere l'esenzione a prestazioni accessorie a quelle mediche, facendo salva unicamente la diversa ed eccezionale ipotesi che si tratti di prestazioni «strettamente necessarie» per quelle mediche (nella specie, le «piccole cessioni di beni concretamente ed economicamente inseparabili» dalla prestazione esentata).

47. Affinché, dunque, le prestazioni di assistenza di base e di aiuto a domicilio possano essere esentate ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), occorrerebbe dimostrare che nella specie ricorre la condizione enunciata dalla citata giurisprudenza. Ora, a prescindere dall'eventuale difficoltà di provare l'esistenza di un siffatto legame nel caso che qui interessa, ricordo che comunque, anche secondo la giurisprudenza della Corte , tale verifica di fatto non può essere operata a livello comunitario, ma spetta al giudice a quo.

48. Dato quanto precede, propongo quindi di rispondere al secondo quesito nel senso che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva è applicabile al solo fatturato relativo a prestazioni a carattere terapeutico fornite, anche a domicilio, da personale infermieristico diplomato, nonché alle connesse prestazioni strettamente necessarie e da esse concretamente ed economicamente inseparabili.

C - Sul terzo quesito pregiudiziale

49. Con l'ultimo quesito, posto nell'eventualità in cui la Corte ritenga che non tutte le attività in cui è impegnata Kügler possano essere esentate in virtù della lett. c), il Bundesfinanzhof chiede se le prestazioni a carattere non terapeutico, cioè le attività legate all'assistenza di base e all'aiuto a domicilio, rientrino nell'ambito di applicazione della lett. g) dell'art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva e se questa disposizione abbia effetto diretto e possa essere quindi invocata da un soggetto passivo dinanzi ai giudici nazionali.

1. La prima parte del quesito

50. La prima parte del quesito non mi pare ponga particolari problemi. In pratica, tutte le parti, ed in fondo lo stesso Bundesfinanzhof, concordano nel ritenere che le prestazioni fornite nel quadro dell'assistenza di base e dell'aiuto a domicilio rientrino nell'ambito di applicazione della lett. g), in quanto strettamente connesse con l'assistenza e la previdenza sociale. In particolare, poi, la Commissione e il governo tedesco ricordano che dal testo dell'art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva è agevole ricavare che, mentre da un lato le prestazioni a carattere terapeutico sono esentate in forza della lett. c), dall'altro le prestazioni di assistenza di base e di aiuto a domicilio sono normalmente legate all'aiuto sociale e quindi rientrano, per principio, nella nozione di prestazioni strettamente connesse con l'assistenza e la previdenza sociale di cui alla lett. g) di tale articolo. Tale soluzione ha inoltre il pregio di evitare la sovrapposizione delle esenzioni previste dalle differenti lettere dell'art. 13, parte A, n. 1, e permette quindi di rispettare il principio di stretta interpretazione che, come abbiamo visto, deve informare tali nozioni eccezionali rispetto al principio generale di assoggettamento delle prestazioni al pagamento dell'IVA.

51. Solo in parte diverse sono le conclusioni di Kügler, che ugualmente sottolinea la predetta connessione delle attività in questione con l'assistenza e la previdenza sociale. Secondo la ricorrente, anzi, detta connessione sarebbe altresì confermata, oltre che dall'intrinseca natura di dette attività, anche dal loro regime di finanziamento, dato che i relativi costi sono in gran parte assunti da casse di malattia e da enti previdenziali e di assistenza sociale. La peculiarità della posizione di Kügler sta nel fatto che, a suo avviso, tutte le prestazioni ambulatoriali nel senso definito dal secondo quesito pregiudiziale, ovvero le prestazioni terapeutiche, quelle di assistenza di base e di aiuto a domicilio, dovrebbero essere indistintamente esentate, non solo, come sopra detto, ai sensi della lett. c) dell'art. 13, parte A, n. 1, ma anche ai sensi della lett. g), che qui interessa. Infatti, a quanto è dato capire dalla risposta data da Kügler ai quesiti pregiudiziali, la differenza fra le due lettere non consisterebbe nel tipo di prestazioni esentate, bensì nella qualificazione professionale dei soggetti che compiono tali prestazioni.

52. Per parte mia, dato quanto detto in precedenza, non posso che allinearmi sulla posizione maggioritaria per gli stessi motivi esposti dalle parti che la propugnano. Mi limito ad aggiungere che ad una diversa conclusione non potrebbe portare neppure l'eventualità che, come nel caso in esame, il personale degli organismi considerati nella disposizione operi presso il domicilio degli interessati e non all'interno di una casa di riposo. Come per l'analogo problema interpretativo che si è posto rispetto alla lett. c) della disposizione, infatti, anche il riferimento alle «case di riposo» nella lett. g) non va inteso, a mio avviso, come una limitazione dell'attività rilevante ai fini dell'esenzione, ma come un contributo alla definizione della tipologia di dette attività e quindi dell'ambito di applicazione oggettivo della norma .

53. Ritengo quindi che alla prima parte del terzo quesito debba rispondersi nel senso che le attività di assistenza di base e di aiuto a domicilio rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva.

2. La seconda parte del quesito

54. Più complessa è invece la risposta per quanto riguarda la seconda parte del quesito, cioè la questione se la lett. g) dell'art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva abbia effetto diretto e possa essere quindi invocata da un soggetto passivo dinanzi ai giudici nazionali. Su tale questione, del resto, anche le posizioni delle parti intervenute nel presente procedimento divergono maggiormente, almeno a partire da un certo punto. In effetti, non vi è dissenso sul fatto che il problema si pone solo per il periodo anteriore al 1992, data di entrata in vigore dello StÄndG, né sul fatto che le disposizioni di una direttiva il cui contenuto sia chiaro, sufficientemente preciso ed incondizionato possono avere effetto diretto ed essere quindi invocate dai singoli innanzi ai giudici nazionali . Per il resto, però, le posizioni delle parti rivelano un profondo disaccordo, come emerge dalla sintesi che ora procedo a tracciarne.

a) Argomenti delle parti

55. Il governo tedesco e il Finanzamt contestano fermamente ogni pretesa di diretta applicabilità dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), sottolineando soprattutto che l'esenzione fiscale da esso prevista può essere sì accordata anche ad organismi diversi da quelli di diritto pubblico, ma solo a condizione che essi siano stati «riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato». Fino a tale formale «riconoscimento», la disposizione non può applicarsi agli organismi in questione; il che implica che essa non è «incondizionata» e dunque difetta di uno dei requisiti essenziali per poter essere qualificata come direttamente applicabile.

56. Il caso in esame, si osserva, è ben diverso da quello trattato dalla Corte in Becker. In quest'ultimo infatti si discuteva dell'incidenza, ai fini della diretta applicabilità di una disposizione della direttiva, della frase introduttiva della parte B dell'art. 13 (identica a quella della parte A, n. 1, dello stesso articolo; v. supra paragrafo 2), che allude ad eventuali condizioni poste dagli Stati membri per l'attuazione della direttiva ; nel presente caso, invece, la disposizione fa esplicito riferimento ad un atto dello Stato che precisi se, quando, a quali condizioni e in quale misura accordare il riconoscimento.

57. E' dunque evidente, secondo questa tesi, che tale «riconoscimento» ha valore «costitutivo» della natura sociale dell'ente ed esige un intervento formale da parte del legislatore dello Stato membro interessato. Esso non potrebbe essere accordato in via amministrativa, né potrebbe essere dedotto implicitamente caso per caso sulla base di prassi concludenti, ciò non solo perché prima del 1992 l'ordinamento tedesco non contemplava gli «organismi riconosciuti come aventi carattere sociale», ma anche perché una diversa conclusione implicherebbe un'interpretazione estensiva delle esenzioni di cui all'art. 13, che invece, come più volte ribadito, sono di stretta interpretazione. Inoltre, ammettere la possibilità di un riconoscimento caso per caso, implicito o in via amministrativa, condurrebbe inevitabilmente a sacrificare il principio della certezza del diritto.

58. Né, ancora, al riconoscimento potrebbero provvedere soggetti terzi, quali le casse di malattia, in occasione della stipulazione degli accordi per la fornitura delle prestazioni di assistenza a domicilio da parte degli organismi in questione. Beneficiario del gettito fiscale è lo Stato e solo esso può rinunziare a un'imposta accordando un'esenzione, e può farlo, secondo la Costituzione tedesca, solo con legge. Un riconoscimento effettuato ai soli fini del rimborso delle spese legate alle prestazioni fornite agli iscritti delle casse di malattia non potrebbe avere quindi effetti nel settore fiscale, cioè in un settore diverso da quello previdenziale.

59. In ogni caso, si ricorda, l'art. 249 CE riconosce espressamente che gli Stati membri, cui compete l'attuazione delle direttive comunitarie, sono sì tenuti a conseguire tale risultato, ma restano liberi di scegliere le forme e i modi a tal fine necessari. Ciò a maggior ragione quando, come nel caso di specie, allo Stato membro è altresì riconosciuta ampia discrezionalità quanto ai contenuti del provvedimento di attuazione. Nella specie, da un lato, la Repubblica federale di Germania ha ritenuto inizialmente che non vi fosse motivo di «riconoscere» gli organismi in parola, per poi modificare le proprie scelte di politica legislativa una volta constatata la crescente importanza acquisita nel corso degli anni '80 dall'assistenza a domicilio fornita da privati; dall'altro, essa si è orientata nel senso di intervenire al riguardo con un apposito provvedimento legislativo. Non v'è quindi motivo alcuno di limitare la libertà riconosciuta allo Stato imponendo riconoscimenti retroattivi e ottenuti in forme o condizioni diverse da quelle stabilite dal legislatore tedesco.

60. Nella specie, osservano in conclusione il governo tedesco e il Finanzamt, visto che il «riconoscimento» è stato realizzato solo dal 1992 con le modifiche introdotte dallo StÄndG, Kügler non può invocare l'esenzione per il periodo precedente.

61. Su posizioni del tutto diverse sono la Commissione e Kügler. La prima conviene sul fatto che, essendo l'applicabilità dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), subordinata al previo riconoscimento da parte dello Stato interessato di un ente come «organismo avente carattere sociale», non è possibile in linea di principio riconoscere carattere incondizionato alla disposizione. A suo avviso, però, ciò non esclude in modo assoluto la possibilità di una diretta applicabilità della stessa, se è possibile dimostrare che in determinati casi lo Stato ha in qualche modo riconosciuto l'organismo; ciò tanto più che per il resto la disposizione indica in maniera sufficientemente precisa e incondizionata le attività beneficiarie dell'esenzione. Una soluzione diversa sarebbe contraria alla ratio stessa del principio dell'applicabilità diretta delle disposizioni di una direttiva, il quale tende a garantire l'effetto utile delle stesse, offrendo agli interessati la possibilità di invocarle contro ogni norma nazionale incompatibile.

62. Se dunque, in un caso specifico, sussistono sufficienti indizi per poter affermare la concreta sussistenza delle condizioni stabilite dalla direttiva, non vi è motivo di negare la diretta applicabilità della stessa. E' in tal senso, del resto, che si è pronunciata la stessa Corte nel caso Carbonari, nel quale ugualmente si discuteva dell'assenza del previo «riconoscimento» da parte degli Stati membri di talune modalità di formazione di una categoria professionale (nella specie, i medici specializzandi) prescritte da una direttiva comunitaria. In questo caso, infatti, la Corte ha ritenuto che, malgrado il mancato intervento dello Stato, la pertinente disposizione della direttiva poteva avere efficacia diretta perché le condizioni da essa fissate erano sufficientemente precise per permettere di ricostruire la sussistenza in un determinato caso delle necessarie condizioni di formazione .

63. Analogamente, prosegue la Commissione, se sussistono elementi per ritenere che un organismo sia stato in qualche modo considerato in uno Stato membro come avente carattere sociale, spetterà all'autorità competente di tale Stato valutare se ciò sia sufficiente a realizzare la condizione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. g). A questo fine, non occorre che il riconoscimento si realizzi in via legislativa, considerato anche che nulla in detta disposizione autorizza siffatta deduzione e che anzi questa renderebbe troppo difficile invocare l'efficacia diretta della disposizione; esso può invece essere effettuato pure da un organo amministrativo ed anche per motivi diversi da quelli considerati dalla disposizione in esame.

64. La Commissione esclude poi che l'applicabilità diretta di quest'ultima possa essere preclusa dalle disposizioni di cui all'art. 13, parte A, n. 2, lett. a) e b) della sesta direttiva. La prima di tali disposizioni, come si è visto (paragrafo 2), conferisce agli Stati membri la facoltà di subordinare le esenzioni di cui al primo paragrafo dell'articolo 13, parte A, al rispetto di alcune condizioni; se lo Stato non ne ha fatto uso, il carattere incondizionato e sufficientemente preciso del n. 1, lett. g), non gli consente di opporre, «ad un contribuente che sia in grado di provare che la propria situazione fiscale rientra effettivamente in una delle categorie di esonero definite dalla direttiva, la mancata adozione delle disposizioni destinate, per l'appunto, ad agevolare l'applicazione di tale esonero» (Becker, punto 33). La seconda disposizione enumera invece le condizioni in presenza delle quali l'esenzione deve essere obbligatoriamente esclusa. Anche in questo caso, tuttavia, la Commissione ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, la mera eventualità di dette limitazioni non consente di escludere il carattere incondizionato e sufficientemente preciso della disposizione in esame .

65. Infine, la Commissione ricorda che anche se la Corte dovesse stabilire che l'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), non è direttamente applicabile, la Repubblica federale di Germania sarebbe ugualmente tenuta, ai sensi dell'art. 10 CE, a prendere tutte le misure necessarie ad assicurare il pieno rispetto del diritto comunitario, sicché il giudice nazionale sarebbe comunque tenuto ad interpretare l'art. 4, n. 16, dell'UStG alla luce del testo e delle finalità della sesta direttiva per assicurarne la conformità a quest'ultima.

66. Sulla stessa linea della Commissione, ma in termini più specifici, anche Kügler sostiene che, conformemente alla giurisprudenza della Corte , il riconoscimento può risultare anche da altre disposizioni e dai principi dell'ordinamento rilevante.

67. In particolare, la ricorrente nel giudizio principale fa presente che le prestazioni da essa fornite sono strettamente legate all'aiuto e alla previdenza sociale e che, come sottolinea pure il Bundesfinanzhof , le sue attività sono finanziate dalle casse di malattia e dagli enti di previdenza e assistenza sociale. Inoltre, già prima del 1992, diverse disposizioni nazionali, di vario ordine e natura, ma tutte concernenti i settori della previdenza e dell'assistenza sociale, menzionavano espressamente operatori di carattere privato. Fra tali disposizioni figurano in particolare quelle che sin dai primi anni '80 regolavano gli speciali rapporti che legano coloro che forniscono prestazioni quali l'assistenza anche medica a domicilio, da un lato, e le casse di malattia e gli enti di previdenza e di assistenza sociale, dall'altro, cioè gli organismi che sopportano la maggior parte degli oneri relativi a quelle prestazioni. La ricorrente cita altresì la legislazione di alcuni Länder, prassi e provvedimenti amministrativi in base ai quali, in sostanza, veniva accordata l'esenzione fiscale delle attività in esame, a condizione che fossero prestate da associazioni oppure da soggetti riconosciuti dalle casse di malattia.

68. Infine, la ricorrente sottolinea che la tesi da essa sostenuta è oltretutto più conforme allo scopo della norma, in quanto consente di limitare le spese mediche e di previdenza sociale, e quindi i contributi che gli iscritti pagano alle casse di malattia e agli enti previdenziali, anche se il governo tedesco ribatte che per limitare quelle spese si può utilmente ricorrere ad altri strumenti.

b) Valutazione

69. Ho riferito ampiamente gli argomenti delle parti per far emergere con chiarezza i termini del dibattito che si è svolto tra le stesse e la natura del dissenso che le divide. Come si è visto, in effetti, la Commissione e la Repubblica federale di Germania divergono soprattutto su una questione di principio, ossia sulla possibilità che sia riconosciuta applicabilità diretta ad una disposizione quale l'art. 13, parte A, n. 1, lett. g). Per contro, il Finanzamt e Kügler si concentrano piuttosto sugli indizi che, nel caso di specie, dovrebbero indurre a riconoscere o meno la sussistenza in capo alla ricorrente della qualifica di «organismo avente carattere sociale». E' appena il caso di notare che, se la seconda questione, oltre ad essere condizionata dalla soluzione della prima, rientra piuttosto nell'apprezzamento del giudice nazionale, la prima è invece di diretta pertinenza della Corte di giustizia. E' su di essa quindi che occorre qui concentrare l'attenzione.

70. Il punto centrale della tesi del governo tedesco, come si è visto, è che la libertà e la discrezionalità riconosciute dalla disposizione in esame agli Stati membri rende del tutto improponibile ipotizzare l'applicabilità diretta di quest'ultima. La Commissione, dal canto suo, condivide in linea di principio tale argomentazione, ma contesta la pretesa di attribuirle portata generale e di dedurne l'assoluta impossibilità di riconoscere in capo ad un determinato ente, anche in presenza di elementi concludenti, la natura di organismo a carattere sociale.

71. Così circoscritti i termini della questione centrale che il quesito in esame solleva, passo ora ad esaminare più da vicino gli argomenti che sorreggono la posizione delle parti, a cominciare da quelli del governo tedesco.

72. E' certo incontestabile, come insistentemente sottolinea tale governo, che la disposizione in esame lascia agli Stati membri un ampio potere discrezionale in ordine al riconoscimento degli organismi in questione; non credo però che l'argomento sia di per sé decisivo. Come ha ricordato la Commissione, in Becker la Corte ha esplicitamente affermato, proprio rispetto alla sesta direttiva, ma sulla scorta di un consolidato e più ampio indirizzo giurisprudenziale, che non si può «far valere il carattere generale [di tale direttiva] o l'ampiezza del potere discrezionale ch'essa lascia (...) agli Stati membri, per negare qualsiasi efficacia a quelle disposizioni che, tenuto conto del loro oggetto, sono atte ad essere utilmente fatte valere in giudizio, nonostante il fatto che la direttiva non sia stata attuata nel suo complesso» . Si tratta quindi, per l'appunto, di accertare in concreto se, malgrado il potere discrezionale riconosciuto agli Stati membri, la direttiva possa ugualmente avere diretta applicabilità.

73. Ma, aggiunge il governo tedesco, l'applicabilità della disposizione in esame è subordinata non all'esercizio di un generico potere discrezionale dello Stato interessato, bensì all'adozione di un apposito provvedimento legislativo da parte di tale Stato. Mi pare però che non abbia torto la Commissione ad obiettare che nulla nella disposizione in esame autorizza a dedurre che il «riconoscimento» di cui essa parla debba essere prestato in una forma specifica e, ancor meno, con legge. In effetti, quella del governo tedesco mi sembra una mera presunzione, molto probabilmente fondata sul fatto che in Germania, come in altri Stati membri, le prestazioni patrimoniali possono essere imposte solo con legge. Va però osservato che nel caso che interessa si discute non già dell'introduzione di nuove imposizioni, ma del riconoscimento di esenzioni fiscali nei casi autorizzati, per tutti gli Stati membri, da una disposizione comunitaria; inoltre, che le direttive non possono essere interpretate o applicate in funzione dei singoli ordinamenti statali, dovendo esse trovare uniforme attuazione in tutti gli Stati membri. L'unica indicazione che viene dalla disposizione in esame è quindi che occorre un riconoscimento del carattere sociale degli organismi in questione, le modalità e le procedure del medesimo restando rimesse in linea di principio allo Stato interessato, senza altri vincoli o limitazioni.

74. Se così è, l'assenza di un apposito riconoscimento in via legislativa degli organismi in questione non può essere considerata di per sé idonea a pregiudicare l'applicabilità diretta della norma, ma occorre invece accertare se l'ordinamento dello Stato membro in causa non permetta, per altre vie, di ricostruire ugualmente una qualche forma di riconoscimento, anche solo di fatto, del carattere sociale dell'organismo. E tale verifica si impone perché siamo qui in presenza di un diritto, sotto forma di esenzione fiscale, che la direttiva riconosce ai soggetti passivi che versano in una determinata condizione. E' ben vero che spetta anzitutto allo Stato definire tale condizione, ma è la stessa Corte ad aver chiarito, sempre in Becker (ma non solo), che uno Stato membro che abbia omesso di adottare misure di attuazione previste dalla direttiva «non può far valere la propria omissione per rifiutare ad un contribuente il beneficio dell'esonero che egli possa legittimamente pretendere in forza della direttiva» (punto 34). Se dunque, ripeto, è possibile per altra via ricostruire le condizioni per il riconoscimento in questione, i principi dell'ordinamento comunitario, e quello dell'effetto utile delle direttive in primo luogo, impongono che non si precluda agli interessati l'esercizio di un diritto sancito dalla direttiva in esame .

75. A tale conclusione, peraltro, il governo tedesco oppone ancora altre obiezioni. In primo luogo, esso sottolinea che in Comune di Carpaneto Piacentino e a. non era previsto un apposito provvedimento statale per la qualificazione degli enti indicati nella pertinente disposizione, perché tale qualificazione era operata mediante rinvio al diritto nazionale; essa poteva essere quindi effettuata dal giudice direttamente sulla base di tale diritto, laddove nel presente caso è richiesto uno specifico intervento dello Stato. Mi pare tuttavia che questa obiezione si fondi sulla stessa petizione di principio che ho più sopra esaminato e criticato, nel senso di dare per acquisito il punto che è invece da accertare, cioè se l'intervento dello Stato sia in questo caso davvero imprescindibile.

76. In secondo luogo, il governo tedesco obietta che sempre in Comune di Carpaneto Piacentino e a., ma anche nel citato precedente Carbonari, le condizioni e i requisiti per il riconoscimento delle qualifiche indicate nelle pertinenti disposizioni erano ricostruibili, in

mancanza di appositi provvedimenti statali, sulla base della stessa direttiva, laddove l'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), non contiene alcun elemento utile per sopperire al mancato intervento dello Stato destinato a qualificare gli organismi a carattere sociale.

77. Non ho difficoltà a riconoscere che, proprio per questi motivi, in mancanza di un apposito intervento legislativo l'individuazione di detti organismi è effettivamente molto più complessa; non credo però, ed è questa anche la ragione del dissenso della Commissione, che essa sia, come vuole il governo tedesco, assolutamente impossibile. Osservo anzitutto che la nozione di «organismo avente carattere sociale» non è una nozione a carattere tecnico-giuridico, come, per fare un esempio tratto dalla stessa norma, quella di «organismo di diritto pubblico». Essa non richiede quindi un'apposita definizione legislativa, con la fissazione di criteri formali di individuazione, ma può essere ricostruita sulla base delle comuni nozioni dell'ordinamento. In secondo luogo, non direi che la direttiva non fornisca alcun indizio per la ricostruzione della nozione in parola. A parte le indicazioni di carattere generale che si possono trarre da una sua lettura sistematica, mi pare che qualche indizio, sia pure indiretto, possa essere ricavato anche da specifiche disposizioni. Mi riferisco in particolare al n. 2 della parte A dell'art. 13, la cui lett. a), come si è visto (paragrafo 2), elenca una serie di condizioni alle quali gli Stati membri possono di volta in volta subordinare le esenzioni di cui al n. 1, e quindi anche quella prevista dalla lett. g). Si tratta di condizioni per così dire «massime», nel senso che gli Stati membri possono non imporle o imporne di minori, ma non possono imporne altre e più onerose. Ciò significa che, se un organismo rispetta queste condizioni, vi è già un utile indizio della sussistenza dei requisiti voluti dalla disposizione o, meglio, della mancanza di possibili preclusioni al riconoscimento della sua qualità di ente a carattere sociale.

78. E' chiaro però che la possibilità di effettuare un tale riconoscimento andrà verificata essenzialmente alla luce dell'ordinamento dello Stato interessato. Spetterà quindi al giudice nazionale valutare di volta in volta i singoli casi sulla base dei principi di detto ordinamento, e soprattutto degli specifici elementi a tal fine concludenti, quali, ad esempio, quelli che nella presente causa le stesse parti hanno messo in evidenza: l'esistenza di specifiche disposizioni, siano esse nazionali o regionali, legislative o a carattere amministrativo, di natura fiscale o previdenziale; il fatto che associazioni impegnate nelle medesime attività della ricorrente godessero già di una simile esenzione in considerazione del loro interesse pubblico; il fatto che i costi delle prestazioni fossero eventualmente assunti in gran parte da casse di malattia istituite per legge o da enti previdenziali o assistenziali, con cui operatori privati quali la ricorrente stringevano rapporti contrattuali, e così via (v. supra, paragrafo 67). Certo, non sarà facile, ripeto, superare in questo modo l'ostacolo derivante della mancanza di un chiaro ed esplicito intervento normativo dello Stato; ma per i motivi, sia di principio che specifici, sopra illustrati ritengo che non si possa neppure escludere, in modo aprioristico e assoluto, l'eventualità di un siffatto risultato.

79. Osservo, da ultimo, che la soluzione qui prospettata non potrebbe essere contraddetta con l'argomento che essa implicherebbe un'interpretazione estensiva della sesta direttiva, in contrasto con l'opposto criterio interpretativo che, come si è detto più volte, s'impone al riguardo. Ciò perché questa soluzione non amplia l'area dell'esenzione al di là di quanto previsto dalla direttiva, ma si limita a renderne possibile la concessione a favore dei soggetti che ne avrebbero diritto ai sensi della stessa direttiva. Semmai, un problema di coerenza con i consueti criteri interpretativi del diritto comunitario si pone per la tesi opposta, visto che la disposizione di cui alla lett. g) costituisce un'eccezione al principio secondo il quale «le esenzioni di cui all'art. 13 costituiscono nozione autonome di diritto comunitario (...) anche con riferimento agli specifici requisiti imposti per poter fruire di tali esenzioni e, in particolare, a quelli riguardanti la qualità o l'identità dell'operatore economico che effettui prestazioni coperte dall'esenzione» (v. la citata sentenza Bulthuis-Griffioen, punto 18). Nel dubbio, cioè, occorrerebbe, per quanto possibile, optare per un'interpretazione che rispetti e semmai accentui l'«autonomia» della nozione in esame, visto che un siffatto criterio ermeneutico mira ad evitare eccessi, in un senso o nell'altro, nell'interpretazione della direttiva ed a favorirne l'applicazione uniforme.

80. In conclusione, ritengo che la possibilità di un'applicazione diretta della disposizione in esame sia, in linea di principio, ipotizzabile e che occorra quindi rispondere, sulla seconda parte del terzo quesito pregiudiziale, nel senso che non può escludersi la diretta applicabilità dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva, pur in mancanza di un apposito provvedimento legislativo dello Stato interessato, ove il giudice nazionale sia in grado di determinare, sulla base di tutti gli elementi concludenti, che il soggetto passivo costituisce un «organismo riconosciuto come avente carattere sociale».

V - Conclusioni

81. In virtù delle considerazioni che precedono propongo, perciò, alla Corte di dichiarare che:

«1) L'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme è indipendente dalla forma giuridica del soggetto passivo che fornisce le prestazioni mediche.

2) L'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva è applicabile al solo fatturato relativo a prestazioni a carattere terapeutico fornite, anche a domicilio, da personale infermieristico diplomato, nonché alle connesse prestazioni strettamente necessarie e da esse concretamente ed economicamente inseparabili.

3) a) Le attività di assistenza di base e di aiuto a domicilio rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva.

b) Non può escludersi la diretta applicabilità dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva, pur in mancanza di un apposito provvedimento legislativo dello Stato interessato, ove il giudice nazionale sia in grado di determinare, sulla base di tutti gli elementi concludenti, che il soggetto passivo costituisce un "organismo riconosciuto come avente carattere sociale"».