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CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
JACOBS
presentate il 20 gennaio 2005(1)


Causa C-434/03



P.   Charles e T.   S.   Charles-Tijmens
contro
Staatssecretaris van Financiën



«»






1.        Nella presente causa, lo Hoge Raad (Corte di cassazione) dei Paesi Bassi chiede alla Corte di chiarire alcuni aspetti della normativa che disciplina la deduzione dell’IVA versata a monte e le relative rettifiche nel caso in cui beni d’investimento vengano utilizzati in parte per operazioni a valle soggette ad imposta  (2) e in parte a fini privati.

2.        Il giudice del rinvio intende accertare, in sostanza, se sia compatibile con il diritto comunitario una disciplina nazionale che impedisce di ascrivere detti beni interamente al patrimonio di un’impresa e considera il loro uso privato alla stregua di un’operazione a titolo oneroso.

Norme comunitarie sull’IVA

Le norme fondamentali

3.        L’essenza del sistema dell’IVA è delineata nell’art. 2 della prima direttiva IVA  (3) :

«Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell’imposizione.

A ciascuna transazione, l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell’ammontare dell’imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

Il sistema comune di imposta sul valore aggiunto è applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso».

4.        Pertanto, con questo sistema di applicazioni e deduzioni successive dell’imposta, gli operatori non devono sopportare l’IVA sui prodotti e servizi acquistati a fini professionali. Tuttavia, dopo la fase della vendita al dettaglio – e per tutte le operazioni al di fuori della sfera commerciale – l’IVA non può essere né riscossa né detratta.

5.        La sesta direttiva IVA contiene norme più dettagliate  (4) .

6.        L’ambito di applicazione dell’IVA è definito all’art. 2, a norma del quale le operazioni soggette ad IVA comprendono «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale» e le importazioni di beni.

7.        L’art. 4, n. 1, definisce soggetto passivo chiunque esercita un’attività economica, a prescindere dallo scopo e dai risultati. A tenore dell’art. 4, n. 2, costituiscono attività economiche «tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi», nonché «lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».

8.        Gli elementi essenziali del diritto a deduzione sono delineati nell’art. 17 della sesta direttiva. L’art. 17, n. 2, così dispone:

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)        l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(...)».

Conformemente all’art. 17, n. 1, tale diritto nasce quando l’imposta diventa esigibile.

9.        Poiché il diritto a deduzione riguarda solo i beni o servizi utilizzati per operazioni imponibili, esso non sussiste nel caso in cui detti beni o servizi vengano utilizzati ai fini di operazioni esenti, vale a dire le operazioni elencate in particolare all’art. 13 della direttiva, o di operazioni che esulano del tutto dall’ambito di applicazione dell’IVA, come quelle a titolo gratuito, o che non vengono effettuate da un soggetto passivo che agisce in quanto tale, segnatamente nel contesto di un’attività economica ai sensi dell’art. 4.

I problemi sollevati dall’uso «misto»

10.      Alcune disposizioni riguardano aspetti delle difficoltà che possono derivare dal fatto che, per qualunque motivo, beni o servizi soggetti ad imposta forniti ad un soggetto passivo possono essere utilizzati in parte per operazioni imponibili a valle e in parte per scopi diversi. Ovviamente, in tali circostanze è importante mantenere la distinzione tra operazioni imponibili ed altre operazioni, nonché la corrispondenza tra le deduzioni dell’imposta a monte e la riscossione dell’imposta a valle.

11.      Sono previsti due tipi di impiego «misto». Da un lato, vi sono situazioni in cui un soggetto passivo acquista beni o servizi nel corso degli affari e li utilizza in parte per scopi professionali e in parte per scopi non professionali. Dall’altro, vi sono casi in cui un’impresa realizza operazioni a valle sia imponibili sia non soggette ad imposta.

12.      Pertanto, per quanto riguarda in primo luogo l’uso privato di beni dell’impresa e le situazioni ad esso equiparabili, l’art. 5, n. 6, della sesta direttiva prevede quanto segue:

«È assimilato a una cessione a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina al proprio uso privato o all’uso del suo personale o lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell’imposta sul valore aggiunto».

13.      Del pari, con riguardo ai servizi, l’art. 6, n. 2, così dispone:

«Sono assimilati a prestazioni di servizi a titolo oneroso:

a)l’uso di un bene destinato all’impresa per l’uso privato del soggetto passivo o per l’uso del suo personale o, più generalmente, a fini estranei alla sua impresa qualora detto bene abbia consentito una deduzione totale o parziale dell’imposta sul valore aggiunto;

b)le prestazioni di servizi a titolo gratuito effettuate dal soggetto passivo per il proprio uso privato o ad uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa.

Gli Stati membri hanno la facoltà di derogare alle disposizioni del presente paragrafo a condizione che tale deroga non dia luogo a distorsioni di concorrenza».

14.      Pertanto, fatta salva la possibilità di introdurre una deroga ai sensi dell’art. 6, n. 2, le due disposizioni citate implicano che il soggetto passivo, nel caso in cui utilizzi beni o servizi della sua impresa per scopi non professionali, dopo avere dedotto l’imposta a monte sui beni o servizi acquistati a fini professionali, deve versare l’IVA su tale operazione.

15.      In questi casi la base imponibile viene stabilita conformemente all’art. 11, parte A, n. 1, a norma del quale essa è costituita:

«(...)

b)per le operazioni di cui all’articolo 5, paragraf[o] 6 (...), dal prezzo di acquisto dei beni o di beni similari o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni;

c)per le operazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 2, dalle spese sostenute dal soggetto passivo per la prestazione dei servizi;

(...)».

16.      In secondo luogo, l’art. 17, n. 5, della sesta direttiva riguarda le situazioni in cui i beni o servizi vengono utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a deduzione dell’IVA, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto. In questi casi, ai sensi del primo comma, «la deduzione è ammessa soltanto per il prorata dell’imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni».

17.      A norma del secondo comma, detto prorata di regola si determina ai sensi dell’art. 19 – che lo definisce in sostanza come una frazione corrispondente al quoziente tra il giro di affari relativo ad operazioni che danno diritto alla deduzione dell’IVA e il giro di affari totale  (5) .

18.      Inoltre, l’art. 20 della sesta direttiva dispone che la deduzione può, se del caso, essere rettificata:

«1.        La rettifica della deduzione iniziale è effettuata secondo le modalità fissate dagli Stati membri, in particolare:

a)quando la deduzione è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto;

b)quando, successivamente alla dichiarazione, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della deduzione (...).

2.        Per quanto riguarda i beni d’investimento, la rettifica deve essere ripartita su cinque anni, compreso l’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati. Ogni anno tale rettifica è effettuata solo per un quinto dell’imposta che grava sui beni in questione. Essa è eseguita secondo le variazioni del diritto a deduzione che hanno avuto luogo negli anni successivi rispetto all’anno in cui i beni sono stati acquistati o fabbricati.

[...]

Per quanto riguarda i beni d’investimento immobili, il periodo da assumere come base per il calcolo della rettifica può essere portato fino a 20 anni.

(...)».

Disposizioni «transitorie» relative all’esclusione delle deduzioni

19.      L’art. 17, n. 6, della sesta direttiva dispone che il Consiglio, con decisione all’unanimità adottata su proposta della Commissione, stabilisce le spese che non danno diritto a deduzione dell’IVA, ma precisa che saranno comunque escluse dal diritto a deduzione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza.

20.      Per regolamentare la situazione in attesa della decisione del Consiglio, l’art. 17, n. 6, secondo comma, dispone che «[f]ino all’entrata in vigore delle norme di cui sopra, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al momento dell’entrata in vigore della presente direttiva».

21.      Di fatto, le norme in questione non sono state adottate, per cui rimangono applicabili le disposizioni transitorie.

22.      Prima dell’entrata in vigore della sesta direttiva, il fondamento della normativa sull’IVA degli Stati membri dell’epoca (Paesi Bassi compresi) era costituito dalla seconda direttiva  (6) . L’art. 11 di detta direttiva disponeva, in particolare, quanto segue:

«1.        Nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati per i bisogni della sua impresa, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)

l’imposta sul valore aggiunto che gli viene fatturata per i beni che gli sono forniti e per i servizi che gli sono prestati;

(...)

4.        Dal beneficio del regime delle deduzioni possono essere esclusi taluni beni e servizi, segnatamente quelli che sono suscettibili di essere utilizzati in tutto o in parte per soddisfare i bisogni privati del soggetto o del suo personale».

23.      L’art. 11, n. 1, è quindi stato il precursore dell’art. 17, n. 2, della sesta direttiva  (7) e l’art. 11, n. 4, perseguiva uno scopo analogo a quello degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, della sesta direttiva, anche se in termini differenti.

Normativa olandese pertinente

24.      Nei Paesi Bassi, l’IVA è disciplinata dalla Wet op de Omzetbelasting 1968 (legge sull’imposta sulla cifra d’affari del 1968) e dal relativo regolamento di attuazione, lo Uitvoeringsbeschikking Omzetbelasting. Lo Hoge Raad ne spiega il funzionamento nei termini seguenti.

25.      Ai sensi degli artt. 2 e 15 , n. 1, della legge del 1968, l’imprenditore può dedurre l’IVA posta a suo carico da un altro imprenditore per una cessione di beni o una prestazione di servizi, purché tali beni o servizi siano utilizzati nell’ambito dell’impresa. Pertanto, quando beni o servizi vengono utilizzati sia nell’ambito dell’impresa che al di fuori di questa (in particolare a fini privati), la deduzione è esclusa nella misura in cui si tratta di uso al di fuori dell’ambito dell’impresa.

26.      L’art. 15, n. 4, della legge dispone che la percentuale cui ammonta l’uso nell’ambito dell’impresa rispetto all’uso al di fuori di tale ambito si stabilisce nel momento in cui il bene o servizio viene utilizzato. L’art. 12, n. 3, dello Uitvoeringsbeschikking, che si fonda sull’art. 15, n. 6, della legge, prevede che nella dichiarazione relativa all’ultimo periodo di imposta di un esercizio fiscale l’imposta dedotta dev’essere ricalcolata sulla base dei dati relativi all’intero esercizio. Dopo tale esercizio fiscale, non sono ammessi nuovi calcoli o revisioni della deduzione e la legge non prevede neanche una successiva imposizione sull’autoconsumo ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett. a), della sesta direttiva.

27.      Le disposizioni dello Uitvoeringsbeschikking sono state introdotte nel 1969 per dare attuazione all’art. 11, n. 1, della seconda direttiva IVA. Esse pertanto sono antecedenti all’entrata in vigore della sesta direttiva ai fini dell’art. 17, n. 6, di detta direttiva.

Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

28.      Nel marzo 1997, P. Charles e T. S. Charles-Tijmens (in prosieguo: i «ricorrenti») acquistavano congiuntamente la proprietà di un bungalow per le vacanze nei Paesi Bassi. Esso era destinato sia alla locazione che all’uso privato, e nel periodo in esame veniva utilizzato in tal modo – per l’87,5% veniva dato in locazione e per il 12,5% veniva destinato a fini privati.

29.      Conformemente al diritto comunitario e nazionale, la locazione è un’operazione imponibile e i ricorrenti a tal fine costituiscono un unico soggetto passivo.

30.      Nella dichiarazione IVA relativa al secondo trimestre 1997, inizialmente i ricorrenti portavano in deduzione l’87,5% dell’imposta relativa al bungalow da essi versata, il che comportava una richiesta di rimborso per un importo di NLG 91, che veniva accolta con decisione 1° ottobre 1997. In seguito, tuttavia, ritenendo che l’imposta versata a monte fosse deducibile al 100%, essi presentavano un reclamo contro tale decisione e chiedevano un rimborso supplementare di NLG 13. L’Ispettore competente dichiarava irricevibile il reclamo.

31.      I ricorrenti adivano quindi la Corte d’appello, il Gerechtshof te ‘s-Hertogenbosch, che confermava la decisione 1° ottobre 1997. Esso rilevava che i ricorrenti utilizzavano il bungalow per prestazioni nell’ambito dell’impresa gravate da IVA ma anche a fini privati e pertanto non potevano dedurre l’intera imposta versata in relazione al bungalow. Esso dichiarava che gli artt. 6, n. 2, e 17, n. 2, della sesta direttiva non ostano ad una limitazione della deduzione, in quanto l’art. 17, n. 6, dispone che gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione al momento dell’entrata in vigore della direttiva. Poiché la normativa olandese pertinente non è stata modificata, non si possono ragionevolmente nutrire dubbi sull’ammissibilità di una deduzione come quella in esame.

32.      La controversia è attualmente pendente dinanzi allo Hoge Raad, il quale ritiene che i due motivi di impugnazione sollevino questioni di diritto comunitario.

33.      In primo luogo, i ricorrenti sostengono che l’esclusione parziale della deduzione è in contrasto con la sesta direttiva. Dall’art. 6, n. 2, discenderebbe che l’uso privato del bungalow costituisce una prestazione soggetta ad imposta, dato che i ricorrenti hanno scelto di ascrivere l’alloggio interamente al patrimonio dell’impresa. Ai sensi dell’art. 17, n. 2, sussisterebbe quindi un diritto alla deduzione dell’intero ammontare dell’IVA versata a monte.

34.      In secondo luogo, i ricorrenti contestano l’interpretazione data dal Gerechtshof’s all’art. 17, n. 6, della sesta direttiva. La normativa olandese, all’epoca dell’entrata in vigore della direttiva, non prevedeva un’esclusione della deduzione come inteso nella disposizione citata, tranne per quanto riguarda gli autoveicoli. L’art. 17, n. 6, riguarderebbe soltanto le esclusioni del tipo indicato all’art. 11, n. 4, della seconda direttiva IVA, concernenti «taluni beni e servizi». L’esclusione parziale della deduzione di cui all’art. 15, n. 1, della legge del 1968 non era basata sulla detta disposizione e non presentava le caratteristiche ivi indicate. Per quanto riguarda i beni quale il bungalow di cui trattasi, non sussisteva alcuna esclusione per legge del diritto a deduzione come inteso nell’art. 11, n. 4, della seconda direttiva, per cui l’art. 17, n. 6, della sesta direttiva non giustificherebbe un’esclusione parziale della deduzione.

35.      Dopo avere confrontato le pertinenti legislazioni, comunitaria e nazionale, lo Hoge Raad osserva che esse perseguono lo stesso obiettivo e possono produrre identici effetti e che eventuali differenze possono essere considerate deroghe ammesse dall’art. 6, n. 2, della sesta direttiva, sempreché non vi siano distorsioni della concorrenza.

36.      Lo Hoge Raad rileva tuttavia che gli effetti non sempre coincidono. Ai sensi della direttiva, il soggetto passivo ha diritto alla detrazione immediata e totale e la rettifica per uso privato avviene solo quando tale uso si manifesta. Nel sistema della legge olandese, si deve stabilire entro il primo anno in quale misura il bene verrà utilizzato al di fuori dell’impresa, la detrazione è esclusa in tale misura e non è prevista una rettifica qualora l’uso per fini privati cambi negli anni successivi. Il soggetto passivo ne ricava un indebito vantaggio, nel caso in cui, in un secondo tempo, accresca l’utilizzo del bene al di fuori dell’impresa, e tuttavia non esistono meccanismi atti ad escludere la possibilità di manipolazioni, che potrebbero condurre a distorsioni della concorrenza. Per contro, una riduzione dell’uso al di fuori dell’impresa determina a carico del soggetto passivo un onere fiscale eccessivo.

37.      Pertanto lo Hoge Raad chiede alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sulla questione se sia compatibile con la sesta direttiva – in particolare con l’art. 17, n. 1, n. 2 e n. 6 e con l’art. 6, n. 2 – un sistema normativo quale quello descritto, che esisteva già prima dell’introduzione della sesta direttiva e presenta le seguenti caratteristiche:

–esclude la possibilità di scegliere se far rientrare interamente nel patrimonio di un’impresa un bene di investimento o un bene o servizio ad esso equiparato nel caso in cui l’acquirente utilizzi tale bene o servizio tanto nell’ambito dell’impresa quanto al di fuori di essa (in particolare a fini privati);

–correlativamente, esclude anche la possibilità di dedurre integralmente e immediatamente l’imposta versata al momento dell’acquisto di tale bene o servizio;

–non prevede un prelievo dell’IVA come inteso all’art. 6, n. 2, lett. a), della sesta direttiva.

38.      Hanno presentato osservazioni scritte il governo dei Paesi Bassi e la Commissione, che, al pari dei ricorrenti nel procedimento principale e del governo tedesco, hanno risposto a due quesiti scritti posti dalla Corte. All’udienza hanno presentato osservazioni orali i ricorrenti, i governi tedesco e olandese e la Commissione.

Analisi

39.      Le questioni dello Hoge Raad e le osservazioni presentate alla Corte sollevano alcuni problemi le cui interrelazioni non sono semplici, e a questo punto può essere utile una breve illustrazione del modo in cui intendo esaminarle.

40.      Dopo avere identificato anzitutto gli elementi rilevanti della legge olandese  (8) , analizzerò la condizione stabilita dalla giurisprudenza della Corte secondo cui un soggetto passivo deve poter ascrivere al patrimonio della sua impresa un bene utilizzato in parte a fini privati  (9) . Tale analisi comporterà un esame dei vari meccanismi pertinenti della sesta direttiva  (10) e della portata della deroga prevista all’art. 6, n. 2, ultimo comma  (11) , nonché degli effetti che detti meccanismi producono a seconda che i beni siano inclusi nel patrimonio dell’impresa o in quello personale  (12) . Inoltre confronterò in particolare gli effetti, da un lato, dell’esclusione dei beni dal patrimonio dell’impresa e, dall’altro, della loro inclusione in detto patrimonio ma considerandone l’uso a fini privati come operazione a titolo gratuito  (13) . Infine esaminerò l’ambito di applicazione della deroga di cui all’art. 17, n. 6, che consente di mantenere in vigore la legislazione precedente  (14) .

Possibilità di scelta ai sensi della legge olandese

41.      In limine, il governo dei Paesi Bassi nega che, ai sensi della legge nazionale, un soggetto passivo che acquisti beni d’investimento utilizzati sia per scopi professionali che a fini privati non possa scegliere di ascrivere detti beni interamente al patrimonio della sua impresa. Il detto governo ha prodotto copia di una circolare che rinvia ad una decisione del Ministro delle Finanze del 27 novembre 2002, in cui si conferma la possibilità di scelta. All’udienza, la difesa dei ricorrenti ha contestato tale affermazione e il governo dei Paesi Bassi ha ribadito che la possibilità di scelta era garantita da una norma amministrativa.

42.      La Corte non è competente ad interpretare il diritto olandese. Essa deve procedere sulla base di quanto dichiarato dal giudice del rinvio. La questione deferita dallo Hoge Raad riguarda espressamente una situazione giuridica in cui è esclusa «la possibilità di scegliere se far rientrare interamente nel patrimonio di un’impresa un bene di investimento (…) qualora l’acquirente utilizzi tale bene (...) tanto nell’ambito dell’impresa quanto al di fuori di essa (in particolare a fini privati)».

43.      Tuttavia si può osservare che:

–il governo olandese fa riferimento ad una decisione amministrativa e la Corte ha ripetutamente dichiarato che l’incompatibilità di una normativa nazionale con il diritto comunitario può essere soppressa tramite disposizioni interne vincolanti che abbiano lo stesso valore giuridico di quelle da modificare  (15) ;

–la decisione amministrativa di cui trattasi è stata adottata nel 2002, mentre il periodo considerato nella causa nazionale è l’esercizio fiscale 1997;

–nella decisione si afferma espressamente che quando il contribuente sceglie di ascrivere beni d’investimento interamente al patrimonio della sua impresa, la deduzione non è ammessa nel caso in cui i beni non vengano utilizzati per scopi professionali, e che tale esclusione è fondata sull’art. 17, n. 6, della sesta direttiva; e

–la possibilità di effettuare una prima scelta al riguardo non comporta la successiva possibilità di introdurre rettifiche per tenere conto di modifiche della destinazione del bene.

Elementi controversi del sistema olandese

44.     È chiaro che il sistema descritto è diverso dal meccanismo previsto all’art. 6, n. 2, della sesta direttiva. Essi perseguono in larga misura lo stesso obiettivo ma, come spiega lo Hoge Raad, di fatto possono produrre effetti diversi, soprattutto qualora cambi nel tempo la percentuale di uso privato dei beni d’investimento acquistati sia per scopi professionali che a fini privati.

45.      Occorre stabilire se gli elementi del sistema olandese possano comunque essere compatibili con le disposizioni della sesta direttiva.

46.      Gli elementi individuati dallo Hoge Raad nella sua questione sono i seguenti: i) i beni di investimento utilizzati sia nell’ambito dell’impresa che al di fuori di essa non possono essere fatti rientrare interamente nel patrimonio di un’impresa; pertanto ii) l’imposta a monte versata su tali beni non può essere dedotta integralmente e iii) non è previsto un prelievo dell’IVA sul loro uso a fini privati. Il secondo e il terzo di questi elementi costituiscono ovvie conseguenze dirette e automatiche del primo, ma aggiungerei un altro importante elemento, meno ovvio, di cui lo Hoge Raad tiene conto nel suo ragionamento: iv) una volta che i beni siano stati ripartiti tra il patrimonio dell’impresa e quello privato, tale ripartizione non può più essere rettificata dopo la fine del primo anno.

La condizione della possibilità di scelta

47.      La Corte ha dichiarato a più riprese che «un soggetto passivo ha la possibilità di scegliere, ai fini dell’applicazione della sesta direttiva, di inserire o meno nella sua impresa la parte di un bene che è destinata al suo uso privato»  (16) .

48.      Pertanto, le norme olandesi, nella misura in cui escludono tale possibilità, sono incompatibili con la direttiva.

49.      Il governo dei Paesi Bassi sostiene tuttavia che esse rispondono, da un lato, alla condizione dell’art. 17, n. 2, della sesta direttiva, secondo cui non è ammessa detrazione per i beni o servizi utilizzati da un contribuente ai fini di operazioni non imponibili e, dall’altro, alla finalità dell’art. 6, n. 2, di garantire la parità di trattamento tra il soggetto passivo e il consumatore finale  (17) . Al pari della Commissione, il governo dei Paesi Bassi ritiene che eventuali divergenze tra la normativa olandese e l’art. 6, n. 2, costituiscano deroghe ammesse dall’ultimo comma di tale disposizione  (18) . All’udienza, il governo tedesco ha espressamente chiesto alla Corte di riconsiderare la sua giurisprudenza che impone di permettere in ogni caso al soggetto passivo di optare per l’inclusione di un bene nel patrimonio dell’impresa.

50.     È quindi opportuno esaminare la questione in modo più approfondito.

Questioni pertinenti e soluzioni nel sistema delle direttive IVA

51.      Nel regime istituito dalle direttive IVA è assiomatico che, da un lato, un soggetto passivo deve poter dedurre l’imposta versata a monte sui beni e servizi utilizzati per scopi inerenti ad operazioni imponibili della sua impresa e, dall’altro, che il consumo finale privato dev’essere interamente assoggettato ad imposta.

52.      La deduzione dell’imposta a monte è collegata alla riscossione dell’imposta a valle, per cui, nel caso in cui i beni e servizi acquistati da un soggetto passivo vengano utilizzati per fini inerenti ad operazioni esenti o che ricadono al di fuori dell’ambito di applicazione dell’IVA, non può esservi imposizione a valle né deduzione dell’imposta a monte.

53.      Possono sorgere difficoltà quando vi è sovrapposizione o interferenza tra le modalità d’uso dei beni o servizi.

54.      La sesta direttiva offre due soluzioni per aggirare tali difficoltà, benché la loro applicazione dipenda da circostanze diverse ed esse non siano semplicemente intercambiabili.

55.      La prima riguarda la situazione in cui un soggetto passivo utilizza, a fini privati, beni o servizi inizialmente considerati inerenti ad operazioni imponibili dell’impresa e sui quali pertanto è stata inizialmente dedotta l’IVA a monte. Ai sensi delle disposizioni parallele contenute, da un lato, nell’art. 5, n. 6, in cui il consumo finale ha per oggetto beni, e, dall’altro, nell’art. 6, n. 2, che riguarda i casi come quello in esame, in cui si tratta di servizi, si ritiene che il soggetto passivo agisca nella duplice veste di fornitore professionale e di acquirente privato, e debba quindi versare l’IVA dovuta a valle su tale «operazione».

56.      La seconda soluzione consiste nel sistema di deduzione del prorata disciplinato dagli artt. 17, n. 5, e 19, nel caso in cui un’impresa effettui a valle sia operazioni imponibili che operazioni non soggette ad imposta. La regola fondamentale è che si può dedurre la frazione di imposta a monte, calcolata su base annua, che è pari al quoziente tra il valore netto delle operazioni imponibili a valle e il valore di tutte le operazioni a valle dell’impresa.

57.      L’art. 20 dispone inoltre che le deduzioni possono essere rettificate nel caso in cui intervengano, tra l’altro, mutamenti dei fattori presi in considerazione per determinare l’importo della deduzione. Tali mutamenti sono abbastanza probabili nel caso dei beni d’investimento, che vengono spesso utilizzati per un certo numero di anni, nel corso dei quali possono cambiare gli scopi cui essi sono destinati. Pertanto, il periodo in cui è possibile effettuare rettifiche è di cinque anni, prorogabile a 20 anni nel caso dei beni immobili, con deduzioni variabili ripartite sull’intero periodo (19) .

58.      Può essere utile confrontare i punti salienti dei due regimi.

59.      In primo luogo, essi sono entrambi applicabili solo quando i beni o servizi vengono acquistati nell’ambito di un’attività commerciale. Gli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, riguardano i beni rientranti nel patrimonio dell’impresa e i servizi prestati da un’impresa. L’art. 17, n. 5, riguarda i beni o servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni imponibili che per operazioni non tassate, vale a dire esenti. Nessuna di tali disposizioni è applicabile nel caso in cui un soggetto passivo acquisiti beni a titolo personale o li usi per operazioni che esulano dall’ambito di applicazione dell’IVA. In tali circostanze, l’imposta a monte non può essere dedotta in alcun caso e le operazioni sono escluse dal calcolo del prorata detraibile  (20) . Inoltre, quand’anche il soggetto passivo ascrivesse al patrimonio della sua impresa beni acquistati a titolo personale, detta operazione esulerebbe comunque dalla sfera di applicazione dell’IVA, in quanto il soggetto passivo non agirebbe «in quanto tale», bensì privatamente.

60.      In secondo luogo, entrambi i regimi sono intesi a garantire la corrispondenza tra la deduzione dell’imposta a monte e l’applicazione dell’imposta a valle, ma di fatto una rappresenta l’immagine speculare dell’altra. Gli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, dispongono che, qualora sia stata dedotta l’imposta a monte, l’imposta a valle dev’essere riscossa sulle operazioni che altrimenti – essendo effettuate a titolo gratuito – esulerebbero dal campo di applicazione dell’IVA. L’art. 17, n. 5, dispone che, qualora non si possa riscuotere l’imposta a valle in quanto si tratta di un’operazione esente, non si può effettuare la corrispondente deduzione dell’imposta a monte. Pertanto, se esistono sovrapposizioni tra i due regimi, il primo rimedio consiste nell’applicare gli artt. 5, n. 6 e 6, n. 2, di modo che l’uso privato divenga un’operazione a valle imponibile; in tal caso tutte le operazioni soggette ad imposta, compreso l’uso privato, devono essere aggregate e mantenute distinte, ai fini dell’applicazione dell’art. 17, n. 5, dalle operazioni a valle esenti.

61.      Infine, entrambi i regimi consentono di apportare rettifiche in funzione dei mutamenti delle circostanze, sebbene il meccanismo cambi da caso a caso. Così, per quanto riguarda gli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, la rettifica è automatica, in quanto l’imposta viene riscossa se e quando avviene il consumo. Nel caso dell’art. 17, n. 5, la deduzione viene calcolata su base annua e pertanto può variare di anno in anno; inoltre l’art. 20 prevede un periodo di rettifica di molti anni per i beni d’investimento.

Portata della deroga di cui all’art. 6, n. 2

62.      L’art. 6, n. 2, definisce talune categorie di «operazioni» che devono essere considerate alla stregua di prestazioni di servizi a titolo oneroso anche se normalmente vengono svolte a titolo gratuito e pertanto dovrebbero essere escluse dall’ambito di applicazione dell’IVA.

63.      L’art. 6, n. 2, ultimo comma, consente agli Stati membri di «derogare alle disposizioni del presente paragrafo», purché ciò non dia luogo a distorsioni della concorrenza.

64.      A mio parere, la portata di tale autorizzazione può essere estesa solo in modo da escludere le categorie di operazioni in questione, in tutto o in parte, dalle prestazioni di servizi a titolo oneroso, sottraendole così all’applicazione dell’IVA. La norma derogatoria non consente agli Stati membri di aggiungere altre norme o di introdurre norme sostitutive non previste dalla sesta direttiva.

65.      Tale conclusione discende dalla lettera della disposizione ed è confermata dalla sentenza della Corte nella causa Cookie’s World  (21) .

66.      Pertanto, l’art. 6, n. 2, ultimo comma, non consente agli Stati membri di escludere la possibilità per i contribuenti di far rientrare nel patrimonio della loro impresa i beni utilizzati sia per scopi professionali che a fini privati.

67.      D’altro canto, la disposizione in parola consente agli Stati membri di considerare l’uso privato gratuito di detti beni come un’operazione non a titolo oneroso e pertanto non soggetta ad imposta, che non dà diritto a deduzione dell’imposta a monte sui beni o servizi utilizzati in tal modo.

68.      A questo punto, tuttavia, occorre svolgere tre osservazioni ulteriori.

69.      In primo luogo, l’ultimo comma dell’art. 6, n. 2, non autorizza gli Stati membri a negare ai contribuenti la possibilità di far rientrare nel patrimonio della loro impresa i beni utilizzati sia per scopi professionali che a fini privati, né la disposizione in esame – o qualsiasi altro punto dello stesso n. 2 – precludono espressamente tale possibilità. L’art. 6, n. 2, riguarda solo le situazioni in cui i beni inclusi nel patrimonio di un’impresa vengono successivamente utilizzati a fini privati.

70.      In secondo luogo, quando non sono ascritti al patrimonio dell’impresa di un soggetto passivo, generalmente i beni non ricadono nella sfera di applicazione dell’IVA ed esulano pertanto sia dall’ambito di applicazione degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, che da quello dell’art. 17, n. 5.

71.      In terzo luogo, se uno Stato membro deroga all’art. 6, n. 2, qualificando tutte le operazioni in questione, o alcune di esse, come operazioni a titolo gratuito, e quindi al di fuori dell’ambito di applicazione dell’IVA, l’effetto è equiparabile, in un certo senso, all’esclusione dei beni di cui trattasi dal patrimonio dell’impresa: non sussiste il diritto a dedurre l’imposta a monte, ma dette operazioni sono altresì escluse dal calcolo del prorata detraibile ai sensi dell’art. 17, n. 5.

72.      Pertanto è opportuno esaminare in modo più approfondito gli effetti dell’inclusione di beni utilizzati sia per scopi professionali che a fini privati, da un lato, nel patrimonio dell’impresa, e, dall’altro, nel patrimonio personale.

Conseguenze dell’inclusione dei beni nel patrimonio dell’impresa o in quello personale

73.      Quando i beni acquistati vengono ascritti al patrimonio dell’impresa del soggetto passivo, l’IVA assolta sul loro acquisto può essere dedotta immediatamente, salvo che essi debbano essere utilizzati in tutto o in parte ai fini di operazioni non soggette ad imposta. Qualora i beni debbano essere interamente destinati a quest’uso, non è possibile alcuna detrazione. Nel caso in cui essi vengano destinati a tale uso solo in parte, il prorata detraibile dev’essere stabilito in base all’art. 17, n. 5. Nel calcolo può essere dedotta l’IVA versata a monte anche nel caso in cui i beni vengano successivamente utilizzati per il consumo privato, sempreché tale uso sia assoggettato ad imposta conformemente all’art. 5, n. 6, o all’art. 6, n. 2.

74.      In quest’ultimo caso, sebbene l’uso privato sia assoggettato ad imposta, al pari dell’uso da parte di qualsiasi altro consumatore privato, il soggetto passivo, in determinate circostanze, può trarre alcuni vantaggi fiscali dall’applicazione degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, in quanto, tra l’altro:

–l’imposta può essere detratta immediatamente, mentre la riscossione viene deferita e scaglionata sul periodo dell’uso privato, il che può determinare un’agevolazione di tesoreria;

–l’IVA viene calcolata in base al costo dei beni o servizi utilizzati, che presumibilmente è inferiore al prezzo che avrebbe dovuto essere pagato acquistando i beni o servizi a titolo personale presso un altro commerciante;

–nel caso dei beni d’investimento, compresi i beni immobili, il costo sostenuto dal soggetto passivo per fornire il «servizio» consistente nell’uso dei beni (e quindi l’imposta a valle) può risultare particolarmente modesto rispetto al costo di acquisto (e quindi rispetto all’imposta detraibile a monte), per cui l’uso privato sopporta di fatto un carico fiscale inferiore – un vantaggio che può aumentare con l’aumento della percentuale di uso privato.

75.      Se i beni acquistati vengono ascritti al patrimonio privato di un soggetto passivo, ricadono al di fuori dell’ambito di applicazione dell’IVA e non è possibile alcuna detrazione. Il diritto a deduzione non sussiste neanche nel caso in cui essi vengano successivamente utilizzati a scopi professionali, perché l’esistenza del diritto alla deduzione iniziale dipende dalla qualità in cui agisce l’acquirente  (22) e una persona che trasferisca beni dal proprio patrimonio personale alla sua impresa, o li metta a disposizione della stessa, non effettua un’operazione a titolo oneroso in qualità di soggetto passivo. Di conseguenza, l’imposta a monte sui beni e servizi acquistati a titolo personale e successivamente utilizzati a fini professionali viene a far parte del costo di detti beni o servizi e impone al soggetto passivo un onere che, alla luce del principio di neutralità dell’IVA, si può considerare inappropriato.

76.      Pertanto, se beni utilizzati sia a fini privati che per scopi professionali vengono ascritti al patrimonio personale, il soggetto passivo subisce uno svantaggio. Se detti beni vengono fatti rientrare nel patrimonio dell’impresa, il soggetto passivo può trarre vantaggio dal fatto che l’uso privato viene considerato alla stregua di un’operazione a titolo oneroso ai sensi degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2.

77.      Ovviamente, il vantaggio o lo svantaggio per il soggetto passivo presenta un nesso diretto con la corrispondente perdita o il corrispondente guadagno per l’autorità fiscale.

78.      In tali circostanze, è chiaro che la possibilità di scegliere se far rientrare beni ad uso misto nel patrimonio dell’impresa o in quello personale favorisce il soggetto passivo, il quale presumibilmente opterà sempre per l’inclusione nel patrimonio dell’impresa. Le autorità fiscali preferiranno invece un’assegnazione obbligatoria al patrimonio personale di una quota pari alla percentuale destinata a uso privato.

79.      Tuttavia, se si può legittimamente affermare che i beni destinati ad uso privato, o la quota destinata a tale uso, devono essere considerati al di fuori dell’ambito di applicazione dell’IVA a partire dal momento dell’acquisto, con la conseguenza che l’imposta a monte non è in alcun caso detraibile, tale affermazione non tiene conto del fatto che, quando i beni vengono ascritti ad un patrimonio privato, non esistono meccanismi idonei a risolvere le situazioni in cui essi vengono successivamente destinati a fini professionali.

80.      In concreto, i ricorrenti nel presente procedimento possono avere acquistato il bungalow per trascorrervi la maggior parte dell’anno e locarlo, diciamo, solo per un mese all’anno. Conformemente alla normativa olandese descritta, essi avrebbero dovuto ascrivere la proprietà per il 12.5% al patrimonio dell’impresa e per l’87,5% al proprio patrimonio personale, con la conseguenza che avrebbero potuto dedurre soltanto il 12,5% dell’IVA sull’acquisto. L’anno successivo avrebbero potuto decidere che preferivano vivere altrove, o che il ricavato della locazione era insufficiente, e quindi destinare il bungalow interamente alla locazione. Non esiste alcun meccanismo, né nella normativa olandese descritta né nella sesta direttiva, per cui il trasferimento nel patrimonio dell’impresa possa dare diritto a dedurre la quota eccedente di imposta a monte. Nondimeno, se i ricorrenti in un secondo tempo vendessero il bungalow nell’ambito di un’operazione commerciale, essi dovrebbero versare l’IVA su tale transazione.

81.      Nel caso in cui, invece, i beni siano ascritti al patrimonio dell’impresa e vengano successivamente destinati ad uso privato, la sesta direttiva fornisce un meccanismo di rettifica, ancorché imperfetto, agli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2.

82.      Pertanto concludo che la giurisprudenza della Corte, secondo cui un soggetto passivo deve poter scegliere se far rientrare beni d’investimento utilizzati sia per scopi professionali che a fini privati nel patrimonio della sua impresa o nel proprio patrimonio personale, è giustificata dal fatto che l’alternativa, sebbene possa recare all’interessato un vantaggio fiscale, determina uno svantaggio incompatibile con i principi dell’IVA cui non è possibile porre rimedio. In base alla normativa vigente non esistono altre soluzioni conformi al principio della fiscalità neutrale – né, forse, alcun’altra soluzione.

Conseguenze della deroga di cui all’art. 6, n. 2

83.      Ho già rilevato che la portata della deroga ammessa dall’art. 6, n. 2, ultimo comma, può consistere solo nel qualificare l’uso privato in questione come operazione a titolo gratuito, che quindi esula dall’ambito di applicazione dell’IVA. Ho inoltre osservato che tale qualifica può avere conseguenze analoghe a quelle dell’esclusione dei beni utilizzati dal patrimonio dell’impresa del soggetto passivo.

84.      Tuttavia occorre mantenere distinte le due situazioni.

85.      Se i beni sono esclusi dal patrimonio dell’impresa, l’imposta a monte non può essere dedotta in alcun caso. Se fanno parte del patrimonio di un’impresa, in linea di principio l’imposta può essere detratta immediatamente, in tutto o per una quota determinata in base agli artt. 17, n. 5, e 19 – quota di cui non possono far parte beni o servizi che non rientrino nell’ambito di applicazione dell’IVA.

86.      Se uno Stato membro considera l’uso privato del patrimonio dell’impresa come un’operazione non soggetta ad IVA, sorgono difficoltà in quanto ne discende che un evento successivo – l’uso privato – incide retroattivamente sulla qualifica, e quindi sulla deducibilità, dell’imposta dovuta a monte, anche se essa, in linea di principio, era immediatamente detraibile. Come si è visto, non è possibile stabilire in anticipo l’effettiva percentuale del successivo uso privato al fine di escludere l’esatta quota di imposta a monte dalla detrazione immediata.

87.      A tale proposito è significativo il fatto che non si possa derogare al disposto dell’art. 5, n. 6, che riguarda il consumo privato più che l’uso di beni rientranti nel patrimonio di un’impresa. La conseguenza è che l’IVA viene comunque riscossa sul consumo privato e si evita il problema sopra descritto.

88.      Per quanto riguarda i servizi consistenti nell’uso di beni rientranti nel patrimonio di un’impresa ai sensi dell’art. 6, n. 2, si presume che l’uso in questione riguardi sempre beni d’investimento. L’uso di beni diversi implica il consumo degli stessi o è tale da sfuggire a qualsiasi realistico metodo di accertamento a fini fiscali.

89.      L’uso dei beni di un’impresa che uno Stato membro considera escluso dall’ambito di applicazione dell’IVA non può essere preso in considerazione ai fini del calcolo del prorata detraibile ai sensi degli artt. 17, n. 5, e 19, ma se ne può tenere conto nel contesto dell’art. 20, che riguarda le rettifiche da apportare alla deduzione iniziale allorché intervengono mutamenti negli elementi utilizzati per determinare l’importo di tale deduzione iniziale.

90.      Per quanto riguarda i beni d’investimento, e in particolare i beni immobili, il periodo di rettifica previsto dall’art. 20 consente quindi di adottare un approccio più flessibile se non si considera l’uso privato come una prestazione a titolo oneroso rispetto a quando i beni utilizzati vengono esclusi dall’impresa, eliminando in misura significativa sia lo svantaggio subito dal soggetto passivo nella seconda ipotesi, sia il vantaggio che egli potrebbe ricavare in alcune circostanze dalla semplice applicazione dell’art. 6, n. 2.

Conclusione relativa all’art. 6, n. 2

91.      Concludo pertanto che una normativa nazionale, che non concede ad un soggetto passivo la possibilità di ascrivere beni di investimento interamente al patrimonio della sua impresa nel caso in cui utilizzi detti beni sia nell’ambito dell’impresa che al di fuori di essa, in particolare a fini privati, non è né compatibile con l’art. 6, n. 2, della sesta direttiva, né conforme all’ultimo comma di detta disposizione.

92.      Tuttavia, una normativa che consideri l’uso dei suddetti beni come un’operazione a titolo gratuito, e quindi al di fuori dell’ambito di applicazione dell’IVA, può essere ammessa in virtù dell’ultimo comma della disposizione citata, purché non dia luogo a distorsioni della concorrenza e venga applicata congiuntamente al meccanismo di rettifica previsto dall’art. 20 della sesta direttiva.

Art. 17, n. 6

93.      Rimane da stabilire se la normativa olandese in questione sia ammissibile alla luce dell’art. 17, n. 6, della sesta direttiva, in quanto comporta un’esclusione del diritto a deduzione introdotta dal diritto nazionale prima che la direttiva entrasse in vigore.

94.      Poiché il Regno dei Paesi Bassi, prima dell’entrata in vigore della sesta direttiva, era vincolato dalle norme armonizzate sull’IVA della seconda direttiva, è chiaro che possono essere ammesse solo le esclusioni compatibili con quest’ultima.

95.      L’art. 11, n. 1, della seconda direttiva sanciva un diritto generale a deduzione nel caso in cui i beni o servizi venivano utilizzati per scopi inerenti all’impresa del soggetto passivo, ma l’art. 11, n. 4, autorizzava le esclusioni dal sistema di deduzione per «taluni beni e servizi, segnatamente quelli che sono suscettibili di essere utilizzati in tutto o in parte per soddisfare i bisogni privati del soggetto o del suo personale».

96.      Sia il giudice nazionale che il governo dei Paesi Bassi hanno sostenuto che la normativa nazionale controversa è stata adottata per dare attuazione all’art. 11, n. 1, della seconda direttiva. Anche in mancanza di tali affermazioni, la conclusione di cui sopra sembra trovare conferma nel fatto che la normativa in questione mira a limitare il diritto a deduzione ai casi in cui i beni o servizi vengono utilizzati a scopi professionali.

97.      La Commissione fa valere che solo le esclusioni consentite dall’art. 11, n. 4, della seconda direttiva possono essere mantenute ai sensi dell’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva. Il governo dei Paesi Bassi afferma invece che possono beneficiare di tale disposizione anche le norme adottate in forza dell’art. 11, n. 1.

98.      Concordo con la Commissione. L’art. 11, n. 1, della seconda direttiva risulta superato per effetto dell’art. 17, n. 2, della sesta direttiva. Attualmente, le legislazioni nazionali devono essere conformi a quest’ultima disposizione – in combinato disposto, tra l’altro, con gli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2 – nell’ambito di applicazione che essa ha ereditato, senza variazioni, dalla norma che l’ha preceduta. L’art. 17, n. 6, della sesta direttiva è il successore dell’art. 11, n. 4, della seconda direttiva, ma consente di mantenere esclusioni ammesse da quest’ultima disposizione.

99.      Il testo dell’art. 11, n. 4, della seconda direttiva prevede l’esclusione di alcuni tipi di beni e servizi – ad esempio, gli autoveicoli – anziché un’esclusione generalizzata per qualsiasi uso privato, come conferma la giurisprudenza della Corte concernente l’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva e il contesto normativo di tale disposizione.

100.    Nelle conclusioni relative alla causa Lennartz  (23) , ho rilevato che l’art. 17, n. 6, non può giustificare il mantenimento di una norma generale applicabile a tutte le categorie di spesa che implicano un uso sia professionale che privato e la Corte è giunta alla stessa conclusione  (24) , pur senza fare specificamente riferimento all’art. 17, n. 6.

101.    Nella causa Commissione/Francia  (25) ho esaminato in modo più approfondito la disposizione ed il suo ambito normativo, e dalle fonti ivi citate si evince che le esclusioni previste dal legislatore riguardano categorie di spesa definite in base alla natura del bene o servizio acquistato, più che in base allo scopo cui esso viene destinato. Si deve osservare che nei casi in cui la Corte ha tenuto conto dell’affidamento dello Stato membro sull’art. 17, n. 6  (26) , secondo comma, si trattava sempre di un’esclusione di questo tipo.

102.    Come hanno rilevato sia lo Hoge Raad, nell’ordinanza di rinvio, che la Commissione, nelle proprie osservazioni, tale impostazione è confermata in particolare dalla recente sentenza della Corte nella causa Royscot Leasing  (27) .

103.    Pertanto la normativa controversa non rientra nella sfera di applicazione dell’art. 17, n. 6, secondo comma, della sesta direttiva.

Conclusione

104.    Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la Corte dovrebbe risolvere come segue la questione sottoposta dallo Hoge Raad:

Una normativa nazionale che non concede ad un soggetto passivo la possibilità di scegliere se ascrivere beni d’investimento interamente al patrimonio della sua impresa nel caso in cui utilizzi detti beni sia nell’ambito dell’impresa che al di fuori di essa, in particolare a fini privati, è incompatibile con l’art. 6, n. 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, e non può rientrare nella deroga prevista dall’ultimo comma della disposizione citata.

Una normativa nazionale che consideri l’uso dei suddetti beni come operazioni a titolo gratuito, quindi al di fuori dell’ambito di applicazione dell’IVA, può invece rientrare nella deroga, sempreché non dia origine a distorsioni della concorrenza e venga applicata congiuntamente al meccanismo di rettifica previsto dall’art. 20 della sesta direttiva.

Una normativa nazionale applicabile prima dell’entrata in vigore della sesta direttiva che preveda un’esclusione generale del diritto a deduzione per tutti i beni e servizi utilizzati a fini non professionali non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 17, n. 6, secondo comma, della detta direttiva.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Nota che riguarda la versione inglese delle conclusioni.


3 – Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (GU L 71, pag. 1301).


4 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari ─ Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).


5 – Tuttavia l’art. 17, n. 5, consente agli Stati membri di derogare, entro certi limiti, a detta disposizione. In particolare, concede la possibilità di tenere contabilità distinte per la parte di attività soggetta ad imposta e per quella esente, nonché la possibilità di stabilire il prorata detraibile dell’imposta a monte in funzione dell’uso cui sono destinati i beni o servizi – ad esempio, metà dell’imposta a monte potrebbe essere dedotta per beni di cui metà sia stata utilizzata per operazioni imponibili a valle e l’altra metà per operazioni a valle non soggette ad imposta, indipendentemente dal valore relativo delle due serie di operazioni.


6 – Seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Struttura e modalità d’applicazione del sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303).


7 – Cit. supra, paragrafo 8.


8 – Paragrafi 41-46.


9 – Paragrafi 47 e segg..


10 – Paragrafi 51-61.


11 – Paragrafi 62-71.


12 – Paragrafi 73-82.


13 – Paragrafi 83-90.


14 – Paragrafi 93-103.


15 – V., ad esempio, sentenza 13 luglio 2000, causa C-160/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I-6137, punto 23).


16 – Sentenza 8 maggio 2003, causa C-269/00, Seeling (Racc. pag. I -4101, punto 40); v. anche sentenze 4 ottobre 1995, causa C-291/92, Armbrecht (Racc. pag. I-2775, punto 20), e 8 marzo 2001, causa C-415/98, Bakcsi (Racc. pag. I-1831, punto 25).


17 – Sentenza 26 settembre 1996, causa C-230/94, Enkler (Racc. pag. I-4517, punto 35). Per una spiegazione esauriente delle modalità con cui viene garantita la parità di trattamento, v. le conclusioni presentate il 23 novembre 2004 dall’avvocato generale Ruiz-Jarabo nella causa C-412/03, Hotel Scandic Gåsabäck, paragrafi 24-32.


18 – V. supra, paragrafo 13.


19 – Per esempi pratici del funzionamento del sistema nel caso in cui l’uso dei beni di investimento cambi di anno in anno, v. P. Farmer e R. Lyal, EC Tax Law (1994), pag. 196, e B. J. M. Terra, Europees indirect belastingrecht (2002), pag. 459.


20 – V., da ultimo, sentenza 29 aprile 2004, causa C-77/01, EDM (Racc. pag. I-0000, punti 53 e 54).


21 – Sentenza 11 settembre 2003, causa C-155/01 (Racc. pag. I-8785, punti 58 e 59); v. anche sentenza 27 giugno 1989, causa 50/88, Kühne (Racc. pag. 1925, punti 16-19).


22 – Sentenza 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz (Racc. pag. I-3795).


23 – Citata alla nota 22, paragrafi 76-79.


24 – Punto 35.


25 – Causa C-43/96, (Racc. 1998 pag. I-3903, paragrafi 12 e segg.).


26 – Mi riferisco alle sentenze 5 ottobre 1999, causa C-305/97, Royscot Leasing (Racc. pag. I-6671), 19 settembre 2000, causa C--177/99, Ampafrance (Racc. pag. I-7013), 14 giugno 2001, causa C-345/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I-4493), 8 gennaio 2002, causa C-409/99, Metropol (Racc. pag. I--81), 14 giugno 2001, causa C-40/00, Commissione/Francia (Racc. pag. I-4539), e Cookie’s World, citata alla nota 21.


27 – Cit. alla nota 26, punti 20 e segg.