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62001C0438

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 12 dicembre 2002. - Design Concept SA contro Flanders Expo SA. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Cour de cassation - Lussemburgo. - Sesta direttiva IVA - Art.9, n.2, lett.e) - Luogo delle operazioni imponibili - Collegamento fiscale - Prestazioni pubblicitarie. - Causa C-438/01.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-05617


Conclusioni dell avvocato generale


1. Nel presente procedimento la Cour de Cassation del Granducato di Lussemburgo chiede alla Corte di giustizia di interpretare l'art. 9, n. 2, lett. e) della sesta direttiva IVA (in prosieguo: la «sesta direttiva» la «direttiva») . Tale disposizione stabilisce che le prestazioni pubblicitarie fornite ad un destinatario stabilito in un altro Stato membro sono soggette all'imposta sul valore aggiunto (IVA) nello Stato membro in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività. Essa costituisce pertanto un'eccezione alla regola generale secondo cui la prestazione di un servizio è soggetta all'IVA nello Stato membro in cui ha sede il prestatore del servizio.

2. La questione sottoposta alla Corte solleva due problemi. Il primo consiste nello stabilire se l'art. 9, n. 2, lett. e) della sesta direttiva si applichi a servizi pubblicitari forniti indirettamente all'utente pubblicitario (cioè la parte che stabilisce qual è l'oggetto del servizio pubblicitario e che è pertanto la beneficiaria ultima della prestazione) e fatturati ad un terzo che a sua volta li fatturerà all'utente pubblicitario. Per quanto riguarda tale prima questione, la Corte si è già pronunciata nella recente sentenza nella causa SPI/Ministère de l'Economie, des Finances et de l'Industrie (Francia) nel senso che la disposizione in esame si applica in tale situazione.

3. La questione che ci troviamo a dover risolvere nella presente causa è pertanto la seconda che è stata sollevata dal giudice a quo e cioè se l'art. 9, n. 2, lett. e) della sesta direttiva si applichi ai servizi pubblicitari nel caso in cui il destinatario di tali servizi non produca merce il cui prezzo comprenderà il costo della prestazione.

La normativa applicabile

4. Ai sensi dell'art. 2 della sesta direttiva, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale sono soggette all'IVA. Conformemente all'art. 4, n. 1, si considera soggetto passivo chiunque esercita un'attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Tali attività economiche includono, ai sensi dell'art. 4, n. 2, le attività di prestatore di servizi. Il primo comma dell'art. 6, n. 1, definisce come prestazione di servizi «ogni operazione che non costituisce cessione di un bene».

5. Il capo VI della sesta direttiva contiene le norme che determinano il luogo delle operazioni imponibili. Queste norme sono rilevanti nei casi in cui la cessione di beni o la prestazione di servizi riguarda più di un paese. Un orientamento per quanto riguarda la ratio della normativa è fornito dal settimo considerando della sesta direttiva:

«(...) la determinazione del luogo delle operazioni imponibili ha provocato conflitti di competenza tra Stati membri, segnatamente per quanto riguarda la cessione di un bene che richiede un montaggio e le prestazioni di servizi; (...) anche se il luogo delle prestazioni di servizi deve essere fissato, in linea di massima, là dove il prestatore ha stabilito la sede della sua attività professionale, occorre tuttavia fissare tale luogo nel paese del destinatario, in particolare per talune prestazioni di servizi tra soggetti di imposta, il cui costo è compreso nel prezzo delle merci».

6. Ai fini del conseguimento dell'obiettivo indicato da tale considerando, l'art. 9, n. 1, della sesta direttiva stabilisce la regola generale secondo cui:

«Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale».

7. L'art. 9, n. 2 elenca un certo numero di eccezioni a questa regola. La lett. a) stabilisce che il luogo delle prestazioni di servizi relative a un bene immobile è quello dove il bene è situato. La lett. c) stabilisce, tra l'altro, che il luogo delle prestazioni di servizi aventi per oggetto attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche, d'insegnamento, ricreative o affini è quello in cui tali prestazioni sono materialmente eseguite. Ai sensi della lett. e):

«Il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, rese a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità, ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o di tale centro d'attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale:

(...)

- prestazioni pubblicitarie (...)»

Fatti e questione pregiudiziale

8. La Design Concept, società con sede in Lussemburgo, ha ricevuto l'incarico da parte del Ministero lussemburghese dell'Economia di organizzare stand espositivi per il Ministero ad una esposizione commerciale, nota come HORECA, a Gand in Belgio. Al fine di eseguire l'incarico ad essa affidato, la Design Concept ha concluso un accordo con la Flanders Expo, una società di diritto belga, per la fornitura di vari servizi, comprendenti la costruzione di due stand espositivi, la pulizia di tali stand per la durata dell'esposizione, e la fornitura della manodopera per il trasporto dei materiali.

9. Quando la Flanders Expo ha presentato la fattura relativa ai servizi forniti, ha anche incluso una somma che rappresentava l'IVA dovuta sulla transazione in Belgio ai sensi della legge belga applicabile. La Design Concept, ad ogni modo, ha escluso dal suo pagamento la somma che rappresentava l'IVA. Essa ha argomentato che i servizi ad essa prestati costituivano pubblicità ai sensi dell'art. 9, n. 2, lett. e) della direttiva e che l'IVA era pertanto dovuta in Lussemburgo, luogo in cui essa, in quanto cliente, aveva sede.

10. La Flanders Expo ha presentato ricorso in Lussemburgo reclamando la somma in causa. Essa ha contestato che le sue prestazioni potessero qualificarsi come pubblicitarie ai fini dell'art. 9, n. 2, lett. e). A suo parere, invece, esse ricadevano nella previsione generale dell'art. 9, n. 1 della direttiva (con la conseguenza che l'IVA sarebbe stata esigibile in Belgio, in quanto Stato di stabilimento del prestatore del servizio), oppure ricadevano nell'ambito della norma stabilita per i servizi relativi a beni immobili dall'art. 9, n. 2, lett. a) della direttiva (con la conseguenza che l'IVA sarebbe stata esigibile in Belgio, in quanto luogo in cui si trova l'immobile), oppure nell'ambito della disposizione riguardante i servizi aventi ad oggetto attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche, d'insegnamento, ricreative o affini, prevista dall'art. 9, n. 2, lett. c) (sempre con la conseguenza che l'IVA sarebbe stata esigibile in Belgio in quanto luogo in cui le prestazioni erano state materialmente eseguite).

11. Sia il Tribunal de Paix di Lussemburgo, in primo grado, che il Tribunal d'Arrondissement di Lussemburgo, in appello, hanno dichiarato che i servizi prestati non erano di natura pubblicitaria ed hanno pertanto accolto il ricorso della Flanders Expo avente ad oggetto l'IVA da pagarsi in Belgio.

12. La causa è attualmente pendente davanti alla Cour de Cassation del Granducato di Lussemburgo. La Cour de Cassation, in contrasto con la posizione adottata dai giudici di merito, ritiene che i servizi prestati dalla Flanders Expo siano di natura pubblicitaria ai sensi dell'art. 9, n. 2, lett. e) della sesta direttiva.

13. La Cour de Cassation considera nondimeno che l'applicabilità alla fattispecie della norma stabilita all'art. 9, n. 2, lett. e) rimane dubbia. Essa sottolinea che, conformemente al settimo considerando, occorre fissare il luogo della prestazione dei servizi nel paese del destinatario «in particolare per talune prestazioni di servizi tra soggetti di imposta, il cui costo è compreso nel prezzo delle merci». Secondo la Cour de Cassation, tale considerando è sufficiente a sollevare un ragionevole dubbio sulla questione se costituisca condizione essenziale per l'applicazione dell'art. 9, n. 2, lett. e), il fatto che il costo dei servizi pubblicitari sia compreso nel prezzo delle merci.

14. La Cour de Cassation ritiene che la soluzione di tale questione influisca sulla soluzione della controversia davanti ad essa pendente, dato che il costo dei servizi, nel presente caso, incombe in ultima analisi sullo Stato lussemburghese che non è produttore di merci e che non può pertanto trasferirne a valle il costo nel modo previsto dal settimo considerando.

15. La Cour de Cassation ha pertanto deciso di sospendere il procedimento davanti ad essa pendente e di chiedere alla Corte se l'art. 9, n. 2, lett. e) della sesta direttiva si applichi a prestazioni pubblicitarie fornite indirettamente all'utente pubblicitario e fatturate ad un terzo che a sua volta li fatturerà all'utente pubblicitario, nel caso in cui quest'ultimo non produca merce il cui prezzo comprenderà il costo della prestazione.

16. Hanno presentato osservazioni scritte la Design Concept, la Flanders Expo, il governo francese e la Commissione. Sono state inoltre svolte osservazioni orali dal governo greco in udienza, ove anche la Design Concept e la Commissione erano rappresentate.

Valutazione

17. Come considerazione preliminare, un certo numero degli argomenti dedotti davanti alla Corte riguardano la questione se la Cour de Cassation abbia ragione nel qualificare i servizi di cui trattasi nel procedimento in esame come prestazioni pubblicitarie ai sensi dell'art. 9, n. 2, lett. e) della sesta direttiva. E' a mio avviso importante che alla nozione di prestazioni pubblicitarie non sia data un'interpretazione indebitamente troppo estesa. Ad ogni modo, non propongo di valutare il significato del concetto di prestazioni pubblicitarie nell'ambito del presente rinvio pregiudiziale. La Cour de Cassation di Lussemburgo ha concluso che i servizi in causa nel procedimento davanti ad essa pendente sono di natura pubblicitaria e la questione che forma oggetto di rinvio presuppone, pertanto, l'esistenza di servizi pubblicitari. In assenza di qualsiasi richiesta di interpretazione da parte del giudice del rinvio in riferimento a tale questione, limiterò le mie conclusioni alla valutazione dei due problemi sui quali è stato effettivamente domandato alla Corte di pronunciarsi.

18. La prima questione pone il problema se l'art. 9, n. 2, lett. e) della sesta direttiva si applichi a prestazioni pubblicitarie fornite indirettamente all'utente pubblicitario e fatturate ad un terzo che a sua volta le fatturerà all'utente pubblicitario.

19. Come tutte le parti in causa riconoscono, tale questione ha già ricevuto soluzione in senso affemativo da parte della Corte nella causa SPI , in cui si è stabilito che «l'art. 9, n. 2, lett. e), secondo trattino, della sesta direttiva dev'essere interpretato nel senso che si applica non soltanto alle prestazioni pubblicitarie fornite direttamente e fatturate dal prestatore di servizi a un utente pubblicitario soggetto passivo, ma anche a prestazioni fornite indirettamente all'utente pubblicitario e fatturate ad un terzo che le fattura a sua volta all'utente stesso».

20. Mi volgerò pertanto a considerare il secondo problema sollevato dalla questione di cui al presente rinvio pregiudiziale, e cioè se l'art. 9, n. 2, lett. e) della sesta direttiva si applichi ai servizi pubblicitari, nel caso in cui l'utente pubblicitario non produca merce il cui prezzo comprenderà il costo della prestazione.

21. Il governo francese sostiene che l'art. 9, n. 2, lett. e) non debba trovare applicazione in tal caso, dato il riferimento del settimo considerando all'inclusione del costo del servizio nel prezzo della merce. A sostegno di questa opinione, esso cita il seguente passo della sentenza della Corte nella causa Commissione/Francia:

«Come risulta dal settimo considerando della sesta direttiva, già citato, la scelta di fissare il luogo dell'imposizione della prestazione pubblicitaria là dove il destinatario ha stabilito la sede della sua attività professionale, è giustificata dal fatto che il costo della prestazione, effettuata tra soggetti d'imposta, è compreso nel prezzo delle merci. Il legislatore comunitario ha quindi ritenuto che, siccome il destinatario della prestazione di solito vende le merci o fornisce i servizi che costituiscono l'oggetto dell'attività pubblicitaria nello Stato in cui egli è stabilito, recuperando l'IVA corrispondente dal consumatore finale, anche l'IVA sulla prestazione pubblicitaria dovesse essere versata dal destinatario a quello stesso Stato. Questa considerazione costituisce uno degli elementi da valutare al fine di interpretare l'espressione "prestazioni pubblicitarie" che figura nell'art. 9, n. 2, lett. e), della sesta direttiva».

22. A mio parere, l'argomento del governo francese relativo alla seconda questione non può essere accolto.

23. E' vero che, come si constata dal settimo considerando, l'art. 9, n. 2, lett. e) è volto in particolare a garantire che l'IVA sia dovuta nello Stato del destinatario del servizio, nel caso in cui il destinatario produca beni o servizi nel cui prezzo sarà compreso il costo delle prestazioni che esso riceve.

24. La disposizione di cui all'art. 9, n. 2, lett. e) è stata plasmata per diversi aspetti in vista di questo obiettivo. In primo luogo essa esige che il destinatario dei servizi ivi specificati sia un soggetto di imposta. Il destinatario sarà pertanto dedito ad una attività economica e ripercuoterà, di regola, i costi dei servizi ricevuti, inclusa l'IVA dovuta su di essi, sui propri clienti. In secondo luogo, i servizi previsti dalla norma presentano tutti caratteristiche che li rendono idonei a costituire fattori produttivi di altre attività economiche.

25. Come la Corte ha dichiarato, il settimo considerando costituisce pertanto valido ausilio all'interpretazione della formula dell'art. 9, n. 2, lett. e) . La linea interpretativa proposta dal governo francese, comunque, non utilizza il considerando come ausilio per stabilire il significato di un'espressione effettivamente contenuta nell'art. 9, n. 2, lett. e), bensì come base per inferire in quella disposizione un elemento ulteriore che da nessuna parte si rinviene nel testo della norma stessa.

26. A mio parere, per poter sostenere questa tesi, sarebbe necessario almeno dimostrare che l'elemento che dovrebbe leggersi nel testo della disposizione è inequivocabilmente suffragato dalle finalità che giacciono a fondamento della disciplina ed è necessario per conseguirle. Non sono persuaso che ciò accada nella fattispecie per le tre seguenti ragioni.

27. In primo luogo, è importante notare che il settimo considerando indica che l'IVA dovrebbe essere pagata nello Stato in cui il destinatario dei servizi ha sede in particolare nel caso in cui l'IVA venga ripercossa dal destinatario sui suoi clienti. Il considerando pertanto implica che possono esservi altri validi obiettivi, tali da giustificare il pagamento dell'IVA nello Stato del cliente, che l'art. 9, n. 2, lett. e) può perseguire. Ad esempio, uno degli scopi che si trovano alla base di un certo numero di disposizioni della sesta direttiva è quello di evitare le distorsioni nella concorrenza provocate da differenti livelli dell'IVA tra Stato e Stato. Rendere l'IVA sui servizi pagabile nello Stato del cliente in circostanze in cui l'IVA non potrà essere ripercossa, fa sorgere il rischio di distorsioni nella concorrenza. Non si può pertanto accogliere la tesi secondo cui restringere l'applicazione dell'art. 9, n. 2, lett. e) nel modo suggerito dal governo francese non comprometterebbe altri obiettivi anch'essi norma perseguiti dalla medesima.

28. In secondo luogo, la linea interpretativa proposta dal governo francese sembrerebbe in ogni caso escludere dall'art. 9, n. 2, lett. e) situazioni che realizzano l'obiettivo specifico esposto nel settimo considerando. Col richiedere che il costo dei servizi sia ripercosso sul prezzo dei beni o dei servizi prodotti dall'utente pubblicitario stesso, tale linea interpretativa impedirebbe l'applicazione dell'art. 9, n. 2, lett. e) in fattispecie quali quella del procedimento in esame, in cui i servizi sono prestati ad un cliente intermedio, che poi include il costo di tali prestazioni nel prezzo di quelle che esso fornisce all'utente pubblicitario. Tale linea interpretativa non può pertanto essere giustificata col riferimento all'obiettivo specifico esposto nel settimo considerando.

29. In terzo luogo, tale linea interpretativa apparirebbe in contrasto con il più generale obiettivo dell'art. 9, che consiste nell'evitare casi di doppia imposizione o di non imposizione grazie alla fissazione di uno schema comune volto a stabilire il luogo di tassazione dei servizi. Tale finalità risulta evidente dal riferimento, nel settimo considerando, ai «conflitti di competenza tra Stati membri», ed è stata confermata dalla Corte in numerose occasioni . Si è dichiarato anche che essa costituisce il fondamento delle disposizioni dell'art. 9, n. 2 .

30. Consegue dal ruolo dell'art. 9 come schema di distribuzione delle competenze tra gli Stati membri che, quali che siano gli scopi specifici che giustificano le diverse disposizioni di cui esso consta, queste ultime dovrebbero comunque tutte essere interpretate in modo tale da garantire la certezza del diritto da cui l'effettivo funzionamento di quello schema dipende.

31. In aggiunta alla perdita di certezza del diritto che si può ritenere risulti dall'allontanamento dal testo letterale della norma, la linea interpretativa sostenuta dal governo francese mi sembra dia adito ad un certo numero di incertezze pratiche per quanto riguarda la sua applicazione.

32. Si dovrebbe infatti richiedere a chi presta servizi pubblicitari, come anche alle competenti autorità degli Stati membri, di stabilire se in un determinato caso si possa affermare che l'utente pubblicitario produce beni o servizi nel cui prezzo viene assorbito il costo dei servizi pubblicitari. Tale accertamento sarebbe reso ancora più difficile dal fatto che i servizi pubblicitari possono essere prestati all'utente pubblicitario indirettamente, attraverso terzi. In tal caso, le ricerche dovrebbero estendersi oltre l'immediato cliente del prestatore. Né risulterebbe immancabimente chiaro dai servizi stessi se l'utente pubblicitario produca beni o servizi nel cui prezzo possa confluire il costo delle prestazioni a lui fornite, dato che, come sottolinea la Commissione, un'organizzazione quale, ad esempio, una cooperativa di produttori può pubblicizzare merci senza in realtà produrle essa stessa, e data anche l'ampia gamma di servizi qualificabili come pubblicitari ai fini dell'art. 9, n. 2, lett. e). Tali difficoltà pratiche portano inevitabilmente con sé il rischio che le autorità si attestino su posizioni differenti nella valutazione delle concrete fattispecie, cosa che può produrre sia la conseguenza della doppia imposizione che quella della non tassazione del servizio pubblicitario.

33. Conseguentemente, sono del parere che non sia giustificabile, con riguardo alle finalità dell'art. 9, n. 2, lett. e) subordinare l'applicazione di tale norma all'ulteriore requisito che i servizi pubblicitari vengano prestati ad un utente pubblicitario che produce merci nel cui prezzo va a confluire il costo dei servizi pubblicitari.

Conclusione

34. E' pertanto mia opinione che la Corte debba risolvere la questione sollevata dal giudice del rinvio nel modo seguente:

«Il secondo capoverso dell'art. 9, n. 2, lett. e) della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, per quanto riguarda le "prestazioni pubblicitarie", si applica a prestazioni fornite indirettamente all'utente pubblicitario e fatturate ad un terzo che a sua volta le fatturerà all'utente pubblicitario; si applica anche a prescindere della circostanza che l'utente pubblicitario cui i servizi sono forniti produca merce il cui prezzo comprenderà il costo della prestazione».