CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
ANTONIO TIZZANO
presentate il 3 luglio 2003(1)
Causa C-387/01 Harald Weigel e Ingrid WeigelcontroFinanzlandesdirektion für Vorarlberg
[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Austria)]
«Libera circolazione dei lavoratori – Importazione di autoveicolo personale – Imposta sul consumo di carburante degli autoveicoli – Dazi doganali e tasse equivalenti – Imposizioni fiscali discriminatorie – Imposte sulla cifra d'affari – Sesta direttiva IVA»
1.
Con ordinanza del 20 settembre 2001 il Verwaltungsgerichtshof (Austria) (Tribunale amministrativo; in prosieguo: il «Verwaltungsgerichtshof»)
ha sottoposto alla Corte, in forza dell’art. 234 CE, tre quesiti con cui il giudice chiede, in buona sostanza, se gli artt. 12 CE,
23 CE, 25 CE, 39 CE e 90 CE oppure le direttive comunitarie in materia di IVA ostino ad un regime nazionale che sottopone
ad imposizione fiscale un veicolo importato da un altro Stato membro, all’atto della sua immatricolazione, colpendolo in ragione
del consumo di carburante, qualora tale regime impositivo sia applicato al veicolo personale di un soggetto che trasferisce
la propria residenza da uno Stato membro ad un altro per ragioni di lavoro.
I – Quadro giuridico
A –
La normativa comunitaria Le norme del Trattato
2.
L’art. 12 CE sancisce, come è noto, il divieto generale di discriminazione in base alla nazionalità, nell’ambito di applicazione
del Trattato. Detto principio trova poi applicazione, tra l’altro, nell’art. 39 CE, ai sensi del quale la libertà di circolazione
dei lavoratori all’interno della Comunità implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità tra
i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
3.
Come è altresì noto, gli artt. 23 CE e 25 CE, nel disciplinare il funzionamento dell’unione doganale, vietano l’imposizione,
nel commercio fra gli Stati membri, di dazi doganali alle importazioni e di qualsiasi tassa di effetto equivalente.
4.
A tale divieto si affianca poi la previsione dell’art. 90, n. 1, CE, in forza del quale nessuno Stato membro applica direttamente
o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate
ai prodotti nazionali similari.
Il diritto derivato
Il regime dell’IVA
5.
Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 77/388/CEE del Consiglio (in prosieguo: la «sesta direttiva IVA»)
(2)
, sono soggette all’imposta sul valore aggiunto:
«1. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo
che agisce in quanto tale;
2. le importazioni di beni».
6.
L’art. 33, n. 1, della sesta direttiva IVA è così formulato:
«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative
al regime generale per la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della
presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte
sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia
il carattere di imposta sulla cifra d’affari, sempreché tuttavia tale imposta, diritto e tassa non dia luogo, negli scambi
fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».
Il regime delle franchigie fiscali
7.
La direttiva 83/183/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive
di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (in prosieguo: la «direttiva 83/183»)
(3)
, mira ad eliminare taluni ostacoli fiscali tali da intralciare la libera circolazione delle persone all’interno della Comunità.
L’art. 1 della direttiva definisce il suo campo di applicazione nei termini seguenti:
«1. Gli Stati membri concedono, alle condizioni e nei casi indicati in seguito, una franchigia dalle imposte sulla cifra d’affari,
dalle accise e dalle altre imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’importazione definitiva, da parte di privati,
di beni personali provenienti da un altro Stato membro.
2. Non sono presi in considerazione dalla presente direttiva i diritti e le imposte specifici e/o periodici concernenti l’utilizzazione
di questi beni all’interno del paese, quali ad esempio diritti riscossi all’atto dell’immatricolazione di autovetture, tasse
di circolazione stradale, canoni televisivi».
B –
La normativa nazionale
8.
Il Normverbrauchsabgabegesetz (legge relativa all’imposta sul consumo normale di carburante; in prosieguo: il «NoVAG»)
(4)
istituisce la Normverbrauchsabgabe, un’imposta sul consumo normale di carburante degli autoveicoli (in prosieguo: la «NoVA»).
La NoVA è dovuta all’atto della compravendita di un autoveicolo non ancora immatricolato sul territorio nazionale (art. 1,
n. 1, NoVAG), all’atto della sua locazione a fini commerciali (art. 1, n. 2, NoVAG), ovvero, in ogni altra ipotesi, all’atto
della prima immatricolazione di un autoveicolo sul territorio nazionale (art. 1, n. 3, NoVAG).
9.
Il debitore d’imposta è il venditore o il locatore nei casi di vendita o di locazione a fini commerciali (art. 4, n. 1, NoVAG),
nei casi di prima immatricolazione è invece il soggetto per conto del quale l’autoveicolo è stato immatricolato (art. 4, n. 2,
NoVAG).
10.
La base imponibile dell’imposta è definita dall’art. 5 NoVAG ed è fissata nel valore dell’autoveicolo, calcolato ai sensi
dell’art. 4 dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sul giro d’affari), in caso di compravendita.
11.
In tutti gli altri casi la base imponibile è data dal valore corrente dell’autoveicolo, IVA esclusa. Tale valore è calcolato
in linea di massima, nel caso di importazione intracomunitaria, facendo riferimento alle valutazioni Eurotax nazionali
(5)
; si tratta dunque, in buona sostanza, del valore medio tra il prezzo di acquisto e quello di vendita (IVA e NoVA escluse),
corrispondente, in generale, al prezzo che potrebbe essere ottenuto attraverso la vendita ad un singolo nel territorio nazionale
del veicolo importato.
12.
Il valore corrente dell’autoveicolo, ai fini della NoVA, può discostarsi dalla suddetta media Eurotax in considerazione delle
condizioni di garanzia e di servizio dopo la vendita, delle riparazioni eventualmente necessarie, dell’equipaggiamento o dell’usura
del veicolo.
13.
Il prezzo di acquisto all’estero può essere considerato d’ufficio come valore corrente sul quale è basata la NoVA se non si
discosta dalla valutazione media Eurotax per più del 20%. In caso contrario, il debitore d’imposta è tenuto a giustificare
caso per caso lo scarto superiore al 20% dalla predetta valutazione media.
14.
Ai sensi dell’art. 6, n. 2, NoVAG l’aliquota d’imposta per gli autoveicoli è variabile in funzione del consumo di carburante
e ammonta al valore del consumo di carburante in litri, diminuito di tre litri (nel caso di autoveicoli diesel di due litri)
e moltiplicato per due. In virtù dell’art. 6, n. 3, NoVAG l’aliquota non può comunque superare il 16% della base imponibile.
15.
In forza dell’art. 6, n. 6, NoVAG, nei casi in cui la fattispecie generatrice dell’imposta non sia sottoposta ad IVA in Austria,
e pertanto l’ammontare dell’IVA non rientri nella base imponibile della NoVA, è imposta un’addizionale pari al 20% dell’imposta
di base.
16.
In buona sostanza, dunque, la NoVA è composta da una imposta di base (in prosieguo: la «NoVA-imposta di base») e da un’eventuale
addizionale (in prosieguo: la «NoVA-imposta addizionale»), che è dovuta quando la fattispecie generatrice dell’imposta non
sia la compravendita del veicolo, ma altra fattispecie non sottoposta ad IVA, tra cui in particolare la prima immatricolazione
del veicolo nel Paese.
II – Fatti e procedimento
17.
I coniugi Weigel, cittadini tedeschi originariamente residenti in Germania, si sono trasferiti nel corso del 1996 in Austria,
nella regione del Vorarlberg. Il trasferimento avveniva in seguito all’assunzione della direzione della Vorarlberger Landesbibliothek
(biblioteca del Land Vorarlberg) da parte del signor Weigel.
18.
In occasione del trasferimento, ciascuno dei ricorrenti portava con sé la propria autovettura, chiedendone l’immatricolazione
in Austria. Di conseguenza, con decisione del Finanzamt Feldkirch del 2 ottobre 1996, ai coniugi Weigel era imposta la NoVA
su entrambi gli autoveicoli, dato che per entrambi si trattava della prima immatricolazione nel territorio nazionale (art. 1,
n. 3, NoVAG).
19.
La tassa a carico del signor Weigel aveva ad oggetto un’autovettura della marca «Mitsubishi Space Wagon GLXi» anno 1995. Come
base imponibile era assunto il valore di ATS 187 000, stabilito secondo le valutazioni forfettarie Eurotax. Previa applicazione
di un’aliquota del 14%, veniva calcolata una NoVA di ATS 26 180. Ai sensi dell’art. 6, n. 6, NoVAG, veniva applicata anche
un’imposta addizionale pari al 20% dell’imposta base, vale a dire pari a ATS 5 236. L’importo complessivo dell’imposta, comprensivo
di imposta base e addizionale, ammontava dunque a ATS 31 416.
20.
La tassa a carico della signora Weigel aveva ad oggetto un’autovettura della marca «Nissan Sunny Y10 L2» anno 1993. Come base
imponibile era assunto il valore di ATS 71 000, anch’esso stabilito secondo le valutazioni Eurotax. Previa applicazione di
un’aliquota del 9%, veniva calcolata una NoVA di ATS 6 390, cui si sommava un’addizionale di ATS 1 278, per un importo complessivo
di ATS 7 668.
21.
I coniugi Weigel promuovevano ricorso dinnanzi al Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale), che rifiutava la trattazione
dei reclami e, su istanza dei ricorrenti, rimetteva la causa al giudice amministrativo competente, il Verwaltungsgerichtshof,
di fronte al quale i ricorrenti sostenevano l’incompatibilità del regime fiscale descritto con il diritto comunitario.
22.
Considerato quindi che la soluzione della controversia implicava l’interpretazione del diritto comunitario, il giudice austriaco
proponeva alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)
Se l’art. 39 CE (libera circolazione dei lavoratori) ovvero l’art. 12 CE (discriminazione effettuata sulla base della nazionalità)
debbano essere interpretati nel senso che sia in contrasto con le dette disposizioni l’ipotesi in cui per l’autovettura che
il lavoratore porta con sé nel territorio della Repubblica d’Austria da un altro Stato membro della Comunità in occasione
del trasloco dovuto al cambio del posto di lavoro sia prescritto un tributo calcolato sulla base del consumo normale di carburante
(Normverbrauchsabgabe, imposta di base e imposta addizionale).
2)
Se l’art. 90 CE (…) ovvero l’art. 23 CE (…), e l’art. 25 CE (…) siano di ostacolo all’imposizione dell’imposta sul consumo
normale di cui è menzione nella questione sub 1) (…).
3)
Se sia compatibile con la sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni
degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (…), nella versione risultante dalla direttiva del Consiglio
16 dicembre 1991, 91/680/CEE (…), la percezione dell’imposta addizionale sulla Normverbrauchsabgabe, di cui è menzione nella
questione sub 1)».
23.
Nel procedimento davanti alla Corte hanno depositato osservazioni scritte i coniugi Weigel, i governi austriaco, finlandese,
danese e la Commissione.
III – Analisi giuridica Sul primo quesito pregiudiziale
24.
Con il primo quesito il giudice chiede in buona sostanza se le disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione
dei lavoratori, o il divieto generale di discriminazione di cui all’art. 12 CE, si oppongano all’imposizione della NoVA ad
un soggetto che trasferisce la propria residenza all’interno del mercato comune per motivi di lavoro e, in tale occasione,
porta con sé la propria autovettura. Il dibattito processuale consiglia però, come vedremo, di non limitare l’analisi della
misura austriaca alle disposizioni del Trattato espressamente menzionate dal giudice remittente, ma di prendere in considerazione
anche alcune disposizioni del diritto derivato, contenute nella direttiva 83/183, che perseguono in buona sostanza il medesimo
fine.
25.
Premetto che la risposta al presente quesito richiederebbe a rigore un approccio differenziato per quanto riguarda la NoVA-imposta
di base e la NoVA-imposta addizionale (
supra, paragrafi 15 e 16). Di quest’ultima, però, mi occuperò, per gli specifici profili fiscali, nell’analisi del secondo quesito,
sicché posso qui limitare la discussione alla NoVA-imposta di base. Di questa esaminerò qui di seguito, nell’ordine, la compatibilità
con l’art. 39 CE e con la direttiva 83/183.
La NoVA e la libertà di circolazione dei lavoratori
26.
Ad avviso dei coniugi Weigel il regime in esame sarebbe incompatibile con l’art. 39 CE perché darebbe luogo ad una palese
discriminazione dei lavoratori provenienti da altri Stati membri. Soltanto costoro, infatti, sarebbero tenuti a pagare la
NoVA in occasione del cambio di residenza, mentre un lavoratore che sposta la propria residenza all’interno del paese non
è tenuto a pagare detta imposta.
27.
I governi intervenuti, da parte loro, propongono concordemente una risposta negativa al primo quesito, invocando a sostegno
di tale conclusione una serie di argomentazioni anch’esse largamente coincidenti.
28.
Essi fanno valere, in primo luogo, che secondo la giurisprudenza della Corte regole nazionali non discriminatorie che condizionano
in maniera soltanto indiretta l’accesso al mercato del lavoro non sono un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori
(6)
. Ora, per l’appunto, l’imposta di cui si discute non produrrebbe alcun effetto diretto sulla possibilità dei lavoratori provenienti
da altri Stati membri di accedere ad un lavoro in Austria.
29.
La NoVA dovrebbe quindi essere considerata come una delle tante disposizioni dell’ordinamento nazionale di cui deve tener
conto un lavoratore emigrante che si stabilisce in un altro Stato membro e di cui talvolta sopporta le conseguenze negative
per la mancata armonizzazione comunitaria delle legislazioni nazionali.
30.
In ogni caso, fa valere in particolare il governo austriaco, l’imposizione della NoVA non costituisce una misura discriminatoria,
perché la sua applicazione a situazioni come quella di specie mira, in realtà, a garantire l’eguaglianza di trattamento fiscale
tra i lavoratori nazionali, che pagano la NoVA al momento dell’acquisto della loro autovettura, e quelli immigrati.
31.
Trattandosi dunque in buona sostanza di una misura indistintamente applicabile, l’asserito ostacolo alla libera circolazione
delle persone, se anche sussistesse, sarebbe giustificato da ragioni imperative di interesse generale, quali la protezione
dell’ambiente, della sicurezza stradale e la lotta all’erosione della base fiscale. La misura in questione non potrebbe di
conseguenza ritenersi contraria all’art. 39 CE.
32.
La Commissione, da parte sua, si preoccupa solo marginalmente di valutare la conformità della NoVA con l’art. 39 CE, perché
a suo avviso tale imposizione dev’essere anzitutto valutata alla luce della direttiva 83/183.
33.
A parere della Commissione infatti, dato che la NoVA è incompatibile con tale direttiva per la parte in cui supera il costo
amministrativo delle formalità di immatricolazione del veicolo, sarebbe inutile chiedersi anche se essa sia compatibile o
meno con l’art. 39 CE, se non – ovviamente – per la parte che non supera il costo del servizio prestato e che quindi non è
incompatibile con la direttiva.
34.
Ad avviso della Commissione, comunque, per questa limitata parte la NoVA non sarebbe in contrasto con l’art. 39 CE. Anche
la Commissione, infatti, ritiene che gli eventuali inconvenienti derivanti da tale imposizione non siano il frutto di una
discriminazione tra i lavoratori nazionali e quelli provenienti da altri Stati membri, ma l’inevitabile conseguenza dell’assenza
di misure di armonizzazione delle regole relative all’immatricolazione degli autoveicoli e quindi delle diversità fra le legislazioni
nazionali
(7)
.
35.
Infine, dato il suo carattere non discriminatorio, osserva la Commissione, l’imposizione austriaca in questione, sempre per
la parte in cui non contrasta con la summenzionata direttiva, non può ritenersi neppure contraria all’art. 12 CE.
36.
Venendo alla valutazione delle tesi avanzate dagli intervenienti, osservo anzitutto che, secondo una giurisprudenza costante,
«gli artt. 7 e 48 [del Trattato, divenuti in seguito a modifica artt. 12 CE e 39 CE], vietando ad ogni Stato membro di applicare,
nella sfera d’applicazione del Trattato, il proprio diritto in maniera diversa a seconda della nazionalità, non contemplano
le eventuali disparità di trattamento che possono derivare, da uno Stato membro all’altro, dalle divergenze esistenti tra
le legislazioni dei vari Stati membri, purché ciascuna di tali legislazioni si applichi a chiunque sia ad esse soggetto, secondo
criteri oggettivi e indipendentemente dalla nazionalità»
(8)
.
37.
Orbene, al pari degli Stati membri intervenuti nella presente procedura, anche a me sembra che questo sia appunto quanto accade
nel caso di specie a causa dell’imposizione in Austria, ma non in altri Stati membri e segnatamente in Germania, di una imposta
sul consumo di carburante degli autoveicoli. Tale divergenza determina infatti, sia pur indirettamente, un indubbio aggravio
delle condizioni di circolazione delle persone, ma questo è – per l’appunto – l’inevitabile conseguenza dell’applicazione
al lavoratore migrante della legislazione del Paese di destinazione.
38.
Quello che però ai presenti fini interessa sottolineare è che l’applicazione di tale legislazione avviene in forza di un criterio,
quale la prima immatricolazione di un veicolo nel Paese, che può senz’altro considerarsi – per riprendere le espressioni della
Corte – obiettivo e non discriminatorio.
39.
Discende allora direttamente dalla citata giurisprudenza che un’imposizione come la NoVA-imposta di base non contrasta con
l’art. 39 CE.
La NoVA e la direttiva 83/183
40.
Passo ora ad esaminare se, come fanno valere i ricorrenti nel giudizio principale e la Commissione, l’imposizione controversa
sia contraria alla direttiva 83/183, segnatamente al suo art. 1, n. 1, ai sensi del quale gli Stati membri accordano una franchigia
dalle imposte sulla cifra d’affari, dalle accise e dalle altre imposte sui consumi per i beni personali importati definitivamente
da privati provenienti da un altro Stato membro.
41.
Tale questione, in realtà, non è oggetto di una specifica domanda da parte del giudice nazionale; essa è stata però al centro
di ampio dibattito in udienza e non può quindi essere ignorata, perché, come è noto, «la Corte ha il compito di interpretare
tutte le norme di diritto comunitario che possano essere utili al giudice nazionale al fine di dirimere la controversia di
cui è stato adito, anche qualora dette norme non siano espressamente indicate nella questione pregiudiziale sottopostale»
(9)
.
42.
Ad avviso dei coniugi Weigel, dunque, l’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183 si applicherebbe anche alla NoVA, poiché questa
sarebbe in realtà un’imposta sulla cifra d’affari.
43.
Alla stessa conclusione giunge la Commissione, almeno per la parte in cui la NoVA-imposta di base supera il costo amministrativo
dell’immatricolazione dell’autoveicolo. Infatti, la disposizione della direttiva vieta non soltanto le imposizioni che ostacolano
direttamente l’importazione dei beni, ma altresì quelle che colpiscono operazioni strettamente legate all’importazione stessa,
e questo è, appunto, il caso dell’immatricolazione di un autoveicolo.
44.
Né varrebbe invocare in contrario, a giudizio della Commissione, l’art. 1, n. 2, della direttiva, che esclude dalla franchigia
i «diritti riscossi all’atto dell’immatricolazione di autovetture». L’esenzione fiscale, prevista dal n. 1 della medesima
disposizione, costituisce infatti un’attuazione del principio di libera circolazione delle persone, sicché l’eccezione di
cui all’art. 1, n. 2, andrebbe interpretata restrittivamente. In particolare, tale dovrebbe essere l’interpretazione del concetto
di «diritto riscosso all’atto dell’immatricolazione», il quale dovrebbe comprendere solo i diritti volti a coprire i costi
dell’immatricolazione.
45.
In questo senso, del resto, deporrebbero altresì le versioni francese e inglese della direttiva. La prima infatti parla di
«droits» e non di «taxes»; la seconda utilizza il termine «fees», che indica i canoni corrisposti a fronte di un servizio.
46.
Dico subito che tale interpretazione letterale non mi convince, mentre mi pare più persuasiva l’opposta conclusione cui sono
giunti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni in questa causa.
47.
Sembra infatti anche a me, come ai governi austriaco, danese e finlandese, che imposizioni come la NoVA-imposta di base, percepite
all’atto dell’immatricolazione di un’automobile, non costituiscano «imposte sulla cifra d’affari, accise e altre imposte sul
consumo normalmente esigibili all’atto dell’importazione definitiva, da parte di privati, di beni personali provenienti da
un altro Stato membro» e che pertanto esse debbano ritenersi escluse dall’ambito di applicazione della franchigia prevista
dall’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183.
48.
Osservo infatti in primo luogo, con il governo austriaco, che la NoVA non sembra affatto rientrare tra le «imposizioni normalmente
esigibili all’atto dell’importazione definitiva» di un bene personale ai sensi di detta disposizione, perché l’imposta austriaca è invece esigibile
in conseguenza dell’immatricolazione. Per cogliere la differente natura della NoVA rispetto alle imposte prese in considerazione dalla direttiva basta considerare
l’ipotesi dell’importazione di un autoveicolo da collezione o comunque di un veicolo non destinato alla circolazione sulla
rete stradale pubblica. In tal caso, infatti, nessuna imposta sarà dovuta.
49.
Inoltre, concordo con il governo finlandese quando osserva che l’art. 1, n. 2, della direttiva 83/183 esclude dalla franchigia
fiscale relativa all’importazione definitiva di beni personali tutte quelle «imposte concernenti l’utilizzazione di questi
beni all’interno del paese». Sembra anche a me, infatti, che un’imposta come la NoVA concerna specificamente l’
utilizzazione di un’autovettura
all’interno del Paese, non invece la sua mera importazione (basta pensare appunto all’esenzione, appena evocata, del veicolo da collezione o comunque
non destinato alla circolazione).
50.
A mio avviso, dunque, tali imposizioni dovrebbero piuttosto qualificarsi come «diritti e imposte specifici e/o periodici concernenti
l’utilizzazione di questi beni all’interno del paese, quali ad esempio diritti riscossi all’atto dell’immatricolazione di
autovetture, tasse di circolazione stradale», esplicitamente esclusi dalla franchigia in forza dell’art. 1, n. 2, della stessa
direttiva.
51.
Osservo poi, con i governi austriaco e finlandese, che un’interpretazione che escluda l’obbligo per gli Stati membri di concedere
una franchigia sulla NoVA ai sensi dell’art. 1, n. 1, della citata direttiva sulle franchigie fiscali è del tutto coerente
con la proposta di direttiva relativa al trattamento fiscale delle autovetture trasferite a titolo permanente in un altro
Stato membro nell’ambito di un cambio di residenza
(10)
.
52.
Infatti, secondo detta proposta l’adozione di una direttiva che vieti agli Stati membri di imporre «tasse di immatricolazione
e/o altre imposte di consumo alle autovetture immatricolate in altri Stati membri e trasferite a titolo permanente sul loro
territorio a seguito di un cambiamento di residenza normale di un privato» (art. 1) si rende necessaria proprio a causa dell’insufficienza
del regime previsto dalla direttiva 83/183 (quarto, quinto, settimo ‘considerando’).
53.
Non solo. Mi sembra corretto quanto sostiene il Regno di Danimarca, secondo cui affermare, come fa la Commissione, che l’art. 1,
n. 2, della direttiva 83/183, nel far salvi i «diritti riscossi all’atto dell’immatricolazione», riguarderebbe soltanto le
tasse destinate a coprire i costi amministrativi equivarrebbe a riconoscere a detta disposizione una portata meramente pleonastica.
Infatti, è cosa nota che il recupero delle spese derivanti dall’esecuzione di una formalità amministrativa di per sé non contraria
al diritto comunitario, com’è nel caso di specie l’immatricolazione di una vettura destinata ad essere utilizzata nel territorio
nazionale, costituisce una misura compatibile con il Trattato.
54.
Infine, la tesi della Commissione mi sembra difficilmente compatibile con quanto la Corte stessa ha avuto modo di osservare
– prendendo posizione, va notato, proprio in merito alla NoVA austriaca – nella recente sentenza Cura Anlagen. In quell’occasione,
infatti, la Corte ha ribadito che, poiché la tassazione degli autoveicoli non è stata ancora armonizzata a livello comunitario,
gli Stati membri restano liberi di esercitare la loro competenza fiscale in tale materia, nel rispetto del diritto comunitario
(11)
.
55.
In conclusione, ritengo che l’imposizione di un tributo come la NoVA-imposta di base ad un lavoratore migrante che si stabilisce
in Austria in provenienza da un altro Stato membro e vi importa il proprio veicolo non sia incompatibile con il regime delle
franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro,
di cui alla direttiva 83/183 e, segnatamente, al suo art. 1.
56.
Propongo pertanto di rispondere al primo quesito nel senso che una misura nazionale consistente nell’imporre un tributo come
la NoVA, imposta di base – che è dovuta in conseguenza della prima immatricolazione sul territorio nazionale di un autoveicolo
e calcolata in funzione del valore di questo e del suo consumo di carburante – ad un lavoratore migrante che si stabilisce
in Austria in provenienza da un altro Stato membro e vi importa il proprio veicolo, immatricolandolo, non contrasta con l’art. 39
CE. Tale imposizione non è neppure in contrasto con il regime delle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive
di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro, di cui alla direttiva 83/183 e, segnatamente, al suo art. 1.
Sul secondo quesito pregiudiziale
57.
Con il secondo quesito il giudice del rinvio sottopone in realtà alla Corte due questioni distinte, che necessitano di una
trattazione successiva. In primo luogo, egli chiede se l’imposizione controversa costituisca un dazio doganale o una tassa
di effetto equivalente ai sensi degli artt. 23 CE e 25 CE. In secondo luogo, egli chiede, in buona sostanza, se la legislazione
austriaca in questione dia luogo ad un’imposizione interna discriminatoria e pertanto contraria all’art. 90 CE, e se sì in
che misura.
a) La NoVA e gli artt. 23 CE e 25 CE Argomenti delle parti
58.
I coniugi Weigel propongono, in modo non sempre inequivoco, che al quesito sia data una soluzione affermativa, perché ritengono
che la misura austriaca sia in contrasto con il divieto di tasse equivalenti ai dazi doganali.
59.
A loro avviso, infatti, in quanto colpisce un autoveicolo in occasione della sua prima immatricolazione nel territorio nazionale,
la NoVA incide direttamente sull’importazione di una merce; essa sarebbe quindi equivalente ad un dazio doganale e, come tale,
contraria agli artt. 23 CE e 25 CE.
60.
In ogni caso, la NoVA non dovrebbe applicarsi nel caso di specie, dato che ai sensi dell’art. 2 del regolamento n. 918/83,
relativo alle franchigie doganali accordate al momento dell’immissione in libera pratica di merci nella Comunità
(12)
, «sono ammessi in franchigia dai dazi all’importazione i beni personali importati da persone fisiche che trasferiscono la
loro residenza normale nel territorio doganale della Comunità». Secondo i coniugi Weigel, infatti, questo regime di franchigie
dovrebbe applicarsi anche all’ipotesi di un trasferimento di residenza all’interno della Comunità, poiché altrimenti si determinerebbe,
senza giustificato motivo, un trattamento deteriore degli spostamenti intracomunitari rispetto a quelli che determinano l’attraversamento
della barriera doganale comunitaria.
61.
I governi austriaco e finlandese, nonché la Commissione, ritengono invece che la NoVA e l’imposta addizionale non siano dazi
o tasse di effetto equivalente, ma facciano parte di un sistema generale di imposizioni interne. Esse si applicano infatti
a tutti i veicoli, siano essi acquistati all’interno dello Stato o all’estero, colpendoli sulla base di criteri obiettivi
e non discriminatori (nella specie, l’immatricolazione in Austria). Entrambe le misure fiscali, pertanto, esulerebbero dall’ambito
d’applicazione del divieto di cui agli artt. 23 CE e 25 CE ed andrebbero valutate piuttosto in base all’art. 90 CE.
62.
Per parte mia, devo premettere che il regolamento n. 918/83, invocato dai ricorrenti nella causa principale, non mi pare costituire
un valido parametro di valutazione ai presenti fini. Esso si applica, infatti, nel contesto delle importazioni di beni in
provenienza da un Paese extra comunitario e non è dunque assolutamente idoneo ad applicarsi nel diverso contesto del trasferimento
di beni all’interno della Comunità.
63.
Il punto su cui invece ci si deve interrogare, come ho detto, è se un’imposizione come la NoVA (imposta di base e addizionale)
sia o meno da qualificare come un dazio o una tassa equivalente ai sensi degli artt. 23 CE e 25 CE, e sia pertanto contraria,
in quanto tale, ad uno dei principi fondamentali dell’integrazione comunitaria, quello della libera circolazione delle merci
nel mercato comune.
64.
In proposito, ricordo che, secondo una giurisprudenza consolidata, il divieto di dazi doganali e tasse equivalenti si estende
a «qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente, indipendentemente dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che
colpisce le merci per il fatto che esse attraversano una frontiera»
(13)
.
65.
Per rispondere alla prima parte del presente quesito è dunque necessario stabilire se la NoVA sia o meno un onere pecuniario
che colpisce le merci
per il fatto che esse attraversano una frontiera.
66.
Orbene, dalla ricostruzione del regime fiscale austriaco operata in questo procedimento risulta con tutta evidenza che la
NoVA, non diversamente da tasse analoghe che esistono in altri Stati membri
(14)
, non è dovuta
in occasione dell’attraversamento della frontiera, bensì all’atto della compravendita, per uso su strada, di un autoveicolo non ancora
immatricolato nel territorio nazionale, all’atto della sua locazione a fini commerciali, o della prima immatricolazione. Essa
non può pertanto essere qualificata né come un dazio doganale, né come una tassa di effetto equivalente, vietata dagli artt. 23
CE e 25 CE, ma piuttosto come una misura rientrante in un sistema generale di tributi interni.
67.
Ritengo pertanto di poter concludere sul punto nel senso che imposte come la NoVA-imposta di base e la NoVA-imposta addizionale
non costituiscono dazi doganali o tasse di effetto equivalente ai sensi degli artt. 23 CE e 25 CE.
b) Il regime austriaco e l’art. 90 CE
68.
Con riguardo a tale questione, i coniugi Weigel ricordano anzitutto che, secondo la giurisprudenza comunitaria, «un regime
fiscale nazionale che tende ad eliminare un vantaggio concorrenziale dei prodotti importati rispetto ai prodotti nazionali
è manifestamente in contrasto con l’art. 95, il cui obiettivo è di garantire l’assoluta neutralità dei tributi interni riguardo
alla concorrenza fra merci nazionali e merci importate»
(15)
.
69.
Ora, secondo i ricorrenti nel giudizio principale, l’imposizione controversa avrebbe proprio un tale effetto, perché, colpendo
unicamente gli autoveicoli di seconda mano importati dagli altri Stati membri, ed aumentandone pertanto il prezzo, la NoVA
eliminerebbe il vantaggio concorrenziale di cui questi veicoli altrimenti godrebbero sul mercato austriaco. Di conseguenza,
un’imposta come la NoVA sarebbe manifestamente in contrasto con l’art. 90 CE.
70.
Secondo il governo austriaco e quello finlandese, per contro, la NoVA e l’imposta addizionale sarebbero parte di un sistema
generale di imposizioni interne strutturato in modo da assicurare che qualsiasi veicolo immatricolato in Austria sia sottoposto
alla medesima imposizione. Tale regime fiscale non sarebbe quindi discriminatorio né per ciò che riguarda l’imposta di base,
né per ciò che riguarda l’addizionale.
71.
La prima, infatti, è applicata a qualsiasi veicolo immatricolato per la prima volta in Austria, a prescindere dalla sua origine
e dal luogo in cui è stato acquistato, e dunque non può certo considerarsi discriminatoria.
72.
Per quanto poi riguarda l’addizionale, se è vero che essa non colpisce tutti gli autoveicoli, perché è dovuta soltanto qualora
l’imposta di base non sia esigibile all’atto della compravendita, tuttavia assolve una funzione di perequazione perché consente
di ovviare al fatto che in tali ipotesi la base imponibile della NoVA è meno elevata, non comprendendo il valore dell’IVA.
73.
La Commissione, da parte sua, dopo aver rammentato da un punto di vista generale che un’imposta è incompatibile con l’art. 90 CE
se colpisce più pesantemente i prodotti importati rispetto a quelli nazionali similari, analizza separatamente, alla luce
di tale criterio, l’imposta di base e l’imposta addizionale. Mentre a suo avviso l’imposta di base sarebbe in linea di massima
compatibile con l’art. 90 CE, l’addizionale sarebbe invece vietata da detta disposizione, perché intrinsecamente discriminatoria.
74.
Orbene, per parte mia condivido pienamente tale valutazione, per le ragioni che passo ad illustrare.
La NoVA-imposta di base
75.
Per stabilire se ai presenti fini tale imposta di base sia o meno discriminatoria, è necessario raffrontare l’imposizione
alla quale sono soggetti gli autoveicoli usati importati, come quelli di cui si tratta nella causa principale, con quella
che colpisce gli autoveicoli usati identici che già si trovano sul mercato austriaco.
76.
Orbene, a questo proposito osservo anch’io – con la Commissione – che la NoVA è un’imposta esigibile
una tantum, che dev’essere pagata al più tardi al momento della prima immatricolazione. Pertanto, pur se è vero che chi acquista un
autoveicolo usato già immatricolato in Austria non paga
direttamente la NoVA, tuttavia egli paga per quel veicolo un prezzo che già comprende una parte residuale della NoVA, che diminuisce in
misura proporzionale al deprezzamento legato all’uso del veicolo.
77.
Non vi sarà dunque alcuna discriminazione tra veicoli usati nazionali e veicoli usati importati qualora la NoVA percepita
su questi ultimi non ecceda l’ammontare della NoVA residuale incorporata nel valore di un veicolo usato similare reperibile
sul mercato austriaco.
78.
Perché tale condizione sia rispettata, è necessario allora che il valore del veicolo usato importato assunto dall’amministrazione
come base imponibile rispecchi fedelmente il valore di un veicolo usato similare sul mercato austriaco.
79.
Ora, i ricorrenti nel giudizio principale obiettano che la valutazione forfettaria praticata dall’amministrazione austriaca
delle finanze per determinare il valore dei loro veicoli – nella specie tramite il riferimento al valore Eurotax – non avrebbe
rispettato il criterio suddetto, perché avrebbe dato luogo ad una sopravvalutazione del valore di riferimento e dunque ad
un’imposizione eccessiva e discriminatoria.
80.
Sul punto, tuttavia, credo di poter convenire con la Commissione, quando osserva che il ricorso a tariffe forfettarie per
la determinazione del valore di un veicolo usato importato non dà luogo di per sé ad una discriminazione, purché tali tariffe
rispecchino in maniera precisa – come ha chiarito la giurisprudenza comunitaria – il deprezzamento reale del veicolo. Solo
in tal modo, infatti, l’imposizione degli autoveicoli importati non sarà «in nessun caso superiore all’ammontare del valore
residuale dell’imposta incorporato nel valore degli autoveicoli usati equivalenti già immatricolati nel territorio nazionale»
(16)
e l’imposizione in questione potrà dirsi compatibile con l’art. 90 CE.
81.
Spetta tuttavia al giudice nazionale stabilire se il metodo utilizzato dall’amministrazione austriaca e basato sulle valutazioni
Eurotax sia conforme, nella sua applicazione pratica, alle esigenze descritte.
82.
Ritengo dunque che un’imposta come la NoVA-imposta di base, il cui ammontare è calcolato ricorrendo a tariffe forfettarie
per la determinazione del valore di un veicolo usato importato, non dia luogo di per sé ad una discriminazione vietata dall’art. 90
CE, purché tali tariffe rispecchino in maniera precisa il deprezzamento reale del veicolo e la base imponibile stabilita per
quel veicolo corrisponda quindi esattamente al valore di un veicolo usato similare reperibile sul mercato nazionale. Spetta
tuttavia al giudice nazionale stabilire se il metodo forfettario utilizzato dall’amministrazione austriaca rispetti tali condizioni.
La NoVA-imposta addizionale
83.
Venendo all’imposta addizionale di cui all’art. 6, n. 6, NoVAG, osservo anzitutto, come la Commissione, che essa si applica
prevalentemente in caso di importazione da parte di privati di autoveicoli nuovi o d’occasione in Austria e solo a titolo
eccezionale ad operazioni puramente interne, ad esempio in caso di assemblaggio di un autoveicolo da parte di un singolo amatore.
84.
Ora, secondo una costante giurisprudenza, il fatto che un’imposta colpisca, oltre ai prodotti importati, anche una produzione
nazionale molto ridotta non esclude l’applicazione dell’art. 90 CE
(17)
.
85.
Non solo: come la Corte ha già avuto modo di chiarire, l’istituzione di un sistema impositivo differenziato per taluni prodotti
«[è] compatibil[e] col diritto comunitario solo se persegu[e] scopi di politica economica compatibili anch’essi con quanto
prescritto dal Trattato e dal diritto derivato e se le [sue] modalità sono tali da evitare qualsiasi forma di discriminazione,
diretta o indiretta, nei confronti delle importazioni dagli altri Stati membri, o di protezione a favore di prodotti nazionali
concorrenti»
(18)
, chiarendo altresì che «una tassazione differenziata non è compatibile [con l’art. 90 CE] ove i prodotti maggiormente gravati
da imposte siano, per loro natura, prodotti importati»
(19)
.
86.
Ora, mi sembra fuor di dubbio che la previsione dell’addizionale di cui all’art. 6, n. 6, NoVAG dà luogo ad un sistema impositivo
differenziato delle autovetture usate, nel senso che i prodotti maggiormente gravati sono, per l’appunto, quelli importati.
Dal dibattito in udienza è emerso del resto chiaramente che le ipotesi in cui l’addizionale colpisce prodotti non importati
sono del tutto residuali.
87.
Ritengo dunque di poter concludere che un’imposta come la NoVA-imposta addizionale, che si applica nella normalità dei casi
ai prodotti importati, e solo eccezionalmente a prodotti nazionali, è un’imposta discriminatoria e, in quanto tale, incompatibile
con l’art. 90 CE. Ricordo, del resto, che la Commissione ha comunicato in udienza di aver già avviato una procedura d’infrazione
al riguardo.
88.
Propongo pertanto di rispondere al giudice a quo, quanto al secondo quesito, che:
Non costituendo dazi doganali o tasse di effetto equivalente, imposte come la NoVA non sono in contrasto con gli artt. 23
CE e 25 CE.
Un’imposta come la NoVA-imposta di base, il cui ammontare è calcolato ricorrendo a tariffe forfettarie per la determinazione
del valore di un veicolo usato importato, non dà luogo di per sé neppure ad una discriminazione vietata dall’art. 90 CE, purché
tali tariffe rispecchino in maniera precisa il deprezzamento reale del veicolo e la base imponibile stabilita per un veicolo
usato importato corrisponda quindi esattamente al valore di un veicolo usato similare reperibile sul mercato nazionale; spetta
tuttavia al giudice nazionale stabilire se il metodo forfettario utilizzato dall’amministrazione austriaca rispetti tali condizioni.
Per contro è discriminatoria e quindi incompatibile con l’art. 90 CE la NoVA-imposta addizionale, in quanto si applica nella
normalità dei casi ai prodotti importati, e solo eccezionalmente a prodotti nazionali.
Sul terzo quesito pregiudiziale
89.
Con il terzo quesito pregiudiziale il giudice chiede, in buona sostanza, se l’addizionale prevista dall’art. 6, n. 6, NoVAG
sia compatibile con il regime armonizzato dell’imposta sul valore aggiunto istituito con la sesta direttiva IVA.
90.
Solo i coniugi Weigel propongono di rispondere negativamente al presente quesito. Essi ritengono infatti che l’addizionale
in questione sia in ultima analisi un’imposta sulla cifra d’affari dissimulata; come tale, essa sarebbe incompatibile con
la sesta direttiva IVA, in particolare con il suo art. 33, che vieta il mantenimento di imposte nazionali diverse dall’IVA
aventi le caratteristiche dell’imposta sulla cifra d’affari.
91.
La Commissione e i governi che hanno presentato osservazioni alla Corte ritengono per contro che l’addizionale non sia un’imposta
sulla cifra d’affari e dunque propongono di rispondere positivamente al quesito.
92.
Per parte mia, potrei anche non prendere posizione sul quesito, visto che ho proposto di qualificare l’addizionale come un’imposizione
vietata dall’art. 90 CE.
93.
In ogni caso, ritengo di non poter condividere l’interpretazione proposta dai coniugi Weigel, perché sembra anche a me che
l’imposta addizionale non abbia le caratteristiche di un’imposta sulla cifra d’affari.
94.
Infatti, secondo la costante giurisprudenza della Corte, l’art. 33 della sesta direttiva «mira ad evitare che siano istituiti
imposte, diritti e tasse che, gravando sulla circolazione dei beni e dei servizi in modo analogo all’IVA, compromettano il
funzionamento del suo sistema comune. In ogni caso si deve considerare che gravano sulla circolazione dei beni e dei servizi
in modo analogo all’IVA le imposte, i diritti e le tasse aventi le caratteristiche essenziali dell’IVA»
(20)
.
95.
Per definire tali caratteristiche, la Corte ha già più volte precisato che «l’IVA si applica in modo generale alle operazioni
aventi ad oggetto beni o servizi, è proporzionale al prezzo di detti beni e servizi, viene riscossa in ciascuna fase del procedimento
di produzione e di distribuzione e, infine, si applica sul valore aggiunto dei beni e dei servizi, in quanto l’imposta dovuta
in occasione di un’operazione viene calcolata previa detrazione di quella che è stata versata all’atto della precedente operazione»
(21)
.
96.
Orbene, a me non sembra che dette caratteristiche siano riscontrabili nell’addizionale in questione.
97.
Anzitutto, questa non si applica in maniera generale ai negozi aventi ad oggetto beni o servizi, né si applica a tutti gli
stadi della produzione e commercializzazione, perché dev’essere corrisposta unicamente per certe operazioni aventi ad oggetto
un determinato tipo di prodotti, gli autoveicoli, e tra questi solo quelli che non siano ancora stati immatricolati nel Paese.
98.
Inoltre, l’addizionale non dà luogo ad alcuna possibilità di detrazione (del tutto logicamente, del resto, perché si tratta,
come si è visto, di un’imposta percepita
una tantum) e la sua base imponibile non è il valore della merce, ma l’ammontare di una tassa pagata sulla merce stessa, cosicché si
deve escludere che essa colpisca il valore aggiunto.
99.
Tutti questi elementi mi portano a concludere che la NoVA-imposta addizionale non integra i requisiti delle imposte sulla
cifra d’affari di cui alla sesta direttiva IVA e non può pertanto considerarsi come un’imposta parallela vietata dall’art. 33.
IV – Conclusioni
100.
Alla luce delle considerazioni che precedono propongo alla Corte di rispondere ai quesiti sottoposti dal Verwaltungsgerichtshof
nel senso che:
«1)
Una misura nazionale consistente nell’imposizione di un tributo come la NoVA, imposta di base – che è dovuta in conseguenza
della prima immatricolazione sul territorio nazionale di un autoveicolo e calcolata in funzione del valore di questo e del
suo consumo di carburante – ad un lavoratore migrante che si stabilisce in Austria in provenienza da un altro Stato membro
e vi importa il proprio veicolo, immatricolandolo, non contrasta con l’art. 39 CE.
Tale misura non è neppure in contrasto con il regime delle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di
beni personali di privati provenienti da uno Stato membro, di cui alla direttiva 83/183/CEE e, segnatamente, al suo art. 1.
2)
Non costituendo dazi doganali o tasse di effetto equivalente, imposte come la NoVA non sono in contrasto con gli artt. 23
CE e 25 CE.
Un’imposta come la NoVA-imposta di base, il cui ammontare è calcolato ricorrendo a tariffe forfettarie per la determinazione
del valore di un veicolo usato importato, non dà luogo di per sé neppure ad una discriminazione vietata dall’art. 90 CE, purché
tali tariffe rispecchino in maniera precisa il deprezzamento reale del veicolo e la base imponibile stabilita per un veicolo
usato importato corrisponda quindi esattamente al valore di un veicolo usato similare reperibile sul mercato nazionale; spetta
tuttavia al giudice nazionale stabilire se il metodo forfettario utilizzato dall’amministrazione austriaca rispetti tali condizioni.
Per contro è discriminatoria e quindi incompatibile con l’art. 90 CE la NoVA-imposta addizionale, in quanto si applica nella
normalità dei casi ai prodotti importati, e solo eccezionalmente a prodotti nazionali.
3)
Un’imposta come la NoVA-imposta addizionale non integra i requisiti delle imposte sulla cifra d’affari di cui alla sesta direttiva
IVA e non può pertanto considerarsi come un’imposta parallela vietata dall’art. 33».
1 –
Lingua originale: l'italiano.
2 –
Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati
membri relative all’imposta sulla cifra d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme
(GU L 145, pag. 1), nella versione della direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, che completa il sistema
comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE
(GU L 376, pag. 1).
3 –
GU L 105, pag. 64.
4 –
BGBl n. 695/1991.
5 –
Circolare del Ministero delle Finanze del 1° settembre 1995.
6 –
Sentenza 27 gennaio 2000, causa
C-190/98, Graf (Racc. pag. I-493, punto 23).
7 –
Sono citate in tal senso le sentenze 1° febbraio 1996, causa
C-177/94, Perfili (Racc. pag. I-161, punto 17); 14 luglio 1994,
causa
C-379/92, Peralta (Racc. pag. I-3453, punto 52), e le conclusioni presentate dall’avvocato generale Jacobs nella causa
C-451/99, Cura Anlagen (Racc. 2002, pag. I-3193, paragrafi 37-47).
8 –
V., per quanto riguarda l’art. 48 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE), sentenza 28 giugno 1978, causa
1/78, Kenny (Racc. pag. 1489, punto 18); v. anche sentenza 19 marzo 2002, cause riunite
C-393/99 e
C-394/99, Hervein e a.
(Racc. pag. I-2829, punti 50 e 51). Per altri aspetti della libertà di circolazione delle persone, v. le sentenze citate
dalla Commissione,
supra, nota 7.
9 –
V. sentenze 18 marzo 1993, causa
C-280/91, Viessmann (Racc. pag. I-971, punto 17), e 11 dicembre 1997, causa
C-42/96, Immobiliare
SIF (Racc. pag. I-7089, punto 28).
10 –
Proposta di direttiva del Consiglio relativa al trattamento fiscale delle autovetture trasferite a titolo permanente in un
altro Stato membro nell’ambito di un cambio di residenza o utilizzate temporaneamente in uno Stato membro diverso da quello
in cui sono immatricolate, COM (1998) 30 def. (GU C 108, pag. 75), come modificata da COM (1999) 165 def. (GU C 145, pag. 6).
11 –
Sentenza 21 marzo 2002, causa
C-451/99, Cura Anlagen (Racc. pag. I-3193, punto 40).
12 –
Regolamento n. 918/83 del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali
(in prosieguo: il «regolamento n. 918/83»; GU L 105, pag. 1).
13 –
Fra tante v. sentenza 23 aprile 2002, causa
C-234/99, Nygård (Racc. pag. I-3657, punto 19).
14 –
V., ad esempio, in relazione alla tassa danese di immatricolazione degli autoveicoli, le conclusioni dell’avvocato generale
Jacobs nella causa
C-383/01, Danske Bilimportører (non ancora pubblicate in Raccolta, paragrafo 36).
15 –
V. sentenza 11 dicembre 1990, causa
C-47/88, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I-4509 punto 9), e sentenza 9 marzo 1995, causa
C-345/93, Nunes Tadeu (Racc. pag. I-479, punto 18).
16 –
Sentenza 22 febbraio 2001, causa
C-393/98, Gomes Valente (Racc. pag. I-1327, punto 28).
17 –
Sentenze 7 maggio 1987, causa 193/85, Co-Frutta (Racc. pag. 2085, punti 11-13), e 16 luglio 1992, causa
C-343/90, Lourenço
Dias (Racc. pag I-4673, punto 53).
18 –
Sentenza 17 luglio 1997, causa
C-90/94, Haahr Petroleum (Racc. pag. I-4085, punto 29).
19 –
Sentenze 4 marzo 1986, causa 106/84, Commissione/Danimarca (Racc. pag. 833, punto 21), e 17 luglio 1997, Haahr Petroleum,
cit., punto 30.
20 –
V. sentenza 7 maggio 1992, causa
C-347/90, Bozzi (Racc. pag. I-2947, punto 9).
21 –
V., in particolare, sentenze 3 marzo 1988, causa 252/86, Bergandi (Racc. pag. 1343, punto 15); 13 luglio 1989, cause riunite
93/88 e 94/88, Wisselink e a. (Racc. pag. 2671, punto 18); 19 marzo 1991, causa
C-109/90, Giant (Racc. pag. I-1385, punti
11 e 12); 31 marzo 1992, causa
C-200/90, Dansk Denkavit e Poulsen Trading (Racc. pag. I-2217, punto 11); 7 maggio 1992, Bozzi,
cit., punto 12, e 16 dicembre 1992, causa
C-208/91, Beaulande (Racc. pag. I-6709, punto 14).