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CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
JACOBS
presentate il 26 settembre 2002 (1)


Causa C-497/01



Zita Modes SARL
contro
Administration de l'Enregistrement et des Domaines


«»






1. Ai sensi dell'art. 5, n. 8, della sesta direttiva IVA  (2) , laddove sia ceduta una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare l'operazione come non avvenuta e che il beneficiario continua la persona del cedente.

2. Nel presente ricorso pregiudiziale, il Tribunal d'Arrondissement (Tribunale) di Lussemburgo chiede in sostanza se una norma di diritto nazionale di questo tipo si applichi automaticamente ogniqualvolta che il beneficiario o cessionario sia un soggetto d'imposta o se ci possa essere anche la condizione che esso debba usare i beni proseguendo la stessa attività o lo stesso tipo di attività del cedente e, in tal caso, se lo Stato membro di cui trattasi possa o debba esigere che il cessionario disponga di un'autorizzazione amministrativa a svolgere tale attività.

Normativa pertinente

3. Ai sensi dell'art. 2 della sesta direttiva una cessione di beni o una prestazione di servizi, effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale, è soggetta all'IVA. Il soggetto passivo è definito, all'art 4, n. 1, come colui che esercita un'attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati della stessa. Ai sensi dell'art. 4, n. 2, costituisce attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

4. L'art. 5 definisce le cessione di beni. Ai sensi dell'art. 5, n. 1, si intende per cessione di beni il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. Nondimeno, l'art. 5, n. 8, dispone:In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare l'operazione come non avvenuta e che il beneficiario continua la persona del cedente. Gli Stati membri adottano, se del caso, le disposizioni necessarie ad evitare distorsioni di concorrenza, qualora il beneficiario non sia un soggetto passivo totale.

5. Il Lussemburgo si è avvalso della facoltà di considerare che tali trasferimenti non costituiscano cessioni di beni nell'art. 9, n. 2, della legge sull'IVA del 12 febbraio 1979, come modificata, ai sensi del quale, in via di deroga, una cessione dei beni non è trattata come tale qualora sia la cessione, in qualunque forma ed a qualunque titolo, di una universalità totale o parziale di beni ad un altro soggetto passivo. In questo caso, si ritiene che il cessionario continui la persona del cedente  (3) .

6. La Corte non ha nozione di altre norme nazionali adottate in forza dell'art. 5, n. 8, seconda frase, al fine di prevenire distorsioni della concorrenza, qualora il cessionario non sia un soggetto passivo totale.

Causa principale

7. La controversia dinanzi al giudice nazionale riguarda la vendita, da parte della Zita Modes SARL (in prosieguo: la Zita Modes) alla Parfumerie Milady (in prosieguo: la Milady) dei beni di un'azienda commerciale di abbigliamento. La fattura, per l'importo di LUF 1,7 milioni, descrive l'oggetto della vendita come un'azienda (fonds de commerce) e dichiara: In forza delle disposizioni di legge in vigore, la presente fattura non è soggetta all'IVA.

8. Dinanzi al giudice nazionale non è stata accertata la consistenza dei beni venduti, ma secondo il rinvio pregiudiziale la Zita Modes afferma che si trattava di accessori di moda abbinati agli articoli di abbigliamento da essa commerciati, compresi articoli di profumeria prodotti dalla stessa impresa che aveva confezionato l'abbigliamento e utilizzati successivamente dalla Milady in prosecuzione dell'attività della Zita Modes.

9. Le autorità tributarie del Lussemburgo hanno contestato la classificazione dell'operazione, essenzialmente per il fatto che, al fine di ottenere la deroga, il cessionario deve essere un soggetto passivo che prosegue l'attività del cedente e deve pertanto essere legittimamente autorizzato a svolgere quel tipo di attività commerciale, mentre nel caso di cui trattasi la Milady non disponeva di un'autorizzazione amministrativa al commercio in quel settore. Esse hanno pertanto rettificato l'importo IVA dovuto dalla Zita Modes (che è stata nel frattempo sciolta).

10. La Zita Modes (o i suoi rappresentanti) ha impugnato la rettifica dinanzi al Tribunal d'Arrondissement che, prima di statuire, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1) Se l'art. 5, n. 8, della sesta direttiva (...) debba essere interpretato nel senso che il trasferimento di una universalità di beni ad un soggetto passivo costituisce una condizione sufficiente a che l'operazione non sia sottoposta all'imposta sul valore aggiunto, indipendentemente dall'attività del soggetto passivo o indipendentemente dall'uso che questi faccia dei beni trasferiti.

2) In caso di soluzione negativa della prima questione, se l'art. 5, n. 8, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che il trasferimento di una universalità di beni ad un soggetto passivo deve essere inteso come un trasferimento totale o parziale di un'impresa ad un soggetto passivo che continua l'attività totale dell'impresa cedente o ne continua l'attività nel ramo che corrisponde all'universalità parziale ceduta, oppure semplicemente come un trasferimento totale o parziale di una universalità di beni ad un soggetto passivo che continua il tipo di attività totale o parziale del cedente, senza che vi sia alcun trasferimento d'impresa o di un ramo d'impresa.

3) In caso di soluzione affermativa per una delle parti della seconda questione, se l'art. 5, n. 8, esiga da uno Stato ovvero consenta allo stesso di imporre che l'attività del beneficiario sia svolta conformemente alla prescritta autorizzazione di esercizio nell'attività ovvero nel settore d'attività, rilasciata dall'organismo competente, fermo restando che l'attività svolta rientra nel circuito economico lecito ai sensi della giurisprudenza della Corte

.

Osservazioni

11. Osservazioni scritte sono state presentate solo dall'Administration de l'Enregistrement et des Domaines de l'État (autorità tributaria del Lussemburgo) e dalla Commissione. Non è stata chiesta alcuna udienza.

12. Le autorità tributarie sostengono che lo scopo dell'art. 9, n. 2, della legge lussemburghese sull'IVA è quello di evitare che sussista un residuo d'imposta (rémanence de taxe) qualora il cessionario sia un soggetto d'imposta cui è concesso solo parzialmente di detrarre l'imposta a monte  (4) , consentendo così di garantire la neutralità dell'IVA.

13. Per essere considerato successore del cedente, il cessionario deve necessariamente svolgere lo stesso tipo di attività, altrimenti l'art. 9, n. 2, della legge sull'IVA diverrebbe d'ardua applicazione e rimarrebbe di fatto svuotato di qualsiasi significato, in particolare laddove si trattasse di operazioni relative a beni d'investimento  (5) . Tale condizione è pertanto implicita, tanto nell'art. 5, n. 8, della sesta direttiva, quanto nell'art. 9, n. 2, della legge lussemburghese.

14. La Commissione muove da premesse leggermente diverse.

15. In primo luogo, in considerazione dello scopo dell'art. 5, n. 8, della sesta direttiva, essa cita la motivazione della sua proposta di sesta direttiva  (6) nella quale la facoltà in questione viene descritta come offerta onde semplificare e non oberare la tesoreria dell'impresa. L'obiettivo era quello di evitare che ingenti importi corrispondenti a imposte fossero fatturati, versati allo Stato e quindi recuperati quali detrazione di imposta a monte. Lo scopo della seconda frase, che non era presente nella proposta originale, era quello di consentire agli Stati membri di adottare disposizioni per i casi in cui il cessionario non avesse completamente diritto alla detrazione. Entrambe le parti della disposizione sono naturalmente facoltative. Infine, il principio della neutralità dell'IVA implica che l'applicazione dell'art. 5, n. 8, deve condurre esattamente al risultato che si sarebbe avuto qualora l'imposta fosse stata applicata e dedotta normalmente.

16. La Commissione osserva inoltre che, pur se il giudice nazionale ha rilevato che c'è stato un trasferimento di beni aziendali, deve ancora stabilire se si sia trattato di un trasferimento di un' universalità totale o parziale di beni, nozione a cui occorre dare una definizione comunitaria. La Commissione si riferisce ad un certo numero di formulazioni, desunte dalla giurisprudenza e dalla normativa, che potrebbero essere d'ausilio per giungere a tale definizione e che evidenziano l'esistenza di un nucleo identificabile e organizzato capace di svolgere un'attività. La mera vendita della dotazione di un'impresa non rientrerebbe tuttavia in tale definizione.

17. Riferendosi alle questioni del giudice nazionale, la Commissione non considera indispensabile che l'attività economica del cessionario sia identica a quella del cedente. Ciò che è rilevante è che l'applicazione dell'art. 5, n. 8, dovrebbe fare giungere allo stesso risultato che si sarebbe avuto qualora l'imposta fosse stata applicata, versata e successivamente recuperata mediante detrazione dell'imposta a monte; è perciò necessario che il cessionario si trovi in condizione di operare tali detrazioni, vale a dire che esso sia un soggetto passivo che utilizzi i beni trasferiti per compiere operazioni imponibili.

18. Riguardo al fatto che la Milady non avesse l'autorizzazione ad esercitare la stessa attività della Zita Modes, la Commissione fa osservare che, secondo la giurisprudenza, le attività economiche illecite non sono escluse dalla sfera d'applicazione dell'IVA, fintantoché esse possano in qualche modo trovarsi in concorrenza con attività lecite. Comunque, qualora l'applicazione dell'art. 5, n. 8 a tale fattispecie possa condurre ad una distorsione della concorrenza, lo Stato membro è legittimato ad adottare misure correttive ai sensi della seconda frase della disposizione.

Analisi

Scopo dell'art. 5, n. 8

19. Come è stato giustamente osservato, la portata e gli effetti dell'art. 5, n. 8, devono essere stabiliti alla luce del suo scopo.

20. Tale scopo deve a sua volta essere determinato nel contesto del sistema complessivo dell'IVA, l'essenza del quale è delineata nell'art. 2 della prima direttiva IVA  (7) : Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell'applicare ai beni ed ai servizi un'imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell'imposizione.A ciascuna transazione, l'imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all'aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

21. Il sistema di detrazione è strutturato in modo tale da evitare un effetto cumulativo nei casi in cui l'IVA sia stata riscossa anche su beni e/o servizi utilizzati per produrre i beni e/o servizi forniti, vale a dire per evitare che l'IVA venga riscossa nuovamente sull'IVA già applicata. Si costituisce una catena di operazioni, nella quale l'importo netto dovuto in ciascuna fase, vale a dire l'importo totale applicabile rispetto alla cessione di cui trattasi, dedotti gli importi già applicati alle operazioni a monte, rappresenta una quota determinata del valore aggiunto nella fase considerata. Quando la catena si conclude con la cessione al consumatore finale, l'importo totale riscosso, sopportato in definitiva dal consumatore, in quanto i vari operatori nella catena saranno stati in grado di detrarre tutti gli importi da essi pagati, corrisponde alla quota pertinente del prezzo finale.

22. Tuttavia tale detrazione non è appropriata qualora l'imposta a monte sia stata versata per cessioni che non sono utilizzate per effettuare operazioni imponibili. Tali situazioni riguardano i casi in cui un soggetto passivo utilizzi le cessioni per un uso personale (e agisca in tal modo da consumatore finale) o per effettuare cessioni ulteriormente esenti, sulle quali non è pagabile l'IVA  (8) .

23. Pertanto, ai sensi dell'art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva un soggetto passivo può esercitare il suo diritto alla detrazione nei limiti in cui beni e servizi imponibili a monte sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta. Qualora esse siano usate tanto per operazioni nei confronti delle quali l'IVA è detraibile quanto per operazioni rispetto alle quali non lo sia, l'art. 17, n. 5, stabilisce che la deduzione è ammessa soltanto per il prorata dell'imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni, prorata che va determinato (secondo talune varianti facoltative) in conformità dell'art. 19, che prevede, essenzialmente, la detrazione di una frazione equivalente al fatturato di operazioni che danno diritto a detrazione dell'IVA diviso per il fatturato totale. L'art. 20 consente inoltre di effettuare rettifiche, in particolare, laddove sono successivamente mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l'importo della deduzione  (9) e, in caso di beni d'investimento ripartite su un periodo da cinque a venti anni  (10) .

24. Lasciando per il momento da parte la questione di cosa precisamente costituisca una universalità totale o parziale di beni e considerando più genericamente che debba intendersi come un' azienda, concordo essenzialmente con l'opinione della Commissione riguardo al ruolo dell'art. 5, n. 8, in tale contesto.

25. Qualora A venda la sua azienda a B, si tratta in linea di principio di un'operazione imponibile. Nell'ipotesi probabile che B continui a gestire l'azienda, tanto in maniera indipendente, quanto quale parte di un'altra impresa, l'imposta versata riguardo all'operazione sarà detraibile nei limiti in cui le cessioni effettuate da B siano esse stesse imponibili, in quanto l'acquisto dell'azienda sarà un elemento costitutivo del costo di effettuazione di tali cessioni. In un discreto numero di casi l'azienda effettuerà solo operazioni imponibili e pertanto l'intero importo sarà detraibile.

26. Tuttavia l'IVA riscossa sulla vendita di un'azienda può costituire un ammontare non trascurabile, del quale si dovrebbe privare l'azienda o il suo nuovo proprietario in una fase delicata dal punto di vista commerciale, benché in ultima analisi le autorità tributarie non possano conservare tale importo  (11) .

27. Ovviamente, in tali circostanze potrebbe essere vantaggioso considerare che non sia avvenuta affatto alcuna operazione soggetta ad imposta, evitando così la necessità che somme siano versate alle autorità tributarie solo per essere poi recuperate in un secondo tempo mediante detrazione. Che la prima frase dell'art. 5, n. 8, della sesta direttiva sia stata formulata tenendo presente tale fine risulta chiaro dalla motivazione citata dalla Commissione: finalità della disposizione era semplificare e non oberare la tesoreria dell'impresa.

28. La semplificazione, va aggiunto, evita pure problemi di valutazione quando diversi beni sono assoggettati a differenti aliquote IVA. Inoltre, come evidenziano le autorità del Customs and Excise del Regno Unito al punto 1.5 della loro nota 700/9 del marzo 2002 intitolata Tranfer of a business as a going concern (cessione d'azienda con continuità d'esercizio)  (12) , tale soluzione tutela anche le autorità tributarie dalla possibilità che il cedente, dopo aver applicato l'IVA al trasferimento, di fatto non la paghi. Nell'ipotesi di aziende conosciute come aziende fenice, che si mettono deliberatamente in liquidazione lasciando un considerevole debito d'imposta e nessuna risorsa, le autorità sarebbero altrimenti costrette a consentire al cessionario di detrarre ancora l'imposta a monte, con una perdita netta per l'erario.

29. Tuttavia lo scopo è giustificato solo nel caso in cui il cessionario avrebbe in ogni caso potuto detrarre l'IVA applicata. Qualora l'azienda da esso acquistata sia interamente o in parte utilizzata per effettuare cessioni esenti, non ci si troverebbe (completamente) dinanzi a tale ipotesi. Laddove inoltre non ci fosse da pagare IVA sull'acquisto, esso potrebbe ottenere un vantaggio concorrenziale ingiustificato nei confronti degli altri operatori che effettuano lo stesso tipo di cessioni esenti. Altra situazione analoga potrebbe essere quella in cui beni (principalmente d'investimento), sui quali l'IVA fosse già stata interamente detratta dal cedente, fossero acquistati dal cessionario ad un prezzo libero da qualsiasi imposta che avrebbe gravato su di essi se fossero stati acquistati in altre circostanze, e qualora il cessionario stesso non avesse avuto completamente diritto alla detrazione  (13) .

30. Era pertanto logico che fosse aggiunta la seconda frase dell'art. 5, n. 8, affinché gli Stati membri che si avvalevano dell'opzione potessero anche adottare misure per prevenire qualsiasi distorsione della concorrenza in tali casi.

31. In tale sentenza, l'espressione non sia un soggetto passivo totale può, a mio avviso, essere intesa nel senso che comprende le situazioni in cui il beneficiario non sia affatto un soggetto passivo. La condizione di cui all'art. 9, n. 2, della legge sull'IVA del Lussemburgo, secondo la quale il cessionario deve essere un soggetto passivo può pertanto essere giustificata almeno su tale base, anche in assenza di qualsiasi condizione esplicita nell'art. 5, n. 8, della sesta direttiva stessa, benché tale condizione potrebbe anche essere considerata come già implicita nella struttura della disposizione.

32. Pertanto, alla luce del regime complessivo dell'IVA, lo scopo non è quello, come sembrano pensare le autorità lussemburghesi, di evitare l'applicazione di un'imposta non deducibile, ma piuttosto, nell'interesse di una concorrenza leale, di impedire a taluni operatori di evitare il pagamento di tale imposta in circostanze analoghe a quelle in cui altri operatori dovrebbero pagarla e ripercuoterla sui loro consumatori.

Universalità totale o parziale di beni

33. Alla luce dello scopo dell'art. 5, n. 8, come in precedenza delineato, possiamo considerare il suo ambito di applicazione e il tipo di transazioni cui esso si applica.

34. Qualora ci si trovi dinanzi ad un'universalità di beni, non ci sono difficoltà. Il trasferimento di cui trattasi è quello di un'intera azienda che, come ha sottolineato la Commissione, comprenderà una quantità di elementi diversi. Ad esempio, il termine francese fonds de commerce , che compare sulla fattura nella controversia di cui alla causa principale, nei dizionari giuridici  (14) viene definito come l'insieme di elementi sia materiali (quali lo stabilimento, le apparecchiature e la dotazione di un'impresa) che immateriali (quali il diritto del locatario in una locazione, la ditta e l'insegna, i brevetti, i marchi d'impresa e l'avviamento). Si potrebbero aggiungere i segreti commerciali, i documenti aziendali, gli elenchi della clientela, il vantaggio di contratti esistenti e così via.

35. Elemento di coesione di tutti questi elementi è il fatto che essi contribuiscono a consentire lo svolgimento di una specifica attività economica, o gruppo di attività economiche, mentre presi singolarmente essi sarebbero insufficienti a tale scopo. Separatamente, essi sono elementi fondanti dell'azienda, insieme, costituiscono l'azienda.

36. Ne consegue, a mio avviso, che la nozione di parte di un'universalità di beni non si riferisce ad uno o più dei singoli elementi di tale elenco, ma ad una combinazione degli stessi sufficiente a consentire l'esercizio di un'attività economica, anche se tale attività costituisce solo parte di un'azienda più grande da cui è stata separata.

37. Ciò può essere opposto all'ipotesi in cui un commerciante al dettaglio chiuda uno dei suoi punti vendita e venda la sua dotazione ad un altro commerciante, o in cui un'impresa di servizi abbandoni l'effettuazione di un certo tipo di servizio e venda l'attrezzatura relativa a tale servizio ad un concorrente. Si potrebbe obiettare che tali operazioni rientrano nel significato letterale dell'espressione universalità totale o parziale di beni, ma lo stesso potrebbe dirsi, in tal caso, di qualsiasi vendita di qualsiasi bene. Nondimeno, alla luce della finalità dell'art. 5, n. 8, appare chiaro che essi non vi rientrano e che ciò che è preso in considerazione è il trasferimento di una parte indipendente di un'azienda più ampia.

38. Occorre ricordare che l'art. 5, n. 8, è inteso applicarsi ai casi in cui l'importo dell'IVA sarebbe eccessivamente oneroso per l'impresa di cui trattasi. Benché il sistema delle detrazioni è teso ad esonerare interamente l'imprenditore dall'IVA dovuta nell'ambito di tutte le sue attività economiche  (15) ─ il principio della neutralità ─ la sua attuazione di fatto normalmente comporta che gli operatori anticipino somme (prelevate sulle loro cessioni a monte) che essi recuperano in un secondo tempo trattenendo una parte dell'imposta (sulle loro cessioni a valle) pagata dai loro consumatori. Tali anticipazioni correnti possono essere considerate accettabili in normali operazioni economiche, ma per il nuovo proprietario di un'azienda è ben più oneroso dover anticipare l'imposta sul suo valore complessivo e in un'unica soluzione

39. Laddove un soggetto passivo acquisti singoli beni, ad esempio, un marchio registrato o una parte o addirittura tutta la merce o l'attrezzatura dell'azienda, da un'altro soggetto passivo, tale operazione può essere considerata una normale operazione commerciale o un investimento e l'anticipo dell'IVA come una parte degli obblighi di un'operatore economico. Allorché il trasferimento riguardi però l'intera azienda, si tratta di un evento eccezionale e può essere giustificato un trattamento speciale poiché l'ammontare dell'IVA da anticipare in relazione al trasferimento può essere particolarmente ingente rispetto alle risorse dell'azienda di cui trattasi.

40. La considerazione espressa supra, al paragrafo 36 è coerente, come sottolinea la Commissione, con le definizioni offerte in altri contesti tanto dalla Corte quanto dalla normativa. Nella causa Commerz-Credit-Bank  (16) , la Corte ha definito ramo di attività ai sensi della direttiva del Consiglio 69/335/CEE  (17) come un insieme di beni e di persone capaci di concorrere alla realizzazione di un'attività determinata. Inoltre la direttiva del Consiglio 2001/23 CE  (18) definisce il trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti come quello di un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria.

41. Quest'ultima definizione, già presente nella direttiva del Consiglio 98/50/CE  (19) , rispecchiava la giurisprudenza della Corte nelle cause Spijkers  (20) e Redmond Stichting  (21) , nel senso che il criterio decisivo per stabilire l'esistenza di tale trasferimento è se l'entità di cui trattasi mantenga la sua identità, come indicato, in particolare, dal fatto che la sua attività è stata proseguita o è ripresa, e che è necessario a tal fine osservare tutte le caratteristiche dell'operazione, incluso il tipo di impresa o di azienda, se siano stati trasferiti o meno beni materiali, il valore dei suoi elementi immateriali, in che misura il personale sia stato riassunto dal nuovo imprenditore, se sia stata trasferita la clientela, il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un'eventuale sospensione di tali attività ─ tutti questi elementi comunque sono soltanto aspetti parziali della valutazione complessiva.

42. Anche se tali definizioni non sono vincolanti nel contesto della sesta direttiva IVA, è chiaramente auspicabile che tali nozioni simili abbiano un contenuto uniforme nel diritto comunitario a meno che vi sia una specifica ragione per il contrario.

43. Le considerazioni che precedono possono essere d'ausilio per il giudice nazionale nel valutare la questione essenziale se i beni trasferiti dalla Zita Modes alla Milady costituivano un'universalità totale o parziale di beni ai sensi dell'art. 5, n. 8, della sesta direttiva.

Necessità di proseguire lo stesso tipo di attività del cedente

44. Si può, anzitutto, rilevare che l'art. 5, n. 8 è formulato in termini generali e non prevede prescrizioni per l'uso che può essere fatto dell' universalità totale o parziale di beni successivamente al trasferimento. In linea di massima, pertanto non si devono rinvenire in esso prescrizioni a meno che non vi siano ragioni imperative per farlo.

45. Le autorità tributarie lussemburghesi sostengono che il cessionario deve necessariamente continuare a effettuare lo stesso tipo di attività del cedente per essere trattato come successore di quest'ultimo. Il fondamento di tale opinione in talune versioni linguistiche dell'art. 5, n. 8 sarebbe più chiaro che in altre. Mentre alcune versioni linguistiche utilizzano un termine che equivale al termine inglese successor, altre, compresa la versione francese alla quale si fa riferimento nella causa principale, parlano di continuità della persona del cedente. Pertanto, dal punto di vista delle autorità tributarie, non vi può essere continuità della personalità se non vi sia continuità dello stesso tipo di attività.

46. In effetti non pare che vi sia alcun conflitto tra i due tipi di formulazione. Letti congiuntamente, essi chiaramente si riferiscono alla nozione di successione a titolo universale, nella quale una persona subentra in tutti i diritti ed obblighi di un'altra (in questo caso, limitata naturalmente a tutti i diritti ed obblighi in materia di IVA riguardanti l'azienda trasferita).

47. In tali circostanze, non condivido la tesi delle autorità tributarie, per lo meno nei termini restrittivi in cui essa è stata esposta dinanzi al giudice nazionale.

48. In primo luogo, come rileva la Commissione, emerge chiaramente dalla formulazione dell'art. 5, n. 8, che il fatto di trattare il cessionario alla stregua del successore del cedente costituisce la conseguenza del considerare che non sia avvenuta alcuna cessione, e non una condizione per tale considerazione.

49. In secondo luogo, benché la cessione in se stessa non sia stata assoggettata all'IVA, l'imposta sarà stata normalmente pagata (e non ancora detratta) per lo meno per taluni dei beni ceduti e sarà ripercossa sul prezzo del trasferimento. Qualora avesse mantenuto l'azienda, il cedente avrebbe avuto diritto ad una detrazione dell'imposta, ai sensi dell'art. 17 e, a seguito del trasferimento, il cessionario si sarebbe trovato nella medesima posizione ─ soggetto alla stessa condizione che le cessioni sulle quali è stata pagata l'imposta a monte devono essere utilizzate per cessioni a valle imponibili. Per contro, qualsiasi importo IVA dovuto dal cedente diverrà responsabilità del cessionario, che sarà anche la persona interessata da qualsiasi rettifica effettuata, ai sensi dell'art. 20 della sesta direttiva, riguardo all'imposta originariamente pagata dal cedente.

50. Affinché ciò si verifichi, non è essenziale che il cessionario gestisca esattamente lo stesso tipo di azienda del cedente. La sua posizione diverrebbe naturalmente diversa qualora passasse dall'effettuazione di cessioni a valle imponibili all'effettuazione di cessioni esenti, ma non lo sarebbe stato in misura maggiore di quanto sarebbe avvenuto per il cedente se avesse effettuato lo stesso cambiamento senza trasferire l'azienda. Laddove dovesse sussistere una distorsione della concorrenza  (22) , tale distorsione potrebbe essere regolata mediante le disposizioni nazionali di cui alla seconda frase dell'art. 5, n. 8.

51. Ci si può tuttavia chiedere se uno Stato membro possa avvalersi solo parzialmente della facoltà concessagli dall'art. 5, n. 8, non considerando il trasferimento di un'universalità totale o parziale di beni come una cessione di beni solo nel caso in cui siano soddisfatte ulteriori condizioni, quale, ad esempio, che il cessionario usi i beni per svolgere lo stesso tipo di attività del cedente, benché non sembra che tale regola sia stata inserita nella legge IVA lussemburghese.

52. L'art. 5, n. 8, consente agli Stati membri un certo spazio di manovra in quanto essi possono adottare misure atte a prevenire la distorsione della concorrenza nei casi in cui il beneficiario non sia un soggetto passivo totale. Tale spazio di manovra sembra comunque delimitato e non può estendersi a misure il cui scopo è diverso da quello di prevenire distorsioni della concorrenza o a casi in cui il beneficiario sia un soggetto passivo totale. Una norma generale che imponga al cessionario di proseguire lo stesso tipo di attività del cedente non appare prima facie rientrare in tali limiti.

53. La Corte inoltre ha optato per un'interpretazione piuttosto restrittiva in un caso non dissimile  (23) . Ai sensi dell'art. 13.C della sesta direttiva gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale per consentire ai loro contribuenti un diritto di optare per l'imposizione in talune operazioni normalmente esenti, inclusi l'affitto e la locazione di beni immobili, per limitare la portata di tale diritto di opzione e per stabilire le modalità del suo esercizio. Nondimeno anche in tal caso, la Corte ha statuito che uno Stato membro non può, dopo aver concesso tale opzione, restringerne la portata limitandola, ad esempio, ai suoli con esclusione degli edifici che su essi insistono. A fortiori, quindi, nel caso dell'art. 5, n. 8, non sembrerebbe possibile che gli Stati membri esercitino l'opzione sottoponendola a limiti diversi da quelli previsti nella seconda frase. Ancor meno sembrerebbe accettabile, dal punto di vista della certezza del diritto, che siffatto limite sia applicato mediante mera prassi amministrativa, in assenza di qualsiasi disposizione di legge.

54. Detto ciò, la finalità dell'art. 5, n. 8, e la nozione, interpretata alla luce di tale finalità, di un trasferimento di un'universalità totale o parziale di beni presuppone in ogni caso che un'azienda sia trasferita e che continui ad essere gestita come tale in seguito al trasferimento.

55. Sarà compito pertanto del giudice a quo stabilire se ciò si verifichi. E' difficile formulare una definizione comunitaria a tal fine, in quanto il grado di similitudine può dipendere in certo modo dalle specifiche circostanze dello Stato membro. Possono tuttavia essere d'ausilio criteri del tipo di quelli enunciati dalla Corte nelle sentenze Spijkers e Redmond Stichting  (24) e, a mio avviso, la loro determinazione può legittimamente basarsi su norme nazionali che concordino con la posizione della Corte. Nella fattispecie tuttavia la Corte non ha avuto nozione di alcuna regola di detto tipo.

Necessità di disporre di un'autorizzazione amministrativa per proseguire il tipo di attività di cui trattasi

56. Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se il fatto che il cessionario non sia autorizzato a svolgere il tipo di attività economica che esercita riguardo ai beni aziendali trasferiti abbia un qualche effetto sull'applicazione dell'opzione di cui all'art. 5, n. 8, della sesta direttiva.

57. Come evidenzia la Commissione, la Corte ha considerato che, contrariamente a operazioni riguardanti beni intrinsecamente illeciti che non possono mai essere legittimamente inseriti nel circuito economico, le cessioni che possono trovarsi in concorrenza con cessioni lecite restano soggette all'imposta normalmente dovuta ai sensi della normativa comunitaria, anche qualora esse stesse siano illecite  (25) , ad esempio per la mancanza di autorizzazione. Per di più, uno Stato membro non può limitare la portata di un'esenzione IVA che non faccia distinzioni tra operazioni lecite ed illecite esclusivamente per operazioni autorizzate nel diritto nazionale  (26) .

58. Pertanto, indipendentemente dagli altri effetti che possono conseguire nel diritto nazionale dall'asserita mancanza di autorizzazione della Milady a svolgere l'attività economica, relativa all'azienda che essa ha acquistato dalla Zita Modes e che, sembra pacifico, non implica alcuna attività intrinsecamente illecita, la situazione in materia d'IVA resta immutata, sia riguardo al trasferimento di beni che sotto qualsiasi altro aspetto.

Conclusione

59. Sono pertanto dell'opinione che la Corte debba risolvere le questioni sottopostele dal Tribunal d'Arrondissement, Luxembourg, nel modo seguente:

1) Qualora si sia avvalso della facoltà di cui all'art. 5, n. 8, della sesta direttiva IVA, uno Stato membro deve considerare che non si sia verificata alcuna cessione ogni qualvolta si abbia un trasferimento di un'universalità totale o parziale di beni ai sensi di tale disposizione, nel rispetto unicamente dei limiti previsti nelle disposizioni nazionali dirette a prevenire distorsioni della concorrenza nei casi in cui il beneficiario non sia un soggetto passivo totale.

2) Perché si abbia tale trasferimento, i beni trasferiti devono costituire un insieme sufficiente per svolgere un'attività economica e tale attività deve essere svolta dal cessionario. L'operazione e le circostanze nel cui contesto essa si svolge devono essere valutate complessivamente per stabilire se tale sia il caso, tenendo conto in particolare della natura dei beni trasferiti e del grado di continuità o similitudine tra le attività svolte prima e dopo il trasferimento. In tale contesto non è necessario che l'attività del cessionario sia identica a quella del cedente.

3) Ai fini dell'IVA, è irrilevante che il cessionario disponga di un'autorizzazione amministrativa a proseguire tale attività.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari ─ Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1; in prosieguo: la sesta direttiva).


3 – Ai sensi dell'art. 6, n. 5, della sesta direttiva, le disposizioni di cui all'articolo 5, n. 8, si applicano nelle stesse condizioni alle prestazioni di servizi, che possono consistere in cessioni di beni immateriali (art. 6, n. 1).


4 – Le cessioni di beni imponibili sono comunemente denominate, dal punto di vista del cedente, come operazioni a valle e l'IVA sulle stesse come imposta a valle; qualora esse siano usate dal cessionario per effettuare nuove cessioni, esse sono, dal suo punto di vista, operazioni a monte e l'IVA è imposta a monte (v. quanto esposto infra, al paragrafo 20 e segg.).


5 – V. infra, paragrafi 23 e 29.


6 – . Bollettino delle Comunità europee , supplemento 11/73, pag. 10. Quella che è attualmente la prima frase dell'art. 5, n. 8, costituiva l'art. 5, n. 4, nella proposta originaria.


7 – Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra d'affari (GU P 71 del 14 aprile 1967, pag. 1301).


8 – Talune operazioni interne sono esenti dall'IVA ai sensi dell'art. 13 della sesta direttiva, mentre gli artt. 14-16 prevedono esenzioni per il commercio internazionale. Per lo meno per il commercio interno, tuttavia, il fatto che una data operazione sia esente non significa che le operazioni precedenti nella stessa catena di cessione siano del pari esenti, ma piuttosto che l'imposta versata nelle fasi precedenti non possa più essere recuperata mediante detrazione, anche ─ benché la giustificazione in tal caso possa essere più discutibile ─ laddove la cessione esente divenga parte componente del costo di una cessione successiva imponibile.


9 – Art. 20, n. 1, lett. b).


10 – Art. 20, n. 2.


11 – V. anche le mie conclusioni nella causa decisa con sentenza 22 febbraio 2001, causa C-408/98, Abbey National (Racc. pag. I-1361, paragrafi 23 e 24).


12 – V. www.hmce.gov.uk/forms/notices/700-9.htm


13 – V. la motivazione della decisione del Consiglio 12 marzo 1990, 90/127/CEE, che autorizza il Regno Unito ad applicare una misura derogativa all'articolo 5, n. 8 e all'articolo 21, n. 1, lettera a), della sesta direttiva (GU 1990 L 73, pag. 32), citata in B.J.M Terra e J. Kajus, A Guide to the sixth VAT Directive, IBFD, 1993, pag. 288.


14 – V., ad esempio, Gérad Cornu (ed.), Vocabulaire juridique, (2 a ed., 1990), Presses universitaires de France, e Raymond Guillien e Jean Vincent (ed.), Lexique de termes juridiques, (6 a ed., 1985), Dalloz.


15 – V., ad esempio, Abbey National, citata supra alla nota 11, punto 24 della sentenza, con la giurisprudenza ivi menzionata.


16 – Sentenza 13 ottobre 1992, Causa C-50/91, Commerz-Credit-Bank (Racc. pag. I-5225, punto 17 e dispositivo); v. inoltre le mie conclusioni nella detta causa; e causa C-164/90, Muwi Bouwgroep (Racc. pag. I-6049), in particolare punto 22 della sentenza e paragrafo 18 delle mie conclusioni.


17 – Direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 249 del 3 ottobre 1969, pag. 25).


18 – Direttiva del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/23/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (GU 2001, L 82, pag. 16, v. art. 1, n. 1).


19 – Direttiva del Consiglio 29 giugno 1998, 98/50/CE, che modifica la direttiva 77/187/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti [GU 1998, L 201, pag. 88, v. art. 1, n. 1, lett. b)].


20 – Sentenza 18 marzo 1986, causa 24/85, Spijkers/Benedik (Racc. pag. 1119, punti 11-13).


21 – Sentenza 19 maggio 1992, causa C-29/91, Dr Sophie Redmond Stichting (Racc. pag. I-3189, punti 22-27).


22 – Per esempi al riguardo, v. supra, paragrafo 29.


23 – V. sentenza 8 giugno 2000, causa C-400/98, Breitsohl (Racc. pag. I-4321, punto 43 e segg.).


24 – V. supra, paragrafo 41.


25 – V., in particolare, sentenza 29 giugno 2000, causa C-455/98, Salumets e a. (Racc. pag. I-4993, punti 19 e 24 della sentenza), nonché la giurisprudenza citata al punto 19; v. pure i paragrafi 15-21 delle conclusioni dell'avvocato generale Saggio.


26 – V. sentenza 25 febbraio 1999, causa C-349/96, CPP (Racc. pag. I-973, punti 35 e 36).