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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTONIO TIZZANO

presentate il 10 marzo 2005 (1)

Causa C-349/03

Commissione delle Comunità europee

contro

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord

«Inadempimento di uno Stato – IVA – Diritti d’accisa – Direttiva 77/799/CEE – Trasposizione parziale per il territorio di Gibilterra – Legittimità»





I –    Introduzione

1.     L’8 agosto 2003 la Commissione delle Comunità europee ha investito la Corte di giustizia di un ricorso, ai sensi dell’art. 226 CE, volto a far dichiarare che il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, non avendo pienamente applicato la direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette (2), come modificata (in prosieguo: la «direttiva 77/799» o semplicemente la «direttiva») (3), al territorio di Gibilterra, è venuto meno agli obblighi impostigli dal Trattato CE.

II – Quadro giuridico

A –    Le rilevanti disposizioni del Trattato

2.     Ai fini della presente causa conviene richiamare anzitutto gli articoli del Trattato che costituiscono, insieme o separatamente a seconda dei casi, la base giuridica delle direttive che vengono in rilievo, e cioè gli artt. 99 e 100 del Trattato CEE (divenuti rispettivamente, in seguito a modifiche, artt. 93 CE e 94 CE).

3.     Il primo (inserito nel capo sulle «Disposizioni fiscali») prevedeva, nella versione vigente all’epoca dell’adozione delle direttive in questione, che «[l]a Commissione esamina in qual modo sia possibile armonizzare, nell’interesse del mercato comune, le legislazioni dei singoli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette (…).

La Commissione sottopone proposte al Consiglio che delibera all’unanimità (…)» (4).

4.     A sua volta l’art. 100 (inserito nel capo sul «Ravvicinamento delle legislazioni») disponeva che «[i]l Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune (…)» (5).

5.     Mi pare infine opportuno richiamare anche l’art. 100 A, o meglio la disposizione che ne ha preso da ultimo il posto, e cioè l’art. 95 CE, la cui interpretazione, pur non essendo direttamente rilevante nella presente causa, può fornire, come si vedrà nel prosieguo, indicazioni utili per il caso di specie. Tale disposizione prevede, al n. 1, che il Consiglio, in questo caso non all’unanimità ma con la procedura di codecisione, «adotta le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno». Il n. 2 del medesimo articolo precisa però che il «[n. 1] non si applica alle disposizioni fiscali».

B –     La direttiva 77/799

6.     Poiché «la pratica della frode e dell’evasione fiscale al di là dei confini degli Stati membri conduce a perdite di bilancio e all’inosservanza del principio della giustizia fiscale e può provocare distorsioni dei movimenti di capitali e delle condizioni di concorrenza, pregiudicando quindi il funzionamento del mercato comune» (6), il Consiglio ha adottato, sulla base dell’art. 100 del Trattato CEE, la direttiva 77/799. Essa mira a «rafforzare la collaborazione fra amministrazioni fiscali all’interno della Comunità» (7), imponendo agli Stati membri di «scambiarsi reciprocamente (…) informazioni per quanto riguarda un caso preciso» e di «effettuare le ricerche necessarie per ottenere tali informazioni» (8).

7.     In particolare, l’art. 1, n. 1, della suddetta direttiva prevedeva, nella versione originale, che «le competenti autorità degli Stati membri scambiano, conformemente alla presente direttiva, ogni informazione atta a permettere loro una corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio».

8.     La direttiva 79/1070, fondata sugli artt. 99 e 100 del Trattato CEE, ha poi modificato tale disposizione includendo nel suo campo di applicazione altresì le informazioni relative all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») (9). Un’ulteriore estensione ai diritti d’accisa sugli oli minerali, sull’alcole e sulle bevande alcoliche e sui tabacchi lavorati è stata operata a sua volta dalla direttiva 92/12, fondata sull’art. 99 del Trattato CEE (10).

9.     Ricordo infine che gli Stati membri dovevano trasporre la direttiva 77/799, nella sua versione originale, al più tardi il 1º gennaio 1979. Le menzionate modifiche dovevano essere introdotte rispettivamente entro il 1º gennaio 1981 e il 1º gennaio 1993.

C –    Disposizioni concernenti Gibilterra

10.   Ciò detto, per stabilire se e come la direttiva 77/799 dovesse essere trasposta a Gibilterra, conviene preliminarmente illustrare in quale misura il diritto comunitario si applichi a tale territorio.

11.   Ceduta dal Re di Spagna alla Corona di Gran Bretagna in forza dell’art. X del Trattato di Utrecht del 1713, Gibilterra gode, a partire dal 1830, dello status di Crown Colony (British Overseas Territory). La città è retta, com’è noto, dal Gibraltar Constitution Order 1969, che la definisce nel suo preambolo come «part of Her Majesty’s dominions». A fronte di un significativo trasferimento di poteri di autogoverno ad istituzioni locali democraticamente elette nella colonia, rimangono alla Corona le competenze in materia di relazioni esterne, difesa e pubblica sicurezza.

12.   Ora, l’art. 299 CE, nel determinare il campo di applicazione territoriale del Trattato, stabilisce, al n. 4, che «[l]e disposizioni del presente trattato si applicano ai territori europei di cui uno Stato membro assume la rappresentanza nei rapporti con l’estero». Ne consegue che Gibilterra è in linea di principio soggetta al diritto comunitario.

13.   Delle deroghe sono tuttavia previste a tale principio, in considerazione del particolare statuto del territorio in questione. Mi riferisco evidentemente all’art. 28 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione e agli adattamenti dei Trattati, che fa parte degli Atti relativi all’adesione alle Comunità europee del Regno di Danimarca, dell’Irlanda, del Regno di Norvegia e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (in prosieguo: l’«Atto di adesione del 1972» o l’«Atto di adesione») (11).

14.   Com’è noto, tale disposizione prevede che:

«Gli atti delle istituzioni della Comunità concernenti i prodotti elencati nell’allegato II del trattato CEE ed i prodotti la cui importazione nella Comunità è sottoposta ad una regolamentazione specifica in conseguenza dell’applicazione della politica agricola comune, nonché gli atti in materia d’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulle cifre d’affari non s’applicano a Gibilterra, a meno che il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, disponga diversamente» (12).

15.   Inoltre, in forza degli artt. 29 e 30 dell’Atto di adesione, combinati con gli allegati I e II del medesimo, Gibilterra non fa parte del territorio doganale comunitario ed è pertanto trattata come un paese terzo per quel che riguarda l’importazione e l’esportazione delle merci.

III –  Fatti e procedura

16.   Il 7 aprile 1997, non avendo ricevuto alcuna notifica da parte del Regno Unito circa l’applicazione della direttiva 77/799 al territorio di Gibilterra, la Commissione inviava a tale governo una lettera di diffida per chiedere notizie al riguardo.

17.   Con lettere del 6 giugno e del 7 ottobre 1997 il Regno Unito comunicava di aver adottato le disposizioni necessarie ad assicurare, a partire dal 1º ottobre 1997, l’applicazione a Gibilterra della direttiva 77/799 per quel che attiene alle imposte dirette. Nessun obbligo di procedere nello stesso senso sussisteva invece per quanto riguarda l’IVA e i diritti d’accisa, trattandosi di imposte indirette.

18.   A fronte di siffatta risposta, la Commissione replicava, con lettera di diffida complementare del 18 luglio 2001, che, al contrario, l’applicazione della direttiva 77/799 doveva essere estesa a Gibilterra anche per quanto riguarda l’IVA e i diritti d’accisa.

19.   Il 13 novembre 2001 il Regno Unito contestava tale pretesa, obiettando che la direttiva non si applica a Gibilterra in quanto riconducibile alle «disposizioni che riguardano l’armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette», di cui all’art. 93 CE, disposizioni che per l’appunto, ai sensi dell’art. 28 dell’Atto di adesione, non si applicano a Gibilterra.

20.   Ritenendo invece che la direttiva 77/799 non operi alcuna armonizzazione delle legislazioni fiscali nazionali, la Commissione ha mantenuto ferma la propria posizione ed ha quindi inviato, il 26 giugno 2002, un parere motivato che impartiva al Regno Unito due mesi di tempo per adottare le conseguenti misure.

21.   Dopo aver sollecitato, con lettera del 15 agosto 2002, una proroga di due mesi del suddetto termine, il 13 settembre 2002 il Regno Unito ha presentato la propria risposta, ribadendo, in sostanza, gli argomenti fatti valere in precedenza.

22.   Non convinta da tali argomenti, la Commissione ha introdotto il presente ricorso.

23.   Con ordinanza del presidente 4 dicembre 2003, la Corte ha autorizzato il Regno di Spagna (in prosieguo: la «Spagna») ad intervenire nella presente causa, a sostegno delle conclusioni della Commissione, ai sensi dell’art. 93, n. 1, del regolamento di procedura.

24.   Visto che nessuna delle parti ha domandato di essere ascoltata in udienza, la Corte, ai sensi dell’art. 44 bis del regolamento di procedura, ha deciso di statuire senza passare alla fase orale.

IV – Analisi giuridica

25.   Come si è detto, la Commissione contesta al Regno Unito di aver applicato la direttiva 77/799 a Gibilterra solo per quel che attiene alle imposte dirette, mentre avrebbe dovuto farlo anche per l’IVA e i diritti d’accisa.

26.   Essa riconosce che, in base all’art. 28 dell’Atto di adesione, Gibilterra è esclusa dall’applicazione degli «atti in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulle cifre d’affari», ed è anche disposta ad ammettere, ai fini del caso di specie, che le norme comunitarie relative all’armonizzazione dei diritti d’accisa non riguardano Gibilterra, che non fa parte del territorio doganale comunitario.

27.   Il fatto è però, sostiene la Commissione, che la direttiva non comporta alcuna armonizzazione delle legislazioni relative all’imposta sulla cifra d’affari o ai diritti d’accisa. Conformemente all’obiettivo indicato nei suoi ‘considerando’, essa mira invece a realizzare solo una cooperazione tra gli Stati membri per la lotta contro la frode e l’evasione fiscale, e a questo fine si limita quindi a prevedere l’introduzione di un sistema di scambio di informazioni tra le competenti autorità degli Stati membri.

28.   Ciò sarebbe confermato, prosegue la Commissione, dal fatto che il sistema di scambio di informazioni è stato introdotto inizialmente soltanto per le imposte dirette, non armonizzate a livello comunitario. Le direttive 79/1070 e 92/12 si sono limitate ad estendere il campo di applicazione della cooperazione rispettivamente all’IVA e ai diritti d’accisa, senza però modificarne l’obiettivo e senza incidere dunque sul diritto fiscale sostanziale degli Stati membri. In effetti, anche dopo tali modifiche, la direttiva 77/799 non ha influito sulle aliquote, la base imponibile o gli altri elementi costitutivi dei regimi fiscali nazionali, né sui sistemi di riscossione delle imposte in questione.

29.   Del resto, continua la Commissione, l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri in materia di IVA e di diritti d’accisa rappresenta un obiettivo ben distinto e ben distinguibile da quello della lotta contro la frode e l’evasione fiscale tramite una cooperazione fra le competenti autorità nazionali. Pertanto, l’eccezione di cui Gibilterra beneficia rispetto alle norme comunitarie volte a conseguire il primo obiettivo non può valere anche rispetto alle norme relative al secondo obiettivo.

30.   In effetti, aggiunge la Commissione, sebbene l’IVA e i diritti d’accisa non riguardino Gibilterra, le informazioni fornite dalle sue autorità fiscali potrebbero essere estremamente utili per la corretta determinazione di tali imposte in altre parti della Comunità. D’altro canto, nella stragrande maggioranza dei casi le informazioni circolerebbero a senso unico, e cioè da Gibilterra verso le altre regioni della Comunità in cui le imposte in questione si applicano. Pertanto, quand’anche la cooperazione dovesse dar luogo ad una qualche armonizzazione, ciò avverrebbe soltanto presso i destinatari delle informazioni, e dunque non a Gibilterra.

31.   La Commissione afferma infine che, «al limite», l’applicazione a Gibilterra del sistema di scambio di informazioni potrebbe essere giustificata sulla base dell’obbligo di cooperazione di cui all’art. 10 CE.

32.   L’interveniente Regno di Spagna, oltre a sviluppare argomenti simili a quelli invocati dalla Commissione, sottolinea in particolare che, nell’interpretare le deroghe previste per Gibilterra, occorre tener presente che lo statuto di tale territorio è stato definito in un momento storico in cui i sistemi economici degli Stati membri conoscevano un livello d’integrazione inferiore all’attuale. La Spagna precisa poi che, a differenza del Regno Unito, essa ha trasposto integralmente la direttiva 77/799 anche nei suoi territori ai quali non si applicano le imposte indirette in questione.

33.   A tali censure il Regno Unito replica con argomenti che mi sembrano più convincenti, come spero di dimostrare nell’analisi che segue.

34.   In via preliminare, credo che convenga sgombrare il campo da argomenti che o non hanno carattere giuridico o non riguardano direttamente la specifica questione in esame.

35.   Per il primo aspetto, devo ricordare che tale questione attiene all’applicabilità al territorio di Gibilterra delle norme comunitarie concernenti l’IVA ed i diritti d’accisa. Essa va quindi esaminata, come giustamente sottolinea il Regno Unito, nei suoi specifici termini, cioè definendo la portata delle deroghe previste dall’Atto di adesione, senza che la valutazione sia in qualche modo influenzata dall’utilità che gli Stati membri potrebbero trarre dall’applicazione a tale territorio del sistema di scambio di informazioni introdotto dalla direttiva.

36.   Per altro verso, devo manifestare seri dubbi sulla rilevanza, ai presenti fini, dell’art. 10 CE, pur evocato dalla Commissione. Com’è noto, infatti, tale disposizione prevede, per quanto qui interessa, che «[g]li Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Essi facilitano quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti».

37.   Ora, non vedo come una siffatta disposizione possa giocare un ruolo nel caso di specie. In effetti, delle due l’una: o il sistema di scambio di informazioni voluto dalla direttiva in esame per le imposte indirette non è coperto dalle deroghe autorizzate per Gibilterra, e allora, in virtù dell’art. 249 CE, letto in combinazione con l’art 299, n. 4, CE, incombe al Regno Unito l’obbligo di trasporre integralmente la direttiva a tale territorio, senza che occorra chiedere l’ulteriore supporto dell’art. 10 CE; oppure si versa nell’ambito di tali deroghe, e allora vengono meno anche i presupposti per l’applicazione di quella disposizione.

38.   La prima questione da affrontare per decidere sulla presente causa consiste dunque per l’appunto nello stabilire se la direttiva 77/799, nella parte attinente all’IVA, si imponga anche a Gibilterra ovvero se essa vada annoverata tra «gli atti in materia d’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulle cifre d’affari», i quali, ai sensi dell’art. 28 dell’Atto di adesione, non sono applicabili a quel territorio.

39.   Ora, a me pare che vari argomenti depongano a favore della seconda alternativa.

40.   In primo luogo, devo ricordare che la direttiva 77/799 era fondata sull’originario art. 100 del Trattato CEE (v. supra, paragrafo 4), il quale permetteva l’adozione di «direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni [nazionali] che abbiano un’incidenza sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune» (13). Quando poi ha deciso di estendere all’IVA il sistema di scambio di informazioni originariamente previsto da tale direttiva solo per le imposte dirette, il legislatore comunitario ha fondato il relativo provvedimento (per l’appunto la direttiva 79/1070) sull’art. 99 del Trattato CEE, il quale all’epoca prevedeva che «la Commissione esamina in quale modo sia possibile armonizzare (…) le legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, alle imposte di consumo e ad altre imposte indirette» e sottoponga a tal fine delle proposte al Consiglio (14).

41.   La scelta di tali basi giuridiche rappresenta, mi pare, un significativo indizio del fatto che lo scambio di informazioni, tanto per le imposte dirette quanto per quelle indirette, costituisce una forma di armonizzazione o ravvicinamento delle pertinenti legislazioni nazionali.

42.   D’altra parte, devo osservare, come fa anche il Regno Unito, che lo scambio di informazioni non costituisce un obiettivo a sé stante, ma uno strumento volto ad accrescere l’efficienza dei sistemi fiscali nazionali e quindi la loro capacità di riscuotere le imposte nella misura effettivamente dovuta.

43.   Ciò mi pare confermato anche dal sesto ‘considerando’ della direttiva 77/799, secondo cui «gli Stati membri debbono scambiarsi (…) ogni informazione che sembri utile per un corretto accertamento delle imposte sul reddito e sul patrimonio», nonché dal terzo ‘considerando’ della direttiva 79/1070, secondo cui la cooperazione va estesa alle imposte indirette «allo scopo di assicurare che esse vengano correttamente accertate e riscosse» (15).

44.   Che si tratti allora di imposte dirette, i cui elementi costitutivi non sono oggetto di disciplina comunitaria, oppure di IVA, i cui elementi costitutivi sono invece armonizzati (16), l’introduzione di un sistema di scambio di informazioni mi pare rappresentare comunque un elemento di armonizzazione, perché tende ad uniformare, per renderle più efficienti, le regole relative all’accertamento e alla riscossione delle imposte, dirette o indirette che siano.

45.   D’altra parte, che anche misure che non incidono sugli elementi costitutivi di un’imposta possano essere oggetto di misure di armonizzazione mi sembra altresì confermato da una recente sentenza della Corte in una causa che opponeva la Commissione al Consiglio (17).

46.   In tale causa si controvertiva sulla scelta della base giuridica assunta a fondamento della direttiva 2001/44/CE del Consiglio, del 15 giugno 2001, che modifica la direttiva 76/308/CEE relativa all’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da operazioni che fanno parte del sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, nonché dei prelievi agricoli, dei dazi doganali, dell’imposta sul valore aggiunto e di talune accise (in prosieguo: la «direttiva 2001/44») (18).

47.   Ad avviso della Commissione, il Consiglio aveva errato nel fondare la direttiva sugli artt. 93 CE e 94 CE, laddove la base giuridica corretta sarebbe stata l’art. 95 CE (v. supra, paragrafi 33-5).

48.   Come precedentemente ricordato, tanto l’art. 93 CE quanto l’art. 94 CE autorizzano il Consiglio ad adottare, all’unanimità, misure di armonizzazione delle disposizioni nazionali (il primo, con riferimento alle «legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette»; il secondo, con riferimento alle «disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune»). L’art. 95 CE introduce invece, al n. 1, la procedura di codecisione per l’adozione di «misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno». Ma precisa, al n. 2, che il «[n. 1] non si applica alle disposizioni fiscali (…)».

49.   Orbene, nella menzionata causa la Commissione faceva appunto valere, per sfuggire a tale eccezione, che la direttiva 2001/44 non riguardava «disposizioni fiscali». Ciò perché, a suo dire, in tale nozione sarebbero dovute rientrare esclusivamente le disposizioni sostanziali che individuano i soggetti passivi, le operazioni imponibili, la base imponibile, le aliquote e le esenzioni, nonché le modalità di riscossione e di recupero dei tributi. Tali elementi però non erano toccati dalla direttiva e quindi, sempre secondo la Commissione, questa non avrebbe implicato alcuna armonizzazione o ravvicinamento del diritto fiscale sostanziale degli Stati membri.

50.   Nella relativa sentenza la Corte ha rigettato la tesi della Commissione e riconosciuto la correttezza della scelta da parte del Consiglio degli artt. 93 CE e 94 CE come base giuridica per la direttiva 2001/44.

51.   Premesso infatti che nel Trattato non si riscontra alcuna indicazione relativa all’interpretazione dell’espressione «disposizioni fiscali», la Corte ha chiarito che, «dato il suo carattere generale, tale espressione non comprende solo tutti i settori della fiscalità, senza distinzione tra i tipi di imposte o di tasse interessate, bensì anche tutti gli aspetti di tale materia, indipendentemente dalla circostanza che si tratti di norme sostanziali o procedurali» (19).

52.   Non solo, ma la Corte ha altresì precisato che «le modalità di recupero dei tributi di qualsiasi natura non possono essere distinte dal sistema di tassazione o di imposizione al quale si riferiscono» (20), concludendone che «l’espressione “disposizioni fiscali”, di cui all’art. 95, n. 2, CE, deve essere interpretata come comprensiva non solamente delle disposizioni che individuano i soggetti passivi, le operazioni imponibili, la base imponibile, le aliquote e le esenzioni delle imposte dirette e indirette, ma anche di quelle relative alle modalità di recupero delle imposte medesime» (21).

53.   Se ne deve dunque dedurre che un sistema di cooperazione volto a facilitare il recupero dei crediti fiscali sorti in un altro Stato membro può rientrare tra le misure di armonizzazione delle anzidette legislazioni, di cui appunto all’art. 95, n. 2, CE. E questo, ovviamente, non può non valere, tornando all’odierna fattispecie, anche per il sistema di scambio di informazioni sull’IVA previsto dalla direttiva 77/799.

54.   Ad ulteriore conferma di tale conclusione, infine, devo anche citare il regolamento (CE) n. 1798/2003 del Consiglio, del 7 ottobre 2003, relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto e che abroga il regolamento (CEE) n. 218/92 (22). Il terzo ‘considerando’ di tale regolamento afferma infatti che «[l]e misure di armonizzazione delle disposizioni fiscali adottate per completare il mercato interno dovrebbero (…) comprendere l’istituzione di un sistema comune di scambio d’informazioni tra gli Stati membri nell’ambito del quale le autorità amministrative degli Stati membri sono tenute a prestarsi mutua assistenza e a collaborare con la Commissione al fine di assicurare la corretta applicazione dell’IVA alla fornitura di beni e alla prestazione di servizi (…)» (23).

55.   Atteso dunque che gli scambi di informazioni rappresentano anch’essi una forma di armonizzazione/ravvicinamento delle relative legislazioni nazionali, mi pare legittima la pretesa del Regno Unito di invocare nel caso di specie la deroga prevista dall’art. 28 dell’Atto di adesione (v. supra, paragrafi 13 e 14), dal momento che per l’appunto si è in presenza di «atti in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulle cifre d’affari».

56.   Quanto poi al fatto che la stessa pretesa non sia stata invocata dal Regno Unito relativamente allo scambio di informazioni concernente le imposte dirette, mi pare che vi sia al riguardo una spiegazione fin troppo evidente. La deroga di cui al predetto art. 28 dell’Atto di adesione non si estende infatti a tali imposte e quindi manca la base giuridica per invocarla al riguardo.

57.   Alla luce di quanto precede, ritengo quindi che la deroga di cui all’art. 28 dell’Atto di adesione permetta al Regno Unito, per quel che attiene all’IVA, di non applicare nel territorio di Gibilterra il sistema di scambio di informazioni previsto dalla direttiva 77/799.

58.   Ciò chiarito, resta da stabilire se si possa pervenire alla medesima conclusione per quanto concerne lo scambio di informazioni relative ai diritti d’accisa.

59.   In proposito, conviene prendere le mosse dalla premessa, accettata dalla stessa Commissione almeno ai fini della presente causa, che le norme armonizzate in materia di diritti d’accisa non si applicano a Gibilterra, in quanto essa non fa parte del territorio doganale comunitario.

60.   La Corte ha infatti affermato che «l’esclusione di Gibilterra dal territorio doganale della Comunità comporta che ad essa non si applicano né le norme del Trattato relative alla libera circolazione delle merci né quelle del diritto comunitario derivato miranti, relativamente alla libera circolazione delle merci, ad assicurare un ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri, conformemente agli artt. 94 CE e 95 CE» (24).

61.   Le medesime considerazioni mi sembra che debbano valere, come sottolinea il Regno Unito, per quelle norme comunitarie fondate sull’art. 93 CE (o sull’art. 99 del Trattato CEE, che lo ha preceduto) che mirano ad armonizzare le legislazioni nazionali «relative (…) alle imposte di consumo» (quali i diritti d’accisa), al fine di evitare che negli Stati membri permangano normative tra loro differenti che costituirebbero ostacoli alla libera circolazione delle merci.

62.   È questo per l’appunto il caso della direttiva 92/12, che infatti, come risulta dai suoi ‘considerando’ primo e quarto, è stata adottata per rendere «l’esigibilità delle accise (…) identica in tutti gli Stati membri», così da «assicurare l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno», i quali «implicano la libera circolazione delle merci, comprese quelle soggette ad accisa». 

63.   Nel compiere questa armonizzazione, la direttiva 92/12 ha tra l’altro ampliato il campo di applicazione del sistema di scambio di informazioni previsto dalla direttiva 77/799, estendendolo ai diritti d’accisa.

64.   D’altra parte, ritengo che, al pari di quanto si è visto in precedenza per l’IVA, anche per i diritti d’accisa non sia fondata la distinzione che la Commissione tenta di operare tra misure che armonizzano gli elementi costitutivi di tali imposte indirette – e che pertanto non si applicano a Gibilterra – e misure che si limitano a prevedere un sistema di cooperazione tra le autorità fiscali degli Stati membri – e che sarebbero quindi applicabili a tale territorio, in quanto «non armonizzanti».

65.   Anche a questo proposito, infatti, si può riproporre mutatis mutandis, un ragionamento analogo a quello effettuato più sopra a proposito dell’IVA (v. supra, paragrafi 40 ss.) e quindi accogliere un’interpretazione della nozione di misure di «armonizzazione delle legislazioni relative (…) alle imposte di consumo» (quali i diritti d’accisa) che includa quelle relative al sistema di scambio di informazioni.

66.   Quanto precede mi permette dunque di affermare che il Regno Unito non era tenuto a dare applicazione nel territorio di Gibilterra al sistema di scambio di informazioni previsto dalla direttiva 77/799 neppure per quel che attiene ai diritti d’accisa.

67.   Alla luce delle considerazioni svolte, propongo pertanto di rigettare il ricorso proposto dalla Commissione.

V –    Sulle spese

68.   Alla luce dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura e tenuto conto del risultato cui sono pervenuto quanto al rigetto del ricorso, ritengo che la Commissione debba essere condannata alle spese sostenute dal Regno Unito. La Spagna dovrebbe invece sopportare le proprie spese, conformemente all’art. 69, n. 4, dello stesso regolamento.

VI – Conclusioni

69.   Sulla base delle considerazioni sopra esposte, propongo alla Corte di dichiarare che:

«1) Il ricorso è respinto.

2) La Commissione è condannata alle spese.

3) Il Regno di Spagna sopporta le proprie spese».


1 – Lingua originale: l'italiano.


2  – GU L 336, pag. 15.


3  – La direttiva 77/799 è stata modificata, per quanto qui interessa, dalla direttiva 79/1070/CEE del Consiglio, del 6 dicembre 1979, che modifica la direttiva 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati Membri nel settore delle imposte dirette (GU L 331, pag. 8) (in prosieguo: la «direttiva 79/1070»), e dalla direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 92/12»).


4  –      Attualmente invece l’art. 93 CE recita: «Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotta le disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno (…)».


5  – Di identico tenore, ma imponendo altresì l’obbligo di previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, è ora l’art. 94 CE.


6  – Primo ‘considerando’.


7  – Quarto ‘considerando’.


8  – Quinto ‘considerando’.


9  – Art. 1, n. 2, lett. a), della direttiva 79/1070 (v. nota 3).


10  – Art. 30, n. 2, lett. a), della direttiva 92/12 (v. nota 3).


11  – GU 1972, L 73, pag. 1.


12  –      Il corsivo è mio.


13  – Il corsivo è mio.


14  – Il corsivo è mio.


15  – I corsivi sono miei.


16  – V. sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).


17  – Sentenza 29 aprile 2004, causa C-338/01, (Racc. pag. I-4829).


18  – GU L 175, pag. 17.


19  – Sentenza Commissione/Consiglio, cit., punto 63.


20  – Ibidem, punto 66.


21  – Ibidem, punto 67.


22  – GU L 264, pag. 1.


23  – Il corsivo è mio.


24  – Sentenza 23 settembre 2003, causa C-30/01, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-9481, punto 59).