CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
L.A. GEELHOED
presentate il 15 maggio 2003 (1)
Cause riunite C-78/02, C-79/02 e C-80/02 Elliniko Dimosio
controMaria Karageorgou
Katina Petrova
Loukas Vlachos
(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Dioikitiko Efeteio Athinon)
«Imposta versata indebitamente da una persona che non è soggetto passivo d'imposta e indicata sulla fattura emessa da un siffatto
prestatore di servizi»
I ─ Introduzione
1. Con la sua prima questione pregiudiziale nelle presenti tre cause, tra loro identiche, il Dioikitiko Efeteio Athinon (Corte
d'appello amministrativa di Atene) vuole sapere se l'importo che i traduttori ingaggiati dall'Elliniko Dimosio (Stato ellenico)
indicano nelle fatture concernenti traduzioni effettuate per conto dello Stato abbia natura di IVA ai sensi della sesta direttiva
del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle
imposte sulla cifra di affari ─ Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme
(2)
(in prosieguo: la
sesta direttiva), tenuto conto del fatto che, da un lato, costoro prestano i loro servizi non come lavoratori indipendenti, ma in rapporto
di subordinazione e che, dall'altro, l'importo in questione non è calcolato sul totale degli onorari fissati per legge, ma
si ritiene già incluso nei suddetti, cosicché gli onorari effettivamente versati consistono nelle spettanze di legge meno
l'IVA in esse già compresa (metodo della deduzione interna).
2. Inoltre il Dioikitiko Efeteio Athinon chiede se si debba derogare al principio di formalità dell'imposta, sancito dall'art. 21,
n. 1, lett. c), della sesta direttiva quando lo Stato, che svolge un'attività di traduzione in quanto pubblica autorità, non
agisce come soggetto passivo ai sensi dell'art. 4, n. 5, della sesta direttiva ai fini dell'applicazione del meccanismo delle
deduzioni, cosicché l'importo versato come imposta non può ripercuotersi e non si ripercuote sui contraenti privati dello
Stato che hanno chiesto la traduzione di documenti e, d'altro canto, il prestatore di servizi rivendichi la restituzione dell'imposta
versata al fisco, previa deduzione dell'eventuale imposta a monte per evitare un arricchimento senza causa.
II ─ Ambito normativo
A ─ Il diritto comunitario
3. A norma dell'art. 2, n. 1, della sesta direttiva sono soggette all'imposta sul valore aggiunto le cessioni di beni e le prestazioni
di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.
4. L'art. 4 della sesta direttiva stabilisce:
1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di
cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.
2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi,
comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare
attività economica un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi
un certo carattere di stabilità. (...)
4. L'espressione
in modo indipendente, di cui al paragrafo 1, esclude dall'imposizione i lavoratori dipendenti ed altre persone se essi sono vincolati al rispettivo
datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico che introduca vincoli di subordinazione
in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del datore di lavoro. (...)
5. Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi
per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni,
percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni. Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per
dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.
In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell'allegato
D quando esse non sono trascurabili. (...)
.
5. L'art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva così recita:
2. Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato
a dedurre dall'imposta di cui è debitore:
a) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono
o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo
.
6. L'art. 18, n. 1, lett. a), della sesta direttiva stabilisce:
1. Per poter esercitare il diritto a deduzione, il soggetto passivo deve:
a) per la deduzione di cui all'articolo 17, paragrafo 2, lettera a), essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell'articolo
22, paragrafo 3
.
7. All'art. 21, n. 1, lett. c), della sesta direttiva è sancito il principio della formalità dell'imposta: L'imposta sul valore aggiunto è dovuta:1. in regime interno:(...)
c) da chiunque indichi l'imposta sul valore aggiunto in una fattura o in un altro documento che ne fa le veci
.
B ─ Diritto nazionale
8. Ai sensi dell'art. 2, n. 1, della legge 1642/1986 relativa all'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto (A.125), come
vigente prima di essere sostituito dall'art. 1, n. 1, lett. a), della legge 2093/1992 (A.181), sono soggette all'imposta sul
valore aggiunto, tra l'altro:
le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che siano effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto
passivo che agisce in quanto tale.
9. A norma dell'art. 3. n. 1, della legge 1642/1986, come vigente prima di essere sostituito dall'art. 1 della legge 2093/1992,
è soggetta all'imposta ogni persona fisica o giuridica, o associazione di persone, cittadina o straniera, che eserciti in
modo indipendente un'attività economica, a prescindere dal luogo di stabilimento e dallo scopo o dai risultati di detta attività.
Non si considerano esercitare un'attività economica in modo indipendente i lavoratori dipendenti ed altre persone fisiche
che siano vincolate al rispettivo datore di lavoro da un contratto di lavoro subordinato o da qualsiasi altro rapporto giuridico
che introduca vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione ed alla responsabilità del
datore di lavoro.
10. Inoltre l'art. 23, n. 1, della citata legge, nella versione in vigore prima delle modifiche ad essa apportate con gli artt. 1,
n. 34, e 2, n. 18, della legge n. 2093/1992 prevedeva quanto segue:
Il soggetto passivo può dedurre dall'imposta da lui dovuta l'imposta dovuta o versata per beni cedutigli da un altro soggetto
passivo o per servizi resigli da un altro soggetto passivo (...).
11. L'art. 25, n. 1, della stessa legge, come vigente prima di essere sostituito dall'art. 1, n. 38, della citata legge 2093/1992,
disponeva:
Il diritto a dedurre l'imposta può essere esercitato qualora il soggetto passivo sia in possesso: a) di una fattura o di un
altro documento che ne fa le veci, per le cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate nei suoi confronti, b) (...).
12. Infine l'art. 28, n. 1, di detta legge, come vigente prima di essere sostituito dall'art. 1, n. 42, della citata legge 2093/1992,
stabiliva:
Per la cessione di beni e la prestazione di servizi, sono soggetti all'imposta: a) il soggetto passivo stabilito all'interno
del paese, per le operazioni che esso effettua, b) (...), c) (...), d) chiunque indichi l'imposta in una fattura o in un altro
documento che ne fa le veci, e) (...).
III ─ Fatti del procedimento e questioni pregiudiziali
13. Le tre cause riunite, salve alcune differenze di minore rilievo che non influenzano la valutazione sostanziale, sono identiche
per quanto riguarda l'insieme dei fatti e la procedura, che mi limito pertanto a ricordare succintamente.
14. La sig.ra Karageorgou (causa
C-78/02), la sig.ra Petrova (causa
C-79/02) e il sig. Vlachos (causa
C-80/02) (in prosieguo:
i
traduttori) lavorano come traduttori dal greco verso l'inglese e, rispettivamente, dal greco verso il tedesco presso il servizio di
traduzione del Ministero degli Esteri, sulla base di un contratto di prestazione d'opera.
15. Dopo aver presentato al competente direttore della Dimosia Oikonomiki Ypiresia (Amministrazione delle imposte; in prosieguo:
DOY) di Cholargos prima dichiarazioni provvisorie e poi una dichiarazione definitiva concernenti l'imposta sul valore aggiunto
per siffatta attività per gli esercizi 1992 e 1993, essi le hanno successivamente ritirate, chiedendo la restituzione dell'IVA
versata indebitamente.
16. A fondamento delle richieste di restituzione, tutti e tre i traduttori hanno dedotto che le citate dichiarazioni erano basate
su un errore di diritto, in quanto essi non sarebbero soggetti ad IVA per le retribuzioni percepite in qualità di traduttori.
Essi hanno osservato in particolare che, per gli interi esercizi 1992 e, rispettivamente, 1993, vi era stato un vincolo di
subordinazione tra loro e il Ministero degli Esteri in relazione alle loro condizioni di lavoro e di retribuzione, da un lato,
in quanto essi non avevano pattuito liberamente la retribuzione e, dall'altro, dato che il Ministero degli Esteri era responsabile
nei confronti di terzi per le loro azioni ed omissioni quali traduttori. Essi hanno inoltre argomentato che l'IVA da essi
versata per gli anni 1992 e 1993 con le dichiarazioni sulle loro retribuzioni lorde non è stata ripercossa sul consumatore
finale in quanto le persone fisiche e giuridiche che si avvalgono dei servizi della sezione traduzione del Ministero degli
Esteri non includono, e pertanto non pagano, IVA nell'importo complessivo che versano al Ministero degli Esteri per la traduzione
dei loro documenti ufficiali.
17. Il direttore della DOY di Cholargos ha respinto le richieste di restituzione con la duplice motivazione che le condizioni
di lavoro applicabili ai traduttori erano diverse da quelle vigenti per altri stipendiati e che siffatta imposta era indicata
sulle ricevute emesse per la prestazione di servizi al Ministero degli Esteri. Per questi motivi essi non avrebbero avuto
diritto alla restituzione.
18. Con sentenze successive il presidente del Dioikitiko Protodikeio Athinon (Tribunale amministrativo di primo grado di Atene)
ha accolto le richieste dei traduttori, dichiarando fondate le domande di revoca delle dichiarazioni IVA presentate per gli
anni 1992 e 1993, annullando le decisioni negative del direttore della DOY di Cholargos del 9 febbraio 1995 e disponendo la
restituzione ai traduttori dell'imposta versata indebitamente. Queste sentenze si fondavano, tra l'altro, sulla constatazione
che i traduttori operano quali organi dello Stato, che resta l'unico responsabile per le loro azioni ed omissioni, dato che
le traduzioni da loro effettuate sono documenti pubblici. Il presidente del tribunale ha inoltre dichiarato che i traduttori
esercitavano la loro attività nell'ambito di un rapporto di subordinazione rispetto allo Stato con riguardo alle condizioni
della prestazione del lavoro e di retribuzione. I proventi delle loro attività non sono pertanto soggetti ad imposta sul valore
aggiunto.
19. Avverso queste sentenze di primo grado lo Stato ellenico ha proposto appello dinanzi al presidente del Dioikitiko Efeteio
Athinon, deducendo tra l'altro il motivo già sviluppato in primo grado per tutte le cause, vale a dire che i traduttori, a
prescindere dalla natura del loro lavoro, erano tenuti ad assolvere l'imposta in questione in forza dell'art. 28, n. 1, lett. d),
della legge 1642/1986, in quanto avevano indicato l'imposta stessa sulle ricevute emesse per la prestazione dei servizi nel
periodo considerato (1992 e 1993).
20. Il presidente del Dioikitiko Efeteio Athinon ha dichiarato infondati gli appelli dello Stato ellenico, confermando le sentenze
di primo grado e la loro motivazione. Egli ha tuttavia omesso nelle tre cause di esaminare il motivo d'appello avanzato dallo
Stato ellenico con riferimento alla circostanza che i traduttori erano tenuti a corrispondere l'imposta contestata in quanto
l'avevano indicata sulle ricevute emesse per i servizi prestati nel periodo considerato.
21. Lo Stato ellenico ha proposto ricorso avverso le sentenze di secondo grado dinanzi al Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio
di Stato ellenico), chiedendone la cassazione a motivo dell'omissione di cui sopra.
22. Il Consiglio di Stato ellenico ha dichiarato con sentenze definitive che i traduttori non erano soggetti ad IVA per le attività
svolte a favore del Ministero degli Esteri nell'ambito di un rapporto di subordinazione. Ciononostante il Consiglio ha cassato
le sentenze del Dioikitiko Efeteio Athinon per la parte in cui tale giudice nelle diverse cause aveva omesso di esaminare
il motivo concernente l'indicazione dell'IVA sulla fattura, dichiarando che siffatto motivo era essenziale e che pertanto
il giudice di secondo grado illegittimamente aveva omesso di esaminarlo. Le cause sono state pertanto rinviate al Dioikitiko
Efeteio Athinon, al fine di una riassunzione parziale.
23. Il Dioikitiko Efeteio Athinon constata una divergenza di opinioni nel seno del Consiglio di Stato ellenico in merito all'interpretazione
dell'art. 28, n. 1, lett. d) della legge 1642/1986, in quanto un'altra sezione del Consiglio stesso era giunta, in una causa
analoga, a una conclusione diversa da quella della sezione che ha trattato le tre cause in esame. Considerando che l'interpretazione
di questo articolo dipende dal significato da attribuire a talune disposizioni della sesta direttiva, il Dioikitiko Efeteio
Athinon ritiene necessario astenersi per il momento dalla pronuncia di una sentenza definitiva nelle tre cause in esame e
sottoporre alla Corte di giustizia delle Comunità europee le seguenti questioni pregiudiziali:
1) Se abbia natura di IVA, ai sensi della sesta direttiva, l'importo indicato in fattura dal prestatore di servizi in favore
dello Stato nell'ambito di un contratto di prestazione d'opera, qualora il prestatore di tali servizi ritenga erroneamente
di agire in qualità di lavoratore autonomo mentre, in realtà, vi è un vincolo di subordinazione e, su richiesta del datore
di lavoro, sulle ricevute che rilascia egli applichi l'IVA, calcolandola però non sul totale della retribuzione fissata per
legge che egli percepisce dallo Stato, che costituisce la legittima base imponibile dell'IVA, la quale viene di conseguenza
percepita insieme con la retribuzione fissata per legge, bensì, secondo il metodo della deduzione interna, su retribuzioni
che si ritiene includano anche l'IVA dovuta, cosicché lo Stato versa le retribuzioni di legge, dopo averne dedotto l'IVA che
vi si ritiene inclusa.
2) Se si possa derogare al principio di formalità dell'imposta sancito dall'art. 21, punto 1, lett. c), della sesta direttiva
(secondo il quale, se l'IVA è indicata nella fattura o in qualsiasi altro documento che ne fa le veci, essa va versata allo
Stato), quando lo Stato, svolgendo l'attività di cui trattasi in quanto pubblica autorità, non agisce come soggetto passivo
ai sensi dell'art. 4, n. 5, della citata direttiva ─ nel qual caso opererebbe il meccanismo delle deduzioni ─ e la detta imposta
versata non può ripercuotersi e non si ripercuote sul consumatore finale (il soggetto privato, contraente dello Stato, che
chiede la traduzione di documenti), ma il prestatore dei servizi rivendichi la restituzione dell'imposta versata al fisco,
previa deduzione dell'eventuale imposta a monte, così da escludere un arricchimento senza causa dello Stato
.
24. I traduttori, il governo ellenico e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. La sig.ra Karageorgou (causa
C-78/02),
il governo ellenico e la Commissione hanno illustrato oralmente i loro argomenti durante l'udienza dibattimentale della Corte
del 20 marzo 2003.
IV ─ Valutazione
25. Con la prima questione proposta il giudice del rinvio vuole sapere se l'importo abusivamente indicato come IVA sulla fattura
vada effettivamente considerato come tale nella situazione in cui il prestatore di servizi interessato ritenga erroneamente
di agire in qualità di libero professionista a favore dello Stato ellenico, mentre i suoi servizi sono in realtà forniti nell'ambito
di un rapporto di subordinazione. Questo importo è calcolato secondo il sistema della deduzione interna, in base al quale
gli onorari fissati per legge si considerano già includere l'IVA, cosicché l'importo effettivamente versato è l'onorario di
legge decurtato dell'ammontare dell'IVA.
26. Per stabilire se l'importo in questione abbia natura di IVA, occorre accertare se i traduttori siano assoggettati alle disposizioni
relative all'imposta sul valore aggiunto con riguardo ai servizi da loro forniti allo Stato ellenico.
27. Dall'art. 2 della sesta direttiva emerge che sono soggette all'imposta sul valore aggiunto le cessioni di beni e le prestazioni
di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.
28. L'art. 4 della sesta direttiva descrive poi quali persone vadano considerate come
soggetti passivi ai sensi della direttiva stessa. In forza del primo comma di questo articolo, il requisito principale è che deve trattarsi
di una persona che esercita in modo indipendente un'attività economica. Il quarto comma dello stesso articolo precisa ancora
che l'espressione
in modo indipendente comporta l'esclusione dall'imposizione non solo dei lavoratori dipendenti, ma anche di persone vincolate (a un datore di
lavoro) da
qualsiasi altro rapporto giuridico che introduca vincoli di subordinazione in relazione alle condizioni di lavoro e di retribuzione
ed alla responsabilità del datore di lavoro.
29. Il governo ellenico ha osservato che nella giurisprudenza nazionale manifestamente non esiste univocità di giudizio sulla
natura del rapporto esistente fra i traduttori e il Ministero degli Esteri. I traduttori e la Commissione sottolineano invece
come nelle procedure di merito sia già stato sostanzialmente accertato che si tratta di un rapporto di subordinazione.
30. E' giurisprudenza costante che la Corte, nell'ambito della procedura pregiudiziale di cui all'art. 234 del Trattato CE, è
competente a pronunciarsi esclusivamente sull'interpretazione o sulla validità di una norma giuridica comunitaria sulla base
dei fatti accertati dai giudizi nazionali. In altre parole non spetta alla Corte, ma al giudice nazionale, accertare i fatti
che hanno dato origine alla causa e trarne le conseguenze ai fini della sua pronuncia
(3)
.
31. Come allegato dai traduttori e dalla Commissione, nell'ambito dell'ordinamento giuridico nazionale è stato definitivamente
accertato che i traduttori operano in base ad un vincolo di subordinazione nei confronti del Ministero degli Esteri, come
emerge anche dalle circostanze che essi non possono pattuire liberamente la loro retribuzione e le loro condizioni di lavoro,
che il Ministero risponde di fronte ai terzi delle qualità delle traduzioni e che i traduttori sono soggetti ad un regime
sanzionatorio interno per quanto riguarda il rispetto dei loro obblighi.
32. In siffatte circostanze è evidente che i traduttori non esercitano autonomamente un'attività economica e che pertanto non
sono
soggetti passivi ai sensi dell'art. 4, n. 1, della sesta direttiva. Le loro prestazioni non rientrano dunque nell'ambito di applicazione della
direttiva stessa.
33. Ne consegue che l'importo erroneamente indicato sulla fattura emessa dai traduttori non può essere considerato come IVA, cosicché
la prima questione proposta dal giudice del rinvio va risolta negativamente.
34. Dalla constatazione che la situazione descritta nella prima questione pregiudiziale esula dall'ambito di applicazione della
sesta direttiva consegue inoltre che la seconda questione è priva di oggetto. In senso stretto non occorre risolvere siffatta
questione per giudicare il merito della causa. Ciononostante per completezza, ad ogni buon fine, desidero osservare quanto
segue.
35. Con la seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se il principio di formalità dell'imposta, sancito dall'art.21,
n. 1, lett. c), della sesta direttiva, debba restare inapplicato qualora lo Stato non agisca come soggetto passivo ai sensi
dell'art. 4, n. 5, della sesta direttiva, l'imposta non sia stata addebitata al consumatore finale e il prestatore di servizi
chieda la restituzione di quanto indebitamente versato a titolo di IVA. La questione può anche essere formulata al contrario:
se, quando lo Stato agisce come prestatore di servizi non assoggettato ad IVA, gli importi formalmente (anche se erroneamente)
indicati come IVA sulla fattura, ai sensi dell'art. 21, n. 1, lett. c) della sesta direttiva, risultino, nonostante ciò, non
dovuti a titolo di IVA.
36. La sesta direttiva non prevede espressamente la situazione in cui l'IVA sia stata inclusa in una fattura erroneamente, senza
essere dovuta. Ciò implica che, fintantoché questa lacuna non sarà colmata dal giudice comunitario, spetta agli Stati membri
trovare una soluzione
(4)
. Nella sentenza Genius Holding, vertente sul diritto di deduzione dell'IVA indicata sulla fattura senza essere dovuta, la
Corte ha dichiarato che ─ in conseguenza della necessità di garantire la neutralità dell'IVA ─ spetta agli Stati membri contemplare
nei rispettivi ordinamenti giuridici interni la possibilità di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata, purché chi
ha emesso la fattura dimostri la propria buona fede
(5)
.
37. Nella sentenza Schmeink & Cofreth la Corte ha aggiunto che l'imposta indebitamente fatturata può essere rettificata, senza
che la regolarizzazione possa essere subordinata alla buona fede di colui che ha emesso la fattura, quando questi abbia, in
tempo utile, eliminato completamente il rischio di diminuzione delle entrate fiscali
(6)
.
38. Queste osservazioni non permettono peraltro di risolvere in modo specifico e concreto la seconda questione pregiudiziale.
Dato che ho già concluso sopra che la situazione da cui traggono origine le questioni pregiudiziali esula dall'ambito di applicazione
della sesta direttiva, non sussiste alcuna perdita di entrate fiscali, né è pertanto rilevante accertare la buona fede di
chi ha emesso la fattura. In siffatte circostanze non rileva neppure verificare se il principio sancito dall'art. 21, n. 1,
lett. c), possa restare inapplicato.
V ─ Conclusione
39. Considerato quanto precede, suggerisco alla Corte di risolvere la prima questione sottopostale dal Dioikitiko Efeteio Athinon
nei seguenti termini:L'importo indicato sulla fattura da chi fornisce servizi allo Stato nell'ambito di un contratto di prestazione d'opera non
è imposta sul valore aggiunto ai sensi della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione
delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari ─ Sistema comune di imposta sul valore aggiunto:
base imponibile uniforme, qualora il prestatore di servizi ritenga erroneamente di agire in qualità di libero professionista,
mentre, in realtà, vi è un rapporto di subordinazione e, dietro indicazione del datore di lavoro, sulle ricevute che emette
applichi l'IVA, calcolandola però non sul totale degli onorari fissati per legge che egli percepisce dallo Stato, che costituiscono
la corretta base imponibile dell'IVA, la quale viene di conseguenza riscossa insieme con gli onorari fissati per legge, bensì,
secondo il metodo della deduzione interna, su onorari che sono ritenuti includere anche l'IVA dovuta, cosicché lo Stato versa
gli onorari dopo averne dedotto l'IVA che vi si ritiene inclusa.
1 –
Lingua originale: l'olandese.
2 –
GU L 145, pag. 1.
3 –
V., tra l'altro, sentenze 2 giugno 1994, causa
C-30/93, AC-ATEL Electronics (Racc. pag. I-2305, punti 16 e 17); 1° dicembre
1998, causa
C-326/96, Levez (Racc. pag. I-7835, punti 25 e 26), e 16 settembre 1999, causa
C-435/97, WWF e a. (Racc. pag. I-5613,
punti 31 e 32).
4 –
Sentenza 19 settembre 2000, causa
C-454/98, Schmeink & Cofreth (Racc. pag. I-6973, punti 48 e 49).
5 –
Sentenza 13 dicembre 1989, causa
C-342/87, Genius Holding (Racc. pag. I-4227, punto 18).
6 –
Sentenza Schmeink & Cofreth (citata nella nota 4, punti 60-63).