CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
M. POIARES MADURO
presentate il 10 marzo 2005(1)
Causa C-243/03 Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese
«IVA – Limitazione del diritto a deduzione – Beni strumentali finanziati mediante sovvenzioni»
1.
Con il presente ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di constatare che la Repubblica francese,
avendo istituito una norma specifica che limita la deducibilità dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») relativa
all’acquisto di beni strumentali per il fatto che sono stati finanziati mediante sovvenzioni, è venuta meno agli obblighi
che ad essa incombono in forza del diritto comunitario, e in particolare degli artt. 17 e 19 della sesta direttiva del Consiglio
17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla
cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «sesta direttiva»)
(2)
.
I – Ambito normativo e fase precontenziosa del procedimento
2.
Nella presente causa, la Corte è nuovamente chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità della normativa francese in materia
di limitazioni del diritto a deduzione dell’IVA con le disposizioni pertinenti della sesta direttiva
(3)
.
A –
Normativa comunitaria
3.
L’art. 2 della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli
Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari
(4)
, dispone che «[i]l principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi
un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni
intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione. A ciascuna transazione,
l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al suddetto bene o servizio,
è esigibile, previa deduzione dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi
elementi costitutivi del prezzo (…)».
4.
L’art. 17 della sesta direttiva riguarda l’origine e la portata del diritto a deduzione. Il n. 2 di detta disposizione sancisce
il principio generale secondo cui «[n]ella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette
ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore: (…) l’imposta sul valore aggiunto
dovuta o assolta all’interno del paese per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno
prestati da un altro soggetto passivo; (…)»
(5)
.
5.
Il caso dei soggetti passivi che effettuano sia operazioni soggette ad imposta che operazioni esenti da IVA è contemplato
dall’art. 17, n. 5, della sesta direttiva, che dispone quanto segue:
«Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a deduzione
di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto, la deduzione è ammessa soltanto per il prorata
dell’imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni.
Detto prorata è determinato ai sensi dell’articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo».
6.
L’art. 19, n. 1, della sesta direttiva stabilisce le modalità di calcolo del prorata nei termini seguenti:
«Il prorata di deduzione previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, risulta da una frazione avente:
– al numeratore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni
che danno diritto a deduzione ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 2 e 3,
– al denominatore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni
che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a deduzione. Gli Stati membri possono includere anche nel denominatore
l’importo di sovvenzioni diverse da quelle di cui all’articolo 11 A, paragrafo 1, lettera a)».
7.
L’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva prevede che, per le operazioni effettuate all’interno del paese,
la base imponibile è costituita:
«per le forniture di beni e le prestazioni di servizi (…), da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare
al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni
direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».
B –
Normativa nazionale
8.
Le disposizioni di diritto francese di cui la Commissione contesta la compatibilità con le regole uniformi della sesta direttiva
sono contenute in una circolare amministrativa emanata l’8 settembre 1994 dal Service de la législation fiscale (in prosieguo:
la «circolare»).
9.
Il punto 151 di detta circolare, inserito nel titolo 2, rubricato «Regole applicabili ai soggetti passivi che non effettuano
esclusivamente operazioni che danno diritto a deduzione», del libro 2 relativo al diritto a deduzione, stabilisce che «[l]’imposta
afferente gli investimenti finanziati mediante sovvenzione può infatti essere dedotta alle normali condizioni se il contribuente
trasferisce nel prezzo delle proprie operazioni gli importi degli ammortamenti dei beni finanziati in tutto o in parte con
tale sovvenzione. Qualora risulti che la condizione della ripercussione degli ammortamenti di tali beni nel prezzo non è soddisfatta,
l’IVA relativa ai beni in questione non può essere dedotta per la quota dell’importo finanziato mediante la sovvenzione all’investimento».
10.
Il punto 150 del medesimo Titolo 2 definisce le sovvenzioni all’investimento quali «sovvenzioni non imponibili che, alla data
del versamento, vengono concesse per finanziare un bene d’investimento determinato».
C –
Fase precontenziosa del procedimento
11.
Dopo avere ricevuto una denuncia relativa ad una controversia concernente un soggetto passivo francese che aveva beneficiato
di una rinuncia al credito, la Commissione riteneva che la Repubblica francese avesse violato gli artt. 17, nn. 2 e 5, e 19
della sesta direttiva, in quanto il regime istituito dalla circolare per le sovvenzioni all’investimento limitava il diritto
a deduzione in circostanze non previste dalla sesta direttiva. Il 23 aprile 2001, veniva inviata una lettera di diffida al
governo francese. Non avendo ricevuto risposta entro il termine stabilito, la Commissione emetteva un parere motivato in data
21 dicembre 2001. La risposta del governo francese alla lettera di diffida, recante la data del 7 gennaio 2002, perveniva
alla Commissione il 14 gennaio 2002, vale a dire successivamente all’invio del parere motivato.
12.
Per tenere conto delle osservazioni svolte in tale comunicazione, la Commissione emetteva un parere motivato complementare
in data 26 giugno 2002. Il governo francese rispondeva a tale parere motivato complementare con una lettera, recante la data
del 21 agosto 2002, in cui contestava il fondamento della censura della Commissione e sosteneva che non poteva essergli addebitata
alcuna violazione degli artt. 17 e 19 della sesta direttiva. Poiché non condivideva tale analisi, la Commissione decideva
di adire la Corte con il presente ricorso.
II – Analisi
13.
Dall’art. 17 della sesta direttiva discende chiaramente che l’unica condizione cui è subordinata la facoltà del soggetto passivo
di dedurre l’IVA è la destinazione del bene ad attività soggette ad imposta. La disposizione francese controversa aggiunge
un’ulteriore precondizione per la deducibilità dell’IVA afferente l’acquisto di beni strumentali finanziati mediante sovvenzioni,
ossia che il soggetto passivo includa nel prezzo delle sue operazioni a valle gli ammortamenti di tali beni strumentali sovvenzionati.
Tale condizione non è prevista dalla sesta direttiva. La provenienza dei fondi utilizzati per l’acquisto del bene o la modalità
di calcolo dei prezzi praticati dal soggetto passivo sono estranei al sistema armonizzato dell’IVA.
14.
È indubbio che, di fatto, tale condizione della ripercussione degli ammortamenti dei beni sui prezzi limita effettivamente
il diritto a deduzione di alcuni soggetti passivi sovvenzionati ed è incompatibile con il disposto della sesta direttiva.
15.
A tale proposito, conformemente ad una giurisprudenza costante della Corte, «[i]n mancanza di norme che consentano agli Stati
membri di limitare il diritto a detrazione conferito ai soggetti passivi, detto diritto va esercitato immediatamente per tutte
le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte. Poiché tali limitazioni devono applicarsi in modo analogo
in tutti gli Stati membri, sono consentite deroghe nei soli casi espressamente contemplati dalla direttiva»
(6)
.
16.
Le uniche disposizioni della sesta direttiva che prevedono la presa in considerazione di sovvenzioni nella liquidazione dell’IVA
dovuta dai soggetti passivi sono l’art. 11 parte A, n. 1, lett. a), e l’art. 19.
17.
A parte queste disposizioni, la sesta direttiva non consente alcuna limitazione del diritto a deduzione connessa alla concessione
di sovvenzioni, per quanto possa apparire appropriata o economicamente plausibile
(7)
.
18.
Anziché conformarsi alla specifica modalità di limitazione connessa al calcolo del prorata, prevista all’art. 19, n. 1, della
sesta direttiva, il legislatore francese ha introdotto una limitazione diversa, che interviene ancor prima dell’eventuale
applicazione del prorata ed indipendentemente da esso, e ha come conseguenza la riduzione dell’importo deducibile. Il sistema
armonizzato dell’IVA non prevede affatto, quale precondizione di deducibilità dell’imposta versata a monte all’atto dell’acquisto
di beni strumentali finanziato mediante sovvenzioni, che il soggetto passivo trasferisca nel prezzo delle sue operazioni imponibili
a valle gli ammortamenti di tali beni, né che, qualora non sussista tale condizione di ripercussione degli ammortamenti dei
detti beni nel prezzo, l’IVA ad essi afferente non possa essere dedotta per la quota dell’importo finanziata dalla sovvenzione
all’investimento.
19.
Non spetta alle autorità nazionali procedere alla modifica di una normativa chiara. Le disposizioni dell’art. 17 della sesta
direttiva indicano con precisione i presupposti per l’origine e la portata del diritto a deduzione nonché le condizioni di
limitazione di tale diritto. La Corte ha già avuto modo di dichiarare che «[t]ali disposizioni non lasciano agli Stati membri
alcun margine di discrezionalità per quanto attiene alla loro attuazione»
(8)
. Pertanto, è importante che le limitazioni del diritto a deduzione siano interpretate restrittivamente
(9)
, condizione essenziale affinché esse possano essere applicate in modo uniforme in tutti gli Stati membri. Sarebbe in evidente
contrasto con gli obiettivi di armonizzazione dei diritti nazionali perseguiti dalla sesta direttiva consentire ad ogni Stato
membro di prevedere eccezioni o giustificazioni da essa non previsti
(10)
.
20.
Non può essere accolto l’argomento principale della Repubblica francese, secondo cui tale obbligo di ripercuotere gli ammortamenti
dei beni acquistati nel prezzo delle proprie operazioni a valle costituirebbe semplicemente l’attuazione delle condizioni
generali del diritto a deduzione stabilite dall’art. 2, n. 2, della prima direttiva, che, secondo la Repubblica francese,
l’art. 17, n. 2, della sesta direttiva si limiterebbe a perfezionare. Nella sentenza Commissione/Francia
(11)
, la Corte ha già avuto modo di respingere tale argomento nel contesto di un’altra limitazione del diritto a deduzione introdotto
dalla Repubblica francese, constatando che l’art. 2 della prima direttiva «si limita infatti ad enunciare il principio del
diritto a detrazione, il cui sistema è disciplinato [dagli artt. 17 e 20] della sesta direttiva»
(12)
.
21.
Le giustificazioni addotte dal governo francese, in particolare quella secondo cui la precondizione della ripercussione degli
ammortamenti dei beni sovvenzionati nel prezzo, di per sé, non sarebbe più sfavorevole del regime istituito dall’art. 19,
n. 1, della sesta direttiva, non sono pertinenti.
22.
Quand’anche la condizione della ripercussione dell’ammortamento potesse essere considerata in generale più ragionevole o vantaggiosa
per i soggetti passivi rispetto alla possibilità, concessa agli Stati membri dall’art. 19, n. 1, della sesta direttiva, di
introdurre una limitazione includendo le sovvenzioni all’investimento nel denominatore del prorata, essa costituirebbe in
ogni caso una limitazione diversa, non prevista dalla menzionata direttiva. Tale condizione farebbe parte di un sistema comune
dell’IVA immaginario. La Corte è chiamata a pronunciarsi sulla conformità della normativa francese con il sistema uniforme
della sesta direttiva, e non sulla conformità di tale normativa con un altro sistema virtuale dell’IVA, eventualmente più
perfetto.
23.
A tale proposito, la Corte ha precisato che gli Stati membri sono tenuti ad applicare la sesta direttiva, anche qualora la
considerino perfettibile. Infatti, nella sentenza 8 novembre 2001, Commissione/Paesi Bassi
(13)
, essa ha dichiarato che «[v]ero è che la soluzione così imposta dal tenore dell’art. 17, n. 2, lett. a), della sesta direttiva
può sembrare non pienamente conforme all’oggetto di tale disposizione, nonché a talune finalità perseguite dalla sesta direttiva,
quali la neutralità dell’imposta e la prevenzione delle doppie imposizioni. Resta il fatto che, in mancanza d’intervento da
parte del legislatore comunitario, il regime di deducibilità dell’IVA istituito da quest’ultimo, così come definito dalla
sesta direttiva, non fornisce alcun fondamento a un diritto del soggetto passivo di dedurre l’IVA (…), né consente di determinare
le eventuali modalità di applicazione di un diritto del genere». Tale ragionamento vale sia nel caso di una normativa nazionale
che istituisce un regime di deduzione più favorevole per il soggetto passivo, sia nel caso di una normativa che limita il
riconoscimento di tale diritto in circostanze non espressamente previste dalla sesta direttiva.
24.
Per i motivi sopra esposti, si deve constatare che la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono
in forza del diritto comunitario.
III – Conclusione
25.
Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare quanto segue:
«La Repubblica francese, avendo istituito una norma specifica che limita la deducibilità dell’imposta sul valore aggiunto
relativa all’acquisto di beni strumentali per il fatto che sono stati finanziati mediante sovvenzioni, è venuta meno agli
obblighi che ad essa incombono in forza del diritto comunitario, e in particolare degli artt. 17 e 19 della sesta direttiva
del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle
imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme».
1 –
Lingua originale: il portoghese.
2 –
GU L 145, pag. 1.
3 –
V. sentenza 21 settembre 1988, causa 50/87, Commissione/Francia (Racc. pag. 4797).
4 –
GU 1967, 71, pag. 1301.
5 –
Come modificato dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18).
6 –
Sentenze 15 gennaio 1998, causa
C-37/95, Ghent Coal Terminal (Racc. pag. I-1, punto 16), Commissione/Francia, citata, punti 16
e 17, 11 luglio 1991, causa
C-97/90, Lennartz (Racc. pag. I-3795, punto 27), e 6 luglio 1995, causa
C-62/93, BP Soupergaz
(Racc. pag. I-1883, punto 18).
7 –
V., in particolare, le conclusioni presentate il 25 maggio 1988 dall’avvocato generale Sir Gordon Slynn nella causa Commissione/Francia,
citata (Racc. pag. 4811), secondo cui «[l]a direttiva contempla quindi date opzioni [di limitazione del diritto a deduzione]
per determinate circostanze d’ordine economico (…) Non è possibile creare opzioni ulteriori, per quanto possano apparire appropriate
od economicamente plausibili. Gli Stati membri devono scegliere fra le opzioni fissate dalla direttiva per raggiungere, per
quanto possibile, i risultati cui essi mirano».
8 –
Sentenza BP Soupergaz, citata, punto 35.
9 –
V., in particolare, le conclusioni presentate il 30 aprile 1991 dall’avvocato generale Jacobs nella causa Lennartz, citata,
paragrafo 79.
10 –
V. supra, paragrafo 15 delle presenti conclusioni e giurisprudenza ivi citata.
11 –
Sentenza 21 settembre 1988, citata.
12 –
Ibidem, punto 23. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Sir Gordon Slynn nella stessa causa, citata, in cui egli
afferma che «[n]e consegue che lo Stato membro non può limitare il diritto a detrazione, se è in grado di provare che la detrazione
si riferisce a beni e servizi il cui costo non verrà trasferito sul prezzo dell’operazione soggetta ad imposta».
13 –
Causa
C-338/98 (Racc. pag. I-8265, punti 55 e 56).