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62001C0155

Conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed del 10 ottobre 2002. - Cookies World Vertriebsgesellschaft mbH iL contro Finanzlandesdirektion für Tirol. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria. - Sesta direttiva IVA - Autoveicolo messo a disposizione mediante un contratto di leasing - Operazioni imponibili - Uso privato - Art. 17, nn. 6 e 7 - Esclusioni previste dalla legislazione nazionale al momento dell'entrata in vigore della direttiva. - Causa C-155/01.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-08785


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1. Nella presente causa, il Verwaltungsgerichtshof austriaco ha proposto una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2. Più in particolare, la questione attiene alla legittimità di un provvedimento fiscale austriaco che considera operazione imponibile la stipulazione del leasing di un autoveicolo presso un concedente stabilito in un altro Stato membro. Ai sensi dello stesso provvedimento, inoltre, per detto leasing non è previsto un diritto a deduzione dell'IVA. Tale diritto non è previsto neanche qualora un autoveicolo venga concesso in leasing da un'impresa avente sede in Austria. Si tratta ora di stabilire se l'esclusione dal diritto a deduzione sia conforme alla sesta direttiva. A tale proposito sono pertinenti in particolare l'art. 9 della sesta direttiva, che riguarda il luogo delle operazioni imponibili, e l'art. 17, che disciplina il diritto a deduzione e le relative eccezioni.

3. La presente causa presenta una stretta analogia con la causa C-409/99, Metropol Treuhand e Stadler, nella quale ho presentato le mie conclusioni il 4 ottobre 2001 e nella quale la Corte ha pronunciato la sua sentenza l'8 gennaio 2002 . Entrambe le cause hanno per oggetto una normativa fiscale austriaca che prevede una deroga al sistema di deduzione dell'IVA garantito dal diritto comunitario e che è stata applicata solo (poco) dopo l'adesione della Repubblica d'Austria all'Unione europea. Un'importante differenza fra le due cause è l'elemento transfrontaliero. La presente causa riguarda un'operazione effettuata fra due imprese stabilite in Stati membri diversi e che per tale motivo può essere oggetto di doppia imposizione dell'IVA.

II - Contesto giuridico

A - Diritto comunitario

4. Gli artt. 5 e 6 della sesta direttiva stabiliscono cosa debba intendersi rispettivamente per beni e per servizi. Più in particolare, l'art. 6, n. 2, dispone:

«Sono assimilati a prestazioni di servizi a titolo oneroso:

a) l'uso di un bene destinato all'impresa per l'uso privato del soggetto passivo o per l'uso del suo personale o, più generalmente, a fini estranei alla sua impresa qualora detto bene abbia consentito una deduzione totale o parziale dell'imposta sul valore aggiunto;

b) le prestazioni di servizi a titolo gratuito effettuate dal soggetto passivo per il proprio uso privato o ad uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa.

Gli Stati membri hanno la facoltà di derogare alle disposizioni del presente paragrafo a condizione che tale deroga non dia luogo a distorsioni di concorrenza».

5. L'art. 9, n. 1, della sesta direttiva prevede la regola generale per individuare il luogo di una prestazione di servizi. Tale regola generale è così formulata: «Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale». Il n. 2 prevede eccezioni a tale regola generale, tra l'altro, al fine di poter procedere ad imposizione, in casi particolari, nel luogo della sede del destinatario della prestazione [lett. e)]. Uno di tali casi particolari è rappresentato dalla locazione di beni mobili materiali, che tuttavia non vale più per i mezzi di trasporto .

6. L'art. 17, n. 2, per quanto viene in rilievo, stabilisce quanto segue:

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore:

a) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

b) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci importate;

c) l'imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 7, lettera a), e dell'articolo 6, paragrafo 3».

7. Ai fini del presente procedimento è particolarmente rilevante l'art. 17, n. 6. Tale disposizione recita: «Al più tardi entro un termine di quattro anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, il Consiglio, con decisione all'unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell'imposta sul valore aggiunto. Saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza. Fino all'entrata in vigore delle norme di cui sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell'entrata in vigore della presente direttiva».

8. Una particolare facoltà, per gli Stati membri, di esclusione dal diritto al deduzione dell'IVA risulta dall'art. 17, n. 7: «Fatta salva la consultazione prevista dall'articolo 29, ogni Stato membro può, per motivi congiunturali, escludere totalmente o in parte dal regime di deduzioni la totalità o parte dei beni di investimento o altri beni. (...)».

9. L'ottava direttiva IVA precisa le regole per il rimborso dell'IVA alle imprese stabilite in un altro Stato membro. L'art. 2 della direttiva dispone quanto segue: «Ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non residente all'interno del paese, ma residente in un altro Stato membro, alle condizioni stabilite in appresso, l'imposta sul valore aggiunto applicata a servizi che gli sono resi o beni mobili che gli sono ceduti all'interno del paese (...)». All'art. 5 dell'ottava direttiva viene previsto quanto segue: «Ai fini della presente direttiva il diritto al rimborso dell'imposta è determinato conformemente all'articolo 17 della direttiva 77/388/CEE, quale si applica nello Stato membro del rimborso».

B - Normativa nazionale

10. Fino all'adesione della Repubblica d'Austria all'Unione europea, avvenuta il 1° gennaio 1995, in Austria si applicava la Umsatzsteuergesetz (legge sull'imposta sulla cifra d'affari) 1972 (in prosieguo: la «UStG 1972»).

11. L'art. 3, n. 11, di tale legge era così formulato:

«Si configura un'altra prestazione nel territorio nazionale se l'imprenditore esercita la sua attività esclusivamente o principalmente nel territorio nazionale o se l'imprenditore sopporta un'azione o una situazione nel territorio nazionale o se omette un'azione nel territorio nazionale (...)».

Secondo il giudice nazionale, in base a questa disposizione le operazioni di leasing relative ad un'autovettura sono considerate come effettuate in Austria se l'autoveicolo è stato prevalentemente utilizzato nel territorio di tale Stato.

12. L'art. 12, n. 2, punto 2, di tale legge , per quanto viene in rilievo, prevede quanto segue:

«Non sono considerate effettuate per l'impresa le cessioni o le altre prestazioni (...) che sono collegate all'acquisto (fabbricazione), alla locazione o all'uso di autovetture, di station wagon o di motocicli (...)».

13. Il 1° gennaio 1995 - data di adesione all'Unione europea - l'UStG 1972 è stata sostituita dalla Umsatzsteuergesetz 1994 (in prosieguo: la «UStG 1994»).

14. L'art. 3a, n. 12, della UStG 1994 recita:

«Nei rimanenti casi un'altra prestazione viene eseguita nel luogo a partire dal quale l'imprenditore esercita la sua impresa. Se l'altra prestazione viene eseguita a partire da uno stabilimento dell'impresa, tale stabilimento vale come il luogo dell'altra prestazione».

Secondo il giudice del rinvio, in base a questa disposizione le operazioni di leasing relative ad un'autovettura, anche se l'autoveicolo è prevalentemente utilizzato in Austria, si considerano effettuate nello Stato membro a partire dal quale il concedente in leasing esercita la propria impresa.

15. Il disposto dell'art. 12, n. 2, punto 2, dell'UStG 1994 è - per quanto viene in rilievo nel caso di specie - identico a quello dell'art. 12, n. 2, punto 2, dell'UStG 1972, sopra riportato.

16. Dal 6 gennaio 1995, l'art. 1, n. 1, dell'UStG 1994, dispone quanto segue :

«Sono soggette all'imposta sulla cifra d'affari le seguenti operazioni: (...) l'uso proprio nel territorio nazionale. Si ha uso proprio (...) qualora un imprenditore effettui spese (esborsi) riguardanti prestazioni eseguite all'estero che, se fossero state fornite all'imprenditore nel territorio nazionale, non avrebbero dato diritto all'imprenditore stesso alla deduzione ai sensi dell'art. 12, n. 2, punto 2; ciò vale solo nei limiti in cui l'imprenditore ha diritto all'estero ad un rimborso dell'imposta assolta a monte all'estero (...)».

III - Fatti e procedimento

17. La Cookies World VertriebsgmbH. iL. (in prosieguo: la «Cookies World»), ricorrente nella causa principale, è una società a responsabilità limitata con sede in Austria che esercita un'impresa commerciale. Essa ha ricevuto in leasing da un'impresa tedesca, quale utilizzatrice, un'autovettura che ha utilizzato in Austria ai fini della propria impresa.

18. Con accertamento del 15 giugno 1996, il Finanzamt Schwaz liquidava l'imposta sulla cifra d'affari della Cookies World per l'anno 1997. In tale calcolo, l'importo del canone per l'autovettura concessa in leasing veniva incluso nell'ammontare delle operazioni imponibili. Tale inclusione veniva operata in applicazione del disposto dell'art. 1, n. 1, dell'UStG 1994.

19. La Cookies World proponeva ricorso gerarchico chiedendo la liquidazione dell'imposta sulla cifra d'affari senza tenere conto della suddetta disposizione. A suo avviso, la cessione dell'uso di autoveicoli costituisce «un'altra prestazione» che, sotto il profilo dell'imposta sulla cifra d'affari, viene effettuata nel luogo a partire dal quale l'imprenditore esercita la propria impresa. Nel caso di leasing di autoveicoli, il luogo delle altre prestazioni si trova in linea di principio nello Stato in cui ha sede il concedente in leasing, quindi, nel caso di specie, in Germania. Ivi l'operazione è imponibile. Altri fatti generatori dell'imposta non sono previsti dal diritto comunitario. Con l'art. 1, n. 1, dell'UStG 1994 è stato tuttavia creato un secondo fatto generatore dell'imposta sulla cifra d'affari per una stessa e identica operazione (in aggiunta all'assoggettamento ad imposta, conformemente alla sesta direttiva, nello Stato in cui ha sede il concedente). Una stessa operazione viene quindi assoggettata ad una doppia imposizione. Secondo la Cookies World non è possibile rinvenire una giustificazione al riguardo nell'art. 17, n. 6, della sesta direttiva. Infatti tale disposizione riguarda soltanto l'esclusione dal diritto a deduzione dell'IVA e, per giunta, consente solo di mantenere in vigore una normativa esistente. Il fatto generatore dell'imposta di cui all'art. 1, n. 1, dell'UStG 1994, fa però parte dell'ordinamento giuridico austriaco solo dal 6 gennaio 1995.

20. Con decisione 20 luglio 2000, la Finanzlandesdirektion für Tirol respingeva il ricorso gerarchico della Cookies World. Detta amministrazione ha sostenuto che - in attesa dell'adozione di un'eventuale modifica della sesta direttiva - gli Stati membri hanno il diritto di mantenere in essere disposizioni nazionali in materia di esclusione del diritto a deduzione. Tale facoltà degli Stati membri riguardava anche l'assoggettamento ad imposta dell'uso proprio ai sensi della normativa austriaca. Detto assoggettamento sarebbe diretto innanzi tutto, ad avviso della Finanzlandesdirektion, a vanificare l'effetto della deduzione dell'IVA operata all'estero, al fine di realizzare condizioni di neutralità della concorrenza.

21. Avverso tale decisione la Cookies World proponeva ricorso dinanzi al Verwaltungsgerichtshof, sostenendo che la liquidazione dell'imposta sulla cifra d'affari per il 1997 era avvenuta in applicazione di una disposizione nazionale incompatibile con il diritto comunitario.

22. Successivamente, con ordinanza 29 marzo 2001, pervenuta in cancelleria l'11 aprile 2001, il Verwaltungsgerichtshof (Austria) ha proposto alla Corte di giustizia la seguente domanda di pronuncia pregiudiziale:

«Se sia compatibile con la sesta direttiva, in particolare con i suoi artt. 5 e 6, il fatto che uno Stato membro tratti come operazione imponibile la seguente fattispecie: l'effettuazione di spese riguardanti prestazioni eseguite all'estero, che, se fossero state fornite all'imprenditore nel territorio nazionale, non avrebbero dato diritto all'imprenditore stesso di dedurre l'imposta assolta a monte».

23. Nel presente procedimento hanno presentato osservazioni scritte dinanzi alla Corte la Cookies World, il governo austriaco e la Commissione. Non ha avuto luogo la trattazione orale.

IV - Sostanza della domanda pregiudiziale

24. Dalla questione pregiudiziale proposta e dai fatti della causa principale, quali risultano dall'ordinanza di rinvio, deduco che il quesito del giudice nazionale si articola sostanzialmente in due aspetti. In primo luogo, occorre stabilire se la sesta direttiva possa costituire la base per l'imposizione dell'IVA su un'operazione conclusa in un altro Stato membro e che in linea di principio è assoggettata all'IVA anche in tale altro Stato. In secondo luogo, si deve accertare quale sia la portata della facoltà degli Stati membri di derogare al regime della deduzione dell'IVA, quale prevista all'art. 17, n. 2, della sesta direttiva.

25. Qualora debba essere accertata l'inesistenza di qualsiasi facoltà di imporre l'IVA su un'operazione per la quale è già dovuta l'IVA anche in un altro Stato membro, non occorre che la Corte risolva il secondo aspetto della questione.

26. Qualora invece debba considerarsi esistente tale facoltà - o quanto meno ove essa non possa essere esclusa - occorrerebbe risolvere la seconda questione. La soluzione della Corte è poi determinata in buona misura dalla recente giurisprudenza relativa all'art. 17, nn. 6 e 7. Al paragrafo 3 delle presenti conclusioni ho citato la sentenza Metropol Truhand e Stadler. Sono inoltre pertinenti le due sentenze 14 giugno 2001, cause C-345/99 e C-40/00, Commissione/Francia .

V - Sul primo aspetto della questione: imposizione dell'IVA su un'operazione effettuata in un altro Stato membro

27. E' pacifico che il presente procedimento riguarda un'operazione caratterizzata da elementi transfrontalieri. Un'impresa operante nello Stato membro Austria ottiene presso un'impresa operante nello Stato membro Germania la concessione in leasing di un'autovettura al fine di utilizzarla prevalentemente in Austria.

28. Il principio ispiratore della sesta direttiva, per quanto riguarda le operazioni caratterizzate da elementi transfrontalieri all'interno della Comunità europea, implica che: devono essere evitate sia la doppia imposizione dell'IVA sia la non imposizione di quest'ultima.

29. Tale principio fa parte dei presupposti su cui si è basato il legislatore comunitario nel redigere la sesta direttiva e che la Corte ha ripetutamente confermato. Si tratta:

- della neutralità dell'imposizione: garanzia di un'imposizione fiscale perfettamente neutrale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dal risultato di dette attività, purché queste siano di per sé soggette all'IVA ;

- della parità di trattamento fiscale, al fine di impedire distorsioni della concorrenza. In relazione a ciò, le eccezioni all'armonizzazione devono essere interpretate restrittivamente: esse si applicano solo nei casi in cui la sesta direttiva le preveda espressamente. Infatti, qualsiasi eccezione porta ad un'ulteriore differenziazione della portata del carico fiscale negli Stati membri .

30. Al fine di concretizzare il suddetto principio ispiratore, gli artt. 8 e 9 contengono una normativa dettagliata per la determinazione del luogo di un'operazione imponibile. In caso di prestazioni di servizi la regola principale è stabilita all'art. 9, n. 1, della sesta direttiva: si tratta del luogo in cui il prestatore ha fissato la sua sede. Sono previste eccezioni a tale regola generale per la locazione di beni, ma tale eccezione non vale più per gli autoveicoli. Ragioni tecniche di controllo sono alla base di tale eccezione nei confronti dell'eccezione.

31. Il principio ispiratore nel contesto da me descritto determina la soluzione del primo aspetto della questione sollevata dal giudice nazionale.

32. A questo punto torno ai fatti della causa principale. Se è pacifico che il leasing in Germania costituisce un'operazione imponibile, da detto principio deriva che il leasing non può essere assoggettato ad IVA in Austria. Questo è anche punto di vista espresso dalla Cookies World e dalla Commissione nel presente procedimento.

33. Il governo austriaco è invece di parere diverso. Ciò che viene tassato in Austria è l'uso proprio dell'autovettura da parte dell'utilizzatore. Il luogo di detto uso proprio deve essere individuato per analogia in base alle regole applicabili ai beni e ai servizi di cui alla sesta direttiva. Per tale uso proprio deve esistere un collegamento con il territorio austriaco. Questo collegamento esiste, poiché le spese sostenute a tal fine dall'utilizzatore comportano una riduzione patrimoniale e, inoltre, il servizio viene utilizzato in Austria. Il governo austriaco rinvia al disposto degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, della sesta direttiva, ai sensi dei quali la cessione o l'uso per fini privati di beni aziendali possono essere considerati fatti generatori dell'imposta. Al riguardo, tale governo ritiene inoltre che sia importante non considerare isolatamente le diverse disposizioni della sesta direttiva ma che sia determinante - così interpreto le parole del governo austriaco - la loro connessione reciproca.

34. Dai fatti della causa principale emerge infatti che nella fattispecie si configura un uso proprio in Austria. Tuttavia, tale uso proprio non è ancora il fatto generatore dell'imposta rilevante ai fini dell'applicazione della sesta direttiva. Tale fatto generatore dell'imposta è il leasing che ha avuto luogo in Germania. Come la Corte ha dichiarato nella sentenza ARO Lease , la concessione di autoveicoli in leasing costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell'art. 9 della sesta direttiva.

35. In detta sentenza , la Corte ha inoltre dichiarato quanto segue in relazione al leasing di un'autovettura:

- conformemente alla motivazione della direttiva per quanto riguarda le locazioni di mezzi di trasporto è opportuno, per ragioni di controllo, applicare rigorosamente l'art. 9, n. 1, localizzando dette prestazioni di servizi nel luogo del prestatore;

- così, risulta dall'art. 9, n. 2, lett. e), della direttiva, che «qualsiasi mezzo di trasporto» è espressamente escluso dalla norma derogatoria in forza della quale, per quanto riguarda la «locazione di beni mobili materiali», il luogo delle prestazioni di servizi è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile;

- poiché i mezzi di trasporto possono facilmente valicare le frontiere, è difficile, se non impossibile, determinare il luogo in cui vengono usati ed è quindi necessario prevedere per ciascun caso un criterio pratico di applicazione per l'imposizione dell'IVA. Di conseguenza, la direttiva ha stabilito, come criterio di collegamento per la locazione di tutti i mezzi di trasporto, non già il luogo in cui il bene locato viene usato, bensì, per motivi di semplificazione e in conformità al principio generale, il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica.

36. In sintesi, tale giurisprudenza della Corte non lascia alcuna discrezionalità per quanto riguarda l'imposizione dell'IVA sulle operazioni di leasing nello Stato membro di utilizzazione. Anche su questo punto faccio riferimento al principio ispiratore dell'imposizione dell'IVA che ho descritto in precedenza: esclusione della doppia imposizione per lo stesso fatto generatore.

37. Neppure la sentenza Monte dei Paschi di Siena , cui si richiamano sia la Cookies World sia la Commissione e il governo austriaco, porta ad una conclusione diversa. In tale sentenza, la Corte esamina la situazione in cui un soggetto passivo deve corrispondere l'IVA sia nel paese in cui è stabilito sia in un altro Stato membro. Nel caso di specie, tuttavia, la Cookies World nel paese in cui è stabilita non deve corrispondere l'IVA per l'operazione controversa.

38. Si potrebbe sostenere che l'IVA in Austria viene applicata in base ad un fatto diverso, ossia lo stesso uso proprio. Non si tratterebbe quindi più dell'operazione con l'impresa di leasing, ma di un uso, assimilato a prestazioni di servizi a titolo oneroso, di un bene destinato all'impresa per l'uso privato del soggetto passivo, come previsto all'art. 6, n. 2, della sesta direttiva. L'ultima frase di detta disposizione lascia agli Stati membri la necessaria discrezionalità. Tale tesi tuttavia non è ammissibile. Dai fatti della causa principale emerge chiaramente che l'operazione tassata in Germania è il leasing. Il controverso accertamento fiscale da parte del Finanzamt Schwaz riguarda infatti l'ammontare del canone per l'autoveicolo concesso in leasing. Anche il disposto dell'art. 1, n. 1, dell'UStG 1994, su cui si basa il governo austriaco, indica che si tratta di uno stesso e identico fatto generatore che viene assoggettato ad imposta.

39. Il ragionamento del governo austriaco in merito all'ammissibilità del provvedimento controverso è basato in buona misura su una valutazione delle disposizioni della sesta direttiva nella loro reciproca relazione. Esso adduce un argomento di natura economica. L'esclusione dal diritto a deduzione non può essere limitata ai contratti di leasing conclusi con un concedente austriaco. In tal modo verrebbe falsata la concorrenza.

40. Pur attribuendo grande importanza in generale all'eliminazione delle distorsioni della concorrenza nel mercato comunitario, ritengo che tale argomento non sia persuasivo. Infatti, l'operazione imponibile viene effettuata in un altro Stato membro che applica pienamente la sesta direttiva (compreso il diritto a deduzione). Lo Stato membro Austria fa ricorso ad un'eccezione alla sesta direttiva. Il ricorso a tale eccezione non può naturalmente implicare in nessun caso che i soggetti passivi con sede nel proprio Stato membro non possano far valere in un altro Stato membro una disposizione che è prevista a loro favore in forza della legge di tale altro Stato membro e che, si noti bene, è basata su una direttiva CE .

41. La Cookies World afferma inoltre che la normativa nazionale controversa, che sarebbe diretta soltanto a proteggere i prestatori di servizi austriaci, è in contrasto con l'art. 49 CE. Ritengo che tale argomento non sia pertinente ai fini del presente procedimento. Solo in quanto si accertasse che il legislatore austriaco ha la facoltà di disciplinare l'imposizione dell'IVA in un caso come quello di specie - qualora tale imposizione non fosse (ancora) completamente armonizzata - l'art. 49 CE verrebbe in rilievo. Alla luce delle considerazioni sopra svolte, il legislatore austriaco non ha una facoltà del genere.

42. Su questo punto mi richiamo, a titolo illustrativo, alla recente sentenza Cura Anlagen . Tale sentenza non riguarda l'imposta sulla cifra d'affari, bensì gli ostacoli esistenti nella legislazione austriaca al leasing di autovetture al di fuori del territorio austriaco. Nella sua pronuncia la Corte si richiama alla propria giurisprudenza secondo cui l'art. 49 CE osta anche all'applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l'effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna a uno Stato membro. Un siffatto ostacolo alla libera circolazione può essere giustificato solo da motivi riconosciuti di interesse generale dal diritto comunitario e se inoltre viene rispettato il principio di proporzionalità . A mio avviso, il provvedimento austriaco controverso non rende per sua natura il leasing di un autoveicolo in un altro Stato membro più difficile rispetto a quello effettuato all'interno del proprio Stato membro. Esso prevede condizioni del tutto analoghe. Così, se venisse in rilievo una valutazione alla luce dell'art. 49 CE - quod non - ci si porrebbe ancora soltanto la questione se la disposizione austriaca controversa comporti una violazione di detto articolo del Trattato.

43. In conclusione, rilevo quanto segue. L'art. 17, n. 6, della sesta direttiva riconosce agli Stati membri, a talune condizioni, la facoltà di mantenere in essere un'esclusione dal diritto a deduzione dell'IVA. Mi occuperò del contenuto di tale facoltà nell'esame del secondo aspetto della questione. Preliminarmente a ciò preciso già che detta facoltà non può essere esercitata per modificare il luogo di un fatto generatore dell'imposta, come si evince dalla sesta direttiva. Pertanto l'art. 17, n. 6, non ha alcuna rilevanza ai fini della soluzione del primo aspetto della questione. In questo senso concordo con la Cookies World e con la Commissione nei limiti in cui esse sostengono che l'art. 17, n. 6, può essere utilizzato dagli Stati membri solo per mantenere nel loro ordinamento nazionale un'eccezione esistente al diritto a deduzione.

V - Sul secondo aspetto della questione: deroghe al principio di deduzione dell'IVA

44. Al riguardo ho già rilevato che la sesta direttiva non attribuisce il diritto di imporre l'IVA nello Stato membro in cui viene utilizzato un'autoveicolo concesso in leasing in un altro Stato membro. Di conseguenza, non occorre risolvere il secondo aspetto della questione. Pertanto, esaminerò tale aspetto esclusivamente ad abundantiam.

45. Nelle mie precedenti conclusioni sull'art. 17 della sesta direttiva ho fatto riferimento al carattere della sesta direttiva e alla funzione del diritto a deduzione ivi previsto. La Corte considera la regola generale di cui all'art. 17, n. 2, come un principio di diritto. Ne deriva che «le possibilità di porre eccezioni alla detraibilità dell'IVA hanno un carattere limitativo. Nella sentenza Lennartz, la Corte ha statuito che il diritto alla detrazione va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni (...). Poiché tali limitazioni devono applicarsi in modo analogo in tutti gli Stati membri, sono consentite deroghe nei soli casi espressamente contemplati dalla direttiva. Le disposizioni che consentono deroghe devono inoltre essere interpretate restrittivamente» .

46. L'art. 17, n. 6, secondo comma, rappresenta un'eccezione a detto principio e si applica fino a quando il Consiglio non avrà adottato le norme di cui all'art. 17, n. 6, primo comma. Tale eccezione ha il carattere di una clausola di standstill, che consente agli Stati membri di mantenere le disposizioni nazionali effettivamente applicate fino a che il Consiglio non avrà stabilito una normativa comune per le esclusioni dal diritto a deduzione dell'IVA.

47. Per l'Austria vale la regola che essa può mantenere le eccezioni alla deducibilità in quanto esse fossero esistenti al momento dell'adesione all'Unione europea (1° gennaio 1995). Successivamente essa non può più adottare provvedimenti che amplino la portata delle esclusioni esistenti e quindi si allontanino dall'obiettivo della sesta direttiva. Se un'esclusione esistente viene abrogata in tutto o in parte, essa non può più essere reintrodotta successivamente .

48. E' pacifico che la disposizione nazionale controversa, l'art. 1, n. 1, dell'UStG 1994, è stata introdotta solo il 6 gennaio 1995, ovvero alcuni giorni dopo l'adesione. Il governo austriaco attribuisce la circostanza ad un motivo di natura logistica, connesso alla procedura legislativa nazionale.

49. A mio avviso, il fatto che la norma in questione sia stata introdotta nella legislazione fiscale austriaca già alcuni giorni dopo l'adesione - e non soltanto dopo un periodo più lungo - non è rilevante. A sostegno di questo punto di vista osserverò quanto segue. In primo luogo, le eccezioni al diritto a deduzione devono essere interpretate restrittivamente. Esse valgono solo in quanto siano previste espressamente. Ciò non avviene nella fattispecie. In secondo luogo, l'eccezione specifica di cui all'art. 17, n. 6, secondo comma, è intesa come clausola di standstill ed essa non ha espressamente l'obiettivo di conferire ad un nuovo Stato membro, al momento dell'adesione, la facoltà di modificare ancora la normativa nazionale e di allontanarsi quindi dall'acquis comunitario.

50. Rilevo inoltre che, a mio parere, il fatto che ai sensi dell'art. 3, n. 11, dell'UStG 1972, in vigore fino al 1° gennaio 1995 - almeno stando a quanto esposto dal giudice nazionale -, si consideri che un'operazione di leasing è stata effettuata in Austria qualora l'autoveicolo sia stato utilizzato prevalentemente in tale paese è irrilevante. Il legislatore austriaco infatti ha scelto consapevolmente di non riprodurre detta disposizione in tale forma nella UStG 1994. Pertanto, la detta disposizione non poteva più conferire alcun valido diritto, anche a prescindere dalla questione se l'art. 3, n. 11, dell'UStG 1972 fosse identico sotto il profilo del contenuto all'art. 1, n. 1, dell'UStG 1994.

51. Giungo quindi alla conclusione che - anche nel caso in cui l'art. 17, n. 6, secondo comma, fosse applicabile ad un fatto generatore dell'imposta verificatosi in un altro Stato membro, quod non - tale disposizione non può essere applicata per creare, subito dopo l'adesione dell'Austria all'Unione europea, un'eccezione al diritto a deduzione.

52. Ciò mi conduce a trattare della facoltà dello Stato membro di escludere dal diritto a deduzione per motivi congiunturali, ai sensi dell'art. 17, n. 7, della sesta direttiva. Neanche tale facoltà può essere fatta valere nel caso di specie. La sentenza Metropol Treuhand e Stadler porta inevitabilmente a concludere in tal senso. La Corte stabilisce due condizioni per l'esercizio di tale facoltà. In primo luogo, uno Stato membro può avvalersene solo dopo avere consultato, come previsto all'art. 29, il comitato di cui al detto articolo. Nel caso di specie, tale consultazione non è avvenuta. In secondo luogo, il regime relativo alla deduzione dell'IVA deve contenere ulteriori indicazioni quanto al suo limite temporale ; ciò non risulta nel caso in esame.

VI - Conclusione

53. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere nei seguenti termini la questione pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof:

«La sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, osta ad una normativa di uno Stato membro che contenga un'esclusione dal diritto a deduzione dell'imposta sul valore aggiunto per i propri cittadini relativamente ad un'operazione che viene effettuata in un altro Stato membro e che, ai sensi della direttiva, è considerata come operazione imponibile in tale altro Stato membro».