«Imposta sul valore aggiunto – Nozione di bene d'occasione – Animali viventi – Addestramento di cavalli»
In caso di soluzione affermativa di tale questione:
2)Se un animale acquistato da un soggetto privato (che non sia l’allevatore) e rivenduto dopo il suo addestramento per uno specifico utilizzo possa essere considerato un bene d’occasione». IV – Prima questione pregiudiziale 18. Con la prima questione pregiudiziale si chiede di interpretare l’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva. A – Principali argomenti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte 19. La Stenholmen illustra, prima di tutto, le tesi sostenute dalle autorità nazionali e dinanzi alle stesse. La Stenholmen richiama, inoltre, la giurisprudenza della Corte (3) relativa alla valutazione giuridica degli animali quali merci ai fini della normativa in materia di IVA. Dalla definizione legale di cui all’art. 26 bis, parte A, lett. d), non potrebbe giungersi ad una conclusione diversa. Parimenti, sia l’obiettivo di evitare una doppia imposizione, sia l’obiettivo, perseguito con il regime dell’imposizione sull’utile realizzato, di un ugual trattamento, ai fini della concorrenza, del commercio di beni d’occasione, indurrebbero a ricomprendere gli animali in tale definizione. 20. A parere del Riksskatteverk gli animali vanno sì considerati come beni ai sensi della sesta direttiva, ma non come beni d’occasione ai sensi dell’art. 26 bis. Gli animali rimarrebbero esclusi da tale nozione in quanto essi non potrebbero essere rivenduti né nello stato in cui vengono acquistati, né previa riparazione. I cavalli non ancora addestrati – al pari di altri organismi viventi e dei relativi frutti, come le bacche e i funghi – non potrebbero essere considerati quali beni d’occasione. Inoltre occorrerebbe evitare che non venga riscossa alcuna imposta in assoluto. 21. La Commissione parte dalla constatazione che l’allegato A della sesta direttiva comprende anche l’allevamento di animali, mentre l’allegato C menziona, tra l’altro, i cavalli. Da ciò deriverebbe che anche i cavalli possano essere qualificati come beni d’occasione. B – Valutazione 22. Prima di tutto occorre precisare che con la questione pregiudiziale si domanda se anche gli animalipossano essere considerati quali beni d’occasione ai sensi dell’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva, e non se essi debbano in ogni caso essere considerati tali. 23. Inoltre, occorre sottolineare che per risolvere la presente questione, attinente alla normativa in materia di IVA, non assume alcun rilievo la qualificazione civilistica degli animali come cose o come autonoma categoria. Infatti, in primo luogo, la nozione di «bene d’occasione» va interpretata quale autonoma nozione di diritto comunitario; in secondo luogo, una sua interpretazione in base ai canoni civilistici contrasterebbe con il principio, particolarmente importante proprio nel settore della normativa in materia di IVA, di interpretazione uniforme, in quanto, se ci si basasse sulle diverse normative civilistiche degli Stati membri, si giungerebbe ad una interpretazione e ad una applicazione del diritto comunitario pertinente difforme da Stato membro a Stato membro. 24. Un semplice sguardo alla sesta direttiva – oggetto del presente procedimento – indica la via per risolvere la prima questione pregiudiziale. Infatti, l’allegato A, punto II, numero 1, menziona espressamente anche l’«allevamento di animali». Pertanto, vengono espressamente contemplate le prestazioni aventi ad oggetto gli animali. 25. La definizione legale della nozione di «beni d’occasione» di cui all’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva comprende soltanto i «beni mobili». A tal proposito occorre rilevare che né la suddetta né altra disposizione escludono espressamente gli animali dall’ambito di applicazione del regime particolare di cui all’art. 26 bis. Anche gli elementi descrittivi della fattispecie in parola non consentono di escludere in partenza che gli animali possano essere beni d’occasione ai sensi della sesta direttiva. 26. In relazione al primo elemento di fattispecie (espresso dal sostantivo «beni»), occorre richiamare una sentenza della Corte in base alla quale anche i cavalli devono essere considerati beni ai fini della normativa in materia di IVA (4) . 27. Il secondo elemento di fattispecie (espresso dall’aggettivo «mobili») consente di ricomprendere, nella controversa nozione in parola, anche gli animali. Infatti gli animali – nel presente procedimento si tratta di cavalli viventi – in linea di principio possono muoversi autonomamente, a differenza di molti altri beni. 28. Anche il terzo elemento di fattispecie (indicato nel testo tedesco con l’aggettivo «körperlich», cioè «corporei») ricorre nel caso degli animali, e quindi anche dei cavalli, trattandosi, per l’appunto, di beni dotati di corporeità. 29. Rimane da verificare il quarto requisito, vale a dire il fatto che i beni in parola siano «suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione». Ebbene, tale requisito può essere riferito anche agli animali. 30. A ciò non osta il fatto che gli animali – e non solo i cavalli – possono essere anche addestrati, divenendo in tal modo idonei anche ad un utilizzo diverso dal precedente: così, ad esempio, i cavalli, dopo un loro addestramento di base, possono essere utilizzati anche come cavalli da dressage o come saltatori o in una pluralità di discipline. 31. In particolare, i cavalli, su cui verte il presente procedimento, già prima del loro acquisto da parte della Stenholmen erano suscettibili di utilizzo «nello stato originario» e dovevano soltanto essere ulteriormente addestrati. Non di rado, infatti, i cavalli vengono rivenduti o scambiati dai loro proprietari anche dopo che abbiano già partecipato a concorsi. L’acquirente può essere o un altro soggetto privato o, per l’appunto, un commerciante, il quale a sua volta rivende il cavallo – nel presente caso, dopo averlo ulteriormente addestrato. 32. Benché si possa fondatamente ritenere che vi siano casi in cui un animale non può essere considerato un bene d’occasione, non si può per questo giungere alla conclusione che gli animali in linea di principio non possano essere considerati quali beni d’occasione. Del resto la questione proposta dal giudice a quo concerne proprio il riconoscimento di questa possibilità in linea di principio. 33. Nel presente procedimento non vanno, pertanto, affrontate le ulteriori questioni sollevate dal Riksskatteverk, relative alla possibilità di considerare anche i cavalli appena nati o le bacche appena raccolte quali beni d’occasione. La soluzione di tali questioni sarebbe inammissibile già per motivi processuali, in quanto esse non hanno un riscontro concreto nella causa principale. 34. In definitiva, occorre tener presente lo scopo della disposizione di cui all’art. 26 bis, inserita dalla direttiva 94/5, consistente nell’evitare la doppia imposizione. Una doppia imposizione si avrebbe, invece, proprio qualora in determinati casi venisse tassato non solo l’utile realizzato, ma l’intero valore. 35. Inoltre, con la disciplina di cui all’art. 26 bis della sesta direttiva, si intendono evitare anche distorsioni della concorrenza a scapito di chi commercia beni d’occasione. In tale categoria professionale, peraltro, non rientrano soltanto i commercianti di oggetti d’antiquariato, ma possono appunto rientrarvi anche i commercianti di cavalli. 36. La prima questione pregiudiziale deve, pertanto, essere risolta nel senso che, in linea di principio, un animale può essere considerato un bene d’occasione ai sensi dell’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva. V – Seconda questione pregiudiziale A – Principali argomenti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte 37. La Stenholmen ritiene che l’applicazione del regime particolare previsto per i beni d’occasione non debba dipendere dalle caratteristiche dei beni stessi. In base alla definizione legale di cui all’art. 26 bis, parte A, lett. d), risulterebbe determinante il fatto che si tratti di «beni mobili». Pertanto non sarebbe consentito operare distinzioni tra diversi tipi di cavalli (in base al loro grado di addestramento). Essi, infatti, non potrebbero essere considerati come un «bene nuovo» ai sensi della sentenza nella causa Van Dijk’s Boekhuis (5) . Non sarebbe consentito operare distinzioni in base al soggetto che acquista il bene, vale a dire a seconda che il cavallo sia acquistato da un allevatore o da qualcun altro, ad esempio un privato. 38. A parere della Stenholmen, l’applicabilità dell’imposizione sull’utile realizzato dipenderebbe esclusivamente dalla presenza dei requisiti posti dall’art. 26 bis, parte B, n. 2, della sesta direttiva, i quali, tuttavia, non costituiscono oggetto della questione pregiudiziale. 39. Peraltro, anche altri Stati membri applicherebbero ai cavalli il regime dell’imposizione sull’utile realizzato. 40. Il Riksskatteverk, il quale affronta la seconda questione pregiudiziale soltanto in via subordinata, individua l’attività economica non nella rivendita, bensì nell’addestramento del cavallo. L’art. 26 bis della sesta direttiva, tuttavia, si applicherebbe solo nell’ipotesi in cui una merce venga acquistata per essere rivenduta. L’attività di addestramento, invece, si risolverebbe proprio in una trasformazione della merce (il cavallo). Si tratterebbe, pertanto, della normale attività consistente nell’acquisto della merce per trasformarla e nella sua conseguente rivendita. Se venisse tassato solo l’utile realizzato, in determinati casi si potrebbe arrivare al risultato di tassare soltanto il valore aggiunto prodotto nell’ultima fase della catena commerciale. 41. A parere della Commissione non ha importanza il futuro utilizzo del cavallo, bensì le operazioni economiche, di cui il cavallo è stato oggetto prima della sua vendita al soggetto passivo d’imposta. 42. Inoltre, la Commissione sottolinea che con la normativa comunitaria in materia di IVA si intende evitare la doppia imposizione. Il sistema di imposta sul valore aggiunto, mentre non si estende agli animali appena nati che prima della loro cessione al rivenditore non erano ancora gravati dall’imposta sul valore aggiunto, si estende, invece, agli animali che prima sono stati ceduti ad una persona che non sia soggetto passivo, e poi siano stati venduti ad un rivenditore. B – Valutazione 43. Occorre preliminarmente rilevare che anche la seconda questione pregiudiziale concerne soltanto uno specifico profilo del regime particolare di cui all’art. 26 bis della sesta direttiva, cioè del sistema dell’imposizione sull’utile realizzato, e precisamente l’individuazione dei «beni d’occasione», che costituisce un presupposto per l’applicazione di tale regime. Si tratta, quindi, anche in questo caso, di interpretare l’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva; tuttavia, la seconda questione pregiudiziale – a differenza della prima – non ha per oggetto il problema giuridico di ordine generale della qualificazione degli animali in genere, bensì – tenuto presente l’oggetto della causa principale – la specifica qualificazione come bene d’occasione di un animale che venga acquistato presso un soggetto privato (che non sia un allevatore), e che – dopo il suo addestramento per uno specifico utilizzo – venga rivenduto. 44. La suddetta questione giuridica si pone, alla luce della normativa in materia di IVA, sullo sfondo della seguente situazione economica: Come di consueto, anche nel presente procedimento vi è una catena di vendita; tuttavia, a parte il consumatore finale, ad essa non partecipano soltanto imprenditori. Uno degli anelli della catena, invece, è costituito da una persona non soggetto passivo, trattandosi di un semplice privato. Non ha qui alcuna importanza se questi abbia acquistato il proprio cavallo – che egli ora vende ad un soggetto passivo (il cosiddetto rivenditore) – presso un privato o presso un commerciante, ad esempio un allevatore. Il rivenditore acquista il cavallo per addestrarlo. I fatti della causa principale indicano, per la precisione, che si tratta di un nuovo addestramento di cavalli già addestrati. 45. Il fatto che all’interno della catena compaia un soggetto privato costituisce senz’altro un’anomalia rispetto alle «normali» catene di vendita, tuttavia essa non si presenta soltanto nel settore del commercio di cavalli. La stessa norma di cui all’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva contiene significativi esempi di oggetti che vengono spesso acquistati presso privati, come gioielli ed oggetti d’antiquariato. 46. Dalle considerazioni da me svolte a proposito della prima questione pregiudiziale in relazione al disposto letterale dell’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva, deriva, per quanto riguarda la seconda questione pregiudiziale, che anche quegli animali che vengono acquistati presso un privato, che non sia un allevatore, possono essere considerati quali beni d’occasione. Peraltro, a rigore, l’acquisto presso un privato non attiene alla qualificazione come beni d’occasione, ma costituisce un ulteriore presupposto per l’applicazione del regime particolare di cui all’art. 26 bis della sesta direttiva. 47. Il fatto che un animale, nella specie un cavallo, dopo il suo acquisto da parte di un rivenditore venga da questi a sua volta rivenduto, non ha parimenti alcun rilievo ai fini della sua qualificazione come bene d’occasione. Anche questa circostanza concerne un profilo del regime particolare di cui all’art. 26 bis della sesta direttiva – segnatamente la cessione da parte di soggetti passivi-rivenditori – che non costituisce oggetto del presente procedimento. 48. Rilievo decisivo potrebbe, invece, assumere il fatto che il bene, nella specie, quindi, il cavallo, venga rivenduto solo dopo il suo addestramento, a cura del rivenditore stesso, per uno specifico utilizzo. 49. A tal proposito è necessario sottolineare che il giudice a quo non solleva la questione relativa al trattamento fiscale ai fini dell’IVA dell’attività di addestramento. Tale profilo, tuttavia, potrebbe essere preso in considerazione dal Riksskatteverk. 50. Dagli atti di causa non risulta chiaramente in quali condizioni si trovassero i cavalli al momento del loro acquisto presso i privati, vale a dire a quale uso essi potessero essere destinati. Mentre allo Skatterättsnämnd è stata posta più che altro la questione relativa al trattamento di cavalli non addestrati, la Stenholmen, nelle sue osservazioni scritte presentate nell’attuale procedimento pregiudiziale, fa riferimento all’acquisto di cavalli saltatori, di cui si debba semplicemente completare l’addestramento. 51. In quest’ultima ipotesi si può ritenere che si tratti di cavalli che – per citare l’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva – sono «suscettibili di reimpiego, nello stato originario». Essi sono tali sia prima che dopo il loro addestramento. Come giustamente rileva la Stenholmen, si tratta sempre dello stesso cavallo e della stessa destinazione. Siffatti cavalli devono essere, pertanto, considerati quali «beni d’occasione» ai sensi dell’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva. 52. Un discorso diverso potrebbe, invece, valere per quei cavalli che vengono addestrati per un utilizzo differente da quello cui erano precedentemente destinati. Questo potrebbe essere, prima di tutto, il caso di un cavallo che debba essere cavalcato per la prima volta in assoluto. Ma anche nel caso di cavalli già in precedenza utilizzati come saltatori, può succedere, al sopravvenire di determinate circostanze, che essi non possano più essere utilizzati come saltatori, soprattutto non più in concorsi ippici – dal loro attuale cavaliere o da qualcun altro. Infine questo potrebbe essere il caso – in realtà assai raro – di cavalli utilizzati prima come cavalli da dressage e poi come saltatori, o viceversa. Spesso, però, ciò avviene senza che sia stato effettuato nel frattempo uno specifico addestramento. 53. Una questione giuridica ancora diversa si pone, poi, allorché il cavallo acquisisca una nuova, ulteriore qualità, ad esempio l’idoneità all’equitazione di campagna, quindi l’addestramento come cavallo versatile. 54. Il commercio di cavalli, comprensivo del loro addestramento, può dunque abbracciare ipotesi tra loro molto differenti. Tuttavia, poiché, in sede di procedimento pregiudiziale, non spetta alla Corte risolvere né tutti i casi effettivamente verificabili né il concreto caso di specie, nell’ambito del presente procedimento possono solo essere forniti criteri giuridici generali, di cui il giudice nazionale dovrà tener conto facendone applicazione al concreto caso di specie. 55. Per la problematica qui affrontata è opportuno prendere le mosse dalla distinzione tra «beni d’occasione» e beni «nuovi». A tal proposito occorre richiamare la sentenza nella causa Van Dijk’s, già più volte menzionata nel corso di questo procedimento. In base ad essa, un bene è «nuovo», «qualora (...) risulti un bene la cui destinazione, agli occhi dell’utilizzatore, sia diversa da quella dei materiali affidati» (6) . 56. A questo punto si potrebbe generalizzare tale giurisprudenza in modo da individuare nel mutamento di destinazione un autonomo criterio discretivo a validità generale. Tuttavia, ad una simile opzione si oppone il fatto che la citata sentenza riguardava l’interpretazione del termine «fabbricato». Mentre non è possibile che attraverso l’addestramento, comunque sia esso strutturato, si possa fabbricare un nuovo cavallo. 57. Tuttavia, anche adottando per ipotesi il criterio del mutamento di destinazione, occorre chiedersi se e quando un siffatto mutamento si verifichi nel caso dei cavalli. Ad esempio, si potrebbe fondatamente sostenere la tesi – fondata sull’opinione corrente – che i cavalli da dressage, i cavalli saltatori e i cavalli versatili, nonché gli andalusi o i cavalli addestrati per essere cavalcati in stile western, abbiano tutti la medesima destinazione, vale a dire, in generale, quella di cavalli da equitazione. Una categoria a parte potrebbe, invece, essere costituita dai cavalli da tiro, da corsa o da trotto. Tuttavia, ad una simile opzione si oppone nuovamente il fatto che tutti questi cavalli, ad un livello ancor più generale, hanno la medesima destinazione: sono cavalli destinati alla pratica di sport. Da essi distinti vi sarebbero i cavalli da lavoro – sempre più rari. Un’ultima autonoma categoria, infine, potrebbe essere costituita dai cavalli commerciati per la loro carne. 58. A prescindere da tali peculiarità relative alle diverse possibilità di utilizzo dei cavalli, occorre domandarsi, in linea generale, quali fattori siano determinanti ai fini della valutazione della destinazione: l’intenzione del venditore, l’intenzione del compratore (ad esempio, acquisto del cavallo per partecipare a gare ad ostacoli di un certo livello), l’uso cui il cavallo è obiettivamente idoneo, o il suo precedente utilizzo. 59. Tali circostanze dimostrano che il criterio del mutamento di destinazione, per lo meno se impiegato in relazione agli animali, solleva, in sede applicativa, problemi di delimitazione oltremodo complessi. Pertanto, a causa dell’incertezza giuridica che ne scaturirebbe per i settori commerciali interessati, un siffatto criterio non risulta particolarmente idoneo. 60. Sottoporre i cavalli, acquistati da un imprenditore presso una persona che non sia soggetto passivo, al regime dei «beni d’occasione» è conforme all’obiettivo, perseguito con l’introduzione dell’art. 26 bis della sesta direttiva, di evitare la doppia imposizione. L’imposizione sull’utile realizzato intende garantire il raggiungimento di tale obiettivo. 61. Infatti, se i cavalli non venissero considerati quali beni d’occasione ai sensi della controversa disposizione in esame, essi – una volta reimmessi nel circuito commerciale – verrebbero nuovamente tassati per intero. Al contrario, i cavalli venduti direttamente da privato a privato, vale a dire senza l’intervento del commerciante che addestra i cavalli, cioè del rivenditore, resterebbero gravati unicamente dall’imposta riscossa in occasione della prima vendita ad un acquirente privato. Tale disparità di trattamento avrebbe l’effetto di falsare la concorrenza tra le vendite dirette e le vendite effettuate seguendo il normale circuito commerciale (7) . Evitare tale disparità, invece, costituisce l’obiettivo dell’art. 26 bis della sesta direttiva e corrisponde all’intenzione del legislatore comunitario, quale risulta dalla direttiva 94/5 con la quale è stato inserito il regime particolare in parola. In mancanza di un regime particolare per il commercio di cavalli, pertanto, la controversa disciplina in materia di beni d’occasione risulta applicabile anche a casi come quello del procedimento principale. 62. Infine occorre segnalare, per completezza, che l’applicazione dell’imposizione sull’utile realizzato non implica che il valore aggiunto, consistente nell’addestramento del cavallo, non venga assoggettato ad imposta. Al contrario, l’imposizione grava proprio sull’utile realizzato, vale a dire sull’importo costituito dalla differenza di prezzo. Tale importo è tanto maggiore quanto maggiore è il valore aggiunto conferito al bene, del quale si tiene conto nel prezzo di vendita richiesto. In tal modo si garantisce che l’addestramento dei cavalli venga preso in considerazione allo stesso modo della riparazione – espressamente prevista dall’art. 26 bis, parte A, lett. d) – cui vengono sottoposti, ad esempio, gli oggetti d’antiquariato. 63. La seconda questione pregiudiziale va, pertanto, risolta nel senso che un animale, acquistato presso un soggetto privato (che non sia un allevatore) e rivenduto dopo il suo addestramento per uno specifico utilizzo, può essere considerato un bene d’occasione. VI – Conclusione 64. Sulla base delle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nei seguenti termini: 1)Un animale può essere considerato un bene d’occasione ai sensi dell’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme. 2)Un animale, acquistato presso un soggetto privato (che non sia un allevatore) e rivenduto dopo il suo addestramento per uno specifico utilizzo, può essere considerato un bene d’occasione ai sensi dell’art. 26 bis, parte A, lett. d), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme.