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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

Sig.ra JULIANE KOKOTT

presentate il 12 maggio 2005 1(1)

Causa C-41/04

Levob Verzekeringen BV, OV Bank NV e altri

Staatssecretaris van Financiën

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden)

«Sesta direttiva sull’imposta sul valore aggiunto – Standard-Software – Adattamento alle necessità dell’acquirente – Cessione o prestazione di servizi»





I –     Introduzione

1.     Nel procedimento in esame lo Hoge Raad der Nederlanden chiede alla Corte di interpretare la sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «sesta direttiva») (2), per quanto riguarda la qualificazione della fornitura di un pacchetto software standard, successivamente adattato alle necessità dell’acquirente.

2.     In particolare, risulta dubbio se si sia in presenza di un’unica prestazione complessiva o di due distinte prestazioni, segnatamente la fornitura del software standard, da un lato, e la programmazione degli adattamenti e la fornitura di talune prestazioni accessorie, dall’altro. Non è chiaro, inoltre, se tale prestazione o tali prestazioni debbano essere considerate come cessione di beni o come prestazione di servizi. Qualora, poi, si trattasse di una prestazione di servizi, sarebbe altresì necessario interpretare l’art. 9 della sesta direttiva per determinare il luogo della prestazione.

3.     Il destinatario della prestazione, cioè il soggetto d’imposta Levob Verzekeringen BV, OV Bank NV c.s., Amersfoort – Paesi Bassi (in prosieguo: la «Levob»), effettua servizi assicurativi esenti dall’imposta sul valore aggiunto (3). Poiché, quindi, la Levob non ha diritto a dedurre l’imposta pagata a monte, essa auspica un’interpretazione della direttiva che comporti la minor tassazione possibile della fornitura e dell’adattamento di software ai fini dell’imposta sul valore aggiunto all’interno della Comunità.

II – Contesto normativo

A –    La normativa comunitaria

4.     Qui di seguito si riproducono le disposizioni della sesta direttiva rilevanti nel presente procedimento, facendo riferimento – in conformità alla domanda di pronuncia pregiudiziale – alla versione in vigore fino al 6 maggio 2002 (4).

5.     Ai sensi dell’art. 2 della sesta direttiva sono soggette all’imposta sul valore aggiunto:

«1.      le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

2.      le importazioni di beni».

6.     Il concetto di cessione di beni è definito all’art. 5, n. 1, della sesta direttiva come «il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

7.     L’art. 6, n. 1, della sesta direttiva distingue le prestazioni di servizi dalla cessione di beni nei seguenti termini:

«Si considera “prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5.

Tale operazione può consistere tra l’altro:

–       in una cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo;

(…)».

8.     L’art. 8 della sesta direttiva a proposito del luogo della cessione di beni dispone quanto segue:

«1.      Si considera come luogo di cessione di un bene:

a)      se il bene viene spedito o trasportato dal fornitore o dall’acquirente o da un terzo: il luogo in cui il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente. Quando il bene deve essere installato o montato con o senza collaudo da parte del fornitore o per suo conto, si considera come luogo di cessione il luogo dove avviene l’installazione o il montaggio; (…);

b)      se il bene non viene spedito o trasportato: il luogo dove il bene si trova al momento della cessione.

(…).

2.      In deroga al paragrafo 1, lettera a), quando il luogo di partenza della spedizione o del trasporto dei beni si trova in un paese diverso da quello di importazione dei beni, il luogo della cessione da parte dell’importatore ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, e il luogo di eventuali cessioni successive sono considerati come situati nel paese di importazione dei beni».

9.     L’art. 9 della sesta direttiva a proposito del luogo della prestazione di servizi dispone quanto segue:

«1.      Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa (…).

2.      Tuttavia:

(…)

c)      il luogo delle prestazioni di servizi aventi per oggetto:

–       attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche, d’insegnamento, ricreative o affini, ivi comprese quelle degli organizzatori di dette attività nonché, eventualmente, prestazioni di servizi accessorie a tali attività,

(…)

è quello in cui tali prestazioni sono materialmente eseguite;

(…)

e)      il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, rese a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità, ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi (…):

–       cessioni e concessioni di diritti d’autore, brevetti, diritti di licenza, marchi di fabbrica e di commercio e altri diritti analoghi;

–       (…)

–       prestazioni fornite da consulenti, ingegneri, uffici studi, avvocati, periti contabili ed altre prestazioni analoghe nonché elaborazioni di dati e fornitura di informazioni;

(…)».

10.   Ai sensi dell’art. 11, parte A, n. 1, della sesta direttiva la base imponibile è costituita:

«a)      per le forniture di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alle lettere b), c) e d), da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni;

(…)».

B –    La normativa nazionale

11.   La sesta direttiva è stata attuata nel diritto nazionale olandese mediante le disposizioni della Wet op de omzetbelasting 1968 (legge olandese sull’imposta sulla cifra d’affari). Poiché non risulta che le disposizioni nazionali, rilevanti nel presente caso, divergano nella sostanza dalla disciplina dettata dalla sesta direttiva, in questa sede non è necessario riportare le disposizioni nazionali.

III – Fatti e questioni pregiudiziali

12.   Il 2 ottobre 1997 la Levob concludeva con la Financial Data Planning Corporation (in prosieguo: la «FDP»), un’impresa con sede negli Stati Uniti d’America, un contratto per la fornitura di un software per la gestione di contratti d’assicurazione. In base al predetto contratto, la Levob ottiene una licenza a tempo indeterminato, non trasferibile, sul software standard denominato Comprehensive Life Administration System (CLAS), adattato alle esigenze della Levob stessa. La concessione di sublicenze da parte della Levob viene esclusa. La FDP si impegnava, altresì, ad installare il software e ad addestrare il personale della Levob.

13.   Negli Stati Uniti il CLAS viene utilizzato dalle compagnie d’assicurazione senza particolari adattamenti. Per il suo utilizzo da parte della Levob, invece, si rendevano necessari alcuni adattamenti, congiuntamente individuati dalle parti contraenti in uno studio allegato al contratto stesso. Gli adattamenti riguardavano, in particolare, la traduzione in olandese del software e la sua integrazione con nuove funzioni destinate a tener conto della presenza di intermediari e del computo delle loro provvigioni.

14.   Il contratto prevedeva, inoltre, che, una volta conclusi i lavori di adattamento, la Levob avrebbe sottoposto il programma ad un collaudo generale (Integral Acceptance Test).

15.   Il prezzo veniva così suddiviso nel contratto: per la fornitura del software standard veniva concordato il prezzo di USD 713 000, di cui USD 101 000 da pagare al momento della conclusione del contratto e la restante somma in rate mensili dell’importo di USD 36 000. Per l’adattamento del software il prezzo veniva calcolato in base all’effettivo impegno di lavoro necessario, tuttavia esso non avrebbe dovuto essere inferiore a USD 793 000, né superiore a USD 970 000. Il prezzo per l’installazione veniva fissato in USD 7 500 e un uguale prezzo veniva previsto per l’addestramento del personale da parte della FDP.

16.   Le parti concordavano, inoltre, che la licenza sul software standard avesse inizio anteriormente ai lavori di adattamento e negli Stati Uniti. Il prezzo per la licenza avrebbe dovuto essere fatturato separatamente, con distinta indicazione, ai fini dell’importazione in Olanda (importazione cui avrebbe provveduto la Levob), del valore dei supporti informatici.

17.   In base a quanto riferito dal giudice a quo, per il procedimento in cassazione si può considerare accertato che, in conformità agli accordi contrattuali, i dipendenti della Levob hanno ritirato i supporti contenenti il software standard negli Stati Uniti e li hanno poi portati nei Paesi Bassi (5). Successivamente, tra il 1997 e il 1999, la FDP ha installato il programma di base sulle attrezzature per l’elaborazione dei dati della ricorrente, ha apportato gli adattamenti concordati e ha addestrato il personale della ricorrente.

18.   Successivamente tra la Levob e il fisco sorgevano contrasti in merito al regime d’imposta sul valore aggiunto applicabile alle surriferite operazioni. La Levob riteneva di essere tenuta al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto soltanto per l’adattamento, e non anche per la fornitura del software standard. Secondo il fisco, invece, la FDP aveva concesso alla Levob una licenza complessiva sul software adattato. Pertanto, tale prestazione avrebbe dovuto essere tassata nel suo complesso come prestazione di servizi. L’Amministrazione finanziaria imponeva, quindi, il pagamento in mora dell’imposta dovuta (6).

19.   Il ricorso presentato dinanzi al Gerechtshof di Amsterdam contro i predetti avvisi non è stato accolto. La Levob ha quindi presentato ricorso in cassazione contro la sentenza di primo grado dinanzi allo Hoge Raad, il quale, con ordinanza 30 gennaio 2004, ai sensi dell’art. 234 CE, ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)     Se il combinato disposto degli artt. 2, n. 1, 5, n. 1, e 6, n. 1, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che la fornitura di un programma come quello di cui trattasi nel caso di specie e alle condizioni concordate nel caso di cui trattasi – in base alle quali per il programma standard elaborato e immesso sul mercato dal fornitore, fissato su un supporto, da un lato, e il successivo adattamento del medesimo in base alle esigenze dell’acquirente, dall’altro, sono stati fissati corrispettivi separati – debba essere qualificata come esecuzione di un’unica prestazione.

         b)     Qualora tale questione debba essere risolta in senso affermativo, se tali disposizioni debbano essere interpretate nel senso che questa prestazione dev’essere qualificata come servizio (di cui la cessione di un bene, ovvero il supporto, costituisce parte integrante).

         c)     Qualora la soluzione di quest’ultima questione sia di senso affermativo, se l’art. 9 della sesta direttiva (nel testo vigente il 6 maggio 2002) debba essere interpretato nel senso che tale servizio si considera prestato nel luogo indicato nell’art. 9, n. 1.

         d)     Qualora la soluzione alla precedente questione sia in senso negativo, quale sia la parte dell’art. 9, n. 2, della sesta direttiva applicabile al caso di specie.

2)      a)     Qualora la soluzione alla prima questione, lett. a), sia di senso negativo, se le disposizioni citate nella detta questione debbano essere interpretate nel senso che la fornitura di un programma non personalizzato su un supporto dev’essere qualificata come cessione di un bene materiale, il cui prezzo separato, concordato contrattualmente, costituisce il corrispettivo ai sensi dell’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva.

         b)     Qualora la soluzione a tale questione sia in senso negativo, se l’art. 9 della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che la prestazione di servizi deve ritenersi effettuata nel luogo indicato dall’art. 9, n. 1, oppure in uno dei luoghi indicati nell’art. 9, n. 2.

         c)     Se per il servizio consistente nell’adattamento del programma valga parimenti quanto disposto per la fornitura del programma standard».

20.   Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni la Levob, il governo olandese e la Commissione. I loro argomenti verranno riferiti – laddove necessario – nel corso della valutazione qui di seguito riportata.

IV – Valutazione

21.   Il caso considerato solleva una questione di ordine generale relativa alla qualificazione della fornitura di un software, ai sensi della sesta direttiva, come cessione di beni ovvero come prestazione di servizi. Le singole questioni pregiudiziali prospettano sotto angolature diverse questo problema, nonché le conseguenze che derivano dalla qualificazione della fornitura in ordine all’individuazione del luogo della prestazione. Pertanto, prima di risolvere le singole questioni pregiudiziali, occorre premettere alcune considerazioni sul regime dell’imposta sul valore aggiunto applicabile al software.

22.   A tale proposito occorre chiedersi quale valore abbiano le linee guida del comitato dell’imposta sul valore aggiunto per la determinazione del regime della fornitura di software. Tali linee guida sono state richiamate dallo Hoge Raad, in particolare dall’Advocaat-Generaal, nonché dalla Levob.

A –    Sul valore delle linee guida del comitato dell’imposta sul valore aggiunto

23.   Il comitato dell’imposta sul valore aggiunto è un organismo consultivo, istituito sulla base dell’art. 29 della sesta direttiva, composto dai rappresentanti degli Stati membri e della Commissione. Il comitato viene consultato nei casi previsti dalla sesta direttiva e può, inoltre, occuparsi, su iniziativa del suo presidente ovvero su richiesta di uno dei suoi membri, anche di altre questioni concernenti l’interpretazione della sesta direttiva. Nella sua trentottesima seduta, tenutasi il 25 maggio 1993, il comitato, dopo l’audizione della Commissione, ha adottato all’unanimità le predette linee guida.

24.   Su richiesta della Corte la Commissione ha prodotto le linee guida precisando che esse non sono giuridicamente vincolanti e non sono state nemmeno pubblicate. Evidentemente il carattere riservato dei pareri e delle delibere del comitato deriva dal suo regolamento interno, il quale, tuttavia – per quanto ci è noto – a sua volta non è stato pubblicato (7). Nei Paesi Bassi le linee guida sono state recepite in alcune disposizioni amministrative (8).

25.   In via di principio anche i pareri non vincolanti emessi da comitati consultivi, attivi a livello comunitario, possono fornire utili indicazioni per l’interpretazione degli atti giuridici della Comunità. Tuttavia, fintanto che le linee guida del comitato dell’imposta sul valore aggiunto non vengono pubblicate, la Corte non dovrebbe prenderle in considerazione, giacché i soggetti dell’ordinamento giuridico non hanno la possibilità di orientare le proprie scelte in base a tali linee guida.

26.   Ciò vale a maggior ragione in quanto non risulta alcun motivo per cui dovrebbero essere tenute segrete le linee guida sull’interpretazione della sesta direttiva, adottate all’unanimità dal comitato. La loro pubblicazione sarebbe stata, anzi, necessaria al fine di assicurare un’ampia diffusione di tale interpretazione unitaria.

27.   Né le cose cambiano per il fatto che le linee guida sono state recepite in disposizioni amministrative nazionali che – queste sì – sono state pubblicate. Siffatte disposizioni amministrative si riferiscono, infatti, alla normativa nazionale d’attuazione della sesta direttiva, e non direttamente alla direttiva stessa. Inoltre, in linea generale, le disposizioni nazionali non possono fornire indicazioni per l’interpretazione del diritto comunitario. Peraltro, in mancanza di pubblicazione delle linee guida comunitarie, il soggetto passivo d’imposta non è in grado di verificare se la prassi amministrativa nazionale sia effettivamente conforme a tali linee guida.

B –     Sul regime dell’imposta sul valore aggiunto applicabile alla fornitura di software

28.   Tenuto conto di quanto emerso nella causa principale, occorre distinguere due ipotesi, vale a dire la fornitura di un software standard, contenuto su un supporto, da un lato, e l’elaborazione di un software specificamente sviluppato per il cliente, dall’altro.

1.      La fornitura su un supporto di un software standard

29.   La fornitura di un software standard, contenuto su un supporto fisso, ad esempio un CD-ROM o un DVD, avviene, di solito, in due passaggi. Il primo consiste nel trasferimento della proprietà del supporto, ed il secondo nella conclusione di un accordo, per lo più denominato contratto di licenza, relativo al diritto d’uso del software contenuto su tale supporto.

30.   Per tale motivo il governo olandese considera la fornitura di software come un insieme di prestazioni, di cui la principale sarebbe costituita dalla concessione del diritto d’uso. Conseguentemente il governo olandese qualifica l’intera prestazione nel suo complesso come prestazione di servizi. Per contro la Levob pone l’accento sulla consegna del supporto, che a suo avviso costituisce cessione di un bene materiale ai sensi dell’art. 5, n. 1, della sesta direttiva. La Commissione, infine, opera la seguente distinzione: se la licenza d’uso del software è trasferibile, allora vi sarebbe la concessione di diritti tipicamente spettanti al proprietario, per cui si tratterebbe, nel complesso, di una cessione di beni. Se, invece, i diritti d’uso non sono trasferibili, si sarebbe in presenza di una prestazione di servizi.

31.   Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della sesta direttiva vi è cessione di beni in caso di trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario. Ogni operazione non riconducibile alla predetta definizione viene considerata prestazione di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della sesta direttiva.

32.   Per quanto riguarda il supporto, non vi è dubbio che la proprietà di esso passa all’acquirente, sicché a tal proposito si dovrebbe parlare di cessione di un bene. Per contro, la concessione del diritto d’uso di un programma per computer di per sé non può essere qualificata come cessione di un bene in quanto siffatto diritto non costituisce un bene materiale ai sensi dell’art. 5, n. 1, della sesta direttiva, né viene equiparato ad un bene materiale, come invece avviene, ad esempio, per l’energia elettrica o per determinati diritti su beni immobili (9).

33.   Dubito, tuttavia, che la cessione del diritto d’uso del software possa davvero essere considerata come una prestazione (di servizi) separata dal trasferimento di proprietà del supporto.

34.   In due non recenti sentenze, la sentenza Bosch (10) e la sentenza Brown Boveri (11), la Corte si è già occupata di una questione simile a proposito della determinazione del valore in dogana. Nella sentenza Bosch la Corte ha stabilito che nel valore in dogana di una macchina non può essere ricompreso il valore di brevetti d’invenzione riguardanti procedimenti di uso della macchina stessa, in quanto la tariffa doganale comune si riferisce solo all’importazione di oggetti materiali, e non all’importazione di beni immateriali, quali i procedimenti di uso, i servizi o il know-how (12).

35.   Nella causa Brown Boveri la Corte, in contrasto con le considerazioni svolte dall’avvocato generale Lenz (13), ha deciso che il valore in dogana di un supporto comprende il valore del software in esso contenuto (14).

36.   Successivamente le disposizioni doganali sono state modificate nel senso che per la determinazione del valore in dogana si deve tener conto solo del valore del supporto, e non anche del valore del software in esso contenuto (15). Questa modifica, per effetto del richiamo di cui all’art. 11, parte B, n. 1, della sesta direttiva, ha inciso anche sulla determinazione della base imponibile per l’imposta sul valore aggiunto all’importazione. Anche per poter beneficiare di questa favorevole disciplina sulla determinazione del valore, la Levob pone molto l’accento sul fatto che la fornitura di software negli USA è considerata come cessione di beni e, quindi, come importazione nella Comunità.

37.   Quanto all’arco di tempo rilevante per i fatti della causa principale, la normativa speciale per la determinazione del valore in dogana dei software è stata, tuttavia, nuovamente abrogata, dopo che la relativa aliquota di dazio, in base all’accordo sulle tecnologie dell’informazione, era stata direttamente ridotta a zero (16).

38.   Le sentenze e le scelte del legislatore sopra citate sono fortemente influenzate dai particolari obiettivi perseguiti dal diritto doganale nonché dagli obblighi derivanti dal GATT in questo settore. Le due sentenze citate concernono la determinazione del valore di transazione di una merce ai fini della determinazione dei relativi dazi. La normativa doganale speciale per i computer e i supporti è rivolta ad agevolare il commercio di questi beni al fine di favorire il progresso tecnico ed economico (17).

39.   Alla base della normativa sull’imposta sul valore aggiunto non vi sono le medesime finalità che ispirano il diritto doganale. Pertanto, le sentenze e gli atti normativi summenzionati, relativi al diritto doganale, non sono in grado di fornire elementi utili per individuare il regime dell’imposta sul valore aggiunto applicabile ai software standard. Da ciò deriva che deve essere accertato sulla scorta di criteri autonomi se nel caso della fornitura su un supporto di un software standard si sia in presenza, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, di due distinte prestazioni.

40.   In senso contrario all’individuazione di due distinte prestazioni depone il fatto che con l’acquisto del diritto di proprietà su una cosa in via di principio si acquisisce anche un diritto illimitato di disposizione e di uso della stessa. Così, ad esempio, in caso di acquisto di un libro non viene concessa un’apposita licenza per la sua lettura, né in caso di acquisto di un CD di musica un’apposita licenza per l’ascolto della musica. Anche in caso di acquisto di un apparecchio tecnologico, giacché nell’apparecchio è incorporata una proprietà intellettuale sotto forma di brevetto a tutela dell’invenzione, non c’è bisogno per tal motivo di concludere un apposito patto relativo all’uso dell’apparecchio stesso.

41.   Limiti al diritto d’uso di un’opera incorporata in un oggetto discendono, tuttavia, dal diritto d’autore. La tutela del diritto d’autore sui software è disciplinata, in ambito comunitario, dalla direttiva del Consiglio 14 maggio 1991, 91/250/CEE, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (18).

42.   L’art. 1, n. 1, della direttiva 91/250, ai fini della tutela del diritto d’autore equipara i programmi per elaboratore alle opere letterarie. In base all’art. 4 della citata direttiva determinate attività, in particolare la riproduzione e la distribuzione di un programma, possono essere effettuate solo con il consenso dell’autore. Dall’art. 5, n. 1, della direttiva 91/250 può, per contro, desumersi che l’uso del programma conforme alla sua destinazione da parte del legittimo acquirente non è subordinato, in via di principio, al consenso dell’autore.

43.   La messa in commercio della copia di un programma nella Comunità da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di distribuzione della copia (art. 4, lett. c), seconda frase, della direttiva 91/250). Ciò significa che il primo acquirente può cedere validamente ad un terzo il diritto di proprietà sulla copia riprodotta senza bisogno del consenso dell’autore. Il primo acquirente può, dunque, disporre del bene materiale come proprietario.

44.   In qualità di legittimo acquirente del supporto originale anche un terzo è autorizzato ad usare il programma in esso contenuto in modo conforme alla sua destinazione (19). Un eventuale divieto contrattuale di cessione del diritto d’uso, pattuito tra il produttore e il primo acquirente, non vincola il terzo. Ammesso che una siffatta clausola contrattuale possa essere validamente pattuita, essa in ogni caso ha effetto soltanto nei rapporti interni tra il titolare del diritto protetto e il primo acquirente. Quest’ultimo dovrà eventualmente risarcire il danno alla propria controparte (il produttore) per inadempimento delle obbligazioni contrattuali. Tuttavia, siffatti inadempimenti contrattuali non pregiudicano né l’acquisto del diritto di proprietà sul supporto da parte del secondo acquirente, né il trasferimento del diritto d’uso connesso alla proprietà.

45.   Il contratto di licenza, concluso in aggiunta al passaggio di proprietà del supporto su cui è contenuto il programma in questione, non rientra, quindi, nella fattispecie costitutiva del diritto d’uso del programma stesso. Il diritto d’uso deriva, invece, dal diritto di proprietà sulla copia riprodotta. Il vero scopo del contratto di licenza consiste, pertanto, nel limitare il diritto d’uso nei rapporti interni tra il titolare del diritto protetto e l’acquirente della copia del programma.

46.   Conseguentemente l’oggetto del contratto di licenza non costituisce una prestazione imponibile. Anzi, la prestazione consistente nel trasferimento del diritto di proprietà sulla copia riprodotta subisce un’ulteriore limitazione.

47.   Il fatto che in un siffatto contratto di licenza sia contenuto il divieto di trasferire il diritto d’uso non impedisce – contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione – la qualificazione dell’intera operazione come cessione di beni.

48.   Ad un risultato opposto a quello derivante dalla precedente analisi giunge il governo olandese secondo il quale l’acquisto del supporto dovrebbe rimanere del tutto in secondo piano, mentre si dovrebbe dare rilievo esclusivamente all’acquisto del diritto d’uso. La consegna del supporto, quindi, costituirebbe soltanto, per così dire, il mezzo tecnico per consentire l’uso del software. Tale opinione, tuttavia, non può essere accolta.

49.   È vero che a favore di questa soluzione depone il fatto che l’acquirente di solito non è interessato al diritto di proprietà sul «mezzo di trasporto», vale a dire sul supporto. Inoltre in tal modo la fornitura di software su un supporto verrebbe parificata, ai fini fiscali, allo scaricamento di software da internet. Infatti, quanto meno in base all’attuale assetto normativo, lo scaricamento di software deve essere considerato come prestazione di servizi (20).

50.   Ciò nonostante prevalgono i motivi che inducono a respingere la predetta soluzione. In base ad essa, infatti, i programmi per elaboratore contenuti in un supporto verrebbero trattati diversamente – senza alcun valido motivo – dalla musica contenuta in un CD o dal testo contenuto in un libro. Diversamente da quanto avviene per queste simili opere, anch’esse tutelate mediante diritto d’autore, nel caso dei programmi per elaboratore in primo piano verrebbe posto il diritto d’uso delle creazioni intellettuali incorporate nel supporto, e non il diritto di proprietà sul supporto stesso. Mentre la fornitura di un CD di musica o di un libro viene considerata cessione di beni ai sensi dell’art. 5, n. 1, della sesta direttiva, la fornitura di un CD contenente un software verrebbe, invece, trattata, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, come prestazione di servizi.

51.   Le difficoltà che potrebbero derivare da una differenziazione di tal tipo sono illustrate dall’esempio di un’enciclopedia contenuta su CD-ROM o su DVD. Una siffatta enciclopedia su CD contiene numerosi testi ed immagini in formato digitale, ma anche programmi per la rappresentazione e la gestione di questi dati. Orbene, un CD di questo tipo deve essere qualificato, al pari di un libro, come cessione di beni, ovvero, al pari di un CD contenente un programma per elaboratori, come prestazione di servizi?

52.   Inoltre, come giustamente rileva la Levob, la qualificazione come prestazione di servizi comporta alcune difficoltà quando nell’alienazione del prodotto intervengono – come solitamente avviene per i software standard destinati alla grande distribuzione – i venditori al minuto. Nella prassi i venditori al minuto ricevono i supporti dal produttore oppure da altri venditori al minuto e poi li rivendono al cliente finale. Essi non hanno alcuna specifica cognizione delle condizioni di licenza che si applicano al cliente finale, né, d’altra parte, tali condizioni costituiscono in qualche modo oggetto del contratto di vendita tra venditori al minuto e acquirenti del pacchetto software. Non corrisponde, pertanto, alla realtà dei fatti il ritenere che l’acquirente acquisti un diritto d’uso non meglio specificato anziché un bene materiale.

53.   Un autonomo contratto di licenza per la concessione di diritti d’uso viene tutt’al più in essere solo al momento dell’installazione del software sul computer del cliente finale. Attraverso l’installazione, infatti, il cliente finale – dal punto di vista dei produttori – accetta le condizioni di licenza. Tuttavia, a tal fine non c’è bisogno di pagare un ulteriore corrispettivo in aggiunta al prezzo per il supporto che è già stato versato al venditore al minuto. Pertanto, questa operazione praticamente non potrebbe venire in rilievo ai fini della riscossione dell’imposta sul valore aggiunto.

54.   Il precedente esempio dimostra che il fare riferimento alla cessione del supporto, anziché alla concessione del diritto d’uso, comporta anche alcuni vantaggi pratici per la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto. Il trasferimento di proprietà di un bene materiale implica un elemento di pubblicità al quale può essere agevolmente collegata l’imposizione fiscale. Per contro è più difficile ricostruire quando e tra quali soggetti avviene la cessione di beni immateriali. Inoltre, in questa ipotesi sussiste il pericolo di imbrogli. Infine, anche il diverso regime fiscale delle due ipotesi di fornitura di software – su supporto ovvero mediante scaricamento da internet – risulta giustificato in considerazione della presenza, nel primo caso, e dell’assenza, nel secondo, di un elemento di pubblicità.

55.   A titolo di conclusione provvisoria si deve, quindi, ritenere che la fornitura su un supporto di un software standard costituisce cessione di un bene ai sensi dell’art. 5, n. 1, della sesta direttiva.

2.      L’elaborazione di uno specifico software, adattato alle richieste del committente

56.   È pacifico per tutti i soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte che l’elaborazione di un software specifico per le necessità di un cliente non costituisce una cessione di beni, bensì una prestazione di servizi.

57.   In via di principio tale opinione è condivisibile. Tuttavia sono di volta in volta ipotizzabili casi di specie assai diversi che richiedono, ove possibile, un trattamento differenziato. Anche qui per prima cosa bisogna chiedersi se venga, o meno, ceduto un bene materiale nel quale è incorporata la prestazione intellettuale consistente nell’attività di programmazione. Sicuramente manca un siffatto bene materiale quando il programma specificamente elaborato si configura, nella sua forma completa, soltanto sul computer del cliente.

58.   Se, invece, il programmatore produce il programma sulla base delle indicazioni del cliente integralmente all’interno della propria impresa e poi consegna al committente un supporto contenente il programma, che a questo punto deve essere soltanto installato, potrebbe imporsi la medesima valutazione già formulata a proposito del software standard.

59.   Il mero fatto che si tratti di un software specificamente adeguato alle necessità del cliente non può modificare tale valutazione. Si pensi ad altre opere realizzate in unico esemplare su incarico del cliente. Anche nel caso di costruzione di una casa in base alle indicazioni del committente, al quale la casa viene consegnata ‘chiavi in mano’, si è in presenza di una cessione di un bene e non di un insieme di prestazioni di servizi dei vari artigiani e imprenditori edili coinvolti nella costruzione della casa.

60.   In base a quanto risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, i dipendenti della FDP hanno effettuato l’adattamento del software CLAS dopo la sua installazione sulle attrezzature per l’elaborazione dei dati della Levob. Pertanto, nel presente caso la prestazione in parola costituisce prestazione di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della sesta direttiva.

C –    Sulle questioni pregiudiziali

1.      Un’unica prestazione complessiva o due distinte prestazioni (questione sub 1. a)

61.   Il primo snodo da affrontare per l’ulteriore esame della presente causa è rappresentato dalla soluzione della questione se la fornitura del software standard, da un lato, e l’adattamento del medesimo alle particolari necessità della Levob, dall’altro, costituiscano un’unica prestazione complessiva ovvero due distinte prestazioni. Tale questione riveste una particolare importanza per il fatto che dalle precedenti considerazioni è emerso che la fornitura di un software standard deve essere qualificata come cessione di un bene, mentre l’adattamento del medesimo come prestazione di servizi.

62.   Qualora la cessione del software e il suo adattamento costituissero due separate prestazioni (seconda ipotesi), dovrebbero applicarsi regole diverse in relazione al luogo della prestazione. Ciò potrebbe comportare che soltanto l’effettuazione dell’adattamento sarebbe imponibile nei Paesi Bassi, mentre quale luogo della cessione del software standard dovrebbero venire in considerazione gli Stati Uniti, sicché all’interno della Comunità non potrebbe essere riscossa alcuna imposta sul valore aggiunto per questa operazione (21).

63.   Per contro, qualora si fosse in presenza di una prestazione complessiva da considerare unitariamente (prima ipotesi), anche il luogo della prestazione dovrebbe essere determinato in modo unitario.

64.   La Levob, facendo leva sul contenuto del contratto, ritiene che si tratti di due distinte prestazioni. Il governo olandese e la Commissione sostengono la tesi contraria. Tutti i predetti soggetti sostengono, invece, unanimemente che l’installazione del programma e l’addestramento del personale costituiscano prestazioni accessorie la cui qualificazione dipende dalla qualificazione della prestazione principale.

65.   La sesta direttiva non contiene alcuna specifica disposizione destinata a chiarire a quali condizioni una pluralità di prestazioni tra loro connesse debba essere trattata come unica prestazione complessiva. Tuttavia, nella sentenza CCP (22) la Corte è intervenuta sulla questione formulando le seguenti, fondamentali considerazioni:

«A questo riguardo, tenuto conto della duplice circostanza che, da un lato, dall’art. 2, n. 1, della sesta direttiva discende che ciascuna prestazione di servizio dev’essere considerata di regola come autonoma e indipendente e che, dall’altro, la prestazione costituita da un unico servizio sotto il profilo economico non dev’essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema dell’IVA, occorre individuare gli elementi caratteristici dell’operazione di cui trattasi per stabilire se il soggetto passivo fornisca al consumatore, considerato come consumatore medio, più prestazioni principali distinte o un’unica prestazione».

66.   Ogni volta che si devono individuare gli elementi caratteristici di una prestazione composta si profila, pertanto, un conflitto tra due diversi obiettivi. Da un lato, infatti, vi è l’esigenza di valutare le varie prestazioni singole in modo differenziato in base alla loro natura. Dall’altro lato, tuttavia, una eccessiva divisione di una prestazione complessiva in più prestazioni singole da qualificare autonomamente rende più difficile l’applicazione delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto (23). In ogni caso si deve adottare una misura oggettiva, mentre non può venire in rilievo il punto di vista soggettivo di chi effettua o di chi riceve la prestazione. Le affermazioni della Corte nella sentenza CPP, pur riguardando un insieme di prestazioni di servizi, si applicano tuttavia anche al caso in cui vengano effettuate congiuntamente cessioni di beni e prestazioni di servizi (24).

67.   Ad avviso della Corte si configura una prestazione complessiva da valutarsi unitariamente in particolare quando una prestazione costituisce la prestazione principale, mentre l’altra costituisce soltanto una prestazione accessoria e non autonoma. Una prestazione si considera accessoria «quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore» (25).

68.   Nel presente caso nessuna delle due prestazioni fondamentali (la cessione del software standard e il suo adattamento) è in tal modo subordinata all’altra da costituire, in modo univoco, una prestazione accessoria. Ciò, tuttavia, non impone di ritenere che le due prestazioni non possano essere qualificate, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, come un’unica prestazione complessiva. L’ipotesi della prestazione principale e di quella accessoria costituisce, infatti, solo una combinazione già ammessa dalla giurisprudenza.

69.   Ciò che è fondamentale è poi l’individuazione degli elementi caratteristici delle prestazioni alla luce di tutte le circostanze in cui esse si svolgono. A tal fine è importante accertare se le due prestazioni siano tra loro così strettamente connesse che esse, prese isolatamente, dal punto di vista del consumatore medio non avrebbero per il cliente l’utilità pratica richiesta (26).

70.   Spetta al giudice a quo stabilire in via definitiva, sulla scorta di tutte le circostanze di fatto rilevanti, se tra la cessione del software standard e il suo adattamento sussiste in concreto una siffatta stretta connessione. La Corte può, tuttavia, fornire alcune indicazioni utili a tal fine.

71.   A favore della presenza di un collegamento inscindibile tra le due prestazioni depone il fatto che una compagnia d’assicurazione olandese come la Levob – a differenza di quanto potrebbe avvenire per una compagnia americana – non può utilizzare il software standard senza il suo previo adattamento. D’altra parte, anche le operazioni di adattamento non possono essere effettuate isolatamente se prima non è stato fornito il software di base, sul quale può essere effettuato l’adattamento affidando il software stesso ad un programmatore.

72.   In teoria il cliente potrebbe affidare ad un terzo l’incarico di effettuare gli adattamenti. Tuttavia, di fatto la Levob, a buon ragione, non ha scelto questa strada. La suddivisione degli incarichi a due soggetti distinti, infatti, comporterebbe una serie di difficoltà giuridiche e pratiche. A livello giuridico sarebbe probabilmente necessario procurarsi il consenso dell’autore per la modificazione del programma (27). A livello tecnico il terzo dovrebbe possedere le necessarie cognizioni sulla conformazione del programma per poter intervenire su di esso.

73.   Un ulteriore forte indizio a favore dell’esistenza di un legame inscindibile tra le due prestazioni è costituito dal fatto che l’impresa di software risponde del buon funzionamento di tutto il pacchetto, comprensivo del software standard e del suo adattamento. In base a quanto previsto dal contratto stipulato tra le parti, il corretto funzionamento deve essere verificato mediante un Integral Acceptance Test. Ciò induce, pertanto, a ritenere che qualsiasi difetto di funzionamento – sia esso imputabile ad un vizio del software standard ovvero ad un difetto di programmazione degli adattamenti – possa alla fine determinare l’insuccesso dell’intero contratto. Questa responsabilità complessiva dell’impresa di software è conforme alla ratio del contratto. Infatti alla Levob non serve a nulla avere un software standard immune da vizi, che però non è stato correttamente adattato alle sue esigenze.

74.   Il fatto che entrambe le prestazioni siano fornite dalla medesima impresa assicura che il medesimo partner commerciale debba rispondere per il buon funzionamento di tutti i componenti. Se, invece, la Levob avesse acquistato il software standard da un’impresa e ne avesse fatto effettuare l’adattamento da un’altra impresa, essa non potrebbe opporre all’una gli errori dell’altra. Ciò comporterebbe, ad esempio, che la Levob non potrebbe risolvere il contratto di cessione di un software standard immune da vizi soltanto perché il suo adattamento non è andato a buon fine.

75.   Le particolari clausole contrattuali, riferite dalla Levob, non rappresentano un ostacolo alla configurazione di un’unica prestazione complessiva. In particolare le modalità di fatturazione delle prestazioni costituiscono, ad avviso della Corte, soltanto un indizio. Così la Corte in un precedente caso ha stabilito che possono configurarsi prestazioni distinte anche se viene emessa una fattura complessiva (28). La stessa logica vale anche per il caso opposto: l’esistenza di un’unica prestazione complessiva non è esclusa per il fatto che per singole componenti sono stati separatamente indicati e fatturati prezzi distinti (29).

76.   La suddivisione in due voci di prezzo serviva per determinare il prezzo per l’adattamento in modo flessibile in base all’effettivo impegno di lavoro. Questa regolamentazione del prezzo, tuttavia, non implica necessariamente anche la presenza di due prestazioni da trattare separatamente ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Anche un falegname che realizza un armadio su misura può indicare nella sua offerta i costi del materiale come prezzo fisso e la manodopera in base alle ore di lavoro effettivamente necessarie. Tuttavia, non v’è dubbio che alla fine si tratti della cessione di un armadio e non di due distinte prestazioni. Questo esempio dimostra che il calcolo separato del prezzo di due prestazioni non fornisce necessariamente indicazioni sul legame interno tra di esse esistente.

77.   Né la fatturazione separata per il software standard, né la consegna dei supporti contenenti il software stesso ai dipendenti della Levob a tal scopo recatisi negli Stati Uniti, rendono dubbia l’esistenza, sopra dimostrata, di una stretta connessione tra questa prestazione e l’adattamento del software. Attraverso le predette operazioni, infatti, si intendeva evidentemente realizzare una separata operazione d’importazione al fine di rendere possibile l’applicazione all’imposta sul valore aggiunto delle favorevoli disposizioni allora vigenti per la determinazione del valore in dogana. Le clausole contrattuali relative alla consegna dei supporti e la fatturazione separata del prezzo del software standard non dipendono, invece, da particolari caratteristiche di tale prestazione che giustifichino un suo trattamento separato dall’adattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

78.   Se si attribuisse alle clausole contrattuali relative al prezzo e all’emissione di fatture un’importanza decisiva, le parti di un contratto avrebbero la possibilità di influenzare a loro piacimento la qualificazione rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Ciò sarebbe in contrasto con l’esigenza di valutare la prestazione tipica (o le prestazioni tipiche) del contratto oggettivamente, in base ai loro elementi caratteristici.

79.   La questione pregiudiziale sub 1. a) deve, pertanto, essere risolta nel senso che la fornitura su un supporto di un software standard e il successivo adattamento del medesimo alle necessità del cliente devono essere considerati come un’unica prestazione ai sensi della sesta direttiva quando le prestazioni parziali sono tra loro così strettamente connesse che esse, dal punto di vista del consumatore medio, considerate isolatamente non avrebbero per il cliente l’utilità pratica richiesta. Per la soluzione della questione non assume rilievo decisivo il fatto che per le prestazioni parziali siano stati eventualmente pattuiti prezzi separati e siano state predisposte fatture separate.

2.      Prima ipotesi: un’unica prestazione

80.   Le questioni sub 1. b), c) e d) sono state poste dal giudice a quo per il caso in cui le prestazioni debbano essere qualificate come un’unica prestazione – il che, in base alle considerazioni sopra svolte, risulta essere l’ipotesi più probabile. Con la questione sub 1. b) il giudice a quo desidera in sostanza sapere se la prestazione unica debba essere qualificata, nel suo complesso, come cessione di beni o come prestazione di servizi. Le ulteriori questioni riguardano la determinazione del luogo della prestazione.

a)      Qualificazione come cessione di beni o come prestazione di servizi [questione sub 1. b)]

81.   La prestazione complessiva percepita dalla Levob contiene sia elementi di una cessione di beni sia elementi di una prestazione di servizi; peraltro, né la cessione del software standard, né il suo adattamento possono essere qualificati come mera prestazione accessoria.

82.   Nella sentenza Faaborg-Gelting Linien (30) la Corte ha stabilito che quando un’operazione consiste in un insieme di prestazioni occorre prendere in considerazione tutte le circostanze in cui essa si svolge. Anche se tra le singole componenti dell’insieme di prestazioni non è configurabile un rapporto del tipo prestazione principale-prestazione accessoria, occorre comunque accertare se il fulcro delle prestazioni si trovi nelle cessioni di beni oppure nelle prestazioni di servizi. Per l’attività di ristorazione – che costituiva l’oggetto della sentenza Faaborg-Gelting Linien – la Corte ha ritenuto prevalenti gli elementi della prestazione di servizi.

83.   Anche nel presente caso, se si prendono in considerazione tutte le circostanze, il fulcro si trova negli elementi della prestazione di servizi. A tal fine risulta decisiva, prima di tutto, la circostanza che la Levob non può utilizzare il software standard in quanto tale. L’esigenza principale della Levob, pertanto, non era quella di acquistare un software standard per le assicurazioni, bensì di acquistarne uno specificamente adattato alle sue necessità.

84.   In secondo luogo occorre considerare che le operazioni di adattamento e installazione hanno richiesto un notevole impegno e sono durate oltre un anno. I lavori sono cominciati con la valutazione congiunta delle esigenze di adattamento e si sono conclusi con il collaudo del programma complessivo. Inoltre, se è vero che l’installazione e l’addestramento del personale costituiscono solo prestazioni accessorie, è anche vero che il fatto stesso che anch’esse rientrino tra le prestazioni contrattuali dimostra che la FDP doveva effettuare un «servizio completo» di ampie dimensioni, che andava ben al di là della predisposizione del programma di base.

85.   Infine gli elementi della prestazione di servizi – vale a dire l’adattamento del software, la sua installazione e i servizi di addestramento del personale – hanno anche un valore che incide sul prezzo complessivo in misura superiore rispetto alla cessione del software standard.

86.   La questione pregiudiziale sub 1. b) deve, pertanto, essere risolta nel senso che una prestazione complessiva – consistente nella cessione di un software standard, nel suo adattamento alle necessità del cliente, nella sua installazione e nell’addestramento del personale – deve essere considerata, nel suo complesso, come prestazione di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della sesta direttiva se, prendendo in considerazione tutte le circostanze in cui essa si svolge, risultano prevalenti gli elementi della prestazione di servizi. Ciò può verificarsi quando:

–       l’adattamento del software standard è fondamentale ai fini del suo impiego da parte dell’acquirente,

–       l’adattamento e l’installazione richiedono un impegno tale da non poter essere considerati come prestazione accessoria, e

–       gli elementi della prestazione di servizi rappresentano la parte prevalente del valore della prestazione complessiva.

b)      Luogo della prestazione [questioni sub 1. c) e d)]

87.   Con le questioni sub 1. c) e d) – le quali devono essere affrontate congiuntamente – il giudice a quo desidera sapere se il luogo della prestazione (che, nel suo complesso, deve essere qualificata come prestazione di servizi), va determinato in base alla regola generale di cui all’art. 9, n. 1, della sesta direttiva, ovvero se si è in presenza di uno dei casi di cui al n. 2 del citato articolo. Il luogo della prestazione in base al n. 1 dell’art. 9 sarebbe quello della sede del prestatore della prestazione di servizi, in base al n. 2 dell’art. 9, invece, quello della sede del destinatario.

88.   Il governo olandese e la Commissione ritengono unanimemente che trovi applicazione l’art. 9, n. 2, lett. e), terzo trattino, della sesta direttiva, sicché il luogo della prestazione di servizi sarebbero i Paesi Bassi. La Levob, invece, partendo dal presupposto dell’esistenza di due distinte prestazioni, ritiene che il luogo della prestazione di servizi (adattamento del software) si determini in base all’art. 9, n. 1, della sesta direttiva. In subordine, qualora la Corte dovesse ritenere presente un’unica prestazione composita, la Levob ritiene che si tratterebbe nel complesso di una cessione di beni che avrebbe avuto luogo, ai sensi dell’art. 8 della sesta direttiva, negli Stati Uniti.

89.   Secondo la giurisprudenza, il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica costituisce, ai sensi dell’art. 9, n. 1, della sesta direttiva, il punto di riferimento preferenziale per la determinazione del luogo della prestazione (31).

90.   A proposito del rapporto tra i nn. 1 e 2 dell’art. 9 della sesta direttiva, la Corte ha altresì precisato che il n. 2 dell’art. 9 indica svariati riferimenti specifici, mentre il n. 1 fornisce in proposito un principio di carattere generale; lo scopo di queste disposizioni è quello di evitare i conflitti di competenza, che possono portare a doppie tassazioni, come pure la mancata tassazione di cespiti (32).

91.   La Corte ne ha concluso che, in ordine all’interpretazione dell’art. 9 della sesta direttiva, non esiste alcuna preminenza del n. 1 sul n. 2 di tale norma. Secondo la Corte, la questione che si pone in ciascun caso di specie consiste nel chiedersi se esso sia disciplinato da uno dei casi menzionati all’art. 9, n. 2; altrimenti esso rientra nel n. 1 (33). Tra i nn. 1 e 2 dell’art. 9 della sesta direttiva non vi è, pertanto, nemmeno un rapporto regola-eccezione implicante un’interpretazione in senso restrittivo del n. 2 (34).

92.   Nella causa C-427/97, Commissione/Francia, richiamata dalla Levob, la Corte ha escluso l’applicazione del n. 2 ad una prestazione complessa, ritenendo che la disciplina di cui al n. 1 offra una soluzione meglio praticabile. Tuttavia, da tale pronuncia non può desumersi alcuna esclusione di portata generale dell’applicazione del n. 2 alle prestazioni complesse. La decisione nella sentenza Commissione/Francia deve, invero, essere inquadrata nel contesto del caso concreto ivi affrontato. La tassazione nel luogo del destinatario della prestazione di servizi avrebbe, infatti, comportato, in quel caso, una frantumazione della competenza giacché la prestazione era stata erogata ad una pluralità di destinatari che avevano sede in diversi Stati membri.

93.   Nel presente caso non sussiste un simile rischio, in quanto la Levob è l’unico destinatario della prestazione complessa. Pertanto, anche se abbiamo a che fare con una prestazione complessa, occorre prima di tutto verificare se trovi applicazione una delle ipotesi di cui all’art. 9, n. 2, della sesta direttiva.

94.   La fornitura e l’adeguamento del software potrebbero, in primo luogo, costituire una concessione di diritti di licenza ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. e), primo trattino, della sesta direttiva. Il contratto concluso tra la FDP e la Levob prevede, infatti, la concessione di una licenza sia per il software standard, sia per il suo adattamento.

95.   Tuttavia, si è già visto che la concessione del diritto d’uso del software standard non assume, rispetto alla fornitura del supporto, alcun rilievo decisivo. Una considerazione analoga vale anche per i servizi di adattamento. Sarebbe, infatti, quasi incomprensibile se venisse effettuato uno specifico adattamento del software per la Levob, non seguito dal trasferimento del correlativo diritto d’uso. Poiché, quindi, il fulcro si trova nella (complessiva) prestazione di servizi e non nella concessione della licenza, va esclusa l’applicazione dell’art. 9, n. 2, lett. e), primo trattino, della sesta direttiva.

96.   Inoltre, i servizi di addestramento forniti dalla FDP, se isolatamente considerati, potrebbero essere qualificati come prestazioni d’insegnamento ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. c), primo trattino, della sesta direttiva. Tuttavia, questi servizi hanno natura meramente accessoria sicché va esclusa una distinta determinazione del luogo della prestazione per questa attività.

97.   In sostanza occorre, pertanto, chiedersi se possa trovare applicazione l’art. 9, n. 2, lett. e), terzo trattino, della sesta direttiva, il quale si riferisce alle «prestazioni fornite da consulenti, ingegneri, uffici studi, avvocati, periti contabili ed altre prestazioni analoghe nonché elaborazioni di dati e fornitura di informazioni».

98.   La citata disposizione è suscettibile di due diverse interpretazioni. Da un lato, la si potrebbe interpretare restrittivamente nel senso che essa si riferisce esclusivamente alle prestazioni dei liberi professionisti ivi menzionati, comprese l’elaborazione di dati e la fornitura di informazioni rientranti nell’ambito di tali attività. In tal caso la disposizione non sarebbe applicabile alla presente causa, poiché qui manca il necessario collegamento con le prestazioni delle menzionate categorie professionali.

99.   Dall’altro lato, tuttavia, l’elaborazione di dati e la fornitura di informazioni potrebbero essere riguardate quali ulteriori prestazioni che si affiancano, con rilievo autonomo, alle precedenti voci dell’elenco. Le prestazioni qui controverse rientrerebbero allora in queste nozioni, quantunque oggigiorno la fornitura e la programmazione di software non verrebbero più indicate senz’altro come «elaborazioni di dati e fornitura di informazioni». D’altro canto queste nozioni non possono essere intese con eccessiva rigidità, in quanto occorre tener presente che questa parte della direttiva risale ancora, senza modifiche, alla versione del 1977.

100. Il disposto letterale, in particolare la congiunzione prescelta («nonché, ainsi que, as well as», …), suggerisce – anche nelle altre versioni linguistiche – di equiparare tutte le voci dell’elenco.

101. Vero è che finora la Corte, in sede di applicazione dell’art. 9, n. 2, lett. e), terzo trattino, della sesta direttiva, è andata a verificare se le prestazioni di volta in volta in questione rientrassero, o meno, tra le prestazioni che vengono effettuate, in via principale ed ordinaria, nell’ambito delle professioni menzionate nella disposizione in parola (35). Tale verifica risultava opportuna in quanto il legislatore comunitario elenca nella norma le predette professioni solo per definire le tipologie di prestazioni cui si riferisce la norma stessa, senza tuttavia richiedere anche che il prestatore appartenga effettivamente ad una delle categorie professionali ivi menzionate (36).

102. Tuttavia, accanto a tali prestazioni l’art. 9, n. 2, lett. e), terzo trattino, della sesta direttiva prende in considerazione anche «elaborazioni di dati e fornitura di informazioni», senza fare alcun riferimento a categorie professionali. Nel 1977, infatti, non vi era ancora una figura professionale stabile dell’impresa di software. Ne deriva che in questo caso – nel caso, cioè, di prestazioni di elaborazione di dati e di fornitura di informazioni – non è possibile un confronto con le attività delle categorie professionali ivi elencate, confronto che la Corte ha effettuato nei casi finora decisi.

103. Se gli autori della direttiva avessero voluto ricomprendere le attività di «elaborazioni di dati e fornitura di informazioni» soltanto nella misura in cui esse vengono tipicamente erogate dagli appartenenti alle categorie professionali elencate, non ci sarebbe stato, peraltro, bisogno di un’apposita menzione di tali prestazioni, in quanto esse sarebbero già state in ogni caso ricomprese tra le attività – altre prestazioni analoghe incluse – di queste categorie professionali.

104. Osserva, infine, la Levob che la tassazione dei servizi prestati tramite mezzi elettronici presso la sede del destinatario della prestazione è stata introdotta con la direttiva 2002/38 proprio in quanto in precedenza la tassazione di siffatti servizi all’interno della Comunità era possibile solo in misura molto limitata (37).

105. A tale proposito è sufficiente ricordare che le modifiche della sesta direttiva, introdotte con la direttiva 2002/38, non riguardano il presente caso, in quanto la cessione e l’adattamento del software non sono avvenuti tramite mezzi elettronici. Pertanto, dall’introduzione delle norme relative ai servizi prestati tramite mezzi elettronici non è possibile desumere alcuna indicazione in merito all’interpretazione delle disposizioni qui rilevanti, vigenti prima dell’emanazione della direttiva 2002/38.

106. Poiché, dunque, le prestazioni in parola devono essere qualificate come prestazioni di elaborazione di dati e fornitura di informazioni ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. e), terzo trattino, della sesta direttiva, come luogo della prestazione si considera quello in cui il destinatario di esse ha stabilito la propria sede.

3.      Seconda ipotesi: due distinte prestazioni [questioni sub 2. a), b) e c)]

107. Nel presente caso – quantunque spetti al giudice a quo la decisione finale in proposito – tutto depone nel senso dell’esistenza di una prestazione complessiva da qualificare unitariamente. Conseguentemente non occorre risolvere la questione sub 2. a), che il giudice a quo ha formulato solo per l’ipotesi in cui si neghi l’esistenza di una prestazione complessiva.

108. Qualora, tuttavia, contrariamente alle aspettative dovesse risultare necessaria un’autonoma considerazione della fornitura del software standard su un supporto, dalle valutazioni svolte supra, IV B 1, risulta che tale prestazione costituisce una cessione di beni ai sensi dell’art. 5, n. 1, della sesta direttiva. Pertanto, non è necessario risolvere la questione sub 2. a), la quale sarebbe stata rilevante soltanto qualora si fosse configurata una prestazione di servizi.

109. Per la questione sub 2. c), relativa al luogo della prestazione consistente nell’adattamento del software standard, si può rinviare alla soluzione delle questioni sub 1. c) e d). Anche se si considera l’adattamento isolatamente, infatti, ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. e), terzo trattino, della sesta direttiva, si deve considerare come luogo della prestazione quello in cui il destinatario ha stabilito la propria sede.

V –    Conclusione

110. In base alle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali proposte dallo Hoge Raad come segue:

1)      Ai sensi della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, la fornitura su un supporto di un software standard e il successivo adattamento del medesimo alle necessità del cliente devono essere considerati come un’unica prestazione quando le prestazioni parziali sono tra loro così strettamente connesse che esse, dal punto di vista del consumatore medio, considerate isolatamente non avrebbero per il cliente l’utilità pratica richiesta. Per la soluzione di tale questione non assume rilievo decisivo il fatto che per le prestazioni parziali siano stati eventualmente pattuiti prezzi separati e siano state predisposte fatture separate.

2)      Una prestazione complessiva – consistente nella cessione di un software standard, nel suo adattamento alle necessità del cliente, nella sua installazione e nell’addestramento del personale – deve essere considerata, nel suo complesso, come prestazione di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della sesta direttiva 77/388 se, prendendo in considerazione tutte le circostanze in cui essa si svolge, risultano prevalenti gli elementi della prestazione di servizi. Ciò può verificarsi quando:

–      l’adattamento del software standard è fondamentale ai fini del suo impiego da parte dell’acquirente,

–      l’adattamento e l’installazione richiedono un impegno tale da non poter essere considerati come prestazione accessoria, e

–      gli elementi della prestazione di servizi rappresentano la parte prevalente del valore della prestazione complessiva.

3)      Una prestazione complessiva – consistente nella cessione di un software standard, nel suo adattamento alle necessità del cliente, nella sua installazione e nell’addestramento del personale – dev’essere considerata come elaborazione di dati e fornitura di informazioni ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. e), terzo trattino, della sesta direttiva 77/388, e, pertanto, come luogo della prestazione si deve considerare il luogo in cui il destinatario della prestazione ha stabilito la propria sede.


1 Lingua originale: il tedesco.


2  – GU L 145, pag. 1.


3  – V. art. 13, parte B, lett. a), della sesta direttiva.


4  – Con la direttiva del Consiglio 7 maggio 2002, 2002/38/CE (GU 128, pag. 41), che modifica temporaneamente la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda il regime di imposta sul valore aggiunto applicabile ai servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici, sono state, tra l’altro, introdotte, all’art. 9, n. 2, della sesta direttiva, alcune disposizioni relative al luogo della prestazione in caso di servizi prestati tramite mezzi elettronici. Inoltre è stato aggiunto alla direttiva un Allegato L, il quale contiene un elenco a titolo illustrativo dei servizi forniti tramite mezzi elettronici. Al numero 2 dell’Allegato viene menzionata la fornitura di software e il relativo aggiornamento.


5  – Tuttavia, nel giudizio di primo grado il Gerechtshof di Amsterdam aveva espressamente dichiarato che la Levob non aveva convincentemente provato di aver acquisito il potere di disporre del software standard come proprietario già prima dell’adattamento del medesimo. I dubbi sorgevano sia per il fatto che la Levob non era stata in grado di indicare con maggior precisione quando i suoi dipendenti avevano ritirato il software, sia per il fatto che la Levob non aveva effettuato alcuna dichiarazione all’atto dell’importazione.


6  – In realtà sono stati emessi due avvisi di rettifica, uno per l’anno 1997 e uno per gli anni 1998 e 1999. Entrambi gli avvisi sono stati impugnati. Lo Hoge Raad, tuttavia, ha evidentemente presentato domanda di pronuncia pregiudiziale solo nell’ambito del procedimento relativo all’avviso per l’anno 1997. In tale avviso l’imposta sul valore aggiunto dovuta è stata calcolata per un importo pari a NLG 52 022, di cui per saldo NLG 50 732 si riferiscono all’adattamento e NLG 1 290 alla fornitura del pacchetto software.


7  – V. in proposito quanto stabilito dal Tribunale di primo grado nell’ordinanza 6 dicembre 1999, causa T-178/99, Elder (Racc. pag. II-3509, punto 7). Oggetto di tale causa era il rigetto della richiesta di un cittadino di prendere visione del protocollo del comitato dell’imposta sul valore aggiunto.


8  – Mededeling 57 dello Staatssecretaris van Financiën (ordinanza 14 agosto 1998, n. VB98/1785, VN 1998/40.33).


9  – V. art. 5, nn. 2 e 3, lett. a), della sesta direttiva.


10  – Sentenza 14 luglio 1977, causa 1/77, Bosch (Racc. pag. 1473).


11  – Sentenza 18 aprile 1991, causa C-79/89, Brown Boveri (Racc. pag. 1853).


12  – Sentenza Bosch, cit. alla nota 10 (punti 4 e 5).


13  – V. le conclusioni presentate il 2 maggio 1990 (Racc. pag. 1862, paragrafi 29 e segg.).


14  – Sentenza Brown Boveri, cit. alla nota 11 (punto 21).


15  – V. art. 167, n. 1, del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 253, pag. 1): «1. Fatti salvi gli articoli da 29 a 33 del codice, per determinare il valore in dogana di supporti importati destinati ad essere impiegati in attrezzature per l’elaborazione dei dati e contenenti dati o istruzioni si tiene conto solo del costo o del valore del supporto stesso. Il valore in dogana dei supporti importati non comprende pertanto il costo o il valore dei dati o delle istruzioni, sempreché tale costo o valore sia distinto dal costo o valore del supporto in questione».


16  – L’art. 167 è stato abrogato con il regolamento (CE) della Commissione 11 marzo 2002, n. 444, recante modifica del regolamento (CEE) n. 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario, nonché modifica dei regolamenti (CE) n. 2787/2000 e (CE) n. 993/2001 (GU L 68, pag. 11), con la seguente motivazione (settimo ‘considerando’): «L’articolo 167, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2454/93 aveva la finalità di evitare la riscossione di dazi doganali su software importati su supporti informatici, obiettivo successivamente raggiunto con l’accordo sulle tecnologie dell’informazione (ATI) approvato con decisione 97/359/CE del Consiglio (GU L 155, pag. 1). Pertanto, fatta salva l’applicazione della decisione 4.1 del 12 maggio 1995 adottata nel quadro del GATT relativa alla stessa materia, non sono più necessarie al riguardo particolari disposizioni di applicazione per la determinazione del valore in dogana dei supporti informatici».


17  – V. in proposito i paragrafi 15 e segg. delle conclusioni dell’avvocato generale Lenz presentate nella causa Brown Boveri, cit. alla nota 13.


18  – GU L 122, pag. 42.


19  – Per evitare un illegittimo uso multiplo del programma, il primo acquirente deve, da parte sua, disinstallare il programma.


20  – V. art. 9, n. 2, lett. e), ultimo trattino, in combinato disposto con l’allegato L della sesta direttiva nella versione modificata dalla direttiva 2002/38 (cit. alla nota 4), la quale, ovviamente, non era ancora applicabile ai fatti del presente procedimento.


21  – In tal caso sarebbe, tuttavia, dovuta l’imposta sul valore aggiunto per l’importazione, ai fini del cui calcolo, però, come base imponibile verrebbe assunto, in applicazione delle regole sopra illustrate (paragrafo 36), solo il valore del supporto.


22  – Sentenza 25 febbraio 1999, causa C-349/96, CPP (Racc. pag. I-973, punto 29).


23  – In alcune conclusioni emerge addirittura la tendenza a dare la precedenza, in siffatte ipotesi, a considerazioni di opportunità pratica anziché alla precisione: v. conclusioni dell’avvocato generale Cosmas 1° febbraio 1996, causa C-231/94, Faaborg Gelting Linien (paragrafo 14); conclusioni dell’avvocato generale Fennelly 25 aprile 1996, causa C-327/94, Dudda (Racc. pag. I-4595, 4597, paragrafo 35), nonché conclusioni dell’avvocato generale Fennelly 11 giugno 1998, causa C-349/96, CPP (Racc. pag. I-976, paragrafi 47 e segg.).


24  – Così nella sentenza 2 maggio 1996, causa C-231/94, Faaborg-Gelting Linien (Racc. pag. I-2395) la cessione di pietanze e il servizio di ristorazione sono state considerate come un’unica prestazione di servizi. Nella sentenza 15 maggio 2001, causa C-34/99, Primback (Racc. pag. I-3833), la Corte ha qualificato come unica prestazione complessiva la concessione di un credito e la cessione di mobili.


25  – Sentenza CPP, cit. alla nota 22 (punto 30); v. pure sentenze 13 luglio 1989, causa 173/88, Henriksen (Racc. pag. I-2763, punti 14-16); 22 ottobre 1998, cause riunite C-308/96 e C-94/97, Madgett e Baldwin (Racc. pag. I-6229, punto 24), nonché sentenza 11 gennaio 2001, causa C-76/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I-249, punto 27).


26  – Anche nella sentenza Henriksen, cit. alla nota 25 (punto 15), la Corte ha ritenuto significativa la stretta connessione esistente tra le prestazioni.


27  – Ai sensi dell’art. 4, lett. b), della direttiva 91/250 occorre il consenso dell’autore, in particolare, per la traduzione, l’adattamento, l’adeguamento e per ogni altra modifica di un programma per elaboratore.


28  – Sentenza CPP, cit. alla nota 22 (punto 31).


29  – V. le conclusioni dell’avvocato generale Fennely 25 maggio 2000, causa C-76/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I-249, I-251, paragrafo 31).


30  – Cit. alla nota 24 (punti 12-14); v. anche sentenza CPP, cit. alla nota 22 (punto 28) e sentenza 18 gennaio 2001, causa C-150/99, Stockholm Lindöpark (Racc. pag. I-493, punto 26).


31  – Sentenza Faaborg, cit. alla nota 24 (punto 16), e sentenza 4 luglio 1985, causa 168/84, Berkholz (Racc. pag. 2251, punto 17).


32  – Sentenza 15 marzo 2001, causa C-108/00, Syndicat des producteurs indépendants [SPI] (Racc. pag. I-2361, punto 15). V. anche sentenze 26 settembre 1996, causa C-327/94, Dudda (Racc. pag. I-4595, punto 20); 25 gennaio 2001, causa C-429/97, Commissione/Francia (Racc. pag. I-637, punto 41), nonché sentenza 27 maggio 2004, causa C-68/03, Lipjes (Racc. pag. I-0000, punto 16, relativa al rapporto tra l’art. 9, n. 1, e l’art. 28-ter, parte E, della sesta direttiva).


33  – Sentenza SPI, cit. alla nota 32 (punto 16), e sentenza Dudda, cit. alla nota 32 (punto 21).


34 – Sentenza SPI, cit. alla nota 32 (punto 17).


35 – Sentenze 6 marzo 1997, causa C-167/95, Linthorst, Pouwels e Scheres (Racc. pag. I-1195, punti 19 e segg.) e 16 settembre 1997, causa C-145/96, von Hoffmann (Racc. pag. I-4857, punti 15 e segg.).


36  – V. sentenza SPI, cit. alla nota 32 (punti 19 e 20), la quale richiama la sentenza 17 novembre 1993, causa C-68/92, Commissione/Francia (Racc. pag. I-5881, punto 17) e la sentenza nella causa C-69/92, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I-5907, punto 18), in cui si è stabilito che un’operazione può essere qualificata come prestazione pubblicitaria anche se non è stata effettuata da un’agenzia pubblicitaria.


37 – La Levob richiama a tal proposito il primo ‘considerando’ della direttiva 2002/38 (cit. alla nota 4).