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CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

ANTONIO TIZZANO

presentate il 28 ottobre 2004 (1)

Causa C-172/03

Wolfgang Heiser

contro

Finanzlandesdirektion für Tirol

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Austria)]





«Aiuto di Stato – Sesta direttiva IVA – Esonero delle prestazioni professionali mediche dal pagamento dell'imposta sul valore aggiunto – Rettifica delle deduzioni»

I –    Introduzione

1.     La presente causa riguarda un quesito pregiudiziale sottoposto alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Verwaltungsgerichtshof (Tribunale amministrativo) e relativo all’interpretazione dell’art. 87 CE.

2.     In sostanza, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare se una normativa nazionale che prevede per le prestazioni mediche il passaggio da un regime di assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto (IVA) ad un regime di esenzione e che non implica, a seguito di tale passaggio, la rettifica delle deduzioni ai sensi dell’art. 20 della sesta direttiva IVA (2) (in prosieguo: la «direttiva») costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE.

II – Quadro giuridico

Il diritto comunitario

3.     Ai fini della causa in esame va innanzi tutto richiamato l’art. 87, n. 1, CE che, com’è noto, fatte salve le deroghe contemplate dal Trattato, prevede l’incompatibilità con il mercato comune degli aiuti concessi dagli Stati o mediante risorse statali che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza ed incidano sugli scambi tra Stati membri.

4.     L’art. 88, n. 3, CE prevede poi che i progetti diretti a istituire o modificare aiuti sono comunicati in tempo utile alla Commissione e che gli Stati membri non possono dare esecuzione alle misure progettate prima di una decisione di quest’ultima.

5.     È opportuno altresì far menzione dell’art. 86, n. 2, CE, il quale dispone che:

«Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità».

6.     Ai fini della presente causa rilevano inoltre alcune disposizioni della sesta direttiva IVA.

7.     L’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della direttiva prevede l’esenzione dall’imposta per prestazioni mediche, enunciando quanto segue:

«A. Esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico

1. Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

c)      le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati;

(…)».

8.     Tale esenzione è applicabile in Austria dal 1° gennaio 1997. Il punto IX dell’allegato XV dell’atto di adesione di tale paese all’Unione europea dispone, per quanto qui interessa, come segue:

«a) In deroga agli articoli 12 e 13 bis, paragrafo 1:

la Repubblica d’Austria può continuare ad applicare, fino al 31 dicembre 1996:

–      un’aliquota ridotta dell’IVA del 10% per le attività ospedaliere nel settore del servizio sanitario pubblico e dell’assistenza sociale e per i trasporti di malati o feriti in veicoli all’uopo equipaggiati effettuati da organismi debitamente autorizzati;

–      un’aliquota normale dell’IVA del 20% per la prestazione di cure da parte di medici nel settore del servizio sanitario pubblico e dell’assistenza sociale;

–      un’esenzione, con rimborso delle imposte pagate allo stadio anteriore, per le forniture effettuate da enti operanti nel settore della sicurezza sociale e dell’assistenza sociale.

(….)».

9.     L’art. 17 della direttiva concerne l’origine e la portata del diritto a deduzione e stabilisce che:

«1. Il diritto a deduzione nasce quando l’imposta deducibile diventa esigibile.

2. Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a )      l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(…)».

10.   La rettifica delle deduzioni è disciplinata dall’art. 20 della direttiva, che dispone:

«1. La rettifica della deduzione iniziale è effettuata secondo le modalità fissate dagli Stati membri, in particolare:

a)      quando la deduzione è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto;

b)      quando, successivamente alla dichiarazione, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle deduzioni, in particolare in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo; tuttavia, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non retribuite, in caso di distribuzione, perdita o furto dei beni, debitamente provati e confermati, nonché in caso di prelievi effettuati per concedere omaggi di valore ridotto e campioni di cui all’articolo 5, paragrafo 6. Gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica in caso di operazioni totalmente o parzialmente non retribuite e in caso di furto.

2. Per quanto riguarda i beni d’investimento, la rettifica deve essere ripartita su cinque anni, compreso l’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati. Ogni anno tale rettifica è effettuata solo per un quinto dell’imposta che grava sui beni in questione. Essa è eseguita secondo le variazioni del diritto a deduzione che hanno avuto luogo negli anni successivi rispetto all’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati.

In deroga al comma precedente, gli Stati membri possono basare la rettifica su un periodo di cinque anni interi a decorrere dalla prima utilizzazione dei beni.

Per quanto riguarda i beni d’investimento immobili, il periodo da assumere come base per il calcolo della rettifica può essere portato fino a 10 anni».

Il diritto nazionale

11.   L’art. 6, n. 1, punto 19, dell’Umsatzsteuergesetz 1994 (legge austriaca relativa all’imposta sulla cifra d’affari; in prosieguo: l’«UStG») prevede che in Austria le operazioni connesse all’attività di medico sono esenti dall’IVA. Ai sensi dell’art. 29, n. 5, dell’UstG, in applicazione dell’allegato XV dell’atto di adesione dell’Austria all’UE, tale esenzione dall’imposta si applica solo alle operazioni eseguite dopo il 31 dicembre 1996. Le prestazioni mediche effettuate prima di tale data erano pertanto soggette all’IVA e tassate sulla base del tasso normale di imposizione.

12.   La rettifica delle deduzioni è prevista dall’art. 12, nn. 10 e 11, dell’UStG, che dispone:

«10. Se rispetto ad un bene, utilizzato dall’imprenditore nella sua impresa come bene d’investimento, nei quattro anni solari successivi all’anno del primo impiego del bene variano le circostanze che erano determinanti ai fini della deduzione nell’anno solare del primo impiego (n. 3), occorre allora effettuare una compensazione attraverso la rettifica della deduzione per ogni anno in cui si verifica la variazione stessa.

Ciò vale, mutatis mutandis, per gli importi delle deduzioni che spettano per costi ulteriori d’acquisto o di produzione, spese dovute all’avviamento e costi relativi a grandi riparazioni immobiliari, per i quali il periodo di rettifica decorre dall’inizio dell’anno solare successivo a quello in cui, per la prima volta, le prestazioni che hanno generato siffatti costi e spese sono state effettuate in collegamento con il bene d’investimento.

Quanto agli immobili ai sensi dell’art. 2 del Grunderwerbssteuergesetz 1987 (legge relativa all’imposta sugli acquisti immobiliari) (incluse le spese dovute all’avviamento ed i costi per le grandi riparazioni) è applicabile, invece del periodo di quattro anni solari, un periodo di nove anni solari.

(…).

11. Se relativamente ad un bene che l’imprenditore ha fabbricato o ha acquisito per la sua impresa o ad altre prestazioni che sono state fornite alla sua impresa variano i presupposti che erano determinanti ai fini della deduzione (n. 3), occorre allora, per quanto non sia applicabile il n. 10, procedere alla rettifica della deduzione per il periodo di imposizione in cui si è prodotta la variazione».

13.   L’art. XIV, n. 3, della legge federale BGBl. 21/1995, modificata dalla BGBl. 756/1996 (in prosieguo: la «legge BGBl. 21/1995»), esclude tuttavia tale rettifica per quanto attiene alle deduzioni effettuate dai medici prima del passaggio al regime d’esenzione, stabilendo che:

«Non si effettua la rettifica delle deduzioni ex art. 12, nn. 10 e 11, dell’UStG 1994 che andrebbe eseguita per effetto dell’applicazione, avvenuta per la prima volta dopo il 31 dicembre 1996, del disposto dell’art. 6, n. 1, punti 17 e 18, ad eccezione di quanto si riferisce agli istituti di degenza, case di riposo, istituti per ciechi ed ospizi, nonché punti 19-22 dell’UStG 1994 (…)».

14.   Va infine rilevato che il Gesundheits- und Sozialbereich-Beihilfengesetz (BGBl. 746/1996; legge austriaca sugli aiuti nei settori sanitario e sociale) prevede un sistema di sovvenzioni destinate a compensare l’IVA pagata dai medici e diventata non deducibile a seguito del passaggio al regime d’esenzione.

III – Fatti e procedura

15.   Il sig. Heiser, ricorrente nella causa principale, è medico specialista in odontoiatria, odontostomatologia e ortondonzia.

16.   Nella dichiarazione relativa al pagamento dell’IVA per l’anno 1997, il ricorrente chiedeva uno sgravio fiscale di circa  ATS 3,5 milioni. Egli aveva fondato la propria domanda sul fatto che, secondo la legislazione austriaca, le prestazioni mediche di lunga durata (come i trattamenti ortodontici) iniziate prima del 1° gennaio 1997, ma terminate dopo il 31 dicembre 1996 – cioè dopo il passaggio dal regime di tassazione al regime di esenzione dall’IVA – sono considerate prestazioni esenti dall’imposta. Avendo versato l’IVA per acconti percepiti prima del 1997 per trattamenti ortodontici non ancora terminati al momento del passaggio al regime di esenzione, il sig. Heiser riteneva di poter applicare retroattivamente tale regime ai detti trattamenti.

17.   Partendo dal principio che, nel caso di trattamenti ortodontici di lunga durata, la prestazione si svolge pressappoco in un anno, il Finanzamt (amministrazione finanziaria) ha quindi accordato il 4 ottobre 1999, con decisione relativa all’IVA dovuta per il 1997, lo sgravio fiscale in questione solo per quei trattamenti che erano iniziati nel 1996. Esso ha pertanto considerato, ai fini dello sgravio fiscale, solo l’importo di ATS 1 460 000, somma inferiore rispetto a quella richiesta dal sig. Heiser.

18.   Contro tale decisione il ricorrente ha presentato un reclamo alla Finanzlandesdirektion für Tirol, autorità competente per i reclami. Con circolare del 1° marzo 2002 questa ingiungeva, tra l’altro, al Finanzamt, di accertare in quale misura alla data del 1° gennaio 1997 si dovesse procedere, per effetto del passaggio dall’assoggettamento all’imposta all’esenzione dalla medesima, alla rettifica delle deduzioni ai sensi dell’art. 12, n. 10, dell’UStG.

19.   Il 19 settembre 2002, in seguito a tali accertamenti, la Finanzlandesdirektion für Tirol ha respinto il ricorso contro l’avviso d’imposta e ha proceduto ad una modifica in peius della decisione del Finanzamt, rettificando al 1° gennaio 1997 le deduzioni effettuate dal sig. Heiser tra il 1993 ed il 1996 per investimenti in immobili ed in beni mobili. L’importo totale di tali rettifiche ammonterebbe a S 254 506,09 (pari a euro 18 495,69).

20.   Il sig. Heiser ha quindi presentato ricorso al Verwaltungsgerichtshof contestando, tra l’altro, il fatto che l’autorità competente avesse effettuato rettifiche delle deduzioni. Ciò a motivo del fatto che l’art. XIV, n. 3, della legge BGBl. 21/1995 esclude espressamente che i medici dovessero effettuare la rettifica delle deduzioni al 1° gennaio 1997.

21.   Per parte sua, la Finanzlandesdirektion für Tirol ha opposto che non vi era motivo nella specie di applicare l’art. XIV, n. 3, della legge BGBl. 21/1995, poiché tale disposizione comporterebbe un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE, non notificato alla Commissione e quindi da questa non approvato. A norma dell’art. 88, n. 3, CE, pertanto, le autorità austriache non potrebbero dare esecuzione ad un aiuto non notificato. Inoltre quella disposizione sarebbe anche in contrasto con l’art. 20 della sesta direttiva.

22.   Il Verwaltungsgerichtshof, nutrendo dubbi sull’interpretazione dell’art. 87 CE, con ordinanza del 31 marzo 2003 ha deciso di sospendere il procedimento innanzi ad esso pendente e di sottoporre alla Corte di giustizia il seguente quesito pregiudiziale:

«Se una normativa come quella disposta dall’art. XIV, n. 3, della legge federale BGBl. 21/1995 nella versione BGBl. 756/1996, quindi una normativa secondo cui per i medici il passaggio dallo svolgimento di operazioni soggette all’imposta sulla cifra di affari allo svolgimento di operazioni esenti dall’imposta sulla cifra di affari in rapporto a beni impiegati in seguito nell’impresa non implica la riduzione della deduzione già accordata prevista all’art. 20 della sesta direttiva 77/388/CEE, costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE (rispettivamente art. 92 CEE)».

23.   Nel procedimento così instauratosi hanno presentato osservazioni scritte e sono intervenute all’udienza del 30 settembre 2004 la ricorrente, il governo austriaco e la Commissione.

IV – Analisi giuridica

24.   Come si è visto, la questione sollevata concerne l’art. 87, n. 1, CE. Il giudice del rinvio chiede infatti se la deroga all’obbligo di rettifica delle deduzioni prevista dalla legislazione austriaca a favore degli operatori del settore medico debba essere qualificata come aiuto di Stato.

La questione della compatibilità della normativa nazionale con l’art. 20 della sesta direttiva

25.   Prima di passare all’esame del quesito, devo rilevare che tutte le parti intervenienti hanno anche presentato osservazioni in merito alla compatibilità della misura nazionale in questione con l’art. 20 della sesta direttiva.

26.   In particolare, la Commissione contesta che sussista tale compatibilità. Attraverso una serie di argomenti di carattere letterale e teleologico, essa arriva infatti alla conclusione che l’art. 20 impone di procedere, a seguito della soppravenuta modifica del regime IVA austriaco, alla rettifica delle deduzioni. Ciò anche se, a suo avviso, siffatta rettifica potrebbe essere richiesta solo relativamente all’IVA detratta dopo l’adesione dell’Austria all’Unione europea, ossia dopo il 1° gennaio 1995. Prima di tale data, in effetti, la sesta direttiva non era applicabile in Austria; la questione della rettifica di deduzioni effettuate in precedenza dovrebbe quindi essere risolta alla luce della sola legislazione austriaca applicabile all’epoca.

27.   Il governo austriaco e il sig. Heiser obiettano invece che i principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto ostano a che il diritto alla detrazione dell’IVA, una volta sorto, possa subire successivamente una rettifica ai sensi dell’art. 20 in conseguenza del passaggio da un regime di assoggettamento all’IVA ad un regime di esenzione, in conseguenza cioè di un evento estraneo alla volontà del soggetto passivo. La normativa austriaca sarebbe quindi conforme all’art. 20 della sesta direttiva, interpretato alla luce dei suddetti principi generali dell’ordinamento comunitario.

28.   Per parte mia, devo innanzi tutto ribadire che il Verwaltungsgerichtshof non ha chiesto alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 20 della direttiva.

29.   Ciò malgrado, ci si deve interrogare se una risposta su questo punto non sia ugualmente necessaria. Come ha infatti precisato la giurisprudenza comunitaria, «per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto comunitario alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione» (3).

30.   Occorre dunque verificare se l’interpretazione della disposizione comunitaria in causa sia utile per la soluzione della causa principale.

31.   Ora, a me sembra che questo non sia il caso. È evidente infatti che nessuna implicazione avrebbe per il giudizio principale l’accoglimento della tesi della compatibilità della normativa nazionale con l’art. 20 della sesta direttiva. In tal senso, invero, resterebbe comunque da accertare se il trattamento derogatorio introdotto da tale normativa costituisca o meno un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. L’indicata interpretazione della disposizione comunitaria non sarebbe quindi di alcun ausilio al giudice nazionale per la soluzione della controversia principale.

32.   Altra ovviamente sarebbe, in principio, la conclusione ove si accogliesse la soluzione prospettata dalla Commissione, e cioè quella secondo cui l’art. 20 osta ad una normativa nazionale che non prevede la rettifica delle deduzioni in caso di modifica del contesto normativo (4). In tal caso infatti detta normativa dovrebbe essere, in linea di principio, disapplicata in quanto contraria ad una disposizione comunitaria, e non sarebbe quindi necessario verificare se essa costituisca altresì un aiuto di Stato.

33.   A ben vedere, però, nel presente caso anche questa soluzione finirebbe con l’essere ininfluente per il giudizio nazionale. E ciò perché, come rileva giustamente la stessa Commissione, il giudice nazionale non potrebbe disapplicare la normativa nazionale eventualmente dichiarata in contrasto con la direttiva per imporre la rettifica delle deduzioni in questione. Un siffatto risultato implicherebbe infatti necessariamente la condanna del sig. Heiser al pagamento di una imposta di livello più elevato rispetto a quello derivante dall’applicazione della citata disposizione nazionale. Ora, come ha più volte sottolineato la Corte, «secondo l’art. [249] del Trattato, la natura cogente della direttiva sulla quale è basata la possibilità di farla valere dinanzi al giudice nazionale esiste solo nei confronti dello "Stato membro cui è rivolta". Ne consegue che la direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e che una disposizione di una direttiva non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello stesso» (5). Pertanto al sig. Heiser, che fa valere un determinato diritto conferitogli specificamente da una disposizione nazionale, le autorità austriache non potrebbero opporre l’eventuale incompatibilità di tale disposizione con l’art. 20 (6).

34.   In entrambi i casi, dunque, la soluzione della questione prospettata non sarebbe utile per il giudizio nazionale.

35.   Mi limiterò perciò ad esaminare il quesito posto dal giudice del rinvio, ovvero se la deroga all’obbligo di rettifica di cui beneficia il settore medico austriaco possa configurare un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE.

Analisi del quesito

36.   L’Austria e il sig. Heiser, da un lato, e la Commissione, dall’altro, danno al quesito in esame risposte completamente divergenti con motivazioni di cui si darà conto, ove necessario, nel prosieguo. Mentre la Commissione ritiene che il provvedimento contestato costituisca un aiuto di Stato, le altre due parti intervenienti sostengono il contrario.

37.   Per parte mia, devo ricordare che, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, per valutare se una misura pubblica costituisca un aiuto di Stato, occorre verificare che siano soddisfatte quattro condizioni cumulative: i) la misura deve conferire un vantaggio selettivo a talune imprese o a talune produzioni; ii) il vantaggio deve essere concesso direttamente o indirettamente mediante risorse statali; iii) la misura deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza, e iv) deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri (7).

38.   Passerò quindi ad esaminare analiticamente tali condizioni con riferimento alla fattispecie in questione, avvertendo peraltro, in via del tutto preliminare, che in tanto si pone nel caso di specie un problema di sussistenza o meno della qualifica di aiuto di Stato della misura controversa in quanto tale misura concerne un’attività economica, cioè «[un’] attività che consist[a] nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato» (8). Com’è noto infatti una misura può costituire aiuto di Stato solamente qualora ne benefici un’«impresa», nozione che ai fini dell’applicazione delle norme del Trattato in materia di concorrenza comprende, secondo una giurisprudenza costante, «qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e delle sue modalità di finanziamento» (9).

39.   È ben vero che non è del tutto sicuro che nel settore delle cure mediche questa condizione ricorra sempre e necessariamente. Ricordo infatti che, secondo un indirizzo giurisprudenziale formulato dalla Corte in materia previdenziale, non dovrebbero essere considerate imprese enti o organismi che svolgono una funzione a «carattere esclusivamente sociale», priva di qualsiasi scopo lucrativo (10). Tuttavia, non è questa l’ipotesi che viene in rilievo nel caso di specie. Invero siamo qui in presenza di una situazione assimilabile a quella esaminata nella sentenza Pavlov, relativamente a medici specialisti olandesi. In tale sentenza la Corte ha ritenuto che quei medici costituiscano imprese ai sensi del Trattato, dal momento che essi «forniscono, nella loro qualità di operatori economici autonomi, servizi su un mercato, cioè quello dei servizi medici specialistici, (…) ricevono dai loro pazienti una retribuzione per i servizi che somministrano e assumono i rischi finanziari connessi con l’esercizio della loro attività» (11).

40.   Ciò chiarito, passo ora all’esame delle suddette condizioni.

41.   i) Rilevo anzitutto, riguardo alla prima condizione, che la disposizione in questione procura indubbiamente un vantaggio al settore medico austriaco. Gli operatori di tale settore non hanno infatti dovuto sopportare l’onere finanziario che, in assenza della deroga all’obbligo di rettifica, sarebbe stato loro imposto a seguito del passaggio da un regime di tassazione ad un regime di esenzione dall’IVA. La misura in esame ne ha quindi alleviato il carico fiscale.

42.   Si tratta inoltre di un vantaggio selettivo in quanto si applica ad un unico settore di attività (il settore medico) collocando i suoi «beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri soggetti tributari passivi» (12).

43.   A tal riguardo conviene ricordare che la circostanza che una misura pubblica arrechi un vantaggio a favore di un intero settore economico non è sufficiente, contrariamente a quanto sostiene il governo austriaco, a fare venir meno il carattere selettivo della misura medesima e, quindi, a escludere la qualifica di aiuto di Stato. In effetti, come si desume dalla stessa lettera dell’art. 87, n. 1, CE, misure pubbliche che riguardano «talune produzioni», ossia un particolare settore di attività, possono rientrare nell’ambito di applicazione del citato articolo (13). Tale è particolarmente il caso di provvedimenti destinati «a esonerare parzialmente le imprese di un [settore d’attività] specifico dagli oneri pecuniari derivanti dalla normale applicazione del sistema generale» (14), definizione che calza perfettamente al caso in esame. La normativa nazionale controversa ha, in effetti, sottoposto il settore medico ad un regime derogatorio, nonché più favorevole al soggetto passivo, rispetto alle regole ordinarie in materia di IVA applicabili agli altri settori.

44.   Non mi pare poi che possa indurre ad una diversa conclusione il rilievo del governo austriaco secondo cui la misura contestata, pur introducendo una disparità di trattamento fiscale tra diversi settori di attività, non è intesa a creare un vantaggio a favore del settore medico, tenuto conto dell’obiettivo che persegue. Detta misura, infatti, perseguirebbe un obiettivo di interesse generale facilitando la prestazione di cure mediche, e quindi di «servizi di interesse economico generale» ai sensi dell’art. 86, n. 2, CE. Più specificatamente, spiega tale governo, il provvedimento in esame è stato adottato con l’unico obiettivo di evitare che gli organismi di previdenza sociale sopportassero oneri supplementari in seguito al passaggio del settore medico dal regime di assoggettamento all’IVA al regime di esenzione. In applicazione di convenzioni stipulate tra il consiglio dell’ordine dei medici austriaco e gli enti di previdenza sociale, questi ultimi avrebbero dovuto, in effetti, corrispondere ai medici un’adeguata compensazione per le spese supplementari legate al cambiamento di regime tributario. Il legislatore austriaco ha quindi deciso di non far gravare siffatti oneri sugli enti previdenziali prevedendo, per l’IVA detratta prima del passaggio al sistema di esenzione, la deroga all’obbligo di rettifica nonché, per quanto riguarda l’IVA diventata non detraibile dopo tale passaggio, il versamento di aiuti diretti (v. supra, paragrafo 13).

45.   Al riguardo, però, ricordo anzitutto che la natura degli obiettivi di una misura statale non è sufficiente a sottrarla ipso facto alla qualifica di aiuto di Stato. Altrimenti, sarebbe sufficiente per lo Stato membro invocare la legittimità delle finalità dell’intervento pubblico per evitare l’applicazione delle regole del Trattato sugli aiuti di Stato. Infatti l’art. 87 CE, come interpretato da una costante giurisprudenza della Corte, «non distingue gli interventi a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti» (15), ossia il loro potenziale effetto distorsivo sulla concorrenza. La circostanza che la misura di cui trattasi risponderebbe ad obiettivi di interesse generale non è quindi sufficiente a escluderla dalla nozione di aiuto (16).

46.   Parimenti, non mi sembra rilevante il richiamo del governo austriaco all’art. 86, n. 2. In base a tale disposizione del Trattato, la Corte ha sottratto alla qualifica di aiuto di Stato interventi statali qualora costituiscano solo «la contropartita delle prestazioni effettuate dalle imprese beneficiarie per assolvere obblighi di servizio pubblico, cosicché tali imprese non traggono, in realtà, un vantaggio finanziario» (17). Ora mi pare evidente che un provvedimento generico come quello in esame, che si applica all’insieme delle prestazioni mediche e paramediche indipendentemente dal tipo di prestazione effettuata e dal tipo di costi sostenuti, non possa rientrare in tale eccezione.

47.   Ciò precisato, è anche vero che non tutte le differenze di trattamento tra imprese o settori di attività costituiscono un vantaggio ai sensi dell’art. 87 CE (18). In effetti, secondo la giurisprudenza comunitaria, non hanno carattere selettivo (e costituiscono una cosiddetta «misura di carattere generale») differenziazioni che, pur favorendo di fatto determinate imprese o settori di attività, sono «giustificat[e] dalla natura o dalla struttura generale del sistema nel quale si inserisc[ono]» (19). In questa categoria possono rientrare, tra l’altro, differenziazioni in materia fiscale a condizione che siano dettate da esigenze attinenti alla logica del sistema tributario (20), e non semplicemente dalle finalità generali e dagli obiettivi perseguiti dallo Stato con l’adozione della misura in questione (21).

48.   Non mi sembra però che tali condizioni ricorrano nel caso di specie. Il provvedimento controverso è, in effetti, motivato da considerazioni difficilmente ricollegabili a ragioni inerenti al sistema fiscale. Trattasi, come confermato dalle spiegazioni fornite dallo stesso governo austriaco, di una misura che mira unicamente ad agevolare le condizioni per il passaggio da un regime fiscale ad un altro, facendo gravare sullo Stato alcuni dei «costi» di questa modifica normativa. E ciò senza che tale governo abbia neanche precisato in quale misura la deroga all’obbligo di rettifica possa essere giustificata dalla natura o dalla struttura del regime IVA.

49.   Infine, mi sembra che debba essere disatteso anche l’argomento del sig. Heiser secondo il quale la disposizione nazionale non configurerebbe un vantaggio in quanto si limiterebbe a compensare i medici austriaci per l’handicap subito, a causa della tassazione delle loro prestazioni, rispetto ai loro colleghi degli altri Stati membri che erano invece esentati dal pagamento dell’IVA. Le professioni mediche non sarebbero quindi state agevolate, ma sfavorite e il provvedimento in esame non farebbe che (ri)stabilire condizioni eque di concorrenza tra gli operatori austriaci e quelli degli altri Stati membri.

50.   Ora, senza che sia necessario considerare se l’assoggettamento all’IVA abbia realmente svantaggiato i medici austriaci, mi sembra sufficiente richiamare una giurisprudenza consolidata della Corte, secondo la quale «la circostanza che uno Stato membro cerchi di ravvicinare, attraverso misure unilaterali, le condizioni di competitività di un determinato settore economico rispetto a quelle prevalenti in altri Stati membri non può togliere a tali misure il carattere di aiuto» (22). In altre parole, contrariamente a quanto suggerito dal sig. Heiser, l’Austria non potrebbe giustificare la misura di deroga adducendo che tale vantaggio mira a correggere asserite distorsioni di concorrenza esistenti nel mercato comunitario dei servizi medici.

51.   A tal riguardo, la Corte ha anche precisato che, «ai fini dell’applicazione dell’art. [87] del Trattato, è irrilevante che la situazione del presunto beneficiario del provvedimento sia migliorata o aggravata con riferimento alla situazione giuridica precedente o, all’opposto, non sia evoluta nel tempo» (23), dovendo la situazione del beneficiario essere paragonata con quella di altre imprese o settori al momento del conferimento dell’aiuto.

52.   ii) Mi sembra poi evidente che il vantaggio in questione sia stato finanziato mediante risorse pubbliche. In effetti, come risulta da una costante giurisprudenza, il concetto di aiuto «comprende non soltanto prestazioni positive come le sovvenzioni stesse, ma anche interventi che, in varie forme, alleviano gli oneri normalmente gravanti sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti» (24). Tale è, in particolare, il caso di misure che, pur non dando luogo ad un esborso di risorse statali, conferiscono a determinate imprese un vantaggio fiscale poiché comportano una perdita di introiti che lo Stato avrebbe normalmente percepito.

53.   Nella fattispecie è sufficiente rilevare che, applicando la deroga all’obbligo di rettifica, le autorità austriache hanno in pratica rinunciato a percepire le entrate tributarie che sarebbero dovute derivare dalla rettifica sotto forma di parziali rimborsi di deduzioni. Tale misura ha quindi comportato un onere supplementare per lo Stato. Il vantaggio fiscale in questione è stato pertanto accordato mediante risorse statali.

54.   iii) Quanto alla condizione relativa ad una possibile distorsione della concorrenza, mi sembra che il caso in esame non autorizzi alcun dubbio. In effetti, secondo una costante giurisprudenza, gli aiuti che, al pari di quelli ex art. XIV, n. 3, del BGBl. 21/1995, «sono diretti a sollevare un’impresa dai costi cui avrebbe dovuto normalmente far fronte nell’ambito della propria gestione corrente o delle proprie normali attività falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza» (25).

55.   Non mi pare poi che gli argomenti riguardanti l’organizzazione del settore medico austriaco addotti dal sig. Heiser possano rimettere in discussione tale conclusione. Secondo quest’ultimo, anche ipotizzando che la misura in questione possa costituire un vantaggio per i medici austriaci, tale vantaggio non potrebbe falsare la concorrenza in quanto la scelta del medico curante da parte del paziente non sarebbe influenzata dal prezzo delle prestazioni. Invero, tale scelta sarebbe condizionata, in modo decisivo, dal fatto che il medico sia convenzionato o meno, dovendo il paziente, in quest’ultima ipotesi, pagare, a proprie spese, più del 50% del prezzo delle cure mediche. In assenza di concorrenza basata sul prezzo, la misura sarebbe quindi del tutto ininfluente sulla posizione concorrenziale dei suoi beneficiari.

56.   Risulta tuttavia dalle informazioni contenute nel fascicolo che, in caso di prestazioni effettuate da un medico, sia convenzionato che non convenzionato, al paziente non viene mai rimborsata la totalità dell’importo pagato per le cure mediche. Il medico curante ha quindi un «margine di manovra» circa la parte non rimborsata di tale importo. Ora, una misura che incide positivamente sui «costi di produzione» delle cure mediche (permettendo, per esempio, deduzioni relative a macchinari ed attrezzature) può influire sul loro prezzo ed è quindi idonea a produrre effetti distorsivi sulla concorrenza.

57.   iv)   Per quanto riguarda infine l’incidenza della misura in questione sugli scambi intracomunitari, ricordo anzitutto che, secondo costante giurisprudenza, «l’entità relativamente esigua di un aiuto o le dimensioni relativamente modeste dell’impresa non escludono a priori l’eventualità che vengano influenzati gli scambi tra Stati membri» (26). Ne consegue, da una parte, che non esiste una soglia o una percentuale al di sotto della quale si possa ritenere che gli scambi tra Stati membri non siano stati pregiudicati (27). Dall’altra parte, un aiuto può essere idoneo ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri anche se il beneficiario è attivo solo nell’ambito locale o regionale e non partecipa agli scambi transfrontalieri. Per effetto dell’aiuto, l’attività esercitata dal suddetto beneficiario può infatti rimanere invariata o aumentare, con la conseguenza di ridurre le possibilità delle imprese con sede in altri Stati membri di penetrare nel mercato dello Stato membro interessato (28). Emerge infine dalla giurisprudenza comunitaria che per qualificare una determinata misura come aiuto è sufficiente che questa produca un pregiudizio potenziale sugli scambi tra Stati membri, senza che occorra provarne l’effettiva incidenza (29).

58.   Nel caso della misura in esame, non si può escludere a mio avviso che, sebbene riguardi la fornitura di servizi che hanno carattere prevalentemente locale o regionale, essa sia idonea a incidere in una certa misura sugli scambi intracomunitari. In effetti, come rileva la Commissione (e come è peraltro dimostrato dall’ampia giurisprudenza comunitaria in materia), il provvedimento contestato concerne un mercato, quello delle cure mediche, aperto alla concorrenza e caratterizzato da crescenti scambi transfrontalieri. In tale contesto, una misura che, come ho detto poc’anzi, riduce i «costi di produzione» può rendere più competitive le cure mediche effettuate in Austria e quindi dissuadere o limitare l’offerta di servizi da parte di operatori di altri Stati membri.

59.   Mi pare dunque, alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, che la normativa nazionale in questione configuri un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e che quindi l’Austria avrebbe dovuto conformarsi agli obblighi procedurali dell’art. 88 CE, ossia all’obbligo di notificare la misura e di non darle attuazione fino all’adozione di una decisione finale della Commissione.

V –    Conclusioni

Concludo, pertanto, proponendo alla Corte di rispondere al quesito sottoposto dal Verwaltungsgerichtshof nei seguenti termini:

«Una misura come l’art. XIV, n. 3, della legge federale BGBl. 21/1995 nella versione BGBl. 756/1996, che esenta gli operatori del settore medico dall’obbligo di rettifica delle deduzioni, normalmente previsto dal diritto nazionale, in caso di passaggio dal regime di tassazione al regime d’esenzione dall’IVA, costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE».


1 – Lingua originale: l'italiano.


2  – Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).


3  – Sentenze 20 marzo 1986, causa 35/85, Tissier (Racc. pag. 1207, punto 9); 27 marzo 1990, causa C-315/88, Bagli Pennacchiotti (Racc. pag. I-1323, punto 10), e 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal (Racc. pag. I-8121, punto 39).


4  – Interpretazione sulla quale, peraltro, continuo a nutrire le perplessità espresse nelle mie conclusioni relative alle cause riunite C-487/01 e C-7/02, Gemente Leusden e Holin Groep (non ancora pubblicate in Raccolta).


5  – Sentenza 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall (Racc. pag. 723, punto 48). V., più recentemente, sentenza 14 settembre 2000, causa C-343/98, Collino e Chiappero (Racc. pag. I-6659, punto 20), e ordinanza 24 ottobre 2002, causa C-233/01, RAS (Racc. pag. I-9411, punto 22).


6  – V., in particolare, ordinanza RAS, cit., che riguardava la possibilità per un giudice nazionale di disapplicare una normativa nazionale, in quanto incompatibile con la direttiva 73/239/CEE in materia di assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita, al fine di ottenere la condanna di un assicurato al pagamento di un premio assicurativo di importo più elevato rispetto a quello derivante dall'applicazione della detta normativa nazionale. Su tale questione la Corte ha concluso che «l'interpretazione [della direttiva] richiesta dal giudice nazionale (…) non può, in alcun caso, consentire la condanna del sig. Lo Bue al versamento di un premio supplementare che non sia basato sul diritto nazionale applicabile alla fattispecie di cui alla causa principale (…)» (punto 21).


7  – V., per esempio, sentenza 24 luglio 2003, causa C-280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (Racc. pag. I-7747, punto 74).


8  – Sentenza 12 settembre 2000, cause riunite da C-180/98 a C-184/98, Pavlov e a. (Racc. pag. I-6451, punto 75). V. anche sentenze 16 giugno 1987, causa 118/85, Commissione/Italia (Racc. pag. 2599, punto 7); 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione/Italia (Racc. pag. I-3851, punto 36); 25 ottobre 2001, causa C-475/99, Ambulanz Glöckner (Racc. pag. I-8089, punto 19); 19 febbraio 2002, causa C-309/99, Wouters e a. (Racc. pag. I-1577, punto 47), e 22 gennaio 2002, causa C-218/00, CISAL (Racc. pag. I-691, punto 23).


9– Sentenze 23 aprile 1991, causa 41/90, Höfner e Elser (Racc. pag. I-1979, punto 21); 16 novembre 1995, causa C-244/94, Fédération française des sociétés d'assurance e a. (Racc. pag. I-4013, punto 14); 11 dicembre 1997, causa C-55/96, Job Centre (Racc. pag. I-7119, punto 21); Pavlov, cit., punto 74; Wouters, cit., punto 46, e 16 marzo 2004, cause riunite C-264/01, C-306/01 e C-354/01 e C-355/01, AOK e a. (non ancora pubblicata in Raccolta, punto 46). Il corsivo è mio.


10– V., in particolare, sentenza 17 febbraio 1993, cause riunite C-159/91 e C-160/91, Poucet e Pistre (Racc. pag. I-637, punti 15 e 18); CISAL, cit., punto 45; e sentenza del Tribunale 4 marzo 2003, causa T-319/99, FENIN/Commissione (Racc. pag. II-357, punti 38-39), e AOK, cit., punti 47-51.


11– Sentenza Pavlov, cit., punto 76.


12  – Sentenza 15 marzo 1994, causa C-387/92, Banco Exterior de España (Racc. pag. I-877, punto 14).


13  – Sentenze 14 ottobre 1987, causa 248/84, Germania/Commissione (Racc. pag. 4013, punto 18), e 17 giugno 1999, causa C-75/97, Belgio/Commissione (Racc. pag. I-3671, punto 33).


14  – Sentenza Belgio/Commissione, cit., punto 33.


15  – Sentenze 26 settembre 1996, causa C-241/94, Francia/Commissione (Racc. pag. I-4551, punto 21); 29 aprile 1999, causa C-342/96, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-2459, punto 23); Belgio/Commissione, cit., punto 25; 13 giugno 2002, causa C-382/99, Paesi Bassi/Commissione (Racc. pag. I-5163, punto 61), e 20 novembre 2003, causa C-126/01, Gemo (non ancora pubblicata in Raccolta, punto 34).


16  – V., in particolare, sentenza 24 febbraio 1987, causa 310/85, Deufil/Commissione (Racc. pag. 901, punto 8).


17  – Sentenza Altmark, cit., punto 87. La Corte ha precisato che, per sottrarre una siffatta misura di compensazione alla qualifica di aiuto di Stato, devono essere soddisfatte quattro condizioni: 1) l’impresa beneficiaria deve essere effettivamente incaricata dell’assolvimento di obblighi di servizio pubblico e detti obblighi devono essere stati definiti in modo chiaro; 2) i parametri sulla base dei quali viene calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente; 3) la compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire tutti o parte dei costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi introiti nonché di un margine ragionevole di utile; 4) quando la selezione non è effettuata con procedura di appalto pubblico, il livello di compensazione deve essere determinato sulla base di un’analisi dei costi che un’impresa media, gestita in modo efficiente, dovrebbe sopportare per adempiere gli obblighi di servizio pubblico in questione (punto 95).


18  – V., per esempio, sentenze 9 dicembre 1997, causa C-353/95 P, Tiercé Ladbroke/Commissione (Racc. pag. I-7007, punto 33), e 22 novembre 2001, causa C-53/00, Ferring (Racc. pag. I-9067, punto 17).


19  – Sentenza 8 novembre 2001, causa C-143/99, Adria-Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (Racc. pag. I-8365, punto 42). Il corsivo è mio. V. anche, in tal senso, sentenze 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione (Racc. pag. 709, punto 33); Tiercé Ladbroke, cit., punto 35; Belgio/Commissione, cit., punto 33; 26 settembre 2002, causa C-351/98, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-8031, punto 42), e 29 aprile 2004, causa C-308/01, GIL Insurance (non ancora pubblicata in Raccolta, punto 60).


20  – V., segnatamente, sentenza GIL Insurance, cit., in cui la Corte ha considerato «giustificata dalla natura del sistema nazionale di imposizione delle assicurazioni» una misura il cui obiettivo era quello di «lottare contro comportamenti intesi a trarre profitto dalla disparità tra l'aliquota  [dell'imposta sui premi assicurativi] e quella dell'IVA manipolando i prezzi di locazione o di vendita degli elettrodomestici e delle assicurazioni collegate» (punto 74).


21  – V., per esempio, sentenza Spagna/Commissione, cit., nella quale la Corte ha respinto gli argomenti del governo spagnolo secondo cui una misura intesa ad agevolare la sostituzione dei veicoli industriali potesse esulare dalla qualifica di aiuto di Stato in quanto perseguiva obiettivi di tutela dell'ambiente e di sicurezza stradale.


22  – Sentenza 19 maggio 1999, causa C-6/97, Italia/Commissione (Racc. pag. I-2981, punto 21).


23  – Sentenza Adria-Wien Pipeline, cit., punto 41.


24  – Sentenza 19 maggio 1999, Italia/Commissione, cit., punto 15.


25  – Sentenza 19 settembre 2000, causa C-156/98, Germania/Commissione (Racc. pag. I-6857, punto 30, e la giurisprudenza ivi citata).  


26  – Sentenze 21 marzo 1990, causa C-142/87, Belgio/Commissione (Racc. pag. I-959, punto 43); 14 settembre 1994, cause riunite da C-278/92 a C-280/92, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-4103, punto 42), e Altmark, cit., punto 81.


27  – V., per esempio, sentenza Altmark, cit., punto 81.


28  – V., per esempio, sentenza Altmark, cit., punti 78 e 82.


29  – Sentenze del Tribunale 15 giugno 2000, cause riunite T-298/97, T-312/97, T-313/97, T-315/97, da T-600/97 a T-607/97, T-1/98, da T-3/98 a T-6/98 e T-23/98, Alzetta e a. (Racc. pag. II-2319, punti 76-80), e 6 marzo 2002, cause riunite T-127/99, T-129/99 e T-148/99, Diputación Foral de Álava e a. (Racc. pag. II-1275, punti 76-78).