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CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
JACOBS
presentate il 28 ottobre 2004(1)


Causa C-32/03



I/S Fini H
contro
Skatteministeriet



«»






1.        La presente richiesta di pronuncia pregiudiziale sollevata dallo Højesteret danese (Corte di cassazione) riguarda le circostanze in cui una persona che ha concluso un contratto di locazione relativo a locali in cui in precedenza svolgeva un’attività economica, ma che nel frattempo ha cessato tale attività, possa o meno continuare a essere considerata un soggetto passivo ai fini dell’IVA per quanto riguarda la locazione ancora esistente, legittimato in quanto tale a detrarre l’imposta pagata a monte sulle spese relative a tali locali.

Contesto normativo

2.        Gli elementi essenziali del sistema dell’IVA sono stabiliti dall’art. 2 della prima direttiva IVA  (2) :

«Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione.

A ciascuna transazione, l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo».

3.        Ai sensi dell’art. 2 della sesta direttiva IVA  (3) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale sono soggette ad IVA.

4.        L’art. 4, n. 1, definisce un soggetto passivo come chiunque eserciti un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati. Attività economiche sono, ai sensi dell’art. 4, n. 2, «tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali» nonché «lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità». L’art. 4, n. 3, dispone che «[g]li Stati membri possono considerare soggetti passivi anche chiunque effettui a titolo occasionale un’operazione relativa alle attività di cui al paragrafo 2».

5.        La disposizione fondamentale per quanto riguarda il diritto di deduzione è costituita dall’art. 17 della sesta direttiva. L’art. 17, n. 2, stabilisce quanto segue:

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)       l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo (…)».

Il diritto a deduzione nasce, secondo l’art. 17, n. 1, quando l’imposta deducibile diventa esigibile.

6.        La Corte ha in numerose occasioni esaminato questioni relative all’uso di beni e servizi tassati a monte «ai fini di» operazioni tassabili a valle e, quindi, relative alle circostanze in presenza delle quali sorge o meno un diritto a effettuare la deduzione ai sensi dell’art. 17, n. 1, della sesta direttiva.

7.        Nella causa in esame è di una certa rilevanza la giurisprudenza  (4) secondo cui se una persona ha l’intenzione, confermata da elementi oggettivi, di iniziare un’attività economica e a tal fine ha acquistato forniture iniziali tassate, deve essere considerato come un soggetto passivo che agisce in tale qualità e come titolare del diritto di dedurre immediatamente l’IVA che si riferisce a forniture acquistate per le operazioni tassabili che intende compiere, senza dover attendere che inizi l’effettivo sfruttamento dell’attività economica o addirittura senza bisogno che esso abbia effettivamente inizio.

8.        La Corte non si è ancora pronunciata sulla situazione «speculare» in cui un soggetto passivo, pur avendo cessato un’attività economica, continua ad acquisire forniture tassabili connesse con le obbligazioni assunte per lo svolgimento di tale attività.

9.        Essa ha tuttavia dichiarato che, almeno nel caso in cui un’attività economica in cui si realizzano operazioni tassabili sia trasferita con continuità di esercizio, qualsiasi spesa sostenuta dal cedente per i servizi acquisiti al fine di effettuare tale trasferimento fa parte delle spese generali dell’attività precedenti al trasferimento, per cui l’IVA su tali servizi è in linea di principio deducibile dall’imposta da lui dovuta a valle  (5) .

10.      In Danimarca la versione rilevante dell’art. 3 della Momslov (legge danese sull’IVA)  (6) definisce soggetto passivo «qualsiasi persona fisica o giuridica che svolge un’attività economica indipendente».

11.      La prassi amministrativa delle autorità tributarie danesi è stata fissata nelle Momsvejledning (linee direttrici in materia di IVA) del 2001. I casi in cui le autorità fiscali ritengono che una persona fisica o giuridica eserciti un’attività economica indipendente sono quelli indicati nella giurisprudenza della Corte di giustizia.

Fatti, procedimento e conclusioni delle parti

12.      La società I/S Fini H (in prosieguo: la «Fini H») è una società creata per gestire un ristorante in locali presi in affitto. Il contratto d’affitto della durata di 10 anni doveva produrre effetti fino al luglio 1998, senza che nessuna delle due parti avesse diritto di recesso. Il ristorante è stato chiuso nel luglio 1993 e in seguito i locali sono rimasti inutilizzati.

13.      Nonostante quanto stabilito nel contratto, la Fini H ha tentato di recedere dal contratto, ma il locatore si è opposto, e gli unici altri locatari interessati non erano disposti a pagare lo stesso affitto o ad accettare le condizioni poste della Fini H per rilevare le attrezzature. Il locatore avrebbe accettato un altro locatario, purché la Fini H pagasse la differenza tra i due affitti. La Fini H non era disposta ad accettare tale soluzione e ha continuato di fatto nel contratto di locazione fino alla scadenza del medesimo.

14.      In seguito alla cessazione dell’attività di ristorazione, anche se i due soci hanno svolto, ciascuno per proprio conto, un’attività commerciale, la società in quanto tale ha continuato a restare iscritta ai fini dell’IVA e a presentare dichiarazioni dei redditi con detrazioni dell’imposta a monte sul canone di locazione, sul riscaldamento, sull’elettricità e sul canone fisso del telefono, che continuavano a essere pagati per i locali. Poiché non vi erano vendite e quindi nessuna imposta a valle da dichiarare, ciò risultava in pagamenti netti a favore della Fini H.

15.      Tuttavia, nel settembre 1998, l’autorità tributaria regionale ha deciso che le somme che aveva pagato dall’ottobre 1993 dovevano essere recuperate e che non sarebbe stato effettuato alcun pagamento con riferimento al periodo compreso tra l’aprile e il settembre 1998. La decisione era motivata dal fatto che la Fini H a partire dal terzo trimestre del 1993 non aveva svolto alcuna attività consistente nella fornitura tassabile di beni e servizi ai sensi della Momslov, condizione quest’ultima per la detrazione dell’imposta a monte. Nel novembre 1999 l’autorità tributaria nazionale ha confermato tale decisione e nel febbraio 2000 la Fini H ha proposto un ricorso dinanzi al Vestre Landsret (Corte d’appello della Regione occidentale).

16.      Nell’agosto 2001 detto giudice ha confermato la decisione, giudicando che le spese relative alla locazione, successive alla cessazione dell’attività, non giustificabili nel quadro di normali operazioni di cessazione dell’attività, ma esclusivamente dovute ad una clausola che vieta il recesso, non potevano essere considerate come spese di esercizio collegate ad un’attività indipendente ai sensi dell’art. 3 della legge sull’IVA e che non si poteva ritenere che la Fini H avesse agito in buona fede quando aveva deciso di restare iscritta nel registro dell’IVA.

17.      Tale sentenza è stata impugnata dinanzi allo Høyesteret (Corte di cassazione), che ha sollevato le questioni pregiudiziali seguenti:

«1)Se possa ritenersi che una persona eserciti un’attività economica indipendente ai sensi dell’art. 4, nn. 1-3, della sesta direttiva IVA, in una situazione in cui l’interessato ha concluso originariamente un contratto di locazione nel quadro di un’attività economica indipendente, attualmente cessata, anche se il contratto di locazione ha continuato ad esistere per un certo periodo in forza di una clausola di divieto di recesso e in cui, dopo che l’attività effettiva è cessata, non vengono effettuate operazioni soggette ad IVA sfruttando il contratto di locazione allo scopo di procurarsi introiti di una certa stabilità.

2)Se per la risposta alla questione sub 1) abbia qualche rilevanza il fatto che l’interessato, per la durata residuale del periodo in cui vige il divieto di recesso, cerchi attivamente di sfruttare l’esistenza della locazione per effettuare operazioni soggette ad IVA allo scopo di procurarsi introiti di una certa stabilità o di cedere la locazione, e se abbia qualche importanza la durata del periodo in cui vige il divieto di recesso o della parte residuale di esso».

18.      La Fini H, il governo danese e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte e sono comparsi all’udienza del 15 settembre 2004 per essere sentiti nelle loro osservazioni orali. La Fini H ritiene di essere legittimata alla detrazione, mentre il governo danese e la Commissione sono di parere contrario.

19.      La Fini H afferma in sostanza che il diritto di effettuare la detrazione deriva dal fatto che il contratto di locazione è stato concluso allo scopo di avviare o di esercitare un’attività economica. Essa si richiama alle sentenza Rompelman, INZO e Breitsohl  (7) , fondandosi, in particolare, sui riferimenti compiuti dalla Corte ai principi di neutralità fiscale e di certezza del diritto. Se essa non fosse legittimata a effettuare la detrazione, sarebbe tenuta a pagare l’IVA a monte su beni e servizi acquistati per un’attività economica che effettua operazioni tassate a valle e le obbligazioni da essa assunte nel corso di tale attività muterebbero la loro natura in seguito ad un cambiamento successivo delle circostanze. All’udienza la Fini H ha sottolineato che la durata della clausola di divieto di recesso era prassi normale in materia commerciale.

20.      Il governo danese richiama l’attenzione sulla frase «per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità», contenuta all’art. 4, n. 2, della sesta direttiva. Quando un soggetto passivo non impiega più un immobile a tale scopo, il diritto di effettuare la detrazione cessa di esistere nello stesso momento in cui cessa l’attività economica o entro un ragionevole lasso di tempo da tale data. Egli non può quindi beneficiare indefinitamente di un diritto fondato sulla circostanza che in precedenza ha svolto tale attività. Quando cessa tale attività il soggetto passivo deve alienare l’immobile o altrimenti usarlo allo scopo di ottenere un reddito. Nella fattispecie in esame non sono stati fatti sforzi per utilizzare i locali o il contratto di locazione a tale scopo. Le spese che ha continuato a sostenere non erano collegate all’avvio, allo svolgimento o alla cessazione dell’attività commerciale. Ammettere un diritto ad effettuare la detrazione in tali circostanze sarebbe contrario al principio di neutralità fiscale, poiché non vi è alcun trasferimento dell’IVA su un consumatore finale. Escludere tale diritto è invece conforme alla certezza del diritto in quanto tale esclusione è fondata su criteri obiettivi e verificabili. La giurisprudenza citata dalla Fini H riguarda una situazione diversa e non è trasponibile al caso in esame. In ogni modo altre sentenze  (8) chiariscono che la mera titolarità di un contratto di locazione non può costituire un’attività economica.

21.      In primo luogo, la Commissione rileva che per giurisprudenza costante, dalla sentenza Rompelman alla sentenza Breitsohl  (9) , la Corte riconosce che l’autorità fiscale può esigere che la dichiarata intenzione di avviare un’attività economica che dà luogo ad operazioni imponibili venga confermata da elementi oggettivi, e in mancanza di tali elementi può rifiutare il diritto alla detrazione. In secondo luogo, talune transazioni relative, ad esempio, alla chiusura di un’attività commerciale continueranno ad essere effettuate «ai fini di» operazioni tassabili a valle anche dopo la cessazione dell’attività economica. Nel caso in esame, è compito del giudice nazionale stabilire se le transazioni dimostravano l’intento di proseguire l’attività economica o erano direttamente e necessariamente collegate alla chiusura di essa. La mera continuazione di un’obbligazione contrattuale in forma di un contratto di locazione non prova in ogni caso l’intenzione di proseguire un’attività economica. Infatti, se la Fini H avesse cercato di sfruttare il contratto di locazione allo scopo di procurarsi un reddito – questione che ancora una volta deve essere risolta dal giudice nazionale – i beni e servizi acquisiti avrebbero potuto essere imputabili a tale nuova e futura attività, ma non alla precedente attività di ristorazione.

Valutazione

Considerazioni generali

22.      Nel normale svolgimento di un’attività commerciale consistente in operazioni a monte e a valle, entrambe soggette ad IVA, il soggetto passivo cerca di trarre un profitto costante, in modo che l’ammontare dell’imposta a valle sia in genere maggiore dell’imposta a monte. Quindi egli pagherà periodicamente alle autorità fiscali la differenza tra le due, cioè l’ammontare della tassa a valle che ha percepito dai suoi clienti previa detrazione dell’imposta a monte applicata sui beni e servizi usati per le sue operazioni a valle  (10) .

23.      In ogni caso questo è un quadro semplificato, da cui in pratica talune operazioni specifiche possono discostarsi.

24.      In primo luogo, benché l’imposta a monte possa essere detratta solo se i beni e servizi a cui si riferisce sono impiegati per operazioni tassabili a valle, e benché in tale contesto sia spesso usata la metafora di una catena di transazioni, la detrazione non dipende dal completamento di una sequenza cronologia di operazioni a monte e a valle specificamente in rapporto tra loro.

25.      Pertanto l’imposta pagata a monte è deducibile non appena è esigibile e non è necessario attendere che sia effettuata un’operazione a valle che utilizzi l’acquisizione a monte  (11) . Ciò che rileva è stabilire se quell’operazione a monte costituisce una componente del costo di un’operazione tassabile a valle e presenta quindi un nesso immediato e diretto con tale transazione  (12) .

26.      In secondo luogo, sebbene i costi generali di un’impresa che effettua operazioni tassabili a monte non possano essere attribuiti a operazioni a valle specifiche, essi sono in linea di principio da considerarsi di per sé come componenti del costo laddove presentino un nesso immediato e diretto con il complesso della sua attività economica  (13) .

27.      In terzo luogo, non solo l’IVA pagata a monte è detraibile, sia su servizi specifici che sui costi generali di gestione, prima ancora che sia effettuata qualsiasi operazione tassabile a valle – per esempio quando viene avviata un’impresa –, ma il diritto di effettuare la detrazione rimane acquisito anche quando l’attività economica prevista non ha dato luogo ad operazioni tassate o il soggetto passivo non ha potuto utilizzare i beni o i servizi acquisiti per circostanze estranee alla sua volontà. Tuttavia in tali casi si presuppone la condizione che vi sia una reale intenzione – dimostrata da prove obiettive che le autorità fiscali hanno pieno diritto di pretendere – di effettuare tali transazioni e che i costi siano stati sostenuti a tale scopo  (14) .

28.      In quarto luogo, il diritto alla deduzione può continuare ad esistere persino quando il soggetto passivo non realizzi più operazioni a valle dopo aver acquisito le forniture a monte, come ad esempio nel caso di spese sostenute per concludere lo svolgimento dell’attività economica.

29.      La Corte ha dichiarato che ciò accade, in linea di principio, con le spese sostenute per trasferire la totalità o parte dei beni di un’impresa ad un altro soggetto passivo  (15) . Anche se tale regola è stata dettata nel contesto specifico dell’art. 5, n. 8, della sesta direttiva, in forza del quale è possibile ritenere che in quel caso non abbia avuto luogo alcuna fornitura, la stessa interpretazione deve applicarsi anche quando il soggetto passivo cessa l’attività economica in altre circostanze. Come la Corte ha dichiarato nella sentenza Abbey National  (16) :

«Ogni altra interpretazione dell’art. 17 della sesta direttiva sarebbe contraria al principio che impone che il sistema dell’IVA comporti una perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche dell’impresa, purché queste siano di per sé soggette all’IVA, e porrebbe a carico dell’operatore, nell’esercizio della sua attività economica, l’onere dell’IVA senza dargli la possibilità di effettuarne la detrazione (v., in questo senso, sentenza Gabalfrisa e a., citata, punto 45). Così, si procederebbe ad un’arbitraria distinzione tra, da una parte, le spese effettuate per le esigenze di un’impresa prima dell’esercizio effettivo di quest’ultima e quelle effettuate durante il detto esercizio e, dall’altra, le spese effettuate per porre fine a tale esercizio».

30.      Infine, in talune circostanze, l’ammontare dell’IVA a monte può essere superiore all’ammontare dell’imposta a valle, risultando in un pagamento da parte delle autorità fiscali a favore del soggetto passivo. Tale situazione si può verificare quando un’attività economica non produce un profitto o anche quando essa non effettua operazioni tassate a valle. Ciò può verificarsi durante periodi fiscali in cui un’attività economica inizia o è in liquidazione e non sono ancora, o non sono più effettuate operazioni a valle.

31.      Tale situazione non è di per sé affatto incompatibile con il regime comunitario dell’IVA, sebbene comporti un pagamento netto al soggetto passivo con riferimento a una parte o a tutto il periodo della sua attività economica – che continua a rimanere un’attività economica qualunque ne siano i risultati  (17) .

32.      L’IVA è definita come un’imposta generale sul consumo (finale, privato)  (18) , e non come un carico gravante su imprese che operano nelle fasi che portano a tali consumi. La Corte ha costantemente evidenziato che il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche  (19) . Le situazioni in cui un soggetto passivo può recuperare l’IVA pagata a monte senza effettuare operazioni tassabili a valle comportano semplicemente la restituzione di somme precedentemente anticipate alle autorità fiscali sul presupposto che le operazioni che le avevano giustificate portassero ad un’ultima operazione tassabile per il consumo finale. Se tale presupposto non è soddisfatto e tale consumo finale non si verifica, manca il fondamento per la riscossione dell’imposta in stadi precedenti. Di conseguenza, gli importi anticipati devono essere restituiti al soggetto passivo su cui grava attualmente il carico fiscale.

La presente fattispecie

33.      Benché le questioni del giudice nazionale siano formulate con riferimento a che cosa costituisca un’attività economica ai sensi dell’art. 4 della sesta direttiva, il problema consiste nello stabilire se la Fini H sia legittimata a detrarre la sua imposta pagata a monte nelle circostanze di fatto descritte.

34.      Tale legittimazione dipende non solo dalla qualità di soggetto passivo della Fini H (una persona che svolge l’attività economica in parola), ma anche dall’esistenza di un nesso immediato e diretto tra le operazioni a monte di cui si tratta e le operazioni attuali o progettate a valle dell’attività in esame, come richiesto dall’art. 17 della direttiva e dalla giurisprudenza citata alle note 12 e 13.

35.      La Fini H ha cessato l’attività di ristorazione nei locali in questione nel luglio 1993, ma ha continuato a pagare il canone di locazione in adempimento dell’obbligazione contrattuale assunta per svolgere tale attività.

36.      Sembra evidente che, quando un soggetto passivo termina un’attività economica, la sua qualità di soggetto passivo non può immediatamente cessare con la sua ultima operazione a valle. Ci saranno inevitabilmente spese successive – comprese quelle che possono derivare da obbligazioni che non possono essere immediatamente estinte – da imputare ai profitti finali e complessivi dell’impresa. L’IVA pagata su tali spese deve essere detraibile poiché esse influiranno sul totale del valore aggiunto nel corso della gestione dell’impresa nel suo complesso, il che a sua volta determina l’ammontare totale dell’IVA da dichiarare.

37.      Inoltre dalla sentenza Abbey National  (20) risulta che l’IVA sulle spese per cessare l’attività deve restare detraibile anche se non sono state effettuate ulteriori operazioni tassabili a valle. Tali spese formano parte dei costi generali dell’impresa di ristorazione nel suo complesso, dall’apertura alla chiusura, e pertanto presentano un nesso immediato e diretto con le operazioni a valle effettuate nell’ambito di tale impresa.

38.      Le spese sostenute per la cessione del contratto di locazione dei locali commerciali devono rientrare in tale categoria, allo stesso modo di quelle relative all’alienazione degli altri elementi dell’attivo del ristorante. E dal momento che non si può ragionevolmente pretendere che l’impresa che sta chiudendo alieni il suo attivo da un giorno all’altro, devono essere compresi nelle spese generali anche costi temporanei inevitabili come il pagamento del canone di locazione in attesa della cessione definitiva del contratto di locazione in corso.

39.      Pertanto, in linea di principio, la prima questione del giudice nazionale può essere risolta affermativamente: nelle circostanze descritte si può ritenere che il soggetto passivo continui ad agire come tale, ossia come se continuasse a svolgere un’attività economica nel senso dell’art. 4 della direttiva.

Durata della locazione

40.      Tuttavia, la difficoltà della presente fattispecie, cui il giudice nazionale si riferisce nella sua seconda questione, nasce dalla durata eccezionalmente lunga del periodo – circa cinque anni – durante il quale il contratto di locazione è stato mantenuto dopo che l’attività era cessata, senza essere ceduto o usato per un’altra attività economica.

41.      Le ragioni della durata del contratto sono duplici: da un lato, non si poteva recedere dalla locazione senza il consenso del proprietario, il quale non l’aveva dato; dall’altro, le opportunità presentatesi di trovare un altro locatario erano a condizioni che la Fini H non aveva accettato.

42.      Per quanto riguarda il primo punto, dall’ordinanza di rinvio risulta che la Fini H non era legittimata a recedere dalla locazione prima del 1998. La locazione era stata conclusa per la gestione dell’impresa di ristorazione, attività economica consistente in operazioni tassabili a valle. Dal momento che la Fini H non poteva evitare di pagare il canone di locazione dopo la chiusura dell’attività economica (e i locali non erano usati ad alcun altro scopo), il canone di locazione deve essere considerato come una componente dei costi generali dell’attività nel suo complesso. L’IVA percepita su tale canone deve poter quindi essere detratta.

43.      Tuttavia, risulta anche che il pagamento dell’intero canone di locazione non era inevitabile, in quanto almeno alcune delle spese potevano essere risparmiate accettando un altro locatario, sebbene a condizioni non completamente soddisfacenti per la Fini H. Può il rifiuto di quest’ultima di accettare tali condizioni influire sul suo diritto a detrazione?

44.      Di norma una persona che svolge un’attività economica cercherà di farlo – nella creazione, nella gestione o nella chiusura dell’impresa – nel modo più proficuo possibile. Di fatto, tale presunzione sta alla base di tutto il sistema dell’imposta sul valore aggiunto.

45.      Inoltre è una presunzione del tutto ragionevole nel normale svolgimento di un’attività economica, la quale tende a smentire le preoccupazioni del governo danese che un imprenditore possa in qualche modo riuscire a ottenere 98 anni di rimborsi dell’IVA pagata a monte su un contratto di locazione di 99 anni usato solo un anno per un’effettiva attività economica. In mancanza di dolo, l’importo dell’imposta dedotta a monte non può mai superare l’importo delle spese effettivamente sopportate a monte.

46.      Tuttavia accade talvolta che una o più fasi dell’operazione non siano proficue.

47.      Dalla sentenza Rompelman alla sentenza Breitsohl, la Corte ha ammesso che tali circostanze non influiscono, in linea di principio, sul diritto di detrarre l’imposta a monte quando nella fase iniziale un’attività economica non decolla per cause indipendenti dalla volontà dell’operatore economico. Ciò vale anche quando la fase finale o persino tutta l’attività è in perdita in quanto il valore delle operazioni tassate a monte è superiore a quello delle operazioni tassabili a valle.

48.      A mio parere, non è rilevante il fatto che le ragioni di tale situazione non dipendano – o non dipendano interamente – dalla volontà del soggetto passivo, purché non vi sia dolo, abuso o altro uso anomalo delle operazioni a monte di cui trattasi.

49.      L’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto è una questione oggettiva. L’imposta è prelevata sul valore effettivamente aggiunto, anche se un operatore più accorto avrebbe potuto aggiungere un valore superiore, generando la riscossione di un’imposta superiore. Il risultato non può essere diverso nemmeno se un soggetto passivo non è riuscito a ridurre al minimo le sue perdite, e quindi l’ammontare dell’imposta pagata a monte che l’autorità fiscale deve rimborsargli, sia durante un periodo fiscale particolare che durante tutto lo svolgimento della sua attività economica. Il livello auspicato di profitti dipende da molti fattori, (21) e non si può pretendere che un soggetto passivo svolga la sua attività economica allo scopo di massimizzare gli introiti dell’IVA o essere penalizzato per non averlo fatto.

50.      Inoltre si dovrebbe tener presente che, a meno che non vi sia la volontà di abusare del sistema fiscale, i soggetti passivi generalmente cercheranno di contenere le loro perdite al minimo, per cui «diminuzioni» degli introiti dell’IVA in circostanze analoghe a quelle della presente fattispecie sono in pratica probabilmente piuttosto rare.

51.      Il parere da me sostenuto è fondato tuttavia sulla presunzione che le operazioni a monte in questione non perdano il loro nesso immediato e diretto con le operazioni tassabili a valle dell’attività economica considerata nel suo complesso, dalla sua creazione alla sua cessazione.

52.      Tale nesso può venire a mancare in molti modi allorché le forniture a monte – nella fattispecie i locali affittati e i servizi connessi – sono usate per un fine distinto da quelli dell’attività economica. Questo accadrebbe se i locali fossero usati per fini privati (il che configurerebbe un consumo finale e non farebbe sorgere alcun diritto alla detrazione) o per altre attività economiche (nel qual caso il diritto alla detrazione sarebbe determinato dalle circostanze relative a tale attività; v. supra, paragrafi 54-57). Naturalmente ciò accadrebbe anche se vi fosse dolo o abuso, in relazione al regime dell’IVA o a qualsiasi altro regime.

53.      A tale proposito, sembrerebbe ragionevole ritenere, per analogia con la giurisprudenza in merito ai costi sostenuti per avviare un’impresa, che l’autorità fiscale possa richiedere prove obiettive che le operazioni a monte non sono state impiegate per fini diversi da quelli dell’impresa originaria.

Eventuale intenzione di avviare una nuova attività economica

54.      Un ultimo aspetto della seconda questione sollevata dal giudice nazionale è di stabilire se sia rilevante la circostanza che la Fini H intendesse usare i locali per qualche altra attività economica soggetta ad IVA.

55.      Tale situazione sarebbe disciplinata dalla giurisprudenza esistente della Corte, dalla sentenza Rompelman alla sentenza Breitsohl. Se, nel corso del periodo controverso, la Fini H aveva effettivamente l’intenzione di usare i locali per ricavarne degli introiti attraverso transazioni soggette ad IVA, ad esempio una sublocazione, allora l’imposta a monte sarebbe in linea di principio detraibile, anche se tali introiti alla fine non si fossero concretizzati.

56.      Tuttavia, risulta chiaramente dalla giurisprudenza che l’autorità fiscale può richiedere prove oggettive che la Fini H aveva in buona fede l’intenzione di usare i locali presi in affitto a tale scopo. In mancanza di tali prove, essa può rifiutare di concedere la detrazione  (22) . Ciò presuppone a sua volta che l’intenzione deve essere accertata e ragionevolmente specifica. A mio parere, la semplice volontà di usare i locali a tale fine, se e qualora se ne presentasse l’occasione, non sarebbe sufficiente.

57.     È compito del giudice nazionale valutare in fatto se tale impostazione è pertinente. Tuttavia, poiché nella presente fattispecie la Fini H stessa sembra non fare affidamento su tale impostazione, la valutazione riguarderà probabilmente solo i fattori che ho illustrato in precedenza in merito al nesso esistente tra l’attività di ristorazione cessata e la locazione che continua.

Conclusioni

58.      Pertanto sono del parere che la Corte debba risolvere le questioni sollevate dallo Højesteret nel modo seguente:

1)Gli artt. 4 e 17 della sesta direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che quando un soggetto passivo, per le sue operazioni tassabili a valle, ha assunto l’obbligazione di acquistare forniture tassabili di beni o servizi – come un contratto di locazione per locali commerciali –, ma cessa di effettuare operazioni tassabili a valle prima della scadenza dell’obbligazione, pur continuando, in adempimento a tale obbligazione, ad acquisire i beni e i servizi in questione, in linea di principio deve essere considerato a tale proposito come avente la qualità di soggetto passivo che agisce come tale e che è quindi legittimato a detrarre l’IVA su tali beni o servizi per la durata dell’obbligazione iniziale, purché:

–il nesso immediato e diretto tra i beni e servizi e le operazioni per cui l’obbligazione iniziale è stata assunta non cessi per un’utilizzazione a fini privati o ai fini di un’attività economica diversa; e

–il perdurare di tale nesso immediato e diretto possa essere confermato da prove obiettive, se le autorità fiscali lo richiedono.

2)La durata del periodo trascorso prima della scadenza dell’obbligazione non è in linea di principio rilevante a tale proposito. La circostanza che la persona interessata possa attivamente cercare di utilizzare i beni o servizi acquisiti per un fine diverso da quello delle operazioni iniziali tassabili a valle è rilevante solo se può interrompere il nesso immediato e diretto con tali operazioni.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari (GU n. 71, pag. 1301).


3 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).


4 – Sentenze 14 febbraio 1985, causa 268/83 , Rompelman (Racc. pag. 655); 29 febbraio 1996, causa C-110/94, INZO (Racc. pag. I-857); 15 gennaio 1998, causa C-37/95, Ghent Coal Terminal (Racc. pag. I-1); 21 marzo 2000, cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a. (Racc. pag. I-1577), e 8 giugno 2002, causa C-396/98, Schloßstraße (Racc. pag. I-4279); sentenza 8 giugno 2000, causa C-400/98, Breitsohl (Racc. pag. I-4321).


5 – V. sentenza 21 febbraio 2001, causa C-408/98, Abbey National (Racc. pag. I-1361, in particolare punti 35 e segg.), e sentenza 29 aprile 2004, causa C-137/02, Faxworld (Racc. pag. I-5547, punto 39).


6 – Regolamento di codificazione n. 804 del 16 agosto 2000.


7 – Cit. supra, nota 4.


8 – Sentenza 20 giugno 1991, causa C-60/90, Polysar Investments (Racc. pag. I-3111); sentenza 6 febbraio 1997, causa C-80/95, Harnas & Helm (Racc. pag. I-745); ordinanza 12 luglio 2001, causa C-102/00, Welthgrove (Racc. pag. I-5679).


9 – Cit. supra, nota 4. La Commissione cita in particolare la sentenza Breitsohl, punto 39.


10 – La situazione è più complessa quando alcune operazioni sono tassabili e altre sono esenti, dando luogo alla detrazione pro rata. Nella fattispecie in esame tuttavia non vi sono elementi che suggeriscano che la Fini H fosse impegnata in operazioni che non rientrano in un'attività economica integralmente soggetta ad IVA.


11 – Art. 17, n. 1, della sesta direttiva.


12 – V., ad esempio, sentenze 6 aprile 1995, causa C-4/94, BLP Group (Racc. pag. I-983, punto 19), e 8 giugno 2000, causa C-98/98, Midland Bank (Racc. pag. I-4177, punti 20 e segg).


13 – V., ad esempio, sentenza 27 settembre 2001, causa C-16/00, CIBO Participations (Racc. pag. I-6663, punto 35).


14 – V., ad esempio, le sentenze citate alla nota 4 e la sentenza Midland Bank, citata alla nota 12, punto 22.


15 – V. sentenze Abbey National e Faxworld, citate entrambe alla nota 5.


16 – Punto 35.


17 – Art. 4, n. 1, della sesta direttiva IVA.


18 – V. art. 2 della prima direttiva IVA, citata al paragrafo 2.


19 – V., ad esempio, Ghent Coal Terminal (citata supra, nota 4), punto 15.


20 – V. supra, punti 28 e 29.


21 – V. sentenza BLP Group (citata supra, nota 12), punto 26.


22 – V., ad esempio, sentenza Gabalfrisa e a. (citata supra nota 4), punto 46.