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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

POIARES MADURO

presentate il 7 aprile 2005 (1)

Causa C-58/04

Antje Köhler

contro

Finanzamt Düsseldorf-Nord

[domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«IVA – Luogo delle operazioni tributarie – Cessione di beni effettuata a bordo di una nave da crociera – Nozione di “scalo fuori della Comunità”»





1.     Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale il Bundesfinanzhof (Germania) chiede alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull’interpretazione della nozione di «scalo fuori della Comunità» ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (2).

I –    Le pertinenti disposizioni di diritto comunitario

2.     L’art. 2 della sesta direttiva stabilisce che sono soggette all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») «le cessioni di beni (…) effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

3.     La nozione di «interno del paese», di cui all’art. 3, n. 2, «corrisponde al campo d’applicazione del Trattato che istituisce la Comunità economica europea, quale è definito, per ciascuno Stato membro, dall’art. 227 [ora art. 299 CE]».

4.     L’art. 8, n. 1, lett. b), stabilisce che «si considera come luogo di cessione di un bene (…) se il bene non viene spedito o trasportato: il luogo dove il bene si trova al momento della cessione».

5.     L’art. 8, n. 1, lett. c), introdotto dalla direttiva 91/380/CEE, nel testo all’epoca vigente, vale a dire quello risultante dalla direttiva 92/111/CEE, stabilisce che per luogo di cessione di un bene si intende quanto segue:

«Qualora la cessione di beni abbia luogo a bordo di una nave, di un aereo o di un treno nel corso della parte di un trasporto di passeggeri effettuata all’interno della Comunità: nel luogo di partenza del trasporto di passeggeri.

Ai fini della presente disposizione, si considera:

–       Parte di un trasporto di passeggeri effettuata all’interno della Comunità la parte di trasporto effettuata senza scalo fuori della Comunità tra il luogo di partenza e il luogo di arrivo del trasporto di passeggeri;

–       Luogo di partenza di un trasporto di passeggeri il primo punto di imbarco di passeggeri previsto all’interno della Comunità, eventualmente dopo uno scalo fuori della Comunità;

–       Luogo di arrivo di un trasporto di passeggeri l’ultimo punto di sbarco di passeggeri imbarcati nella Comunità previsto all’interno della Comunità, eventualmente prima di uno scalo fuori della Comunità.

Per il trasporto andata e ritorno, si considera il percorso di ritorno come un trasporto distinto.

(…)».

II – Fatti, normativa nazionale e questione pregiudiziale

6.     Nel 1994, anno cui si riferisce la controversia, la sig.ra Köhler (in prosieguo: la «ricorrente») gestiva un negozio su una nave da crociera. Nell’ambito della gestione di tale negozio la ricorrente effettuava cessioni di beni la cui imponibilità è controversa. Le crociere di cui trattasi avevano inizio in Kiel, Bremerhaven e Travemünde, raggiungendo porti situati al di fuori del territorio della Comunità, ad esempio in Norvegia, Estonia, Russia o Marocco, per poi far ritorno a Kiel, Bremerhaven o Genova. I viaggi potevano essere prenotati solamente per tutta la durata della crociera, in quanto non venivano offerti tragitti parziali con possibilità di imbarco o di sbarco definitivo durante il percorso.

7.     Il Finanzamt considerava le vendite realizzate a bordo, nel negozio della ricorrente, nel corso delle crociere quali operazioni imponibili soggette ad IVA in Germania ai sensi dell’art. 3 e dell’Umsatzsteuergesetz del 1993 (legge in materie di imposta sul valore aggiunto del 1993; in prosieguo: la «UStG»), disposizione che ha trasposto nell’ordinamento nazionale l’art. 8, n. 1, lett. c), della sesta direttiva. A termini dell’art. 3 e, n. 1, dell’UstG, «qualora un bene, non destinato al consumo immediato, venga ceduto a bordo di una nave (…) nel corso di un trasporto all’interno del territorio comunitario, si considera luogo della cessione il luogo di partenza del relativo mezzo di trasporto all’interno del territorio comunitario».

8.     Il successivo n. 2 del medesimo art. 3 e della UStG così recita:

«Come trasporto all’interno del territorio comunitario ai sensi del n. 1 si intende il trasporto o la parte di un trasporto tra il luogo di partenza ed il luogo di arrivo del mezzo di trasporto in territorio comunitario senza scali fuori del territorio medesimo. Come luogo di partenza ai sensi della prima frase si intende il primo punto di imbarco di passeggeri previsto all’interno del territorio comunitario. Come luogo di arrivo ai sensi della prima frase si intende l’ultimo punto di sbarco di passeggeri previsto all’interno del detto territorio. I trasporti di andata e ritorno vanno considerati come trasporti distinti».

9.     Con il ricorso proposto contro la decisione del Finanzamt, la ricorrente contestava che le vendite di cui trattasi costituissero operazioni imponibili in Germania, in considerazione dell’esistenza di scali al di fuori del territorio della Comunità; a termini dell’art. 3 e della UStG, tali cessioni non sarebbero state quindi effettuate nel corso di un trasporto realizzato all’interno della Comunità.

10.   Il Finanzgericht respingeva il ricorso, rilevando che il fatto che fossero previste fermate della nave al di fuori del territorio della Comunità, tra i porti di partenza e di destinazione, non implicava che le cessioni di beni dovessero considerarsi effettuate al di fuori del territorio nazionale. Solamente le soste al di fuori del territorio della Comunità in cui potesse aver luogo lo sbarco definitivo di passeggeri o l’imbarco di nuovi passeggeri potrebbero considerarsi «scali» ai sensi dell’art. 3 e, n. 2, della UStG.

11.   La ricorrente impugnava tale decisione dinanzi al Bundesfinanzhof, che sottoponeva alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se le soste di una nave in porti di Stati terzi, durante le quali i passeggeri possono sbarcare dalla nave solo brevemente, per esempio per effettuare visite, ma non hanno nessuna possibilità di iniziare o terminare il viaggio, costituiscano “scali fuori della Comunità” ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. c), della direttiva 77/388/CEE».

III – Analisi

12.   La definizione di «scalo» ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. c), della sesta direttiva è compito più difficile di quanto potrebbe supporsi ad una prima lettura della disposizione di cui trattasi. Infatti, il termine «scalo» non possiede un significato univoco che possa essere dedotto dal testo normativo. Per quanto mi consta, sussistono varie tipologie di scali: da uno scalo tecnico, segnatamente ai fini del rifornimento del mezzo di trasporto o semplicemente al fine di consentire ai passeggeri di godere di una vista panoramica, sino ad uno scalo che consenta l’imbarco di nuovi passeggeri e lo sbarco definitivo di altri, passando per quegli scali in cui i passeggeri possono uscire al fine di compiere visite turistiche e acquisti nel territorio dello Stato di appartenenza dello scalo stesso, per poi far ritorno a bordo. Si potrebbe ritenere, prima facie, come suggerisce la ricorrente nelle proprie osservazioni scritte, che dove il legislatore non ha operato distinzioni ciò non spetti nemmeno all’interprete. Sarebbe tuttavia troppo semplicistico interpretare il termine di «scalo», di cui all’art. 8 della sesta direttiva, nel senso più ampio della nozione, senza cercare di comprendere la ragione per la quale l’individuazione o meno di uno scalo in uno Stato terzo rilevi ai fini dell’applicazione del regime specifico sancito dall’art. 8, n. 1, lett. c), della sesta direttiva.

A –    Il carattere di norma di conflitto dell’art. 8 quale norma di ripartizione della potestà tributaria tra Stati membri

13.   La soluzione della questione sottoposta dal Bundesfinanzhof impone un’analisi preliminare dell’art. 8 della stessa direttiva in cui si trova collocata la nozione di scalo fuori della Comunità. Il detto articolo contiene una serie di norme di conflitto, dirette a separare razionalmente tra gli Stati membri, per quanto attiene alla cessione di beni, le sfere di applicazione delle rispettive legislazioni nazionali in materia di IVA (3). Ciascuna di tali regole stabilisce quale Stato membro è esclusivamente competente ad assoggettare ad IVA una cessione di beni quando tale cessione si verifichi, in base ai rilevanti elementi di collegamento previsti all’art. 8, nel proprio territorio. A tal riguardo è inevitabile procedere ad un’analisi in parallelo del detto art. 8 con l’art. 9, in cui sono contenute le norme di conflitto relative alle prestazioni di servizi. Ambedue costituiscono, d’altronde, gli unici due articoli che compongono il capo sesto della sesta direttiva intitolato «luogo delle operazioni imponibili» (4) e ambedue fanno indistintamente riferimento al settimo ‘considerando’ menzionato supra.

14.   Se è pur vero che la Corte non ha finora avuto modo di segnalare espressamente che l’art. 8 mira ad evitare conflitti di potestà tributaria tra gli Stati membri, tale posizione è stata inequivocabilmente affermata con riguardo all’art. 9. In tal senso, nella sentenza 4 luglio 1985, Berkholz, la Corte ha dichiarato che le disposizioni contenute nell’art. 9 mirano «a stabilire una ripartizione razionale delle sfere d’applicazione delle leggi nazionali in fatto di imposta sul valore aggiunto, determinando in modo uniforme il luogo di riferimento fiscale delle prestazioni di servizi», e sono pertanto dirette ad individuare definitivamente lo Stato membro esclusivamente competente ad assoggettare ad imposta una prestazione di servizi (5). Si tratta, quindi, di norme di conflitto indispensabili al fine di «evitare i conflitti di competenza» (6). Il Tribunale ha affermato, parimenti quale criterio di interpretazione dell’art. 9, n. 1, la preferenza per l’elemento di connessione che eviti il sorgere di conflitti di potestà tributaria tra Stati membri (7).

15.   Il parallelismo tra il sistema delle norme di ripartizione della potestà tributaria di cui all’art. 9 e quello di cui all’art. 8 è ben conosciuto. Mi sembra pertanto consigliabile procedere all’esame dell’art. 8 alla luce della sua finalità quale norma di conflitto al fine di evitare interferenze con la potestà tributaria di altri Stati membri che il Tribunale ha ritenuto rilevante nell’interpretazione delle norme contenute nell’art. 9 in tema di prestazioni di servizi.

16.   In tale inquadramento generale del senso o della funzione dell’art. 8 occorre pertanto intendere la norma specifica contenuta nella lett. c) del n. 1 dell’articolo medesimo e, in particolare, il senso dell’utilizzazione, in tale norma, della nozione di «scalo fuori della Comunità».

B –    Genesi e finalità dell’art. 8, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, in particolare della nozione di «scalo fuori della Comunità»

17.   Il riferimento alla genesi della disposizione di cui alla lett. c), introdotta dalle direttive 91/680/CEE e 92/111/CEE, non intacca, al contrario ribadisce il significato generale dell’art. 8 quale disposizione contenente un sistema di norme destinate ad evitare conflitti di potestà tributaria tra Stati membri.

18.   Con la direttiva 91/680/CEE, relativa all’abolizione delle frontiere fiscali tra gli Stati membri, venne introdotta la disposizione di cui alla detta lett. c), contenente un regime semplificato di applicazione dell’IVA per le cessioni di beni effettuate a bordo nell’ambito di viaggi intracomunitari, sulla base del principio dell’imponibilità nello Stato membro di origine. Con tale disposizione si è inteso assicurare l’istituzione di un regime positivo semplificato per i viaggi aventi inizio e destinazione nella Comunità sulla base del principio dell’origine. Tale soluzione si impose naturalmente con l’abolizione delle frontiere fiscali tra gli Stati membri, soluzione che cambiava l’applicazione della regola generale, prevista alla lett. b), dell’imposizione nel luogo in cui il bene si trova al momento della cessione, manifestamente inauspicabile, considerata la soppressione della segmentazione delle cessioni dei beni a secondo del territorio dei vari Stati membri che il mezzo di trasporto attraversasse.

19.   Il testo della disposizione della menzionata lett. c), introdotto dalla direttiva 91/680/CEE, è stato poi modificato dalla direttiva 92/111/CEE, atteso che, a parere della Commissione, tale disposizione era redatta in termini tali da prestarsi a confusione (8). A tal riguardo, dai lavori preparatori della detta direttiva 92/111/CEE emerge che la locuzione «senza scalo fuori della Comunità» non faceva parte della proposta di modificazioni della lett. c) presentata dalla Commissione. Fu poi aggiunta dal Consiglio senza espressa indicazione dei motivi che la giustificavano. Parallelamente a tale modificazione, il Consiglio volle inoltre che il regime semplificato di imposizione basato sullo Stato di origine, previsto alla detta lett. c), non si applicasse alle cessioni di beni effettuate «durante un trasporto intracomunitario di passeggeri», come proposto dalla Commissione, bensì, in termini meno ampi, solamente «durante parte di un trasporto [di passeggeri] effettuata nel territorio della Comunità» (9).

20.   Tali due modificazioni finali alla proposta della Commissione ben evidenziano, ad un più attento esame, la preoccupazione di garantire che l’istituzione del regime semplificato di imposizione dell’IVA nello Stato di origine nel trasporto intracomunitario non interferisse con la potestà tributaria degli Stati terzi nei loro rispettivi territori. Tale finalità spiega l’inclusione della nozione di «scalo fuori della Comunità» nel testo della detta disposizione, in termini che il diritto internazionale legittima pienamente (10).

21.   Infatti, è pacifico nel diritto internazionale che, da un lato, ciascuno Stato dispone, quale manifestazione della propria sovranità, di un potere impositivo assoluto ed esclusivo nell’ambito del proprio territorio e che, dall’altro, eventuali deroghe a tale principio, segnatamente nel senso dell’applicabilità di normative fiscali straniere all’interno del territorio dello Stato in luogo della sua propria normativa, sono subordinate al sovrano consenso dello Stato medesimo (11). Tale principio emerge d’altronde chiaramente nel caso delle navi mercantili stazionate in porti stranieri. Quando tali navi entrano nelle acque territoriali dello Stato del porto  (12) vengono completamente assoggettate alla normativa fiscale dello Stato medesimo (13). Tale effetto non è pregiudicato dal fatto che lo Stato medesimo può prescindere dall’effettivo esercizio della propria potestà tributaria all’interno della nave, sia in quanto consideri la materia di pura appartenenza all’«economia interna» della nave medesima (14), sia solamente in quanto non intenda prendere provvedimenti che dissuadano le navi straniere dall’attraccare nei propri porti (15).

22.   La preoccupazione di evitare che l’applicazione della sesta direttiva interferisca con la sovranità fiscale degli Stati sui rispettivi territori è stata d’altronde espressa dalla giurisprudenza della Corte. In tal senso, nella menzionata sentenza 23 gennaio 1986, Trans Tirreno, la Corte ha espressamente riconosciuto la libertà di uno Stato membro di applicare «la propria legislazione sull’IVA alle prestazioni di trasporto effettuate tra due punti del suo territorio nazionale [anche] qualora il trasporto si svolga in parte fuori di tale territorio, purché tale Stato non invada l’ambito della potestà tributaria di altri Stati» (16). Nella sentenza Trans Tirreno viene quindi tracciato, quale limite all’applicazione del sistema comune dell’IVA, il criterio di non invadere «l’ambito della potestà tributaria di altri Stati» (17). Se, nelle acque internazionali, si ritiene che uno Stato possa estendere la sfera di applicazione della propria normativa fiscale, lo stesso non accade quando si attraversano «spazi soggetti alla sovranità di un altro Stato» (18). La potestà tributaria di uno Stato membro nell’applicazione del sistema comune dell’IVA termina, quindi, in ossequio al principio di territorialità, laddove inizia la potestà tributaria di Stati terzi ai fini dell’imponibilità delle cessioni di beni operate nei rispettivi territori.

C –    Le conseguenze derivanti dalla sussistenza di uno scalo al di fuori della Comunità ai fini dell’imponibilità di cessioni di beni realizzate a bordo

23.   Per poter risolvere la questione posta dal Bundesfinanzhof è necessario esaminare le conseguenze che ha, per quanto riguarda l’imponibilità di cessioni di beni realizzate a bordo di una nave, la sussistenza di uno scalo al di fuori della Comunità.

24.   Come già rilevato, l’art. 8 istituisce un regime impositivo semplificato per le cessioni di beni realizzate a bordo nel corso di parte di un trasporto effettuato nel territorio della Comunità. Queste cessioni di beni sono così soggette ad un unico regime di IVA: quello dello Stato in cui ha inizio tale trasporto intracomunitario. Si evita, in tal modo, il ritorno alla regola generale della territorialità in senso stretto dettata dalla lett. b) del n. 1 di tale articolo, ai sensi della quale troverebbero applicazione, nel corso del viaggio, tanti regimi nazionali di IVA quanti sono gli Stati membri il cui territorio il viaggio attraversi (19).

25.   La sussistenza di scali al di fuori della Comunità giustifica certamente, per i motivi già evidenziati, che, nell’effettuazione di tali scali in territorio soggetti alla potestà tributaria di Stati terzi, venga sospesa l’applicazione del sistema comune dell’IVA relativamente alle cessioni di beni ivi realizzate. Ciò che non è invece giustificato è che non si applichi il regime semplificato a tutta la restante parte del viaggio effettuata vuoi nel territorio comunitario propriamente detto vuoi in acque internazionali, vuoi anche quando il mezzo di trasporto si trovi solo in transito nello spazio territoriale di Stati terzi, senza che si realizzi un’interferenza effettiva con la sovranità fiscale degli Stati medesimi.

26.   Infatti, una segmentazione in varie parti intracomunitarie – quale conseguenza dell’interruzione del regime semplificato per l’effetto di scali al di fuori della Comunità – di quello che costituisce un unico viaggio intracomunitario (considerato quale collegamento effettivo dei due punti più distanti nel territorio della Comunità previsti ai fini dell’imbarco e dello sbarco di passeggeri) si porrebbe manifestamente in contrasto con l’obiettivo di semplificazione, sotteso alla disposizione di cui alla lett. c) del detto art. 8. Al tempo stesso, l’obiettivo di evitare qualsiasi interferenza con la sovranità fiscale esercitata da Stati terzi nei rispettivi porti non giustifica che venga sacrificata l’applicazione di tale regime semplificato oltre quanto necessario affinché tale obiettivo venga conseguito. Orbene, a tal fine, è sufficiente sospendere l’applicazione del regime dell’IVA dello Stato di origine durante lo scalo al di fuori della Comunità.

27.   Ciò premesso, l’art. 8, n. 1, lett. c), deve essere interpretato nel senso che resta soggetto al regime semplificato ivi previsto l’intero viaggio intracomunitario, vale a dire il viaggio compreso tra il primo luogo di imbarco dei passeggeri situato nel territorio della Comunità e l’ultimo luogo nel territorio della Comunità ove i passeggeri medesimi possano terminare il viaggio. La sussistenza di scali al di fuori della Comunità tra tali due luoghi deve solamente sospendere l’applicazione di tale regime semplificato limitatamente alla durata degli scali stessi (20).

28.   Nulla giustifica, al contrario, che ogniqualvolta il viaggio riprenda il proprio percorso intracomunitario si ritrovi assoggettato ai successivi singoli regimi di IVA. Questa sarebbe la conseguenza o di un eventuale ritorno al regime della territorialità previsto dall’art. 8, n. 1, lett. b), o del suo assoggettamento a successive nuove applicazioni del regime di cui alla lett. c) (21).

29.   L’interpretazione qui suggerita dell’art. 8, n. 1, lett. c), nel senso che uno scalo al di fuori della Comunità costituisce solamente una causa di sospensione, limitatamente alla durata dello scalo stesso, dell’applicazione del regime semplificato istituito dall’articolo medesimo, non osta a che il viaggio intracomunitario si inserisca in un viaggio più lungo, avente eventualmente inizio e/o destinazione al di fuori della Comunità. È proprio questo il significato del riferimento, nella parte finale delle definizioni di luogo di partenza e di luogo di arrivo del trasporto, all’eventuale sussistenza di uno «scalo fuori della Comunità» (22). In tali segmenti del viaggio privi di carattere intracomunitario non sarà ovviamente applicabile il regime semplificato previsto alla lett. c).

30.   Parimenti, qualora un viaggio abbia come punto di partenza, ad esempio, un luogo in Germania e nessun punto di arrivo previsto per i passeggeri medesimi nel territorio della Comunità, tale viaggio non potrà essere considerato intracomunitario, con conseguente assoggettamento delle cessioni di beni a bordo al regime strettamente territoriale previsto dalla lett. b) del medesimo art. 8. In tal caso, saranno soggette ad IVA in Germania le cessioni di beni effettuate nel territorio tedesco.

D –    L’interpretazione proposta della nozione di «scalo fuori della Comunità»

31.   Né la lettera della disposizione di cui trattasi né la sua finalità – alla luce della quale, come tutto sembra indicare, è stata decisa l’inclusione della nozione di scalo fuori della Comunità nel testo della disposizione di cui alla lett. c) – forniscono indicazioni precise nel senso di un’interpretazione della nozione medesima che si distingua chiaramente come la più esatta.

32.   Gli elementi interpretativi sin qui esposti consentono solo di escludere, da un lato, talune interpretazioni che risultano particolarmente incompatibili con le finalità perseguite e, dall’altro, di individuare la sussistenza di varie interpretazioni possibili ed egualmente difendibili di tale nozione.

33.   Per quanto attiene all’interpretazione suggerita dal governo tedesco, ritengo che si tratti appunto di un’interpretazione incompatibile con gli obiettivi della disciplina in questione. In effetti, tale interpretazione implicherebbe l’applicazione del sistema comune dell’IVA alle cessioni di beni operate anche durante la permanenza della nave nel territorio di uno Stato terzo, quando i passeggeri possono lasciare la nave e fare compere nel territorio di tale Stato. Ritengo che una lettura della nozione di scalo che produca tale risultato non sia affatto consigliabile in considerazione della finalità perseguita, vale a dire di evitare i conflitti con la potestà tributaria di Stati terzi nei rispettivi territori (23).

34.   Per quanto attiene alle possibili interpretazioni di tale nozione che mi sembrano compatibili con la finalità della norma, la Corte deve infine confrontarsi con la necessità di scegliere tra varie soluzioni egualmente difendibili, che divergono essenzialmente con riguardo alle modalità, più o meno restrittive, di assicurare il duplice obiettivo perseguito dal legislatore: semplificazione del regime fiscale applicabile e prevenzione di conflitti con la sovranità fiscale di Stati terzi su territori esterni alla Comunità.

35.   Tra tali interpretazioni teleologicamente difendibili quella che esclude nel modo più rigoroso interferenze con la potestà tributaria di uno Stato terzo, nel cui territorio abbia luogo uno scalo, è quella che intende la nozione di scalo semplicemente nel senso di una qualsiasi sosta in un luogo adatto a tal fine (porto, aeroporto, stazione) in considerazione del mezzo di trasporto di cui trattasi (24). Ciò premesso, a prescindere dalla possibilità per i passeggeri di uscire, ad esempio, da una nave durante lo scalo in un porto di uno Stato terzo, considerato che tale nave si trova integralmente soggetta alla sovranità fiscale dello Stato di appartenenza del porto, nel sistema comune dell’IVA non ricadranno le cessioni di beni realizzate a bordo durante lo scalo medesimo. Si tratta, tuttavia, di un’interpretazione che, nel rispettare così rigorosamente l’obiettivo di evitare interferenze con la competenza territoriale di Stati terzi, potrà incoraggiare comportamenti fraudolenti, considerato che legittima la sospensione dell’applicazione del regime previsto alla detta lett. c) alle cessioni di beni realizzate a bordo durante lo scalo, quale risultato della mera decisione di far sostare il mezzo di trasporto nel territorio di uno Stato terzo nel corso del suo viaggio intracomunitario.

36.   Altra interpretazione teleologicamente difendibile della nozione di scalo è quella suggerita dalla Commissione e, in termini quasi del tutto coincidenti, dal governo ellenico, nonché dalla ricorrente. Tale interpretazione si risolve sostanzialmente nell’affermare che, perché possa parlarsi di scalo ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. c), occorre che il viaggiatore abbia la possibilità di lasciare il mezzo di trasporto de quo, ancorché per un breve periodo di tempo, e di effettuare acquisti nello Stato terzo nel quale lo scalo abbia luogo. Solamente in tali circostanze l’assoggettamento delle cessioni di beni a bordo al sistema comune dell’IVA potrebbe essere fonte di un conflitto con la potestà tributaria dello Stato terzo, cosa che si intende, invece, evitare. In definitiva, con ciò si afferma che solamente quando sussista una possibilità di scelta tra l’acquisto di beni all’interno o al di fuori del mezzo di trasporto di cui trattasi potrebbe sorgere un effettivo conflitto di potestà inaccettabile alla luce degli obiettivi che il legislatore ha inteso perseguire inserendo la nozione di scalo nella detta lett. c). In altre parole: il conflitto di competenze da evitare sussisterà solamente quando in un determinato luogo, quale un porto, giuridicamente assoggettato alla sovranità fiscale dello Stato di appartenenza del porto stesso, gli esercizi commerciali a bordo delle navi ivi stazionate, ancorché situati effettivamente nello stesso mercato degli esercizi commerciali al di fuori della nave, risultassero assoggettati, in forza del diritto comunitario, ad un regime di imposizione indiretta diverso da quello cui siano soggetti questi ultimi esercizi commerciali, parimenti situati nello Stato medesimo.

37.   Quest’ultima interpretazione non è strettamente conforme al principio dell’assoggettamento integrale del mezzo di trasporto alla sovranità fiscale dello Stato nel cui territorio esso si trovi e ha l’obiettivo di prevenire eventuali conflitti di potestà tributaria con Stati terzi. Ritengo, tuttavia, che essa sia preferibile, considerato che il conflitto risultante da un eventuale assoggettamento delle cessioni di beni realizzate a bordo, nei casi in cui non vi sia possibilità di sbarco e di effettuazione di acquisti, ad un regime fiscale differente da quello applicabile nel territorio dello Stato terzo sembra essere meramente ipotetico.

IV – Conclusione

38.   Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di risolvere la questione posta dal Bundesfinanzhof nei termini seguenti:

«Gli scali di una nave in porti di Stati terzi, in occasione dei quali i passeggeri possano solamente sbarcare per brevi periodi di tempo, ad esempio al fine di compiere visite, senza possibilità di diverso inizio o termine del viaggio, costituiscono “scali fuori della Comunità”, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 14 dicembre 1992, 92/111/CEE, che modifica la direttiva 77/388/CEE in materia di imposta sul valore aggiunto e che prevede misure di semplificazione, laddove i passeggeri dispongano della possibilità di effettuare acquisti nel territorio del detto Stato terzo, con la conseguenza che in tal modo, per la durata dello scalo stesso, si sospende l’applicazione del regime previsto nella detta lett. c)».


1 – Lingua originale: il portoghese.


2 – GU L 145, pag. 1. Tale direttiva è stata modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1), e di cui alla direttiva del Consiglio 14 dicembre 1992, 92/111/CEE, che modifica la direttiva 77/388/CEE in materia di imposta sul valore aggiunto e che prevede misure di semplificazione (GU L 384, pag. 47; in prosieguo: la «sesta direttiva»).


3 – V. ultimo ‘considerando’ della sesta direttiva.


4 – Cfr. a tal riguardo le conclusioni dell'avv. gen. Gordon Slynn nella causa 283/84, Trans Tirreno Express/Ufficio Provinciale IVA (Racc. 1986, pagg. 231, 232 e, in particolare, pag. 253, in fine).


5 – Sentenza 4 luglio 1985, causa 168/84, Berkholz (Racc. pag. 2251, punto 14), e sentenza della Corte 11 settembre 2003, causa C-155/01, Cookies World Vertriebsgesellschaft/Finanzlandesdirektion für Tirol (Racc. pag. I-8758, punto 46). V. anche le sentenze 17 novembre 1993, causa C-68/92, Commissione/Francia (Racc. pag. I-5881, punto 14), causa C-69/82, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I-5907, punto 15), e C-73/02, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-5997, punto 12).


6 – V. sentenza 13 marzo 1990, causa C-30/89, Commissione/Francia (Racc. pag. I-691, punto 10), e Berkholz, cit., punto 14, e Trans Tirreno Express, cit., punto 15.


7 – Sentenza Berkholz, cit., punto 17; v. anche la sentenza 20 febbraio 1997, causa C-260/95, DFDS, (Racc. pag. I-1005, punto 19), nonché la sentenza 2 maggio 1996, causa C-231/94, Faaborg-Gelting, (Racc. pag. I-2395, punto 16).


8 – V. pag. 4 dell'esposizione della motivazione della proposta della direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 77/388/CEE e prevede misure di semplificazione (presentata dalla Commissione al Consiglio, Bruxelles 4 novembre 1992, COM(92) 448 def. (GU 1992, C 335, pag. 10).


9 – Il corsivo è mio.


10 – Se è pur vero che il sesto ‘considerando’ nel preambolo della direttiva 92/111/CEE non fa espresso riferimento alla necessità di tutelare le relazioni con «i territori terzi» nel senso precisato dal legislatore comunitario quanto alla definizione di luogo di imposizione di talune operazioni effettuate a bordo di navi, aereomobili o treni, durante il trasporto di passeggeri all'interno della Comunità, il secondo, terzo e quarto ‘considerando’ del medesimo preambolo evidenziano chiaramente come nella direttiva 92/111/CEE siano state prese in considerazione le relazioni con i «territori terzi» nella formulazione delle disposizioni ivi contenute conseguenti all'abolizione delle frontiere fiscali della Comunità.


11 – V. Guy Gest/Gilbert Tixier, Droit Fiscal international, seconda edizione, PUF, Parigi, 1990, pag. 17, che si richiama al «pouvoir fiscal absolu à l'intérieur de son territoire, qui constitue une sorte de chasse gardée». Nello stesso senso, v. A.H. Qureshi, «The Freedom of a State to Legislate in Fiscal Matters under General International Law», in The Public International Law of Taxation – Text, Cases and Materials, Graham & Trotman, Londra 1994, pagg. 29 e 31, e Ben Terra, The Place of Supply in European VAT, Kluxer Law, Dordrecht 1998, pag. 3. V. anche M. Rutsel Silvestre, The Jursidiction to tax in International Law – Theory and Practice of Legislative Fiscal Jurisdiction, Kluwer, Deventer, 1989, pagg. 7, 15, 16, 23, in particolare pag. 37, in cui la potestà tributaria dello Stato viene intesa quale espressione della sua sovranità che definisce parimenti i limiti di tale potestà. Richiamandosi espressamente alla «sovranità territoriale» dello Stato, l'autore prende a riferimento l'affermazione del giudice Moore nella causa S.S. Lotus (1927) (sentenza della Corte Permanente di Giustizia Internazionale 7 settembre 1927, Francia/Turchia, serie A, n. 10, pag. 69), in cui si afferma che «[t]he principle of absolute and exclusive jurisdiction within the national territory applies to foreigners as well as to citizens or inhabitants of the country, and the foreigner can claim no exemption from the exercise of such jurisdiction, except so far as he may be able to show either: (1) that he is, by reason of some special immunity, not subject to the operation of the local law, or (2) that the local law is not in conformity with international law».


12 – V. R.R. Churchill/A.V. Lowe, TheLaw of the Sea, Juris Publishing, Manchester Univ. Press, terza edizione, 1999, pag. 61, in cui si afferma che «[t]he coastal State enjoys full territorial sovereignity over its internal waters» (…) «By entering foreign ports and other internal waters, ships put themselves within the territorial jurisdiction of the coastal State. Accordingly, that State is entitled to enforce its laws against the ship and those on board» (idem pag. 65). Per quanto attiene ai porti intesi quali parte integrante delle acque interne dello Stato, da non confondersi con le acque territoriali del medesimo, v. D.P. O’Connell, The International Law of the Sea, volume I, Clarendon Press, Oxford, 1982, pag. 385. Più recentemente si è anche assistito, come rilevato da D. Vignes, «La jurisdiction de l’État du port et le navire en droit international», in Le navire en Droit International, Colloque de Toulon, Éditions A. Pedone, Parigi, 1993, pagg. 127-150, in particolare pag. 127, ad un ampliamento della potestà (o «creeping jurisdiction») dello Stato di appartenenza del porto.


13 – In tal senso, v. l'ampia esposizione di Gilber Gidel, Le Droit International Public de la mer Le temps de paix, Tome II, Les eaux intérieures, Topos Verlag et Librairie Edouard Duchemin, Liechtenstein/Parigi, 1981, pagg. 79 e segg. e, in particolare, quanto all'assoggettamento integrale della nave alla normativa fiscale dello Stato di appartenenza del porto, pagg. 119-125.


14 – V. R.R. Churchill/A.V. Lowe, The Law of The Sea, op. cit., pag. 68, in cui si rileva che, per quanto attiene alle materie interne delle navi, lo Stato di appartenenza del porto «as a matter of strict law» può, comunque, esercitare la propria giurisdizione quale mero risultato dell'ingresso volontario della nave nelle proprie acque territoriali.


15 – È ben nota, in particolare, la concorrenza commerciale tra porti nell'attrarre gli scali delle navi da crociera. V. J. Combacau/S. Sur, Droit International Public, 5a ed., Montchrestien, Parigi, 2001, pag. 461, con riguardo al diritto di diniego di ingresso nel porto.


16 – V. punto 21 e, inoltre, v. sentenza 13 marzo 1990, causa C-30/89, Commissione/Francia, cit., punto 18 (il corsivo è mio). Nella sentenza Trans Tirreno la Corte fa indistintamente riferimento ad «altri Stati», ivi inclusi logicamente gli Stati terzi e, quindi, non solo gli altri Stati membri. Sebbene, nella specie, la preoccupazione della Corte fosse quella di salvaguardare la potestà tributaria di altri Stati membri, logicamente la stessa preoccupazione, diretta al rispetto del principio di territorialità, varrà anche nei confronti di Stati terzi. Ciò risulta d'altronde, come rilevato dal governo ellenico all'udienza, dalla necessità di rispettare la sfera di applicazione territoriale del sistema comune dell'IVA definito dagli artt. 2 e 3, n. 2, della sesta direttiva. V. anche, al riguardo, B. Terra, The place of supply, op cit., pagg. 3-4.


17 – V. sentenza Trans Tirreno, punto 21.


18 – Ibidem, punto 18.


19 – Tale regola, dettata dalla lett. b) dell'art. 8, costituiva «the general rule in the Sixth Directive with regard to the place of supply of goods», come espressamente affermato in dottrina (v. B. Terra/J. Kajus, A Guide to the European VAT Directives, Vol. I, IBFD Publications, 2005, pagg. 557 e 559-560). Ciò vale ovviamente nel caso in cui il bene di cui trattasi non consista in un bene da spedire o trasportare, ipotesi cui fa riferimento la disposizione di cui al medesimo art. 8, n. 1, lett. a).


20 – Ciò premesso, durante il periodo dello scalo del mezzo di trasporto in un porto di uno Stato terzo le cessioni di beni realizzate a bordo di una nave non saranno soggette al regime dell'IVA del primo Stato membro di inizio del viaggio intracomunitario. Il mezzo di trasporto interessato si trova, durante tale periodo, integralmente assoggettato alla potestà tributaria dello Stato terzo e, conseguentemente, le cessioni di beni realizzate a bordo durante tale scalo devono considerarsi manifestamente compiute al di fuori della sfera di applicazione territoriale della sesta direttiva.


21 – Per le suesposte ragioni non posso condividere l'interpretazione dell'art. 8, n. 1, lett. c), che sembra esser accolta da B. Terra/J. Kajus, A guide to the European VAT Directives, op. cit., pag. 560, nota 552, con gli esempi ivi esposti.


22 – A tal riguardo appare opportuno richiamare l'attenzione sul fatto che, ad esempio in Germania, la norma di trasposizione di cui all'art. 3 e, secondo comma, della UStG non comprende nemmeno tali precisazioni finali contenute nelle definizioni, di cui alla sesta direttiva, di «luogo di partenza di un trasporto di passeggeri» e di «luogo di arrivo di un trasporto di passeggeri».


23 – Va inoltre aggiunto che, dal punto di vista letterale, come rilevato dalla Commissione all'udienza, benché il legislatore abbia fatto riferimento espresso, in vari punti della detta lett. c), all'imbarco di nuovi passeggeri o al loro sbarco definitivo per definire i luoghi di partenza o di arrivo del trasporto, ciò non è avvenuto per quanto attiene alla nozione di scalo.


24 – Tale lettura trova d'altronde ulteriore conforto nella versione inglese della disposizione de qua che fa semplicemente riferimento a «stop» su territorio fuori della Comunità.